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sentenza 30 dicembre 1997, n. 463 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 1998, n. 1);...

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sentenza 30 dicembre 1997, n. 463 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 gennaio 1998, n. 1); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Soc. Satris c. Min. poste e telecomunicazioni; Di Francia c. Min. poste e telecomunicazioni. Ord. App. Milano 13 marzo 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 344 del 1996); App. Trento 9 luglio 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 47 del 1996) Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 3 (MARZO 1998), pp. 681/682-687/688 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192287 . Accessed: 28/06/2014 09:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.102.36 on Sat, 28 Jun 2014 09:42:20 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 30 dicembre 1997, n. 463 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 1998, n. 1); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Soc. Satris c. Min. poste e telecomunicazioni; Di Francia

sentenza 30 dicembre 1997, n. 463 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 gennaio 1998, n. 1);Pres. Granata, Est. Mirabelli; Soc. Satris c. Min. poste e telecomunicazioni; Di Francia c. Min.poste e telecomunicazioni. Ord. App. Milano 13 marzo 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 344 del 1996); App.Trento 9 luglio 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 47 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 3 (MARZO 1998), pp. 681/682-687/688Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192287 .

Accessed: 28/06/2014 09:42

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

l'esclusione dell'autorizzazione tutelare al caso in cui vi sia l'as

senso dell'altro genitore legittimo, non separato e dimorante nel

territorio della repubblica, e non abbia invece contemplato una

previsione analoga nel caso di genitori naturali, nei cui con

fronti non si verificava alcuna situazione pienamente confron

tabile.

Ma, a seguito della riforma il genitore naturale — il quale è titolare dei medesimi diritti e doveri verso la prole, che spetta no al genitore legittimo (art. 261 c.c., che già disponeva in sen

so analogo anche secondo il testo abrogato) — si trova, allor

quando conviva con l'altro genitore che a sua volta abbia rico

nosciuto il figlio, in una situazione sostanzialmente identica a

quella del genitore legittimo non separato: quella cioè in cui

i due genitori esercitano congiuntamente la potestà nei confron

ti del figlio, e hanno dunque titolo e possibilità effettiva di va

lutare i rischi di inadempimento, da parte di ciascuno di essi, dei doveri verso il figlio medesimo (cfr. l'art. 317 bis, in rela

zione all'art. 316 c.c.). Non si giustifica dunque più la differente disciplina dettata

dalla norma impugnata nei confronti del genitore naturale, ri

spetto a quella prevista per il genitore legittimo. Non è infatti

la formale esistenza del vincolo matrimoniale che sta alla base

della previsione legislativa di cui alla seconda parte dell'art. 3,

lett. b), 1. n. 1185 del 1967, bensì la situazione di convivenza

dei due genitori, dei quali ciascuno è in grado di valutare l'affi

dabilità dell'altro in ordine all'osservanza dei doveri verso il

figlio: come è reso palese dal fatto che l'autorizzazione tutelare

torna ad essere necessaria qualora i genitori legittimi siano le

galmente separati. 3. - La disposizione denunciata risulta pertanto in contrasto

con gli art. 3 e 16 Cost., in quanto non si giustifica ragionevol mente il diverso trattamento del genitore naturale rispetto al

genitore legittimo, e non si giustifica l'imposizione, a carico del

genitore naturale che abbia l'assenso dell'altro genitore naturale

convivente con lui e con il figlio, della limitazione alla libertà

di espatrio consistente nella necessità di ottenere l'autorizzazio

ne del giudice tutelare al fine del rilascio del passaporto. Restano assorbiti gli altri profili di illegittimità costituzionale

prospettati dal rimettente.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 3, lett. b), 1. 21 novembre 1967 n.

1185 (norme sui passaporti), nella parte in cui non esclude la

necessità dell'autorizzazione del giudice tutelare al rilascio del

passaporto quando il genitore naturale richiedente abbia l'as

senso dell'altro genitore con lui convivente ed esercente con

giuntamente la potestà genitoriale, che dimori nel territorio del

la repubblica.

Il Foro Italiano — 1998.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 1997, n.

463 (Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 7 gennaio 1998, n. 1); Pres. Granata, Est. Mira belli; Soc. Satris c. Min. poste e telecomunicazioni; Di Francia c. Min. poste e telecomuni

cazioni. Ord. App. Milano 13 marzo 1996 (G.U., la s.s., n.

344 del 1996); App. Trento 9 luglio 1996 (G.U., la s.s., n.

47 del 1996).

Posta e telecomunicazioni — Assegno postale localizzato — Ri

tardato rinnovo — Responsabilità dell'amministrazione po stale — Limiti — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 28, 43;

d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, approvazione del t.u. delle di

sposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di

telecomunicazioni, art. 6, 28, 48, 93). Posta e telecomunicazioni — Raccomandata — Mancato reca

pito — Responsabilità dell'amministrazione postale — Limiti — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 28,

43; d.p.r. 19 marzo 1973 n. 156, art. 6, 28, 48, 93).

È incostituzionale l'art. 6 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, nella

parte in cui dispone che l'amministrazione postale non è te

nuta al risarcimento dei danni in caso di colpevole ritardo

nella rinnovazione di assegno postale localizzato, smarrito, distrutto o sottratto durante la trasmissione all'ufficio di pa

gamento designato dal traente. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

6, 28, 48 e 93 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, nella parte in

cui escludono, in caso di mancato recapito della corrispon denza raccomandata, l'obbligo di risarcimento del danno, da

parte dell'amministrazione postale, oltre il pagamento dell'in

dennità pari a dieci volte il diritto di raccomandazione, in

riferimento agli art. 3, 28 e 43 Cost. (2)

II

TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 10 novembre 1997; Pres.

Sciascia, Rei. Oricchio; Macchioni (Avv. Mitolo) c. Min.

poste e telecomunicazioni.

Posta e telecomunicazioni — Servizio di vaglia postali — Re

sponsabilità per disservizi o gravi ritardi — Esclusione — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 41; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, art. 6).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 6 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, nella par te in cui esclude ogni responsabilità per danni dell'ammini

strazione postale per i disservizi o i gravi ritardi nell'espleta mento del servizio di vaglia telegrafici, in riferimento agli art.

2, 3 e 41 Cost. (3)

(1-3) Con pronuncia che si innesta in un ormai consistente filone di questioni sottoposte al vaglio di legittimità, tutte concernenti i (disser vizi postali — Corte cost. 17 marzo 1988, n. 303 (sulla responsabilità per il mancato recapito di raccomandate, con cui siano stati spediti vaglia cambiari non trasferibili, emessi dalla Banca d'Italia), Foro it., 1989, I, 56, con osservazioni di G. Marziale; 18 febbraio 1992, n.

50, id., 1992, I, 609 (sulla limitazione di responsabilità per il mancato

recapito di posta raccomandata); 28 febbraio 1992, n. 74 (sulla sottra zione dolosa, da parte dei dipendenti, di assegni bancari inoltrati trami te raccomandata), ibid., 1353, con nota di R. Pardoiesi e osservazioni di F. Cosentino; e, per chi voglia risalire alle precedenti impostazioni della giurisprudenza di legittimità, Cass. 26 novembre 1979, n. 6197, id., 1982, I, 810, con nota di A. Lener — la corte dirime ora due situazioni distinte, ma fondate su non dissimili rilievi, prospettate ri

spettivamente dai giudici di appello di Milano e di Trento. Con la prima delle due ordinanze di rimessione, il giudice milanese

denunciava l'illegittimità della previsione di esonero da responsabilità per il servizio di bancoposta, in caso di colpevole ritardo nel rinnovo di un assegno postale localizzato trafugato, con evidente danno per l'u

tente, rivoltosi all'amministrazione per estinguere una propria obbliga zione e costretto a risarcire i terzi per il cattivo funzionamento del ban

coposta. Nella questione sollevata dal giudice trentino, si evidenziano invece,

ancora una volta (v. le citate sentenze n. 50 e n. 74 del 1992), le conse

guenze derivanti dal mancato recapito di posta raccomandata, nella fat

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Page 3: sentenza 30 dicembre 1997, n. 463 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 1998, n. 1); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Soc. Satris c. Min. poste e telecomunicazioni; Di Francia

PARTE PRIMA

I

Diritto. — 1. - Le questioni di legittimità costituzionale ri

guardano l'esclusione o le limitazioni di responsabilità dell'am

ministrazione delle poste per i servizi postali e di bancoposta. La Corte d'appello di Milano ritiene che gli art. 6, 28, 48,

49 e 93 del codice postale e delle telecomunicazioni (testo unico

approvato con d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156) possano essere in

contrasto con gli art. 43, 3 e 28 Cost. Il sostanziale esonero

da responsabilità per i servizi di bancoposta non sarebbe giusti

ficato, trattandosi di un servizio pubblico organizzato come im

presa, del tutto analogo a quello fornito dagli istituti di credito

soggetti alla disciplina comune in materia di responsabilità per

inadempimento delle obbligazioni. La disparità di trattamento

tra utenti di analoghi servizi, a seconda che siano erogati dal

l'amministrazione delle poste o da istituti di credito, sarebbe

ingiustificata; come pur sarebbe irrazionale ed ingiustificato esclu

dere la responsabilità dell'amministrazione per fatti colposi dei

propri dipendenti, che cagionano un danno all'utente, il quale è invece tenuto a risarcire a sua volta i terzi secondo la discipli na comune.

La Corte d'appello di Trento ritiene che gli art. 6, 28, 48

e 93 dello stesso codice postale possano essere in contrasto con

gli art. 43, 3 e 28 Cost. L'immunità da responsabilità della qua le beneficerebbe l'amministrazione delle poste, per il mancato

recapito della corrispondenza raccomandata, costituirebbe un

ingiustificato privilegio per un servizio organizzato come impre sa gestita dallo Stato e che rappresenta una forma di partecipa zione all'attività economica. Sarebbe, inoltre, irragionevole la

disparità di trattamento tra utenti di servizi al pubblico ed in

giustificata l'irresponsabilità dell'amministrazione postale, mentre

si tende ad accentuare il carattere privatistico ed imprenditoria le di tali servizi.

2. - Le questioni di legittimità costituzionale investono dispo sizioni in gran parte coincidenti, inerenti alla disciplina dei ser

vizi postale e di bancoposta, e fanno riferimento agli stessi pa

tispecie relative alla spedizione di due domande di partecipazione ad un concorso a posti di professore universitario di ruolo.

La corte ragiona su entrambe le questioni, precisando preliminarmente che: a) è superata la concezione puramente amministrativa del servizio

postale; b) il rapporto tra amministrazione postale e utenti è in linea di massima da qualificare come contrattuale, quindi soggetto al regime del diritto privato; c) non si può escludere, peraltro, la possibilità di tracciare una disciplina speciale — facendo eccezione al principio di

responsabilità del debitore, di cui all'art. 1218 c.c. — in relazione alla

complessità tecnica della gestione e all'esigenza di contenimento dei co sti e di tenere basso il prezzo del servizio; d) occorre tener conto della trasformazione dell'amministrazione postale in società per azioni (sul punto, è bene richiamare la direttiva del presidente del consiglio dei ministri del 14 novembre 1997, Linee guida per il risanamento dell'ente

poste italiane, pubblicata solo il successivo 17 dicembre). In questo quadro, la questione sollevata dal Corte di appello di Mila

no trova agevole accoglimento, sul presupposto che il bancoposta rap presenta un servizio analogo all'attività bancaria, e che l'assoluta esclu sione di qualsiasi tipo di responsabilità nel caso di tardivo rinnovo di un assegno postale lede innanzitutto il canone di ragionevolezza. L'art. 6 d.p.r. 156/73 — a ragione indicato come «. . . chiave di volta di un arcipelago regolamentare» teso ad accordare all'amministrazione po stale il «privilegio dell'irresponsabilità» — colleziona, dunque, un'altra censura di parziale illegitimità costituzionale (a Corte cost. 303/88 e 74/92 vanno infatti aggiunte Corte cost. 20 dicembre 1988, n. 1104, Foro it., 1989, I, 1, con nota di Mazzia, e 30 dicembre 1994, n. 456, id., 1995, I, 1, rese entrambe riguardo al servizio telefonico). E la lista

potrebbe allungarsi a tempi brevi, visto l'addensarsi di ulteriori dubbi, quali quelli prospettati da Trib. Reggio Calabria 9 luglio 1991, id., Rep. 1996, voce Posta, n. 32, circa l'esclusione di responsabilità per ingiusti ficato ritardo nel recapito della corrispondenza, e dall'ordinanza in epi grafe del tribunale capitolino.

Per quanto riguarda la questione posta dal giudice trentino, l'esito è diverso, perché — argomenta la corte — per il servizio di spedizione di raccomandata, in tutti i paesi aderenti all'Unione postale universale, è previsto un limite al risarcimento del danno nel caso di perdita della

corrispondenza. Nella fattispecie, non vi è un'esclusione assoluta di re

sponsabilità, ma soltanto la previsione di un limite predeterminato del l'indennizzo, per un danno «tipicamente commisurato al prezzo di un servizio non destinato al trasporto di valori» e nell'ambito di una ragio nevole limitazione dei costi e dei prezzi per i diversi servizi, offerti alla scelta degli utenti.

Sulla prima questione di legittimità — il servizio di bancoposta, in

Il Foro Italiano — 1998.

rametri costituzionali; possono, quindi, essere riunite e decise

con un'unica pronuncia. 3. - Le disposizioni che limitano la responsabilità dell'ammi

nistrazione delle poste, per i danni cagionati agli utenti dei ser

vizi erogati, sono state più volte sottoposte a verifica di legitti mità costituzionale.

La giurisprudenza costituzionale ha già considerato superata la concezione puramente amministrativa del servizio postale, or

ganizzato e gestito in forma di impresa ed improntato, quindi, a criteri di economicità. È venuta, dunque, meno la possibilità di collegare le limitazioni di responsabilità alla necessità di ga rantire la discrezionalità dell'amministrazione, trattandosi del

l'organizzazione di un pubblico servizio che, gestito in regime di monopolio, configura una forma di partecipazione dello Sta

to all'attività economica (sentenza n. 303 del 1988, Foro it.,

1989, I, 56). La qualificazone del rapporto, tra amministrazione che orga

nizza e gestisce il servizio postale ed utenti, come contrattuale,

soggetto al regime del diritto privato, non è tuttavia premessa sufficiente per affermare che la responsabilità dell'amministra

zione debba comprendere il pieno risarcimento del danno, se

condo la regola generale stabilita dall'art. 1218 c.c. È sempre

possibile, difatti, delineare una disciplina speciale, ispirata a criteri più restrittivi di quella ordinaria, in rapporto alla complessità tecnica della gestione ed all'esigenza del contenimento dei costi.

Ciò è valso a giustificare, tenendo conto del basso prezzo di

un servizio non destinato al trasporto di oggetti di valore (sen tenza n. 50 del 1992, id., 1992, I, 609), l'esclusione del risarci

mento dei danni, oltre la misura dell'indennità commisurata al

diritto di raccomandazione, in caso di perdita di lettera racco

mandata. Mentre, in caso di illecito impossessamento del conte

nuto della corrispondenza operato dagli agenti postali, l'esone

ro da responsabilità per la violazione dell'obbligo, nascente dal

contratto ma non correlato alla controprestazione dell'utente, di evitare un pregiudizio ai beni del creditore, determina una

deroga senza giustificazione al principio, stabilito dall'art. 28

caso di colpevole ritardo nel rinnovo di un assegno postale localizzato

—, in effetti vi è poco da osservare: per un'attività assimilabile a quella bancaria, oltretutto di non fondamentale rilevanza rispetto alle esigenze dell'utenza perché sia gestita in proprio dallo Stato, ogni generalizzato privilegio dell'amministrazione è certamente ingiustificato. Dica il servi zio postale quanto prevede di risarcire per il mancato puntuale espleta mento del servizio; ma non si tiri fuori da ogni ipotesi di responsa bilità.

La questione sollevata per la mancata consegna di un plico racco

mandato, invece, appare almeno in parte il frutto di un equivoco, che forse poteva essere evidenziato in punto di rilevanza: si può anche dubi

tare, infatti, del nesso di causalità tra la condotta dell'amministrazione e il danno lamentato. Per certo, del tutto inopportuno appare il richia mo alla distinzione raccomandata/assicurata, rispetto all'eventuale di spersione del contenuto della corrispondenza. L'aspirante al concorso non ha spedito alcunché di valore, ma una semplice domanda, quindi non si coglie il motivo per cui si sarebbe dovuto rivolgere al servizio di posta assicurata. Su quale dato (divinatorio) avrebbe potuto fondare un'eventuale dichiarazione di valore? Il danno non deriva dalla perdita di carte di valore, ma è conseguente al ritardo nella consegna della

posta, ossia al mancato espletamento in termini del servizio. Ma l'ordi namento postale, purtroppo, non prevede affatto la consegna della cor

rispondenza raccomandata entro il termine pattuito (la lacuna è parzial mente coperta, oggi, dall'introduzione del servizio c.d. di posta celere, e ci si augura che venga seriamente affrontata dalla società per azioni dell'ente poste italiane, ai sensi della lett. a o della lett. d del piano di sviluppo e risanamento di cui all'art. 1 delle Linee guida sopra ri

chiamate). E non può essere la corte ad introdurre un servizio che man

ca, nell'ambito dell'ordinamento postale: sia l'altro ramo dell'ammini strazione (nella fattispecie, quello dell'istruzione universitaria, che ha bandito il concorso) a prevenire o a risolvere le situazioni incresciose che derivano dagli inconvenienti nell'espletamento del servizio postale richiesto per la presentazione delle domande.

Il tema dell'esonero e della limitazione della responsabilità dell'am ministrazione postale (e della pubblica amministrazione che gestisce un servizio di valore economico, in genere) — sul quale, oltre che ai motivi di Corte cost. 303/88, cit., v. G. De Sanctis e F. Molteni, Poste e telecomunicazione, voce ét\\'Enciclopedia del diritto, Milano, 1985, XXXIV, 595 — può essere allargato fino a considerare gli aspetti del

l'interpretazione del dettato costituzionale di cui all'art. 28 (F. Meruso e M. Clarich, in Commentario alla Costituzione fondato da Branca e continuato da Pizzorusso, sub art. 27-28, Bologna-Roma, 1991). [F. Cosentino]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Cost., della responsabilità dell'amministrazione, concorrente con

quella dei suoi dipendenti (sentenza n. 74 del 1992, ibid., 1354). Il rapporto tra amministrazione delle poste ed utenti dei ser

vizi offerti al pubblico si estrinseca in atti che perdono il carat

tere autoritativo ed assumono connotazioni contrattuali. La pro

gressiva assimilazione alla disciplina di diritto comune è ancor

più accentuata nella prospettiva della trasformazione, già attua

ta, dell'amministrazione postale in ente pubblico economico ed

in quella, prevista ed in corso di realizzazione, di società per azioni (art. 1 d.l. 1° dicembre 1993 n. 487, convertito nella 1.

29 gennaio 1994 n. 71; art. 2, comma 27, 1. 23 dicembre 1996

n. 662). Risultano così confermati la natura contrattuale dei

rapporti relativi ai servizi resi al pubblico ed il carattere di cor

rispettivo, non più qualificabile come tassa, del pagamento ri

chiesto per essi.

Nella disciplina della responsabilità per inadempimento ine

rente ai servizi postali, viene dunque meno la giustificazione del rilievo un tempo attribuito ai profili soggettivi, attinenti al

l'amministrazione, all'ente o alla società che li organizza e for

nisce, mentre diventano decisivi i profili oggettivi, relativi alle

caratteristiche proprie di ciascun servizio: i soli idonei a giustifi care una disciplina speciale che ragionevolmente limiti, senza

tuttavia vanificarla, la responsabilità per l'esecuzione delle pre stazioni contrattualmente dovute da chi fornisce i servizi stessi.

4. - Sulla base di tali premesse è da ritenere fondata la que stione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'appel lo di Milano, che riguarda la norma che esclude la responsabili tà dell'amministrazione postale per il danno cagionato dal col

pevole ritardo nel rinnovo, richiesto dall'interessato, di assegni

postali localizzati. L'art. 6 d.p.r. n. 156 del 1973 prevede che

non vi sia alcuna responsabilità dell'amministrazione per i ser

vizi di bancoposta, fuori dei casi e dei limiti stabiliti dalla legge, ed è alla regola generale di esclusione della responsabilità che

occorre fare riferimento, in assenza di qualsiasi altra disposizio ne che preveda una sia pur limitata responsabilità per il colpe vole ritardo nel rinnovo dei titoli di credito in questione.

Negli aspetti generali i servizi di bancoposta (emissione e pa

gamento di titoli di credito, riscossione di crediti, conti correnti

e buoni postali fruttiferi) non si discostano sostanzialmente, per struttura e funzione, dagli analoghi servizi propri dell'attività

bancaria.

I relativi contratti, pur nella loro particolare regolamentazio

ne, non hanno caratteristiche tali da presentare elementi di dif

ferenziazione idonei a giustificare l'esclusione generalizzata di

qualsiasi responsabilità per il colpevole inadempimento da parte dell'amministrazione postale, in assenza di una disciplina speci ficamente e ragionevolmente derogatoria.

In particolare gli assegni postali localizzati, quali disciplinati dal codice postale e dal relativo regolamento (d.p.r. 1° giugno 1989 n. 256), costituiscono titoli di credito per i quali è già verificata la provvista di fondi corrispondenti; possono essere

riscossi solo presso l'ufficio postale di destinazione; in ragione delle caratteristiche ad essi proprie, in caso di smarrimento o

sottrazione prima del recapito al beneficiario, possono essere

rinnovati subito dopo il periodo di validità dell'assegno. Non rispecchia, pertanto, esigenze ancorate all'oggettiva configura zione ed organizzazione di questo servizio, e quindi al canone

di ragionevolezza, l'assoluta esclusione di qualsiasi responsabi lità per il colpevole ed ingiustificato ritardo dell'amministrazio

ne nel rinnovo di tali titoli.

Deve essere, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale

dell'art. 6 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, nella parte in cui dispo ne che l'amministrazione non è tenuta al risarcimento dei danni

in caso di colpevole ritardo nella rinnovazione di assegno posta le localizzato, smarrito, distrutto o sottratto durante la trasmis

sione all'ufficio di pagamento designato dal traente.

5. - Sulla base delle medesime premesse in precedenza enun

ciate è, viceversa, da ritenere infondata la questione di legitti

mità costituzionale sollevata dalla Corte d'appello di Trento in

relazione alla norma che limita la responsabilità dell'ammini

strazione per il servizio postale, escludendo l'obbligo del risarci

mento, oltre l'indennità commisurata a dieci volte il diritto di

raccomandazione, nel caso di mancato recapito di corrispon

denza raccomandata.

II servizio postale, difatti, ha caratteristiche del tutto peculia

ri, essendo diretto a rendere effettiva, per tutti, la possibilità

di corrispondenza, garantendone la libertà e la segretezza. Tale

Il Foro Italiano — 1998.

servizio è esercitato in necessario collegamento con quello degli altri paesi aderenti all'Unione postale universale, secondo una

disciplina che rispecchia, nella determinazione dei limiti della responsabilità, principi comuni. In particolare, è predetermina ta la corresponsione di una indennità, indipendentemente dalla

prova del danno ma anche come limite al risarcimento, in caso

di perdita della corrispondenza raccomandata.

Non vi è, dunque, una esclusione di responsabilità ma la pre determinazione dell'indennizzo in rapporto ad un danno non

prevedibile da parte del debitore e che viene tipicamente com

misurato al prezzo di un servizio non destinato al trasporto di

valori. Per quest'ultimo, invece, è richiesta l'assicurazione ob

bligatoria, che implica la dichiarazione del valore del contenuto

della corrispondenza e, sollecitando un'adeguata diligenza, de

termina l'assunzione di responsabilità dell'amministrazione per

l'importo corrispondente al valore reale o dichiarato.

Non è pertanto ingiustificato il limite della responsabilità ad

una somma determinata, nel contesto di una ragionevole limita

zione dei costi e dei prezzi per i diversi servizi, offerti alla scelta

degli utenti.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 d.p.r. 29

marzo 1973 n. 156 (approvazione del testo unico delle disposi zioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomu

nicazioni), nella parte in cui dispone che l'amministrazione non

è tenuta al risarcimento dei danni in caso di colpevole ritardo

nella rinnovazione di assegno postale localizzato, smarrito, di

strutto o sottratto durante la trasmissione all'ufficio di paga mento designato dal traente;

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale degli art. 6, 28, 48 e 93 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, solle

vata, in riferimento agli art. 3, 28 e 43 Cost., dalla Corte d'ap

pello di Trento con l'ordinanza indicata in epigrafe.

II

Ritenuto in fatto ed in diritto. — Con atto di citazione notifi

cato in data 16 ottobre 1993 il sig. Macchioni Vittorio, quale titolare della ditta Barbara Bijoux, conveniva in giudizio innan

zi a questo tribunale il ministero delle poste e telecomunicazioni

al fine di sentir lo stesso condannato al risarcimento del danno,

quantificato in lire seimilioni, conseguente al ritardato paga mento di un vaglia telegrafico;

— parte attrice, in particolare, esponeva di aver spedito in

data 2 dicembre 1992 dall'ufficio postale di Roma Ostiense un

vaglia telegrafico di lire 818.000 alla ditta Buttura di Milano

per l'acquisto di merce da regalo da rifinire e porre in vendita

per le feste natalizie e di capodanno; e che detto vaglia telegra fico venne recapitato, con grave disservizo comportante la re

sponsabilità dell'amministrazione postale, con ben diciassette gior ni di ritardo ovvero il 19 dicembre 1991 quando la lavorazione

non poteva assolutamente più essere predisposta in tempo utile

per le vendite di fine anno (la circostanza della grave entità

del ritardo risulta peraltro incontestata e formalmente ammessa

con risposta — solo del 30 ottobre 1992 — della direzione cen

trale servizi bancoposta); — costituitosi in giudizio con apposita comparsa del 16 feb

braio 1994 l'ente poste italiane, succeduto ope legis al ministero

ex art. 6, 1° comma, 1. 29 gennaio 1994 n. 71 di conversione

del precedente d.l. 1° dicembre 1993 n. 487, prescindendo dalla

circostanza dell'entità del ritardo, affermava che ostava comun

que all'accoglimento della domanda il disposto di cui all'art.

6 del codice postale (d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156), secondo

il quale «l'amministrazione non incontra alcuna responsabilità

per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni,

fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge»; — tale norma, direttamente applicabile alla fattispecie e di

certo influente ai fini del decidere, è già stata utilizzata al fine

di limiare la responsabilità dell'(allora) pubblica amministrazio ne da talune decisioni della Suprema corte (ad es. sez. un. 6

dicembre 1978, n. 5750, Foro it., Rep. 1978, voce Posta, nn.

3, 4, e 29 aprile 1981, n. 5176, id., Rep. 1981, voce cit., n. 5), ma è pure stata oggetto di declaratoria di illegittimità con

sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 17 marzo 1988

(id., 1989, I, 56); — con tale decisione (resa all'epoca in cui i servizi banco

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Page 5: sentenza 30 dicembre 1997, n. 463 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 1998, n. 1); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Soc. Satris c. Min. poste e telecomunicazioni; Di Francia

PARTE PRIMA

posta ed assimilati non erano ancora gestiti dal neo-istituito en

te poste) la Corte costituzionale ebbe ad affermare l'incostitu

zionalità del citato art. 6, nonché degli art. 28, 48 e 93 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 nella parte in cui non disponevano che

l'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni non è

tenuta al risarcimento dei danni, oltre all'indennità di cui al

l'art. 28 cit., in caso di perdita o di manomissione di raccoman

date con le quali siano stati spediti vaglia cambiari emessi in

commutazione di debiti dello Stato; — la citata decisione della Corte costituzionale resa al fine

di escludere l'illegittima limitazione della responsabilità, appare a questo collegio come la prima di una serie di decisioni tutte

improntate, sotto vari profili, al superamento di anacronistiche

situazioni di privilegio e disparità in violazione di più norme dettate dalla Costituzione (cfr. Corte cost. 1104/88, ibid., 1,

e 456/94, id., 1995, I, 1, con le quali — rispettivamente —

è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del cit.

d.p.r., nella parte in cui dispone che il concessionario del servi

zio telefonico non è tenuto al risarcimento dei danni per le in

terruzioni del servizio dovute a sua colpa al di fuori dei limiti

ex art. 89, 2° comma, r.d. 19 luglio 1941 n. 1198, e dello stesso

art. 6 nella parte in cui esclude la responsabilità della società

concessionaria del servizio telefonico per le erronee indicazioni

nell'elenco degli abbonati, come specificate dall'art. 25 d.m. 11

novembre 1930); — anche con riguardo alla complessiva ratio delle cennate

decisioni, questo collegio ritiene che la questione di illegittimità costituzionale del medesimo art. 6, nella parte in cui esclude

ogni responsabilità in ordine al risarcimento del danno conse

guente a disservizio e grave ritardo nell'espletamento del servi

zio di vaglia telegrafico, vada oggi sollevata d'ufficio con riferi

mento alle norme di cui agli art. 2, 3 e 41 Cost.; — la stessa questione, oltre che per gli analoghi citati prece

denti di cui alle decisioni della Corte costituzionale, appare do

verosa specie con riguardo alla nuova natura del gestore del

servizio postale nel nostro paese ovvero all'ente poste italiane,

succeduto come detto ope legis alla precedente amministrazio

ne: il tutto, quindi, con indubbia accentuazione del carattere

e dell'impronta privatistica del servizio a maggior ragione in

conciliabile con limitazioni di responsabilità che non appaiono francamente più giustificabili e logicamente sostenibili, come,

peraltro, dimostrato ulteriormente ed indirettamente da talune

altre innovazioni quale quella — ad esempio — concernente

la sottrazione al medesimo ente dei poteri di controllo, ispettivi e sanzionatori sulla gestione di servizi eventualmente in viola

zione della privativa postale (v. art. 2 e 11 1. 71/94 e 48 d.m.p.t. 4 settembre 1996 e parere Cons. Stato, ad. gen., 27 luglio 1996, n. 124).

— Va, pertanto, stante l'innegabile e già ritenuta influenza

ai fini del decidere della sollevata questione, sospeso il presente

giudizio e disposta la trasmissione degli atti, per quanto di com

petenza, alla Corte costituzionale.

Il Foro Italiano — 1998.

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 30 dicembre 1997, n.

458 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 gennaio 1998, n.

1); Pres. Granata, Est. Vassalli; Commissario usi civici Pie

monte, Liguria e Valle d'Aosta c. Min. grazia e giustizia. Con

flitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Usi civici — Commissari — Ministero

di grazia e giustizia — Conflitto tra poteri dello Stato — Inam

missibilità (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme

sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzio

nale, art. 37).

È inammissibile, in quanto vertente tra soggetti che si collocano

all'interno di un complesso omogeneo di competenze ammi

nistrative, il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sol

levato dal commissario per il riordinamento degli usi civici

del Piemonte, della Liguria e della Valle d'Aosta nei confron ti del ministro di grazia e giustizia avverso i decreti ministe

riali con cui non sono stati approvati, perché spettanti alla

competenza regionale, provvedimenti commissariali riguardanti la legittimazione all'occupazione di terreni appartenenti al de

manio civico comunale. (1)

Ritenuto che, con ordinanza del 20 giugno 1997, il commissa

rio per il riordinamento degli usi civici del Piemonte, della Li guria e della Valle d'Aosta ha promosso conflitto di attribuzio

(1) La corte dichiara inammissibile il conflitto in quanto il commis sario per il riordinamento degli usi civici ed il governo non appartengo no a poteri statuali diversi e non risultano titolari di distinte funzioni, costituzionalmente rilevanti.

Per altre ipotesi in cui il commissario agli usi civici è stato parte di un conflitto tra poteri dello Stato, v. Corte cost., ord. 9 novembre

1993, n. 390, Foro it., Rep. 1994, voce Usi civici, n. 24, commentata da Pisaneschi, in Giur. costit., 1993, 3310, con cui è stato dichiarato inammissibile il conflitto per carenza dell'oggetto, posto che il potere rivendicato nei confronti del ministro dell'agricoltura non apparteneva al commissario ricorrente, bensì al ministro di grazia e giustizia.

Nel senso che la mancanza di una specifica normativa regionale non

preclude alla regione l'esercizio delle funzioni amministrative attribuite in materia di usi civici dall'art. 66 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, con esclusione dei soli provvedimenti relativi all'approvazione delle legitti mazioni, riservate ai commissari per gli usi civici quali organi statali, v. Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 1994, n. 82, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 44.

In ordine alla ripartizione di competenza fra la regione ed il commis sario per gli usi civici, v. Corte cost. 10 maggio 1995, n. 156, id., 1995, I, 2770, con nota di richiami ed osservazioni di Fuzio, e id., 1996, I, 2297, con osservazioni di Pietrosanti, commentata, da Petronio, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1995, 403, circa la determinazione dei

compensi eventualmente spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espro priando Corte cost. 20 febbraio 1995, n. 46, Foro it., 1995, I, 741, con nota di richiami ed osservazioni di Benini, commentata da Casa massima e Marinelli, in Giust. civ., 1995, I, 865, da Ricciotti, in Corriere giur., 1995, 432, da Larizio, in Giornate dir. amm., 1995, 609 e da Petronio, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1995, 145, che ha dichiarato inammissibile, per irrilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli art. 66 d.p.r. 616/77, 9 e 10 1. 16 giugno 1927 n. 1766 e 30 e 31 r.d. 26 febbraio 1928 n. 332, nella parte in cui escludono

ogni competenza del commissario nei procedimenti di legittimazione del

possesso di terreni gravati da usi civici; Corte cost. 30 dicembre 1991, n. 511, Foro it., Rep. 1992, voce Regione, n. 270, commentata da Ma rinelli, in Giust. civ., 1992, I, 1165; Tar Basilicata 17 novembre 1990, n. 187, Foro it., Rep. 1991, voce Usi civici, n. 32, commentata da Casamassima, in Giur. it., 1991, III, 1, 116, secondo cui, ai sensi del l'art. 66 d.p.r. 616/77, sono state trasferite alle regioni tutte le compe tenze amministrative statali in materia di usi civici, ivi comprese quelle attinenti l'esercizio dei poteri di autotutela relativi al possesso dei beni

gravati da tali diritti, già spettanti ai commissari per gli usi civici; la sfera delle attribuzioni dell'amministrazione comunale non va oltre l'at tività di sorveglianza, necessaria a garantire il corretto esercizio dei di ritti, a prevenire gli abusi ed a promuovere l'adozione dei provvedimen ti di autotutela da parte dell'autorità competente; Cons. Stato, sez VI, 26 giugno 1990, n. 661, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 29; Tar Lazio, sez. I, 25 marzo 1986, n. 479, id., Rep. 1986, voce cit., n. 12, secondo cui il sistema normativo vigente in materia di usi civici deve essere rico struito alla stregua del d.p.r. 616/77, il cui art. 66 (5°, 6° e 7° comma) ha trasferito alle regioni tutte le funzioni amministrative già esercitate da organi dello Stato, con la sola eccezione dell'approvazione delle le gittimazioni, che è rimasta di spettanza dell'amministrazione statale, in quanto disposta con d.p.r., a seguito di intesa con la regione interes sata; Tar Abruzzo 19 febbraio 1985, n. 102, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 25; Cons. Stato, sez. II, 11 febbraio 1981, n. 1277, id., Rep. 1983, voce cit., n. 33.

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