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sentenza 4 novembre 1998; Giud. Rigoldi; Giuffrida (Avv. Brigida) c. Soc. Meridiana (Avv. Conti,...

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sentenza 4 novembre 1998; Giud. Rigoldi; Giuffrida (Avv. Brigida) c. Soc. Meridiana (Avv. Conti, Meridda) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 3 (MARZO 1999), pp. 1073/1074-1077/1078 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194224 . Accessed: 24/06/2014 22:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.128 on Tue, 24 Jun 2014 22:04:37 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 4 novembre 1998; Giud. Rigoldi; Giuffrida (Avv. Brigida) c. Soc. Meridiana (Avv. Conti, Meridda)

sentenza 4 novembre 1998; Giud. Rigoldi; Giuffrida (Avv. Brigida) c. Soc. Meridiana (Avv.Conti, Meridda)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 3 (MARZO 1999), pp. 1073/1074-1077/1078Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194224 .

Accessed: 24/06/2014 22:04

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La consulenza tecnica d'ufficio ha evidenziato, in definitiva,

l'incapacità della Telecom a rilevare guasti o manomissioni a

cui gli impianti, da essa custoditi, sono esposti, a scapito della

conclamata «precisione». Se non è in condizione la Telecom di rilevare le manomissioni

di terzi sulla linea telefonica, come potrebbe farlo l'utente che

della «linea» ha possibilità di controllare soltanto l'apparecchio installato nella sua abitazione?

Significherebbe far carico all'utente di una prova di per sé

«diabolica». La carenza di prova documentale da parte della Telecom di

aver fornito al Mercaldi il servizio telefonico di cui alla richie

sta di pagamento, la certezza espressa dal consulente tecnico

d'ufficio che gli impianti Telecom sono soggetti ad «anomalie

di funzionamento» e «possono essere oggetto di manomissioni

da parte di terzi» (che sfuggono al controllo dell'utente e della

stessa Telecom), la mancanza di prova da parte della Telecom

che non siano state operate manomissioni sull'utenza Mercaldi,

sono, per questo giudice, validi e sufficienti elementi per acco

gliere la domanda.

Ma, oltre a quanto sopra detto, si vuole rilevare che il consu

lente tecnico d'ufficio, dichiarando che gli impianti Telecom pos sono essere soggetti a manomissione da parte di terzi, ha, in

definitiva, confermato un fatto notorio quale è la circostanza

che esistono dei sistemi atti a manipolare le linee telefoniche

(collegamento alle morsetterie a mezzo di appositi puntali o ap

parecchi portatili tarati sulla stessa frequenza), senza che venga lasciata traccia sulle dette linee, impedendo persino alla stessa

Telecom qualsiasi rilevamento.

Da ciò il giudice, in una più ampia valutazione dei fatti di

causa, ben può ravvisare, a favore dell'utente, una presunzione di non conformità delle registrazioni del traffico addebitatogli e quindi ritenere che siano ipotizzabili anormalità di funziona

mento ed utilizzi illeciti della linea telefonica all'esterno dell'a

bitazione e, quindi, fuori del controllo dell'utente.

A tal fine si evidenzia che «perché una presunzione sia giuri dicamente valida e consenta di ritenere un fatto accaduto, non

è necessario che il fatto ignoto appaia come l'unica conseguen za possibile dei fatti noti, ma è sufficiente che sia da questi

deducibile, secondo un procedimento logico, basato sull'/rf quod

plerumque accidit» (Cass. 21 gennaio 1995, n. 701, id., Rep.

1996, voce Presunzione, n. 6). È sufficiente cioè che «l'esistenza del fatto ignoto derivi da

quello noto come conseguenza ragionevolmente possibile e ve

rosimile, secondo un criterio di normalità» (Cass. 6 marzo 1995,

n. 2605, id., Rep. 1995, voce cit., n. 4).

GIUDICE DI PACE DI SASSARI; sentenza 4 novembre 1998;

Giud. Rigoldi; Giuffrida (Aw. Brigida) c. Soc. Meridiana

(Avv. Conti, Meridda).

GIUDICE DI PACE DI SASSARI;

Trasporto (contratto di) — Trasporto aereo di persone — Ri

tardo — Inadempimento del vettore — Responsabilità (Cod.

civ., art. 1229, 1681; cod. nav., art. 942).

Risponde per inadempimento del contratto di trasporto di per

sone il vettore aereo che non dimostri di aver adottato le mi

sure necessarie e possibili per evitare il danno da ritardo. (1)

(1) La sentenza in epigrafe (che si legge anche in Danno e resp.,

1999, 111, con nota di G. Bellantuono, La responsabilità da ritardo

del vettore aereo) appartiene ad uno sparuto gruppo di decisioni (se si esclude Giud. pace Roma 15 febbraio 1997, Dir. trasporti, 1998, 517,

con nota di Pistritto — per un'ipotesi di cancellazione del volo —

il diretto precedente risulta essere App. Roma 8 marzo 1997, Foro it.,

Rep. 1997, voce Trasporto (contratto di), n. 21, e Dir. consumi, 1997,

472, e, sia pure parzialmente, Cass. 25 agosto 1992, n. 9854, Foro it.,

Rep. 1993, voce Trasporto marittimo, n. 82, e Resp. civ., 1993, 550, con nota di Gaiga, La pratica dell'«overbooking» e la responsabilità del vettore aereo in una decisione del Supremo collegio, e Dir. traspor

II Foro Italiano — 1999.

Svolgimento del processo. — Premesso: di aver acquistato in data 10 febbraio 1998 il biglietto aereo n. 6690278849 dal

vettore Meridiana s.p.a., per il volo 114 Y Roma-Olbia pro

grammato per le ore 21,35 (orario di decollo) del giorno 13

febbraio 1998; di essersi presentato puntualmente all'aeroporto Leonardo da Vinci di Roma, per l'imbarco sull'aeromobile di

linea di cui al volo indicato precedentemente; di essere decolla

to alle ore 22.35 con un ritardo quindi di sessanta minuti primi sull'orario previsto, per un volo della durata di quarantacinque minuti; tutto ciò premesso, l'attore adiva questa giustizia per sentire accogliere le conclusioni riportate in epigrafe.

Si costituiva ritualmente in giudizio la convenuta Meridiana

s.p.a., come in atti, depositando in cancelleria propria compar sa di risposta, con la quale, pur riconoscendo che si era verifi

cato il ritardo lamentato dall'attore, contestava in diritto la di

lui pretesa e concludeva come in epigrafe riportato. All'udienza del 29 aprile 1998, di comparizione e prima di

trattazione, le parti confermavano le tesi sostenute nei rispettivi atti introduttivi. Non è stato possibile esperire il tentativo di

conciliazione per assenza «fisica» della convenuta Meridiana e

anche per mancanza di un suo rappresentante ex art. 317 c.p.c. E d'altra parte i suoi procuratori in delega, legittimamente im

pediti, per l'occasione erano sostituiti in udienza da un collega non dominus, e perciò non legittimato a transigere e a concilia

re. Era invece presente personalmente l'attore Giuffrida insieme

al suo procuratore come in atti. Con attività processuale ritual

mente svolta dalle parti, la causa veniva messa in istruttoria

e rinviata all'udienza del 3 giugno 1998 per consentire al procu ratore dell'attore di apprestare la replica alle argomentazioni di parte convenuta. Alla predetta udienza di rinvio la causa ap

pariva istruita e veniva perciò tenuta in decisione assegnando, su richiesta delle parti, il termine del 7 luglio 1998 per il deposi to di note conclusionali e note spese.

Motivi della decisione. — Premessa. - Nella propria narrativa

(pag. 2 dell'atto di citazione) l'attore chiede che, per il ritardo

di sessanta minuti nel decollo del volo di cui alla esposizione dei fatti, gli venga riconosciuto il diritto di ottenere «una ridu

zione e rimborso del prezzo già corrisposto, da determinarsi

se del caso anche secondo equità». La domanda risulta così

confermata nelle conclusioni, considerata la formulazione delle

stesse.

La normativa del codice di rito, d'altra parte, all'art. 113,

2° comma, recita: «il giudice di pace decide secondo equità le

cause il cui valore non eccede lire due milioni».

Orbene, questo giudice decidente, ligio al principio iura novit

curia, in ciò confortato dalla sentenza della Corte di cassazione

(sez. un. n. 6794 del 15 giugno 1991, Foro it., 1991, I, 2717)

ti, 1994, 525, con nota di Sia e Zanelli, Sul ritardo del passeggero aereo nella presentazione all'accettazione) volte a sanzionare, rispetto ad un contratto di trasporto di persone, l'inadempimento del vettore

aereo per aver eseguito la prestazione «con un ritardo (. . .) di sessanta

minuti primi sull'orario previsto, per un volo della durata di quaranta

cinque minuti».

Tempi duri — si dirà — per i vettori aerei, stretti tra l'onere di pro vare di aver preso tutte le misure necessarie e possibili, secondo la nor

male diligenza, per evitare il danno (come, peraltro, imposto dall'art. 942 c. nav.), e l'impossibilità di invocare a propria discolpa clausole

di esonero dalla responsabilità, ormai tangibilmente esposte al pericolo di essere riconosciute come irrimediabilmente vessatorie (il che le porta vicine al tamquam non essent) ai sensi dell'art. 1469 quinquies, 2° com

ma, c.c. Siffatti profili di responsabilità si affiancano a quelli, ormai

pacifici, dell 'overbooking (cfr. Cavalli, Rifiuto all'imbarco e overboo

king-. problemi di diritto interno e di diritto comunitario, in Dir. comu

nitario scambi internaz., 1993, 377; Busti, La responsabilità del vettore

aereo per «overbooking», in Dir. trasporti, 1993, 313; Girardi, Recen

ti sviluppi della regolamentazione dell'«overbooking» ed applicazione

degli schemi di indennizzo per mancato imbarco, id., 1992, 413). Benché pronunce come quella odierna si apprezzino per il salto in

avanti nella tutela dei consumatori e degli utenti (particolarmente atten

to alle ricadute, nei rapporti tra vettori e utenti dei servizi di trasporto, di un possibile, massiccio trend giurisprudenziale volto a superare il

regime di irresponsabilità del vettore per ritardo, Bellantuono, op.

cit.,) facendo ricorso all'esistente giuridico contenuto nelle codificazio

ni, senza invocare, cioè, il massiccio corpus normativo extracodicistico

orientato alla consumer's protection (vero sintomo di un fenomeno di

«balcanizzazione» del diritto dei contratti, secondo quanto scrive Par

dolesi, Eliminazione degli squilibri, tutela delle imprese, tutela dei con

sumatori: verso una riscrittura giudiziale del contenuto dei contratti?,

in corso di stampa in Disciplina comm., 1999), non sembra cogliere nel segno Vobiter dictum del giudice sassarese che ricollega l'inadempi mento all'abuso di posizione dominante. [M. Granieri]

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1075 PARTE PRIMA 1076

che, seppur antecedente all'istituzione del giudice di pace, evi

dentemente ha inteso avvalorare anche per il futuro una nozio

ne legalista e oggettiva dell'equità, ritiene di non dover ignorare i principi regolatori della materia (parole sacrosante, ahimé can

cellate nel vigente art. 113 c.p.c.), anche e soprattutto perché le parti ad essi principi hanno fatto esplicito e pieno riferimento

nel portare avanti le rispettive tesi difensive, accendendo attor

no alle invocate norme di diritto sostanziale un interessante e

valido confronto. Nel pronunciare su questa causa, perciò, il

decidente seguirà le norme del diritto.

Sull'art debeatur. Questo giudicante intende risolvere, preli

minarmente, le questioni sollevate «in via principale» da parte convenuta.

La domanda dell'attore, sostiene la convenuta, è «carente nei

suoi presupposti e comunque improponibile e/o inammissibile

e/o infondata».

Sul punto si osserva: parte convenuta sostiene che l'attore

chiede il risarcimento di un danno, ma non dimostra di averlo

subito e tanto meno di aver subito conseguenze immediate di

rette di ordine patrimoniale. Partendo da tali assunti la conve

nuta, per dare vigore alla propria linea difensiva, cita, coerente

mente, il Nuovissimo dizionario della lingua italiana di F. Pa

lazzi, la Teoria generale delle obbligazioni di Betti (1953), la

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale di Scognami

glio (1968); ricorda le posizioni in dottrina di Schlesinger e di

De Cupis. Le dotte citazioni e le puntuali considerazioni in di

ritto di parte convenuta sono senz'altro pregevoli e condivisibi

li. Tutti i cultori e gli utenti del diritto non possono non trovare

nel materiale richiamato dalla convenuta le fonti indispensabili e utili per delineare e per delimitare il concetto di danno e quel lo di risarcimento. Questo giudicante, però, non può fare a me

no di rilevare che l'oggetto della causa, come si evince dall'atto

di citazione e come coerentemente ha ribadito l'attore all'udien

za del 3 giugno 1998, non è la richiesta di risarcimento di un

danno patito, ma il riconoscimento di un inadempimento con

trattuale, che ovviamente è stato poi dall'attore quantificato eco

nomicamente. Nella specie, si è verificato un ritardo nel tra

sporto aereo di persona e in conseguenza di questo ritardo l'at

tore, che è la persona trasportata, ritiene responsabile il vettore

convenuto e da quest'ultimo ritiene di aver diritto ad una ridu

zione del prezzo del biglietto di viaggio. Così inquadrata e qua

lificata, e non può essere diversamente, la domanda dell'attore

appare corredata dei presupposti eziologici necessari per render

la proponibile e perciò anche ammissibile.

Quanto alla fondatezza o meno della domanda, la soluzione

è collegata all'esito del giudizio di merito.

Considerato ritualmente instaurato il contraddittorio, questo

giudicante può passare, pertanto, all'esame del merito.

È pacifico in causa che tra attore e convenuta sia stato stipu lato un contratto di trasporto di persona ex art. 1678 c.c. Tale

tipo di contratto è configurato come un negozio giuridico a pre stazioni corrispettive: le obbligazioni tra cui intercorre il nesso

sinallagmatico hanno per oggetto da una parte la prestazione di una somma di denaro (l'attore che acquista il biglietto di

viaggio e lo paga), e dall'altra parte la prestazione del trasferi

mento di persona da un luogo ad un altro (il vettore che si

obbliga ad un facere nei termini descritti nel biglietto di viaggio). È pure pacifico in causa che si è verificato un ritardo pari

a sessanta minuti primi nell'esecuzione della prestazione da par te del vettore. A questo ritardo le parti in causa danno rilevan

za e importanza contrastanti.

L'attore ritiene di aver diritto ad ottenere una riduzione e

perciò un rimborso di parte del biglietto di viaggio pagato anti

cipatamente, a causa del semplice ritardo nel decollo del volo, ravvisando nel ritardo un'inadempienza contrattuale del vettore

convenuto.

La convenuta nega questo diritto in capo all'attore e si appel la genericamente all'art. 1681 c.c. e specificamente all'art. 942

c. nav., di quest'ultimo chiedendo l'applicazione nei propri con

fronti in particolare per quanto riguarda l'esimente.

Analizzate le due norme di diritto sostanziale citate da parte

convenuta, questo decidente osserva immediatamente che in te

ma di responsabilità del vettore nel trasporto aereo di persone, l'art. 942 c. nav. provvede a regolare simmetricamente la stessa

materia oggetto dell'art. 1681 c.c. In definitiva il commento

all'una norma va a soddisfare anche il commento all'altra norma.

«Il vettore risponde del danno per il ritardo ... a meno che

provi che egli e i suoi dipendenti e preposti hanno preso tutte

le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza,

per evitare il danno», così l'art. 942 c. nav. In questa parte

Il Foro Italiano — 1999.

della norma dovrebbe ravvisarsi l'esimente invocata da parte convenuta. Ma che cosa ha fatto parte convenuta per essere

in regola con l'esimente?

Si è giustificata adducendo che «si è verificato, infatti, che a causa di ritardi, del tutto fisiologici, accumulati dall'aeromo

bile in questione su tratte da questo precedentemente servite,

il trasporto riguardante, appunto, l'attore abbia avuto inizio

con il ritardo di un'ora sul previsto» (pag. 1 e 2 della comparsa di costituzione e risposta). Il problema connesso alla fisiologica

gestione del traffico aereo che può creare ritardi nei collega menti per i quali il vettore non possa essere chiamato a rispon

dere, viene ripreso più volte nelle proprie difese, fino a indurre

la convenuta a dire esplicitamente che è pacifico e fin troppo scontato «che laddove non vi siano spazi aerei percorribili, in

gergo, slots, il vettore non possa essere tenuto a risarcire i pas

seggeri per il sol fatto di non aver egli potuto, per cause non

direttamente ascrivibigli, effettuare il trasporto secondo le tem

pistiche preventivate» (pag. 5 e 6 della comparsa di costituzione

e risposta). La difesa della convenuta, inoltre, ha richiamato l'art. 9 delle

condizioni generali del contratto, che tra l'altro recita «le ore

indicate negli orari o altrove non sono impegnative e non costi

tuiscono elemento essenziale di questo contratto». In proposito

parte convenuta avverte che le condizioni ex art. 9 citato «risul

tano approvate dalla competente autorità ministeriale».

Ritenuto quanto fin qui riportato delle difese di parte conve

nuta, si osserva: l'interpretazione dell'art. 942 c. nav. è univo

ca, nel senso che spetta al vettore, e soltanto a lui, l'onere della

prova liberatoria (convenuta la chiama «esimente») della respon sabilità in caso di danno per il ritardo nel trasporto di persone.

L'interpretazione grettamente letterale della norma, con il rife

rimento alla totalità delle misure necessarie e possibili da adot

tare per evitare il danno, farebbe supporre che la legge abbia

inteso addossare al vettore l'onere di prendere tutte le misure

atte ad evitare il danno, astrattamente concepibili e possibili. Non è questa, comunque, l'interpretazione che questo giudican te intende dare alla norma in commento. Ma, si ripete la do

manda, che cosa ha fatto la convenuta per evitare il danno per il ritardo? Si è limitata a giutificarsi appellandosi genericamente alla gestione fisiologica del traffico aereo; nella specie, ha poi

precisato che ritardi del tutto fisiologici accumulati dall'aero

mobile su tratte precedentemente servite, hanno fatto ritardare

il volo di cui è causa; ed ancora che danno alcuno ha patito l'attore in quanto ha atteso l'imbarco «in un'attrezzata aerosta

zione e non all'addiaccio» (pag. 2 e 3 della comparsa di costitu

zione e risposta), dando così ad intendere che l'attrezzata aero

stazione e il fatto che il passeggero non sia rimasto all'addiac

cio, siano state le uniche misure necessarie e possibili adottate

da esso vettore per rendere al passeggero almeno confortevole

l'attesa dell'imbarco protrattasi per un'ora oltre l'orario previ sto. Sinceramente è un'ironia che appare fuori luogo, e di cui

parte convenuta avrebbe fatto bene ad evitare l'esternazione.

Dalle difese della convenuta emerge, comunque, con tutta evi

denza che i ritardi, nel trasporto aereo sono del tutto fisiologi

ci, cioè rientrano nella normalità, forse addirittura nella quoti dianità della gestione del traffico aereo. E che dire, poi, sulla

mancanza di spazi aerei percorribili, in gergo slots? Certamente

gli slots non li ha scelti il passeggero, il quale, acquistando il

biglietto di viaggio, si limita ad accettare le proposte del vetto

re. E quest'ultimo, consegnando il biglietto di viaggio dietro

incasso anticipato del relativo prezzo, si impegna ad assolvere

alla propria prestazione nei termini contrattuali, così come ap

paiono nel documento di viaggio. Ma ad adiuvandum del vetto

re c'è la salvaguardia dell'art. 9 delle condizioni generali del

contratto, riportate nella lettera di trasporto, rammenta la con

venuta. In proposito questo giudicante ritiene che una regola,

seppur approvata dalla competente autorità ministeriale, non

possa violare, nello specifico, le norme ex art. 1228 e 1229 c.c.

ed ex art. 948 c. nav.

È opinione di questo giudicante che il richiamato art. 9 delle

condizioni generali del contratto rappresenta un abuso di posi zione dominante, e che in ogni caso è ininfluente e irrilevante

nel caso in esame essendovi in atti l'ammissione da parte del

vettore del ritardo nell'esecuzione della propria prestazione. Sul quantum debeatur. Parte convenuta sostiene che non è

dato capire in che consista il danno patito dall'attore, conside

rato che danno risarcibile è unicamente quello valutabile patri monialmente e che l'attore medesimo omette di indicare l'entità

del danno che assume subito. In proposito si rinvia a quanto

questo giudicante ha argomentato nel paragrafo sull'art debea

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tur, in relazione l'ammissibilità della domanda in funzione del

l'esistenza o meno dei suoi presupposti eziologici. A questo punto il giudicante ritiene di dover fare un breve

accenno a quel profilo emergente di danno alla persona, che va sotto il nome di danno biologico, che è diverso dal danno morale e dal danno patrimoniale o economico, e che può essere

risarcito ed è risarcito in sé e per sé, anche in assenza di danno

patrimoniale. Ma su questo argomento non è lecito insistere

più di tanto in questa sede, non essendo stato sollevato né da

parte attrice né da parte convenuta.

A meno che il giudicante non voglia andare extrapetizione. E proprio per non incorrere nell'ultra petitum, questo decidente

si rifà alla domanda attorea con la quale è stato chiesto il rim

borso di parte del prezzo del biglietto del volo, tenendo conto

delle circostanze e dell'entità del ritardo.

Fermo restando, come già detto, che la domanda attorea è

fondata e perciò è da accogliere, questo è il prospetto esplicati vo dei conteggi eseguiti per determinare l'ammontare del rim

borso sulla falsa riga della richiesta avanzata dall'attore.

Prezzo biglietto di viaggio lire 176.000. Parte del prezzo del

biglietto chiesta a rimborso è da ricomprendere tra il minimo

di una lira e il massimo di lire 175.999: i due estremi sono infat

ti compresi nel prezzo globale del biglietto. Tenuto conto delle

circostanze e dell'entità del ritardo, si ritiene di dover fissare

in lire 56.000 (cinquantaseimila) l'ammontare del rimborso da

riconoscere all'attore e da mettere a carico della convenuta.

Osservazioni finali. Il decidente così riassume, osserva e con

clude: l'attore aveva chiesto, previo riconoscimento del colpe vole ritardo di Meridiana nell'effettuazione del volo 114 Y del

13 febbraio 1996, il rimborso di parte del prezzo del biglietto di viaggio; non ha chiesto il risarcimento di un danno patrimo

niale, quindi nessuna prova doveva dare in tal senso; ha espo sto un fatto, lo ha corredato degli elementi di diritto che costi

tuiscono le ragioni della domanda (causa petendi)-, ha formula

to l'indicazione del provvedimento che voleva ottenere (petitum); ha assolto all'onere probatorio di sua competenza.

La domanda attorea è pertanto basata su idonei presupposti,

perciò è da considerare proponibile e ammissibile. Poiché, infi

ne, tra il ritardo di un'ora su un volo della durata di soli qua

rantacinque minuti e il richiesto rimborso vi è uno stretto nesso

di causalità, la domanda attorea appare anche fondata e perciò

accoglibile nei limiti economici come sopra dettagliati.

GIUDICE DI PACE DI AREZZO; sentenza 13 agosto 1998; Giud. Pieschi; Salimbeni (Aw. Calussi) c. Soc. Linea uffi

cio e La Fondiaria assicurazioni (Avv. Brilli).

GIUDICE DI PACE DI AREZZO;

Danni in materia civile — Danni alla persona da sinistro strada

le — Postumi micropermanenti — Mancata prova del nesso

causale — Esclusione (Cod. civ., art. 2043, 2056).

Il danno biologico da micropermanente (nella specie, microle

sioni del rachide cervicale pari al due per cento) non può es

sere risarcito, qualora non sia stata raggiunta la prova del

nesso causale tra le lesioni riportate nel sinistro stradale e

i postumi permanenti, mentre il giudizio medico-legale su tale

rapporto ha natura meramente probabilistica. (1)

(1) Sul punto non constano precedenti negli esatti termini.

Tuttavia, nella prassi giudiziaria le lesioni permanenti di piccola enti

tà (c.d. micropermanenti) rappresentano una voce di danno (biologico) ricorrente, soprattutto se si orienta lo sguardo verso i (pretestuosi?) risarcimenti elargiti per rinfrancare i postumi micropermanenti derivati

da sinistri stradali. A farne le spese, le compagnie assicuratrici, le quali,

per arginare il dilagare del fenomeno risarcitorio legato alle mini- (le sioni comprese tra il 1° e il 4° punto percentuale) e micro-permanenti

(dal 5° al 10° punto percentuale), hanno per parte loro proposto, sulla

falsariga della c.d. legge sugli infortuni (d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, art. 74, che prevede, in favore dell'Inali, una franchigia per le invalidità

permanenti inferiori al dieci per cento), l'esclusione del risarcimento

delle piccole menomazioni permanenti, individuate dalla letteratura

Il Foro Italiano — 1999.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione ritualmen te notificato per l'udienza del 13 novembre 1997 Salimbeni Do

natella esponeva che: — il giorno 7 maggio 1996 ad Arezzo si era verificato inci

dente stradale che aveva coinvolto la Ford Fiesta tg. AH644HL

da lei condotta e l'auto tg. AR/479378 di proprietà della ditta Linea ufficio condotta da Maioli Aldo;

— il sig. Maioli andava a tamponare la vettura dell'attrice, che si era fermata al semaforo proiettante luce rossa;

— la responsabilità del sinistro andava ascritta al Maioli, che

non si fermava a debita distanza dalla Salimbeni; — La Fondiaria assicurazioni s.p.a., che gestisce la r.c.a. del

la società convenuta, riconoscendo la responsabilità della pro

pria assicurata, risarciva i danni provocati all'auto della Salim

beni, ma disconosceva le lesioni lamentate dall'attrice ed il con

seguente risarcimento delle stesse.

Da ciò la citazione in giudizio con le conclusioni sopra for

mulate.

All'udienza del 19 novembre 1997 si costituivano La Fondia

ria assicurazioni s.p.a. e la Linea ufficio s.r.l. con comparsa

medico-legale in quelle con percentuale di invalidità dall'un per cento al dieci per cento. L'assunto prende le mosse dalla concreta ininfluenza delle «piccole permanenti» sulla capacità di guadagno del soggetto leso, cui si accompagna il convincimento secondo cui le irreversibili meno mazioni del bene salute sarebbero facilmente tollerate dall'organismo attraverso la «capacità di autoadattamento del danneggiato» (v. F. Ma stropaolo, Il risarcimento del danno alla salute, Napoli, 1983, 350; G. Gentile, Danno alla persona, voce dell' Enciclopedia del diritto, Mi

lano, 1962, XI, 652). Un'identica parabola argomentativa viene traccia ta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'indole areddituale di questa sottovoce del danno biologico prenderebbe forma proprio at traverso l'inclusione nell'alveo risarcitorio delle sole lesioni all'integrità psicofisca (la sola ad essere danneggiata dalle micropermanenti), posto che le invalidità permanenti di modestissimo grado non comporterebbe ro lesioni funzionali tali da ridurre l'effettiva capacità di lavoro del

soggetto danneggiato (Cass. 4 marzo 1995, n. 2515, Foro it., Rep. 1995, voce Danni civili, n. 133; 21 gennaio 1995, n. 699, ibid., n. 134; 9 dicembre 1994, n. 10539, id., Rep. 1994, voce cit., n. 170; 20 luglio 1993, n. 8066, id., Rep. 1993, voce cit., n. 135; 19 marzo 1993, n.

3260, ibid., n. 71, e Resp. civ., 1993, 268, con nota di G. Comandè; 26 ottobre 1992, n. 11616, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 70; 9 mag gio 1991, n. 5161, id., Rep. 1991, voce cit., n. 156). Esprime il medesi mo concetto, ricorrendo però al «sistema» delle presunzioni, una recen tissima pronuncia della Suprema corte (Cass. 3 settembre 1998, n. 8769, id., Mass., 945), ad avviso della quale, se per le lesioni di modesta entità può presumersi, ex art. 2727 c.c., che i postumi micropermanenti non avranno alcuna incidenza sull'attività lavorativa e sulla conseguen te capacità di produrre reddito, al contrario per le macro-permanenti (lesioni che ledono il bene salute con una percentuale maggiore del dieci

per cento) sussiste una presunzione opposta, in base alla quale l'invali dità permanente inciderà «in modo apprezzabile sulla capacità di gua dagno del danneggiato».

Il suggerimento proposto dalle compagnie assicuratrici, seppur ben

articolato, pecca tuttavia di eccesso di machiavellismo, ai limiti dell'in

genuità: non deve dimenticarsi, infatti, che escludere tout court il risar cimento delle micro-permanenti significherebbe eliminare in parte qua la tutela del diritto alla salute, soluzione che, avuto riguardo al rango costituzionale di tale diritto, appare inattingibile perfino per una legge dello Stato.

Altra questione è se le lesioni micropermanenti abbiano un'incidenza reddituale sulla capacità lavorativa «specifica». L'orientamento della

giurisprudenza di legittimità esclude quasi all'unisono una tale evenien za. Infatti, la Cassazione ha di recente precisato che le micropermanen ti di modesta entità non si traducono di norma in una proporzionale diminuzione della capacità lavorativa specifica, incidendo questa esclu sivamente nella sfera psicofisica del soggetto leso (Cass. 20 gennaio 1997, n. 535, id., 1997, I, 3645). Ma i giudici della terza sezione non esitano a sfidare la contraddizione, allorquando riconoscono al danneggiato un'«ulteriore liquidazione» ov'egli dimostri la concreta incidenza della lesione micropermanente sulla specifica capacità di guadagno (Cass. 9

dicembre 1994, n. 10539, cit.). Alle medesime conclusioni erano giunti i giudici capitolini (App. Ro

ma 28 maggio 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 197, e Riv. giur. circo

laz. e trasp., 1987, 300, con nota di A. Taievi), per i quali le lesioni

micropermanenti, nonostante le modeste ripercussioni sul bene salute, sono idonee a produrre una diminuzione della capacità lavorativa speci fica e quindi un danno patrimoniale. Esclude, invece, l'incidenza di

tali lesioni sulla capacità di guadagno del soggetto leso (che, come da

copione, viene compresa nella «categoria» del danno biologico) e pre vede al contempo un autonomo risarcimento patrimoniale del danno

estetico, Cass. 28 aprile 1997, n. 3635 (non massimata ufficialmente), Rass. giur. umbra, 1997, 691, con nota di G. Zuddas, secondo cui, diversamente dalle micropermanenti c.d. occulte, quelle localizzate su

parti visibili del corpo (nella specie, il volto) potrebbero avere ripercus sioni negative sull'attività lavorativa futura.

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