sentenza 4 febbraio 2003, n. 27 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 febbraio 2003, edizionestraordinaria); Pres. Chieppa, Est. Maddalena; Soc. Farmacia Corvetto e Soc. Farmacia Rovani ealtre (Avv. Sorrentino), Regione Lombardia (Avv. Caravita di Toritto), Associazione chimicafarmaceutica lombarda tra titolari di farmacia (Avv. Luciani), Ordine dei farmacisti delleprovince di Milano e Lodi (Avv. Nicoloso). Ord. ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 4 (APRILE 2003), pp. 1007/1008-1009/1010Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198244 .
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1007 PARTE PRIMA 1008
Restano invece fuori della portata del referendum altre cate
gorie di lavoratori del settore privato per le quali valgono disci
pline particolari (come i lavoratori domestici, i lavoratori ultra
sessantenni, i dirigenti, i lavoratori in prova). 3. - La richiesta di referendum è ammissibile.
3.1. - Le norme oggetto del quesito referendario sono estranee
alle materie in relazione alle quali l'art. 75, 2° comma, Cost,
preclude il ricorso all'istituto del referendum abrogativo. 3.2. - La domanda posta agli elettori con il quesito referenda
rio è inoltre omogenea. Essa concerne, nel suo nucleo centrale,
disposizioni e parti di disposizioni che, nell'ambito della disci
plina dei licenziamenti individuali e alla stregua dei criteri di
mensionali sopra indicati (par. 2.2.), definiscono l'ambito e i
limiti di operatività della tutela reale apprestata dall'art. 18 1. n.
300 del 1970 in favore del lavoratore illegittimamente licenzia
to.
Investendo contemporaneamente a) la norma che prevede la
garanzia obbligatoria avente originariamente portata generale (art. 8 1. n. 604 del 1966), b) la connessa previsione che succes
sivamente ha delineato i limiti numerici al di sotto dei quali si
applica la medesima garanzia (art. 2 1. n. 108 del 1990), nonché
c) la speculare determinazione dei limiti dimensionali al di so
pra dei quali si applica la tutela reale (art. 18, 1° comma, 1. n.
300 del 1970, nelle parti indicate), la domanda di abrogazione in
esame chiarisce la propria obiettiva ratio unitaria consistente, conformemente al titolo assegnato al referendum dall'ufficio
centrale, nell'estensione della garanzia della reintegrazione e
del risarcimento del danno contenuta nell'art. 18 dello statuto
dei lavoratori, in modo da comprendere in essa anche l'ambito
in cui oggi vale la tutela obbligatoria. La domanda referendaria coinvolge inoltre disposizioni
strettamente conseguenziali, dettate ai fini del computo dei di
pendenti e per l'applicazione di agevolazioni finanziarie e cre
ditizie indipendentemente dal limite numerico (2° e 3° comma
dell'art. 18 1. n. 300 del 1970), le quali perderebbero ogni ra
gion d'essere una volta espunto dal sistema il criterio dimensio
nale al quale esse fanno riferimento.
3.3. - Il quesito è omogeneo, pur concernendo altresì la dispo sizione (art. 4, 1° comma, 1. n. 108 del 1990) che esclude l'ap
plicabilità della garanzia di stabilità reale per i dipendenti da
datori di lavoro, non imprenditori, che esercitano un'attività «di
tendenza». L'esistenza di una matrice razionalmente unitaria è
comunque assicurata dall'obiettivo comune di estendere l'am
bito di operatività della garanzia reale in settori nei quali essa
attualmente non opera. 3.4. - Non incide poi sulla completezza del quesito
— e quin di sull'esigenza della sua non-contraddittorietà rispetto all'in
tento referendario — ma solo sull'estensione della sua portata
abrogatrice, rimessa evidentemente alla discrezionalità dei pro
ponenti, la circostanza che esso non concerna la posizione di al
cune categorie particolari di lavoratori come ad esempio quelle
previste dall'art. 4 1. n. 108 del 1990 o da normative speciali. 3.5. - La domanda referendaria si presenta, per quanto detto,
chiara e univoca nella sua struttura e nei suoi effetti. Essa pro
pone al corpo elettorale un'alternativa netta tra il mantenimento dell'attuale disciplina caratterizzata dalla coesistenza di due pa rallele forme di tutela, quella obbligatoria e quella reale, e l'e
stensione della seconda.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissi
bile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione, nelle
parti indicate in epigrafe: dell'art. 18, 1°, 2° e 3° comma, 1. 20
maggio 1970 n. 300 (norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei
luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nel testo risultante
dalle modifiche apportate dall'art. 1 1. 11 maggio 1990 n. 108
(disciplina dei licenziamenti individuali); degli art. 2, 1° com ma, e 4, 1° comma, secondo periodo, 1. n. 108 del 1990; dell'art.
8 I. 15 luglio 1966 n. 604 (norme sui licenziamenti individuali), nel testo sostituito dall'art. 2, 3° comma, 1. n. 108 del 1990; ri
chiesta dichiarata legittima, con ordinanza del 9 dicembre 2002, dall'ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte
di cassazione.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 febbraio 2003, n.
27 (Gazzetta ufficiale, l" serie speciale, 11 febbraio 2003, edizione straordinaria); Pres. Chieppa, Est. Maddalena; Soc.
Farmacia Corvetto e Soc. Farmacia Rovani e altre (Avv. Sor
rentino), Regione Lombardia (Avv. Caravita di Toritto), Associazione chimica farmaceutica lombarda tra titolari di
farmacia (Avv. Luciani), Ordine dei farmacisti delle province di Milano e Lodi (Avv. Nicoloso). Orci. Tar Lombardia 22
febbraio 2002 (due) (G.U., la s.s., n. 24 del 2002).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombar
dia — Farmacia — Disciplina in materia di orari, ferie e turni — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.
3, 32, 41, 97; 1. reg. Lombardia 3 aprile 2000 n. 21, riordino
della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio
delle farmacie della regione Lombardia e delega alle aziende
sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di
commercio all'ingrosso di medicinali ad uso umano, art. 3, 4,
5, 6, 7, 8).
E infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
3, 4, 5, 6, 7 e 8 I. reg. Lombardia 3 aprile 2000 n. 21, nella
parte in cui pongono alle farmacie obblighi e limitazioni in
materia di orari e riposi, ferie annuali e turni di servizio, in
riferimento agli art. 3, 32. 41 e 97 Cost. (1)
Diritto. — 1. - Le due ordinanze di rimessione hanno identico
contenuto e pertanto i due giudizi vanno riuniti per essere decisi
con un'unica sentenza.
2. - Vanno respinte, innanzitutto, le eccezioni di inammissi
bilità sollevate da alcune delle parti in causa.
2.1. - Quanto all'eccezione di carenza di motivazione in ordi
ne alla rilevanza della questione, è da ritenere che i richiami ai
presupposti di fatto ed all'oggetto della controversia, benché
sintetici, siano sufficienti tuttavia a dimostrare l'influenza di
retta che il presente giudizio di costituzionalità ha nel giudizio a
quo. 2.2. - Quanto poi all'eccezione di carenza di motivazione cir
ca la non manifesta infondatezza, poiché mancherebbero da un
lato la descrizione delle norme della legge regionale impugnata, e dall'altro la puntuale denuncia di ogni singola norma e la cor
relativa motivazione, è agevole replicare che le disposizioni della legge regionale non sono state affatto censurate in toto, ma
soltanto nella parte in cui stabiliscono obblighi di chiusura gior
(1) I. - La sentenza ripropone, in larga misura, lo schema argomenta tivo che aveva già condotto la Corte costituzionale a dichiarare infon
data, con riferimento fra l'altro all'art. 41 Cost., la questione di legitti mità costituzionale di disposizioni di legge regionale che imponevano alle farmacie precisi obblighi in materia di chiusura per ferie e riposi settimanali (cfr. Corte cost. 14 aprile 1988, n. 446, Foro it., 1990, 1, 2706, con nota di richiami). Nella specie, la corte, soffermandosi anche
sugli articoli della recente legge regionale lombarda che pone limita zioni agli orari di apertura e chiusura — oltre a quelli in materia di ri
posi annuali e turnazioni — delle farmacie, precisa che «la previsione legislativa (...) tende ad assicurare il diritto alla salute, il diritto degli esercenti le farmacie (condizionatamente al limite dell'utilità sociale) e l'efficienza del servizio pubblico farmaceutico, secondo scelte discre zionali del legislatore, prive di profili di irragionevolezza», risultando conforme, nel suo complesso, alle diverse disposizioni costituzionali di cui le parti assumevano la violazione.
II. - La pronunzia in rassegna evoca, neppure troppo alla lontana, il contenzioso giurisprudenziale sviluppatosi dinanzi alla Corte di giusti zia. in tema di divieto di commercio domenicale e (presunta) violazione del principio della libera concorrenza, ex art. 30 del trattato (divenuto art. 28 Ce), e risolto, mutatis mutandis, in termini indirettamente favo revoli alle istanze protettive del diritto «sociale». Infatti, i giudici co munitari, nell'escludere che normative nazionali che vietano l'apertura domenicale, ovvero sanciscono un esplicito divieto di lavoro domeni cale o festivo, pongano un'illegittima restrizione alla libera circolazio ne delle merci, hanno precisato che tali normative costituiscono invero
«espressione di determinate scelte politiche ed economiche, in quanto sono intese a garantire una ripartizione degli orari dì lavoro e di riposo rispondente alle peculiarità socio-culturali nazionali o regionali, la cui valutazione spetta agli Stati membri» (cfr., ex plurimis, Corte giust. 16 dicembre 1992, causa C-169/91, Council of the City of Stokeon-Trent, id., 1993, IV, 132; 24 novembre 1993, cause riunite C-267 e C-268/91, Keck, id.. 1994, IV, 329; v. anche l'ordinanza di rimessione di Pret. Roma-Castelnuovo di Porto 16 dicembre 1992, id., 1993, I, 1296, con nota di Borrelli).
Per ulteriori ragguagli in argomento, cfr. G. Ricci, La direttiva sul l'orario di lavoro dinanzi alla Corte di giustizia: molte conferme e una sola (superflua) smentita, id., 1997, IV, spec. 290 s.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
naliera, infrasettimanale, festiva e per ferie degli esercizi farma
ceutici.
2.3. - Quanto infine all'eccezione di manifesta infondatezza
per essere la questione già stata decisa da questa corte con sen
tenza n. 446 del 1988 (Foro it., 1990,1, 2706), appare dirimente
la considerazione che in quel caso si discuteva della legittimità costituzionale delle sole norme che stabiliscono la chiusura per ferie ed il riposo settimanale, in questo caso, invece, viene cen
surata anche la disposizione che stabilisce gli orari di apertura e
chiusura delle farmacie, aspetto, quest'ultimo, del tutto nuovo, sul quale la corte deve pronunciarsi per la prima volta.
3. - Nel merito, è da sottolineare che il giudice rimettente af
ferma che le limitazioni di orario, turni e ferie, per le farmacie,
previste dalla 1. reg. Lombardia 3 aprile 2000 n. 21 (riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio
delle farmacie della regione Lombardia e delega alle aziende
sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di
commercio all'ingrosso di medicinali ad uso umano), sono co
stituzionalmente illegittime, perché in contrasto con gli art. 3,
41, 32 e 97 Cost.
La questione non è fondata.
3.1. - In sostanza, le mutate condizioni di fatto e di diritto
consentirebbero oggi un cambiamento dei convincimenti fatti
propri, in proposito, dalla stessa Corte costituzionale (v. senten
za n. 446 del 1988, cit.), ed imporrebbero uno sganciamento della disciplina degli orari e dei turni delle farmacie da quella
riguardante la pianta organica ed il contingentamento delle far
macie stesse, con la conseguente liberalizzazione della prima
(permanendo la natura vincolistica della seconda) nell'interesse
non solo degli esercizi commerciali delle farmacie, ma anche
dell'efficienza del servizio ed in ultima analisi della migliore soddisfazione del diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost.
3.2. - Sennonché appare evidente che una simile operazione di rimodulazione del dettato legislativo fuoriesce dai compiti di
questa corte, la quale deve limitarsi ad uno scrutinio di legitti mità costituzionale delle norme in questione. Ed in proposito non si può non notare che il legislatore, seguendo criteri non ir
ragionevoli, ha in realtà dettato una disciplina organica ed unita
ria della materia.
Infatti, le finalità concrete che la legge vuol raggiungere con
il contingentamento delle farmacie (assicurare ai cittadini la
continuità territoriale e temporale del servizio ed agli esercenti
un determinato bacino d'utenza) vanno nello stesso senso di
quelle che si vogliono conseguire con la limitazione dei turni e
degli orari, in quanto, come è stato più volte osservato, l'ac
centuazione di una forma di concorrenza tra le farmacie basata
sul prolungamento degli orari di chiusura potrebbe contribuire
alla scomparsa degli esercizi minori e così alterare quella che
viene comunemente chiamata la rete capillare delle farmacie.
Esiste in altri termini, nella non irragionevole valutazione del
legislatore, un nesso tra il contingentamento delle farmacie e la
limitazione degli orari delle stesse, concorrendo entrambi gli strumenti alla migliore realizzazione del servizio pubblico con
siderato nel suo complesso. 3.3. - Si tratta di un profilo che è già stato posto nel dovuto ri
lievo da questa corte, la quale, con la citata sentenza n. 446 del
1988, ha avuto modo di chiarire che «il quadro normativo ribadi
sce l'intento di realizzare ... l'ottimale funzionamento del servi
zio nel suo complesso», mentre «la ratio della legge ed il princi
pio che ne va ricavato sono quelli della continuità dell'assistenza
farmaceutica prestata, in un adeguato ambito territoriale, dal ser
vizio nel suo insieme e non già dalla singola farmacia».
3.4. - La previsione legislativa di orari e di turni non contrasta
dunque con gli art. 32, 41 e 97 Cost., in quanto, inserendosi nel
predetto quadro normativo, tende ad assicurare il diritto alla
salute, il diritto degli esercenti le farmacie (condizionatamente al limite dell'utilità sociale) e l'efficienza del servizio pubblico farmaceutico, secondo scelte discrezionali del legislatore, prive di profili di irragionevolezza e, quindi, conformi anche all'art. 3
Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara non fondata la questione di legittimità costituzionale de
gli art. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 1. reg. Lombardia 3 aprile 2000 n. 21 (ri ordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di ser
vizio delle farmacie della regione Lombardia e delega alle
aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in ma
teria di commercio all'ingrosso di medicinali ad uso umano),
sollevata, in relazione agli art. 3, 41, 32 e 97 Cost., dal Tar
Lombardia, con le ordinanze in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2003.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 15 gennaio 2003, n. 3 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 gennaio 2003, n. 3); Pres. Chieppa, Est. Onida; Tribunale di Milano c. Camera dei
deputati. Conflitto di attribuzione.
Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —
Parlamentare — Immunità per voti dati e opinioni espres se — Delibera della camera già annullata dalla Corte co
stituzionale — Inammissibilità (Cost., art. 68; 1. 11 marzo
1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento
della Corte costituzionale, art. 37).
E inammissibile, a seguito dell'avvenuto annullamento da parte della Corte costituzionale della delibera impugnata, il ricorso
per conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Milano
nei confronti della deliberazione 23 novembre 1999 con cui la
camera dei deputati ha ritenuto che i fatti oggetto del proce dimento penale instaurato davanti allo stesso tribunale nei
confronti, tra gli altri, dell'on. Tiziana Maiolo, concernono
opinioni espresse dalla parlamentare nell'esercizio delle sue
funzioni, ai sensi dell'art. 68, 1° comma. Cost. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 novembre 2002, n.
449 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 20 novembre 2002, n. 46); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Corte d'appello di
Roma c. Camera dei deputati (Avv. Nania). Conflitto di attri
buzione.
Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e
opinioni espresse — Conflitto tra poteri — Delibera della
camera già annullata dalla Corte costituzionale — Cessata
materia del contendere (Cost., art. 68).
Deve essere dichiarata cessata la materia del contendere, a se
guito dell'avvenuto annullamento da parte della Corte costi
tuzionale della delibera impugnata, in relazione al giudizio
per conflitto di attribuzione proposto dalla Corte d'appello di
Roma nei confronti della deliberazione 17 novembre 1999
con cui la camera dei deputati ha ritenuto coperti dall 'immu
nità di cui all'art. 68, 1° comma, Cost, i fatti per i quali è in
corso un procedimento civile per risarcimento dei danni pro
posto dal dott. Lorenzo Matassa nei confronti dell'on. Vitto
rio Sgarbi. (2)
(1-2) In entrambe le ipotesi, cui si riferiscono le decisioni in epìgra fe, la Corte costituzionale non entra nel merito dei conflitti che vedeva no contrapposte l'autorità giudiziaria e la camera dei deputati in ordine
all'applicabilità dell'immunità per opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, di cui all'art. 68, 1° comma, Cost. Ciò in considerazione di una ragione che ricorre in questi casi per la prima volta nella lunga serie di decisioni con cui la corte è stata chiamata a ri solvere analoghi conflitti, vale a dire il fatto che la deliberazione della camera impugnata, nel periodo intercorrente tra la proposizione del ri corso e la decisione dello stesso, sia stata annullata dalla corte, in acco
glimento di altro ricorso relativo ovviamente alla stessa deliberazione. Il dispositivo adottato dalla corte è correttamente diverso nei due casi
(inammissibilità e cessata materia del contendere), in quanto mentre la
pronuncia 3/03 è presa in sede di ammissibilità del conflitto di attribu
zione, la 449/02 risolve nel merito il conflitto, già dichiarato ammissi bile da Corte cost., ord. 14 giugno 2001, n. 197, G.U., la s.s., n. 24 del
2001, e ord. 26 febbraio 2002, n. 37, id., n. 10 del 2002. In particolare, nel caso risolto con l'ord. 3/03, la deliberazione della
camera era stata annullata, a seguito di un distinto conflitto sollevato da altro giudice nel corso di altro giudizio penale, instaurato in relazione
alle medesime dichiarazioni rese dal medesimo deputato, da Corte cost. 26 giugno 2002, n. 294, Foro it., 2002, I, 3266, con nota di richiami e
osservazioni di Romboli, mentre nel caso di cui alla sent. 449/02 l'an nullamento era stato dichiarato da Corte cost. 12 novembre 2002, n.
448, in questo fascicolo, I, 1294, con nota di richiami, la quale si era
pronunciata sul ricorso proposto da altro giudice chiamato a decidere, in sede penale, sulla stessa vicenda.
Da rilevare come la Corte costituzionale, nella sent. 449/02, su solle citazione dell'autorità giudiziaria rimettente che la invitava a mutare la
propria giurisprudenza, ha invece ribadito espressamente quanto affer
mato con la sent. 29 dicembre 1988, n. 1150 (id., 1989.1, 326, con nota di richiami) circa la spettanza alla camera del potere di decidere se de
terminati fatti siano o meno da ritenere coperti dall'immunità parla mentare, salvo il potere del giudice di sollevare conflitto. L'autorità
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