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sentenza 30 dicembre 2003, n. 379 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1);...

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sentenza 30 dicembre 2003, n. 379 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1); Pres. Chieppa, Est. Onida; Tribunale di Roma c. Camera dei deputati (Avv. Nania). Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 991/992-995/996 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199121 . Accessed: 24/06/2014 21:50 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.115 on Tue, 24 Jun 2014 21:50:23 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 30 dicembre 2003, n. 379 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1); Pres. Chieppa, Est. Onida; Tribunale di Roma c. Camera dei deputati (Avv. Nania). Conflitto

sentenza 30 dicembre 2003, n. 379 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1);Pres. Chieppa, Est. Onida; Tribunale di Roma c. Camera dei deputati (Avv. Nania). Conflitto diattribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 991/992-995/996Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199121 .

Accessed: 24/06/2014 21:50

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PARTE PRIMA

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 2003, n. 379 (Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1); Pres. Chieppa, Est. Onida; Tribunale di Roma c. Camera

dei deputati (Avv. Nania). Conflitto di attribuzione.

Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e opinioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla camera dei deputati — Fattispecie (Cost., art. 68).

Spettava alla camera dei deputati deliberare che le dichiara

zioni contestate al deputato Gramazio, oggetto del giudizio civile pendente davanti al ricorrente Tribunale di Roma, co

stituivano opinioni espresse dal deputato medesimo nell'e

sercizio di funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost. (nella specie, la corte ha affermato che la «ri

chiesta di interrogazione» parlamentare, ancorché poi di

chiarata inammissibile, può essere considerata come opi nione espressa nell'esercizio delle funzioni parlamentari in

quanto formulata nei termini tipici dell'interrogazione par lamentare e dichiarata inammissibile solo perché ritenuta af

ferente a materia esulante da quelle affidate alla competenza ed alla connessa responsabilità propria del governo nei con

fronti del parlamento). (1)

(1) Il conflitto era stato dichiarato ammissibile da Corte cost., ord. 25 luglio 2001, n. 312, Foro it., Rep. 2002, voce Corte costituzionale, n. 84.

La particolarità del conflitto, risolto con la pronuncia in epigrafe, consiste nel fatto che l'interrogazione parlamentare (il cui contenuto, ritenuto diffamatorio, era stato diffuso attraverso la stampa) era stata dichiarata inammissibile, ai sensi dell'art. 139 bis del regolamento della camera. La giunta per le autorizzazioni a procedere aveva pertanto ritenuto di qualificare le opinioni espresse coperte dall'immunità sulla base del contenuto delle stesse, ma prescindendo completamente dal fatto che queste fossero presenti in una richiesta di interrogazione, la

quale, in quanto dichiarata inammissibile, doveva ritenersi tamquam non esset.

Con ordinanza istruttoria la corte aveva quindi richiesto, in quanto non allegati al ricorso, copia della richiesta di interrogazione e del

provvedimento con cui la stessa era stata dichiarata inammissibile. A tale richiesta il presidente della camera aveva però opposto un rifiuto, rilevando che la richiesta inammissibile non era qualificabile come in

terrogazione, ma come manifestazione di opinione del deputato interes sato nell'esercizio di una-facoltà prevista dall'ordinamento parlamenta re, precisando comunque che il contenuto dei due documenti era cor rettamente riportato nella relazione della giunta per le autorizzazioni a

procedere su cui si era poi espressa l'assemblea. La Corte costituzionale non segue la posizione espressa dalla giunta

parlamentare, ma ritiene corretto l'operato della camera in relazione alla sostanziale coincidenza di contenuti tra la richiesta di interrogazio ne e quanto pubblicato sulla stampa, sostenendo che la «richiesta di in

terrogazione» — in considerazione dell'ampiezza dei criteri di con trollo e quindi delle ragioni per cui può essere ritenuta inammissibile, nonché dell'inappellabilità della decisione in proposito del presidente di assemblea — non può essere in astratto inserita tra gli «atti parla mentari tipici» cui ha fatto riferimento la giurisprudenza costituzionale

per ritenere coperte o meno dall'immunità le opinioni espresse, ma oc

corre, caso per caso, valutare il contenuto dell'atto e le ragioni della sua mancata ammissione (che nella specie sono stati considerati tali da po tersi qualificare come opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni

parlamentari). La recente 1. 140/03 (Le leggi, 2003,1, 2037) ha previsto (art. 3, 1°

comma) che la garanzia dell'immunità di cui all'art. 68, 1° comma, Cost, si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le

interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle assemblee e

negli altri organi delle camere, per qualsiasi espressione di voto co

munque formulata e per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra atti vità di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, con nessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori dal parla mento e la camera, nel suo intervento, si è richiamata espressamente ad essa come elemento che avrebbe avvalorato il fatto che è sufficiente la sola «presentazione» dell'interrogazione, indipendentemente dagli esiti della stessa.

La Corte costituzionale con la sentenza in epigrafe, che rappresenta la prima occasione di soluzione nel merito di un conflitto inerente l'art. 68, 1° comma, dopo l'entrata in vigore della 1. 140/03, non ha invece fatto alcun riferimento alla stessa, confermando implicitamente la pro pria precedente giurisprudenza in ordine alla nozione di nesso funzio

nale, forse anche nella considerazione che, fra poco, dovrà occuparsi della conformità alla Costituzione della disciplina contenuta nell'art. 3 1. 140/03 (questione sollevata da Trib. Roma, ord. 10 luglio 2003, Foro

it., 2003, II, 704, con nota di richiami). In tema di conflitto di attribuzioni tra l'autorità giudiziaria e le came

II Foro Italiano — 2004.

Diritto. — 1. - Il Tribunale civile di Roma, investito di un giudizio per risarcimento di danni che sarebbero stati ingiusta mente prodotti, a carico del dott. Stefano Balassone e della sig. Annamaria Grignola, da alcune dichiarazioni del deputato Do

menico Gramazio, ha sollevato conflitto di attribuzione nei con

fronti della camera dei deputati in relazione alla deliberazione di questa in data 25 marzo 1999, con la quale l'assemblea ha di

chiarato che le dichiarazioni contestate sono state espresse nel

l'esercizio delle funzioni parlamentari, e sono dunque coperte dalla insindacabilità prevista dall'art. 68, 1° comma, Cost.

Si trattava di un comunicato stampa diffuso dall'on. Grama

zio, e ripreso dal quotidiano Roma, in cui si dava notizia di una interrogazione presentata dal medesimo alla camera, e ci si rife

riva a presunti rapporti contrattuali fra una società, a cui sarebbe

stata collegata la sig. Grignola, e la Rai-Tv, del cui consiglio di amministrazione faceva parte il dott. Balassone, coniuge della

medesima.

Come risulta in modo non controverso dagli atti di causa, ed è

stato confermato anche all'esito dell'istruttoria disposta dalla

corte con ordinanza del 10 luglio 2002, l'on. Gramazio aveva

effettivamente presentato l'interrogazione — il cui testo è ri

portato integralmente nella relazione della giunta per le autoriz

zazioni a procedere della camera dei deputati, sulla base della

quale è stata adottata la delibera impugnata, e quasi integral mente nel ricorso introduttivo del presente giudizio

— alla pre sidenza della camera lo stesso giorno della divulgazione del

comunicato stampa; ma essa era stata dichiarata inammissibile

dalla presidenza in quanto la materia su cui verteva (l'ammini strazione della radiotelevisione pubblica) sarebbe stata estranea

a quelle attribuite alla competenza e alla responsabilità del go verno nei confronti del parlamento.

La giunta per le autorizzazioni a procedere della camera, nella sua relazione del 23 marzo 1999, aveva ritenuto che le di

chiarazioni dell'on. Gramazio fossero coperte dalla insindaca

bilità non in quanto divulgative di un'interrogazione (atto che, secondo la giunta, dovrebbe considerarsi tamquam non esset, stante la sua mancata ammissione da parte della presidenza della

camera), ma in quanto esse costituirebbero, indipendentemente dalla pregressa presentazione di un atto ispettivo, «un'attività di

critica, di ispezione e di denuncia che di per sé può ricompren dersi tra quelle proprie del parlamentare».

Il tribunale ricorrente contesta tale tesi, ritenendola in contra

sto con la giurisprudenza di questa corte in tema di limiti della

insindacabilità, e sostenendo che, «stante la dichiarata non per tinenza della domanda di interrogazione alla funzione ispettiva, essa stessa e l'indebita diffusione del testo collocano l'iniziativa

dell'on. Gramazio in un ambito improprio, in quanto viziata sotto il profilo funzionale, e riduce la sua esternazione a manife

stazione di pensiero riconducibile solo all'esercizio di attività politica in genere, come tale non protetta». Chiede pertanto l'annullamento della delibera della camera.

2. - Il ricorso — da ritenersi ammissibile in quanto da esso è ricavabile in modo univoco l'indicazione delle attribuzioni co stituzionali di cui si lamenta la lesione — è infondato nei termi ni di seguito precisati.

Non può condividersi l'assunto della giunta per le autorizza

zioni a procedere, secondo cui l'insindacabilità delle dichiara zioni dell'on. Gramazio andrebbe ricondotta non già al loro ca

rattere sostanzialmente divulgativo dell'interrogazione presen tata, ma —

prescindendo del tutto da quest'ultima — alla circo

stanza che esse sono espressione di un'attività di critica e di de

nuncia politica. La possibilità di riconoscere il nesso, che condiziona l'insin

dacabilità dell'opinione espressa, fra la dichiarazione per cui è giudizio e l'esercizio delle funzioni parlamentari dipende nella

re circa l'ambito di applicazione dell'immunità per i voti dati e le opi nioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, v., per una

pronuncia nel merito, Corte cost. 24 giugno 2003, n. 219, ibid., I, 2518, con nota di richiami, e, per alcune decisioni processuali, Corte cost., ord. 9 maggio 2003, n. 157, sent. 10 aprile 2003, n. 116, e 1° aprile 2003, n. Ill, ibid., 2525, con nota di richiami e osservazioni di Rombo li.

Per la soluzione di un conflitto avente ad oggetto il 2° comma del l'art. 68 Cost., relativamente alla perquisizione del domicilio di un

parlamentare senza la necessaria autorizzazione della camera di appar tenenza, v. Corte cost. 30 gennaio 2004, n. 58, in questo fascicolo, I, 977, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

specie, alla stregua della giurisprudenza di questa corte, dal

fatto che la «richiesta di interrogazione», presentata dall'on.

Gramazio alla presidenza della camera, debba o meno conside

rarsi atto di esercizio delle funzioni del parlamentare. Infatti il tribunale ricorrente non contesta la sostanziale corrispondenza di contenuto fra la dichiarazione esterna — il comunicato stam

pa diffuso dall'on. Gramazio — e il testo della richiesta di inter rogazione (che in effetti si riferiva agli stessi fatti e conteneva sostanzialmente le stesse valutazioni critiche presenti nel comu

nicato, ancorché espresse con parole diverse): ma contesta che

possa ricondursi alle funzioni parlamentari l'interrogazione pre sentata dal deputato, a causa della dichiarata inammissibilità

della medesima.

È questa la sostanza della controversia oggetto del presente

giudizio: ritiene, infatti, il tribunale ricorrente che, stante la mancata ammissione dell'interrogazione, la sua presentazione, e

quindi la sua diffusione, risulti estranea alla funzione parla mentare; ritiene invece la difesa della camera che l'interroga zione presentata costituisca pur sempre esercizio di funzione

parlamentare, e che dunque ne consegua l'insindacabilità della

stessa, indipendentemente dal successivo provvedimento presi denziale di non ammissione, motivato del resto, si sottolinea, da

ragioni attinenti non alla formulazione in sé dell'atto, ma all'e

straneità del suo oggetto all'ambito della responsabilità del go verno verso il parlamento.

3. - Il potere di presentare interrogazioni, rivolte al governo, domandando «se un fatto sia vero, se alcuna informazione sia

giunta al governo, o sia esatta, se il governo intenda comunicare

alla camera documenti o notizie o abbia preso o stia per prende re alcun provvedimento su un oggetto determinato» (così l'art.

128 del regolamento della camera dei deputati: ma in termini

analoghi l'art. 145 del regolamento del senato), ancorché non

previsto espressamente dalla Costituzione, fa parte tradizional

mente delle attribuzioni del singolo membro delle camere, nel

l'ambito dell'attività e della funzione ispettivo-politica ad esse

spettante. Tale potere è espressamente previsto e disciplinato dai regolamenti che le camere si sono date, in attuazione del

l'art. 64 Cost., per disciplinare la propria organizzazione e atti

vità. Si esplica attraverso la presentazione di un testo scritto al

presidente della camera di appartenenza del parlamentare. Suc

cessivamente, compiutosi positivamente il vaglio di ammissibi lità attribuito al presidente, l'interrogazione viene annunciata

all'assemblea e pubblicata nel resoconto della seduta in cui è

stata annunciata; seguono la risposta del governo, con le diverse

procedure previste, e l'eventuale replica dell'interrogante. Sul fondamento e sulla ratio del potere ispettivo, e quindi an

che sull'ambito e sui limiti sostanziali in cui esso può essere

esercitato, molto si è discusso e si discute, e anche la prassi

parlamentare non è univoca: sta di fatto che non di rado lo stru

mento è utilizzato, nella sua potenzialità di acquisizione e diffu

sione di conoscenza e di espressione generica di valutazioni cri

tiche di interesse pubblico, ben al di là dei confini delle sole funzioni ed attività spettanti al governo e rientranti nell'ambito

del suo rapporto fiduciario con il parlamento. Un vaglio del presidente dell'assemblea sull'«ammissibilità»

o sulla «proponibilità» dell'interrogazione è da tempo previsto dai regolamenti, con riguardo alla verifica della corrispondenza del testo presentato rispetto alla sua funzione, nonché alla sua

formulazione, che non deve contenere espressioni «sconvenien

ti» (cfr. l'art. 146 del regolamento del senato). Di recente il re

golamento della camera dei deputati è stato integrato con la spe cifica previsione non solo di una verifica da parte del presidente sulla riconducibilità del contenuto dell'atto «al tipo di strumento

presentato», ma altresì di una valutazione presidenziale sulla

ammissibilità dell'atto «con riguardo alla coerenza fra le varie

parti dei documenti, alla competenza e alla connessa responsa bilità propria del governo nei confronti del parlamento, nonché

alla tutela della sfera personale e dell'onorabilità dei singoli e del prestigio delle istituzioni», fermo restando che non sono

pubblicati «gli atti che contengano espressioni sconvenienti» (art. 139 bis del regolamento della camera, aggiunto con delibe ra del 24 settembre 1997, e applicabile a interrogazioni, inter

pellanze, mozioni nonché, in quanto compatibile, agli altri atti di iniziativa parlamentare).

Si tratta della verifica che, nella specie, ha condotto alla di

chiarazione di inammissibilità dell'interrogazione presentata

Il Foro Italiano — 2004.

dall'on. Gramazio, per l'estraneità della materia trattata all'am

bito della responsabilità governativa. Proprio l'ampiezza dei criteri del controllo preventivo del

presidente sul contenuto degli atti di iniziativa dei singoli de putati impedisce di considerare di per sé estranea all'esercizio

delle funzioni del parlamentare una interrogazione presentata,

per il solo fatto che essa sia stata dichiarata inammissibile dalla presidenza, per uno qualsiasi dei motivi previsti dalla norma re

golamentare: alcuni dei quali — e fra questi quello legato alla

«competenza» e alla «connessa responsabilità propria del go verno nei confronti del parlamento»

— comportano valutazioni

non ancorate a criteri rigorosamente predeterminati. E se il con

trollo inteso alla «tutela della sfera personale e dell'onorabilità

dei singoli» può apparire uno strumento idoneo a equilibrare, con la protezione di questi valori nell'ambito dell'ordinamento

parlamentare, la potenzialità lesiva di essi insita nella esenzione

del parlamentare (prevista dall'art. 68, 1° comma, Cost.) da

ogni responsabilità giuridica per le opinioni espresse nello svol gimento del mandato, non altrettanto può dirsi di criteri come

quello che restringe la sfera del potere ispettivo nei confini pro

pri della responsabilità del governo nei confronti del parlamen to, in cui si realizza piuttosto una regolamentazione dell'istituto

in chiave funzionale, a tutela dei rapporti fra camere ed esecuti

vo, che poco ha a che fare con la libertà di espressione del par lamentare nell'esercizio delle sue funzioni, che l'insindacabilità tende a proteggere al massimo grado.

Se si tiene poi conto che contro la decisione presidenziale non

è previsto, almeno esplicitamente, né viene praticato alcun ri

medio, nemmeno in forma di appello all'assemblea, ben si

comprende come legare indissolubilmente al vaglio positivo di ammissibilità la caratterizzazione dell'atto come esercizio di funzione parlamentare, e viceversa, significherebbe attribuire al

presidente della camera un potere assoluto incidente su una pre

rogativa — quella dell'insindacabilità — che, benché indiriz zata a rafforzare lo statuto dell'organo parlamentare, si riferisce

pur sempre alla libertà di espressione di ogni singolo membro

delle camere.

4. - Ciò non significa, però, che qualunque testo scritto, in

ipotesi presentato da un parlamentare come interrogazione, ma

non ammesso dalla presidenza, quale che ne sia il contenuto,

costituisca sempre di per sé opinione da ritenersi espressa nel

l'esercizio delle funzioni parlamentari, come tale automatica

mente coperta dall'insindacabilità. Il vaglio negativo di ammissibilità potrebbe, in fatto, anche

corrispondere alla verifica di una non riconducibilità «assoluta»

dello scritto presentato all'esercizio di funzioni parlamentari, e

quindi della sua estraneità alla sfera della prerogativa di cui al

l'art. 68, 1° comma, Cost. Occorre dunque, caso per caso, valu

tare il contenuto dell'atto e le ragioni della sua mancata ammis

sione.

Nella specie, l'uno e le altre risultano dagli atti e non sono

oggetto di controversia. Lo scritto presentato dall'on. Gramazio

alla presidenza della camera era formulato nei termini tipici del

l'interrogazione parlamentare, diretta a sapere se certi fatti fos

sero veri, e come essi potessero qualificarsi e fossero stati con siderati sotto il profilo della correttezza amministrativa, e con

teneva altresì — come frequentemente avviene — valutazioni

critiche («perplessità di natura deontologica») espresse dallo

stesso parlamentare. Il suo contenuto dunque non si discostava

da quello proprio di un atto di ispezione parlamentare. Esso è

stato dichiarato inammissibile sol perché ritenuto afferente a

materia esulante «da quelle affidate alla competenza ed alla

connessa responsabilità propria del governo nei confronti del

parlamento», in quanto la Rai non era considerata «un'azienda

in relazione alla quale può essere impegnata la responsabilità del governo dinanzi al parlamento» (così la relazione della

giunta della camera): e ciò benché la stessa giunta affermi, non

senza ragione, non potersi negare «che il controllo sulla Rai e

sulla sua corretta gestione costituisca uno dei più importanti

compiti propri del parlamento e, all'interno di esso, di ciascun

parlamentare». In questo caso, dunque, deve ritenersi che l'atto compiuto dal

deputato, ancorché risultato di fatto non idoneo ad avviare il

procedimento ispettivo, in quanto giudicato, per le ragioni viste,

non ammissibile, contenesse opinioni espresse nell'esercizio

delle funzioni parlamentari.

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995 PARTE PRIMA 996

E una volta che si riconosca la riconducibilità, in concreto, all'esercizio delle funzioni parlamentari dell'atto di iniziativa

compiuto, la sua divulgazione, pur avvenuta prima del vaglio di ammissibilità del presidente dell'assemblea, non fa venir meno l'insindacabilità dell'opinione espressa, irrilevanti essendo, in questa sede, i problemi di correttezza nei rapporti interni al

parlamento, che hanno indotto talora la presidenza della camera a valutare negativamente la prassi della comunicazione al pub blico del contenuto di una interrogazione non ancora vagliata nella sua ammissibilità.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che spetta va alla camera dei deputati deliberare che le dichiarazioni con testate al deputato Gramazio, oggetto del giudizio civile pen dente davanti al ricorrente Tribunale di Roma, costituivano opi nioni espresse dal deputato medesimo nell'esercizio di funzioni

parlamentari, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 dicembre 2003, n. 371 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 dicembre 2003, n. 52); Pres. Zagrebelsky, Est. Contri; Bartesaghi c. Cassa

nazionale di previdenza e assistenza forense; interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Trib. Genova 3 febbraio 2003 (G.U., la s.s., n. 17 del 2003).

Professioni intellettuali — Adozione internazionale — In dennità di maternità — Limiti — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 31, 37; d.leg. 26 marzo 2001 n. 151, t.u. delle disposi zioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 1. 8 marzo 2000 n. 53, art. 72).

Professioni intellettuali — Adozione nazionale — Indennità di maternità — Limiti — Questione inammissibile di costi tuzionalità (Cost., art. 3, 31, 37; d.leg. 26 marzo 2001 n. 151, art. 72).

È incostituzionale l'art. 72 d.leg. 26 marzo 2001 n. 151, nella

parte in cui non prevede che, nel caso di adozione interna

zionale, l'indennità di maternità alle libere professioniste

spetta nei tre mesi successivi all'ingresso nella famiglia del

minore adottato o affidato, anche se abbia superato i sei an

ni di età. (1) È inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legitti

mità costituzionale dell'art. 72 d.leg. 26 marzo 2001 n. 151, nella parte in cui non prevede che, in caso di adozione nazio

nale, l'indennità di maternità alle libere professioniste spetta nei tre mesi successivi all'ingresso nella famiglia del minore adottato o affidato, anche se abbia superato i sei anni di età, in riferimento agli art. 3, 31 e 37 Cost. (2)

(1-2) Con la riportata decisione la corte prosegue sia nell'amplia mento della tutela della maternità sotto il profilo dei soggetti beneficia ri delle provvidenze (Corte cost. 28 novembre 2002. n. 495, 16 maggio 2002, n. 197, e 14 dicembre 2001, n. 405, Foro it., 2003,1, 3241, con nota di richiami), che nel consolidare il principio secondo cui la mater nità va tutelata in quanto tale e non solo in quanto collegata ad un'atti vità di lavoro subordinato (od autonomo): nella motivazione della sen tenza si evidenzia come «non è dato individuare elementi che giustifi chino la differenza del trattamento di maternità delle libere professioni ste rispetto a quello stabilito nella medesima ipotesi dell'adozione in ternazionale non solo per le lavoratrici dipendenti ma anche per le lavo ratrici autonome, categoria senz'altro più affine a quella de qua».

Un regime differenziato di tutela della maternità in relazione alle di verse tipologie di lavoro delle donne lavoratrici, dopo la motivazione della riportata sentenza appare irrazionale e difficilmente «giustifica bile», «diversità» in precedenza giustificata sia dalla Corte costituzio nale (Corte cost. 29 gennaio 1998, n. 3, id., 1998, I, 664; 21 aprile 1994, n. 150, id., 1994, 1, 1651; 21 aprile 1993. n. 181, id.. Rep. 1993, voce Previdenza sociale, n. 513; 5 febbraio 1986, n. 31, id., 1986, I,

Il Foro Italiano — 2004.

Diritto. — 1. - La questione sottoposta dal Tribunale di Ge

nova all'esame di questa corte concerne la legittimità costitu

zionale, in relazione agli art. 3, 31 e 37 Cost., dell'art. 72 d.leg. 26 marzo 2001 n. 151 (t.u. delle disposizioni legislative in mate ria di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma

dell'art. 15 1. 8 marzo 2000 n. 53), nella parte in cui non preve de il diritto della libera professionista che abbia adottato un bambino a percepire l'indennità di maternità, anche se il minore abbia superato i sei anni e fino al compimento di dodici anni, se di nazionalità italiana, o della maggiore età, se straniero.

2. - Preliminarmente deve essere dichiarata l'inammissibilità dell'intervento del presidente del consiglio dei ministri, in quanto effettuato oltre il termine di venti giorni dalla pubblica zione dell'ordinanza di rimessione nella Gazzetta ufficiale.

3. - Il giudice a quo sollecita una pronuncia con la quale si

estenda il diritto delle libere professioniste all'indennità di ma ternità in caso di adozione attraverso l'ampliamento della con

dizione cui è subordinato il diritto stesso, consistente nell'età dell'adottato, il cui limite dovrebbe essere spostato a dodici anni nel caso di adozione nazionale e al compimento della maggiore età relativamente a quella internazionale.

La prima delle due questioni poste dal rimettente è inammis sibile per difetto di rilevanza.

Il giudizio a quo, come risulta espressamente dalla stessa or

dinanza di rimessione, ha ad oggetto la domanda di correspon sione dell'indennità di maternità a seguito di adozione interna zionale e pertanto l'ipotesi dell'adozione nazionale rimane del

tutto estranea alla fattispecie dedotta in quel giudizio. 3.1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata in

relazione all'adozione internazionale è fondata.

3.2. - Il trattamento di maternità a favore delle lavoratrici

adottanti o affidatarie è stato introdotto dall'art. 6 1. 9 dicembre

1977 n. 903 (parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), che, equiparando all'evento della nascita l'ingresso del minore adottato o affidato nella famiglia, ha previsto la fa coltà per le predette lavoratrici di avvalersi dell'astensione ob

bligatoria dal lavoro, contemplata dall'art. 4, lett. c), 1. 30 di cembre 1971 n. 1204, e del relativo trattamento economico du

rante i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del mino re nella famiglia; tale norma subordinava il beneficio stesso al mancato superamento dei sei anni di età del minore al momento

dell'adozione o dell'affidamento.

La previsione contenuta nel citato art. 6 1. n. 903 del 1977 si

1770) che dalla Corte di cassazione (Cass. 26 marzo 2002, n. 4344, id..

Rep. 2002, voce Professioni intellettuali, n. 197; 21 novembre 1998, n.

11818, id.. Rep. 1998, voce Previdenza sociale, n. 440, in cui si affer

ma, in materia di tutela della maternità per le libere professioniste, che il «differente regime ... costituisce il riflesso della diversità esistente tra lavoro svolto autonomamente e lavoro subordinato e non può, quin di, considerarsi in contrasto con la Costituzione»),

Sul tema in questione, Quarto, Libere professioniste: indennità di maternità in caso di adozione, in Dir. e pratica lav., 2004, fase. 5, 366.

In ordine al regime della prescrizione applicabile all'indennità di maternità per le libere professioniste, v. Cass. 7 giugno 2003, n. 9162, Foro it., 2003, I, 2270, in cui si afferma che l'indennità di maternità

prevista dalla 1. n. 379 del 1990 non soggiace al termine di prescrizione annuale previsto per le lavoratrici dipendenti ed autonome, atteso che

per le libere professioniste la norma prevede che la domanda per il go dimento dell'indennità di maternità deve essere presentata entro cen tottanta giorni dal parto.

Sulla decorrenza temporale delle norme di cui alla 1. 379/90, con cui è stata istituita l'indennità di maternità per le libere professioniste, v. Cass. 19 maggio 2003, n. 7857, ibid., 2009, con nota di richiami.

Con riferimento alla tutela della maternità per le libere professioni ste, innovazioni alla disciplina (dell'indennità di maternità) sono state introdotte dalla 1. 15 ottobre 2003 n. 289 (Le leggi, 2003,1, 3471) che ha previsto (si rinvia sul tema alla nota di Cass. 7857/03, cit.):

— un tetto per l'indennità di maternità percepibile dalle libere pro fessioniste, pari a cinque volte l'indennità minima di maternità;

— il cambiamento dei criteri per procedere all'individuazione del reddito di riferimento;

— la possibilità per ogni singola cassa di previdenza (dei liberi pro fessionisti) di stabilire un importo massimo più elevato.

Sulle innovazioni di cui alla 1. 289/03, P. Rossi, Indennità di mater nità per le libere professioniste, in Guida al lav., 2003, fase. 44, 14; M.R. Gheido, Fissato un tetto massimo per l'importo da erogare, in Guida normativa, 2003, fase. 197, 5.

In dottrina, in generale, L. Carbone, La tutela previdenziale dei libe ri professionisti, Torino, 1998, 279 ss.

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