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sentenza 4 giugno 1997, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 11 giugno 1997, n. 24); Pres....

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sentenza 4 giugno 1997, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 giugno 1997, n. 24); Pres. Granata, Est. Vari; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Dipace). Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2375/2376-2379/2380 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191657 . Accessed: 28/06/2014 13:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.12 on Sat, 28 Jun 2014 13:02:18 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 4 giugno 1997, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 11 giugno 1997, n. 24); Pres. Granata, Est. Vari; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons. ministri

sentenza 4 giugno 1997, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 giugno 1997, n. 24);Pres. Granata, Est. Vari; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato Dipace). Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2375/2376-2379/2380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191657 .

Accessed: 28/06/2014 13:02

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2375 PARTE PRIMA 2376

l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, del

parlamento, della camera dei deputati, del senato della repub blica e del governo, in riferimento al regolamento adottato in

data 20 maggio 1997, con il quale la commissione parlamentare ha fissato i criteri e le modalità per la trasmissione delle tribune referendarie da parte della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, chiedendone l'annullamento limitatamente all'art.

2, 1° comma, lett. a) e b)\ che tale regolamento, ad avviso dei ricorrenti, oltre ad un

ciclo di confronti per ciascuno dei quesiti referendari e ad uno di appelli ai votanti, entrambi riservati ai comitati promotori e ai comitati per il «No», ne prevederebbe un altro di quattro dibattiti al quale potrebbero partecipare i soli gruppi parlamen tari, anche se costituiti in un solo ramo del parlamento e non

anche i comitati promotori; che tali disposizioni sarebbero lesive delle attribuzioni dei ri

correnti, perché sarebbe affidato ai soli gruppi parlamentari il

potere di rappresentanza delle posizioni referendarie in occasio ne dei citati dibattiti, in contrasto con l'art. 52 1. 25 maggio 1970 n. 352, che, in materia di propaganda referendaria, rico nosce le medesime facoltà ai partiti o gruppi politici rappresen tati in parlamento e ai promotori del referendum, considerati

questi ultimi come gruppo unico;

che, secondo i ricorrenti, la partecipazione dei soli gruppi par lamentari ai dibattiti di cui all'art. 2, 1° comma, lett. a), del

regolamento impugnato, si baserebbe «sull'indimostrato e pre sumibilmente erroneo presupposto» che tali gruppi si ripartisca no equamente tra i «Sì» ed i «No», con conseguente violazione

della par condicio tra i sostenitori dei due schieramenti, e non terrebbe comunque conto del fatto che i gruppi ammessi sono

espressione del parlamento, il quale, in quanto titolare della

potestà legislativa, si porrebbe, nel sistema costituzionale, in po sizione antitetica a quella del comitato promotore;

che un'ulteriore lesione delle attribuzioni dei ricorrenti an drebbe individuata nel ritardo con il quale la commissione par lamentare ha approvato la regolamentazione delle tribune refe

rendarie, in relazione alla data di inizio del periodo di campa gna referendaria, con conseguente restrizione dei tempi di questa sulle reti radiofoniche e televisive del servizio pubblico;

che, ad avviso dei ricorrenti, la compressione della campagna referendaria, in un contesto di assoluta mancanza di informa zione nelle precedenti fasi della procedura, si ripercuoterebbe sulla formazione della volontà di coloro che sono chiamati ad

esprimere il proprio voto il 15 giugno 1997 e, di conseguenza, sulle attribuzioni garantire al comitato promotore dell'art. 75

Cost.; che i ricorrenti, in considerazione dell'asserito ritardo con il

quale la commissione parlamentare ha adottato il regolamento e della esigenza di non vanificare la garanzia costituzionale del la tutela in sede di conflitto tra poteri dello Stato, chiedono

che, dichiarata l'ammissibilità del conflitto proposto, questa corte

emetta, sentite le parti, in applicazione analogica della disposi zione relativa ai conflitti tra Stato e regioni e tra regioni (art. 28 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costi

tuzionale), ordinanza cautelare con la quale venga sospesa l'ap plicazione dell'art. 2, 1° comma, lett. a) e b), del regolamento adottato il 20 maggio 1997 dalla commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Considerato che questa corte è chiamata a decidere, ai sensi dell'art. 37, 3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, con ordi nanza in camera di consiglio, in via delibativa e senza contrad

dittorio, se esista la materia di un conflitto, la cui soluzione

spetti alla sua competenza con riferimento alla sussistenza dei

requisiti soggettivi e oggettivi di ammissibilità richiamati dal 1° comma dello stesso articolo;

che, per quanto concerne i requisiti soggettivi, questa corte ha già più volte riconosciuto la qualità di potere dello Stato alla frazione del corpo elettorle, titolare del potere di iniziativa referendaria ex art. 75 Cost., e la competenza dei promotori della richiesta di referendum abrogativo a dichiararne definiti vamente la volontà ai sensi dell'art. 37 1. n. 87 del 1953;

che la legittimazione attiva è stata, in particolare, riconosciu ta ai promotori in riferimento a restrizioni poste alla propagan da referendaria che possano incidere sulla formazione della vo lontà di coloro che sono chiamati al voto nella consultazione

popolare (sentenza n. 161 del 1995, Foro it., 1995, I, 1700); che, ancora sotto il profilo soggettivo, deve riconoscersi la

Il Foro Italiano — 1997.

legittimazione passiva della commissione parlamentare per l'in dirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, quale organo competente a dichiarare definitivamente la volontà della

camera dei deputati e del senato della repubblica in una materia

che, come nella specie, attiene direttamente all'informazione e alla propaganda in relazione ai procedimenti di referendum abro

gativo;

che, quanto al requisito oggettivo del conflitto, le modalità di svolgimento della campagna referendaria sono suscettibili di influire sulla formazione dell'opinione pubblica, e il conflitto stesso concerne un atto di indirizzo delle camere diretto ad assi curare la realizzazione del principio del pluralismo nel servizio

pubblico radiotelevisivo (sentenze n. 420 del 1994, id., 1995, I, 4, en. 112 del 1993, id., 1993, I, 1339), sicché ogni limitazio ne della facoltà di partecipare ai dibattiti televisivi sui referen dum potrebbe, in astratto, ledere l'integrità delle attribuzioni dei comitati promotori;

che, pertanto, in questa fase delibativa, il ricorso va dichiara to inammissibile nei confronti della commissione parlamentare per l'indirizzo geneale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, salva e impregiudicata la pronuncia definitiva anche sul punto relativo all'ammissibilità;

che il ricorso deve essere conseguentemente notificato a detta commissione ma non anche al governo, non venendo in consi derazione alcuna sua competenza;

che, quanto alla richiesta di provvedimento cautelare avanza ta dai ricorrenti — impregiudicata ogni valutazione in ordine alla configurabilità, nel giudizio sui conflitti tra poteri dello Stato, dell'istituto della sospensione dell'atto impugnato — non v'è

ragione di far luogo alla sollecitata misura extra ordinem nei confronti di un atto che prevede eguale ripartizione del tempo tra le opposte indicazioni di voto, nel contesto di una program mazione che assicura la complessiva presenza dei comitati pro motori durante tutto l'arco delle previste trasmissioni.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammisi bile il conflitto di attribuzione in epigrafe nei confronti della commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi; dispone che la cancelleria della corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza ai ricor renti e che, a cura degli stessi ricorrenti, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisi entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 giugno 1997, n. 163

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 giugno 1997, n. 24); Pres. Granata, Est. Vari; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Dipace). Con

flitto di attribuzione.

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Veneto —

Consiglieri, ex consiglieri e assessori — Procura regionale pres so la Corte dei conti — Richiesta di deduzioni — Lesione di competenze regionali — Inidoneità dell'atto impugnato —

Conflitto di attribuzione — Inammissibilità (Cost., art. 117, 118, 119, 122, 123, 127; 1. reg. Veneto 5 settembre 1984 n.

52, norme in materia di promozione e diffusione di attività

artistiche, musicali, teatrali e cinematografiche, art. 3, 4; d.l. 15 novembre 1993 n. 453, disposizioni in materia di giurisdi zione e controllo della Corte dei conti, art. 5; 1. 14 gennaio 1994 n. 19, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 15 novembre 1993 n. 453, art. 1; d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei

conti, art. 1; 1. 20 dicembre 1996 n. 639, conversione in leg ge, con modificazioni, del d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, art. 1).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È inammissibile, per inidoneità degli atti oggetto del conflitto a realizzare la lamentata lesione delle competenze regionali, il conflitto di attribuzione sollevato dalla regione Veneto nei

confronti degli inviti della procura regionale presso la sezione

giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti rivolti ad

alcuni consiglieri, ex consiglieri ed assessori regionali a pre sentare eventuali deduzioni e documenti nell'ambito di una

iniziativa volta ad accertare, a loro carico, la sussistenza di

una responsabilità patrimoniale amministrativa in relazione

a contributi concessi all'ente Veneto teatro. (1)

Diritto. — 1. - Con il ricorso in epigrafe, la regione Veneto

solleva conflitto di attribuzione in relazione alle note, di identi

co contenuto, con le quali la procura regionale presso la sezione

giurisdizionale della Corte dei conti per il Veneto, ha invitato

alcuni ex consiglieri ed assessori regionali, nonché alcuni consi

glieri in carica, a presentare «eventuali deduzioni e documenti», ai sensi dell'art. 5, 1° comma, d.l. n. 453 del 1993, convertito

nella 1. n. 19 del 1994, nell'ambito di una iniziativa volta ad

accertare, a loro carico, la sussistenza di una responsabilità pa trimoniale amministrativa in relazione a contributi concessi al

l'ente Veneto teatro.

Secondo la ricorrente, con le menzionate note la «procura

regionale della Corte dei conti, disapplicando la 1. reg. n. 52

del 1984, la quale prevede, agli art. 3 e 4, che il finanziamento

avvenga previa presentazione di un mero programma di attivi

tà, avrebbe ritenuto insita nel sistema la regola secondo la quale

può addivenirsi alla concessione di contributi pubblici solo una

volta accertata la capacità finanziaria e tecnico-organizzativa del

l'ente destinatario, come pure la trasparente e regolare tenuta

della documentazione e delle scritture contabili. Nel far discen

dere tale regola dall'art. 97 Cost., non avrebbe, però, conside

rato che la citata disposizione costituzionale può rappresentare solo una norma parametro alla cui stregua sindacare le scelte

operate dal legislatore regionale». La disapplicazione della leg

ge regionale comporterebbe, pertanto, la lesione di «specifiche

prerogative del legislatore regionale tutelate dagli art. 117 (am bito materiale) e 127 (ambirò procedimentale) Cost.», alla qua le farebbe riscontro anche il contrasto con l'art. 122, 4° com

ma, dal quale discenderebbe la non censurabilità della condotta

di consiglieri ed assessori che sia coerente con la legge regiona

le, pena la violazione dei predetti art. 117 e 127.

2. - L'avvocatura dello Stato, nel costituirsi per il resistente

presidente del consiglio dei ministri, eccepisce l'inammissibilità del ricorso, sostenendo, innanzitutto, che gli atti impugnati sa

rebbero privi di carattere lesivo, essendo prodromici all'even

(1) La regione Veneto lamentava che gli inviti della procura regiona le della Corte dei conti evidenziavano un'interpretazione del dato nor

mativo, tale da condurre ad un'applicazione diretta dei principi desumi bili dall'art. 97 Cost., con conseguente disapplicazione di quanto espres samente stabilito dagli art. 3 e 4 1. reg. Veneto 52/84. In proposito veniva citata la precedente decisione con la quale la corte aveva dichia rato che non spetta alla Corte di cassazione disapplicare disposizioni contenute in leggi regionali ed aveva, pertanto, annullato la sentenza della Corte di cassazione che aveva disapplicato le leggi reg. Emilia

Romagna 29 gennaio 1983 n. 7, 7 marzo 1984 n. 13 e 28 novembre 1986 n. 42, contenenti la disciplina degli scarichi delle pubbliche fogna ture, degli insediamenti civili e del trasporto di liquami ed acque reflue di insediamenti civili e produttivi (sent. 14 giugno 1990, n. 285, Foro

it., 1991, I, 2346, con nota di richiami e osservazioni di Tarchi, com mentata da Annunziata, in Giust. civ., 1991, I, 257, da D'Amico e De Muro, in Giur. costit., 1990, 1780 e 2376, da Giampietro, in Cass.

pen., 1991, I, 983, da Antonini, Cerri, Consolo, in Regioni, 1991, 1047 ss.).

La Corte costituzionale ritiene che l'invito a dedurre è un atto che muove all'acquisizione di ulteriori elementi, se del caso anche di carat

tere esimente, in vista delle conclusive determinazioni che non necessa

riamente dovranno essere nel senso dell'inizio dell'azione di responsabi lità, pertanto, l'assenza di ogni univocità circa l'ulteriore seguito dell'i

niziativa assunta dal procuratore regionale esclude la lesività dell'atto

impugnato. In ordine all'elaborazione, da parte della giurisprudenza costituzio

nale, della nozione di «idoneità» dell'atto a formare oggetto di un con

flitto tra enti, v. Romboli, Il conflitto di attribuzioni tra enti 1995-1996

(aspetti sostanziali), che sarà pubblicato nel prossimo fascicolo, e le

decisioni ivi richiamate, con riferimento all'impugnazione di atti conte

nenti un'interpretazione della legge, al carattere attuale o meno della

supposta lesione, all'inidoneità sopravvenuta ed all'interesse a ricorrere.

Il Foro Italiano — 1997.

tuale proposizione dell'azione di responsabilità e, in secondo

luogo, che la regione, non legittimata a stare nei giudizi di re

sponsabilità promossi «nei confronti degli agenti sospettati di

non aver fatto buon uso delle risorse amministrate», sarebbe

carente di interesse in ordine alle vicende processuali — e ancor

più «preprocessuali» — dei giuridizi stessi. Nel merito, il ricor

so sarebbe infondato, prospettandosi con esso non la disappli cazione della 1. reg. n. 52 del 1984, bensì una questione di inter

pretazione della stessa legge. 3. - In ordine di pregiudizialità logica, va esaminata, anzitut

to, l'eccezione relativa al difetto di legittimazione della regione

Veneto; eccezione che è da disattendere, considerata l'evidente

necessità di tenere distinto il problema della legittimazione e

dell'interesse nell'ambito del giudizio di responsabilità ammini

strativa, da quello che concerne la verifica degli analoghi ele

menti nell'ambito del giudizio per conflitto di attribuzione. Quan to a quest'ultimo, la corte, proprio con riferimento al processo

contabile, ha già avuto occasione di rilevare che l'eventuale le

sione dei poteri spettanti ai rappresentanti di un ente fornito

di autonomia costituzionalmente protetta, non può, in tesi, non

offendere anche l'autonomia dell'ente medesimo (sentenza n.

211 del 1972, Foro it., 1973, I, 633), facendo così insorgere

per esso l'interesse a tutelare nell'appropriata sede le proprie attribuzioni.

Di ciò è, del resto, esempio paradigmatico il ricorso in esa

me, con il quale la ricorrente lamenta che l'iniziativa in materia

di responsabilità amministrativa assunta dal procuratore regio nale della Corte dei conti si traduce, attraverso la «disapplica zione» di una legge regionale, nel disconoscimento e, quindi, nella lesione delle competenze ad essa costituzionalmente garan

tite, tra cui, in particolare, quelle di carattere legislativo previ ste dall'art. 117 Cost.

4. - Riconosciuta, così, in via di principio, la legittimazione della regione a sollevare conflitto nella materia qui considerata, si tratta piuttosto di valutare, venendo all'altra eccezione solle

vata dall'avvocatura, se l'invito indirizzato ai presunti respon sabili dal procuratore regionale, ai sensi dell'art. 5 d.l. n. 453

del 1993 (convertito nella 1. n. 19 del 1994), sia idoneo ad espri mere quella lesività delle competenze regionali di cui si duole

la ricorrente, alla luce di quella giurisprudenza costituzionale

che ammette che qualsiasi atto o comportamento significante,

imputabile allo Stato o alla regione, sia idoneo ad innescare

un conflitto, purché l'atto stesso abbia efficacia o rilevanza ester

na e sia diretto ad esprimere, in modo chiaro ed inequivoco, la pretesa di esercitare una competenza il cui svolgimento possa determinare una invasione attuale dell'altrui sfera di attribuzio

ni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale della pos sibilità di esercizio della medesima (sentenze n. 771 del 1988,

id., Rep. 1988, voce Corte costituzionale, n. 41, e n. 211 del

1994, id., Rep. 1995, voce Regione, n. 143).

Quanto alle connotazioni degli atti oggetto di conflitto, dal

predetto art. 5 si desume che, prima di emettere l'atto di cita

zione in giudizio, il procuratore regionale invita il presunto re

sponsabile del danno a depositare, entro un termine non infe

riore a trenta giorni dalla notifica della comunicazione dell'invi

to, le proprie deduzioni ed eventuali documenti. I predetti trenta

giorni rappresentano, altresì, il termine entro il quale il presun to responsabile può chiedere di essere sentito personalmente.

L'art. 1, comma 3 bis, d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito

nella 1. 20 dicembre 1996 n. 639, ha successivamente provvedu to a stabilire il lasso di tempo entro il quale il procuratore re

gionale, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle

deduzioni, è tenuto ad emettere l'eventuale atto di citazione.

Questa corte, in una sua precedente pronunzia, soffermando

si sull'istituto qui in esame, il quale rappresenta una delle pecu liari innovazioni della più recente riforma del processo contabi

le, ha già avuto occasione di rilevare che l'invito a dedurre at

tiene ad una fase che precede l'accertamento delle responsabilità,

suscettibile, alternativamente, di mettere capo all'instaurazione

del giudizio ovvero all'archiviazione, ma tale da non inficiare

la tradizionale regola secondo la quale, nel giudizio di respon sabilità amministrativa, il giudice è investito della causa solo

attraverso l'atto di citazione (sentenza n. 415 del 1995, id., 1995,

I, 3374). Da detta impostazione non si discosta quella giuris

prudenza contabile che ha individuato la funzione dell'atto di

cui trattasi essenzialmente nella preliminare contestazione di fatti

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Page 4: sentenza 4 giugno 1997, n. 163 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 11 giugno 1997, n. 24); Pres. Granata, Est. Vari; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons. ministri

2379 PARTE PRIMA 2380

specifici ad un soggetto già indagato, che viene così messo in

grado di rappresentare tempestivamente le sue ragioni all'orga no inquirente, consentendo, al tempo stesso, al procuratore re

gionale lo sviluppo di più adeguate indagini. Senza che occorra qui indugiare sulla questione della qualifi

cazione giuridica dell'invito a dedurre, come condizione di pro cedibilità o meno rispetto all'azione, tema questo ancora con

troverso in giurisprudenza, può ritenersi, comunque, che si trat

ti di un atto che muove all'acquisizione di ulteriori elementi, se del caso anche di carattere esimente, in vista delle conclusive

determinazioni che non necessariamente dovranno essere nel senso

dell'inizio dell'azione di responsabilità. 5. - Le accennate connotazioni degli atti oggetto di conflitto,

ed in particolare l'assenza di ogni univocità circa l'ulteriore se

guito dell'iniziativa assunta dal procuratore regionale, non con

sentono perciò di scorgere in essi quella lesività che il ricorso

ritiene, invece, di individuare nell'avere postulato l'esistenza di

una norma diversa da quella voluta dal legislatore regionale, con conseguente disapplicazione della legge da questi emanata

e con sostanziale disconoscimento delle competenze della ri

corrente.

Questa corte, come la stessa regione Veneto ricorda citando

la sentenza n. 285 del 1990 (id., 1991, I, 2346), non ha escluso

che anche funzioni aventi carattere valutativo ed effetti decisori

si prestino ad essere sindacate, in sede di conflitto, con riferi

mento ai criteri impiegati, potendo la lesione alle attribuzioni

regionali derivare da pronunzie di organi giurisdizionali che

espressamente dichiarino di disapplicare le leggi emanate dalle

stesse regioni, ovvero, come affermato in diversa circostanza, anche da pronunzie di organi non giurisdizionali bensì di con

trollo che si attengano, nel giudizio che sono chiamati ad espri

mere, ad interpretazioni palesemente erronee e quindi di fatto

meramente apparenti, «sì da celare il sostanziale travalicamento

della funzione» (sentenza n. 473 del 1992, id., Rep. 1993, voce

cit., n. 159). Ma non è certamente l'esame di tali precedenti che può suf

fragare la tesi della ricorrente, ove si consideri che il procurato re regionale, attraverso l'invito a dedurre, lungi dall'esprimere

qualsiasi funzione valutativa avente per effetto l'applicazione ovvero la disapplicazione della legge, si limita, nel quadro dei

delineati rapporti fra l'invito medesimo e l'azione di responsa

bilità, a prospettare una sua interpretazione nel contesto di una

iniziativa non idonea di perreé a ledere le attribuzioni regionali,

proprio perché destinata a restare circoscritta per il momento

al rapporto con i presunti responsabili, essendo, invece, rimessa

all'esito finale dell'istruttoria ogni conclusiva determinazione in

ordine all'eventuale instaurazione del giudizio. L'inidoneità degli atti oggetto di conflitto a realizzare la la

mentata lesione determina l'inammissibilità del ricorso.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi

bile il conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in rela

zione agli inviti della procura regionale presso la sezione giuri sdizionale per il Veneto della Corte dei conti, datati 22 febbraio

1996, sollevato dalla regione Veneto con il ricorso in epigrafe.

Il Foro Italiano — 1997.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 giugno 1997, n. 160

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 giugno 1997, n. 24); Pres. Granata, Est. Guizzi; Fuda (Avv. Scoca) c. Minniti

(Avv. Morcavallo); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello

Stato Sacchetto). Ord. App. Catanzaro 9 luglio 1996 (G.U., la s.s., n. 43 del 1996).

Elezioni — Cause di incompatibilità — Proposizione dell'azio

ne popolare — Decadenza — Rimozione della causa di in

compatibilità — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art.

3, 51; d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la

composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni

comunali, art. 9 bis; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme in mate

ria di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consi gliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in

materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario

nazionale, art. 6, 7). Elezioni — Cause di incompatibilità — Lite pendente — Cause

di lavoro — Mancata esclusione — Questione infondata di

costituzionalità (Cost., art. 3, 51; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 3).

È incostituzionale l'art. 9 bis d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, nel

la parte in cui prevede che la decadenza del consigliere in

situazione di incompatibilità possa essere pronunciata dal giu dice adito senza che sia data all'interessato la facoltà di ri

muovere utilmente la causa di incompatibilità entro un con

gruo termine dalla notifica del ricorso previsto dallo stesso

art. 9 bis. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

3, n. 4, l. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui, mentre

include nella fattispecie di lite pendente le cause di lavoro, esclude dal novero delle incompatibilità le liti tributarie, in

riferimento agli art. 3 e 51 Cost. (2)

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale na

sce dal giudizio, in appello, avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Catanzaro ha dichiarato la decadenza di un con

sigliere regionale, accogliendo una domanda, proposta ai sensi

dell'art. 9 bis d.p.r. n. 570 del I960] che, nel «cristallizzare»

(1) La Corte costituzionale, nel dichiarare l'incostituzionalità dell'art. 9 bis d.p.r. 570/60, fa ricorso alla recente tecnica delle sentenze additi ve di principio, attraverso le quali essa cerca di conciliare il necessario

rispetto della discrezionalità del legislatore (specie in certe materie e

per determinate scelte) con la necessità di non mancare al proprio ruolo di garante della costituzionalità delle leggi e di tutela dei diritti fonda mentali costituzionalmente garantiti. La corte richiama infatti l'oppor tunità di un intervento del legislatore a bilanciare i diversi interessi me ritevoli di tutela e precisa che la propria decisione (che fissa appunto un principio, attraverso il richiamo alla necessità di un «termine ragio nevolmente breve» o «congruo») non pregiudica (ma anzi richiede) «un futuro intervento del parlamento e un'evoluzione giurisprudenziale che diano compiuta razionalità al sistema». Sulla nuova tecnica decisoria delle c.d. additive di principio, v. Romboli, Il giudizio di costituzionali tà delle leggi in via incidentale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1993-1995), Torino, 1996, 190 ss.; Colapietro, La giuris prudenza costituzionale nella crisi dello Stato sociale, Padova, 1996, spec. 96 ss.; Parodi, La sentenza additiva a dispositivo generico, Tori

no, 1996, ed autori ivi citati. Per l'affermazione secondo cui l'art. 7 1. 154/81 non ha abrogato

né modificato l'art. 9 bis d.p.r. 570/60, v. Corte cost. 22 ottobre 1996, n. 357, Foro it., 1997, I, 633, con nota di richiami, cui adde, Cass. 4 settembre 1995, n. 9292, id., Rep. 1996, voce Elezioni, n. 280.

(2) La corte ritiene in proposito che la scelta del legislatore non pos sa essere ritenuta irragionevole, una cosa essendo le liti tributarie, altra le cause di lavoro.

Nel senso che la disposizione contenuta nell'art. 3, 1° comma, n.

4, 1. 154/81, secondo cui l'incompatibilità alla carica di consigliere co munale per lite pendente con il comune non sussiste quando la lite verte in materia tributaria, si riferisce alle controversie inerenti all'applicazio ne di tributi in senso proprio e non è, pertanto, in via estensiva applica bile alle liti riguardanti atti impositivi relativi ad altra materia, v. Cass. 25 settembre 1990, n. 9691, Foro it., Rep. 1990, voce Elezioni, n. 138.

Sulla nozione di lite pendente come causa di incompatibilità, ai sensi dell'art. 3, n. 4, 1. 154/81, v. Trib. Roma 9 ottobre 1995, id., 1996, I, 2917, con nota di richiami, che ha dichiarato manifestamente infon data la questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, nella

parte in cui stabilisce l'incompatibilità con la carica di consigliere co munale per colui che ha lite pendente con il comune, in quanto parte in un procedimento civile o amministrativo.

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