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sentenza 30 dicembre 1998, n. 452 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 13 gennaio 1999, n. 2);...

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sentenza 30 dicembre 1998, n. 452 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 13 gennaio 1999, n. 2); Pres. Granata, Est. Vari; imp. Tella e altri; interv. Pres. cons. ministri. Ord. G.i.p. Trib. Modena 20 ottobre 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 2 del 1998) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 3 (MARZO 1999), pp. 753/754-757/758 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194172 . Accessed: 25/06/2014 00:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.37 on Wed, 25 Jun 2014 00:28:44 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 30 dicembre 1998, n. 452 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 13 gennaio 1999, n. 2); Pres. Granata, Est. Vari; imp. Tella e altri; interv. Pres. cons. ministri. Ord. G.i.p.

sentenza 30 dicembre 1998, n. 452 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 13 gennaio 1999, n. 2);Pres. Granata, Est. Vari; imp. Tella e altri; interv. Pres. cons. ministri. Ord. G.i.p. Trib.Modena 20 ottobre 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 2 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 3 (MARZO 1999), pp. 753/754-757/758Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194172 .

Accessed: 25/06/2014 00:28

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino ita

liano», salvo che le convenzioni internazionali o lo stesso testo

unico dispongano diversamente, il ragionamento va rovesciato:

occorrerebbe, per giungere all'accennata conclusione, rinvenire

una norma che, esplicitamente o implicitamente, neghi ai lavo

ratori extracomunitari, in deroga alla «piena uguaglianza», il

diritto in questione. Ma una siffatta norma derogatoria nella materia in esame

non esiste. La 1. 2 aprile 1968 n. 482, nell'individuare le catego rie che beneficiano della disciplina delle assunzioni obbligatorie si riferisce fra l'altro agli «invalidi civili» (art. 1, 1° comma) senza alcuna limitazione discendente dalla cittadinanza: tali so

no definiti «coloro che siano affetti da minorazioni fisiche, che

ne riducano la capacità lavorativa in misura non inferiore ad

un terzo» (art. 5), ancora una volta senza alcun riferimento

alla cittadinanza; ed anche le condizioni generali di esclusione

dal beneficio (età superiore a cinquantacinque anni, perdita to

tale della capacità lavorativa, invalidità che possa riuscire di

danno alla salute e alla incolumità dei compagni di lavoro o

alla sicurezza degli impianti: art. 1, 2° comma) non hanno a

che fare con la qualità di cittadino o di straniero. L'art. 19

a sua volta prevede l'istituzione di elenchi in cui sono iscritti, fra l'altro, gli invalidi civili «che risultino disoccupati e che aspi rino ad un'occupazione conforme alle proprie capacità lavo

rative».

Sono stabilite, bensì, norme e procedure speciali per l'accesso

al lavoro in Italia dei cittadini extracomunitari. L'art. 5 1. n.

943 del 1986 prevedeva la formazione di speciali liste di colloca

mento dei lavoratori extracomunitari (ma ne prevedeva poi, tra

scorsi ventiquattro mesi dal primo avviamento al lavoro, l'iscri

zione nelle ordinarie liste di collocamento: 2° comma); oggi il

testo unico n. 286 del 1998 prevede appositi decreti per fissare

le quote massime di stranieri extracomunitari da ammettere per lavoro nel territorio dello Stato (art. 3, 4° comma; art. 21, 1°

comma). Ma tutto ciò vale per l'accesso al mercato del lavoro

da parte dei cittadini extracomunitari che a questo fine chieda

no di poter soggiornare in Italia; e si giustifica in vista dei limiti

che il legislatore può legittimamente porre a tale accesso.

Una volta che i lavoratori extracomunitari siano autorizzati

al lavoro subordinato stabile in Italia, godendo di un permesso di soggiorno rilasciato a tale scopo o di altro titolo che consen

ta di accedere al lavoro subordinato nel nostro paese, e siano

posti a tale fine in condizioni di parità con i cittadini italiani, e così siano iscritti o possano iscriversi nelle ordinarie liste di

collocamento (come la legge esplicitamente prevedeva e preve de: cfr. il già citato art. 5, 2° comma, 1. n. 943 del 1986; l'art.

9, 3° comma, d.l. n. 416 del 1989; e oggi gli art. 22, 9° comma,

23, 1° comma, 30, 2° comma, del testo unico n. 286 del 1998), essi godono di tutti i diritti riconosciuti ai lavoratori italiani.

Né perdono tali diritti per il fatto di rimanere disoccupati: l'art. 22, 9° comma, del testo unico n. 286 del 1998 stabilisce

espressamente (come già l'art. 11, 3° comma, 1. n. 943 del 1986) che «la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per

privare il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legal mente residenti del permesso di soggiorno», onde continua a

valere nei loro confronti la garanzia di godimento dei «diritti

in materia civile» e della «piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani», di cui all'art. 2, 2° e 3° comma, dello

stesso testo unico; e aggiunge che il lavoratore in possesso del

permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il po sto di lavoro può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e co

munque per un periodo non inferiore ad un anno.

Tra i diritti di cui gode il lavoratore extracomunitario non

può non riconoscersi dunque quello di iscriversi, avendone i

requisiti, negli elenchi per il collocamento obbligatorio degli in

validi. 4. - La conclusione non cambia, se si considera il colloca

mento obbligatorio, come si esprime il rimettente, «una forma

di protezione speciale di categorie svantaggiate di cittadini». Que sta corte invero ha ricondotto la speciale disciplina sul colloca

mento obbligatorio degli invalidi alle forme di attuazione del

diritto che «gli inabili e i minorati» hanno, a norma dell'art.

38, 3° comma, Cost., all'avviamento professionale (cfr. senten

ze n. 38 del 1960, id., 1960, I, 1077; n. 55 del 1961, id., 1961,

Il Foro Italiano — 1999.

I, 1276): diritto del quale gode anche lo straniero avente titolo

ad accedere al lavoro subordinato nel territorio dello Stato in

condizioni di uguaglianza con i cittadini, non essendovi, sotto

questo profilo, ragione di differenziarne il trattamento rispettp al cittadino italiano.

Che se poi si volesse includere tale beneficio nell'ambito dei

diritti e degli interventi afferenti all'assistenza sociale delle per sone che si trovano in specifiche condizioni di necessità, non

lo si potrebbe negare allo straniero, in un quadro legislativo nel quale non solo, come si è ricordato, lo straniero regolar mente soggiornante gode in linea di principio dei «diritti in ma

teria civile attribuiti al cittadino italiano» (art. 2, 2° comma, del testo unico n. 286 del 1998), ma gli stranieri titolari di carta

di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore

ad un anno «sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della

fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economi

che, di assistenza sociale, incluse quelle previste» fra l'altro,

«per gli invalidi civili» (art. 41 del testo unico n. 286 del 1998),

e, più in generale, gli stranieri aventi stabile dimora nel territo

rio nazionale sono tra i soggetti cui si applica la legge contenen

te i principi dell'ordinamento in materia di diritti e assistenza

delle persone handicappate (art. 3, 4° comma, 1. 5 febbraio 1992

n. 104). 5. - Deve dunque affermarsi che non sussiste la lacuna nor

mativa denunciata dal rimettente, potendosi dalle disposizioni

legislative in vigore trarre la conclusione, costituzionalmente cor

retta, della spettanza ai lavoratori extracomunitari, aventi titolo

per accedere al lavoro subordinato stabile in Italia in condizioni

di parità con i cittadini, e che ne abbiano i requisiti, del diritto

ad iscriversi negli elenchi di cui all'art. 19 1. n. 482 del 1968

ai fini dell'assunzione obbligatoria. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 1 e 5 1. 30 di

cembre 1986 n. 943 (norme in materia di collocamento e di trat

tamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le

immigrazioni clandestine), ora sostituiti dagli art. 2, 3, 4° com

ma, e 21 d.leg. 25 luglio 1998 n. 286 (testo unico delle disposi zioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla

condizione dello straniero), sollevata, in riferimento agli art.

10, 1° e 2° comma, 2 e 3 Cost., dal Pretore di Trieste con

l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 1998, n.

452 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 13 gennaio 1999, n. 2); Pres. Granata, Est. Vari; imp. Telia e altri; interv.

Pres. cons, ministri. Ord. G.i.p. Trib. Modena 20 ottobre

1997 (G.U., la s.s., n. 2 del 1998).

Tributi in genere — Accertamento con adesione — Limiti di

efficacia — Questione infondata di costituzionalità nei sensi

di cui in motivazione (Cost., art. 3; d.l. 30 settembre 1994

n. 564, disposizioni urgenti in materia fiscale, art. 3; 1. 30

novembre 1994 n. 656, conversione in legge, con modificazio

ni, del d.l. 30 settembre 1994 n. 564, art. 1; d.leg. 19 giugno 1997 n. 218, disposizioni in materia di accertamento con ade

sione e di conciliazione giudiziale, art. 2).

È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 2, 6° comma, d.leg. 19 giu

gno 1997 n. 218, nella parte in cui non prevederebbe l'appli

cabilità del 3° comma del medesimo art. 2 anche ai periodi di imposta già definiti sulla base dell'art. 3 d.l. 30 settembre

1994 n. 564, in riferimento all'art. 3, 1° comma, Cost, (la

disposizione impugnata viene interpretata dalla corte nel sen

so che questa trovi applicazione rispetto a tutte le pendenze

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PARTE PRIMA

rientranti nei periodi di imposta ai quali era applicabile l'ac

certamento con adesione di cui al d.l. 564/94, a prescindere dal fatto di essere state o meno definite). (1)

Diritto. — 1. - Con l'ordinanza in epigrafe il giudice per le

indagini preliminari del Tribunale di Modena ha sollevato que stione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 6° comma, d.leg. 19 giugno 1997 n. 218, nella parte in cui non prevede che il

disposto dell'art. 2, 3° comma, seconda parte, del predetto de

creto si applichi anche ai periodi di imposta già definiti sulla base dell'art. 3 d.l. 30 settembre 1994 n. 564, convertito, con

modificazioni, nella 1. 30 novembre 1994 n. 656.

Secondo il rimettente la denunciata norma si pone in contra

sto con l'art. 3, 1° comma, Cost., a causa del diverso tratta

mento riservato a situazioni identiche, in quanto consente al

contribuente di avvalersi della facoltà di definire i periodi di

imposta fino al 1994 mediante accertamento con adesione, al

quale accede l'esclusione della punibilità per gli illeciti aventi

rilevanza sul piano penale, e non ricomprende, invece, in tali

benefici, le situazioni relative agli stessi periodi di imposta, che

siano già state definite ai sensi del menzionato art. 3 d.l. n. 564 del 1994.

2. - Nulla osta, anzitutto, all'ammissibilità della questione sotto il profilo della rilevanza, motivata dal rimettente sulla base di

argomenti tratti dai precedenti della giurisprudenza costituzio

(1) Una fra le principali novità del c.d. accertamento con adesione introdotto dal d.leg. 19 giugno 1997 n. 218 è stata certamente dettata dalla prevista efficacia penale, anche con effetto retroattivo, di tale nuova forma di sanatoria. In base a quanto espressamente disposto dal 3° comma dell'art. 2 d.leg. cit., l'accertamento definito con adesione esclude, infatti, «anche con effetto retroattivo, in deroga all'art. 20 1. 7 gennaio 1929 n. 4, la punibilità per i reati previsti dal d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito, con modificazioni, nella 1. 7 agosto 1982 n. 516, limita tamente ai fatti oggetto dell'accertamento». Tale specifica efficacia estin tiva non è stata tuttavia estesa ai più gravi reati previsti da quest'ultimo testo normativo, risultando inoperante per quanto riguarda «la punibi lità per i reati di cui agli art. 2, 3° comma, e 4 del medesimo decreto

legge» (più in generale, sugli aspetti connessi alla disciplina dell'accerta mento con adesione previsto dal d.leg. 218/97, v. Bernazzani-Pricolo, Il nuovo accertamento con adesione, in Dir. peri, e proc., 1998, 246 ss.; Id., L'effetto estintivo del nuovo accertamento con adesione, ibid., 376 ss.; Bersani, Accertamento con adesione. Effetti penali sostanziali e processuali, in Fisco, 1998, 12734 ss.; Brighenti, Riflessi penali del nuovo accertamento con adesione, in Bollettino trib., 1997, 1086 ss.; Capolupo, L'accertamento per adesione, in Fisco, 1997, ali. al n. 30; Corso, I benefici penali del «nuovo concordato», in Corriere trib., 1997, 2473 ss.; Detto, Lineamenti del nuovo accertamento con adesione, ibid., 2328 ss.; Mastrogiacomo, Profili penali dell'accertamento con adesio ne, in Fisco, 1997, 12825 ss.; Izzo, Troppe incertezze sugli effetti penali dell'accertamento con adesione, id., 1998, 13540 ss.; Magistro, Come

opera concretamente l'effetto esimente in materia penale?, in Corriere trib., 1997, 2791 ss.; Tencati, Novità penalistiche nell'accertamento con adesione e nella conciliazione giudiziale, in Fisco, 1998, 12096 ss.

Con l'ulteriore disposto del 6° comma del citato art. 2 l'efficacia di tale sanatoria è stata dichiarata applicabile «anche in relazione ai periodi d'imposta per i quali era applicabile la definizione ai sensi del l'art. 3 d.l. 30 settembre 1994 n. 564, convertito, con modificazioni, dalla 1. 30 novembre 1994 n. 656, e dell'art. 2, comma 137,1. 23 dicem bre 1996 n. 662». Con il primo dei due richiami, si è perciò fatto speci fico riferimento alla precedente disciplina dell'accertamento con adesio ne, altrimenti definito quale «concordato di massa»; che, a differenza di quanto disposto dal recente provvedimento del 1997, aveva espressa mente esclusa ogni rilevanza penale della relativa definizione (sulla que stione, oggetto di vastissima bibliografia, v., fra i tanti, Bernazzani Bersani, Dal concordato a regime al concordato di massa: profili pena li, in Dir. pen. e proc., 1996, 508 ss.; Caraccioli-Chieppa, Questioni aperte sul concordato di massa, in Fisco, 1995, 9161 ss.; Corso, Rifles si penali dell'accertamento con adesione, in Corriere trib., 1995, 1949 ss.; Traversi, Riflessi penali delle nuove normative, in Fisco, 1995, 8585 ss.).

Secondo quanto eccepito dal giudice per le indagini preliminari pres so il Tribunale di Modena, quest'ultima disposizione poteva tuttavia dare luogo ad alcuni dubbi di legittimità costituzionale: il tenore del citato richiamo alla disciplina di cui al d.l. 564/94 poteva infatti essere inteso nel senso che, ferma la possibilità di definire tali passate penden ze mediante il diretto ricorso alla nuova procedura prevista dalla più recente disciplina del 1997, tale esplicita efficacia «anche penale» non potesse essere direttamente ed immediatamente estesa anche ai contri buenti che avessero già in passato proceduto a sanare tali periodi d'im posta mediante la definizione disciplinata dal citato d.l. 564/94. Di qui,

Il Foro Italiano — 1999.

naie in materia di amnistia (in particolare, sentenza n. 19 del

1995, Foro it., 1995, I, 1416), al fine di sostenere che una pro nunzia di accoglimento non potrebbe non ridondare anche a

vantaggio di coloro che, come gli imputati, non sarebbero stati

formalmente legittimati ad avvalersi, nella specie, della proce dura di accertamento con adesione. La non implausibilità di

tale motivazione è sufficiente a superare il vaglio della verifica

che compete alla corte sull'esistenza dei presupposti per il pro movimento della questione, potendosi, così, dare ingresso al pre sente incidente di costituzionalità.

3. - Nel merito, la questione è da reputare non fondata, nei

sensi di seguito precisati. Onde richiamare il contesto normativo nel quale si colloca

la problematica portata all'esame della corte, va premesso che

il d.leg. 19 giugno 1997 n. 218, nel procedere ad una revisione

organica dell'istituto dell'accertamento con adesione, ha intro

dotto una nuova disciplina generale delle modalità per la defini

zione delle pendenze tributarie, cui si riconnettono anche effetti

premiali sul piano penale; si prevede, infatti, sia pure con talu

ne eccezioni, che «la definizione esclude, anche con effetto re

troattivo, in deroga all'art. 20 1. 7 gennaio 1929 n. 4, la punibi lità per i reati previsti dal d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito, con modificazioni, nella 1. 7 agosto 1982 n. 516, limitatamente

ai fatti oggetto dell'accertamento» (3° comma, seconda parte, dell'art. 2). Il 6° comma del medesimo articolo, sul quale si

perciò, il sospetto di una possibile violazione dell'art. 3 Cost., e di un

conseguente contrasto con il sotteso criterio di necessaria ragionevolez za, determinati dall'ingiustificata differenziazione di effetti che sarebbe stata riconosciuta a situazioni sostanzialmente identiche (nel caso di specie gli imputati non si identificavano con i soggetti che, a suo tempo, sa rebbero stati formalmente legittimati ad avvalersi della passata proce dura di accertamento con adesione; la rilevanza della questione è stata tuttavia ritenuta comunque giustificata alla luce della già riconosciuta valenza oggettiva di analoghe figure di sanatoria penale-tributaria, co me tali suscettibili perciò di imporre una estensione dei connessi effetti estintivi al reo anche a favore di eventuali concorrenti con il contri buente formalmente tenuto a presentare la necessaria istanza di defini zione: sul punto, v., infatti, Corte cost. 19 gennaio 1995, n. 19, Foro it., 1995, I, 1416, con nota di richiami; 21 novembre 1997, n. 354, id., 1998, I, 13, con annesso intervento del presidente Granata, Corte di cassazione e Corte costituzionale nella dialettica tra controllo erme neutico e controllo di legittimità - Linee evolutive della giurisprudenza costituzionale).

Con la presente decisione i giudici della Consulta hanno di fatto escluso la sussistenza di tale asserito contrasto con l'art. 3 Cost., muovendo tuttavia da una interpretazione della disposizione contestata che, sulla scia di una già affermata esigenza di adottare, nei limiti resi possibili dal tenore letterale delle norme, «quella diversa lettura che risulti ade rente ai principi costituzionali altrimenti vulnerati» (in questo senso, v. in particolare Corte cost. 24 luglio 1996, n. 307, id., 1996, I, 3596, con nota di richiami), viene esplicitamente ad ammettere la diretta rife ribilità dell'attuale efficacia «anche penale» dell'accertamento con ade sione anche a coloro che già abbiano provveduto ad avvalersi della pre cedente definizione di cui al d.l. 564/94.

Come è stato subito osservato (v. I. Caraccioli, Il concordato si libera dei rischi penali ma semina disparità, in II Sole-24 Ore del 7 gennaio 1999), la decisione rischia tuttavia di aprire una ulteriore dispa rità di trattamento: nei confronti di tutti coloro che, attesa la non espli cita rilevanza penale dell'accertamento con adesione previsto dal d.l. 564/94, non ritennero all'epoca di avvalersi di tale soluzione, e preferi rono perciò impugnare gli originari avvisi di accertamento, l'unica stra da attualmente percorribile per chiudere tali pendenze è quella di ricor rere al rimedio della conciliazione giudiziale (così come corretta dal l'art. 14 d.leg. 218/97); a differenza del nuovo accertamento con adesione, quest'ultimo istituto non vanta tuttavia alcuna efficacia penale e quindi questi contribuenti si trovano oggi esposti al rischio di venire esclusi da ogni possibilità di sanatoria di eventuali illeciti penali.

Fino a che la Consulta non avrà occasione di pronunciarsi sulla even tuale denuncia di illegittimità di quest'ultima disparità di trattamento, la situazione rimane quindi circoscritta nei termini emergenti dall'attua le pronuncia. In linea di massima va tuttavia ricordato che in parlamen to sta procedendo l'analisi del disegno di legge di depenalizzazione dei reati fiscali previsti dal d.l. 429/82, con la sola eccezione delle ipotesi c.d. di frode fiscale di cui all'art. 4 di quest'ultimo testo normativo (nella versione modificata dalla 1. 154/91): attesa l'espressa efficacia retroattiva che, in deroga a quanto previsto dall'art. 20 1. 4/29, risulta riconosciuta a tale probabile processo di depenalizzazione, ogni que stione potrebbe quindi venire superata proprio dalla conseguente imme diata applicabilità degli effetti favorevoli al reo previsti dall'art. 2 c.p. e dall'art. 673 c.p.p. [A. Melchionda]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

appuntano le censure del rimettente, precisa, a sua volta, che

rientrano, nella disciplina di cui ai precedenti commi (tra i quali

il 3° comma testé richiamato), anche i periodi di imposta per

i quali era applicabile, tra l'altro, la definizione ai sensi dell'art.

3 d.l. 30 settembre 1994 n. 564. Si tratta, in particolare, dell'ac

certamento con adesione del contribuente per anni pregressi (c.d.

«concordato di massa»), previsto dal menzionato art. 3, ai fini

delle impostò sul reddito e dell'imposta sul valore aggiunto, nel

quadro di una disciplina del concordato relativa alle dichiara

zioni presentate entro il 30 settembre 1994.

4. - Tanto premesso, è da rammentare che questa corte ha

più volte affermato (da ultimo, sentenze n. 307 del 1996, id.,

1996, I, 3596, e n. 354 del 1997, id., 1998, I, 13) il principio secondo cui il giudice rimettente, nell'operare la ricognizione

del contenuto normativo della disposizione da applicare al caso

portato al suo esame, deve costantemente essere guidato dall'e

sigenza di rispettare i precetti costituzionali e, quindi, ove una

interpretazione appaia confliggente con alcuno di essi, è tenuto

— soprattutto in mancanza di diritto vivente — ad adottare

quella diversa lettura che risulti aderente ai principi costituzio

nali altrimenti vulnerati.

Nel caso di specie, invero, esiste la possibilità di una interpre

tazione della disposizione denunciata diversa da quella prospet

tata dall'ordinanza e tale da consentire di superare il denuncia

to dubbio di costituzionalità.

Alla tesi sostenuta dal giudice a quo, nel senso che l'effetto

estintivo della punibilità, previsto dal 3° comma dell'art. 2 d.leg.

n. 218 del 1997, non comprenderebbe il caso in cui si sia già

formulata adesione all'accertamento in base all'art. 3 d.l. n.

564 del 1994, può opporsi, anzitutto, che il censurato 6° com

ma del medesimo art. 2 — nel ricondurre nella disciplina di

favore del precedente 3° comma i periodi di imposta ai quali

«era applicabile» la definizione ai sensi della anteriore normati

va — utilizza una locuzione, che, nella sua portata letterale,

ben si presta, in alternativa alla lettura riduttiva del rimettente,

ad essere riferita a tutte le pendenze rientranti nella indicata

categoria, a prescindere dal fatto di essere state o meno definite.

Può, inoltre, rilevarsi che il menzionato d.leg. n. 218 del 1997,

nel ridisciplinare in via generale i procedimenti di definizione

delle vertenze tributarie e nell'escludere (art. 2, 3° comma) la

punibilità per i fatti aventi rilevanza penale, mostra di volersi

ispirare a criteri di particolare ampiezza, come denota il fatto

stesso di aver preso in considerazione anche i fatti precedenti,

in ciò derogando al principio generale dell'art. 20 1. 7 gennaio

1929 n. 4 (c.d. «ultrattività della legge penale tributaria»). Ma,

una volta individuato in questi termini l'intento del legislatore,

non si spiegherebbe una discriminazione, nell'ambito delle fatti

specie pregresse, a danno delle pendenze a suo tempo risolte,

se non altro perché ne resterebbero penalizzati proprio quei con

tribuenti che, come lo stesso rimettente non manca di avvertire,

si sono mostrati più solerti nella definizione dei loro rapporti

con il fisco.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità

costituzionale dell'art. 2, 6° comma, d.leg. 19 giugno 1997 n.

218 (disposizioni in materia di accertamento con adesione e di

conciliazione giudiziale), sollevata, in riferimento all'art. 3, 1°

comma, Cost., dal giudice per le indagini preliminari del Tribu

nale di Modena con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 dicembre 1998, n.

422 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 30 dicembre 1998,

n. 52); Pres. Granata, Est. Santosuosso; Regione Friuli

Venezia Giulia (Avv. Fusco) c. Pres. cons, ministri. Conflit to di attribuzione.

Friuli-Venezia Giulia — Cassa integrazione guadagni — Com

missione provinciale — Nomina del presidente — Spettanza allo Stato — Esclusione (Cost., art. 97; statuto speciale della

regione Friuli-Venezia Giulia, art. 6; 1. 20 maggio 1975 n.

164, provvedimenti per la garanzia del salario, art. 8; d.leg.

16 settembre 1996 n. 514, norme di attuazione dello statuto

speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia recanti delega di

funzioni amministrative alla regione in materia di collocamento

ed avviamento al lavoro).

Non spetta allo Stato, ed in particolare al direttore reggente

della direzione provinciale del lavoro di Gorizia, nominare

il presidente della commissione provinciale per la cassa inte

grazione guadagni dell'industria di Gorizia e, di conseguenza,

va annullato il decreto 2 settembre 1997 del direttore reggen

te, con il quale lo stesso si è nominato presidente della sud

detta commissione. (1)

Diritto. — 1. - La regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,

in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore,

ha proposto conflitto di attribuzione contro il presidente del

consiglio dei ministri perché venga dichiarato che non spetta

allo Stato, ed in particolare al direttore reggente della direzione

provinciale del lavoro di Gorizia, nominare il presidente della

commissione provinciale per la cassa integrazione guadagni del

l'industria di Gorizia e venga conseguentemente annullato, pre

via una sospensione, il decreto del 2 settembre 1997 del medesi

mo direttore reggente, con il quale lo stesso si è nominato presi

dente della suddetta commissione.

La regione afferma che tale decreto preclude l'esercizio di

una parte delle potestà delegatele in materia di collocamento

e di avviamento al lavoro, configurando una menomazione del

le attribuzioni assegnatele dal d.leg. n. 514 del 1996: quest'ulti

mo avrebbe operato una delega devolutiva o traslativa, in cui

rientrerebbe la competenza alla nomina del presidente e dei com

ponenti delle commissioni provinciali per la cassa integrazione

guadagni, che, invece, in precedenza (ai sensi dell'art. 8 1. 20

maggio 1975 n. 164, recante «provvedimenti per la garanzia del

(1) La Corte costituzionale ribadisce il principio secondo cui la regio ne è legittimata a sollevare conflitto di attribuzione a difesa di funzioni

delegatele dallo Stato, purché si tratti di delega devolutiva o traslativa,

caratterizzata da una relativa stabilità e da una integrazione necessaria

con le funzioni proprie della regione stessa. Nella specie, ha ritenuto

che trattavasi di delega devolutiva, per cui ha dichiarato ammissibile

il conflitto. Per una diversa soluzione, in applicazione dello stesso prin

cipio, v. Corte cost. 12 luglio 1996, n. 245, Foro it., 1996, I, 3292,

con nota di richiami e osservazioni di Ponzanei.i.i.

Nel merito, la corte accoglie il ricorso sul presupposto che il d.leg. 514/96 ha delegato alla regione la funzione di nominare il presidente della commissione provinciale della cassa integrazione guadagni, men

tre le neocostituite direzioni provinciali del lavoro sono soltanto succe

dute ai vecchi ispettorati provinciali ed esercitano solo le funzioni ad

essi residuate dopo l'avvenuta delega di funzioni alla regione con il

d.leg. 514/96. Per l'affermazione della spettanza, ai sensi dell'art. 8 1. 164/75, al

direttore dell'ufficio regionale del lavoro di procedere al rinnovo, totale

o parziale, della commissione provinciale della cassa integrazione gua

dagni, v. Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 1994, n. 353, id., Rep. 1994,

voce Previdenza sociale, n. 554. In ordine alla nomina dei componenti delle commissioni provinciali del lavoro e della massima occupazione, v. pure Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 1984, n. 517, id., Rep. 1984,

voce cit., n. 203, secondo cui l'art. 8 1. 164/75, il quale parla di «desi

gnazioni effettuate dalle rispettive organizzazioni sindacali di categoria

più rappresentative», non ha inteso procedere alla individuazione del

l'organizzazione più rappresentativa, ma alla ricerca di tutte quelle più

rappresentative nell'ambito della provincia, escludendo, in linea di mas

sima, che una sola possa assumere in sé la rappresentanza di tutte le

altre organizzazioni della medesima categoria. Per un commento del d.leg. 514/96, v. Fai, La nuova disciplina del

collocamento nel Friuli-Venezia Giulia, in Dir. e pratica lav., 1997, 1923.

In tema di cassa integrazione guadagni, v., di recente, Pret. Nola

Pomigliano d'Arco 20 luglio 1998, Foro it., 1998, I, 3400, con nota

di richiami.

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