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sentenza 30 dicembre 2003, n. 380 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1);...

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sentenza 30 dicembre 2003, n. 380 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1); Pres. ed est. Chieppa; Consiglio superiore della magistratura (Avv. Pace) c. Min. giustizia (Avv. dello Stato Fiumara). Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 3 (MARZO 2004), pp. 651/652-655/656 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199452 . Accessed: 25/06/2014 06:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 06:54:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 30 dicembre 2003, n. 380 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1); Pres. ed est. Chieppa; Consiglio superiore della magistratura (Avv. Pace) c. Min. giustizia

sentenza 30 dicembre 2003, n. 380 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 gennaio 2004, n. 1);Pres. ed est. Chieppa; Consiglio superiore della magistratura (Avv. Pace) c. Min. giustizia (Avv.dello Stato Fiumara). Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 3 (MARZO 2004), pp. 651/652-655/656Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199452 .

Accessed: 25/06/2014 06:54

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PARTE PRIMA 652

— adoperando a proposito dell'attività di notificazione i verbi

«eseguire», «fare», «consegnare» ed altri di portata equivalente — di certo non enunciano espressamente una regola contraria alla scissione fra i due momenti di perfezionamento e nemmeno

mostrano di accogliere per implicito il principio del momento di

perfezionamento unico.

In presenza di un tale dato normativo neutro, l'interprete è

vincolato a tener conto del ricordato principio enunciato da que sta corte ai fini del rispetto del canone della c.d. interpretazione sistematica. In base ad essa la regola generale della distinzione

fra i due momenti di perfezionamento delle notificazioni — non

contenuta esplicitamente nelle norme citate — deve essere de

sunta da quella ormai espressamente prevista dall'art. 149 c.p.c.

per la notificazione a mezzo posta, e conseguentemente appli cata anche alla notificazione eseguita direttamente dall'ufficiale

giudiziario. In ragione di tali rilievi, le norme censurate vanno interpretate

nel senso che la notificazione si perfeziona nei confronti del

notificante, secondo quanto sopra specificato, al momento della

consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario. Pertanto la questione sollevata dal rimettente deve essere dichiarata non fondata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto

degli art. 139 e 148 c.p.c., sollevata, in riferimento agli art. 3 e

24 Cost., dal Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 2003, n.

380 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 gennaio 2004, n.

1); Pres. ed est. Chieppa; Consiglio superiore della magistra tura (Avv. Pace) c. Min. giustizia (Avv. dello Stato Fiumara).

Conflitto di attribuzione.

Ordinamento giudiziario — Conferimento di uffici direttivi — Consiglio superiore della magistratura — Conflitto di

attribuzione nei confronti del ministro della giustizia —

Fattispecie (Cost., art. 105, 110, 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte co

stituzionale, art. 37; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla co

stituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della

magistratura, art. 11, 17).

Non spetta al ministro della giustizia non dare corso alla con

trofirma del decreto del presidente della repubblica di confe rimento di un ufficio direttivo, sulla base di deliberazione del

Consiglio superiore della magistratura, quando, nonostante sia stata svolta un 'adeguata attività di concertazione ispirata al principio di leale collaborazione, non si sia convenuto tra

consiglio superiore e ministro, in tempi ragionevoli, sulla re lativa proposta. (1)

(1) I. - La Corte costituzionale, in presenza dei presupposti soggetti vi ed oggettivi, ribadisce la piena ammissibilità del conflitto sollevato dal consiglio superiore già dichiarata, in sede di delibazione sommaria, con la propria precedente ordinanza n. 112 del 2003, Foro it., 2003, I, 1625, con nota di richiami di R. Fuzio, cui si rinvia per riferimenti a

giurisprudenza e dottrina sul tema specifico. L'epilogo della vicenda poteva apparire pressoché scontato alla luce

di Corte cost. n. 379 del 1992, id., 1993, 1. 689, ed in base alla cronolo

gia dei tempi e delle fasi in cui si era articolata la complessa procedura di concertazione della proposta di deliberazione relativa al conferi mento dell'ufficio direttivo in oggetto. Il contrasto aveva avuto origine nel motivato dissenso del ministro, che aveva evidenziato la possibile sussistenza di una incompatibilità del magistrato, proposto come procu ratore della repubblica presso un tribunale di medie dimensioni, in rela zione alla circostanza che presso lo stesso tribunale svolgeva le funzio ni di presidente di sezione civile un fratello dello stesso magistrato.

La corte riconferma il ruolo, a sé stessa assegnato, di arbitro del ri

II Foro Italiano — 2004.

Diritto. — 1. - Il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato

dal Consiglio superiore della magistratura nei confronti del mi

nistro della giustizia riguarda la nota conclusiva del medesimo

ministro in data 25 ottobre 2002, con cui si dichiarava di non

poter dare corso al decreto del presidente della repubblica di

nomina del dott. Adriano Gallizzi a procuratore della repubblica

presso il Tribunale di Bergamo. Nel ricorso si assume la violazione degli art. 105, 106, 107 e

110 Cost., e si chiede che la corte dichiari che non spetta al pre detto ministro il potere di rifiutare di dar corso alla deliberazio

ne del Csm che conferisce l'ufficio direttivo di procuratore della

repubblica presso il Tribunale di Bergamo al dott. Adriano Ga

lizzi. 2. - Innanzitutto, deve essere confermata l'ammissibilità del

conflitto di attribuzione in esame, che questa corte ha già di

chiarato, in sede di mera e sommaria delibazione senza contrad

dittorio, con ordinanza n. 112 del 2003 (Foro it., 2003,1, 1625). Infatti, ricorrono i requisiti oggettivi, venendo in questione

competenze — come quelle relative alla proposta e alla delibera

del Csm di conferimento di incarico direttivo e quelle riguar danti il «concerto» con il ministro della giustizia (inteso come

modalità con cui viene configurato il dovere di leale collabora

spetto dei criteri di tempo e contenuto cui devono ispirarsi, nello svol

gimento dell'attività di concertazione, consiglio superiore e ministro della giustizia. La valutazione della ragionevolezza ed adeguatezza della condotta delle due istituzioni coinvolte, al metodo procedimentale incentrato sulla leale collaborazione, deve comunque rimanere ancorata al principio secondo cui rientra nelle attribuzioni costituzionali del con

siglio superiore «dire l'ultima parola» in tema di conferimento di un uf ficio direttivo. Non compete al ministro, infatti, imporre, attraverso il

proprio dissenso sul contenuto della proposta, una stasi indefinita al

procedimento, così auto-assegnandosi un illegittimo «potere di blocco». II. - Significativa è l'ultima parte della sentenza nella quale sono ri

baditi i limiti entro i quali la Costituzione consente al ministro della

giustizia di esercitare le proprie prerogative costituzionali in tema di

«organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia». Le attribuzioni ministeriali dell'art. 110 Cost., in materia di conferi

mento degli uffici direttivi, rimangono circoscritte alla partecipazione all'attività di concertazione così come disciplinata dalla legge istitutiva del consiglio superiore, senza potersi estendere ad un sindacato sul me rito della valutazione operata dal consiglio che si traduca nel potere di non dar corso alla delibera adottata dall'organo di governo autonomo della magistratura.

Le osservazioni del ministro, infatti, potranno assumere rilevanza eventuale soltanto in sede di giurisdizione sulla legittimità degli atti amministrativi e su esclusiva iniziativa dei soggetti legittimati.

Nella fattispecie, del resto, la corte rileva che l'accertamento dell'e sistenza di una situazione d'incompatibilità di sede, ai sensi dell'art. 19 ord. giud., è rimessa alla competenza del consiglio e non più del mini stro «per effetto delle norme della Costituzione repubblicana».

III. - La questione dell'eventuale incompatibilità per vincolo di pa rentela tra magistrati della stessa sede, all'origine di questo conflitto, è tema (al di là delle illazioni giornalistiche circa supposte ragioni perso nali del ministro nella fattispecie in esame) di grande attualità.

Il Csm, infatti, con la recente deliberazione 4 dicembre 2003, id., 2004, III, 20, ha approvato la nuova circolare in materia d'incompati bilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la profes sione forense o per rapporti di parentela o affinità con magistrati della stessa sede. La circolare aggiorna i criteri cui lo stesso consiglio dovrà uniformarsi in futuro, nella valutazione delle possibili denunciate situa zioni d'incompatibilità. In particolare chiarisce che nelle ipotesi —

come quella oggetto del conflitto — di magistrati legati da vincoli di

parentela che prestano servizio in uffici giudiziari diversi della stessa sede giudiziaria, ma intersecantisi nelle rispettive funzioni, si è fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 19 ord. giud. trattandosi di ipotesi in cui l'incompatibilità andrà valutata secondo i criteri della disposi zione generale dell'art. 2 r.d.leg. 31 maggio 1946 n. 511 (legge sulle

guarentigie) in tema di inamovibilità ed incompatibilità ambientale, ai cui fini l'indicazione del rapporto parentale di cui all'art. 19 ord. giud. può essere un utile riferimento.

11 disegno di legge delega S1296 per la riforma dell'ordinamento

giudiziario, approvato in via definitiva al senato il 21 gennaio 2004, prevede, poi, tra i criteri direttivi cui il governo dovrà dar corso nel de lineare il nuovo ordinamento giudiziario dei magistrati ordinari, anche

quello di ridisciplinare le ipotesi di cui agli art. 18 e 19 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo (in linea di massima) l'impossibilità che possa consentirsi l'esercizio dell'attività di magistrato presso il medesimo ufficio giudiziario in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente eser citino la professione di magistrato o di avvocato. [R. Fuzio]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione) e il rifiuto dello stesso ministro «di dare corso alla con trofirma del decreto del presidente della repubblica di nomina» ad ufficio direttivo — che si riferiscono ad attribuzioni determi nate per i vari poteri da norme costituzionali (rispettivamente art. 105 e 110 Cost.; da ultimo, sentenza n. 379 del 1992, id., 1993,1, 689).

Sussistono del pari i requisiti soggettivi del conflitto di attri buzione: il Csm è l'organo direttamente investito delle funzioni,

previste dall'art. 105 Cost., con competenza ad esercitarle in via definitiva ed in posizione di indipendenza da altri poteri; il mi nistro è ugualmente unico titolare delle competenze determinate dall'art. 110 Cost, afferenti all'organizzazione e al funziona mento dei servizi relativi alla giustizia, il cui esercizio viene ri tenuto dal ricorrente causa di menomazione delle competenze in ordine allo status (tra cui le assegnazioni, i trasferimenti e le

promozioni) dei magistrati ordinari, attribuite al Csm dall'art. 105 Cost. (v. anche, oltre la citata sentenza n. 379 del 1992, sentenze nn. 419 e 435 del 1995, id., 1995, I, 2641; n. 480 del

1995, id., 1996,1, 795). 3. - Il ricorso è fondato.

Nell'attuale assetto ordinamentale, il combinato disposto de

gli art. 11, 3° comma, e 17, 1. 24 marzo 1958 n. 195 (norme sulla costituzione e sul funzionamento del Csm) deve essere unitariamente interpretato in conformità con i principi ricavabili

dagli art. 105 e 110 Cost., con la conseguenza che le predette disposizioni comportano una pluralità di vincoli e di doveri sia

per il Csm sia per il ministro della giustizia, in un sistema di precise attribuzioni di autonome sfere di competenza, collegate, sul punto che interessa in questa sede, relativo al conferimento di uffici direttivi, da un metodo procedimentale basato sulla leale collaborazione.

Esiste anzitutto un vincolo consistente nel dovere di conferire al decreto un contenuto identico a quello adottato dalla correla tiva delibera finale del Csm, posto che il conferimento degli uf fici direttivi incide sullo status di magistrato, attenendo ad un atto di «assegnazione» ad un ufficio, nonché ad un atto di «tra sferimento» e di «promozione», con la conseguenza che l'inter vento ministeriale, per ritenersi costituzionalmente legittimo, non deve sottendere in alcun modo interventi suscettibili di li mitare la piena autonomia del Csm.

Il ministro della giustizia «deve dare corso al procedimento», non essendo investito «di particolari poteri di rinvio o di riesa

me», ricadendo «su di lui il dovere di adottare l'atto di propria competenza», cioè la proposta di decreto e il relativo seguito, a meno che il subprocedimento costituito dalla fase della iniziati va e della deliberazione del Csm manchi di un elemento essen

ziale, necessario per il perfezionamento della fattispecie proce dimentale o del suo atto conclusivo (sentenza n. 379 del 1992).

Al di fuori delle predette fattispecie radicalmente ostative al

l'ulteriore corso del procedimento, il ministro della giustizia non ha un generale potere di sindacato intrinseco, né tanto meno di riesame, sul contenuto degli apprezzamenti e scelte discre zionali operate dal Csm rispetto a valutazioni attribuite alla de

finitiva deliberazione del consiglio stesso (come risulta dall'art.

17 cit. 1. n. 195 del 1958, che prevede decreti adottati «in con formità delle deliberazioni del Csm, in relazione all'esclusiva

competenza attribuita dall'art. 105 Cost, e alla portata del con

certo»). Il bilanciamento dei valori costituzionali affermati dagli art.

105 e 110 Cost., mentre porta ad escludere ogni intervento de terminante del potere esecutivo sulle deliberazioni concernenti 10 status dei magistrati, esige che tra Csm e ministro della giu stizia vi sia, nel rispetto delle competenze differenziate, un rap porto di collaborazione. Infatti, nell'attuale assetto ordinamen

tale, la direzione degli uffici giudiziari attiene anche all'ammi

nistrazione dei servizi giudiziari, come organizzazione e funzio namento degli stessi servizi e copertura dei posti di organico, ciò che giustifica una partecipazione del ministro nella procedu ra del conferimento degli incarichi direttivi (sentenze n. 379 del

1992; n. 142 del 1973, id.. 1973,1, 2650). Il concerto specificamente previsto dall'art. 11,3° comma, 1.

n. 195 del 1958 è stato interpretato, in modo conforme a Costi

tuzione, nel senso che si risolve in modulo procedimentale volto al coordinamento di una pluralità di interessi costituzionalmente

rilevanti, che non è configurato per provocare un semplice pare re non vincolante del ministro, o per raggiungere necessaria

mente un accordo con effetto alternativo di veto in mancanza di

11 Foro Italiano — 2004.

assenso. Il concerto del ministro sulla proposta iniziale del Csm

implica solo un vincolo di metodo, e non di risultato, in quanto, in mancanza di identità di soluzione, il Csm ed il ministro della

giustizia devono «porre in essere una discussione e un confronto realmente orientati al superiore interesse pubblico di operare

a seguito di un esame effettivo ed obiettivo, dialetticamente

svolto, di tutti gli elementi ai fini della copertura di quel deter minato incarico direttivo — la scelta più idonea» (sentenza n.

379 del 1992). In altri termini, la discussione ed il confronto dei predetti or

gani devono svolgersi, sotto il profilo metodologico, in base al

principio di leale collaborazione, con l'osservanza di regole di

correttezza nei rapporti reciproci e di rispetto dell'altrui auto nomia (sentenza n. 379 del 1992).

Ambedue i soggetti del confronto non possono, per il dovere di correttezza e di leale collaborazione, dare luogo ad atteggia menti o comportamenti dilatori, pretestuosi, incongrui o con traddittori o insufficientemente motivati.

Come ha avuto occasione di puntualizzare questa corte nella

più volte richiamata sentenza n. 379 del 1992, nell'ipotesi in cui il contrasto persista, e vi sia un «rifiuto del concerto» da parte del ministro (rifiuto che in ogni caso deve essere motivato), la

procedura non può subire una stasi indefinita. Infatti, spetta al

plenum del consiglio la deliberazione definitiva sull'incarico di rettivo da conferire, tenendo conto della proposta iniziale della

commissione, delle ragioni del contrasto e di tutte le argomenta zioni dedotte, con conseguente adempimento dell'obbligo di motivare la scelta finale in modo adeguato e puntuale.

4. - Nella specie, deve escludersi che da parte del Csm sia mancata un'attività di concertazione, o che nel comportamento dello stesso possa ravvisarsi una mancanza di leale collabora zione nei sensi innanzi indicati, essendo stati svolti approfondi menti e verifiche, con completa attività istruttoria, essendo state

compiute valutazioni motivate in ordine alle ragioni addotte dal

ministro, ed essendo trascorso un periodo di tempo di gran lun

ga superiore ad ogni ragionevole aspettativa, tenuto conto della durata della vacanza del posto direttivo da coprire, senza che sia stata raggiunta una soluzione comune.

Il punto essenziale del dissidio di valutazione tra Csm e mini stro della giustizia è stato quello della sussistenza di incompati bilità per vincolo di parentela tra magistrati della stessa sede. Il

Csm ha compiuto, al riguardo, un adeguato approfondimento delle ragioni addotte dal ministro, giungendo, con motivazione non implausibile, alla conclusione di applicare una deroga, espressamente prevista dall'ordinamento giudiziario ed attri buita al «giudizio» dello stesso consiglio (e non più del mini

stro, per effetto delle norme della Costituzione repubblicana, della sopravvenuta istituzione del Csm, ed in puntuale applica zione dell'art. 65 d.p.r. 16 settembre 1958 n. 916 recante «di

sposizioni di attuazione e di coordinamento della 1. 24 marzo

1958 n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del

Csm e disposizioni transitorie»). Detta deroga rimette alla scelta

discrezionale del Csm la valutazione se «per il numero dei com

ponenti il collegio o l'ufficio giudiziario, sia da escludere qual siasi intralcio al regolare andamento del servizio» (art. 19 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 recante «ordinamento giudiziario»).

Infine, deve essere rilevato che neppure può essere consenti

to, in questa sede di conflitto di attribuzione proposto dal Csm e relativo alla spettanza al ministro del potere di non dare corso ad una delibera dello stesso Csm di conferimento di ufficio di

rettivo, un sindacato sul merito della valutazione discrezionale

affidata alla competenza del Csm in ordine all'applicabilità della deroga. Tali ultimi profili

— così come quello della legit timità del giudizio sulla deroga, che si richiama, tra l'altro, ad

una dichiarazione di impegno a conferire in via permanente una

delega per affari civili ai sostituti — sono irrilevanti nel pre sente giudizio e potranno in ipotesi, ove ne sussistano gli estre

mi, essere suscettibili, su iniziativa di soggetti legittimati, di

esame in sede di giurisdizione sulla legittimità degli atti ammi

nistrativi.

5. - In conclusione, sulla base delle predette considerazioni, deve essere dichiarato che non spetta al ministro della giustizia non dare corso alla controfirma del decreto del presidente della

repubblica di conferimento di ufficio direttivo sulla base di de

liberazione del Csm, quando, nonostante sia stata svolta una

adeguata attività di concertazione ispirata al principio di leale

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PARTE PRIMA 656

collaborazione, non si sia convenuto tra Csm e ministro, in tem

pi ragionevoli, sulla relativa proposta. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non

spetta al ministro della giustizia non dare corso alla controfirma del decreto del presidente della repubblica di conferimento del l'ufficio direttivo di procuratore della repubblica presso il Tri bunale di Bergamo al dott. Adriano Galizzi sulla base di delibe razione del Csm, e conseguentemente annulla la determinazione del ministro della giustizia, contenuta nella nota in data 25 otto bre 2002, di rifiuto di dar corso alla controfirma del decreto del

presidente della repubblica di conferimento del predetto ufficio direttivo.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 2003, n. 377 (Gazzetta ufficiale, 1J serie speciale, 7 gennaio 2004, n.

1); Pres. Chieppa, Est. Capotosti; Regione Campania (Avv.

Cocozza) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Cosenti

no).

Elezioni — Amministratore provinciale o comunale — Cau

se di incompatibilità — Funzioni di amministrazione di società di capitale a partecipazione mista — Questione in fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 117, 118; 1. 23 di cembre 1S96 n. 662, misure di razionalizzazione della finanza

pubblica, irt. 2, comma 203; 1. 23 dicembre 2000 n. 388, di

sposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien nale dello Stato (legge finanziaria 2001), art. 145, comma 82; 1. 28 dicembre 2001 n. 448, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria

2002), art. 52, comma 62).

E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

52, comma 62, l. 28 dicembre 2001 n. 448, nella parte in cui

abroga l'art. 145, comma 82, l. 23 dicembre 2000 n. 388, il

quale stabiliva che la carica di sindaco, presidente della pro vincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale non è incompatibile con lo svolgimento di funzioni di ammini

strazione di società di capitale a partecipazione mista, costi

tuite, in conformità alla deliberazione Cipe del 21 marzo

1997, come soggetti responsabili dell'attuazione degli inter venti previsti dall'art. 2, comma 203, l. 23 dicembre 1996 n.

662, in riferimento agli art. 3, 117 e 118 Cost. (1)

(1) La regione riteneva la disposizione impugnata invasiva della

competenza ad essa attribuita dal nuovo art. 117 Cost., relativamente allo sviluppo economico del territorio, in quanto svolgente effetti im mediati nella gestione del patto territoriale.

La Corte costituzionale non ha accolto l'impostazione seguita dalla

regione ricorrente, ritenendo che la disposizione impugnata si inserisce nel quadro della disciplina della cause di ineleggibilità e di incompati bilità per le elezioni degli enti locali, rientrando pertanto nella materia della legislazione elettorale dei comuni, province e città metropolitane di esclusiva competenza statale, ai sensi dell'art. 117, 2° comma, lett.

p), Cost. Per l'affermazione secondo cui la legislazione elettorale deve rite

nersi rientrare nella materia dell'ordinamento degli enti locali, v. Corte cost. 13 febbraio 2003, n. 48, Foro it., 2003, I, 1638, con nota di ri chiami.

In tema di cause di incompatibilità per la carica di sindaco, presi dente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizio nale, v. Corte cost. 24 giugno 2003, n. 220, ibid., 2888, con nota di ri chiami, circa la compatibilità fra la carica di primario di divisione e di medico di base convenzionato con la locale Usi e quella di sindaco; Cass. 19 dicembre 2002, n. 18128, id.. Rep. 2002, voce Elezioni, n. 38, secondo cui, ai sensi dell'art. 63, n. 2, d.leg. 267/00, non può ricoprire la carica di consigliere comunale l'amministratore unico di società a re

sponsabilità limitata con capitale interamente versato dal medesimo comune e svolgente, nell'interesse di quell'ente locale, servizi di rac colta e smaltimento dei rifiuti e di manutenzione della rete viaria, ac

II Foro Italiano — 2004.

Diritto. — 1. - La regione Campania nell'impugnare numerose

disposizioni della 1. 28 dicembre 2001 n. 448 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -

legge finanziaria 2002), denuncia, tra gli altri, l'art. 52, comma

62, di tale legge. Per ragioni di omogeneità di materia, la tratta

zione della predetta questione di costituzionalità viene separata da quella delle altre, sollevate con lo stesso ricorso, le quali so no oggetto di distinte decisioni.

La norma censurata ha abrogato il comma 82 dell'art. 145 1.

23 dicembre 2000 n. 388, il quale stabiliva che «la carica di sin

daco, presidente della provincia, consigliere comunale, provin ciale o circoscrizionale non è incompatibile con lo svolgimento di funzioni di amministrazione di società di capitale a partecipa zione mista, costituite, in conformità alla deliberazione Cipe del

21 marzo 1997, come soggetti responsabili dell'attuazione degli interventi previsti dal comma 203 dell'art. 2 1. 23 dicembre

1996 n. 662». Secondo la ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe

gli art. 3, 117 e 118 Cost., poiché «incide nelle materie relative

allo sviluppo economico del territorio», che sarebbero riservate

alla propria competenza, dal momento che realizzano «effetti

immediati nella gestione del patto territoriale». Inoltre la norma

in questione determinerebbe un'alterazione delle scelte già compiute in ambiti di competenza legislativa e regolamentare delle regioni e che attengono a funzioni amministrative dei co

muni, determinando così una compressione del ruolo degli enti

locali, la quale si rifletterebbe sulle scelte organizzative della

regione stessa.

Infine, ad avviso della regione Campania, la norma predetta

equiparerebbe situazioni non omologhe, senza tenere conto della specialità delle società di capitale a partecipazione mista, come quelle in esame.

2. - La questione non è fondata.

La questione di legittimità costituzionale in oggetto riguarda una disposizione che, pur avendo contenuto abrogativo, si inse

risce certamente nel quadro della disciplina delle cause di ine

leggibilità e di incompatibilità degli amministratori locali, poi ché comporta il ripristino di una causa di incompatibilità, relati va alle elezioni degli enti locali. La predetta disposizione, infat

ti, non viene ad incidere, come erroneamente sostiene la regione ricorrente, «nelle materie relative allo sviluppo economico del

territorio», ma piuttosto sul regime dell'elettorato passivo nelle elezioni amministrative, rientrando così nell'ambito della legis

quedotto e fognature; Trib. Vallo della Lucania 18 novembre 2002, ibid., n. 39, commentata da Di Lieto, in Dir. e giustizia, 2002, fase. 46, 55, secondo cui l'incompatibilità alla carica di sindaco di colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento, ha parte, direttamente o indirettamente, in subap palti nell'interesse del comune, prevista dall'art. 63, 1° comma, n. 2, d.leg. 267/00, riguarda anche l'ipotesi di chi abbia stipulato un con tratto di subappalto con società appaltatrice di lavori comunali; Corte cost., ord. 25 luglio 2002, n. 404, Foro it., 2002,1, 3278, con nota di ri chiami, circa la causa di incompatibilità della lite pendente; Trib. Na

poli 31 ottobre 2001, id., Rep. 2002, voce cit., n. 46, secondo cui il

componente del consiglio d'amministrazione di una società per azioni con capitale maggioritario di un comune è ineleggibile alla carica di sindaco dello stesso comune, a norma dell'art. 60 d.leg. 267/00, a nulla rilevando che alcuni poteri del consiglio di amministrazione siano stati trasferiti all'amministratore delegato o al presidente della società, e

neppure le intervenute dimissioni del candidato dalla carica sociale, ove siano state comunicate al presidente del consiglio d'amministrazione oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature; Cass. 7 febbraio 2001, n. 1733, id., 2001,1, 2882, con nota di richiami, e 28 di cembre 2000, n. 16203, ibid., 1603, con nota di richiami, secondo cui è

incompatibile con la carica di consigliere comunale quella di ammini stratore di un ente privato su cui il comune eserciti il potere di vigilanza attraverso forme di ingerenza e di concorso nella formazione della vo lontà dell'ente medesimo.

Per la questione di costituzionalità della disciplina della incompati bilità per lite pendente per i consiglieri regionali in relazione ad una

supposta disparità di trattamento rispetto ai consiglieri comunali e pro vinciali, v. Corte cost., ord. 24 giugno 2003, n. 223, id., 2003, I, 2208, con nota di richiami.

Corte cost., ord. 23 luglio 2002, n. 383, id., 2002, I, 3280, con nota di richiami, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di le

gittimità costituzionale dell'art. 4 1. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui prevede tra le cause ostative alla carica di consigliere regionale quella di assessore di comune compreso nel territorio della regione.

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