Sentenza 4 giugno 1962; Pres. Epifani P., Est. Massarelli; Banco di Napoli (Avv. Bernardini,Albisinni) c. Franco (Avv. Picaro) e Fumarola (Avv. Fumarola)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 9 (1962), pp. 1775/1776-1779/1780Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150921 .
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1775 PARTE PRIMA 1776
£ una facoltä non solo limitata dalla volonta della
legge (intangibility della quota di riserva), ma anche, e
necessariamente, dalla sua coesistenza con le altre clausole
e gli altri patti della donazione, dalla sua accessorietä
all'attribuzione principale e dalla volonta del donante ehe
questa ultima puõ porre, nei limiti di leggi, pesi ed oneri.
Ne consegue che la dispensa, come segue la sorte del
l'attribuzione principale, cosi e soggetta, al principio fonda
mentale di questa relativo alla irrevocability degli atti di
liberalita, eccetto clie nei easi previsti dalla legge. Come la donazione pura e semplice, al pari e piu degli
altri oontratti, dato il contenuto di gratuita attribuzione
patrimoniale, puõ esser fatta venir meno solo attraverso
il mutuo dissenso, cosi la donazione con dispensa puõ essere, ed a maggior ragione, data la maggior forza dell'attribu
zione patrimoniale, revocata, quando e fatta per atto tra
vivi (se la dispensa awiene per testamento si seguiranno le norme sulla rinunciabilitä delle disposizioni testamen
tarie) solo per mutuo dissenso: si intende oltre i casi di revoca
delle donazioni previa te dalla legge, che anzi l'applica bility indubbia alia donazione con dispensa delle cause
legali di revocabilita conferma la indissolubile accessorieta
della dispensa alia attribuzione principale. Perciõ, mentre, certamente, il coerede donatario con
dispensa, convenuto dagli altri coeredi perehõ conferisca
i beni donati, puõ non awalersi della dispensa ed aderire
alia domanda, in quanto qui si ha un vero e proprio accordo tra le parti, per l'opposto il donatario non puõ uni
lateralmente rinunciare alia dispensa: ciõ importerebbe far venir meno unilateralmente e contro i principi dell'isti
tuto giuridico, una modality inscindibile di tutta la attri
buzione patrimoniale, nei suo complesso e quindi con quella modalita voluta dal donante e accettata dal donatario ;
importerebbe infirmare unilateralmente tutta la complessa attribuzione patrimoniale voluta ed accettata.
Nõ puõ dirsi con la sentenza impugnata che i coeredi
non avrebbero niun interesse ad opporsi alia rinuncia alia
dispensa, essendo questa ultima stabilita nell'unico ed esclu
sivo interesse del donatario.
£ facile rispondere che in tutti gli atti di liberalita, anche in quelli disposti nell'esclusivo interesse del dona
tario (il che e normale), e richiesto dalla legge il consenso, l'accettazione del donatario medesimo per la efficacia ed
il perfezionamento della liberalita; come & richiesto il
consenso del donante per far venir meno quegli effetti
(mutuo dissenso). E non si vedrebbe perche tale disciplina
legislativa non si dovrebbe applicare alia donazione con
dispensa, anche essa complessa attribuzione patrimoniale a fini di liberality. D'altronde, a parte l'interesse generale di tutti i coeredi a vedere rispettate le volonta del de cuius, vi puõ essere un interesse particolare dato dalla peculiarity della specie e dal eollegamento della dispensa con le altre
clausole e patti della donazione. II che awiene nei caso at
tuale, sulla base degli accertamenti di fatto compiuti dai
Giudici del merito.
Si e ripetuto che questi hanno accertato che il donante,
poi morto ab intestato, non solo ha dispensato le donatarie
dalla collazione, ma le ha anche obbligate ad imputare il
donato ad integrazione della riserva e per l'eccedenza della
disponibile : hanno aceertato in fatto quale sia stata la
volontä, del donante, accettata, e eioe che egli in tanto ha
voluto donare e dispensare dalla collazione in quanto ha
voluto l'imputazione del donato sulle quote ereditarie delle
donatarie. Si e pure chiarita la compatibility giuridica della
dispensa con l'imputazione e si e chiarito il significato
giuridico dell'attribuzione con le clausole della dispensa e della imputazione ; attribuzione complessa ed unica con
un onere ed un beneficio che coesistono.
Si e infine detto che la dispensa õ una facolta limitata, oltre che dalla legge, dalla esistenza della donazione e dalle
clausole ad essa apposte dalla volonta del donante. Onde
non puõ che concludersi come sia giuridieamente inconcepi bile la unilaterale rinuncia alia dispensa che travolgerebbe tutta l'attribuzione complessa patrimoniale, come accer
tato in fatto essere stata voluta dal donante e pienamente accettata dalle donatarie.
Il secondo motivo del ricorso deve essere accolto ed il
giudice di rinvio dovra tener presente il principio di diritto
della irrinunciabilita unilaterale alla dispensa della colla
zione e di esso dovra fare applicazione alla specie, in consi
derazione della accertata volontä del donante accettata
dalle donatarie e del significato giuridico da darsi a quella volontä, ed alle clausole ehe la consacrano. Tutto ciõ dovra
tener presente nelPordinare la divisione e nello stabilire la
sorte del donatum e la sua integrabilitä eventuale con il
relictum. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE D'APPELLO DI LECCE.
Sentenza 4 giugno 1962; Pres. Epifani P., Est. Massa
relli ; Banco di Napoli (Aw. Bernardini, Albisinni) c. Franco (Avv. Picaro) e Fumarola (Aw. Fumarola).
Credito agrario — Pre.stiti di csercizio — Estensionc
del privilegio legale all'annata suceessiva a quclla di scadenza — Limiti (R. d. 1. 29 luglio 1927 n. 1509, conv. con 1. 5 luglio 1928 n. 1760 e modif. con r. d. 1.
29 luglio 1928 n. 2085, ordinamento del credito agrario, art. 2, n. 1, 5, 8 ; cod. civ. art. 2766).
II privilegio legale per il prestito d'esercizio ha carattere reale
nei limiti dell'annata agraria di •scadenza del prestito
stesso, e grava anclie sui frutti raceolti nell'annata sue
eessiva sol se altri non subentri al mutuatario nella con
duzione del fondo. (1)
La Corte, ecc. — II Banco di Napoli chiede rigettarsi
i'opposizione al pignoramento eseguito il 23 luglio 1959
sui frutti ricavati dalla masseria « Crimini», condotta dal
Franco, convinto com'e clie il privilegio di credito agrario si estenderebbe sino all'anno successivo alia scadenza del
prestito, ancorche in quest'ultimo anno subentri altro con
duttore diverso da quello cui il prestito fu concesso per l'annata precedente.
La doglianza ripropone un problema d'interpretazione
legislativa giä variarnente risolto in dottrina e giurispru denza.
II Banco di Napoli, seguendo la corrente ad esso favo
revole, avvisa che il privilegio di credito agrario lia, come
limite temporale, il termine di un anno « dalla » scadenza
del prestito, salvo il maggior termine in caso d'insuffi
ciente raccolto, ed e per questo che deduce la legittimitä, del pignoramento, in quanto abilitato ad esercitare il pri
vilegio sui frutti di quella tenuta fino al 31 luglio 1959,
malgrado le cambiali di credito agrario fossero scadute il
31 luglio dell'anno precedente, quando, per fine contratto, l'affittuario mutuatario dovette rilasciare il fondo.
I primi Griudici si sono attenuti all'interpretazione let
terale e logica della legge, pervenendo alia soluzione di li
mitare I'efficacia del privilegio alla annata agraria in cui
il prestito si riferisce.
II Collegio, dopo meditato esame delle norme appli cabili al caso concreto, condivide l'opinione dei primi Griu
dici perclie risponde all'esatta volontä della legge, che mira
(1) Nel senso conforms alia sentenza riportata, che per anno, ncl quale I'efficacia del privilegio prescinde dalla conservazione, da parte del mutuatario, d.-lla disponibilitä del fondo, sia da intendere l'annata agraria della scadenza del prestito, cons. Trib. Bari 2 marzo 1960, Foro it., Rep. I960, voce Credito agrario n. 10 ; in dottrina Andrioli, Privilegi, n. 2, sub art. 2766, in Commentario a cura di A. Scialoja o G. Branca ; Germani, in Riv. dir. agr., 1935, I, 8.
Ritengono, invece, che per annata agraria, nella quale la efficacia del privilegio prescinde dalla conservazione, da parte del mutuatario, della di-ponihilit;i del fondo, debba intendersi l'anno solare decorronte dalla data di scadenza del prestito. Trib. Slracusa 3 agosto 1960, Foro it., Rep. 1961, voce cit., n. 16 ; Trib. Milano 5 ottobre 1959, id., Rep. 1960, voce cit., n. 12 ; Cass. 13 gennaio 1936, id., 1936,1, 125, con nota di richiami.
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1777 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1778
soprattutto ad agevolare i coltivatori della terra, e, quindi, ad assicurare le ragioni degli istituti esercenti il credito
agrario.
AU'uopo si rende utile, per la migliore e piu persuasiva interpretazione del r. decreto legge 29 luglio 1927 n. 1509, relative all'ordinamento del credito agrario, riportare le norme controverse nel suo preciso testo come risultano
dalle modificazioni apportate in sede di conversione in
legge (5 luglio 1928 n. 1760) e successivamente (r. decreto
legge 29 luglio 1928 n. 2085). Fra le operazioni di credito agrario di esercizio, l'art. 2,
n. 1, prevede «i prestiti per la conduzione delle aziende
agrarie » eioe quelli clie qui interessano, per i quali la sca
denza coincide « all'epoca del raccolto » (art. 5, 1° comma). L'art. 8 (fondamentale per la questione oggetto d'in
dagine) e cosi formulato :
«I preätiti per gli scopi di cui all'art. 2, n. 1, sono pri
vilegiati sõpra i frutti pendenti e quelli raccolti nell'anno
della scadenza del prestito e sopra le derrate che si tro
vano neile abitazioni e fabbriche annesse ai fondi rustici
e provenienti dai medesimi.
«II detto privilegio compote all'istituto mutuante in
confronto di cliiunque possegga, coltivi o conduca il fondo
entro l'anno in cui scade il prestito o la singola rata di
esso.
«In caso di mancato o insufficiente raccolto il privilegio si trasferisce sui frutti dell'annata successiva purch& il
debitore continui nella conduzione del fondo».
L'art. 9 autorizza la costituzione di un privilegio spe ciale o convenzionale (qui non ricorrente), che in nessun
caso puõ eccedere 1'epoca nella quale il debitore cessa dalla
conduzione del fondo.
II prestito di conduzione ha, quindi, per oggetto capi tali da impiegare nel ciclo produttivo per poi riapparire sotto forma di frutti conseguiti dallo sfruttamento del
terreno e delle colture ad opera di colui che lo coltivi ef
fettivamente per un legittimo titolo o contratto.
II privilegio legale compete all'istituto mutuante sui
frutti e derrate in confronto di « chiunque possegga, coltivi
o conduca il fondo » ed ha pertanto natura reale e mobi
liare in considerazione dell'incremento economico appor tato al fondo da quel denaro, il cui impiego concorre nella
produzione agricola, la quale, a sua volta, serve a garantire il creditore.
Ma la possibilitä dell'estensione del privilegio rispetto a coloro che, diversi dal debitore, si trovino nel godimento del fondo (possessore, coltivatore, conduttore) viene espres samente limitata all'anno « entro il quale scade il prestito ».
Se, pertanto, la realita del privilegio si giustifica per il fatto'che il possessore del fondo, diverso dal mutuatario, in tanto risponde delle somme erogategli con i frutti ot
tenuti, in quanto si presume ch'egli si avvantaggi delle col
ture con 1'impiego di quei capitali, e conseguenziale inferire
la stretta correlazione tra il vantaggio dal fondo conseguitone ed il diritto del mutuante di avvalersi del privilegio sui
frutti oltreche pendenti anche «raccolti nell'anno della
scadenza » del prestito agrario. Nei primi anni di applicazione della legge la giurispru
denza ravviso per anno « di scadenza » quello solare compreso fra il giorno della scadenza del prestito ed il giorno corri
spondente dell'anno successivo, argomentandosi che altri
menti spesso il privilegio resterebbe senza effetto per il
venir meno della possibilitä di recuperarlo quando sea
desse negli ultimi giorni dell'anno agrario o civile.
Per accedere a tale interpretazione si disse che la locu
zione «nell'anno della scadenza» dovesse intendersi per l'anno « dalla » scadenza.
II Collegio non ritiene discostarsi dal senso letterale del
l'espressione legislativa sol perche un ipotizzabile inconve
niente possa annullare in concreto la realizzazione del pri
vilegio. Anzitutto l'inconveniente ben puõ evitarsi con op
portuna diligenza dell'istituto mutuante nel seguire il
raccolto dei frutti. Ad ogni modo, non e l'inconveniente
che possa incidere sulla interpretazione della legge, la quale resta quella che 6 sino a quando e in vigore.
Ma quel che qui piu conta e che il prestito deve avere
la scadenza all'epoca del racoolto e in quell'anno di raccolto
trova il suo naturale e logico limite di tempo l'esercizio
del privilegio, giacchfe le chiare proposizioni del 1° comma
dell'art. 5 e del 1° comma dell'art. 8 confluiscono nell'uniyoco
intento legislativo di consentire all'istante mutuante di
rec.uperare le somme erogate in coincidenza con il raccolto
favorito dall'impiego di quei capitali. E tale concetto il legislatore ribadisce ancor piu inci
sivamente nel 2° comma del ripetuto art. 8, laddove estende
il privilegio in confronto di chiunque possegga, coltivi e
conduca il fondo «entro l'anno » in cui scade il prestito o la singola rata, e, nella ipotesi di mancato o insufficiente
raccolto, anche sui frutti «dell'annata successiva ».
E poiclie le prime interpretazioni giurisprudenziali e
dottrinarie erano oscillanti e tradivano il pensiero del le
gislatore, questi, con interpretazione autentica, aggiunse le parole «purcho il debitore continui nella conduzione
del fondo » (art. un., lett. b, r. decreto legge 29 luglio 1928
n. 2085). Se ne ricava con estrema chiarezza clie «l'epoca del
raccolto » coincide con la fine dell'annata agraria e clie il
privilegio legale incide sui frutti di quell'annata, limitata
mente alia quale riveste il carattere della reality, e, in via
di eccezione, puõ estendersi all'annata successiva, sempreche il conduttore sia il mutuatario.
Non b affatto arbitrario ritenere per « annata agraria »
l'espressione lessicale «annata» dell'ultima parte del 2°
comma dell'art. 8 dopo l'uso nello stesso articolo della
parola «anno», ricorrendo, come fal'appellante, agli art. 2749
e 2885 cod. civ. ove « b usato indifferentemente il termine
anno e annata ».
II legislatore usa la parola « anno » quando si riferisce
alia scadenza del prestito, mentre quando considera la
produzione dei frutti adopera piu tecnicamente la parola « annata », naturalmente nel senso di annata agraria perclie la legge in esame si occupa soltanto di codesta specifica materia.
Le parole « anno » e « annata », usate rispettivamente
dagli art. 2749 e 2885 cod. civ. per indicare le limitazioni
temporali del privilegio in genere e della garanzia ipotecaria
sugli interessi del capitale dovuto, sono equivalenti al ter
mine generico di « annualitä ». D'altra parte, non sembra
che il richiamo di norme di diritto comune possa giovare la tesi dell'appellante, posto che non e superabile il riferi
mento della legge speciale all'annata agraria, coincidendo, si b detto, con l'epoca del raccolto la scadenza del prestito
agrario, proprio perclie allora se ne realizza l'utilizzazione.
Sarebbe in contrasto con lo spirito della legge voler
estendere il privilegio ad un'annata agraria successiva a
quella di scadenza del prestito verso un agricoltore diverso
da quello che ne lia beneficiato per la conduzione del fondo
giä esaurita nell'annata precedente, poichö non si contesta
che lo scopo della sovvenzione b di agevolare l'agricoltura e di offrire adeguati mezzi di specie ai picc-oli coltivatori.
Ove mai si dovesse accedere alia tesi dell'appellante, ne verrebbe sovvertita la finalitä legislativa per il fatto che
il nuovo coltivatore, ignaro o no di urrrapporto di credito
agrario a lui estraneo e giä. scaduto, aiiziclio sentirsi aiutato
nolle spese di produzione, finirebbe per vedersi portar via
il frutto del proprio lavoro e dei propri capitali per un de
bito altrui dal quale non trarrebbe utile alcuno.
Argomentando diversamente si perverrebbe non giä a favorire ma a danneggiare l'economia agricola per una
male intesa tutela dell'istituto mutuante portatä alle estreme
conseguenze non volute, prima ancora che dallo spirito, dalla lettera della legge.
A riprova di quanto il Collegio afferma, puõ soccorrere
altresi il richiamo dell'ultima parte del 4° comma dell'art. 9
della legge sul credito agrario, laddove per il privilegio spe ciale e detto che «in nessun caso la durata puõ eccedere
l'epoca nella quale il debitore cessa dalla conduzione del
fondo ».
Non si vede perche lo stesso principio non debba infor
mare il privilegio legale come disciplinato dal precedente art. 8.
N6 gioverebbe il richiamo alio schedario degli istituti
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1779 PARTE PRIMA 1780
di credito agrario, previsto dall'art. 37 del regolamento ministeriale 23 gennaio 1928 e successive modificazioni.
Le iscrizioni, peraltro non sempre complete, se offrono
una certa relativa pubblicitä, delle operazioni di credito,
non sono tuttavia opponibili indiscriminatamente ai terzo
estraneo, avuto riguardo alio scopo intimo e pratico di
quelle registrazioni volte a rendere nota 1'esistenza dei cre
diti sui fondi e relativi privilegi a favore degli istituti fi
nanziatori, pereks i coltivatori della terra si rendano conto
della responsabilitä, loro incombente ove subentrino ai
mutuatario nel corso del ciclo produttivo o dell'annata
agraria per i quali fu concesso il prestito. Ma giammai possono influenzare un nuovo rapporto
contrattuale per cicli produttivi diversi da quell i ora ac
cennati.
Opportunamente i primi Giudici rilevano le ulteriori
garanzie offerte agli istituti di credito agrario mediante il
diritto di seguito (art. 13 del citato regolamento), per la
durata di sessanta giorni dalla asportazione, sui frutti dei
fondo, per il quale fu concesso il prestito, e mediante ri
corso alio speciale sequestro a carattere esecutivo «ordi
nate » dal pretore competente per territorio (art. 11 legge credito agrario).
Le difficoltä, pratiche di avvalersi di tali mezzi non auto
rizzano a prorogare l'efficacia del privilegio per un periodo di tempo superiore a quello voluto dalla legge. Non si con
testa ebe il Banco di Napoli sia adusato ad evitare atti
legali ebe gravino 1'impresa agraria di spese giudiziali, ma il Consiglio deve applicare la legge nel suo senso lette
rale e logico in conformity all'art. 12 delle disposizioni pre liminari. Non vi b, quindi, alcuna ragione etico-giuridica di perseguire i frutti prodotti dal Franco, nuovo conduttore,
quando ormai l'appellante ben sapeva ebe il Mandurino
cessava dalla conduzione dell'azienda per la quale gli aveva
concesso il prestito. Puõ, pertanto, concludersi ebe, identificato 1'anno di
utile esercizio del privilegio con quello agrario in corso ai
momento della concessione e della scadenza del prestito
(il credito ai Mandurino fu concesso per 1'annata agraria
1957-1958, mentre il Franco subentrõ nella conduzione del
medesimo fondo nella successiva annata 1958-1959), il
Banco di Napoli non poteva avvalersi del medesimo pri
vilegio in danno del Franco, ond'ö ehe il pignoramento relativo deve essere considerate nullo.
Respinto l'appello e confermata la sentenza del Tribu
nale, l'appellante õ tenuto ai rimborso delle spese giudiziali di questo grado a favore del Franco e dei proprietari del
fondo germani Ruggeri Antonio-Francesco e Maria, inter
venienti volontari in primo grado a sostegno dell'opposi zione del Franco, per esserne interessati quali proprietari e loeatari del fondo in controversia.
Per questi motivi, ecc.
COHTE D'APPELLO DI FIRFNZE.
Sentenza 17 aprile 1962 ; Pres. Thermes P. P., Est. Gam bogi ; Monte dei Pasehi di Siena e succursale di Monte varchi dello stesso Monte (Aw. Fei) c. Pall. Poloni
(Aw. Masieei, Allegbi) e Quirinali.
Uanca e contratti bancari — Procedimento civile — Diietto di legittimazione ad arjire di una suc eursale — Intcrvcnto in appello dell'istiluto ban cario — Inammissibilitä (Cod. proc. civ., art. 75, 344).
La succursale di un istituto bancario (nella specie, Monte dei Paschi di Siena), non avendo personalita giuridica, e
priva di legittimazione ad agire, ed b inammissibile, in
grado d'appello, Vintervento dell'istituto nel giudizio pro mosso dalla succursale. (1)
(1) A1 fine di intendere la massima, occorre desumere dal «fatto », ehe noa riproduciamo letteralmente per esigenze di
La Corte, ecc. — (Omissis). Venendo ad esaminare il
merito della questions di legittimazione, deve dirsi che, se
l'impugnata sentenza del Tribunale di Arezzo soffre in
punto censura, questo avviene perclie il vizio da rilevarsi
non e quello di difetto di rappresentanza processuale da
parte del direttore della succursale di Montevarchi, bensi
quello della maneanza di qualsiasi legittimazione attiva
ad causam da parte del supposto ma inesistente soggetto di diritto che propose la originale opposizione alio stato
passivo del fallimento Quirinali: e cioe, secondo il testo
dell'atto relativo, «la suooursale di Montevarchi del Monte
dei Pasebi di Siena in persona del suo direttore Cesare
Rosini». II Tribunale 6 infatti partito dall'erroneo presup
posto che il Rosini volesse rappresentare in giudizio il Monte
dei Paschi nel suo complesso, ed ba, per questo, rilevato
un semplice difetto di rappresentanza ; ma la veritä, ri
petesi, b cbe il Rosini voleva agire solo per la succursale ;
e cio& per un uffioio periferico dell'Istituto, ehe evidente
mente b privo di una propria e distinta personalita giuri
dioa, spettando tale personalita, come appare dallo statuto
del Monte dei Paschi, soltanto a codesto ente di diritto
pubblico nel suo complesso considerato. Tale configura zione della originaria domanda proposta dal Rosini b, del
resto, confermata dall'insolito artificio posto in essere dal
Monte dei Paschi col costituirsi in appello non invece della
sua succursale, bensi accanto ed assieme a questa, eome
se essa fosse un distinto soggetto di diritto.
Deve pertanto dichiararsi, in riforma della sentenza
appellata, ma non certo in accoglimento dell'appello, che
la succursale di Montevarchi, sedicente insinuata ed op
ponents alio stato passivo del fallimento Quirinali, non
spazio, che la succursale di Montevarchi del Monte dei Paschi di Siena, in persona del suo direttore, con ricorso depositato in cancelleria il 14 novembre 1949, aveva proposto opposizione alio stato passivo del fallimento Quirinali chiedendo l'ammis sione di un credito per affare concluso dalla stessa succursale al passivo con la garanzia ipotecaria (mentre era stato ammesso in via chirografaria) e che il Tribunale di Arezzo, con sentenza 5-22 aprile 1950, aveva respinto l'opposizione per difetto di
capacity del direttore della succursale a rappresentare il Monte. Sull'autonomia delle filiali e succursali di istituti bancari
e sulla loro capacity di agire fuori e nel processo, si annotano
questi precedenti :
a) secondo Cass. 18 maggio 1961, n. 1184 (Foro it., Rep. 1961, voce Banca e contratti bancari, n. 41), che ha riformato
App. Milano 5 maggio 1959 (id., Rep. 1959, voce cit., n. 28 ; Banca, borsa, ecc., 1959, II, 363, con nota di Pratis, Sulla cosiddetta autonomia delle filiali delle aziende di credito), il diret tore di una sede periferica del Banco di Napoli e passivamente legittimato a rappresentare l'istituto di fronte a un'eccezione sollevata da un correntista della stessa sede, il quale contesti la sussistenza di un debito inserito nel conto, anche se detto debito dipenda da un affare concluso con altra sede periferica ;
b) secondo Trib. Roma 12 dicembre 1961 {Banca, borsa, ecc., 1962, II, 109), legittimato passivo, nel giudizio sulla respon sabilitä, di una filiale soppressa (nella specie, filiale di Tirana della Banca nazionale del lavoro), & lo stesso istituto ;
c) secondo Cass. 20 ottobre 1956, n. 3777 (Foro it., Rep. 1956, voce cit., n. 18), sedi, succursali e simili di un istituto bancario debbono essere riguardati come organi dell'istituto stesso, al quale, pertanto, i loro atti nei confronti di terzi sono riferibili;
d) il dirigente di una filiale di banca ha funzioni insti torie e, pertanto, legittimazione attiva e passiva a stare in giu dizio per la banca, in ordine ai rapporti dipendenti dagli atti da essi intrapresi nell'esercizio della filiale (Cass. 7 giugno 1956, n. 1951, id., Rep. 1956, voce cit., n. 20 ; 6 luglio 1936, n. 2363, id,, Rep. 1936, voce cit., n. 16).
Per l'art. 28 dello statuto del Monte dei Paschi di Siena, approvato con decreto 22 ottobre 1936 e modificato con decreto 5 gennaio 1939 del Capo del G-overno (vigente nel 1949) «le suc cursali sono rette da un direttore, sotto la vigilanza della sede centrale ed in conformity alle disposizioni da questa emanate. Le agenzie sono rette da un fiduciario nominato dal comitato esecutivo, e sono poste alle dipendenze della sede o di una succursale. I direttori rappresentano verso i terzi la succursale cui sono preposti e le agenzie che da questa dipendono ».
Sull'intervento in appello, v., da ultimo, Cass. 4 giugno 1962, n. 1336, retro, 1271, con ampia nota di richiami.
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