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Sentenza 31 gennaio 1964; Pres. Liguori P. P., Est. Colapinto; Ente assistenziale utenti motori...

Date post: 27-Jan-2017
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Sentenza 31 gennaio 1964; Pres. Liguori P. P., Est. Colapinto; Ente assistenziale utenti motori agricoli -U.m.a. (Avv. Putzolu, Valacca) c. Finanze Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 5 (1964), pp. 1049/1050-1053/1054 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23155093 . Accessed: 25/06/2014 01:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.69 on Wed, 25 Jun 2014 01:51:55 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 31 gennaio 1964; Pres. Liguori P. P., Est. Colapinto; Ente assistenziale utenti motoriagricoli -U.m.a. (Avv. Putzolu, Valacca) c. FinanzeSource: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 5 (1964), pp. 1049/1050-1053/1054Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155093 .

Accessed: 25/06/2014 01:51

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1049 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1050

era ammissibile perchè, ai sensi dell'art. 19 del decreto min. 16 luglio 1926, la polizia tributaria investigativa ha la facoltà di raccogliere di propria iniziativa dati di fatto e notizie che possono riuscire utili per l'accertamento della

congruità del valore dei beni trasferiti per atto tra vivi. Anche questa censura è infondata.

Non si può mettere in dubbio che la imposta di libera

zione sarebbe stata dovuta, e che, per il ritardo nella re

gistrazione, sarebbe stata dovuta anche la soprattassa. Senonchè la registrazione di questa scrittura è avvenuta, al pari di quella dell'altra, in modo illegittimo, come i

giudici di merito hanno dichiarato.

Il potere di svolgere indagini per l'accertamento del

valore non ha alcuna attinenza con l'attività svolta nella

specie dalla polizia tributaria investigativa. Quelle indagini

riguardano fatti e notizie utili per accertare il valore di

un bene ; qui si tratta, invece, di una ispezione fiscale

e del sequestro di una scrittura contenente una quietanza. Rettamente quindi è stata ritenuta illegittima la re

gistrazione e, in conseguenza, è stata pronunciata con

danna al rimborso dell'imposta e della soprattassa. Per questi motivi, ecc.

COBTE D'APPELLO 1)1 IIOMA.

Sentenza 31 gennaio 1964 ; Pres. Liguobi 1'. P., Est. Co

lapinto ; Ente assistenziale utenti motori agricoli -

U.m.a. (Avv. Putzolu, Valacca) e. Finanze.

Iticclicz/.a mollile — Iscrizione provvisoria dei reci

dili — Società lassata in base a bilancio — Nor

mativa applicabile (R. d. 11 luglio 1907 n. 560, rego lamento per l'applicazione della imposta di r. m., art.

109 ; legge 11 gennaio 1951 n. 25, norme sulla perequa zione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario, art. 19 ; d. pres. 4 novembre 1951 n. 1582, formazione

dei ruoli delle imposte dirette per il primo semestre

del 1952, art. 2 ; d. pres. 20 gennaio 1958 n. 645, t. u.

sulle imposte dirette, art. 175).

Anteriormente all'entrata in vigore del t. u. delle imposte

dirette, approvato con decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645

(art. 175), Vamministrazione finanziaria, a seguito del

l'abrogazione tacita dell'art. 109 regolamento 11 luglio 1907 n. 560 per incompatibilità con la legge 11 gennaio 1951 n. 25, non poteva procedere all'iscrizione provvisoria sui ruoli dei redditi di r. m., dall'amministrazione me

desima proposti, quando fossero trascorsi sessanta giorni dalla trasmissione del reclamo del contribuente alla com

missione di primo grado senza che la commissione avesse

pronunciato su di esso (nella specie, trattavasi di società

tassata sulla base di bilancio). (1)

(1) Sulla questione specifica non constano precedenti giu risprudenziali editi.

In materia è tuttavia da ricordare che, sollevata la que stione della illegittimità costituzionale dell'art. 175 del t. u. n. 645 del 1958 delle imposte dirette da Comm. prov. imp. Latina 26 novembre 1961, Foro it., 1963, III, 48, la Corte costi tuzionale, nel dichiarare con sentenza 4 luglio 1963, n. 114 (ibid., 1870) infondata la questione stessa, ha messo in rilievo che anche l'art. 109 del regolamento n. 560 del 1907 per l'imposta di r. m. sanciva l'obbligo dell'iscrizione provvisoria a ruolo dei redditi accertati dagli organi fiscali, ancorché la prassi degli uffici e lo stesso orientamento ministeriale avessero dato del l'articolo una diversa interpretazione.

Nel senso della massima appare orientato, in dottrina, Hocco, Sulla disciplina della iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi, in Riv. trib., 1961, 688.

In alcune trattazioni dedicate alle imposte dirette e pub blicate dopo l'entrata in vigore de'la legge n. 25 del 1951, si mostra invece di ritenere che l'iscrizione provvisoria a ruolo,

per il periodo antecedente il nuovo testo unico sulle imposte dirette era retta dal ricordato art. 109 del regolamento del 1970 : cfr. Cocivera, Guida alle imposte dirette, 1958, pag. 79 ; De

La Corte, eoe. — La contestazione che col presente giudizio si solleva, concerne unicamente la legittimità del l'iscrizione a ruolo ; che viene disconosciuta dalTO.m.a. in

quanto « operata senza necessario presupposto dell'esistenza di redditi definitivamente accertati ». L'appellante infatti deduce che l'art. 109 del regolamento per l'imposta dei redditi di r. m., sul quale si sono basati l'ufficio e l'intendenza

per giustificare l'iscrizione deve ritenersi tacitamente abro

gato ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in

generale e cioè per incompatibilità tra la norma di data anteriore ed il sistema delle norme sulla riscossione delle

imposte dirette contenute nella legge 11 gennaio 1951 n. 2à e nelle disposizioni per la formazione dei ruoli per il

primo semestre 4 novembre 1951 n. 1582.

L'assunto dell'U.m.a. è fondato e, per conseguenza, va accolto il proposto appello.

Preliminarmente osservasi che, ai sensi dell'art. 15 delle

preleggi, l'abrogazione tacita di una legge si ha quando sus

sista incompatibilità tra le nuove disposizioni e le piece denti o quando la nuova legge regoli la materia già regolata da quella anteriore.

Nel caso, come esattamente l'U.m.a. sostiene, ricorre

rebbe la prima delle due ipotesi anzidette.

Osservasi all'uopo che, secondo il sistema vigente prima della riforma del 1951, la formazione dei ruoli era deman

data, indipendentemente dall'esistenza o meno di una

denuncia del contribuente, alla iniziativa dell'agente del

fisco, al quale spettava (art. 109 del regolamento per l'appli cazione dell'imposta sui redditi della r. m. 11 luglio 1907

n. 560) di determinare per ciascun contribuente il reddito

da assoggettarsi all'imposta, iscrivendo per ordine alfabe

tico i nomi dei contribuenti ed i redditi non definitiva

mente accertati. Lo stesso articolo autorizzava, inoltre,

l'agente ad iscrivere provvisoriamente la somma da esso

proposta allorché erano trascorsi sessanta giorni dalla tra

smissione del reclamo alla commissione di primo grado senza che questa avesse pronunciato il suo giudizio.

Il sistema anzidetto è stato radicalmente innovato con

la legge 11 gennaio 1951 n. 25 in quanto, introdotto l'ob

bligo della denuncia annuale dei redditi da parte del contri

buente (art. 1 e 2 della legge), il legislatore collegò ad esso

per la prima volta il comportamento del fisco, tenuto ad

effettuare automaticamente sulla base di quanto denunciato

dal contribuente l'iscrizione provvisoria a ruolo dell'im

posta (art. 19 della legge), riservando agli agenti fiscali il

diritto di procedere, ove d'uopo, alla rettifica successiva

dei redditi compresi nella denuncia. Le imposte liquidate in via provvisoria sono iscritte in base alla nuova legge nei ruoli principali e riscosse nelle sei rate bimestrali com

prese nell'esercizio medesimo (art. 19 citato) ; quelle poi che risulteranno « dovute per esercizi anteriori a quello (li

« competenza » sono iscritte a definitivo conguaglio nei

ruoli suppletivi » di prima serie con scadenze bimestrali

coincidenti con quelle dei ruoli principali, o in ruoli sup

pletivi di seconda serie con scadenza della rata al 10 feb

braio di ciascun anno. Da qvianto detto consegue che il nuovo sistema si fonda

sulla presunzione di verità delle dichiarazioni del contri

buente, alle quali l'amministrazione è tenuta a prestare fede sino a quando non risulti accertato il contrario.

In altri termini, una volta tassato provvisoriamente il

contribuente deve attendere la pronuncia definitiva ed

irrevocabile da parte delle commissioni incaricate di deci

dere siffatte vertenze per poter assoggettare il contri

buente a nuova imposizione. Il tribunale non ha accettato la impostazione anzidetta

osservando che essa, giusto l'art. 19 della legge n. 25 del

1951, sarebbe esatta nei confronti dei contribuenti non

tassati in base al bilancio, ma non già nei confronti di

società (caso in esame) che sono tassate in base al bilancio.

L'osservazione non ha pregio, sia perchè tutto il sistema

Anoelis-Potenza-Testa, T. u. delle leggi sulle imposte dirette.

1960, pag. 864 segg. ; Martinenghi, L'imposta di r. m., 105!', pag. 384.

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1051 PARTE PRIMA 1052

della legge postula che l'amministrazione finanziaria debba

prontamente, sia pure provvisoriamente liquidare l'im

posta in base ad un documento apprestato dallo stesso

contribuente, sia perchè l'art. 19 della legge n. 25 del 1951

va integrato con l'art. 2 del decreto pres. 4 novembre

1951 n. 1582, che espressamente stabilisce anche per le

società la tassazione provvisoria in base al bilancio.

Così delineato il sistema della nuova legge, appare chiaro che l'art. 109 del regolamento del 1907, nel punto in cui autorizza l'amministrazione finanziaria ad iscrivere

a ruolo la somma da essa proposta quando siano trascorsi

sessanta giorni dalla trasmissione del reclamo alla com

missione di primo grado, è incompatibile col nuovo sistema

e, pertanto, esso deve ritenersi abrogato in forza all'art. 15

delle preleggi. Nè varrebbe obiettare, come fa il tribunale, che in

questo modo sarebbero compromessi « i poteri della finanza

relativi all'esigibilità di un credito d'imposta, ancorché

oggetto di contestazione attraverso il meccanismo dell'iscri

zione a ruolo ».

La detta affermazione strettamente si collega all'altra

con la quale il primo giudice, svalutando l'importanza della

denuncia annuale dei redditi effettuata dal contribuente, afferma che la finalità della legge del 1951 ha avuto il

limitato obiettivo « di dettare norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario ».

Gli assunti del tribunale si confutano agevolmente con

i lavori preparatori della" legge. Invero il ministro proponente nella relazione al Se

nato così afferma : « L'amministrazione finanziaria intende

prestar fede (presunzione iuris tantum) alla dichiarazione

presentata dal contribuente e basarsi su di essa per iscri

vere a ruolo la relativa imposta. Naturalmente la iscri

zione a ruolo fatta in base alla dichiarazione ha carattere

provvisorio e l'amministrazione si riserva di controllare

gli elementi offerti dal contribuente ».

In prosieguo lo stesso ministero ribadisce il medesimo

concetto e così precisa : « L'imposta (così) liquidata provvi soriamente sulla dichiarazione, sarà iscritta a ruolo e riscossa

a partire dall'agosto dell'anno della dichiarazione ».

Riepilogando : se il sistema della legge e le dichiarazioni

del ministro rendono certi che la riforma del 1951 ha inteso attribuire presunzione di verità alla denuncia annuale del

contribuente, consegue che è nella funzione stessa di questa, come di ogni altra presunzione, di spiegare efficacia fino

a quando essa non venga infirmata da una pronuncia definitiva emessa da parte dei competenti organi giuri sdizionali. In altri termini non è logicamente compatibile la contemporanea sussistenza della presunzione e del potere attribuito ad una delle parti (nel caso il fisco) di neutra

lizzare con un atto di sua esclusiva volontà gli effetti della

presunzione. Ma, indipendentemente dai lavori preparatori, l'esi

stenza del contrasto tra la disciplina anteriore a quella instaurata con la riforma del 1951 è espressamente con fermata dalla legge 5 gennaio 1956 n. 1 sulla quale il tri

bunale, che ha sollecitamente negato l'esistenza di ogni incompatibilità, non ha soffermato la sua diligente atten zione.

Rilevasi, invero, che l'art. 68 della legge suddetta attri buiva al Governo il potere di emanare nuovi testi unici, tra cui quello riguardante le norme sulla riscossione, e tassativamente disponeva che dal nuovo testo dovevano essere expressis verbis « eliminate le disposizioni in con trasto con i principi contenuti nella legge 11 gennaio 1951 ». La divergenza, quindi, tra la legislazione anteriore a quella del 1951 non può ora dar luogo a dubbi, perchè legislati vamente ammessa e riconosciuta. Inoltre è assai agevole individuare il punto di maggiore contrasto che è costituito

precisamente da quello in esame, perchè proprio su di esso ed in modo particolare è stato posto l'accento nei lavori preparatori della legge del 1951 (dichiarazioni del ministro e relazione al Senato).

Consegue, quindi, da quanto detto, come già assu

mevasi, che l'art. 109 del regolamento 11 luglio 1907 n. 560, nella parte in cui attribuiva all'amministrazione finanziaria

il potere di iscrivere a ruolo il debito di imposta, nono

stante la contestazione in corso davanti gli organi giurisdi

zionali, è sicuramente incompatibile con la legge 11 gen naio 1951 n. 25.

A questo punto l'esame della causa potrebbe dirsi

esaurito, ma è dovere della corte darsi carico di una dispo sizione legislativa che, quantunque emessa successiva

mente ai fatti per cui è causa, viene dall'amministrazione

delle finanze invocata per dimostrare che l'art. 109 del

regolamento 11 luglio 1907 n. 560 non è mai venuto meno.

La disposizione in questione è quella dell'art. 175 del

t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, che così stabilisce : « Le im

poste corrispondenti agli imponibili accertati dall'ufficio

ma non ancora definiti sono iscritte a titolo provvisorio nei ruoli : a) dopo sessanta giorni dalla trasmissione del

ricorso del contribuente alla commissione tributaria di

primo grado, per la metà dell'imposta corrispondente

all'imponibile o al maggior imponibile accertato dall'uf

ficio ; b) dopo la decisione della commissione tributaria

di primo grado, per i due terzi dell'imposta corrispondente

all'imponibile o al maggior imponibile accertato dalla

commissione stessa ; c) dopo la decisione della commissione

tributaria di secondo grado, per l'ammontare corrispondente

all'imponibile o al maggior imponibile accertato da questa ».

Orbene, si sostiene più particolarmente dall'ammini

strazione delle finanze, che l'art. 109 del r. decreto 11 luglio 1907 n. 560 non sarebbe stato abrogato per incompati bilità con la legge n. 25 del 1951 dato che lo stesso legislatore nel nuovo testo unico delle leggi sulle imposte dirette ha

disciplinato, sia pure per attenuarlo, il potere dell'ammi

nistrazione di iscrivere a ruolo le imposte corrispondenti

agli imponibili accertati dall'ufficio ma contestati.

Si sostiene invece ex adverso che proprio l'art. 175 del

decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645 corrobora la tesi

dell'appellante, in quanto trattasi di disposizione del tutto

nuova ed appositamente inserita nel t. u. proprio per fare

rivivere un potere dell'amministrazione da, tempo cessato.

A sostegno, poi, del suo assunto l'appellante nei suoi

scritti difensionali cita la conforme opinione della dottrina.

La corte ritiene di aderire alla tesi dell'appellante, in

quanto l'amministrazione finanziaria, non contrastando

affatto l'insegnamento della dottrina citata dall'U.m.a., dà chiaramente a dividere che la medesima non è contrastata,

per cui nnivoca è l'interpretazione. Ma la dimostrazione che trattasi di una disposizione

nuova deriva sicuramente da quanto si è già innanzi affer

mato. Infatti, essendosi ammesso e dimostrato che con la

legge 11 gennaio 1951 n. 25 il legislatore ha riconosciuto

presuntivamente veri i redditi annualmente denunciati dal

contribuente, si è già dichiarato che l'attribuzione all'am

ministrazione del potere di iscrivere a ruolo le imposte corrisponde agli imponibili accertati dall'ufficio ma non

ancora divenuti definitivi, sarebbe stata assurda ed illo

gica, perchè in questo modo l'amministrazione avrebbe

potuto a suo libito ed in qualunque momento neutraliz

zare l'operatività della presunzione e compromettere defi

nitivamente quelle finalità che la riforma si proponeva di

raggiungere. La verità à che successivamente al 1951 i principi infor

matori della legge di riforma non sono stati mantenuti più fermi, e pertanto l'antico sistema in qualche punto ha

potuto riprendere il sopravvento. La disposizione, quindi, dell'art. 175 del decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645 è

conseguenza della erosione dei principi ispiratori della

riforma del 1951 e perciò essa è una disposizione del tutto

nuova, e come tale inidonea a suffragare la tesi dell'am

ministrazione appellata. Osservasi poi, da ultimo, che l'introduzione nel testo

unico di una norma del tutto nuova è perfettamente legit

tima, dato che con l'art. 63 si era demandato al Governo

anche il compito « di perfezionare le norme concernenti l'attività dell'amministrazione finanziaria ai fini dell'accer

tamento del reddito ».

Devesi, pertanto, dichiarare illegittima l'iscrizione a ruolo dei tributi innanzi indicati e per conseguenza spetta

all'appellante il rimborso della somma di lire 96.896.070,

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1053 GIURISPRUDENZA HOSTITUZIONAl E F CIVIl E 1054

che l'U.m.a. fin dall'atto introduttivo del giudizio 21

gennaio 1958 lia dichiarato di aver versato per la totalità in ottemperanza dell'obbligo del solve et repete. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI GENOVA.

Sentenza 29 gennaio 1964 ; Pres. Secco P., Est. Boselli ; Petrolifera Muntenia (Avv. Tarello, Paone) c. Child

(Avv. De Franchi) e altri.

Legge, regolamento e decreto — Legge straniera

<li nazionalizzazione — Contrasto eon l'ordine pub l>lieo — Nazionalizzazione come fatto esauritosi

all'estero — Inapplicabilità del limite dell'ordine

pubblico — Fattispecie (Disposizioni sulla legge in

generale, art. 31).

Legge, regolamento e decreto — Legge straniera

di nazionalizzazione di imprese con previsione «li indennità — Gontormità all'ordine pubblico

(Costituzione, art. 10, 42, 43 ; disposizioni sulla legge in generale, art. 31).

Il giudice italiano non deve esaminare la conformità all'or

dine pubblico della legge straniera di nazionalizzazione,

quando la nazionalizzazione costituisce un fatto già esau

ritosi all'estero, funzionante da mero presupposto del

diverso fatto giuridico di cui si intendono far valere gli

effetti in Italia (nella specie, in Italia si controverte

sulla successione di un ente di Stato ad un'impresa nazio

nalizzata, disposta con legge successiva a quella di na

zionalizzazione). (1) Non è contraria all'ordine pubblico internazionale italiano

la legge straniera nazionalizzatrice di determinate im

prese (nella specie, la legge romena di nazionalizzazione

delle im,prese industriali), se la legge stessa prevede un'in

dennità a favore dei titolari delle imprese espropriate. (2)

(1-2) Conformi Trib. Roma 13 settembre 1054, Foro it., 1955, I, 256, con osservazioni di A. Lener, e Trib. Venezia 11 marzo 1!)53, id., 1953, I, 719, con nota di richiami.

Conformi sostanziatone! .te, per la sola seconda massima, Cass. 19 febbraio 1960, n. 286, id., 1960, I, 985, con nota di

richiami, secondo cui « i provvedimenti di nazionalizzazione e di confisca disposti senza indennizzo in Stati stranieri, in quanto contrastanti con l'ordine pubblico italiano, non hanno effetto nel nostro ordinamento giuridico » ; e App. Milano 10 agosto 1956, id., Rep. 1958, voce Legge, n. 40, pubblicata in extenso in Foro pad., 1958, I, 896, con nota di Ruini, per cui « non pos sono trovare riconoscimento in Italia, come contrarie agli art. 42 e 43 Cost., norme che dispongono la nazionalizzazione senza

corrispettivo di imprese private straniere ». Secondo Cass. 24 aprile 1962, n. 818, Foro it., Rep. 1962,

voce cit., n. 29, «il concetto di ordine pubblico, al quale occorre riferire il precetto dell'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale, non va inteso in senso internazionale, astratto e univer

sale, ma trova il suo limite nell'ordinamento giuridico nazionale e mira ad assicurare, in ogni caso, il rispetto dei più elevati ed essenziali interessi del predetto ordinamento » ; conforme, Cass. 21 ottobre 1955, n. 3399, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 41-43, che aggiunge che i concetti di ordine pubblico e di buon costume hanno carattere di relatività storica, e che ai fini dell'art. 31 delle preleggi non è sufficiente un rapporto tra la norma straniera in senso astratto e l'ordine pubblico, ma occorre valutare il fatto giuridico che dalla norma stessa deriva e gli effetti di quel fatto che vorrebbero farsi valere in Italia.

Cass. 30 settembre 1955, n. 2728, id., 1956, I, 552, con nota adesiva di D. M. Bartolomei, Ancora sull'ordine pubblico nel diritto internazionale privato, afferma che « l'art. 31 delle

disp. prelim, contiene una duplice nozione dell'ordine pubblico, distinguendo le norme di ordine pubblico interno da quelle di ordine pubblico internazionale, le quali ultime soltanto preclu dono l'applicazione di contrarie leggi straniere » ; la distinzione è accettata dalla presente sentenza.

Nella rubrica Gli occhiali del giurista, in Rio. dir. civ., 1964, II, 90 segg., A. C. Jemolo si propone il problema di riesaminare sotto più aspetti il fondamento dell'orientamento giurispruden

La Corte, ecc. — (Omissis). Nel merito è importante precisare che i convenuti, senza contestare affatto la spet tanza alla Steaua romana della quota di riparto dell'attivo sociale corrispondente, secondo il bilancio finale di liquida zione della S.i.i.o., alle n. 7500 azioni di proprietà della

medesima, si limitano a contestare la legittimazione attiva, della Petrolifera Muntenia, vale a dire la qualità di suc cessore od avente causa della Steaua romana nella quale essa si è presentata a pretendere tale quota, per la ragione che detta qualità avrebbe titolo in una legge, quella romena di nazionalizzazione delle imprese industriali, che non

potrebbe ottenere riconoscimento ed applicazione in Italia

per la sua contrarietà ai principi dell'ordine pubblico di cui all'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale che sono premesse al nostro codice civile.

Il difetto di legittimazione ad causarti della Petroli fera Muntenia era stato rilevato, a dire il vero, anche sotto un altro profilo : quello della sopravvivenza della

Steaua romana alle disposizioni di unificazione delle varie

imprese statali e nazionalizzate nelle cosiddette centrali industriali ; ma la documentazione ultimamente prodotta dalla difesa della appellante (dalla quale risulta l'adempi mento delle condizioni a tale fine prescritte dalla legge romena) è sufficiente ad eliminare un tale dubbio.

D'altro canto, non è dato comprendere, e questo è

sufficiente a denotare la inconsistenza dell'esaminato profilo della eccezione, come mai, per il solo fatto della sopravvi venza (posto che fosse dimostrato), la Steaua romana

potrebbe continuare ad esercitare un diritto di cui, in

ipotesi, fosse stata validamente privata. Tornando perciò all'esame di detta eccezione secondo la

sua formulazione principale, fa d'uopo premettere che il

giudizio sulla stessa involge la soluzione di un duplice

quesito :

a) se, innanzitutto, sorga nella specie una questione di applicazione della legge straniera (quella romena di

nazionalizzazione) e venga perciò in considerazione il li

mite derivante dall'ordine pubblico ;

b) e se in effetti la legge in parola possa ritenersi

contraria all'ordine pubblico italiano.

Il primo di tali quesiti si pone in via preliminare in

quanto è principio largamente affermato della dottrina

internazionalistica, e pacifico nella nostra giurisprudenza

(cfr. Trib. Venezia 11 marzo 1953, Foro it., 1953, I, 719 ; Trib. Roma 13 settembre 1954, id., 1955, I, 256), che,

rispetto ai fatti giuridici che si sono esauriti all'estero, non sorge questione di applicazione della legge straniera

relativa ed è perciò inoperante il limite che deriva dall'or

dine pubblico della lex fori. Veramente, ben più che di un principio autonomo,

inteso a restringere, sia pure per casi eccezionali, il normale

àmbito di applicazione dell'ordine pubblico, si tratta qui di un corollario dello stesso sistema onde è congegnata la

inserzione nell'ordinamento giuridico interno della legge straniera individuata dalla norma di collegamento, ovvio

essendo che, se l'ordine pubblico deve funzionare da limite di questa inserzione, esso non possa entrare in azione se

non quando entri in azione la stessa norma di collegamento.

Comunque sia, ciò che interessa qui rilevare si è che, se vi è unanimità di consensi intorno a questo principio, non regna invece eguale concordia di opinioni intorno al

preciso significato in cui deve intendersi la nozione di

« fatto esaurito all'estero », dal momento che :

a) secondo l'insegnamento della dottrina italo-francese

di diritto internazionale (insegnamento cui risulta essersi

uniformato il Trib. Venezia, nella citata ordinanza dell'11

marzo 1953), sarebbe da considerare « fatto esaurito al

l'estero » quello in ordine al quale non si richiede già al

giudice di cooperare direttamente sulla base della legge straniera per la realizzazione dei suoi effetti giuridici nello

ziale secondo cui non possono avere efficacia in Italia leggi straniere di nazionalizzazione senza indennizzo, esprimendo dubbi sull'esattezza di questa tendenza, con cui viene posta sostanzial mente una limitazione alla sovranità straniera.

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