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sentenza 31 ottobre 1984; Giud. Benini; imp. Lo RussoSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 2 (FEBBRAIO 1985), pp. 93/94-95/96Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177744 .
Accessed: 28/06/2014 12:09
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GIURISPRUDENZA PENALE
non può rovesciarne il senso, attribuendogli un significato accusa
torio. Traendo le conclusioni in ordine al capo A) della rubrica,
anche il Cannizzaro deve essere assolto per insussistenza del
fatto, mancando del tutto la prova ch'egli abbia inserito un
interesse personale, suo o di terzi, nel procedimento amministrati
vo nel quale è intervenuto con un suo atto d'ufficio.
Egli va altresì assolto con analoga formula anche dal reato di
cui al capo B). Il Cannizzaro ha prodotto a dibattimento cer
tificazioni mediche e burocratiche che attestano che egli proprio in quel periodo era affetto da una nevrastenia ansiosa, per la
quale non vi era miglior cura che un viaggio che lo portasse lontano dall'usuale ambiente di lavoro; e, d'altra parte, a riprova della mancanza di un suo profìtto e di un danno della p.a., che
egli nel febbraio 1981 aveva ancora diritto a molti giorni di
« residuo ferie » tanto da non essere riuscito a consumarli nean
che in tutto l'arco dell'anno 1981. Anche di tale documentazione,
proveniente da organi pubblici, il tribunale non può che prendere atto.
PRETURA DI FIRENZE; PRETURA DI FIRENZE; sentenza 31 ottobre 1984; Giud. Be
nini; imp. Lo Russo.
Edilizia e urbanistica — Lavori di manutenzione straordinaria —
Difformità dall'autorizzazione del sindaco — Reato — Insussi
stenza (L. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei
suoli, art. 17; 1. 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia
residenziale, art. 31, 48; di. 23 gennaio 1982 n. 9, norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti, art. 7; 1. 25 marzo 1982 n. 94, conversione in legge, con modifica
zioni, del di. 23 gennaio 1982 n. 9, art. unico).
L'aver eseguito lavori che, pur difformi dall'autorizzazione sindaca
le, rientrano comunque nella nozione di manutenzione straor
dinaria non è attività penalmente sanzionabile, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. (1)
Fatto e diritto. — Lo Russo Euplio era citato a giudizio davanti a questo pretore siccome opponente a decreto penale di
condanna a lire 500.000 di ammenda per violazione dell'art. 17, lett. a), 1. 28 gennaio 1977 n. 10, in quanto autore di lavori
edilizi in difformità da autorizzazione edilizia per opere di
straordinaria manutenzione.
All'odierno dibattimento, revocatosi decreto penale sulla com
parizione dell'imputato, all'esito di istruttoria p.m. e difensore
concludevano come da verbale.
Ritiene il pretore che non emergano elementi di penale respon sabilità a carico dell'imputato. L'atteggiamento da cui sembra
essere animata da qualche tempo l'attività legislativa è di dare
sempre maggiore spazio agli interessi collettivi, alla salubrità del
l'ambiente e all'ordinato assetto del territorio e conseguentemente di tener ferma la rilevanza penale delle violazioni. È appena il
(1) Trattasi di questione nuova, nell'ambito della rilevanza penale delle opere in difformità dall'autorizzazione.
In giurisprudenza prevale la tesi, di cui questa sentenza costituisce applicazione, della non punibilità dei lavori compiuti in assenza di
autorizzazione, sia per le opere di manutenzione straordinaria, già dall'entrata in vigore della il. 5 agosto 1978 n. 457 (da ultimo, v. Pret. Bassano del Grappa 13 maggio 1983, Foro it., 1984, II, 340, con nota di richiami), sia per i lavori assoggettati al regime autorizzatorio del d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, convertito in 1. 25 marzo 1982 n. 94
(v. Pret. Pontassieve 11 novembre 1982, giud. Benini, e Pret. Gioia del Colle 27 aprile 1982, id., 1983, II, 336; in senso contrario v. Pret. Pietrasanta 3 giugno 1982, ibid.).
In dottrina, da ultimo, v. Onorato, Abusivismo edilizio e urbani stico: una politica sanzionatoria oscillante e sommersa, in Questione
giustizia, 1984, n. 3, 1; Caccin, La disciplina amministrativa e penale degli interventi edilizi sottoposti a mera autorizzazione del sindaco ad eseguirli, in Nuova rass., 1983, 1219; Benini, La rilevanza penale dei lavori edilizi dopo il decreto Nicolazzi, in Giur. it., 1983, IV, 359; Cerulli Irelli, Prime considerazioni sulle norme urbanistiche del decreto Nicolazzi convertito in legge, in Riv. giur. edilizia, 1982, II, 113. È da segnalare che in una diversa prospettiva si muove il
disegno di legge c.d. « sul condono edilizio », che contiene una
riformulazione dell'intera disciplina sanzionatoria in materia edilizia e
che fa espressa menzione, tra le fattispecie punibili ai sensi dell'art.
17, lett. a), di « inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità
esecutive previste dalla autorizzazione »: per alcune impressioni sulla
normativa in via di approvazione, v. Grosso, Abusi edilizi: il nodo
delle sanzioni penali, in Foro it., 1984, V, 299.
Il Foro Italiano — 1985.
caso di ricordare che l'ultima pietra miliare del nostro sistema
penale, la 1. 24 novembre 1981 n. 689, riserva alle violazioni
edilizie un posto di rilievo giacché le esclude dalla depenalizza zione (art. 34, lett. I) e dalle sanzioni sostitutive, d'ufficio o a
richiesta dell'imputato (art. 60, ult. comma, e 77): e ciò sulla
linea della tradizione legislativa che ha escluso dagli ultimi
provvedimenti di amnistia i reati urbanistici qualora abbiano
cagionato lesioni di un certo rilievo all'interesse pubblico tutelato.
Il chiaro intento del legislatore di sottrarre poi alcune fattispe cie alla necessità della concessione, creando la figura della auto
rizzazione ed ampliandone progressivamente il campo di applica
zione, ha aperto una breccia nel rigido carattere formale dei reati
previsti dall'art. 17 1. 28 gennaio 1977 n. 10; sottraendosi il c.d.
« abusivismo minore » dal rigore del trattamento sanzionatone
previsto per le illecite « trasformazioni » del territorio, si è
sollevato il giudice dal gravoso compito di rendersi interprete della coscienza sociale di fronte a interventi di minore rilevanza
(con denunce di incostituzionalità del sistema che punisce in
egual misura l'edilizia speculativa e le opere di insignificante rilevanza) e nello stesso tempo si è ricondotta la disciplina degli interventi edilizi e del regime applicabile nell'alveo naturale dello
statuto della proprietà e dell'incidenza della trasformazione nel
contesto territoriale. L'istituto dell'autorizzazione infatti, introdotto
in materia urbanistica dall'art. 48 1. 5 agosto 1978 n. 457, ed
esteso dall'art. 7 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 conv. in 1. 25 marzo 1982
n. 94, presuppone l'esistenza di un diritto e vale a rimuovere, in
relazione alla fattispecie concreta, il limite all'esercizio di una
facoltà: si configura come un giudizio in ordine a determinati
requisiti ed elementi dell'intervento edilizio progettato, che può formularsi solo su basi di conformità tecnica alla fattispecie
legislativa. La non punibilità delle opere edilizie in assenza di autorizza
zione si è subito fatta strada tra i giudici di merito dopo l'entrata in vigore della 1. 5 agosto 1978 n. 457 ed ha avuto l'avallo della
Suprema corte (Cass. 15 dicembre 1981, Vicini, Foro it., Rep.
1983, voce Edilizia e urbanistica, n. 431): interpretazione che va
condivisa in base al principio del divieto di analogia in materia
penale e va salutata come conforme ad un sistema sanzionatorio
ispirato a criteri di maggiore equità.
La tesi è da mantenere ferma pur dopo l'entrata in vigore del
d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 che ha ampliato la categoria delle opere
soggette ad autorizzazione, come la giurisprudenza di merito ha
subito affermato (Pret. Pontassieve 11 novembre 1982, id., 1983,
II, 336) ritenendo non punibili gli interventi di recupero abitativo
descritti dall'art. 7 d.l. n. 9/82, compiuti senza autorizzazione.
La fattispecie all'esame, ove in difformità dall'autorizzazione ad
opere di manutenzione straordinaria sono stati compiuti lavori
per i quali, considerati in modo autonomo, non è parimenti
configurabile obbligo di concessione, suggerisce di estendere l'ap
plicazione del principio di irrilevanza penale alle opere effettuate
in difformità dall'autorizzazione.
Analizzando la relazione dell'ufficio tecnico presso il comune di
Campi Bisenzio, si rileva la demolizione e ricostruzione di scala
esterna, che sbarca a quota più alta rispetto alla preesistente, e
ciò in conseguenza del fatto che il solaio tra il 1° e 2° piano è
stato rialzato (senza che tuttavia sia stato modificato il volume
della costruzione, come ha confermato il teste Lombardi, autore
del rapporto). Sono state inoltre modificate alcune aperture esi
stenti e ne sono state aggiunte delle nuove.
Trattasi di lavori agevolmente inquadrabili in interventi di
straordinaria manutenzione, posto che alla luce della definizione fornita dall'art. 31 1. 5 agosto 1978 n. 457, si è realizzata la
sostituzione di una parte (neppure strutturale) limitata dell'e
dificio (la scala), e si sono risistemati i volumi interni dell'immo
bile per una migliore efficienza e fruibilità dei locali (la demoli
zione e ricostruzione di muri interni senza autorizzazione non
costituisce reato anche secondo Cass. 16 novembre 1981, Corradi
ni, id., Rep. 1983, voce cit., n. 428). Quanto alla modifica di
aperture esistenti e realizzazione di nuove, non sembra, anche
dalla documentazione fotografica agli atti, che ne risulti mutata la
tipologia dell'edificio.
L'assenza di sanzione penale ex art. 17, lett. b), 1. 28 gennaio 1977 n. 10 per opere costruite senza autorizzazione conduce
parallelamente ad escludere la sanzionabilità dei lavori in diffor
mità dall'autorizzazzione, posto che l'art. 17, lett. a), punisce i
lavori in difformità da concessione. Non per questo deve ritenersi
che i lavori soggetti ad autorizzazione restino completamente sottratti a sanzione penale, poiché la difformità può comunque
integrare un contrasto con leggi, regolamenti, o strumenti urbani
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PARTE SECONDA
stici: il riferimento è però improponibile con la concessione,
poste le differenze formali e sostanziali tra i due provvedimenti e
l'impossibilità, in materia penale, di pervenire ad affermazioni di
responsabilità in via analogica. Nella fattispecie il contrasto è limitato al provvedimento di
autorizzazione rilasciato, e non riguarda disposizioni legislative,
regolamentari o di piano. Ciò induce a mandare assolto Lo Russo
Euplio perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato.
PRETURA DI NICOSIA; PRETURA DI NICOSIA; ordinanza 24 ottobre 1984; Giud.
Scarpinato; imp. Pirrone.
Corruzione di minorenni — Irrilevanza del consenso prestato dal
minore maturo — Questione non manifestamente infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen., art. 50, 530).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 530, 1" comma, c.p., nella parte in cui,
escludendo il potere del giudice di valutare se il soggetto
passivo del reato abbia una maturità etica e intellettuale tale
che il consenso dal medesimo prestato integri un consapevole e
responsabile atto di disposizione del diritto alla propria autode
terminazione sessuale, avente efficacia scriminante ai sensi del
l'art. 50 c.p., equipara il trattamento penale della fattispecie in
cui l'imputato abbia commesso il fatto con il consenso del
soggetto passivo validamente prestato e della differente fattispe cie in cui l'imputato abbia consumato il reato con consenso
invalido per l'immaturità del soggetto passivo, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Fatto. — In seguito ad una querela presentata in data 26 luglio 1982 da Forgione Filomena, genitrice esercente la potestà familia
re su Cammareri Pasqualina nata il 1° luglio 1967, e di un
rapporto dei carabinieri della stazione di Capizzi del 6 ottobre
1982, veniva instaurato procedimento penale nei confronti di
Pirrone Giuseppe, il quale, al termine della istruzione sommaria,
(1) I ritardi nel varo della nuova normativa in tema di reati
sessuali sollecitano la giurisprudenza pretorile ad insistere nella denuncia delle incongruenze della vigente disciplina, ormai in più punti decisamente superata. Una questione di costituzionalità analoga a quella qui sollevata è stata recentemente affrontata e respinta dalla
corte con specifico riferimento all'art. 519, 2° comma, c.p. che
considera violenza carnale presunta la congiunzione con un minore
infraquattordicenne, prescindendo del tutto dalla concreta considera
zione della personalità e della maturità psico-fisica del soggetto passivo: cfr. Corte cost. 6 luglio 1983, n. 209, Foro it., 1983, I, 2652, con nota di Fiandaca.
La scelta operata dal legislatore del '30 del periodo tra i quattordi ci e i sedici anni come fascia di età tipicamente protetta dall'art. 530
c.p. non può non apparire nel presente momento storico più che
discutibile, se si considera la maggiore precocità che caratterizza gli adolescenti di oggi anche nel campo della vita sessuale: in proposito v. Fiandaca, Corruzione di minorenni, voce dell 'Enciclopedia giuridi ca Treccani, Roma, 1984, 3 dell'estratto; in argomento si veda anche
Packer, I limiti della sanzione penale, trad, it., Milano, 1978, 319. Da
questo punto di vista, è significativo che in altri ordinamenti europei siano in atto previsti limiti inferiori di età: ad es. il par. 176 del
codice penale deila Repubblica federale tedesca incrimina le azioni
sessuali commesse in danno dei soli minori degli anni quattordici
(cfr. Fiandaca, cit.). Sul problema dei limiti di sindacabilità da parte della corte delle
prognosi di dannosità compiute in via presuntiva dal legislatore
penale cfr., di recente, Pulitanò, Obblighi costituzionali di tutela
penale?, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1983, 518; Fiandaca, Problematica
dell'osceno e tutela del buon costume, Padova, 1984, 140.
Comunque, in prospettiva di riforma, l'art. 530 c.p. è destinato
(salvo ripensamenti dell'ultima ora!) a scomparire. Il testo delle « nuove norme a tutela della libertà sessuale », approvato dalla
camera dei deputati il 18 ottobre 1984 e passato ora all'esame del
senato, mentre da un lato infatti sopprime la fattispecie di corruzione
di minorenni, dall'altro prevede una figura di « violenza sessuale
presunta » che incrimina il compimento di atti sessuali su un minore « infraquattordicenne », cosi abbassando la fascia dell'età protetta
rispetto a quella, oggetto di contestazione, cui fa oggi riferimento
l'art. 530 c.p. Per una valutazione politico-criminale delle linee
ispiratrici della riforma cfr. Bertolino, I reati contro la libertà
sessuale tra codice e riforma, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1983, 1464;
Virgilio, Riforme penali, processi e violenza sessuale, in Politica del
diritto, 1983, 486.
Il Foro Italiano — 1985.
veniva interrogato con mandato di comparizione e, quindi, tratto
in giudizio per i reati sopraspecifìcati. La minore Cammareri Pasqualina deponendo come teste, di
chiarava prima nel corso dell'istruttoria e ribadiva poi in dibatti
mento di avere prestato il proprio consapevole consenso alle
effusioni amorose e al rapporto sessuale, peraltro non interamente
consumato, con il Pirrone, giovane ventenne al quale si era
sentita affettivamente legata. Nelle more del processo la madre della ragazza rimetteva la
querela precedentemente sporta.
All'udienza dibattimentale del 24 ottobre 1984, questo pretore
emetteva, dandone pubblica lettura, la presente ordinanza, sol
levando d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art.
530, 1" comma, c.p. in relazione all'art. 3, 1° comma, Cost.
Diritto. — Nel reato di corruzione di minorenni e in particola re nell'ipotesi prevista dal 1" comma dell'art. 530 c.p., il consenso
al rapporto sessuale prestato al minore di età compresa tra i 14
e i 16 anni costituisce un presupposto del fatto che vale fi differenziare il reato in questione dai delitti p. e p. dagli art. 519 e 521 c.p.
Il consenso del soggetto passivo del reato, quindi, non può mai
assumere efficacia scriminante, in quanto i minori della fascia di
età predetta sono stati ritenuti dal legislatore, con praesumptio iuris de iure, privi della capacità etico-valutativa e della maturità
psicosessuale necessaria per esercitare un consapevole e responsa bile atto di disposizione della propria sfera sessuale.
In base a tale presunzione legale l'art. 530 c.p. preclude al
giudice il potere di valutare quale sia nella fattispecie concreta
l'effettivo grado di sviluppo della personalità del minore e di
accertare, quindi, se il consenso da questi prestato sia da ritenersi invalido per l'immaturità del medesimo, oppure se in ipotesi, avuto riguardo alle circostanze ambientali e a tutte le altre variabili del caso, a tale consenso possa attribuirsi efficacia scriminante ai sensi dell'art. 50 c.p., perché prestato da un minore (di età compresa tra i 14 e i 16 anni), che ha raggiunto un adeguato livello di maturità.
Ne consegue la parificazione del trattamento penale della fat
tispecie in cui l'imputato abbia agito con un consenso prestato da un minore immaturo e della diversa fattispecie in cui abbia agito con un consenso che può ritenersi validamente prestato. Ciò
posto, limitatamente ai minori infraquattordicenni, possibili sog getti passivi del reato di corruzione di minorenni nell'ipotesi prevista dal 2° comma, la scelta operata dal legislatore, nell'ambi to della discrezionalità riservatagli, di determinare rigidamente e
presuntivamente l'età in cui il minore deve essere senz'altro considerato immaturo, anziché demandare al giudice di procedere, caso per caso, all'accertamento della immaturità, ed il conseguen te trattamento penale uniforme di ipotesi sostanzialmente diverse
(di cui si è già detto), sono stati ritenuti dalla Corte costituziona le (con le sentenze n. 151/73, Foro it., 1973, I, 2955, e n. 209/83, id., 1983, I, 2651, che hanno dichiarato l'infondatezza, in riferi mento all'art. 3, 1° comma, Cost., della questione di legittimità costituzionale degli art. 519, n. 1, e 524 c.p. che stabiliscono una
presunzione assoluta di immaturità dei minori infraquattordicen ni) conformi al principio di ragionevolezza in quanto:
a) trovano rispondenza nell'art. 97 c.p. che stabilisce la non
imputabilità e quindi una presunzione assoluta di immaturità dei minori infraquattordicenni i quali si rendano autori di reati;
b) rispondono all'esigenza di evitare indagini sul grado di
maturità di incerta soluzione per l'assenza di parametri valutativi aventi carattere univoco, e di evitare, inoltre, che il minore
soggetto passivo del reato divenga terreno di scontro processuale, con pericolo di ulteriore turbamento della sua psiche;
c) rispondono, infine, al comune modo di sentire ed alile tendenze attuali dell'ordinamento giuridico, come dimostra il fatto
che nel testo unificato del disegno di legge contenente « nuove norme a tutela della libertà sessuale », approvato dalla commis
sione giustizia della camera dei deputati, è stata mantenuta la
presunzione assoluta di immaturità dei minori infraquattordicenni (v. art. 3 del disegno di legge).
Gli argomenti indicati sotto le lettere a, b, e c se appaiono idonei a comprovare la « ragionevolezza » della presunzione legale di immaturità dei minori infraquattordicenni e delle sue conse
guenze sul piano del trattamento penale, si rivelano invece assolutamente inadeguati a sostanziare la « ragionevolezza » della
presunzione legale di immaturità dei minori di età tra i 14 e i 16
anni, contenuta nell'art. 530, 1° comma, c.p.
Si consideri infatti quanto segue. In ordine all'argomento sub
a) mentre per i minori infraquattordicenni il legislatore, con
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