sentenza 4 giugno 1997, n. 170 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 giugno 1997, n. 24);Pres. Granata, Est. Capotosti; Berruti c. Min. beni culturali ed ambientali; interv. Pres. cons.ministri. Ord. Tar Campania 9 novembre 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 20 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1998), pp. 2073/2074-2077/2078Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193104 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 7 novembre 1996, per venuta a questa corte I'll dicembre 1996, il Tribunale ammini
strativo regionale per la Liguria — investito del ricorso avverso
il decreto di scioglimento di un consiglio comunale, intervenuto
il 14 settembre 1996, per dimissioni di più di metà dei consiglie ri — ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituziona
le, in riferimento all'art. 77 Cost., dei d.l. 30 agosto 1996 n.
452 e 23 ottobre 1996 n. 550, recanti entrambi «modalità di
funzionamento dei consigli degli enti locali»;
che, ad avviso del rimettente, la legittimità dell'atto impugna to deve essere valutata, anche ai fini dell'apprezzamento del
fumus boni iuris in sede cautelare, alla stregua del d.l. n. 550
del 1996, che, abrogando il d.l. n. 452 dello stesso anno, ne
ha però riprodotto le disposizioni, senza modificazioni e senza
soluzione di continuità temporale; che entrambi i decreti, all'art. 1, stabilivano che le dimissioni
dalla carica di consigliere sono immediatamente efficaci e non
si fa luogo a surrogazione qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio per dimissioni
di più di metà dei membri assegnati, non computando a tal
fine il sindaco; che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dei
d.l. n. 452 e n. 550 del 1996, in relazione all'art. 77 Cost., sulla base di quanto deciso da questa corte nella sentenza n.
360 del 1996 (Foro it., 1996, I, 3269), che ha statuito essere
in contrasto con l'art. 77 Cost, la riproduzione, in un decreto
legge iterato o reiterato, del contenuto di un decreto legge non
convertito, senza variazioni sostanziali e in assenza di nuove
sopravvenute ragioni di necessità e urgenza. Considerato che sia il d.l. n. 452 del 1996, le cui disposizioni
sono state abrogate, prima della scadenza del termine per la
conversione, dall'art. 2 d.l. n. 550 del 1996, sia il successivo
d.l. n. 550 del 1996, che ne ha riprodotto il contenuto, sono
decaduti per mancata conversione entro il termine stabilito dal
l'art. 77, 3° comma, Cost.; che l'art. 1, comma 171, della sopravvenuta 1. 23 dicembre
1996 n. 662 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica) ha disposto che «restano validi gli atti e provvedimenti adottati
e sono fatti salvi i procedimenti instaurati, gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei d.l. 30 agosto 1996 n. 452 e 23 ottobre 1996 n. 550»;
che la questione è sollevata dal giudice a quo con esclusivo
riferimento alla mancanza dei presupposti costituzionali per il
ricorso alla decretazione d'urgenza, stante l'avvenuta reiterazio
ne, con il d.l. n. 550, del contenuto del d.l. n. 452 del 1996
(onde è propriamente riferibile solo al d.l. n. 550, riproduttivo delle disposizioni del precedente, e non a quest'ultimo), e non
può dunque essere «trasferita» alla predetta clausola di sanato
ria contenuta nell'art. 1, comma 171, 1. n. 662 del 1996, non
potendosi riferire a quest'ultima, come tale, il denunciato vizio — attinente alla formazione dell'atto legislativo — di illegittima reiterazione o di mancanza dei presupposti di necessità ed ur
genza (sent. n. 84 del 1996, ibid., 1113); che pertanto la questione, così come proposta, deve essere
dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dei d.l. 30 agosto 1996 n. 452 e 23 ottobre 1996 n. 550, entram
bi recanti «modalità di funzionamento dei consigli degli enti
locali», sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost., dal Tribunale
amministrativo regionale per la Liguria con l'odinanza indicata
in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1998.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 giugno 1997, n. 170 (Gazzetta ufficiale, 1' serie speciale, 11 giugno 1997, n. 24); Pres. Granata, Est. Capotosti; Berruti c. Min. beni cultura
li ed ambientali; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Cam
pania 9 novembre 1995 (G.U., la s.s., n. 20 del 1996).
Bellezze naturali (protezione delle) — Autorizzazione e/o pare re di valenza paesaggistica — Potere di annullamento mini
steriale — Termine decadenziale — Genericità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 42, 97; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.
1 I. 22 luglio 1975 n. 382, art. 82; d.l. 27 giugno 1985 n. 312, disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale art. 1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, conversio
ne in legge, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985 n. 312).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
82, 9° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, nel testo modifi cato dall'art. 1 l. 8 agosto 1985 n. 431, nella parte in cui
non prevede alcun preciso ed univoco referente temporale per la decorrenza del termine di «sessanta giorni successivi alla
relativa comunicazione», entro cui il ministro per i beni cul
turali ed ambientali può annullare, nel procedimento di rila
scio della concessione in sanatoria di opere edilizie insistenti
su aree soggette a vincolo paesaggistico, la determinazione
dell'amministrazione competente, in riferimento agli art. 24, 1° comma, 42, 2° comma, e 97, 1° e 2° comma, Cost. (1)
Fatto. — 1. - Con ordinanza depositata il 22 dicembre 1995, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha solle
vato, in riferimento agli art. 24, 1° comma, 42, 2° comma, e 97, 1° e 2° comma, Cost., eccezione di legittimità costituzio
nale dell'art. 82, 9° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 (attua zione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382), nella parte in cui, disponendo che il ministro per i beni culturali
ed ambientali può, nel procedimento di rilascio della concessio
ne in sanatoria di opere edilizie insistenti su aree soggette a vin
colo paesaggistico, annullare la determinazione dell'amministra
zione ad esso preposta «entro i sessanta giorni successivi alla
relativa comunicazione», omette di individuare univocamente
il momento di decorrenza del periodo entro il quale vi è legitti mo esercizio del potere di controllo dell'organo statale, la me
desima norma prescrivendo che allo stesso deve essere data «im
mediata comunicazione».
2. - Nella specie, il ministro per i beni culturali e ambientali
aveva annullato, con decreto del 12 agosto 1994, il «nulla osta»
del sindaco di Anacapri datato 27 agosto 1993. Il titolare del
diritto sull'immobile aspirava, invero, al provvedimento di con
cessione edilizia per la sanatoria dell'opera eseguita, in agro del
(1) La decisione affronta due questioni. La prima concerne l'esten sione al parere rilasciato dall'autorità preposta alla tutela del vincolo
paesistico, nel procedimento sul condono edilizio degli immobili abusivi realizzati in aree soggette al vincolo, dei poteri ministeriali: sostitutivo, in caso di inerzia dell'autorità competente, e di annullamento di ufficio delle autorizzazioni paesaggistiche ritenute incompatibili con il medesi mo vincolo. La seconda riguarda la legittimità delle disposizioni che
disciplinano le condizioni ed i termini di esercizio del potere ministeria le di annullamento dei provvedimenti, di rilievo paesaggistico, emanati dalle regioni o enti delegati.
I principi affermati dalla corte sono in consonanza con quelli già espressi dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla quale, per entrambe le questioni, v. Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 1998, n.
114, Foro it., 1998, III, 145, con nota di richiami, cui adde, Tar Cam
pania, sez. III, 6 febbraio 1996, n. 82, Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 1996, n. 717, 14 febbraio 1996, n. 209, e 20 marzo 1996, n. 482, id., Rep. 1996, voce Bellezze naturali, nn. 102, 106-108, sul punto della decorrenza del termine dal momento in cui la documentazione perviene al ministero, a nulla rilevando che la trasmissione debba avvenire per il tramite della soprintendenza territorialmente competente.
Sul punto dell'infondatezza della questione di costituzionalità merita di essere rilevata la sottolineatura, operata dalla corte, dei rimedi offer ti al privato per ovviare alle lentezze della macchina amministrativa in linea con quanto già affermato, in tema di sollecitazione alle regioni per la redazione dei piani paesistici, da Corte cost. 28 luglio 1995, n.
417, id., 1996, I, 422. Si segnala, infine, sulla gestione del potere ministeriale di annulla
mento, I poteri della tutela, Gangemi editore, Roma, 1997, a cura del ministero per i beni culturali ed ambientali, che raccoglie i dati relativi all'esercizio dei poteri di tutela ambientale e paesaggistica per il 1996.
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2075 PARTE PRIMA 2076
predetto comune, in contrasto col titolo autorizzativo. Egli, on
de accedere ai benefici introdotti dalla 1. 28 febbraio 1985 n. 47 ed escludenti le sanzioni altrimenti connesse all'illiceità del
l'edificazione, aveva fatto richiesta affinché l'amministrazione
preposta alla tutela del vincolo gravante sull'intero territorio
di Anacapri si esprimesse ex post circa la compatibilità ambien tale dei lavori. Della valutazione veniva richiesto il comune del
luogo della costruzione avendo la regione Campania — con le
leggi 1° settembre 1981 n. 65 e 23 febbraio 1982 n. 10 — dele gato le attribuzioni in materia ai comuni, dismettendo quelle ad essa, come agli altri soggetti regionali, derivanti dall'art. 82
d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616. Il sindaco di Anacapri rilasciava il 27 agosto 1993 l'attestato
della positiva valutazione del manufatto in relazione ai criteri di tutela dell'area insulare.
3. - Il 7 giugno 1994, secondo l'incontestata affermazione
della parte privata, l'atto in questione perveniva all'organo ter
ritoriale del dicastero, cioè la soprintendenza di Napoli, perché, ai sensi delle istruzioni contenute nella circolare ministeriale del
31 agosto 1985 n. 8 (in Gazzetta ufficiale n. 266 del 12 novem bre 1985), fosse poi inoltrato al ministro per i beni culturali
e ambientali, cui compete il potere di controllo. L'ufficio peri ferico si mostrava di avviso opposto a quello dell'autorità co
munale e ne dava notizia alla sede centrale con nota del 28
giugno 1994 corredante la trasmissione dei documenti. In con
seguenza, il ministro per i beni culturali e ambientali annullava, con decreto del successivo 12 agosto, il «nulla osta» del sindaco
di Anacapri. 4. - Il provvedimento veniva impugnato dinanzi il Tribunale
amministrativo regionale per la Campania al quale il ricorrente
esponeva, tra l'altro, che l'annullamento in questione doveva
ritenersi privo di efficacia essendo il suo autore decaduto dal relativo potere per decorso del termine perentorio fissato dal
l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, nel testo modificato e integrato dall'art. 1 1. 8 agosto 1985 n. 431. Sosteneva che dies a quo del periodo utile alla redazione del provvedimento era quello in cui l'ufficio periferico del ministero aveva ricevuto la comu nicazione delle determinazioni prese dall'autorità cui era deman
data la protezione dell'interesse ambientale, dal che non poteva non considerarsi tardivo il decreto del ministro in data 12 ago sto 1994.
5. - Il giudice rimettente, prima di analizzare la censura ri
guardante l'asserita intempestività nell'esercizio del potere re
pressivo da parte del ministro, dava conto che la corrente inter
pretazione giurisprudenziale dell'art. 82 più volte citato attri
buiva esclusivo rilievo al momento di ricevimento degli atti da parte dell'organo di vertice al fine di valutare l'eventuale avve
rarsi della preclusione nell'adozione del decreto di controllo.
Quindi, e ciò in punto di rilevanza della questione, la doglianza avrebbe meritato la reiezione per non essere disputabile la tem
pestività nell'adozione del provvedimento conclusivo una volta fatto decorrere il termine dalla data in cui il ministro era stato
investito delle proprie attribuzioni col recapito dell'affare. Ma
era appunto la ricostruzione ermeneutica di «diritto vivente»
a provocare il dubbio di costituzionalità della norma. Essa, in
una lettura siffatta, entrerebbe in conflitto con i significati es
senziali del diritto individuale di azione e della proprietà priva ta, nonché del buon andamento della pubblica amministrazio
ne, tutti assistiti da norme di rango costituzionale, laddove non
prevede «alcun preciso e univoco referente temporale per la de
correnza del termine ivi disposto [. . .] potendosi dilatare sur rettiziamente il dies a quo da parte di una qualunque delle am
ministrazioni interessate (ente locale, soprintendenza, ministero)». 6. - Per la dichiarazione di non fondatezza della questione,
rimessa d'ufficio al giudizio di questa corte, ha fatto domanda il presidente del consiglio dei ministri che è intervenuto a mezzo
dell'avvocatura generale dello Stato, con atto del 3 giugno 1996.
Il rappresentante del governo ha posto a sostegno del proprio assunto che «l'omessa previsione di {. . .] dettagli, anche di ca
rattere procedurale, attiene alla discrezionalità legislativa», da
ciò inferendo che quella sollevata «è ima questione di interpre tazione che non presenta alcuna rilevanza ai fini della legittimi tà costituzionale della norma».
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale sol levata dall'ordinanza in epigrafe riguarda l'art. 82, 9° comma,
d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, come integrato dalla I. 8 agosto
Il Foro Italiano — 1998.
1985 n. 431, nella parte in cui non prevede alcun preciso ed
univoco referente temporale per la decorrenza del termine di
«sessanta giorni successivi alla relativa comunicazione», entro
cui il ministro per i beni culturali ed ambientali può annullare, nel procedimento di rilascio della concessione in sanatoria di
opere edilizie insistenti su aree soggette a vincolo paesaggistico, la determinazione dell'amministrazione competente. L'estrema
genericità della disposizione citata non consentirebbe — secon
do l'ordinanza di rinvio — «alcuna procedimentalizzazione del
la relativa azione, non potendosi ragionevolmente fissare, con
criterio univoco, il dies a quo per la decorrenza del termine
assegnato al ministro per l'annullamento delle autorizzazioni pae
saggistiche, non collegabile peraltro né ad un termine che do
vrebbe essere imposto all'ente locale per 1'"immediata comuni
cazione", né a quelli, parimenti indeterminabili, di avviso al
privato». Si determinerebbe così la lesione delle norme contenu
te negli art. 24, 1° comma, 42, 2° comma, nonché 97, 1° e
2° comma, Cost.
2. - La questione non è fondata sotto tutti i profili prospettati. Il sistema normativo attualmente applicabile alla sanatoria di
opere eseguite su aree sottoposte a vincolo si è articolato, nel
tempo, in una serie di modifiche legislative, dirette ad attuare
il complesso bilanciamento degli interessi tra Stato e regioni, sotto lo specifico profilo della connessione tra tutela delle aree
sottoposte a vincolo paesaggistico e disciplina del condono
edilizio. Ed infatti, nella formulazione originaria dell'art. 32, 1 ° com
ma, 1. 28 febbraio 1985 n. 47, il parere favorevole al rilascio
della concessione o autorizzazione in sanatoria doveva essere
espresso, entro centoventi giorni (poi centottanta giorni, a se
guito del d.l. 23 aprile 1985 n. 146) dalla domanda, soltando dalle «amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso».
Tali amministrazioni sono quelle istituzionalmente competenti ad emettere l'autorizzazione o il nulla osta in via normale, ov
vero competenti alla tutela dell'interesse preso in considerazio
ne dal vincolo, il quale può derivare da numerose leggi, che
hanno ad oggetto la salvaguardia di diversi interessi (esemplifi cativamente: 1. 29 giugno 1939 n. 1497 sulle bellezze naturali; 1. 30 dicembre 1923 n. 3267 sui vincoli idrogeologici; 1. 2 feb braio 1974 n. 64 sulle zone sismiche; 1. 24 dicembre 1976 n.
898 sulle servitù militari, e così via, oltre ad altre leggi speciali o regionali parimenti impositive di vincoli).
In materia paesaggistica, in particolare, le amministrazioni
«preposte alla tutela del vincolo» vanno, secondo questo crite
rio, individuate in quelle regionali, tenendo conto della delega conferita nell'art. 82, 9° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, come modificato dall'art. 1 d.l. 27 giugno 1985 n. 312, conver
tito nella 1. 8 agosto 1985 n. 431. Successivamente, però, nel
tentativo — come si legge negli atti parlamentari — di rendere
uniformi nel territorio nazionale i diversi criteri adottati per la formulazione di questo parere, demandato alle regioni (o anche
ad enti locali subdelegati), l'art. 12 d.l. 8 maggio 1987 n. 178
veniva a prescrivere che il predetto parere, previsto dall'art. 32
citato, «per le aree soggette a vincolo paesaggistico ambientale
è reso dal ministero per i beni culturali e ambientali». Senon
ché, la Corte costituzionale, con sentenza 9 marzo 1988, n. 302
(Foro it., 1988, I, 1017), dichiarava l'illegittimità costituzionale dello stesso articolo del d.l. 12 gennaio 1988 n. 2 (reiterativo di quello n. 178 del 1987) per violazione degli art. 117 e 118
Cost., in quanto contrastante con i principi individuati nella
sentenza n. 151 del 1986 (id., 1986, I, 2690) che stabiliva che «l'intervento statale soccorre in caso di inerzia della regione, ovvero ad estrema difesa del vincolo».
Nello stesso arco di tempo, peraltro, anche in sede di conver
sione del d.l. n. 2 del 1988, si introducevano rilevanti modifiche al testo vigente, ed infatti la legge di conversione 13 marzo 1988
n. 68 ha disposto che «per le aree soggette a vincolo paesistico ai sensi della 1. 29 giugno 1939 n. 1497, e successive modifica zioni, e del d.l. 27 giugno 1985 n. 312, convertito, con modifi cazioni, dalla 1. 8 agosto 1985 n. 431, il parere prescritto dal
l'art. 32, 1° comma, 1. 28 febbraio 1985 n. 47 è reso ai sensi del 9° comma dell'art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, come
modificato dall'art. 1 del citato d.l. 27 giugno 1985 n. 312, con
vertito, con modificazioni, dalla 1. 8 agosto 1985 n. 431». Si ha così, per le sole aree soggette a vincolo paesistico, una
disciplina speciale, derogatoria di quella generale sul condono
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
degli immobili insistenti su aree soggette a vincolo, che risulta,
per quanto attiene al subprocedimento di formulazione del pa
rere, dal «rinvio» alle norme del 9° comma del citato art. 82, il quale attribuisce alle regioni (o anche agli enti locali subdeleg
ti) la competenza all'emanazione del parere in questione, re
stando salvi peraltro il potere sostitutivo del ministro per i beni
culturali, in caso di inerzia regionale, nonché il potere di annul
lamento di ufficio del parere stesso.
Lo schema procedimentale previsto dalla legge di conversione
13 marzo 1988 n. 68, appare quindi coerente, sotto questo pro
filo, con le indicazioni della Corte costituzionale, che postulano un rapporto tra competenze statali e competenze regionali mo
dulato alla luce del principio di cooperazione, cui si adegua ap
punto lo strumento della concorrenza di poteri (cfr. ordinanza
n. 1035 del 1988, id., Rep. 1990, voce Edilizia e urbanistica, nn. 693-695).
È in questo quadro, pertanto, che vanno esaminate le pro
spettate censure di illegittimità costituzionale della norma im
pugnata. 3. - Va premesso che, ai sensi del 9° comma del citato art.
82, le amministrazioni sono tenute a dare «immediata comuni
cazione» al ministro per i beni culturali del parere formulato
e a trasmettere contestualmente la relativa documentazione. Si
tratta di una formula legislativa, che prescrive la massima solle
citudine possibile, pur garantendo un minimo di elasticità nella
successione delle fasi regolanti i reciproci rapporti tra organi non inseriti nella medesima organizzazione burocratica, ma tut
tavia chiamati a cooperare, con spirito di lealtà, in vista di un
identico fine.
Ciò premesso, non sussiste la pretesa violazione dell'art. 24, 1° comma, Cost., poiché la norma che prescrive la perentorietà dei termini assegnati all'amministrazione competente per prov
vedere, non solo conferisce all'interessato, in caso di inerzia
dell'amministrazione stessa, la legittimazione attiva a tutelare
in via giurisdizionale la propria situazione soggettiva, ma gli conferisce anche la facoltà di rivolgersi direttamente al ministro
per i beni culturali. In ogni caso, va tenuto presente che le rego le sul responsabile del procedimento amministrativo, sulla par
tecipazione e sul diritto di accesso del privato interessato (previ ste dalla 1. 7 agosto 1990 n. 241, nonché dall'art. 7 1. 12 giugno 1990 n. 142) assicurano un'ampia e costante azione di rilevazio
ne e controllo ab externo dell'adeguatezza dell'azione ammini
strativa tanto degli apparati statali quanto delle autonomie lo
cali, anche in carenza di una specifica procedimentalizzazione ex lege — come denuncia l'ordinanza del giudice rimettente —
della fattispecie normativa in oggetto. D'altra parte, anche se
condo un certo indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Sta
to, l'eventuale tardività della trasmissione della documentazio
ne è imputabile — a prescindere da eventuali, concorrenti re
sponsabilità, anche di ordine penale, dei funzionari preposti —
alle parti, nel cui interesse la trasmissione deve essere eseguita, le quali hanno l'onere di assicurarsi che ne sia stato curato il
sollecito inoltro al ministro per i beni culturali, qualora voglia no trarne gli effetti sostanziali conseguenti.
Sotto tutti questi profili, quindi, appare infondata anche la
pretesa violazione dell'art. 97 Cost.
Né, infine, è sussistente la violazione dell'art. 42, 2° comma,
Cost., poiché — indipendentemente dalla constatazione che la
pretesa compressione dello ius aedificandi riguarderebbe comun
que soggetti, che aspirano al consolidamento del godimento di
fatto di un'opera edilizia realizzata senza titolo, su area paesag
gisticamente vincolata e in modo astrattamente configurante reato — è da ricordare che questa corte, proprio in materia di tutela
dei valori ambientali, dei quali si vuole evitare una menomazio
ne, ha ripetutamente affermato che non è illegittima la norma
che preveda modi di godimento del bene, preordinati ad assicu
rare, come nel caso di specie, un congruo collegamento con
la funzione sociale della proprietà (sentenze n. 471 del 1995,
id., 1996, I, 422, e n. 379 del 1994, id., 1995, I, 21). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 82, 9° com
ma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 (attuazione della delega di cui
all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382), nel testo modificato dall'art.
I 1. 8 agosto 1985 n. 431, sollevata in riferimento agli art. 24, 1° comma, 42, 2° comma, e 97, 1° e 2° comma, Cost., dal
Tribunale amministrativo regionale della Campania con l'ordi
nanza in epigrafe.
II Foro Italiano — 1998.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza IO giu gno 1998, n. 5762; Pres. La Torre, Est. Evangelista, P.M.
Delli Priscoli (conci, conf.); Consiglio nazionale degli ar
chitetti (Aw. Sanino, Rescigno) c. Corte dei conti, Pres. cons,
ministri, Min. tesoro (Aw. dello Stato Stipo). Regolamento di giurisdizione.
CORTE DI CASSAZIONE;
Corte dei conti — Ordini e collegi professionali — Controllo
successivo sulla gestione — Controversia sul potere di con
trollo della Corte dei conti — Giurisdizione del giudice ordi nario (L. 14 gennaio 1994 n. 20, disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, art. 3).
Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla controversia
avente ad oggetto il potere della Corte dei conti di sottoporre a controllo successivo la gestione di un ordine professionale. (1)
(1) I. - La sentenza costituisce l'ultimo atto (per ora) della vicenda, in corso da alcuni anni, che riguarda la sottoposizione o meno degli ordini e dei collegi professionali (enti pubblici c.d. «associativi») al con trollo successivo della Corte dei conti. Il suo immediato antecedente risiede nella sent. Corte cost. 30 dicembre 1997, n. 470 (Foro it., 1998, I, 1766, con nota di D'Auria, Corte dei conti e controllo sulla gestione degli ordini professionali), pronunciata su sei ricorsi della Suprema cor te (uno dei quali proposto nel corso del regolamento di giurisdizione ora definito), che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 4° comma, 1. 20/94, nella parte in cui rimette alla Corte dei conti l'individuazione degli enti pubblici da sottoporre al controllo successivo sui risultati della gestione (o, più brevemente, al controllo sulla gestione), ma con una importante precisazione: che, cioè, l'insindacabilità giurisdizionale delle pronunce o determinazioni di controllo della Corte dei conti (insindacabilità che si fonda sull'esse re il controllo una funzione neutrale e imparziale, estranea all'apparato della pubblica amministrazione) non riguarda in alcun modo gli atti, preliminari all'esercizio del controllo, mediante i quali la corte dichiara di voler sottoporre a verifica la gestione di determinati enti pubblici, siano essi individuati per categorie oppure singulatim. Contro tali atti — prosegue la sent. 470/97 (punto 5 del «considerato in diritto») —
possono essere sempre esperiti gli ordinari rimedi giurisdizionali (oltre che, ove ne ricorrano i presupposti, eventuali conflitti di attribuzione).
Proprio dall'impugnabilità di questi atti prende le mosse la sentenza in epigrafe, per riconoscere la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda con cui l'ente pubblico, contestando in radice il «potere di controllo» della Corte dei conti nei suoi confronti, chiede che venga dichiarata la propria immunità dal controllo successivo sulla gestione ad opera della stessa corte (per la giurisdizione del giudice ordinario in ima controversia nella quale si negava il potere di controllo della corte a riguardo di un ente pubblico, ma in fattispecie insorta prima dell'entrata in vigore della 1. 20/94, v. Cass. 9 agosto 1996, n. 7327, id., Rep. 1996, voce Diritti d'autore, n. 158, e Giusi, civ., 1996, I, 3193, con nota di Trip aldi, In ... memoria del controllo della Corte dei conti sulla Siae).
II. - Destano perplessità, invece, alcuni passaggi della motivazione, peraltro non essenziali ai fini del decidere, che sembrano non cogliere appieno il valore e le implicazioni del nuovo modello di controllo suc cessivo sulla gestione delle pubbliche amministrazioni, così come «vali dato» dalla Corte costituzionale con le sent. 27 gennaio 1995, n. 29, e 20 luglio 1995, n. 335, Foro it., 1996, I, 1156.
II. 1. - Ci si riferisce, in particolare, a due affermazioni. La prima è quella per cui, «nella configurazione che ne ha dato il giudice delle
leggi (con la sent. 470/97, cit.), ... il sistema del controllo successivo sulla gestione postula l'assoggettabilità dei relativi atti di esercizio alla verifica giurisdizionale della loro legittimità». È vero, invece, il contra
rio, poiché Corte cost. 470/97, proprio in eccezione al principio della insindacabilità delle determinazioni di controllo pronunciate dalla Cor te dei conti, ha riconosciuto — come detto — l'impugnabilità degli atti, preliminari all'esercizio del controllo, mediante i quali la stessa corte decide di sottoporre a verifica la gestione di un ente pubblico. Si può ritenere, tuttavia, che la Suprema corte abbia inteso, non tanto «mirare al cuore» della inimpugnabilità delle determinazioni di control
lo, quanto completare il quadro delle tutele giurisdizionali offerte agli enti pubblici contro il «potere di controllo» della Corte dei conti, am mettendo che (non solo gli atti preliminari all'esercizio del controllo, ma anche) i veri e propri atti di controllo sui risultati della gestione possano formare oggetto di sindacato giurisdizionale, sotto il profilo del rispetto effettivamente prestato ai «criteri di riferimento» (nonché — aggiungiamo noi — ai programmi di controllo) ed ai procedimenti stabiliti dalla legge (rispettivamente, nell'art. 3, 4° comma, e nell'art.
3, 8° e 9° comma, 1. 20/94) per l'esercizio delle attribuzioni di control lo sulla gestione: criteri e procedimenti che configurano — dice la Su
prema corte — «limiti interni» del potere di controllo intestato alla Corte dei conti, talché le controversie sulla loro violazione rientrano tra quelle sulle modalità di esercizio di un potere pubblico e sono, per ciò, di competenza del giudice amministrativo.
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