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sentenza 30 luglio 1981, n. 162 (Gazzetta ufficiale 12 agosto 1981, n. 221); Pres. Gionfrida, Rel.Malagugini; imp. La Rosa ed altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti). Ord.Assise app. Cagliari 11 dicembre 1979 e 4 febbraio 1980 (Gazz. uff. 9 aprile 1980, n. 98, e 14maggio 1980, n. 131); Assise Cagliari 12 marzo, 29 ottobre e 13 novembre 1979, 3 luglio 1980(id. 11 luglio 1979, n. 189, 27 febbrai ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 2341/2342-2343/2344Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172912 .
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2341 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2342
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 luglio 1981, n. 162
(Gazzetta ufficiale 12 agosto 1981, n. 221); Pres. Gionfrida, Rei. Malagugini; imp. La Rosa ed altri; interv. Pres. cons,
ministri (Aw. dello Stato Chiarotti). Ord. Assise app. Ca
gliari 11 dicembre 1979 e 4 febbraio 1980 (Gazz. uff. 9 aprile
1980, n. 98, e 14 maggio 1980, n. 131); Assise Cagliari 12 mar
zo, 29 ottobre e 13 novembre 1979, J luglio 1980 (id. 11 luglio 1979, n. 189, 27 febbraio 1980, n. 57, 19 marzo 1980, n. 78, 5 novembre 1980, n. 304); Assise Sassari 29 ottobre 1980
(id. 11 marzo 1981, m. 70).
CORTE COSTITUZIONALE;
Omicidio e infanticidio — Omicidio preterintenzionale — Mor
te in seguito a lesioni volontarie produttive di aborto — Di
sparità di trattamento punitivo — Questione infondata di co
stituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen., art. 584; legge 22 mag
gio 1978 n. 194, norme sulla tutela sociale della maternità e
sull'interruzione volontaria della gravidanza, art. 18).
E infondata la questione di costituzionalità dell'art. 584 cod.
pen., nella parte in cui prevede, per il reato di omicidio pre terintenzionale, una pena edittale superiore nel massimo e nel minimo rispetto a quella stabilita dall'art. 18, 2° e 4" com
ma, legge 22 maggio 1978 n. 194, per il fatto di chi provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette ad arrecare lesioni alla donna, se dal fatto derivi la morte della donna, in
riferimento all'art. 3 Cost. (1)
La Corte, ecc. — 1. - Le sette ordinanze indicate in epigrafe (della Corte d'assise e della Corte d'assise d'appello di Cagliari e della Corte d'assise di Sassari) sollevano la medesima que stione di legittimità costituzionale. I sette giudizi possono, per ciò, essere riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - I giudici a quibus dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 584 cod. pen., che prevede — e punisce con la pena edittale da 10 a 18 anni di reclusione — il fatto di « chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli art. 581 [percosse] e 582 [lesione personale] cagiona la morte di un uomo ». Il disposto di legge denunziato, nella parte in cui stabilisce la sopra specificata pena edittale, posto a con fronto con l'art. 18, 2° comma e 4° comma, legge 22 maggio 1978 n. 194 (che punisce con la pena della reclusione da otto a sedici anni chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna se dal fatto derivi la morte della donna) contrasterebbe con l'art. 3 Cost,
per la ingiustificata ed irrazionale disparità del trattamento san zionatorio adottato nelle due fattispecie da considerarsi di eguale gravità ovvero addirittura di gravità inversamente proporzionale alla severità della pena edittale.
3. - Sul punto — della ritenuta maggior gravità della fatti
specie prevista dall'art. 18, 2° comma e 4" comma, legge n. 194 del 1978, rispetto a quella di cui all'art. 584 cod. pen. — insi stono le ordinanze di rimessione più diffusamente motivate. In
particolare, la Corte d'assise di Cagliari (ord. n. 965/1979 e n. 17 del 1980) osserva che « la nuova figura criminosa, introdotta dai disposti di legge denunziati, in seguito all'abrogazione del l'art. 583, capov., n. 5, cod. pen. » (operata con l'art. 22, 2° com
ma, legge 194 del 1978) « è destinata a ricoprire la fattispecie che ricorre qualora, non essendo l'interruzione della gravidanza e la morte della donna il risultato voluto, esso derivi da azioni intenzionalmente lesive dell'integrità della stessa ». « Tale fat
tispecie » — prosegue il giudice a quo — « si risolve pertanto nella espressa configurazione di un delitto preterintenzionale, ove l'interruzione della gravidanza e l'evento morte si verifi cano come conseguenza non prevista e non voluta di altra azio ne delittuosa».
(1) L'ordinanza della Corte d'assise di Cagliari in data 12 marzo 1979 è riassunta in Foro it., Rep. 1980, voce Aborto, n. 18; altra ordinanza dello stesso giudice in data 13 novembre 1979 e quelle in data 11 dicembre 1979 e 4 febbraio 1980 della corte di assise di appello della stessa città sono riassunte, ibid., voce Omicidio e
infanticidio, nn. 14-16. In tema di disciplina dell'interruzione della gravidanza cfr. da
ultimo, Corte cost. 25 giugno 1981, nn. 108 e 109, id., 1981, I, 1791, con ampia nota di richiami e osservazioni di R. Moretti, che hanno dichiarato inammissibili o infondate le questioni sollevate nei con
fronti della legge 22 maggio 1978 n. 194, e Pret. Milano 27 gen naio 1981, id., 1981, II, 391, sulla mancata predisposizione dei lo
cali e servizi necessari per l'attuazione della legge. In tema di omicidio preterintenzionale cfr., da ultimo, Patalano,
Omicidio (dir. pen.),.voce dell'Enciclopedia del diritto, 1979, XXIX, 916,
spec. 973. Sull'art. 18 legge 25 maggio 1978 n. 194, cfr. Casini, Cieri, La
nuova disciplina dell'aborto, 1978, sub art. 18; Galli (Italia, Real
monte, Spina, Traverso), L'interruzione volontaria della gravidan za. Commento alla legge 22 maggio 1978 n. 194, 1978, 297; Pado
vani, in Nuove leggi civ., 1978, 1691.
Si può, perciò, dire che la fattispecie considerata, per il suo carattere plurioffensivo, incidente, cioè, su due diversi beni giu ridici, la vita e il diritto alla maternità della donna, ricom
prenda in sé quella dell'omicidio preterintenzionale di cui al l'art. 584 cod. penale.
La disparità di trattamento sanzionatorio non appare, quindi, in alcun modo giustificata e, se mai, il legislatore avrebbe do vuto stabilire un trattamento più severo per la fattispecie più grave, quella cioè di cui all'art. 18 legge 194 del 1978.
L'opposta conclusione — raggiunta dal legislatore del 1978 —
è tanto più « irrazionale ed ingiustificata » in quanto contrasta, altresì, con la solenne affermazione di cui all'art. 1 della legge medesima, ai sensi della quale « Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio».
4. - Come si vede, le argomentazioni dei giudici remittenti — per da parte sin qui considerata — si risolvono in una cri tica stringente al disposto del 4° comma in relazione al 2° com ma dell'art. 18 legge n. 194 del 1978, senza minimamente in volgere il denunziato art. 584 cod. penale. Di quest'ultimo si eccepisce una sorta di illegittimità sopravvenuta, poiché sa rebbe da considerare privo di qualsiasi razionalità il trattamento sanzionatorio ivi previsto rispetto a quello diverso e più mite adottato dal legislatore del 1978 per la fattispecie di cui all'art. 18, 2° e 4° comma, legge n. 194, che — come si è riferito — « ricomprenderebbe » in sé l'omicidio preterintenzionale.
5. - Un tale assunto non può però essere condiviso. Va in fatti ricordato che d'art. 18 legge n. 194 del 1978 disciplina fat
tispecie che nel codice penale erano previste, per quanto qui interessa, dal titolo X del libro II, nonché dall'art. (582 e) 583, 1° comma, n. 3, e capov., n. 5, cod. pen., abrogati dall'art. 22 della legge in esame.
In particolare, il 2° comma dell'art. 18 prevede e punisce il fatto di chi « provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna », configurando un titolo autonomo di reato, equiparato, quoad poenam, all'ipotesi di aborto doloso su donna non consenziente (di cui al 1° comma del medesimo art. 18).
La fattispecie tipica cosi costruita, che si caratterizza per la
preterintenzionalità dell'evento aborto, occupa lo spazio prece dentemente riempibile con il disposto degli art. 582 e 583, capov., n. 5, cod. pen., senza peraltro consentire più il bilanciamento tra la circostanza aggravante (di cui all'art. 583, capov., n. 5) ed eventuali circostanze attenuanti, ai sensi dell'art. 69 cod.
penale. Il 4° comma, primo periodo, dell'art. 18 legge n. 194 del 1978
prevede, invece, la morte della donna incinta come conseguenza dell'aborto, doloso o preterintenzionale che sia; e tale previsione coincide con quella di cui all'abrogato art. 549 (1° comma, pri mo periodo) cod. pen., una volta assunta l'equiparazione tra aborto doloso ed aborto preterintenzionale (art. 18, 1° e 2°
comma) operata dal legislatore del 1978. Si tratta, in entrambi i casi, di una circostanza aggravante speciale, che porta a con
figurare un reato appunto aggravato dall'evento, e non già un delitto preterintenzionale secondo la previsione di cui all'art. 43 cod. penale.
Bastano questi rilievi per escludere che la fattispecie prevista e punita dall'art. 18, 4° comma, in relazione al 2° comma, legge n. 194 del 1978 possa correttamente porsi a raffronto con quella di cui all'art. 584 cod. pen., senza che occorra indulgere ad ul teriori approfondimenti della complessa tematica penalistica nel la quale si inquadra la questione sollevata dai giudici a quibus.
6. - Vero è che questi ultimi, quasi a voler prevenire l'obie zione per cui male viene invocato il principio di uguaglianza quando si pongano a confronto fattispecie criminose diversamen te strutturate e perciò non omogenee e quando si impugni una norma di carattere generale indicando il tertium comparationis in una norma prospettata come derogatoria, assumono che il contrasto denunziato « sussiste tra l'art. 584 cod. pen., da un
lato, e tutto il sistema legislativo postcostituzionale, al quale il
citato art. 18 (della legge n. 194 del 1978) si è conformato, dal l'altro ». Ciò perché — secondo i giudici a quibus — si sarebbe in presenza di un « nuovo orientamento di politica legislativa,
più aderente anche allo spirito dell'art. 27 Cost. », ad esempio del quale vengono citate le disposizioni di cui al d. 1. 11 aprile 1974 n. 99 (art. 11, 12 e 13) convertito con modificazioni nella
legge 7 giugno 1974 n. 220, in materia di concessione e revoca della sospensione condizionale della pena, nonché la legge 26
luglio 1975 n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della li
bertà; mentre più generico riferimento viene fatto a sentenze di
questa corte.
Neppure questa prospettazione può essere condivisa. 7. - Sembra infatti difficile convenire sulla esistenza di un
Il Foro Italiano — 1981 — Parte 7-150.
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2343 PARTE PRIMA 2344
« nuovo » (e tanto meno univoco) « orientamento di politica le
gislativa » in materia penale. Basta, in proposito, ricordare l'e
strema scarsità di innovazioni incidenti sul libro II del vigente codice penale (eccezione fatta per talune misure, qualificate però di emergenza, introdotte per potenziare la repressione di alcune
specifiche figure criminose). Nel codice stesso, pertanto — per
quanto più specificatamente qui interessa — permane una plu ralità di fattispecie in cui la morte del soggetto passivo, non vo
luta dall'agente, costituisce elemento costitutivo o circostanza ag
gravante del reato da cui essa deriva e comporta pene edittali
differenziate. Nel capo I, titolo XII del libro II, ad esempio, accanto alla fattispecie di cui all'art. 584 {omicidio preterinten zionale) vi sono quelle di cui: all'art. 586 (morte — o lesione —
come conseguenza di altro delitto); all'art. 587, 3° comma, ultima
parte (omicidio preterintenzionale a causa di onore); all'art. 591, 3° comma, ultima parte (morte come conseguenza dell'abbando
no di persone minori o incapaci); all'art. 592, T comma, ultima
parte (morte come conseguenza dell'abbandono di un neonato
per causa di onore); all'art. 593, 3° comma, ultima parte (morte come conseguenza di omissione di soccorso). Inoltre, si possono ricordare le fattispecie di cui all'art. 571, 2° comma, ultima parte
(morte come conseguenza dell'abuso di mezzi di correzione o
di disciplina) ed all'art. 572, 2° comma, ultima parte (morte co
me conseguenza di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli). È evidente che ciascuna delle fattispecie qui ricordate (al pari di quelle di cui al denunziato art. 18, 4° e 2° comma, della legge n. 194 del 1978 e, prima di esso, all'abrogato art. 549, 1° comma,
prima parte, cod. pen.) esprime strutturalmente e sul piano san
zionatorio una opzione legislativa che a sua volta implica una
scelta di valore, rientranti l'una e l'altra nella discrezionalità del
legislatore; discrezionalità il cui esercizio è sindacabile da que sta corte — in riferimento al principio costituzionale di egua
glianza — nella sola ipotesi della palese irragionevolezza che
non ricorre certo nel caso di specie (cfr. sentenze 45 del 1967, 109 del 1968, 114 del 1970, 22 del 1971, 142 del 1973, 119 del
1975, 5 del 1977, 71 del 1959, 51 del 1980 e 72 del 1980, Foro it.,
1967, I, 1125; 1968, I, 2360; 1970, I, 2303; 1971, I, 527; 1973,
I, 2650; 1975, I, 1914; 1977, I, 557; 1979, I, 2823; 1980, I, 1531,
1828).
Perciò, l'aspirazione, sottesa alle ordinanze di rimessione, ad
una più generale iniziativa di riforma, nel campo penale, per
meglio conformare la normativa vigente ai valori ed ai fini co
stituzionalmente affermati, può trovare ascolto ed accoglimento soltanto nella sede parlamentare.
Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legit timità costituzionale dell'art. 584 cod. pen., nella parte in cui
prevede una pena edittale superiore nel minimo e nel massimo
rispetto a quelle stabilite dall'art. 18, 2° e 4° comma, legge 22
maggio 1978 n. 194, sollevata, con riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte d'assise di Cagliari, dalla Corte d'assise d'appello di Cagliari e dalla Corte d'assise di Sassari con le ordinanze in
epigrafe indicate.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 luglio 1981, n. 151
(Gazzetta ufficiale 29 luglio 1981, in. 207); Pres. Gionfrida,
Rei. O. Reale; Guerrisi (Aw. Gaffuri, Frataccia) ed altri
c. Min. finanze; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato
Albisinni). Ord. Commiss. trib. I grado di Monza 3 novem
bre 1979 (Gazz. uff. 6 settembre 1978, n. 250) ed altre un
dici. Tributi in genere — Pensioni privilegiate civili e militari — Age
volazioni tributarie previste per le pensioni di guerra — Inap
plicabilità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; d. pres. 29 settembre 1973 n. 601, disciplina delle age volazioni tributarie, art. 34).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 34 d. pres. 29 settembre 1973 n. 601, nella parte in cui non accorda an
che ai titolari di pensioni privilegiate civili e militari le age volazioni tributarie previste per i titolari di pensioni di guer ra, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
(1) Le sei ordinanze in data 3 novembre 1979 della Commissione tri butaria di I grado di S. Maria Capua Vetere sono massimate in Foro it., 1980, III, 431, con nota di richiami.
La questione è stata pure sollevata da Comm. trib. II grado Ales sandria 3 luglio 1979, id., Rep. 1980, voce Tributi in genere, n.
642; Comm. trib. I grado Brindisi 5 maggio 1980, ibid., n. 644; Comm. trib. I grado Bassano del Grappa 9 ottobre 1978, ibid., n. 645.
Sulla natura delle pensioni di guerra v. in particolare Corte cost. 19
luglio 1968, n. 113, id., 1968, I, 2353; 30 giugno 1971, n. 147, id., 1971, I, 2138; 25 giugno 1980, n. 97, id., 1980, I, 2098.
La Corte, ecc. — 1. - Le dodici ordinanze di cui in narra
tiva sollevano la stessa questione di legittimità costituzionale, e i relativi giudizi possono essere perciò decisi con unica sen tenza.
Ancorché alcune delle ordinanze facciano riferimento, nel
le loro motivazioni, a norme certamente non più vigenti per
quanto attiene al trattamento fiscale delle pensioni, quali l'art.
1 legge 15 luglio 1950 n. 53 e l'art. 5 legge 3 aprile 1958 n.
474, tutte le ordinanze denunciano la sospetta incostituziona
lità di un'unica norma, e cioè l'art. 34 d. pres. 29 settembre
1973 n. 601 « disciplina delle agevolazioni tributarie », in quan to non estende (si sostiene: con violazione dell'art. 3 Cost.) alle pensioni privilegiate ordinarie militari l'agevolazione tri
butaria prevista per le pensioni di guerra, e cioè l'esenzione
dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.
2. - Viene in primo luogo all'esame della corte la eccezione di
inammissibilità sollevata dall'avvocatura dello Stato. Questa ri
leva che la norma denunziata di incostituzionalità è norma
delegata che nasce dall'art. 9, punto 1, della legge delega per la riforma tributaria 3 ottobre 1971 n. 825; e afferma che la
questione di legittimità costituzionale avrebbe dovuto quindi investire non l'art. 34 d. pres. n. 601, ma il detto art. 9,
punto 1, della legge delega, il quale avrebbe escluso che il
legislatore delegato potesse estendere alle pensioni privilegiate ordinarie l'esenzione tributaria disposta per le pensioni di guerra.
L'eccezione non merita accoglimento. L'art. 9 della legge delega per la riforma tributaria stabi
lisce che « la materia delle eccezioni, delle agevolazioni... sarà regolata in base al criterio generale di limitare nella mag
giore possibile misura le deroghe ai principi di generalità e di
progressività dell'imposizione e osservando, inoltre, in partico lare, i seguenti criteri direttivi: 1) i redditi che a norma del
vigente testo unico delle leggi sulle imposte dirette sono esenti
da tali imposte potranno essere in tutto o in parte esclusi dal
computo del reddito complessivo ai fini delle imposte sul red
dito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche o esentati dall'imposta locale sui redditi... ».
Appare evidente che, nell'applicazione del criterio generale
enunciato, veniva specificato che il legislatore delegato avrebbe
potuto disporre le esenzioni previste dal precedente testo unico delle leggi sulle imposte dirette, non già escluso che egli po tesse disporre altre e diverse agevolazioni sempre, si intende, nell'ambito del criterio generale fissato.
Pertanto non impropriamente la questione di costituzionalità
relativa alla mancata esenzione fiscale delle pensioni privilegia te ordinarie militari è stata sollevata nei confronti dell'art. 34
d. pres. 29 settembre 1973 n. 601.
3. - Ma la questione non è fondata.
Comune alle ordinanze — con lievi differenze formali —
è la motivazione della sollevata unica questione di legittimità costituzionale. Tanto la pensione di guerra — esse argomen tano — quanto le pensioni privilegiate ordinarie militari (ma
più compiutamente dovrebbe dirsi: tutte le pensioni privile
giate ordinarie militari e civili) presuppongono una menoma
zione della capacità lavorativa per effetto di una lesione o in
fermità, con la sola differenza che il fatto generatore di tale
evento è rappresentato in un caso da un fatto di guerra, nel l'altro da un fatto di servizio. Ciò posto, e tenuto conto che il bene della salute non è suscettibile di diversa considera zione a seconda che l'evento lesivo si sia verificato in tempo di guerra o in tempo di pace, non è giustificabile il diverso trattamento fiscale. Si aggiunge la considerazione che « l'atti vità di servizio espone oggi il militare a disagi e rischi sempre maggiori ».
4. - La corte ritiene che, cosi ponendo la questione, d giu dici a quibus non abbiano colto la differenza esistente tra pen sioni di guerra e pensioni privilegiate ordinarie.
Questa differenza risiede innanzi tutto nel fatto che men tre la pensione di guerra è collegata per tutti, militari e civili, unicamente alla lesione o infermità derivante da evento bellico
(« la mancanza di ogni collegamento con l'esistenza di un rap porto di servizio » è affermata da ultimo nella sentenza n. 55 del 1980 della corte, Foro it., 1980, I, 1530), la pensione privi legiata ordinaria militare e civile ha per necessario presupposto un rapporto di impiego o di servizio.
La pensione di guerra costituisce « atto risarcitorio di dove roso riconoscimento e di solidarietà da parte dello Stato, nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto »
(art. 1 d. pres. 23 dicembre 1978 n. 915). La pensione di guerra, inoltre, quanto all'ammontare, è de
terminata normalmente solo in funzione dell'entità del danno
subito, secondo le ipotesi indicate specificamente nelle tabelle
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