sentenza 30 luglio 1984, n. 240 (Gazzetta ufficiale 8 agosto 1984, n. 218); Pres. Elia, Rel.Roehrssen; Soc. Ferrovie del Sud-Est c. Leuzzi; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoSernicola). Ord. Cass. 14 maggio - 6 ottobre 1979 (Gazz. uff. 30 gennaio 1980, n. 29)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 12 (DICEMBRE 1984), pp. 2917/2918-2921/2922Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178333 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 5 novembre 1984, n. 248 {Gazzetta ufficiale 14 novembre 1984, n. 314); Pres. Elia, Rei. Conso; imp. Capovani; imiterv. Pres. cons, ministri. Orci. Trib. Lucca 12 ottobre 1982 (Gazz. uff. 18 maggio 1983, n. 135).
CORTE COSTITUZIONALE;
Amnistia, indulto e grazia — Impugnazione — Decisione ai soli effetti civili — Fattispecie di morte del reo — Esclusione —
Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 3 agosto 1978 n. 405, delega al presidente della
repubblica per la concessione di amnistia e di indulto e
disposizioni sull'azione civile a seguito dell'amnistia, art. 12). Amnistia, indulto e grazia — Impugnazione — Decisione ai soli
effetti civili — Fattispecie di morte del reo — Esclusione —
Questione manifestamente inammissibile di costituzionalità
(Cost., art. 24; 1. 3 agosto 1978 n. 405, art. 12).
È manifestamente infondata, poiché va applicato nella specie il
principio già enunciato dalla corte in analogo caso, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 l. 3 agosto 1978 n. 405, nella parte in cui non prevede che il giudice anche a seguito di morte del reo, come a seguito di intervenuta amnistia, nel dichiarare l'estinzione del reato possa decidere sull'impugnazio ne ai soli effetti dei capi concernenti gli interessi civili, in
riferimento all'art. 3 Cost. (1) È manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla
non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costitu zionale dell'art. 12 l. 3 agosto 1978 n. 405, nella parte in cui non prevede che il giudice anche a seguito di morte del reo, come a seguito di intervenuta amnistia, nel dichiarare l'estin zione del reato possa decidere sulla impugnazione ai soli effetti dei capi concernenti gli interessi civili, in riferimento all'art. 24 Cost. (2)
Rilevato che il Tribunale di Lucca, con ordinanza del 12 ottobre 1982, ha denunciato, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost.,
l'illegittimità dell'art. 12 1. 3 agosto 1978 n. 405, « nella parte in cui non prevede altre cause di estinzione del reato, all'infuori
dell'amnistia, per poter decidere sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili »;
ritenuto che le censure prospettate investono concretamente la mancata estensione dell'art. 12 1. n. 405/78 alla morte del reo, unica causa estintiva rilevante nel processo a quo;
considerato, quanto all'art. 3 Cost., che la corte con la sentenza n. 68 del 1983 (Foro it., 1983, I, 2662) — nel dichiarare non
fondata, in riferimento a tale parametro, la questione di legittimi tà dell'art. 12 1. 3 agosto 1978 n. 405, nella parte in cui non
prevede che anche nell'ipotesi di estinzione del reato per prescri zione il giudice dell'impugnazione possa decidere sull'impugnazio ne stessa ai soli effetti dei capi concernenti gli interessi civili — ha ribadito il principio, già fissato con la sentenza n. 202 del 1971
(id., 1972, I, 2), secondo il quale le diversità di trattamento della
prescrizione rispetto all'amnistia trovano giustificazione nel colle
gamento dell'effetto estintivo della prescrizione ad un evento,
quale il decorso del tempo, sottratto, contrariamente a quanto avviene per l'amnistia, ad ogni discrezionalità;
e che tale principio è valido anche con riguardo alla morte del
reo, che dall'art. 152 c.p. viene presa in considerazione, ai fini dell'estinzione del reato, come mero fatto, comportante, oltre
tutto, il venir meno dello stesso rapporto processuale penale; che, quanto all'art. 24 Cost., il giudice a quo adduce argomen
tazioni che insistono sulla disparità di trattamento fra l'amnistia e
la morte del reo, senza concretamente motivare con riguardo al diritto di difesa.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
i(l-2) L'ordinanza di rimessione Trib. Lucca 12 ottobre 1982 è massimata in Foro it., Rep. 1983, voce Amnistia, n. 48.
Con la decisione riportata si dichiara manifestamente infondata la
questione proposta in riferimento all'art. 3, con richiamo a Corte cost, n. 68/83, id., 1983, I, 2562, con nota di richiami di Albeggiani, che aveva ritenuto infondata analoga questione sollevata nell'ipotesi di estin zione del reato per prescrizione.
Ricorre dunque nella specie quella ratio decidendi consistente nel l'estendere « ad altre norme impugnate o ad altri profili dedotti nella stessa materia considerazioni contenute in precedenti decisioni » che, relativamente poco frequente in passato, nel 1983 si è riscontrata in diciotto ordinanze: cfr. Elia, La giustizia costituzionale nel 1983, id., 1984, V, 38, par. 20. In margine alla sentenza che si riporta cfr. anche
Pizzorusso, L'attività della Corte costituzionale nella sessione 1983
84, ibid., 323, spec. 338, nota 66. In dottrina, in termini generali, cons. Zucconi, Morte del reo, voce
dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1977, XXVII, 137.
Il Foro Italiano — 1984 — Parte 1-188.
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale 1) dichiara la mani
festa infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 12 1. 3 agosto 1978 n. 405, sollevata, in riferimento
all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Lucca con l'ordinanza in
epigrafe; 2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 1. 3 agosto 1978 n. 405,
sollevata, in riferimento all'art. 24 Cost., dal Tribunale di Lucca con l'ordinanza in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 luglio 1984, n. 240
(Gazzetta ufficiale 8 agosto 1984, n. 218); Pires. Elia, Rei.
Roehrssen; iSoc. Ferrovie del ìSudnEst c. Leuzzi; interv.
Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Sernicola). Ord. Cass.
14 maggio - 6 ottobre 1979 (Gazz. uff. 30 gennaio 1980, n. 29).
Ferrovie, tramvie e filovie — Impiegato — Sanzioni disciplinari —
Impugnabilità — Difetto di previsione — Questione infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rappor ti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del
personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna
in regime di concessione, ali. A, art. 42, 58).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58
dell'ali. A al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, in quanto non prevede
l'impugnabilità delle sanzioni disciplinari a carico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, per le quali non è previsto l'intervento del
consiglio di disciplina, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1984, in. 208
(Gazzetta ufficiale 25 luglio 1984, in. 204); Pres. Elia, Rei.
Roehrssen; Santarsiero c. Soc. Si.t.a. (Avv. Flammia); interv.
Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Carafa). Ord. Pret. Po
tenza 15 ottobre 1976 (Gazz. uff. 20 aprile 1977, il. 107).
Ferrovie, tramvie e filovie — Impiegato — Sanzioni disciplinari —
Giurisdizione amministrativa — Questione infondata di costitu zionalità (Cost., art. 3; r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, ali. A, art.
58). Ferrovie, tramvie e filovie — Impiegato — Sanzioni disciplinari —
« Opinamento » del direttore dell'azienda — Ricorso al consiglio di disciplina — Difetto di previsione — « Opinamento » defini
vo — Estremi — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 113; r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, ali. A, art. 53).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, 2" comma, dell'ali. A al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, nella parte in cui devolve al giudice amministrativo la giurisdizione in tema di sanzioni disciplinari a carico del personale delle
ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di
concessione, mentre è attribuita al giudice ordinario la giurisdi zione nei confronti dei dipendenti degli enti pubblici economi
ci, in riferimento all'art. 3 Cost. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53,
8° e 9° comma, dell'ali. A al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, in
quanto, in materia di sanzioni disciplinari a carico del persona le delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in
regime di concessione, non prevede la possibilità di ricorrere al
consiglio di disciplina contro l'« opinamento » del direttore
dell'azienda divenuto esecutivo, mentre prevede la definitività dell'« opinamento » pur quando l'interessato non abbia presen tato le sue difese nel termine di legge per causa a lui non
imputabile, in riferimento agli art. 24 e 113 Cost. (3)
(1,3) L'ordinanza di rimessione Pret. Potenza 15 ottobre 1976 è massimata in Foro it., 1977, I, 1048; mentre Cass., ord. 14 maggio-6 otto bre 1979, n. 433 è riportata id., 1979, I, 2578, con nota di richiami.
Non sembra che vi sia perfetta corrispondenza tra l'impostazione che l'ordinanza delia Cassazione ha impresso alla questione che ha deferito alla Corte costituzionale e la motivazione della sentenza con la quale questa la respinge.
Il problema riguarda la possibilità di adire il giudice amministrativo (o, in alternativa, quello ordinario), da parte del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessio ne, contro l'inflizione da parte dell'azienda di sanzioni disciplinari rispet
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2919 PARTE PRIMA 2920
I
Diritto. — 1. - L'ordinanza di rimessione parte dal presupposto che per le sanzioni disciplinari a carico del personale delle
ferrovie, tramvie e linee di navigazione interne in regime di
concessione per le quali non sia preveduto l'intervento del consi
glio di disciplina — art. 42, punti 1-4 e 6-12, in relazione all'art. 58
ali. A al r.d. n. 148 del 1931 — il r.d. stesso escluderebbe la
possibilità di ricorrere tanto al giudice ordinario quanto al
giudice amministrativo (al quale ultimo sono sottoposti soltanto i
to alle quali, per la loro tenuità, non è previsto il ricorso al consiglio di
disciplina (il Pretore di Potenza ha adombrato anche la diversa ipotesi in cui il ricorso, quando è previsto per le sanzioni più gravi, diventi im
proponibile per difetti o ritardi nel procedimento). La Cassazione rico struisce la normativa, costituita dall'art. 58, 2° e 3° comma, dell'ali. A al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, nel senso che questa, nella sua formulazione
originaria, precludeva il ricorso al consiglio di disciplina contro le sanzio ni disciplinari più lievi, e quindi il conseguente eventuale ricorso al giu dice amministrativo; richiama la precedente sentenza 13 maggio 1968, n.
1475, id., Rep. 1969, voce Ferrovie, n. 72, con la quale aveva affermato che la garanzia di tutela giurisdizionale contro tutti i provvedimenti am ministrativi disposta dall'art. 113 Cost, avrebbe abrogato i limiti di
impugnabilità delle sanzioni in parola al consiglio di disciplina, e
quindi al Consiglio di Stato (si ricorda che all'epoca vigeva ancora la
regola della impugnabilità dei soli provvedimenti amministrativi
definitivi, formulata nell'art. 34, 1" comma, r.d. 26 giugno 1924 n.
1054, poi superata, per il ricorso ai tribunali amministrativi regionali, dalla legge istitutiva di questi: A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo ", 1984, 1225); ma da questa pronuncia prende le
distanze, perché dubita che l'art. 113 Cost, possa essere applicato cosi direttamente alia normativa considerata, provocandone l'abrogazione, e non la (sola) sua incostituzionalità: di qui, la rimessione della
questione alla Corte costituzionale. La quale, per questa via, si è visto riproposto il problema ben noto
delia definizione degli effetti su una normativa pre-costituzionale, di una contrastante disposizione costituzionale: se e in quali limiti siano di diretta abrogazione, o di (sola) invalidazione: problema che aveva voluto affrontare già nella sua prima sentenza 14 giugno 1956, n. 1, low it., 1956, I, 833 (annotata da Esposito, in Giur. costit., 1956, 1; v. anche, ibid., 261, il dibattito tra Crisafulli, Esposito, M. S.
Gannini, Lavagna, Mortati, Vassalli), e che è tuttora ben presente, anche per i riflessi che la sua soluzione ha sul riparto tra la giurisdizio ne di qualsiasi giudice competente ad applicare la norma supposta in contrasto con disposizione costituzionale posteriore (a valutare se essa sia ancora o meno in vigore), e giurisdizione della Corte costituzionale
(a dichiararne la eventuale incostituzionalità), alla quale tale giudice non
potrebbe che rimetterla (v. per tutti, da ultimo, Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale5, 1984, 195 e 326). La sentenza che ora si riporta, però, non entra in questo ordine di idee, e si limita ad affermare che la giurisprudenza costante della Cassazione ha interpretato la normativa
sottoposta a sindacato nel senso che il ricorso giurisdizionale ammini strativo è consentito avverso tutte indistintamente le sanzioni discipli nari inflitte al personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, quale che sia l'organo che le ha
irrogate: con una conclusione incisiva, ma che non dirada tutti i dubbi.
Se la Corte costituzionale ha inteso affermare la diretta applicabilità a tale normativa dell'art. 113 Cost., con effetto abrogante delia parte di
questa che qui rileva, contro i dubbi sollevati dalla Cassazione sulla fattibilità di una simile operazione, essa adotta una soluzione che non è
quella che pare prevalente (v. Crisafulli, op. loc. ult. cit.): può darsi benissimo che, nel caso, possano individuarsi quegli estremi del contrasto tra norme che possono produrre l'abrogazione; ma le perplessità dell'or dinanza di rimessione, forse, avrebbero meritato qualche maggiore preci sazione esplicita. Se, viceversa, la Corte costituzionale ha inteso ricostrui re quella normativa nel senso che, anche indipendentemente da ogni effet to abrogante da parte della disposizione costituzionale sopravvenuta, avrebbe consentito l'impugnabiiità di ogni sanzione disciplinare per quan to lieve (ma ai consiglio di disciplina, e di qui al giudice amministrativo, o direttamente a quest'ultimo, malgrado il carattere privato dell'organo aziendale irrogante?), allora il precedente delia Cassazione sopra richia mato non pare in questo senso.
Successivamente, ma in riferimento all'altra ipotesi adombrata nel l'ordinanza pretorile di rimessione, Cass., 21 maggio 1982, n. 3124, Foro
it., Rep. 1982, voce Ferrovie, n. 117, ha affermato la inoppugnabilità di un provvedimento disciplinare di destituzione di un dipendente da ferrovia in regime di concessione, di per sé impugnabile davanti al
consiglio di disciplina, ma in concreto non impugnato. in margine alle sentenze in epigrafe, cfr. Pizzorusso, L'attività della
Corte costituzionale nella sessione 1983-84, id., 1984, V, 323, spec. 335.
(2) La questione nasce perché, da un lato, la giurisdizione sul contenzioso attinente al rapporto di impiego dei c.d. ferrotramvieri è
attribuita al giudice ordinario: Cass. 19 febbraio 1982, n. 1048, Foro
it., 1982, I, 2890, con nota di richiami (nel caso, si trattava del
dipendente di azienda municipalizzata di trasporti); mentre, dal
l'altro, con disposizione (da considerarsi eccezionale rispetto alla
suddetta regola generale: Cass. 13 dicembre 1983, nn. 7349 e 7350, id.,
Rep. 1983, voce Ferrovie, nn. 20, 21), sopravvissuta alla 1. 20
maggio 1970 n. 300 (v. i precedenti richiamati in nota alla ordinanza
ricorsi contro le sanzioni disciplinari per i quali la stessa legge
impone l'intervento del consiglio di disciplina), con violazione
degli art. 3 e 24 Cost.
Aggiunge ancora l'ordinanza di rimessione che ove si dovesse
ritenere ammissibile il ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria, si
avrebbe sotto altro aspetto violazione dello stesso art. 3, 1°
comma, per irragionevolezza (in quanto distinti settori in materia
sarebbero affidati a giudici diversi) e per disparità di trattamento
fra varie categorie di provvedimenti (accordando una tutela
presumibilmente più satisfattoria rispetto a provvedimenti consi
derati dal legislatore meno rilevanti). La questione non è fondata.
2. - In realtà non sussiste il presupposto sul quale poggia tutto
il ragionamento della ordinanza in epigrafe. Se, infatti, è vero che l'art. 58, 2° comma, dell'ali. A al r.d. n.
148/31 ammette il ricorso al Consiglio di Stato in sede di
giurisdizione generale di legittimità contro le pronunce del con
siglio di disciplina e non fa menzione alcuna della impugnabilità delle salmoni disciplinari per le quali non è preveduto l'interven
to del consiglio di disciplina, non è men vero che la giurispru denza costante della Corte di cassazione, sia anteriore sia succes
siva alla ordinanza in epigrafe, ha interpretato queste norme nel
senso che il ricorso giurisdizionale amministrativo è consentito
avverso tutte indistintamente le sanzioni disciplinari inflitte al
personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in
regime di concessione, quale che sia l'organo che le ha irrogate. È appena il caso di osservare che per effetto di siffatta
interpretazione trova piena applicazione il principio sancito negli art. 24, 1° comma, e 113 Cost, dai quali discende in modo
evidente che la tutela giurisdizionale deve essere sempre consenti
ta ai cittadini a salvaguardia delle loro posizioni giuridiche, siano
esse di diritto soggettivo siano invece di interesse legittimo. Ne consegue che, non esistendo eccezioni alla tutela giurisdi
zionale nella materia disciplinare, non può ravvisarsi alcuna
violazione né dell'art. 3, 1° comma, né del già citato art. 24, 1°
comma, contrariamente a quanto afferma l'ordinanza in epigrafe. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata,
nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, punto 3, e dell'art. 58 ali. A al r.d. 8
gennaio 1931 n. 148 («coordinamento delle norme sulla disciplina
giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuri dico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di
navigazione interna in regime di concessione »), sollevata con
l'ordinanza in epigrafe dalla Corte di cassazione, in riferimento
agli art. 3 e 24 Cost.
II
Diritto. — 1. - L'ordinanza di cui in epigrafe sottopone a
questa corte, in sostanza, due questioni di legittimità costituziona
le.
Ad avviso del giudice a quo, infatti:
della Cassazione n. 433/79, id., 1979, I, 2578; e, successivamente, Cass. 8 ottobre 1979, nn. 5187 a 5189, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 95-97), l'art. 58 dell'ali. A al r.d. n. 148/31 devolve al giudice amministrativo i ricorsi contro le sanzioni disciplinari inflitte al personale. Di qui, il dubbio di una incostituzionale disparità di trattamento rispetto al rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti pubblici economici, l'attribuzione al giudice ordinario del contenzioso sul quale non
prevede una deroga del genere. La sentenza qui riportata, anzitutto, precisa le ragioni, attinenti alla
peculiare rilevanza dell'attività che esplicano i c.d. ferrotramvieri, ben diversa da quella prestata in genere dai dipendenti degli enti pubblici economici, che giustificano il carattere di provvedimento amministrativo (attraverso la deliberazione del consiglio di disciplina), delle più gravi sanzioni che possono essere loro inflitte; e quindi la devoluzione al giudice amministrativo dei ricorsi contro di esse. E poi richiama la
propria giurisprudenza « secondo la quale non si può affermare in linea di principio che dinanzi al giudice amministrativo il dipendente abbia una tutela meno vantaggiosa di quella che avrebbe dinanzi al giudice ordinario » (la più recente delle sentenze richiamate in motiva zione, 30 luglio 1980, n. 140, è riportata in Foro it., 1980, I, 2958, con nota di richiami; sul punto cfr., da ultimo, la nota di A. Proto Pisani, La tutela dei diritti sindacali nel pubblico impiego avanti le sezioni uni
te, id., 1984, I, 2105). Comunque, nella legislazione affiora una tendenza verso la progressiva omogeneizzazione della tutela giurisdizionale ac cordata davanti al giudice amministrativo al pubblico dipendente, con
quella della quale già gode il dipendente privato davanti al giudice ordinario: cfr. l'art. 28 delia legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93 (cfr. la nota cit. di Proto Pisani); e l'art. 1, n. 10, del
disegno di legge-delega sul processo amministrativo presentato dal presi dente del consiglio dei ministri alla camera dei deputati (Trib. amtn.
reg., 1984, IV, 188; cfr. anche la Rubrica parlamentare, in Foro it., 1984, V, 312).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
a) l'art. 58, 2° comma, all. A al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148
(« coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rap
porti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del
personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in
regime di concessione »), violerebbe l'art. 3, 1° comma, Cost., in
quanto, devolvendo al giudice amministrativo la giurisdizione in
tema di sanzioni disciplinari a carico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione,
porrebbe in essere una disparità di trattamento fra questi dipen denti ed i lavoratori alle dipendenze di enti pubblici economici, i
quali sono soggetti invece alla giurisdizione del giudice ordinario, con tutte le conseguenze di maggior vantaggio per l'attore che il
relativo procedimento comporta;
b) l'art. 53, 8° e 9° comma — nella parte in cui non prevede la possibilità di ricorrere al consiglio di disciplina contro il
provvedimento di « opinamento » del direttore della azienda di
venuto esecutivo, mentre prevede la definitività del provvedimen to di « opinamento », pur quando l'interessato non abbia presen tato le sue difese nei termini di legge per causa a lui non
imputabile — violerebbe gli art. 24, 1° comma, e 113, 1° comma, Cost.: in tal modo sarebbe vietato al dipendente di rivolgersi al
giudice amministrativo, giacché tale impugnativa si può svolgere soltanto nei confronti di un provvedimento del consiglio di
disciplina. Le questioni non sono fondate.
2. - Quanto alla prima delle riferite questioni, premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte si ha
violazione del principio di uguaglianza solo quando ci si trovi
dinanzi a situazioni analoghe, nel caso di dipendenti delle aziende
di ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di
concessione non può ravvisarsi una situazione di omogeneità con
i dipendenti di enti pubblici economici.
Si tratta, infatti, di aziende le quali operano nel settore dei
trasporti pubblici a proposito dei quali il legislatore, in conside
razione del particolare rilievo che essi hanno per la vita della
intera nazione e della necessità che il loro servizio sia garantito nel miglior modo possibile ha adottato il regime pubblicistico della concessione, il quale comporta particolari forme di ingeren za della p.a. nel funzionamento delle aziende concessionarie, che
operano per il soddisfacimento di interessi pubblici di primaria
importanza e, quindi, per conto del soggetto pubblico conce
dente.
Come conseguenza di questo regime, il legislatore ha ritenuto
anche, con il r.d. n. 148/31, di dare allo stato giuridico e, in
particolare, alla materia disciplinare del personale delle aziende
predette una regolamentazione del tutto speciale, che, per quanto attiene alla parte disciplinare, viene incentrata su un procedimen to di carattere amministrativo, il quale, per le sanzioni più rilevanti, sfocia nel giudizio di un organo amministrativo di
nomina ministeriale (il consiglio di disciplina).
In specifica connessione con questo regime e con il carattere
di atti amministrativi che assumono le pronunce del detto
consiglio di disciplina, lo stesso legislatore, dopo avere con il r.d.
30 dicembre 1923 n. 2840, affidato le controversie in tema di
rapporto d'impiego alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di
Stato, nel 1931, con il r.d. n. 148, ha operato una ripartizione: ha, infatti, affidato (art. 10 r.d.) al giudice ordinario le controver
sie in genere sul rapporto, ma ha affidato alla giurisdizione
generale di legittimità del giudice amministrativo (art. 53 dell'ali.
A al medesimo r.d.) le controversie che possono nascere dalle
pronunce del collegio disciplinare. La giurisdizione del giudice amministrativo, pertanto, trova
spiegazione nei peculiari caratteri della materia de qua, caratteri i
quali hanno indotto il legislatore, nella sua discrezionalità, a
preferire la giurisdizione stessa per quel che attiene alle con
troversie disciplinari. Una volta prescelta la giurisdizione amministrativa, consegue
necessariamente che il procedimento deve seguire le regole pro
prie di questo tipo di processo, a proposito di che la corte ritiene
opportuno ricordare la propria giurisprudenza, secondo la quale non si può affermare in via di principio che dinanzi al giudice amministrativo il dipendente abbia una tutela meno vantaggiosa di quella che avrebbe dinanzi al giudice ordinario (sent. n. 140
del 1980, Foro it., 1980, I, 2958; n. 43 del 1977, id., 1977, I, 257; n. 47 del 1976, id., 1976, I, 859).
3. - Quanto all'altra questione, prospettata dal giudice a quo in
via subordinata, la corte deve rilevare che essa poggia sul
presupposto che la pronuncia del consiglio di disciplina costitui
sca presupposto necessario per poter adire il giudice amministra
tivo, con la conseguenza che il dipendente rimarrebbe privo di
tutela giurisdizionale ove una pronuncia del genere mancasse.
Pertanto il giudice a quo è indotto a ritenere illegittime le norme
denunciate per non avere introdotto in tutti i casi il ricorso al
consiglio di disciplina. Ma questo presupposto non sussiste.
La giurisprudenza della Corte di cassazione, infatti, è ormai
orientata nel senso che l'art. 53 dell'ali. A al r.d. n. 148 del 1931
debba essere interpretato nel senso che la giurisdizione del
giudice amministrativo sussiste per tutte indistintamente le san
zioni di carattere disciplinare irrogate ai dipendenti in parola,
quale che sia l'organo che le ha inflitte e, quindi, anche se non sia
intervenuto il consiglio di disciplina. In tal modo ai dipendenti
predetti è pienamente assicurata la tutela giurisdizionale, cosi
come è prescritto dagli art. 24, 1° comma, e 113, 1° comma, Cost,
disposizioni alle quali, del resto, la cennata giurisprudenza si è
richiamata.
Ovviamente in queste condizioni non può dirsi che l'intervento
del consiglio di disciplina sia indispensabile e che la sua mancan
za comporti violazione delle citate norme costituzionali.
Per questi motivi, la Corte costituzionale 1) dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, 2°
comma, ali. A al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148 (« coordinamento
delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con
quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle
ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di
concessione ») sollevata con ordinanza 15 ottobre 1976 del Preto
re di Potenza in riferimento all'art. 3 Cost.; 2) dichiara non
fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimi tà costituzionale dell'art. 53, 8° e 9° comma, ali. A, al r.d. 8
gennaio 1931 n. 148, sollevata con la stessa ordinanza del Pretore
di Potenza in riferimento agli art. 24 e 113 Cost.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 luglio 1984, n. 236
-(Gazzetta ufficiale 8 agosto 1984, a. 218); Pres. De Stefano, Rei. Malagugini; imp. Pignatti ed altri; interv. Pres. cons, mi
nistri (Aw. dello Stato Braguglia). Ord. App. Bologna 28
gennaio 1978 (Gazz. uff. 30 agosto 1978, n. 243); Trib. Ori
stano 20 novembre 1978 (id. 20 giugno 1979, n. 168); App.
Cagliari 20 settembre 1979 (id. 16 gennaio 1980, n. 15); Trib.
Livorno 17 dicembre 1980 (id. 6 maggio 1981, n. 123); Trib.
Salerno 27 ottobre 1980 (id. 22 luglio 1981, n. 200); Trib. Na
poli 12 marzo, 1" aprile e 2 aprile 1982 (id. 15 dicembre 1982, n. 344); Trib. Salerno 30 marzo 1982 (id. 29 dicembre 1982, n. 357); Trib. Genova 15 giugno 1982 (id. 13 aprile 1983, n.
101).
Cambio e valuta — Possesso illecito di natante all'estero —
Vendita o importazione entro il 3 dicembre 1976 — Autode
nuncia per il delitto di contrabbando doganale — Questioni
inammissibili di costituzionalità (Cost., art. 24; d.p.r. 23 gen naio 1973 n. 43, t.u. delle disposizioni legislative in materia
doganale, art. 216; 1. 30 aprile 1976 n. 159, conversione in leg
ge, con modificazioni, del d.l. 4 marzo 1976 n. 31, contenente
disposizioni penali in materia di infrazioni valutarie, art. 2). Cambio e valuta — Possesso illecito di natante all'estero —
Vendita o importazione entro il 3 dicembre 1976 — Esclusione
della sanatoria per le sanzioni penali intervenuta in pendenza del
termine stabilito dalla legge — Questione inammissibile di costi
tuzionalità (Cost., art. 3; 1. 30 aprile 1976 n. 159, art. 2; 1. 8
ottobre 1976 n. 689, conversione in legge del d.l. 10 agosto 1976 n. 543, concernente modifica dell'art. 2 1. 30 aprile 1976
n. 159, nella quale è stato convertito, con modificazioni, il d.l.
4 marzo 1976 n. 31, art. 3). Cambio e valuta — Possesso illecito di natante all'estero —
Vendita o importazione entro il 3 dicembre 1976 — Autode
nuncia per il delitto di contrabbando doganale — Questioni
inammissibili di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; 1. 30 aprile 1976 n. 159, art. 2; d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, art. 282).
Cambio e valuta — Possesso illecito di natante all'estero —
Vendita o importazione entro il 3 dicembre 1976 — Sanzioni
penali in caso di omissione — Scoperta di reati precedentemen te commessi dall'obbligato — Questione infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 24; 1. 30 aprile 1976 n. 159, art. 2, 2 bis;
d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, art. 282).
Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
2, 1° comma, primo periodo e lett. d), 4" e 5° comma, l.
30 aprile 1976 n. 159, nel testo sostituito dall'art. 3 l. 8 ottobre 1976 n. 689 e modificato con l'art. 1 d.l. 19 novembre 1976 n. 759, convertito in legge 23 dicembre 1976 n. 863, in
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