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sentenza 31 maggio 2000, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 giugno 2000, n. 24); Pres....

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sentenza 31 maggio 2000, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 giugno 2000, n. 24); Pres. Mirabelli, Est. Marini; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Padova 16 febbraio e 4 marzo 1998 (due), 16 e 22 marzo 1999 (G.U., 1 a s.s., nn. 11 e 43 del 1999) Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 9 (SETTEMBRE 2000), pp. 2427/2428-2429/2430 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197455 . Accessed: 28/06/2014 07:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 07:33:09 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 31 maggio 2000, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 giugno 2000, n. 24);Pres. Mirabelli, Est. Marini; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Padova 16 febbraio e 4marzo 1998 (due), 16 e 22 marzo 1999 (G.U., 1 a s.s., nn. 11 e 43 del 1999)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 9 (SETTEMBRE 2000), pp. 2427/2428-2429/2430Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197455 .

Accessed: 28/06/2014 07:33

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2427 PARTE PRIMA 2428

munque pronunciato (accogliendola o rigettandola) sull'istanza

ex art. 186 quater, poiché: a) il materiale probatorio preso in

esame per pronunciarsi su tale istanza è il medesimo che poi sarà preso in esame nella vera e propria sede decisoria; b) la

valutazione di detto materiale avviene in entrambi i casi nel ri

spetto rigoroso del principio dell'onere della prova di cui al

l'art. 2697 c.c.; c) la relativa ordinanza, sia pure nei ristretti

termini di cui all'art. 134 c.p.c., dev'essere motivata al pari di

una sentenza, con ciò imponendosi che venga ripercorso nella

sua integralità il medesimo «itinerario logico» già in precedenza

seguito e che vengano a reiterarsi valutazioni ricadenti presso ché sulla medesima res iudicanda; d) l'ordinanza ex art.

186 quater è idonea ad acquistare efficacia di sentenza, posse dendone il medesimo valore, giacché solo con sentenza può es

sere revocata (argomento, questo, svolto solo nell'ordinanza r.o.

n. 484 del 1999); che, in tutti i giudizi, è intervenuto il presidente del consiglio

dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello

Stato, che ha concluso per la declaratoria d'inammissibilità ov

vero di infondatezza delie sollevate questioni. Considerato che l'identità della norma sottoposta a scrutinio

di legittimità costituzionale, e la stretta connessione di profili denunciati con motivazioni sostanzialmente analoghe, impon

gono la riunione dei giudizi, che vanno pertanto congiuntamen te decisi;

che entrambi i rimettenti — a sostegno dei prospettati dubbi

d'illegittimità, riguardanti la dedotta menomazione del princi

pio di terzietà-imparzialità della giurisdizione, in ragione della

ritenuta negativa incidenza sulla serenità del giudice della così

detta «forza della prevenzione» — fanno richiamo alle osserva

zioni in tal senso svolte da questa corte nella sentenza n. 326

del 1997;

che, tuttavia, agli stessi è sfuggito che, contestualmente, è

stato ivi precisato come ben diversa, rispetto alla pluralità dei

gradi di giudizio — dove «è l'esigenza stessa di garanzia, che

sta alla base del concetto di revisio prioris istantiae, a postulare l'alterità del giudice dell'impugnazione, il quale si trova [. . .] a dover ripercorrere l'itinerario logico che è stato già seguito onde pervenire al provvedimento impugnato» —, «si presenta la situazione quando l'iter processuale semplicemente si articoli

attraverso più fasi sequenziali (necessarie od eventuali poco im

porta) nelle quali l'interesse posto a base della domanda — e

che regge il giudizio — impone l'appagamento di esigenze, a

quest'ultimo connesse, di carattere conservativo, anticipatorio,

istruttorio, ecc.»;

che, in relazione a ciò, dopo aver posto in evidenza la pecu liare operatività del principio dispositivo cui è informato il rito

civile — nell'ambito del quale la dialettica dei contrapposti in

teressi si esplica, durante tutto il processo, in relazione ad atti

vità e forme di tutela diverse, che rispondono alle varie esigenze

implicate dal diritto o dall'interesse concretamente azionato nel

giudizio stesso —, la corte ha allora concluso che anche nell'i

potesi di provvedimento cautelare (conseguente alla dialettica

dei contrapposti interessi, la quale di norma si svolge attraverso il contraddittorio tra le parti, su un piano di «parità delle ar

mi», in una continua funzione propulsiva che condiziona il per

seguimento e la stessa conclusione del giudizio: cfr. anche sen

tenza n. 341 del 1998, ibid., 2329) non sussiste l'esigenza d'or

dine costituzionale d'un obbligo di astensione del giudice, che

10 abbia pronunciato ante causarti, dal trattare e decidere la

successiva causa di merito; che a maggior ragione tali affermazioni valgono con riguardo

all'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c., cui il

legislatore ha attribuito un effetto anticipatorio della decisione

definitiva, da attuarsi in virtù di un meccanismo potenzialmente idoneo a concludere il processo di primo grado (v. anche sen tenza n. 385 del 1997, ibid., 328); e ciò a fini essenzialmente

deflattivi del contenzioso, ritenuti conseguibili grazie all'imme

diata realizzazione (totale o parziale) del petitum collegata alla

possibile rinuncia da parte dell'intimato ad una successiva pro nuncia di merito, ovvero all'altrettanto possibile estinzione del

giudizio; che allorquando, non verificatesi le condizioni auspicate dal

legislatore per addivenire a detta anticipata conclusione, il giu dizio prosegue sino alla pronuncia della sentenza, questa è per sua natura destinata a riassorbire in sé l'ordinanza relativamen

11 Foro Italiano — 2000.

te al già decisum, salva la possibilità di modificarne in tutto

o in parte le statuizioni; che quest'ultima evenienza, peraltro solo ipotetica, non sta

punto a significare che il giudice monocratico (e tantomeno il

collegio), nell'emanare la decisione finale, debba inevitabilmen

te ripercorrere l'identico itinerario logico-decisionale già seguito onde pervenire all'adozione dell'ordinanza stessa (come se il le

gislatore avesse inteso introdurre una doppia decisione in primo

grado), ma solo che è dato ad esso di prendere in considerazio

ne le ragioni ulteriormente svolte dalle parti, quantomeno, in

sede di comparse conclusionali, memorie di replica ed eventuale

discussione orale, sempre su un piano di parità delle armi e

nella perdurante operatività del principio dispositivo;

che, pertanto, qualunque sia il contenuto della sentenza il

meccanismo processuale in parola, lungi dal violare il diritto

dì difesa per eventuale incidenza della forza della prevenzione nel giudizio del decidente, offre alle parti una garanzia di mag

giore ponderazione del contenzioso in sede decisoria, salvaguar dando nel contempo l'esigenza di un pieno rendimento dell'atti

vità giurisdizionale, secondo il principio di concentrazione degli atti e di economia endoprocessuale (cfr. sentenza n. 363 del

1998, ibid., 3033) che esige appunto la continuità del medesimo

giudice nel condurre il processo fino alla decisione conclusiva;

che, di conseguenza, la questione è da dichiararsi manifesta

mente infondata.

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'ari. 51, 1° comma, n. 4, c.p.c., sollevate —

in riferimento all'art. 24 Cost. — dal Tribunale di Milano e — in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. — dal Tribunale di Fi

renze, con le ordinanze indicate in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 31 maggio 2000, n. 163

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 giugno 2000, n. 24); Pres. Mirabelu, Est. Marini; interv. Pres. cons, ministri.

Ord. Pret. Padova 16 febbraio e 4 marzo 1998 (due), 16 e

22 marzo 1999 (G.U., la s.s., nn. 11 e 43 del 1999).

Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti

pubblici — Sanzioni penali pecuniarie e spese di giustizia —

Riscossione coattiva — Affidamento al concessionario della

riscossione dei tributi — Questione infondata di costituziona

lità (Cost., art. 76; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di

razionalizzazione della finanza pubblica, art. 3; d.leg. 9 lu

glio 1997 n. 237, modifica della disciplina in materia di servi zi autonomi di cassa degli uffici finanziari, art. 7).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

7,1° comma, d.leg. 9 luglio 1997 n. 237, nella parte in cui

prevede che l'intera riscossione coattiva delle sanzioni penali

pecuniarie e delle spese di giustizia e non il solo materiale

pagamento delle stesse avvenga a mezzo del concessionario

della riscossione dei tributi, in relazione all'art. 3, comma

138, l. 23 dicembre 1996 n. 662, in riferimento all'art. 76

Cost. (1)

(1) Il giudice a quo denunciava un possibile eccesso di delega da par te del d.leg. 237/97, rilevando come le competenze dei concessionari del servizio di riscossione dei tributi avrebbero dovuto limitarsi a quelle di mera riscossione già attribuite all'ufficio del registro (non a caso, a suo avviso, conseguentemente soppresse) e non essere estese all'attivi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - I giudizi hanno ad oggetto questioni identiche

e vanno perciò riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - Il Pretore di Padova dubita — in riferimento all'art. 76

Cost. — della legittimità costituzionale dell'art. 7, 1° comma,

d.leg. 9 luglio 1997 n. 237 (modifica della disciplina in materia

di servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari). Ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata, «nella

parte in cui prevede che l'intera riscossione coattiva delle san

zioni penali pecuniarie e delle spese di giustizia e non il solo

materiale pagamento delle stesse avvenga a mezzo del conces

sionario della riscossione dei tributi», violerebbe il criterio di

rettivo fissato dall'art. 3, comma 138, 1. 23 dicembre 1996 n.

662 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e, con

seguentemente, l'art. 76 Cost.

3. - Preliminarmente va escluso che le innovazioni introdotte

nella materia in esame dai d.leg. 19 novembre 1998 n. 422 e

26 febbraio 1999 n. 46, debbano comportare, come invece ritie

ne l'avvocatura dello Stato, un riesame della rilevanza della que stione da parte del giudice a quo.

Quest'ultimo, infatti, ha già preso in considerazione, in due

ordinanze, il d.leg. n. 422 del 1998 ritenendolo privo di rilevan

za ai fini della risoluzione della questione di legittimità. E tanto

basta, attesa la sostanziale identità di tutte le ordinanze, per

rendere, nella specie, del tutto superflua una nuova valutazione

al riguardo. 11 d.leg. n. 46 del 1999, che ha previsto la riscossione median

te ruolo di tutte le entrate dello Stato e, dunque, anche di quel le oggetto dei giudizi a quibus, non potrebbe, poi, in alcun mo

do legittimare la restituzione degli atti al giudice a quo in quan

to, ai sensi dell'art. 36, 9° comma, del decreto, la relativa

disciplina non è applicabile alle procedure esecutive in corso,

le quali continuano ad essere regolate dalle disposizioni ante

riormente vigenti. Deve essere, anche, disattesa l'eccezione di inammissibilità della

questione sollevata dall'avvocatura generale dello Stato sotto

il profilo dell'assenza o dell'insufficienza della motivazione del

la sua rilevanza.

Il rimettente ha, infatti, sollevato la questione per l'asserita

necessità dell'accertamento della legittimazione processuale in

capo agli uffici procedenti. Motivazione di per sé non implausibile e che non può essere,

perciò, censurata in sede di controllo esterno sul giudizio di

rilevanza espresso dall'ordinanza di rimessione (sentenze n. 179

e n. 148 del 1999, Foro it., 1999, I, 1705 e 1715).

Mentre, contrariamente a quanto affermato dall'avvocatura,

del tutto esaustiva risulta la descrizione delle fattispecie oggetto

dei singoli procedimenti esecutivi e l'indicazione, pur se indiret

ta, delle date di inizio dei procedimenti stessi.

4. - Nel merito la questione non è fondata.

4.1. - La violazione dell'art. 76 Cost, viene denunciata dal

rimettente sotto il profilo dell'eccesso di delega per avere il de

creto impugnato accordato ai concessionari del servizio di ri

scossione dei tributi, in assenza di qualunque previsione della

tà esecutiva e di riscossione delle sanzioni penali e delle spese di giusti zia di competenza esclusiva dei cancellieri.

La Corte costituzionale esclude il vizio denunciato e, richiamandosi

a principi più volte espressi in tema di delega legislativa, rileva come

le scelte del legislatore delegato possono ritenersi pienamente conformi

alla ratio espressa dai criteri e principi direttivi fissati nella legge delega. In ordine al controllo di costituzionalità sui decreti legislativi in rap

porto alla legge delega, v. Malfatti, Riserva di legge e sindacabilità

del vizio di eccesso di delega, in Foro it., 1999, I, 3623.

Per l'affermazione secondo cui le vicende volte al recupero delle somme

iscritte al «campione» e cioè nel registro delle pene pecuniarie e delle

spese di giustizia costituiscono momenti di un procedimento a volte

di carattere amministrativo ed a volte di carattere giurisdizionale civile

e non penale, v. Cass. 15 giugno 1983, Giacummo, id., Rep. 1984,

voce Spese giudiziali penali, n. 31.

Sulla responsabilità del cancelliere preposto al servizio del campione

penale e l'eventuale obbligazione risarcitoria dello stesso nei confronti

dell'amministrazione, v. Corte conti, sez. giur. reg. Sicilia, 26 gennaio

1993, n. 10, id., Rep. 1993, voce Responsabilità contabile, n. 457; sez.

riun. 10 aprile 1992, n. 760, id., Rep. 1992, voce cit., n. 565; sez. I

10 ottobre 1990, n. 194, id., Rep. 1991, voce cit., n. 251; sez. II 23

gennaio 1990, n. 25, id., Rep. 1990, voce cit,, n. 574; 28 novembre

1987, n. 173, id., Rep. 1988, voce cit., n. 376.

11 Foro Italiano — 2000.

legge delega, la potestà per la riscossione coattiva delle pene

pecuniarie e delle spese di giustizia. In proposito, va anzitutto ribadita la costante giurisprudenza

di questa corte secondo cui la delega legislativa non elimina

ogni discrezionalità del legislatore delegato, i cui margini risul

tano più o meno ampi a seconda del grado di specificità dei

principi e criteri direttivi fissati dal legislatore delegante. E deve essere altresì evidenziata l'affermazione, egualmente

costante, di questa corte secondo cui per valutare di volta in

volta se il legislatore delegato abbia ecceduto tali — più o meno

ampi — margini di discrezionalità, occorre individuare la ratio

della delega, per verificare se la norma delegata sia ad essa ri

spondente.

Ora, non appare contestabile come la 1. n. 662 del 1996, in

conformità a quanto risulta dal testo sub a) dell'art. 3, comma

138, persegua lo scopo della «razionalizzazione del sistema di

riscossione delle imposte indirette e delle altre entrate». E ciò

del resto in perfetta rispondenza al titolo stesso della legge, espres

so, appunto, nei termini di «misure di razionalizzazione della

finanza pubblica». Su tale base, occorre allora verificare se la norma impugnata,

accordando ai concessionari del servizio di riscossione dei tribu

ti anche la potestà esecutiva per la riscossione delle pene pecu niarie e delle spese di giustizia, risponda all'esigenza di raziona

lizzazione del sistema di riscossione delle entrate complessiva mente considerato. E la risposta non può non essere affermativa,

attesa l'evidente necessità di unificare in un solo soggetto, e

precisamente nel concessionario, sia la funzione di «cassiere»

che la potestà di riscossione coattiva delle sanzioni pecuniarie e delle spese di giustizia.

Con conseguente cessazione, per tale ultimo aspetto, delle fun

zioni del cancelliere quale «agente delle finanze» di cui all'art.

205 della tariffa penale (approvata con r.d. 23 dicembre 1865

n. 2701). Può, quindi, dirsi che la scelta del legislatore delegato, essen

do diretta ad attuare un espresso criterio direttivo contenuto

nella legge di delega, non ha ecceduto i margini lasciati al legis latore delegato e non viola, dunque, l'art. 76 Cost.

L'eccesso di delega non potrebbe, neppure, fondarsi sulla cir

costanza, evocata dal rimettente, che la potestà esecutiva dei

concessionari del servizio di riscossione dei tributi richiederebbe

modificazioni particolarmente rilevanti della normativa vigente

e, dunque, tali da non poter essere ricomprese tra quelle, pura mente marginali, che il governo è autorizzato ad apportare in

base al criterio direttivo enunciato al punto b) dell'art. 3, com

ma 138, 1. n. 662 del 1996.

La lettura immotivatamente restrittiva che in tal modo si pro

pone del citato criterio direttivo non risulta, infatti, confortata

né dalla lettera né dalla ratio dello stesso che fa espresso ed

inequivoco riferimento a tutte quelle modifiche, marginali o me

no, rese necessarie dalle nuove funzioni attribuite ai concessio

nari che comprendono anche la potestà esecutiva in materia di

sanzioni pecuniarie e spese di giustizia.

Sicché, anche sotto tale aspetto, la questione va dichiarata

infondata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 7, 1° comma, d.leg. 9 luglio 1997 n. 237 (modifica

della disciplina in materia di servizi autonomi di cassa degli uf

fici finanziari), sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost., dal

Pretore di Padova con le ordinanze in epigrafe.

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