sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 novembre 1999, n.45); Pres. Granata, Est. Onida; Comune di Torino (Avv. Resta); interv. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato Zotta). Ord. App. Torino 27 febbraio 1998 (due) (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 345/346-347/348Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195436 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
getto principale del giudizio della corte, in base all'art. 38 1.
n. 87 del 1953. Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.
37, 3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, questa corte è
chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia
ammissibile, esistendo i presupposti di un conflitto la cui risolu
zione spetti alla sua competenza, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;
che il sostituto procuratore della repubblica presso la Pretura
circondariale di Bolzano è legittimato a sollevare il conflitto, in quanto lo stesso, titolare diretto ed esclusivo dell'attività di
indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale, a norma dell'art. 112 Cost, (tra molte, sentenza n. 410 del 1998,
ibid., 2771), fa valere con il presente ricorso l'indipendenza nel
l'esercizio delle attribuzioni del potere giudiziario, in relazione
alla difesa di esse nei giudizi sui conflitti tra regioni o province autonome e Stato;
che anche la legittimazione del presidente del consiglio dei
ministri a resistere nel conflitto deve essere riconosciuta, trat
tandosi dell'organo competente a dichiarare definitivamente la
volontà del potere che esso rappresenta in ordine alla determi
nazione di costituirsi nei giudizi costituzionali per conflitto tra
Stato e regioni o province autonome;
che, quanto all'oggetto del conflitto, il ricorrente sostituto
procuratore della repubblica lamenta, conformemente a quanto richiesto dall'art. 37, 1° comma, 1. n. 87 del 1953, la lesione
di proprie attribuzioni costituzionalmente garantite; che dal ricorso si ricavano le «ragioni del conflitto» e sono
indicate «le norme costituzionali che regolano la materia», se
condo quanto prescrive l'art. 26 delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissibi
le, ai sensi dell'art. 37 1. 11 marzo 1953 n. 87, il conflitto di
attribuzione proposto dal sostituto procuratore della repubblica
presso la Pretura circondariale di Bolzano con il ricorso indica
to in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 novembre 1999, n.
421 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Ontda; Comune di Torino (Avv.
Resta); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Zotta). Ord. App. Torino 27 febbraio 1998 (due) (G.U., 1" s.s., n. 17 del 1998).
Elezioni — Consigli di circoscrizione — Dipendenti comunali — Ineleggibilità — Omessa previsione — Questione infonda
ta di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1. 23 aprile 1981 n.
154, norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle
cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e cir
coscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al
servizio sanitario nazionale, art. 2).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2, 1° comma, n. 7, I. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in
cui stabilirebbe la ineleggibilità dei dipendenti comunali al con siglio comunale, ma non anche a quello circoscrizionale, in
riferimento agli art. 3 e 97, 1° comma, Cost. (1)
(1) La Corte costituzionale dichiara infondata l'eccezione di costitu
zionalità rilevando l'inesattezza della premessa interpretativa sulla qua le essa si fondava, in quanto il giudice a quo riteneva non potersi ope rare una estensione ai consigli circoscrizionali della causa di ineleggibili tà stabilita per i dipendenti comunali con riguardo ai consigli comunali.
La corte invece, sulla base del carattere unitario del comune e della
qualificazione delle circoscrizioni come organismi nascenti dalla riparti zione del territorio comunale, segue l'opposta interpretazione «adegua
li- Foro Italiano — 2000.
Diritto. — 1. - La questione, sollevata con due identiche or
dinanze della Corte d'appello di Torino, investe l'art. 2, 1° com
ma, n. 7,1. 23 aprile 1981 n. 154 (norme in materia di ineleggi bilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, pro
vinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di
incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale), nella
parte in cui, secondo l'interpretazione del rimettente, non esclu
derebbe l'eleggibilità dei dipendenti comunali ai consigli di cir coscrizione del medesimo comune, mentre ne sancirebbe l'ine
leggibilità al solo consiglio comunale.
La norma contrasterebbe con l'art. 97, 1° comma, Cost., in
quanto consentirebbe al dipendente comunale eletto nel consi
glio circoscrizionale di assumere la posizione di controllore e
al contempo di controllato, non garantendo così l'imparzialità
dell'amministrazione; con gli art. 3 e 97, 1° comma, Cost., in
quanto non assicurerebbe, nel caso dei soli consigli circoscrizio
nali, la separazione fra poteri di indirizzo politico e poteri di
amministrazione, adottata invece per i consigli comunali, realiz
zando così una irrazionale diversificazione di trattamento; con
l'art. 3 Cost., in quanto praticherebbe un trattamento irragio nevolmente differenziato fra i medesimi dipendenti comunali,
prevedendone la ineleggibilità solo in riferimento al consiglio comunale e non anche ai consigli circoscrizionali, i cui poteri sarebbero peraltro una frazione di quelli di cui dispongono i
consigli comunali, e che spettano in definitiva al comune.
2. -1 giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono essere riu
niti per essere decisi con unica pronunzia. 3. - La questione non è fondata.
La corte rimettente muove dalla premessa secondo cui la di
sposizione impugnata non potrebbe che essere interpretata nel
senso che l'ineleggibilità, per i dipendenti comunali, riguarda il solo consiglio comunale, e non anche i consigli circoscriziona
li dello stesso comune: e ciò perché, trattandosi di norma che
fa eccezione alla regola della eleggibilità, essa dovrebbe essere
interpretata «secondo stretto diritto», ai sensi dell'art. 14 disp.
prel. c.c., che vieta l'applicazione delle leggi eccezionali «oltre
i casi e i tempi in esse considerati». La premessa non è condivisibile. La disposizione che — elen
cando le cause di ineleggibilità «a consigliere regionale, provin
ciale, comunale e circoscrizionale» — sancisce l'ineleggibilità dei
«dipendenti della regione, della provincia e del comune per i
rispettivi consigli», dal punto di vista strettamente letterale con
sente una lettura che includa, fra i «rispettivi consigli» cui essa
ha riguardo, i consigli circoscrizionali, come assemblee apparte
trice» con la quale supera pertanto i dubbi di costituzionalità sollevati dal giudice a quo.
Per l'affermazione secondo cui la disposizione di cui all'art. 2, 1°
comma, n. 7, 1. 154/81 — che prevede l'ineleggibilità alla carica di
consigliere comunale di coloro che, al momento dell'accettazione della
candidatura, sono dipendenti del comune — data la sua genericità e in difetto di ulteriori specificazioni, si estende a tutte le persone che siano legate all'ente da un rapporto implicante subordinazione, con esclu sione quindi delle sole prestazioni di lavoro autonomo, restando indif ferente la natura del rapporto di lavoro, se di pubblico impiego o di diritto privato ed il carattere determinato o indeterminato della durata di esso, v. Cass. 15 settembre 1995, n. 9762, Foro it., Rep. 1995, voce
Elezioni, n. 165; 3 dicembre 1987, n. 8975, id., Rep. 1988, voce cit., n. 79. Circa la cessazione della causa di ineleggibilità di cui all'art. 2, 1°
comma, n. 7, 1. 154/81, v. Cass. 23 giugno 1992, n. 7684, id., Rep. 1992, voce cit., n. 135, secondo cui essa si verifica soltanto per effetto delle dimissioni del dipendente dell'ente o del componente degli indicati
consigli che intenda esercitare il proprio diritto di elettorato passivo, senza possibilità di rimedi equipollenti ed in particolare senza che pos sa, al detto fine, riconoscersi idoneità, quanto al dipendente, al colloca mento in aspettativa; Trib. Modena 24 ottobre 1990, id., 1991, I, 2651, con nota di richiami, il quale ha sostenuto che le dimissioni presentate dal pubblico dipendente, al fine di rimuovere la causa di ineleggibilità di cui all'art. 2, 1° comma, n. 7, 1. 154/81, hanno effetto, qualora la pubblica amministrazione non provveda, dal quinto giorno successi vo alla presentazione, ritenendo pertanto ineleggibile il dipendente che
abbia rassegnato le dimissioni prima del giorno fissato per la presenta zione delle candidature, allorché, prima di tale termine, non siano an
cora trascorsi i cinque giorni richiesti dalla legge per la concretizzazione del provvedimento tacito del silenzio-accoglimento da parte della pub blica amministrazione.
Sulla disciplina delle incompatibilità-ineleggibilità nelle elezioni co
munali, v., da ultimo, Trib. Belluno 31 maggio 1997, id., 1999, I, 2121, con nota di richiami e nota di Pertici.
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PARTE PRIMA
nenti al comune del quale l'interessato sia dipendente. Se anche
i consigli di circoscrizione si collocano nell'ambito del comune, sia pure distinti dal consiglio comunale per sfera territoriale di
rappresentatività e per competenze, se ne può desumere che l'i
neleggibilità «rispettiva» dei dipendenti del comune, sancita dalla
disposizione impugnata, riguardi tutti i consigli elettivi esistenti
nell'ambito dello stesso comune, e dunque sia il consiglio co
munale che quelli circoscrizionali.
Una lettura più restrittiva, come quella proposta dal giudice a quo potrebbe giustificarsi solo in chiave logico-sistematica, muovendo da una ricostruzione del sistema normativo che con
figurasse le circoscrizioni come entità distinte e «altre» rispetto al comune, e non solo i consigli circoscrizionali come assemblee
diverse dal consiglio comunale. Ma lo stesso rimettente non so
lo non propone siffatta configurazione, bensì, al contrario, fonda
le censure di illegittimità costituzionale proprio sulla apparte nenza delle circoscrizioni al comune, la quale comporterebbe che i dipendenti comunali, ancorché in atto non assegnati ad
un determinato ufficio circoscrizionale del comune da cui di
pendono, ma solo potenzialmente suscettibili di esserlo, si tro
verebbero, se eletti in uno qualsiasi dei consigli di circoscrizione
dello stesso comune, in posizione di possibile conflitto di interessi.
4. - In realtà il legislatore, ancorché non abbia mai definito
univocamente, in via generale, la natura e il ruolo delle circo
scrizioni, le ha, fin dalla legge istitutiva (1. 8 aprile 1976 n.
278), configurate «nell'ambito dell'unità del comune» (art. 2, 2° comma), come organismi nascenti dalla ripartizione del pro
prio territorio operata dallo stesso comune (art. 1 stessa legge), istituiti nell'esercizio del potere, attribuito al comune, «di orga nizzazione secondo principi di ampio decentramento» (art. 1, in fine), e pertanto disciplinati, quanto ad attribuzioni e a fun
zionamento, da un atto di autonomia comunale, quale il rego lamento (art. 4). A questa luce si comprende come lo stesso
legislatore del 1976 non abbia sentito il bisogno di disciplinare in modo autonomo le cause di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri circoscrizionali, accontentandosi di stabilire la
estensione ad essi, «in quanto applicabili», delle cause previste
per i consiglieri comunali (art. 7, 3° comma, stessa 1. n. 278
del 1976). La legge del 1976 era ancora in vigore quando intervenne
la 1. n. 154 del 1981, che, disciplinando ex novo integralmente la materia delle ineleggibilità e incompatibilità nelle assemblee
elettive locali, dettò disposizioni esplicitamente riferite anche ai
consigli circoscrizionali, fra le quali quella oggi denunciata. Non
risulta dai lavori preparatori (dai quali appare che l'esplicita menzione dei consigli di circoscrizione, relativamente alle cause
di ineleggibilità e incompatibilità, comparve solo nel corso della
seconda lettura del progetto alla camera dei deputati) che il par lamento abbia voluto sostanzialmente innovare, su questo pun
to, rispetto alla disciplina di semplice rinvio contenuta nell'art.
7, 3° comma, 1. n. 278 del 1976, in particolare limitando le
ineleggibilità e le incompatibilità dei consiglieri circoscrizionali
alle sole ipotesi in cui le situazioni o i rapporti considerati a
tal fine siano riferiti espressamente alla circoscrizione (cfr. art.
2, 1° comma, n. 12; art. 3, 1° comma, n. 7; art. 4, 2° comma), ed escludendole invece nei più numerosi casi di situazioni o rap
porti riferiti al comune (cfr. art. 2, 1° comma, nn. 7, 8, 9,
10, 11; art. 3, 1° comma, nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6). La successiva 1. 8 giugno 1990 n. 142 (ordinamento delle au
tonomie locali), che ha fra l'altro abrogato (art. 13, 6° comma) la 1. n. 278 del 1976, a sua volta ha confermato che le circoscri
zioni nascono da una articolazione del territorio del comune,
obbligatoria o facoltativa a seconda della dimensione di que st'ultimo (art. 13, 1° comma), e che il consiglio circoscrizionale
rappresenta le esigenze della relativa popolazione «nell'ambito
dell'unità del comune»; e ha stabilito che l'organizzazione e le
funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate «dallo statuto co
munale e da apposito regolamento» del comune; ha cioè ribadi
to che si tratta di organismi rimessi per la loro disciplina allo
statuto, massimo atto di autonomia, o almeno di autorganizza
zione, del comune (art. 13, 2° comma; e cfr. art. 4, 2° comma). 5. - Tale essendo il quadro normativo, non sussistono ostaco
li, come invece ritiene la corte rimettente, alla interpretazione della disposizione impugnata nel senso che è estesa ai consigli circoscrizionali la causa di ineleggibilità sancita per i dipendenti del comune: interpretazione sulla cui base la questione di legit timità costituzionale sollevata non ha motivo di essere.
Il Foro Italiano — 2000.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 2, 1° comma, n. 7, 1. 23 aprile 1981 n. 154 (norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di con sigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in
materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario na
zionale), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 97, 1° comma,
Cost., dalla Corte d'appello di Torino con le ordinanze indicate
in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 ottobre 1999, n. 403
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 novembre 1999, n. 44); Pres. Granata, Est. Contri; Giordano e altro (Avv. Gia
cobbe); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Arena). Ord. Cass. 11 dicembre 1997 (G.U., la s.s., n. 27 del 1998).
Ordinamento giudiziario — Provvedimenti disciplinari contro
magistrati — Ricorso in Cassazione — Ordine della discus
sione — Rinvio alla disciplina del codice di procedura civile — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 24; cod.
proc. civ., art. 379; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla
costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore del
la magistratura, art. 14, 17).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
379, 3° comma, c.p.c., nella parte in cui prevede l'applicabi
lità, nei procedimenti relativi alle impugnazioni delle sentenze
della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magi stratura davanti alla Corte di cassazione attivati con ricorso
del procuratore generale presso la stessa, della disposizione medesima in base alla quale il pubblico ministero espone oral
mente le sue conclusioni motivate dopo che gli avvocati delle
parti hanno svolto le loro difese, in riferimento all'art. 24
Cost. (1)
(1) Le parti del giudizio a quo avevano avanzato un'istanza con cui chiedevano di rimettere all'esame della Corte costituzionale la questione più ampia relativa alla legittimità costituzionale del potere riconosciuto al procuratore generale presso la cassazione di impugnare le decisioni della sezione disciplinare del Csm, dal momento che tale possibilità, prevista dalla legge ordinaria, non è contenuta nell'art. 107 Cost., il
quale attribuisce il potere di esercitare l'azione disciplinare solo al mini stro della giustizia. Un fondamento di tale previsione parrebbe potersi vedere anche nel carattere discrezionale dell'azione disciplinare che se trova una giustificazione nella responsabilità politica di cui è portatore il ministro verso il parlamento, pare poco comprensibile con riguardo alla posizione che invece assume nell'ordinamento il procuratore gene rale presso la Cassazione.
Il giudice a quo ha invece ritenuto di limitare la questione di costitu zionalità all'ordine di discussione derivante dall'applicabilità ai giudizi di impugnazione dei provvedimenti disciplinari dell'art. 379, 3° com
ma, c.p.c., individuando in ciò un'incompatibilità logica e giuridica tra
quanto stabilito dalla disposizione in questione e la qualità di parte che viene ad assumere il procuratore generale quando propone il ricor so avverso il provvedimento disciplinare.
La corte rimane entro i limiti del chiesto dal giudice a quo e non si pone neppure il problema di un eventuale allargamento della questio ne attraverso il potere di autosollevare davanti a sé la più ampia que stione di costituzionalità, limitandosi ad escludere, con una motivazio ne assai (forse troppo) sbrigativa, che possa derivare una qualsiasi vio lazione dell'art. 24 Cost, dal previsto ordine della discussione orale.
L'ordinanza di rimessione delle sezioni unite della Cassazione è mas
simata, con data 12 marzo 1998, n. 230, in Foro it., Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 284, e commentata da Glendi, in Corriere giur., 1998, 914.
Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità degli art. 379, 3° comma, c.p.c., e 14, 17 1. 195/58, in riferimento all'art. 24 Cost., sul presupposto che il procuratore generale ricorrente non assume nell'occasione la qualità di parte, ma quella di tutore imparziale
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