+ All Categories
Home > Documents > sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 novembre 1999, n. 45);...

sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 novembre 1999, n. 45);...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: vonhan
View: 214 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Onida; Comune di Torino (Avv. Resta); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Zotta). Ord. App. Torino 27 febbraio 1998 (due) (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 1998) Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 345/346-347/348 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195436 . Accessed: 25/06/2014 01:05 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 01:05:27 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Onida; Comune di Torino (Avv. Resta); interv. Pres. cons. ministri

sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 novembre 1999, n.45); Pres. Granata, Est. Onida; Comune di Torino (Avv. Resta); interv. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato Zotta). Ord. App. Torino 27 febbraio 1998 (due) (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 345/346-347/348Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195436 .

Accessed: 25/06/2014 01:05

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 01:05:27 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Onida; Comune di Torino (Avv. Resta); interv. Pres. cons. ministri

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

getto principale del giudizio della corte, in base all'art. 38 1.

n. 87 del 1953. Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.

37, 3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, questa corte è

chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia

ammissibile, esistendo i presupposti di un conflitto la cui risolu

zione spetti alla sua competenza, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;

che il sostituto procuratore della repubblica presso la Pretura

circondariale di Bolzano è legittimato a sollevare il conflitto, in quanto lo stesso, titolare diretto ed esclusivo dell'attività di

indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale, a norma dell'art. 112 Cost, (tra molte, sentenza n. 410 del 1998,

ibid., 2771), fa valere con il presente ricorso l'indipendenza nel

l'esercizio delle attribuzioni del potere giudiziario, in relazione

alla difesa di esse nei giudizi sui conflitti tra regioni o province autonome e Stato;

che anche la legittimazione del presidente del consiglio dei

ministri a resistere nel conflitto deve essere riconosciuta, trat

tandosi dell'organo competente a dichiarare definitivamente la

volontà del potere che esso rappresenta in ordine alla determi

nazione di costituirsi nei giudizi costituzionali per conflitto tra

Stato e regioni o province autonome;

che, quanto all'oggetto del conflitto, il ricorrente sostituto

procuratore della repubblica lamenta, conformemente a quanto richiesto dall'art. 37, 1° comma, 1. n. 87 del 1953, la lesione

di proprie attribuzioni costituzionalmente garantite; che dal ricorso si ricavano le «ragioni del conflitto» e sono

indicate «le norme costituzionali che regolano la materia», se

condo quanto prescrive l'art. 26 delle norme integrative per i

giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissibi

le, ai sensi dell'art. 37 1. 11 marzo 1953 n. 87, il conflitto di

attribuzione proposto dal sostituto procuratore della repubblica

presso la Pretura circondariale di Bolzano con il ricorso indica

to in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 novembre 1999, n.

421 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Ontda; Comune di Torino (Avv.

Resta); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Zotta). Ord. App. Torino 27 febbraio 1998 (due) (G.U., 1" s.s., n. 17 del 1998).

Elezioni — Consigli di circoscrizione — Dipendenti comunali — Ineleggibilità — Omessa previsione — Questione infonda

ta di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1. 23 aprile 1981 n.

154, norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle

cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e cir

coscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al

servizio sanitario nazionale, art. 2).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

2, 1° comma, n. 7, I. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in

cui stabilirebbe la ineleggibilità dei dipendenti comunali al con siglio comunale, ma non anche a quello circoscrizionale, in

riferimento agli art. 3 e 97, 1° comma, Cost. (1)

(1) La Corte costituzionale dichiara infondata l'eccezione di costitu

zionalità rilevando l'inesattezza della premessa interpretativa sulla qua le essa si fondava, in quanto il giudice a quo riteneva non potersi ope rare una estensione ai consigli circoscrizionali della causa di ineleggibili tà stabilita per i dipendenti comunali con riguardo ai consigli comunali.

La corte invece, sulla base del carattere unitario del comune e della

qualificazione delle circoscrizioni come organismi nascenti dalla riparti zione del territorio comunale, segue l'opposta interpretazione «adegua

li- Foro Italiano — 2000.

Diritto. — 1. - La questione, sollevata con due identiche or

dinanze della Corte d'appello di Torino, investe l'art. 2, 1° com

ma, n. 7,1. 23 aprile 1981 n. 154 (norme in materia di ineleggi bilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, pro

vinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di

incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale), nella

parte in cui, secondo l'interpretazione del rimettente, non esclu

derebbe l'eleggibilità dei dipendenti comunali ai consigli di cir coscrizione del medesimo comune, mentre ne sancirebbe l'ine

leggibilità al solo consiglio comunale.

La norma contrasterebbe con l'art. 97, 1° comma, Cost., in

quanto consentirebbe al dipendente comunale eletto nel consi

glio circoscrizionale di assumere la posizione di controllore e

al contempo di controllato, non garantendo così l'imparzialità

dell'amministrazione; con gli art. 3 e 97, 1° comma, Cost., in

quanto non assicurerebbe, nel caso dei soli consigli circoscrizio

nali, la separazione fra poteri di indirizzo politico e poteri di

amministrazione, adottata invece per i consigli comunali, realiz

zando così una irrazionale diversificazione di trattamento; con

l'art. 3 Cost., in quanto praticherebbe un trattamento irragio nevolmente differenziato fra i medesimi dipendenti comunali,

prevedendone la ineleggibilità solo in riferimento al consiglio comunale e non anche ai consigli circoscrizionali, i cui poteri sarebbero peraltro una frazione di quelli di cui dispongono i

consigli comunali, e che spettano in definitiva al comune.

2. -1 giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono essere riu

niti per essere decisi con unica pronunzia. 3. - La questione non è fondata.

La corte rimettente muove dalla premessa secondo cui la di

sposizione impugnata non potrebbe che essere interpretata nel

senso che l'ineleggibilità, per i dipendenti comunali, riguarda il solo consiglio comunale, e non anche i consigli circoscriziona

li dello stesso comune: e ciò perché, trattandosi di norma che

fa eccezione alla regola della eleggibilità, essa dovrebbe essere

interpretata «secondo stretto diritto», ai sensi dell'art. 14 disp.

prel. c.c., che vieta l'applicazione delle leggi eccezionali «oltre

i casi e i tempi in esse considerati». La premessa non è condivisibile. La disposizione che — elen

cando le cause di ineleggibilità «a consigliere regionale, provin

ciale, comunale e circoscrizionale» — sancisce l'ineleggibilità dei

«dipendenti della regione, della provincia e del comune per i

rispettivi consigli», dal punto di vista strettamente letterale con

sente una lettura che includa, fra i «rispettivi consigli» cui essa

ha riguardo, i consigli circoscrizionali, come assemblee apparte

trice» con la quale supera pertanto i dubbi di costituzionalità sollevati dal giudice a quo.

Per l'affermazione secondo cui la disposizione di cui all'art. 2, 1°

comma, n. 7, 1. 154/81 — che prevede l'ineleggibilità alla carica di

consigliere comunale di coloro che, al momento dell'accettazione della

candidatura, sono dipendenti del comune — data la sua genericità e in difetto di ulteriori specificazioni, si estende a tutte le persone che siano legate all'ente da un rapporto implicante subordinazione, con esclu sione quindi delle sole prestazioni di lavoro autonomo, restando indif ferente la natura del rapporto di lavoro, se di pubblico impiego o di diritto privato ed il carattere determinato o indeterminato della durata di esso, v. Cass. 15 settembre 1995, n. 9762, Foro it., Rep. 1995, voce

Elezioni, n. 165; 3 dicembre 1987, n. 8975, id., Rep. 1988, voce cit., n. 79. Circa la cessazione della causa di ineleggibilità di cui all'art. 2, 1°

comma, n. 7, 1. 154/81, v. Cass. 23 giugno 1992, n. 7684, id., Rep. 1992, voce cit., n. 135, secondo cui essa si verifica soltanto per effetto delle dimissioni del dipendente dell'ente o del componente degli indicati

consigli che intenda esercitare il proprio diritto di elettorato passivo, senza possibilità di rimedi equipollenti ed in particolare senza che pos sa, al detto fine, riconoscersi idoneità, quanto al dipendente, al colloca mento in aspettativa; Trib. Modena 24 ottobre 1990, id., 1991, I, 2651, con nota di richiami, il quale ha sostenuto che le dimissioni presentate dal pubblico dipendente, al fine di rimuovere la causa di ineleggibilità di cui all'art. 2, 1° comma, n. 7, 1. 154/81, hanno effetto, qualora la pubblica amministrazione non provveda, dal quinto giorno successi vo alla presentazione, ritenendo pertanto ineleggibile il dipendente che

abbia rassegnato le dimissioni prima del giorno fissato per la presenta zione delle candidature, allorché, prima di tale termine, non siano an

cora trascorsi i cinque giorni richiesti dalla legge per la concretizzazione del provvedimento tacito del silenzio-accoglimento da parte della pub blica amministrazione.

Sulla disciplina delle incompatibilità-ineleggibilità nelle elezioni co

munali, v., da ultimo, Trib. Belluno 31 maggio 1997, id., 1999, I, 2121, con nota di richiami e nota di Pertici.

This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 01:05:27 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 4 novembre 1999, n. 421 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 novembre 1999, n. 45); Pres. Granata, Est. Onida; Comune di Torino (Avv. Resta); interv. Pres. cons. ministri

PARTE PRIMA

nenti al comune del quale l'interessato sia dipendente. Se anche

i consigli di circoscrizione si collocano nell'ambito del comune, sia pure distinti dal consiglio comunale per sfera territoriale di

rappresentatività e per competenze, se ne può desumere che l'i

neleggibilità «rispettiva» dei dipendenti del comune, sancita dalla

disposizione impugnata, riguardi tutti i consigli elettivi esistenti

nell'ambito dello stesso comune, e dunque sia il consiglio co

munale che quelli circoscrizionali.

Una lettura più restrittiva, come quella proposta dal giudice a quo potrebbe giustificarsi solo in chiave logico-sistematica, muovendo da una ricostruzione del sistema normativo che con

figurasse le circoscrizioni come entità distinte e «altre» rispetto al comune, e non solo i consigli circoscrizionali come assemblee

diverse dal consiglio comunale. Ma lo stesso rimettente non so

lo non propone siffatta configurazione, bensì, al contrario, fonda

le censure di illegittimità costituzionale proprio sulla apparte nenza delle circoscrizioni al comune, la quale comporterebbe che i dipendenti comunali, ancorché in atto non assegnati ad

un determinato ufficio circoscrizionale del comune da cui di

pendono, ma solo potenzialmente suscettibili di esserlo, si tro

verebbero, se eletti in uno qualsiasi dei consigli di circoscrizione

dello stesso comune, in posizione di possibile conflitto di interessi.

4. - In realtà il legislatore, ancorché non abbia mai definito

univocamente, in via generale, la natura e il ruolo delle circo

scrizioni, le ha, fin dalla legge istitutiva (1. 8 aprile 1976 n.

278), configurate «nell'ambito dell'unità del comune» (art. 2, 2° comma), come organismi nascenti dalla ripartizione del pro

prio territorio operata dallo stesso comune (art. 1 stessa legge), istituiti nell'esercizio del potere, attribuito al comune, «di orga nizzazione secondo principi di ampio decentramento» (art. 1, in fine), e pertanto disciplinati, quanto ad attribuzioni e a fun

zionamento, da un atto di autonomia comunale, quale il rego lamento (art. 4). A questa luce si comprende come lo stesso

legislatore del 1976 non abbia sentito il bisogno di disciplinare in modo autonomo le cause di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri circoscrizionali, accontentandosi di stabilire la

estensione ad essi, «in quanto applicabili», delle cause previste

per i consiglieri comunali (art. 7, 3° comma, stessa 1. n. 278

del 1976). La legge del 1976 era ancora in vigore quando intervenne

la 1. n. 154 del 1981, che, disciplinando ex novo integralmente la materia delle ineleggibilità e incompatibilità nelle assemblee

elettive locali, dettò disposizioni esplicitamente riferite anche ai

consigli circoscrizionali, fra le quali quella oggi denunciata. Non

risulta dai lavori preparatori (dai quali appare che l'esplicita menzione dei consigli di circoscrizione, relativamente alle cause

di ineleggibilità e incompatibilità, comparve solo nel corso della

seconda lettura del progetto alla camera dei deputati) che il par lamento abbia voluto sostanzialmente innovare, su questo pun

to, rispetto alla disciplina di semplice rinvio contenuta nell'art.

7, 3° comma, 1. n. 278 del 1976, in particolare limitando le

ineleggibilità e le incompatibilità dei consiglieri circoscrizionali

alle sole ipotesi in cui le situazioni o i rapporti considerati a

tal fine siano riferiti espressamente alla circoscrizione (cfr. art.

2, 1° comma, n. 12; art. 3, 1° comma, n. 7; art. 4, 2° comma), ed escludendole invece nei più numerosi casi di situazioni o rap

porti riferiti al comune (cfr. art. 2, 1° comma, nn. 7, 8, 9,

10, 11; art. 3, 1° comma, nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6). La successiva 1. 8 giugno 1990 n. 142 (ordinamento delle au

tonomie locali), che ha fra l'altro abrogato (art. 13, 6° comma) la 1. n. 278 del 1976, a sua volta ha confermato che le circoscri

zioni nascono da una articolazione del territorio del comune,

obbligatoria o facoltativa a seconda della dimensione di que st'ultimo (art. 13, 1° comma), e che il consiglio circoscrizionale

rappresenta le esigenze della relativa popolazione «nell'ambito

dell'unità del comune»; e ha stabilito che l'organizzazione e le

funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate «dallo statuto co

munale e da apposito regolamento» del comune; ha cioè ribadi

to che si tratta di organismi rimessi per la loro disciplina allo

statuto, massimo atto di autonomia, o almeno di autorganizza

zione, del comune (art. 13, 2° comma; e cfr. art. 4, 2° comma). 5. - Tale essendo il quadro normativo, non sussistono ostaco

li, come invece ritiene la corte rimettente, alla interpretazione della disposizione impugnata nel senso che è estesa ai consigli circoscrizionali la causa di ineleggibilità sancita per i dipendenti del comune: interpretazione sulla cui base la questione di legit timità costituzionale sollevata non ha motivo di essere.

Il Foro Italiano — 2000.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 2, 1° comma, n. 7, 1. 23 aprile 1981 n. 154 (norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di con sigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in

materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario na

zionale), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 97, 1° comma,

Cost., dalla Corte d'appello di Torino con le ordinanze indicate

in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 ottobre 1999, n. 403

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 novembre 1999, n. 44); Pres. Granata, Est. Contri; Giordano e altro (Avv. Gia

cobbe); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Arena). Ord. Cass. 11 dicembre 1997 (G.U., la s.s., n. 27 del 1998).

Ordinamento giudiziario — Provvedimenti disciplinari contro

magistrati — Ricorso in Cassazione — Ordine della discus

sione — Rinvio alla disciplina del codice di procedura civile — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 24; cod.

proc. civ., art. 379; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla

costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore del

la magistratura, art. 14, 17).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

379, 3° comma, c.p.c., nella parte in cui prevede l'applicabi

lità, nei procedimenti relativi alle impugnazioni delle sentenze

della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magi stratura davanti alla Corte di cassazione attivati con ricorso

del procuratore generale presso la stessa, della disposizione medesima in base alla quale il pubblico ministero espone oral

mente le sue conclusioni motivate dopo che gli avvocati delle

parti hanno svolto le loro difese, in riferimento all'art. 24

Cost. (1)

(1) Le parti del giudizio a quo avevano avanzato un'istanza con cui chiedevano di rimettere all'esame della Corte costituzionale la questione più ampia relativa alla legittimità costituzionale del potere riconosciuto al procuratore generale presso la cassazione di impugnare le decisioni della sezione disciplinare del Csm, dal momento che tale possibilità, prevista dalla legge ordinaria, non è contenuta nell'art. 107 Cost., il

quale attribuisce il potere di esercitare l'azione disciplinare solo al mini stro della giustizia. Un fondamento di tale previsione parrebbe potersi vedere anche nel carattere discrezionale dell'azione disciplinare che se trova una giustificazione nella responsabilità politica di cui è portatore il ministro verso il parlamento, pare poco comprensibile con riguardo alla posizione che invece assume nell'ordinamento il procuratore gene rale presso la Cassazione.

Il giudice a quo ha invece ritenuto di limitare la questione di costitu zionalità all'ordine di discussione derivante dall'applicabilità ai giudizi di impugnazione dei provvedimenti disciplinari dell'art. 379, 3° com

ma, c.p.c., individuando in ciò un'incompatibilità logica e giuridica tra

quanto stabilito dalla disposizione in questione e la qualità di parte che viene ad assumere il procuratore generale quando propone il ricor so avverso il provvedimento disciplinare.

La corte rimane entro i limiti del chiesto dal giudice a quo e non si pone neppure il problema di un eventuale allargamento della questio ne attraverso il potere di autosollevare davanti a sé la più ampia que stione di costituzionalità, limitandosi ad escludere, con una motivazio ne assai (forse troppo) sbrigativa, che possa derivare una qualsiasi vio lazione dell'art. 24 Cost, dal previsto ordine della discussione orale.

L'ordinanza di rimessione delle sezioni unite della Cassazione è mas

simata, con data 12 marzo 1998, n. 230, in Foro it., Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 284, e commentata da Glendi, in Corriere giur., 1998, 914.

Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità degli art. 379, 3° comma, c.p.c., e 14, 17 1. 195/58, in riferimento all'art. 24 Cost., sul presupposto che il procuratore generale ricorrente non assume nell'occasione la qualità di parte, ma quella di tutore imparziale

This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 01:05:27 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended