Sentenza 31 gennaio 1964; Pres. Liguori P. P., Est. Colapinto; Ente assistenziale utenti motoriagricoli -U.m.a. (Avv. Putzolu, Valacca) c. FinanzeSource: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 5 (1964), pp. 1049/1050-1053/1054Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155093 .
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1049 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1050
era ammissibile perchè, ai sensi dell'art. 19 del decreto min. 16 luglio 1926, la polizia tributaria investigativa ha la facoltà di raccogliere di propria iniziativa dati di fatto e notizie che possono riuscire utili per l'accertamento della
congruità del valore dei beni trasferiti per atto tra vivi. Anche questa censura è infondata.
Non si può mettere in dubbio che la imposta di libera
zione sarebbe stata dovuta, e che, per il ritardo nella re
gistrazione, sarebbe stata dovuta anche la soprattassa. Senonchè la registrazione di questa scrittura è avvenuta, al pari di quella dell'altra, in modo illegittimo, come i
giudici di merito hanno dichiarato.
Il potere di svolgere indagini per l'accertamento del
valore non ha alcuna attinenza con l'attività svolta nella
specie dalla polizia tributaria investigativa. Quelle indagini
riguardano fatti e notizie utili per accertare il valore di
un bene ; qui si tratta, invece, di una ispezione fiscale
e del sequestro di una scrittura contenente una quietanza. Rettamente quindi è stata ritenuta illegittima la re
gistrazione e, in conseguenza, è stata pronunciata con
danna al rimborso dell'imposta e della soprattassa. Per questi motivi, ecc.
COBTE D'APPELLO 1)1 IIOMA.
Sentenza 31 gennaio 1964 ; Pres. Liguobi 1'. P., Est. Co
lapinto ; Ente assistenziale utenti motori agricoli -
U.m.a. (Avv. Putzolu, Valacca) e. Finanze.
Iticclicz/.a mollile — Iscrizione provvisoria dei reci
dili — Società lassata in base a bilancio — Nor
mativa applicabile (R. d. 11 luglio 1907 n. 560, rego lamento per l'applicazione della imposta di r. m., art.
109 ; legge 11 gennaio 1951 n. 25, norme sulla perequa zione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario, art. 19 ; d. pres. 4 novembre 1951 n. 1582, formazione
dei ruoli delle imposte dirette per il primo semestre
del 1952, art. 2 ; d. pres. 20 gennaio 1958 n. 645, t. u.
sulle imposte dirette, art. 175).
Anteriormente all'entrata in vigore del t. u. delle imposte
dirette, approvato con decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645
(art. 175), Vamministrazione finanziaria, a seguito del
l'abrogazione tacita dell'art. 109 regolamento 11 luglio 1907 n. 560 per incompatibilità con la legge 11 gennaio 1951 n. 25, non poteva procedere all'iscrizione provvisoria sui ruoli dei redditi di r. m., dall'amministrazione me
desima proposti, quando fossero trascorsi sessanta giorni dalla trasmissione del reclamo del contribuente alla com
missione di primo grado senza che la commissione avesse
pronunciato su di esso (nella specie, trattavasi di società
tassata sulla base di bilancio). (1)
(1) Sulla questione specifica non constano precedenti giu risprudenziali editi.
In materia è tuttavia da ricordare che, sollevata la que stione della illegittimità costituzionale dell'art. 175 del t. u. n. 645 del 1958 delle imposte dirette da Comm. prov. imp. Latina 26 novembre 1961, Foro it., 1963, III, 48, la Corte costi tuzionale, nel dichiarare con sentenza 4 luglio 1963, n. 114 (ibid., 1870) infondata la questione stessa, ha messo in rilievo che anche l'art. 109 del regolamento n. 560 del 1907 per l'imposta di r. m. sanciva l'obbligo dell'iscrizione provvisoria a ruolo dei redditi accertati dagli organi fiscali, ancorché la prassi degli uffici e lo stesso orientamento ministeriale avessero dato del l'articolo una diversa interpretazione.
Nel senso della massima appare orientato, in dottrina, Hocco, Sulla disciplina della iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi, in Riv. trib., 1961, 688.
In alcune trattazioni dedicate alle imposte dirette e pub blicate dopo l'entrata in vigore de'la legge n. 25 del 1951, si mostra invece di ritenere che l'iscrizione provvisoria a ruolo,
per il periodo antecedente il nuovo testo unico sulle imposte dirette era retta dal ricordato art. 109 del regolamento del 1970 : cfr. Cocivera, Guida alle imposte dirette, 1958, pag. 79 ; De
La Corte, eoe. — La contestazione che col presente giudizio si solleva, concerne unicamente la legittimità del l'iscrizione a ruolo ; che viene disconosciuta dalTO.m.a. in
quanto « operata senza necessario presupposto dell'esistenza di redditi definitivamente accertati ». L'appellante infatti deduce che l'art. 109 del regolamento per l'imposta dei redditi di r. m., sul quale si sono basati l'ufficio e l'intendenza
per giustificare l'iscrizione deve ritenersi tacitamente abro
gato ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in
generale e cioè per incompatibilità tra la norma di data anteriore ed il sistema delle norme sulla riscossione delle
imposte dirette contenute nella legge 11 gennaio 1951 n. 2à e nelle disposizioni per la formazione dei ruoli per il
primo semestre 4 novembre 1951 n. 1582.
L'assunto dell'U.m.a. è fondato e, per conseguenza, va accolto il proposto appello.
Preliminarmente osservasi che, ai sensi dell'art. 15 delle
preleggi, l'abrogazione tacita di una legge si ha quando sus
sista incompatibilità tra le nuove disposizioni e le piece denti o quando la nuova legge regoli la materia già regolata da quella anteriore.
Nel caso, come esattamente l'U.m.a. sostiene, ricorre
rebbe la prima delle due ipotesi anzidette.
Osservasi all'uopo che, secondo il sistema vigente prima della riforma del 1951, la formazione dei ruoli era deman
data, indipendentemente dall'esistenza o meno di una
denuncia del contribuente, alla iniziativa dell'agente del
fisco, al quale spettava (art. 109 del regolamento per l'appli cazione dell'imposta sui redditi della r. m. 11 luglio 1907
n. 560) di determinare per ciascun contribuente il reddito
da assoggettarsi all'imposta, iscrivendo per ordine alfabe
tico i nomi dei contribuenti ed i redditi non definitiva
mente accertati. Lo stesso articolo autorizzava, inoltre,
l'agente ad iscrivere provvisoriamente la somma da esso
proposta allorché erano trascorsi sessanta giorni dalla tra
smissione del reclamo alla commissione di primo grado senza che questa avesse pronunciato il suo giudizio.
Il sistema anzidetto è stato radicalmente innovato con
la legge 11 gennaio 1951 n. 25 in quanto, introdotto l'ob
bligo della denuncia annuale dei redditi da parte del contri
buente (art. 1 e 2 della legge), il legislatore collegò ad esso
per la prima volta il comportamento del fisco, tenuto ad
effettuare automaticamente sulla base di quanto denunciato
dal contribuente l'iscrizione provvisoria a ruolo dell'im
posta (art. 19 della legge), riservando agli agenti fiscali il
diritto di procedere, ove d'uopo, alla rettifica successiva
dei redditi compresi nella denuncia. Le imposte liquidate in via provvisoria sono iscritte in base alla nuova legge nei ruoli principali e riscosse nelle sei rate bimestrali com
prese nell'esercizio medesimo (art. 19 citato) ; quelle poi che risulteranno « dovute per esercizi anteriori a quello (li
« competenza » sono iscritte a definitivo conguaglio nei
ruoli suppletivi » di prima serie con scadenze bimestrali
coincidenti con quelle dei ruoli principali, o in ruoli sup
pletivi di seconda serie con scadenza della rata al 10 feb
braio di ciascun anno. Da qvianto detto consegue che il nuovo sistema si fonda
sulla presunzione di verità delle dichiarazioni del contri
buente, alle quali l'amministrazione è tenuta a prestare fede sino a quando non risulti accertato il contrario.
In altri termini, una volta tassato provvisoriamente il
contribuente deve attendere la pronuncia definitiva ed
irrevocabile da parte delle commissioni incaricate di deci
dere siffatte vertenze per poter assoggettare il contri
buente a nuova imposizione. Il tribunale non ha accettato la impostazione anzidetta
osservando che essa, giusto l'art. 19 della legge n. 25 del
1951, sarebbe esatta nei confronti dei contribuenti non
tassati in base al bilancio, ma non già nei confronti di
società (caso in esame) che sono tassate in base al bilancio.
L'osservazione non ha pregio, sia perchè tutto il sistema
Anoelis-Potenza-Testa, T. u. delle leggi sulle imposte dirette.
1960, pag. 864 segg. ; Martinenghi, L'imposta di r. m., 105!', pag. 384.
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1051 PARTE PRIMA 1052
della legge postula che l'amministrazione finanziaria debba
prontamente, sia pure provvisoriamente liquidare l'im
posta in base ad un documento apprestato dallo stesso
contribuente, sia perchè l'art. 19 della legge n. 25 del 1951
va integrato con l'art. 2 del decreto pres. 4 novembre
1951 n. 1582, che espressamente stabilisce anche per le
società la tassazione provvisoria in base al bilancio.
Così delineato il sistema della nuova legge, appare chiaro che l'art. 109 del regolamento del 1907, nel punto in cui autorizza l'amministrazione finanziaria ad iscrivere
a ruolo la somma da essa proposta quando siano trascorsi
sessanta giorni dalla trasmissione del reclamo alla com
missione di primo grado, è incompatibile col nuovo sistema
e, pertanto, esso deve ritenersi abrogato in forza all'art. 15
delle preleggi. Nè varrebbe obiettare, come fa il tribunale, che in
questo modo sarebbero compromessi « i poteri della finanza
relativi all'esigibilità di un credito d'imposta, ancorché
oggetto di contestazione attraverso il meccanismo dell'iscri
zione a ruolo ».
La detta affermazione strettamente si collega all'altra
con la quale il primo giudice, svalutando l'importanza della
denuncia annuale dei redditi effettuata dal contribuente, afferma che la finalità della legge del 1951 ha avuto il
limitato obiettivo « di dettare norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario ».
Gli assunti del tribunale si confutano agevolmente con
i lavori preparatori della" legge. Invero il ministro proponente nella relazione al Se
nato così afferma : « L'amministrazione finanziaria intende
prestar fede (presunzione iuris tantum) alla dichiarazione
presentata dal contribuente e basarsi su di essa per iscri
vere a ruolo la relativa imposta. Naturalmente la iscri
zione a ruolo fatta in base alla dichiarazione ha carattere
provvisorio e l'amministrazione si riserva di controllare
gli elementi offerti dal contribuente ».
In prosieguo lo stesso ministero ribadisce il medesimo
concetto e così precisa : « L'imposta (così) liquidata provvi soriamente sulla dichiarazione, sarà iscritta a ruolo e riscossa
a partire dall'agosto dell'anno della dichiarazione ».
Riepilogando : se il sistema della legge e le dichiarazioni
del ministro rendono certi che la riforma del 1951 ha inteso attribuire presunzione di verità alla denuncia annuale del
contribuente, consegue che è nella funzione stessa di questa, come di ogni altra presunzione, di spiegare efficacia fino
a quando essa non venga infirmata da una pronuncia definitiva emessa da parte dei competenti organi giuri sdizionali. In altri termini non è logicamente compatibile la contemporanea sussistenza della presunzione e del potere attribuito ad una delle parti (nel caso il fisco) di neutra
lizzare con un atto di sua esclusiva volontà gli effetti della
presunzione. Ma, indipendentemente dai lavori preparatori, l'esi
stenza del contrasto tra la disciplina anteriore a quella instaurata con la riforma del 1951 è espressamente con fermata dalla legge 5 gennaio 1956 n. 1 sulla quale il tri
bunale, che ha sollecitamente negato l'esistenza di ogni incompatibilità, non ha soffermato la sua diligente atten zione.
Rilevasi, invero, che l'art. 68 della legge suddetta attri buiva al Governo il potere di emanare nuovi testi unici, tra cui quello riguardante le norme sulla riscossione, e tassativamente disponeva che dal nuovo testo dovevano essere expressis verbis « eliminate le disposizioni in con trasto con i principi contenuti nella legge 11 gennaio 1951 ». La divergenza, quindi, tra la legislazione anteriore a quella del 1951 non può ora dar luogo a dubbi, perchè legislati vamente ammessa e riconosciuta. Inoltre è assai agevole individuare il punto di maggiore contrasto che è costituito
precisamente da quello in esame, perchè proprio su di esso ed in modo particolare è stato posto l'accento nei lavori preparatori della legge del 1951 (dichiarazioni del ministro e relazione al Senato).
Consegue, quindi, da quanto detto, come già assu
mevasi, che l'art. 109 del regolamento 11 luglio 1907 n. 560, nella parte in cui attribuiva all'amministrazione finanziaria
il potere di iscrivere a ruolo il debito di imposta, nono
stante la contestazione in corso davanti gli organi giurisdi
zionali, è sicuramente incompatibile con la legge 11 gen naio 1951 n. 25.
A questo punto l'esame della causa potrebbe dirsi
esaurito, ma è dovere della corte darsi carico di una dispo sizione legislativa che, quantunque emessa successiva
mente ai fatti per cui è causa, viene dall'amministrazione
delle finanze invocata per dimostrare che l'art. 109 del
regolamento 11 luglio 1907 n. 560 non è mai venuto meno.
La disposizione in questione è quella dell'art. 175 del
t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, che così stabilisce : « Le im
poste corrispondenti agli imponibili accertati dall'ufficio
ma non ancora definiti sono iscritte a titolo provvisorio nei ruoli : a) dopo sessanta giorni dalla trasmissione del
ricorso del contribuente alla commissione tributaria di
primo grado, per la metà dell'imposta corrispondente
all'imponibile o al maggior imponibile accertato dall'uf
ficio ; b) dopo la decisione della commissione tributaria
di primo grado, per i due terzi dell'imposta corrispondente
all'imponibile o al maggior imponibile accertato dalla
commissione stessa ; c) dopo la decisione della commissione
tributaria di secondo grado, per l'ammontare corrispondente
all'imponibile o al maggior imponibile accertato da questa ».
Orbene, si sostiene più particolarmente dall'ammini
strazione delle finanze, che l'art. 109 del r. decreto 11 luglio 1907 n. 560 non sarebbe stato abrogato per incompati bilità con la legge n. 25 del 1951 dato che lo stesso legislatore nel nuovo testo unico delle leggi sulle imposte dirette ha
disciplinato, sia pure per attenuarlo, il potere dell'ammi
nistrazione di iscrivere a ruolo le imposte corrispondenti
agli imponibili accertati dall'ufficio ma contestati.
Si sostiene invece ex adverso che proprio l'art. 175 del
decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645 corrobora la tesi
dell'appellante, in quanto trattasi di disposizione del tutto
nuova ed appositamente inserita nel t. u. proprio per fare
rivivere un potere dell'amministrazione da, tempo cessato.
A sostegno, poi, del suo assunto l'appellante nei suoi
scritti difensionali cita la conforme opinione della dottrina.
La corte ritiene di aderire alla tesi dell'appellante, in
quanto l'amministrazione finanziaria, non contrastando
affatto l'insegnamento della dottrina citata dall'U.m.a., dà chiaramente a dividere che la medesima non è contrastata,
per cui nnivoca è l'interpretazione. Ma la dimostrazione che trattasi di una disposizione
nuova deriva sicuramente da quanto si è già innanzi affer
mato. Infatti, essendosi ammesso e dimostrato che con la
legge 11 gennaio 1951 n. 25 il legislatore ha riconosciuto
presuntivamente veri i redditi annualmente denunciati dal
contribuente, si è già dichiarato che l'attribuzione all'am
ministrazione del potere di iscrivere a ruolo le imposte corrisponde agli imponibili accertati dall'ufficio ma non
ancora divenuti definitivi, sarebbe stata assurda ed illo
gica, perchè in questo modo l'amministrazione avrebbe
potuto a suo libito ed in qualunque momento neutraliz
zare l'operatività della presunzione e compromettere defi
nitivamente quelle finalità che la riforma si proponeva di
raggiungere. La verità à che successivamente al 1951 i principi infor
matori della legge di riforma non sono stati mantenuti più fermi, e pertanto l'antico sistema in qualche punto ha
potuto riprendere il sopravvento. La disposizione, quindi, dell'art. 175 del decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645 è
conseguenza della erosione dei principi ispiratori della
riforma del 1951 e perciò essa è una disposizione del tutto
nuova, e come tale inidonea a suffragare la tesi dell'am
ministrazione appellata. Osservasi poi, da ultimo, che l'introduzione nel testo
unico di una norma del tutto nuova è perfettamente legit
tima, dato che con l'art. 63 si era demandato al Governo
anche il compito « di perfezionare le norme concernenti l'attività dell'amministrazione finanziaria ai fini dell'accer
tamento del reddito ».
Devesi, pertanto, dichiarare illegittima l'iscrizione a ruolo dei tributi innanzi indicati e per conseguenza spetta
all'appellante il rimborso della somma di lire 96.896.070,
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1053 GIURISPRUDENZA HOSTITUZIONAl E F CIVIl E 1054
che l'U.m.a. fin dall'atto introduttivo del giudizio 21
gennaio 1958 lia dichiarato di aver versato per la totalità in ottemperanza dell'obbligo del solve et repete. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI GENOVA.
Sentenza 29 gennaio 1964 ; Pres. Secco P., Est. Boselli ; Petrolifera Muntenia (Avv. Tarello, Paone) c. Child
(Avv. De Franchi) e altri.
Legge, regolamento e decreto — Legge straniera
<li nazionalizzazione — Contrasto eon l'ordine pub l>lieo — Nazionalizzazione come fatto esauritosi
all'estero — Inapplicabilità del limite dell'ordine
pubblico — Fattispecie (Disposizioni sulla legge in
generale, art. 31).
Legge, regolamento e decreto — Legge straniera
di nazionalizzazione di imprese con previsione «li indennità — Gontormità all'ordine pubblico
(Costituzione, art. 10, 42, 43 ; disposizioni sulla legge in generale, art. 31).
Il giudice italiano non deve esaminare la conformità all'or
dine pubblico della legge straniera di nazionalizzazione,
quando la nazionalizzazione costituisce un fatto già esau
ritosi all'estero, funzionante da mero presupposto del
diverso fatto giuridico di cui si intendono far valere gli
effetti in Italia (nella specie, in Italia si controverte
sulla successione di un ente di Stato ad un'impresa nazio
nalizzata, disposta con legge successiva a quella di na
zionalizzazione). (1) Non è contraria all'ordine pubblico internazionale italiano
la legge straniera nazionalizzatrice di determinate im
prese (nella specie, la legge romena di nazionalizzazione
delle im,prese industriali), se la legge stessa prevede un'in
dennità a favore dei titolari delle imprese espropriate. (2)
(1-2) Conformi Trib. Roma 13 settembre 1054, Foro it., 1955, I, 256, con osservazioni di A. Lener, e Trib. Venezia 11 marzo 1!)53, id., 1953, I, 719, con nota di richiami.
Conformi sostanziatone! .te, per la sola seconda massima, Cass. 19 febbraio 1960, n. 286, id., 1960, I, 985, con nota di
richiami, secondo cui « i provvedimenti di nazionalizzazione e di confisca disposti senza indennizzo in Stati stranieri, in quanto contrastanti con l'ordine pubblico italiano, non hanno effetto nel nostro ordinamento giuridico » ; e App. Milano 10 agosto 1956, id., Rep. 1958, voce Legge, n. 40, pubblicata in extenso in Foro pad., 1958, I, 896, con nota di Ruini, per cui « non pos sono trovare riconoscimento in Italia, come contrarie agli art. 42 e 43 Cost., norme che dispongono la nazionalizzazione senza
corrispettivo di imprese private straniere ». Secondo Cass. 24 aprile 1962, n. 818, Foro it., Rep. 1962,
voce cit., n. 29, «il concetto di ordine pubblico, al quale occorre riferire il precetto dell'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale, non va inteso in senso internazionale, astratto e univer
sale, ma trova il suo limite nell'ordinamento giuridico nazionale e mira ad assicurare, in ogni caso, il rispetto dei più elevati ed essenziali interessi del predetto ordinamento » ; conforme, Cass. 21 ottobre 1955, n. 3399, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 41-43, che aggiunge che i concetti di ordine pubblico e di buon costume hanno carattere di relatività storica, e che ai fini dell'art. 31 delle preleggi non è sufficiente un rapporto tra la norma straniera in senso astratto e l'ordine pubblico, ma occorre valutare il fatto giuridico che dalla norma stessa deriva e gli effetti di quel fatto che vorrebbero farsi valere in Italia.
Cass. 30 settembre 1955, n. 2728, id., 1956, I, 552, con nota adesiva di D. M. Bartolomei, Ancora sull'ordine pubblico nel diritto internazionale privato, afferma che « l'art. 31 delle
disp. prelim, contiene una duplice nozione dell'ordine pubblico, distinguendo le norme di ordine pubblico interno da quelle di ordine pubblico internazionale, le quali ultime soltanto preclu dono l'applicazione di contrarie leggi straniere » ; la distinzione è accettata dalla presente sentenza.
Nella rubrica Gli occhiali del giurista, in Rio. dir. civ., 1964, II, 90 segg., A. C. Jemolo si propone il problema di riesaminare sotto più aspetti il fondamento dell'orientamento giurispruden
La Corte, ecc. — (Omissis). Nel merito è importante precisare che i convenuti, senza contestare affatto la spet tanza alla Steaua romana della quota di riparto dell'attivo sociale corrispondente, secondo il bilancio finale di liquida zione della S.i.i.o., alle n. 7500 azioni di proprietà della
medesima, si limitano a contestare la legittimazione attiva, della Petrolifera Muntenia, vale a dire la qualità di suc cessore od avente causa della Steaua romana nella quale essa si è presentata a pretendere tale quota, per la ragione che detta qualità avrebbe titolo in una legge, quella romena di nazionalizzazione delle imprese industriali, che non
potrebbe ottenere riconoscimento ed applicazione in Italia
per la sua contrarietà ai principi dell'ordine pubblico di cui all'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale che sono premesse al nostro codice civile.
Il difetto di legittimazione ad causarti della Petroli fera Muntenia era stato rilevato, a dire il vero, anche sotto un altro profilo : quello della sopravvivenza della
Steaua romana alle disposizioni di unificazione delle varie
imprese statali e nazionalizzate nelle cosiddette centrali industriali ; ma la documentazione ultimamente prodotta dalla difesa della appellante (dalla quale risulta l'adempi mento delle condizioni a tale fine prescritte dalla legge romena) è sufficiente ad eliminare un tale dubbio.
D'altro canto, non è dato comprendere, e questo è
sufficiente a denotare la inconsistenza dell'esaminato profilo della eccezione, come mai, per il solo fatto della sopravvi venza (posto che fosse dimostrato), la Steaua romana
potrebbe continuare ad esercitare un diritto di cui, in
ipotesi, fosse stata validamente privata. Tornando perciò all'esame di detta eccezione secondo la
sua formulazione principale, fa d'uopo premettere che il
giudizio sulla stessa involge la soluzione di un duplice
quesito :
a) se, innanzitutto, sorga nella specie una questione di applicazione della legge straniera (quella romena di
nazionalizzazione) e venga perciò in considerazione il li
mite derivante dall'ordine pubblico ;
b) e se in effetti la legge in parola possa ritenersi
contraria all'ordine pubblico italiano.
Il primo di tali quesiti si pone in via preliminare in
quanto è principio largamente affermato della dottrina
internazionalistica, e pacifico nella nostra giurisprudenza
(cfr. Trib. Venezia 11 marzo 1953, Foro it., 1953, I, 719 ; Trib. Roma 13 settembre 1954, id., 1955, I, 256), che,
rispetto ai fatti giuridici che si sono esauriti all'estero, non sorge questione di applicazione della legge straniera
relativa ed è perciò inoperante il limite che deriva dall'or
dine pubblico della lex fori. Veramente, ben più che di un principio autonomo,
inteso a restringere, sia pure per casi eccezionali, il normale
àmbito di applicazione dell'ordine pubblico, si tratta qui di un corollario dello stesso sistema onde è congegnata la
inserzione nell'ordinamento giuridico interno della legge straniera individuata dalla norma di collegamento, ovvio
essendo che, se l'ordine pubblico deve funzionare da limite di questa inserzione, esso non possa entrare in azione se
non quando entri in azione la stessa norma di collegamento.
Comunque sia, ciò che interessa qui rilevare si è che, se vi è unanimità di consensi intorno a questo principio, non regna invece eguale concordia di opinioni intorno al
preciso significato in cui deve intendersi la nozione di
« fatto esaurito all'estero », dal momento che :
a) secondo l'insegnamento della dottrina italo-francese
di diritto internazionale (insegnamento cui risulta essersi
uniformato il Trib. Venezia, nella citata ordinanza dell'11
marzo 1953), sarebbe da considerare « fatto esaurito al
l'estero » quello in ordine al quale non si richiede già al
giudice di cooperare direttamente sulla base della legge straniera per la realizzazione dei suoi effetti giuridici nello
ziale secondo cui non possono avere efficacia in Italia leggi straniere di nazionalizzazione senza indennizzo, esprimendo dubbi sull'esattezza di questa tendenza, con cui viene posta sostanzial mente una limitazione alla sovranità straniera.
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