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sentenza 4 novembre 1999, n. 420 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 novembre 1999, n. 45);...

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sentenza 4 novembre 1999, n. 420 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Capotosti; Provincia di Trento (Avv. Falcon) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Russo). Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 7/8-9/10 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195289 . Accessed: 24/06/2014 20:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.162 on Tue, 24 Jun 2014 20:14:25 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 4 novembre 1999, n. 420 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 novembre 1999, n.45); Pres. Granata, Est. Capotosti; Provincia di Trento (Avv. Falcon) c. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato Russo). Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 7/8-9/10Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195289 .

Accessed: 24/06/2014 20:14

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PARTE PRIMA

salariale), nella parte in cui non prevede — nel caso di prosecu zione volontaria della contribuzione da parte dell'assicurato si

no a raggiungere la prescritta anzianità contributiva ed assicu

rativa minima — che la pensione di anzianità non possa essere

liquidata in misura inferiore a quella spettante sulla base della

sola contribuzione obbligatoria. Il rimettente prospetta l'ipotesi di una assicurata che, dopo

aver conseguito, tramite contribuzione obbligatoria, una anzia

nità contributiva [ventotto anni] inferiore al minimo [trentacin

que anni], abbia poi versato contributi volontari sufficienti al

superamento della prescritta anzianità assicurativa e contributi

va minima. L'applicazione della norma denunciata, imponendo

(per le pensioni con decorrenza successiva — come nel caso di

specie — al 31 dicembre 1975) la considerazione, ai fini dell'in

dividuazione della retribuzione pensionabile, dei tre gruppi di

52 settimane con contribuzione più elevata nell'ambito delle 520

settimane di contribuzione precedenti la data di decorrenza del

la pensione, comporterebbe — secondo il rimettente stesso —

l'irrazionale ed ingiusto risultato della determinazione d'un trat

tamento pensionistico inferiore a quello spettante sulla base del

la sola, più elevata, contribuzione obbligatoria (di per sé non

sufficiente, tuttavia, a far maturare il diritto a pensione). 2. - La questione è solo parzialmente fondata.

2.1. - Il giudice a quo muove da una erronea considerazione

della ratio delle pronunce di questa corte da lui invocate (sen tenze n. 428 del 1992, Foro it., 1993, I, 2978; n. 307 del 1989,

id., 1991, I, 335; n. 574 del 1987, id., 1989, I, 938), nonché da un'individuazione inesatta delle finalità stesse della contribu

zione volontaria.

Con tali sentenze, infatti, nonché con le sentenze n. 201 del

1999 (id., 1999, I, 2162), n. 427 del 1997 (id., Rep. 1998, voce Previdenza sociale, n. 583), n. 388 del 1995 (id., 1995, I, 2648), n. 264 del 1994 (ibid., 1126) e n. 822 del 1988 (id., 1991, I, 335), questa corte ha inteso enunciare la regola generale, secon

do cui, dopo il perfezionamento del requisito minimo contribu

tivo, l'ulteriore contribuzione (obbligatoria, volontaria o figu

rativa), mentre vale ad incrementare il livello di pensione già

consolidato, non deve comunque compromettere la misura del

la prestazione potenzialmente maturata sino a quel momento:

effetto, quest'ultimo, che sarebbe, infatti, palesemente contra

stante con gli art. 3 e 38 Cost, (v., in particolare, sentenze n.

201 del 1999 e n. 388 del 1995). Per cui è da ritenere che il

contrasto con gli art. 3 e 38 Cost., sotto il profilo della viola

zione dei criteri, rispettivamente, della ragionevolezza e dell'a

deguatezza, sussista soltanto quando ad un maggiore apporto contributivo successivo al perfezionamento dell'anzianità mini

ma contributiva (anche se raggiunta con contributi non solo

obbligatori) corrisponda una riduzione della pensione maturata

sulla base della precedente contribuzione.

Dunque la menzionata giurisprudenza — lungi dal ritenere

consentito all'assicurato di sterilizzare a suo arbitrio ed in ogni caso le contribuzioni volontarie onde far valutare, a fini pensio nistici, esclusivamente i più elevati contributi obbligatori — ha

solo affermato che a lui dev'essere comunque consentito di op tare per il trattamento previdenziale risultante dal conseguimen to dell'anzianità contributiva minima, allorché l'ulteriore con

tribuzione comporti una riduzione della pensione, ma senza po ter ottenere, ove abbia esercitato tale opzione, che gli siano

riconosciuti in aggiunta eventuali altri vantaggi derivanti dalla

successiva contribuzione (v., in particolare, sentenza n. 388 del

1995, cit.). 2.2. - Da quanto premesso discende che, nella specie, occorre

distinguere tra i versamenti volontari necessari al raggiungimen to dell'anzianità contributiva minima e quelli ulteriori.

I principi di cui alla citata giurisprudenza valgono pienamen te con riguardo alla contribuzione successiva al perfezionamen to del requisito minimo contributivo (anche se non raggiunto — come già osservato — con la sola contribuzione obbligato

ria). La normativa denunciata (precedente a quella del 1982,

già dichiarata incostituzionale sotto il medesimo profilo) non si sottrae, perciò, nei limiti già precisati, alla censura di illegitti mità costituzionale rispetto agli art. 3 e 38, 2° comma, Cost., mancando in essa una clausola di salvaguardia della posizione acquisita a seguito del raggiungimento dell'anzianità minima con

tributiva, che «segna un limite intrinseco alla discrezionalità del

legislatore nella scelta, ad esso riservata, del criterio di indivi

duazione del periodo di riferimento della retribuzione pensiona

li. Foro Italiano — 2000.

bile» (sentenza n. 388 del 1995, cit.); restando assorbito ogni altro prospettato profilo di illegittimità costituzionale sul punto.

In senso contrario si deve concludere con riguardo ai versa

menti volontari necessari al raggiungimento dell'anzianità con

tributiva minima.

Non si rinvengono, infatti (tanto meno negli art. 35, 1° com

ma, e 38, 2° comma, Cost., indicati dal rimettente), principi costituzionali che impongano in ogni caso e a tutti gli effetti

l'equiparazione della contribuzione volontaria a quella obbliga toria. E dunque è da ritenersi che il legislatore non abbia trava

licato i limiti della propria discrezionalità nell'individuare il pe riodo di riferimento per la retribuzione pensionabile non esclu

dendo da esso la contribuzione volontaria nel caso in cui la

pensione d'anzianità venga a dover essere liquidata in misura

inferiore a quella calcolata sulla base della sola contribuzione

obbligatoria. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti

mità costituzionale dell'art. 14, 3° comma, 1. 30 aprile 1969

n. 153 (revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in ma

teria di sicurezza sociale), come sostituito dall'art. 26 1. 3 giu

gno 1975 n. 160 (norme per il miglioramento dei trattamenti

pensionistici e per il collegamento alla dinamica salariale), nella

parte in cui non prevede, nel caso di prosecuzione volontaria

della contribuzione da parte dell'assicurato che abbia già conse

guito la prescritta anzianità contributiva minima, che la pensio ne di anzianità non possa essere liquidata in misura inferiore

a quella calcolata sulla base della sola contribuzione minima.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 novembre 1999, n.

420 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Capotosti; Provincia di Trento

(Aw. Falcon) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Rus

so). Conflitto di attribuzione.

Trentino-Alto Adige — Provincia di Trento — Emo trasfusioni

e raccolta del sangue — Attività dei servizi sanitari — Disci

plina attuativa — Spettanza allo Stato — Esclusione — Fatti

specie (Cost., art. 32, 136; d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, ap

provazione del testo unico delle leggi costituzionali concer

nenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, art. 9,

16; d.p.r. 28 marzo 1975 n. 474, norme di attuazione dello

statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igie ne e sanità, art. 2; 1. 23 agosto 1988 n. 400, disciplina dell'at tività di governo e ordinamento della presidenza del consiglio dei ministri, art. 17; 1. 4 maggio 1990 n. 107, disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi

componenti e per la produzione di plasmaderivati, art. 8, 11).

Non spetta allo Stato stabilire, con decreto del ministro della

sanità, in materia di raccolta del sangue ed emoderivati, vin

coli, indirizzi o obblighi nei confronti delle regioni e province autonome, in sede di attuazione degli art. 8, 4° comma, e

11 l. 4 maggio 1990 n. 107; va conseguentemente annullato

il decreto del ministro della sanità 17 luglio 1997 n. 308, limi

tatamente agli art. 1, 2, 1° comma, lett. b), c), d), e), i), e 4, 2° comma. (1)

(1) La Corte costituzionale fa espresso riferimento ai principi da essa stessa affermati nella sent. 6 febbraio 1991, n. 49 (Foro it., 1992, I, 13, con nota di richiami, commentata da Costanzo, in Giur. costit., 1991, 1544, e da Groppi, in Foro amm., 1991, 1905), con cui ha dichia rato l'incostituzionalità dell'art. 11, 1° comma, I. 4 maggio 1990 n. 107, nella parte in cui attribuiva alla competenza del ministro della sa nità l'emanazione delle norme di indirizzo e coordinamento alle quali sono tenute a conformarsi le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per l'attuazione della stessa legge, sostenendo che il potere

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Il ricorso per conflitto di attribuzione nei con

fronti dello Stato promosso dalla provincia autonoma di Trento

ha per oggetto l'art. 1, l'art. 2, 1° comma, lett. b), c), d), e) ed f), e l'art. 4, 2° comma, del decreto del ministro della sanità

17 luglio 1997 n. 308. Queste disposizioni, stabilendo una serie

di compiti, di adempimenti, di finalità relativi all'attività dei

servizi sanitari della provincia nel settore delle emotrasfusioni

e della raccolta del sangue, ad avviso della ricorrente, violereb

bero, in quanto invasive delle competenze provinciali, l'art. 9, n. 10, e l'art. 16 dello statuto speciale di autonomia, come at

tuato dall'art. 2, 2° comma, d.p.r. 28 marzo 1975 n. 474, che

appunto prevedono la competenza provinciale in materia di igiene e sanità, nonché l'art. 8, 1° comma, 2° comma, lett. b) e c), e 4° comma, e l'art. 11, 1° comma e 3° comma, lett. h), 1.

4 maggio 1990 n. 107. Secondo la provincia ricorrente, inoltre, sarebbero violati, sotto diversi profili, anche l'art. 136 Cost,

e l'art. 17, 1° comma, lett. b), e 3° comma, 1. 23 agosto 1988

n. 400.

2. - Il ricorso deve essere accolto.

Il conflitto in esame verte sull'asserita invasione, da parte del decreto ministeriale impugnato, delle attribuzioni in materia

di igiene, sanità ed assistenza sanitaria ed ospedaliera, riservate

alla provincia di Trento dalle suindicate disposizioni statutarie

e di attuazione, in base alle quali «alle province autonome com

petono le potestà legislative ed amministrative attinenti al fun

zionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari».

L'accertamento del carattere lesivo del predetto decreto deve

quindi prendere le mosse dall'individuazione del suo fondamen

to legislativo al fine di precisarne l'ambito di applicazione; a

questo riguardo appaiono invocabili essenzialmente l'art. 8, 4°

comma, 1. 4 maggio 1990 n. 107 e l'art. 11 stessa legge. La prima di queste due disposizioni, che va considerata «in

particolare» — come risulta testualmente stabilito dal preambo lo dell'atto impugnato — prevede come proprio soggetto l'isti

tuto superiore di sanità, cui compete il compito di coordinare

l'attività dei centri regionali e di favorire l'autosufficienza na

zionale di sangue e di emoderivati, mentre al ministro della sa

nità compete solo di emanare, sentita la commissione nazionale

per il servizio trasfusionale, le «normative tecniche», che ap

punto l'istituto superiore di sanità deve attuare.

La seconda disposizione da prendere in considerazione è l'art.

11 stessa 1. n. 107, che nel testo originario stabiliva che il mini

stro della sanità «emana le norme di indirizzo e coordinamento

alle quali devono conformarsi le regioni e le province autonome

di Trento e di Bolzano per l'attuazione della presente legge». Senonché questa corte con la sentenza n. 49 del 1991 (Foro

it., 1992, I, 13) ha deciso che, pur potendosi considerare, per certi aspetti, la predetta 1. n. 107 come legge-cornice, non era

comunque possibile ricondurre, per forma e per contenuti, la

potestà normativa prevista dall'art. 11,1° comma, alla funzio

ne di indirizzo e coordinamento, cosicché doveva essere dichia

rato costituzionalmente illegittimo l'inciso «di indirizzo e coor

dinamento, alle quali devono conformarsi le regioni e le provin ce autonome di Trento e di Bolzano». Il comma in questione

pertanto, secondo la predetta sentenza, «rimane circoscritto al

la previsione che il ministro della sanità 'emana le norme per l'attuazione della presente legge'», naturalmente nel rispetto dei

limiti, trattandosi di potestà regolamentare volta all'attuazione

della legge, previsti dall'art. 17 1. n. 400 del 1988, tra cui quello

del ministro deve considerarsi circoscritto alla predisposizione delle nor

me di attuazione della legge, da emanare secondo il procedimento stabi

lito dall'art. 17, 4° comma, 1. 23 agosto 1988 n. 400.

Per altra decisione, sempre resa nell'ambito di un conflitto tra enti, con cui la corte ha fatto riferimento ai principi espressi nella sent. 49/91, v. Corte cost. 14 marzo 1997, n. 61, Foro it., 1997, I, 1685, con nota

di richiami, commentata da Camerlengo, in Regioni, 1997, 632, e da

Gigante, in Giur. costit., 1997, 634, che ha dichiarato non spettare allo Stato disciplinare con decreto del ministro della sanità i rapporti, con riguardo alla provincia autonoma di Trento, tra le strutture pubbli che provviste di servizi trasfusionali e quelle pubbliche e private, accre

ditate e non accreditate, dotate di frigoemoteche, nonché disciplinare la funzione ed i compiti dei comitati per il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri.

In tema di competenza della regione Trentino-Alto Adige in materia

di igiene e sanità, v. Corte cost. 9 ottobre 1998, n. 352, Foro it., 1999,

I, 53, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2000.

fissato dal 1° comma, lett. b), che preclude appunto alla fonte

secondaria di disciplinare «materie riservate alla competenza re

gionale» (sentenza n. 49 del 1991). In base a queste due disposi

zioni, che costituiscono lo specifico fondamento legislativo del

decreto, si può dunque ritenere che la competenza normativa

del ministro della sanità in questo settore vada essenzialmente

circoscritta alla formulazione di norme di attuazione della 1.

n. 107 del 1990, non incidenti su materie «riservate alla compe tenza regionale». Questi limiti, però, non appaiono rispettati dal decreto ministeriale in oggetto.

3. - Premesso che, riguardo al testo normativo in esame, non

c'è ragione per discostarsi da quanto stabilito nella citata deci

sione n. 49 del 1991 in ordine alla conclusione che «la locuzione

'regioni' abbia il suo significato più ampio comprensivo anche

delle province ad autonomia differenziata, oltreché delle regioni a statuto speciale», il primo profilo da valutare concerne pro

prio l'incidenza del decreto impugnato su materie riservate alla

competenza provinciale. A questo riguardo, è palese il carattere invasivo delle compe

tenze provinciali del suddetto regolamento ministeriale, che, al

l'art. 1, si propone di individuare addirittura «gli obiettivi gene rali e gli interventi da compiere per assicurare una risposta or

ganica ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale»; all'art. 2 stabilisce, tra l'altro, che il ministero della sanità con

corda con le regioni, evidentemente in funzione di indirizzo e

coordinamento, particolari procedure per il raggiungimento della

autosufficienza di sangue o per la distribuzione dei plasmaderi vati eccedenti, emana «le linee guida relative ai modelli organiz zativi e di funzionamento delle attività trasfusionali ed alla pra tica trasfusionale nonché alla formazione ed aggiornamento del

personale che competono alle regioni ed all'istituto superiore di sanità» e definisce altresì «il programma di emovigilanza»; all'art. 4 dispone che, al fine di assicurare «il coordinamento

delle attività trasfusionali sotto il profilo programmatorio e fi

nanziario», «le regioni e le province autonome adottano le ini

ziative di carattere organizzativo» necessarie per l'adempimento di una serie di funzioni.

4. - Si tratta di prescrizioni che, per il loro contenuto diretto

a vincolare lo svolgimento di funzioni provinciali attraverso la

fissazione di particolari compiti e procedure obbligatoriamente concordati con regioni e province, nonché di forme di verifica

ministeriali, chiaramente eccedono l'ambito dell'attuazione del

la legge per integrare viceversa un modo surrettizio di esercizio

di una vera e propria funzione di indirizzo e coordinamento

dell'attività provinciale in materia; funzione già dichiarata ille

gittima da questa corte. Risulta così lesa la competenza provin ciale nel settore dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera, non po tendo un regolamento ministeriale porre norme volte a limitare

la sfera delle competenze delle regioni e delle province autono

me in materie loro attribuite (sentenze n. 61 del 1997, id., 1997,

1, 1685, e n. 250 del 1996, id., 1996, I, 3575). Né, d'altronde, è evidentemente accoglibile la prospettazione della difesa dello

Stato che, nel caso in esame, si tratterebbe di una pura «solleci

tazione alla collaborazione» tra Stato e provincia, giacché l'atto

impugnato ha comunque l'efficacia tipica di una fonte.

D'altra parte, l'atto impugnato neppure realizza una partico lare forma di coordinamento «tecnico», perché, in base all'art.

8, 4° comma, 1. n. 107, tale coordinamento doveva essere affi

dato all'istituto superiore di sanità, in quanto dotato delle ne

cessarie competenze tecniche (sentenza n. 49 del 1991, cit.), men

tre al ministro della sanità spettava solo l'emanazione di «nor

mative tecniche», basate cioè su criteri e giudizi scientifici, quali invece non possono considerarsi le disposizioni in esame, che

appaiono precipuamente dirette «a fissare criteri di organizza

zione, ad individuare organi e procedure» (sentenza n. 61 del

1997, cit.). Per tutte queste ragioni è quindi palese il carattere invasivo

del decreto impugnato rispetto alle attribuzioni della provincia ricorrente. L'accoglimento del ricorso per i motivi prospettati assorbe ogni altra censura.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non

spetta allo Stato stabilire, con decreto del ministro della sanità,

in materia di raccolta del sangue ed emoderivati, vincoli, indi

rizzi o obblighi nei confronti delle regioni e province autonome,

in sede di attuazione degli art. 8, 4° comma, e 11 1. 4 maggio 1990 n. 107 e conseguentemente annulla il decreto del ministro

della sanità 17 luglio 1997 n. 308, limitatamente agli art. 1,

2, 1° comma, lett. b), c), d), e) ed/), e all'art. 4, 2° comma.

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