sentenza 5 febbraio 1986, n. 34 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 12 febbraio 1986, n. 6);Pres. Paladin, Rel. Saja; Burgassi c. Min. commercio con l'estero e Min. tesoro; interv. Pres.cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Trib. Firenze 17 marzo 1977 (G.U. n. 74 del1978)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 3 (MARZO 1986), pp. 607/608-611/612Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180194 .
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PARTE PRIMA
in posizione di privilegio rispetto a questi, sottoposti ad autoriz
zazione preventiva, e cosi realizzare una disparità di trattamento
effettivamente ingiustificata e in ogni caso più grave di quella
(fra esercenti impianti già installati) che qui è lamentata, disparità di trattamento quest'ultima la cui ingiustificatezza è discutibile (in relazione alla reale diversità di situazione fra chi osserva un
termine e chi non l'osserva) e sarebbe comunque assai meno
grave. Né varrebbe obiettare che la prima delle due esigenze — ma
in ogni caso non la seconda — avrebbe potuto essere egualmente soddisfatta anche senza la prefissione del termine, in quanto sarebbe stato sufficiente disporre la cessazione o la revoca dell'au
torizzazione provvisoria in caso di accertamento negativo — da
operare quando alla p.a. fosse stato possibile o parso opportuno — della ricorrenza dei presupposti e dei requisiti prescritti dalla
legge per l'autorizzazione definitiva: ritenuta non ingiustificata la
soluzione adottata dal legislatore, non può questa corte valutare
se e quale altra soluzione sarebbe stata egualmente, o per avventura
ancor più, coerente o adeguata alle esigenze avute di mira.
6. - Il Tribunale di Alessandria censura l'art. 44 1. n. 103/75 nella parte in cui subordina il funzionamento provvisorio degli
impianti ripetitori di programmi televisivi esteri già installati alla
condizione che, successivamente alla presentazione della domanda
di autorizzazione, non vengano modificate le caratteristiche tecni
co-operative degli impianti. Ad avviso del giudice a quo sarebbe in tal modo violato l'art.
3 Cost., in quanto la suddetta condizione porrebbe gli esercenti
degli impianti ripetitori in posizione ingiustificatamente deteriore
rispetto agli esercenti impianti di diffusione di programmi propri in ambito locale, non sottoposti ad analoga limitazione.
Sarebbero inoltre lesi gli art. 21 e 41 Cost., in quanto la
condizione in parola costituirebbe un limite « innaturale » alla
libertà di manifestazione del pensiero ed alla libertà di impresa.
7. - Neppure queste censure sono fondate. Quanto alla viola
zione dell'art. 3 Cost., il giudice a quo pone a raffronto il regime
degli impianti ripetitori, dettato dalla 1. n. 103/75, con quello, che
assume più favorevole, delle emittenti televisive in ambito locale.
Ma, come è noto, vi è in tale ultimo settore una situazione di
carenza legislativa, non essendosi provveduto alla regolamentazio ne positiva che questa corte, con la sent. n. 202/76 (id., 1976, I,
2066), mentre ha negato la legittimità della riserva allo Stato
dell'emittenza di portata non eccedente l'ambito locale, ha non
dimeno ritenuto indispensabile, riconoscendo fra l'altro l'esigenza di un regime autorizzatorio al fine di assicurare, secondo i criteri
prescelti, il coordinamento fra la detta emittenza e tutti gli altri
servizi e le altre attività di radiotelediffusione.
Ne deriva l'evidente infondatezza della questione, atteso che il
principio di uguaglianza viene invocato in senso inverso a quello
proprio, assumendosi una situazione normativa anomala quale
parametro di legittimità di una norma, che da un lato fa parte di
una regolamentazione positiva, dall'altro, concorrendo a istituire
un regime autorizzatorio analogo a quello vigente per tutte le
altre attività di diffusione radiotelevisiva, riflette un aspetto gene rale dell'ordinamento della intera materia (cfr. in tal senso la
sent, di questa corte n. 237 del 1984, id., 1984, I, 1049). Circa la lesione degli art. 21 e 41 Cost., va rilevato che il
Tribunale di Alessandria non denuncia come limitativo delle
libertà con essi garantite il regime autorizzatorio adottato dal
legislatore, regime connotato dal conferimento, sopra posto in
evidenza, alla p.a., del governo tecnico dell'etere, al fine di
assicurare, anche attraverso la prescrizione per regolamento di
date caratteristiche tecniche degli impianti e la verifica in sede di
autorizzazione dell'osservanza di esse, la compatibilità reciproca fra le varie attività di diffusione radiotelevisiva.
Senza dire che tale compatibilità rende possibile la pluralità delle fonti di informazione radiotelevisive, sicché essa compatibilità dovrebbe ritenersi comunque un limite pienamente apponibile tanto all'esercizio della libertà di manifestazione del pensiero,
quanto (o tanto più) all'esercizio della libertà di iniziativa eco
nomica, che nella materia delle attività di radiotelediffusione è
strettamente collegato al primo (la sent. n. 231/85 ha ravvisato la
configurabilità di un'autonoma compressione del secondo solo
rispetto alla diffusione di messaggi pubblicitari ed ha comunque ritenuto che anche in tal caso, se è illegittima la comprensione consistente nell'assoluto divieto di effettuare tali messaggi per i
ripetitori esteri, non sono illegittime le limitazioni imposte al fine
di assicurare il pluralismo delle fonti di infòrmazione).
Ciò posto, non si vede come possa ritenersi autonomamente
limitativo, e in ogni caso come possa ritenersi indebitamente
limitativo, delle libertà suindicate il divieto di modificazione delle
Il Foro Italiano — 1986.
caratteristiche tecniche degli impianti ripetitori già installati, che
è strettamente funzionale al sistema come sopra adottato e alle
finalità di esso.
È infatti evidente che l'indiscriminata modificabilità delle
caratteristiche tecniche degli impianti in regime provvisorio —
nel senso, chiaramente postulato dal giudice a quo, del loro
potenziamento — potrebbe dar luogo a interferenze, prima non
sussistenti, fra ripetitori ed altre fonti di diffusione radiotelevisi
va, e più in generale pregiudicare l'effettività della disciplina
regolamentare dei ripetitori e cosi quella compatibilità reciproca fra le varie attività di diffusione radiotelevisiva, che il governo tecnico dell'etere è teso a garantire.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi relativi alle ordinanze indicate in epigrafe, dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 1. 14 aprile 1975 n. 103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e
televisiva), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dall'ordinanza
del Pretore di Porretta Terme 7 novembre 1977; dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 della
legge suindicata, sollevata, in riferimento agli art. 3, 21 e 41 Cost., dall'ordinanza del Tribunale di Alessandria 15 marzo 1984.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 febbraio 1986, n. 34
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 12 febbraio 1986, n. 6); Pres.
Paladin, Rei. Saja; Burgassi c. Min. commercio con l'estero e
Min. tesoro; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato
Azzariti). Ord. Trib. Firenze 17 marzo 1977 (G.U. n. 74 del
1978).
Esportazione ed importazione — Commercio con l'estero —
Determinazione della cauzione per le importazioni — Potere
discrezionale dell'autorità amministrativa — Questione infondata di incostituzionalità (Cost., art. 23; 1. 20 luglio 1952 n. 1126,
disposizioni integrative in materia valutaria e di commercio con
l'estero, art. 1).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, 1°
e 3° comma, l. 20 luglio 1952 n. 1126, nella parte in cui
dispone che la misura della cauzione, cui sono subordinati i
pagamenti anticipati delle merci da importare, è stabilita con
decreto del ministero del commercio con l'estero, senza che siano predeterminati i criteri per stabilire tale misura, in riferi mento all'art. 23 Cost. (1)
Diritto. — 1. - La 1. 20 luglio 1952 n. 1126 detta disposizioni integrative in materia valutaria e di commercio con l'estero e, in
particolare, disciplina i pagamenti anticipati delle merci importa te, vale a dire quelli effettuati prima dell'arrivo delle merci stesse nel territorio della Repubblica e del loro « sdoganamento ». In
particolare, il legislatore ha inteso garantire l'obbligo, gra vante sull'importatore, che abbia anticipatamente ottenuto dal l'ufficio italiano dei cambi una concessione di valuta, di destinare
(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Firenze 17 marzo 1977 è massimata in Foro it., 1978, I, 1333, con nota di richiami.
Il problema affrontato dalla corte riguarda principalmente l'interven to dell'amministrazione nella determinazione della misura della cauzio ne prevista per le importazioni; intervento, a dire della corte, mera mente complementare ed integrativo, che rimane circoscritto alla specificazione quantitativa della prestazione, senza possibilità per la p.a. di scelte del tutto libere e quindi eventualmente arbitrarie.
Tale orientamento conferma quello già consolidatosi nella giurispru denza della corte, peraltro ampiamente richiamata in motivazione, sia pure con riferimento a diverse fattispecie: cfr. sent. 26 gennaio 1957, n. 4, id., 1957, I, 202; 26 gennaio 1957, n. 30, ibid., 503; 8 luglio 1957, n. 122, ibid., 1129; 16 dicembre 1960, n. 70, id., 1961, I, 3; 11 luglio 1961, n. 48, ibid., 1278; 9 aprile 1969, n. 72, id., 1969, I, 1402; 11 luglio 1969, n. 129, ibid., 2055; 24 luglio 1972, n. 144, id., 1972, I, 2713; 31 dicembre 1982, n. 257, id., 1983, I, 849. V., anche ord. 24 gennaio 1985, n. 31 (G.U. 6 febbraio 1985, n. 32 bis). Un aspetto differente della vicenda è dato invece dalla conformità delle norme che impongono la richiamata cauzione al trattato CEE. Sul problema cfr. F. Capelli, È illegittima la cauzione imposta in Italia sui pagamenti anticipati delle merci importate (nota a Corte giust. CE 9 giugno 1982, causa 95/81), in Foro pad., 1982, 41 e passim; tale sentenza è massima ta in Foro it., 1983, IV, 77, con nota di richiami di N. Annecchino, ed in Giust. civ., 1982, I, 2253, con nota di Scarpa.
Sul punto cfr., inoltre, Corte cost. 23 aprile 1985, n. 113, Foro it., 1985, I, 1600, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
realmente la medesima all'importazione, per la quale la detta
concessione è stata chiesta ed accordata. A tal fine, ha disposto che la concessione sia subordinata al versamento di una cauzione, ovvero all'assunzione di una fideiussione bancaria, a favore del
suddetto ufficio (art. 1, 1° e 4° comma). Per il caso di inadempi
mento, ha sancito l'incameramento totale o parziale della cauzio
ne, a seconda che l'importazione non sia stata effettuata in tutto
ovvero in parte (art. 4, 1" e 2° comma), esclusi peraltro espres samente i casi in cui l'inosservanza dell'obbligo sia stata determi
nata da causa non imputabile all'importatore (art. 5, 1° comma).
2. - Relativamente alla misura della cauzione, l'art. 1, 3°
comma, 1. cit. dispone che essa viene stabilita con decreto del
ministro per il commercio con l'estero.
Contro questa norma si dirige appunto il dubbio di illegittimità costituzionale sollevato nell'ordinanza di rimessione in riferimento
all'art. 23 Cost., il quale dispone che « nessuna prestazione
personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a
legge ». In proposito opina il giudice a quo che la norma
impugnata, consentendo all'esecutivo di determinare l'entità della
cauzione (o fideiussione), gli conferisca in realtà il potere di
incidere senza limiti, legislativamente determinati, sul patrimonio
dell'importatore: il che contrasterebbe con la riserva di legge stabilita dal precetto costituzionale ora citato.
Prima di affrontare tale questione, è opportuno ricordare che
nel corso del giudizio di costituzionalità è sopravvenuta la
sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 9 giugno 1982 (causa n. 95/81, Foro it., 1983, IV, 77), la quale ha
dichiarato che la Repubblica italiana con la normativa della cit. 1.
n. 1126/52 ha violato gli art. 30 e 36 del trattato CEE, in quanto la già detta cauzione potrebbe ostacolare la libera circolazione
dei beni nell'ambito comunitario; la suddetta decisione non
rileva però nella fattispecie, perché il rapporto dedotto nel
giudizio di merito, come dalle parti non si contesta, è estraneo
all'ordinamento comunitario (in caso diverso, sarebbe stato appli cabile il principio enunciato da questa corte con la sent. n.
113/85, id., 1985, I, 1600).
3. - Ciò precisato, si rileva che, seppure la cauzione de qua (ed
anche la fideiussione bancaria, la quale si risolve pur sempre in
un onere economico) possa essere considerata quale prestazione
imposta ai fini del cit. art. 23 Cost., la questione sollevata dal
giudice rimettente non appare fondata.
La disposizione costituzionale ora ricordata (che trova significa tivamente la sua collocazione del titolo I della parte I della Carta
fondamentale, relativo ai rapporti civili, mentre i rapporti econo
mici sono regolati dal titolo III) è diretta a garantire la libertà
individuale sia personale che patrimoniale. A tal fine il legislatore ha fatto ricorso al meccanismo della riserva di legge; la quale,
però, com'è ius receptum, ha carattere relativo, poiché consente
che il precetto espresso dalla norma primaria possa essere inte
grato da atti amministrativi che lo rendano meglio aderente alla
multiforme realtà socio-economica.
Naturalmente, l'ambito in cui può ritenersi consentito l'inter
vento dell'amministrazione è molto più limitato per le prestazioni
personali che per quelli patrimoniali: e ciò sia perché sostanzial
mente eterogeneo ne è il rispettivo oggetto, sia perché, mentre ri
guardo alle prime di norma valgono criteri già consolidati nella
coscienza collettiva come espressione della nostra civiltà giuridica, sulle seconde incidono notevolmente la varietà e la intrinseca
mutevolezza delle situazioni prese in considerazione, le quali sono
collegate al continuo fluire delle vicende economiche e quindi
generalmente irriducibili a trattamenti omogenei.
4. - Peraltro, anche relativamente a queste ultime, le sole qui in questione, è pur sempre necessario che il legislatore indichi
compiutamente il soggetto e l'oggetto della prestazione imposta, mentre l'intervento complementare ed integrativo da parte della
p.a. deve rimanere circoscritto alla specificazione quantitativa (e
qualche volta, anche qualitativa) della prestazione medesima:
senza che residui la possibilità di scelte del tutto libere e perciò eventualmente arbitrarie della stessa p.a., ma sussistano nella
previsione legislativa — considerata nella complessiva disciplina della materia — razionali ed adeguati criteri per la concreta
individuazione dell'onere imposto al soggetto nell'interesse generale.
In tali sensi è costante l'orientamento della corte (v. sent. n.
4, 30 e 122 del 1957, id., 1957, I, 202, 503 e 1129; 70/60, id.,
1961, I, 3, in motivazione; 48/61, ibid., 1281; 72 e 129/69, id.,
1969, I, 1402 e 2055; 144/72, id., 1972, I, 2713, in motivazione;
257/82, id., 1983, I, 849; ord. n. 31/85 e 139/85, id., 1986, I, 45);
né si ravvisano, ovvero vengono prospettati dalle parti, motivi per discostarsi da esso.
Il Foro Italiano — 1986.
5. - Seguendo la ricordata giurisprudenza, si deve concludere
che la norma impugnata sia costituzionalmente illegittima: essa,
infatti, se intesa al di là del mero elemento letterale e considerata
nella sua effettiva portata, non determina il pericolo di un'arbi
traria invasione da parte della p.a. nella sfera patrimoniale
dell'importatore. Se per l'osservanza dell'art. 23 Cost, non è certo
sufficiente una norma primaria che sia soltanto attributiva di
competenza agli organi esecutivi, d'altro canto, la delimitazione
della potestà amministrativa non deve necessariamente risultare
dalla formula della norma stessa, ma ben si può ricavare da tutto
il contesto della disciplina relativa alla materia di cui essa fa
parte. Nella fattispecie, dalla legislazione valutaria, considerata sia
complessivamente sia con particolare riguardo al settore del
commercio con l'estero, si rileva agevolmente che la p.a. non ha
un illimitato potere discrezionale, ma subisce effettive limitazioni
in conseguenza di tutti i fattori rilevanti sul contenuto del
provvedimento. Fattori i quali vanno dal controllo sul corso dei
cambi alla situazione della bilancia dei pagamenti, dall'entità
dell'inflazione alla qualità delle riserve monetarie e, in breve, a
tutti gli altri elementi che influiscono sull'andamento dell'econo
mia e quindi sullo sviluppo economico della nazione.
Ne discende che la natura tecnica dei suddetti criteri, come
questa corte ha ripetutamente affermato (vedansi ancora, le sent,
n. 122/57; n. 48/61; n. 72/69; n. 257/82; ord. n. 31/85), esclude
la sussistenza di un potere della p.a. così ampio, da potere sconfinare nell'arbitrario; esso, per contro, risulta circoscritto
nell'ambito della cosiddetta discrezionalità tecnica, che impone all'amministrazione di adottare, previ i necessari accertamenti di
fatto, soluzioni imposte dagli anzidetti criteri.
6. - Da un diverso angolo visuale, può aggiungersi che l'esclu
sione dell'eventualità di un arbitrio dell'amministrazione riceve
conferma dal modulo procedimentale previsto per l'emanazione
del provvedimento in esame.
Infatti, il ministero per il commercio con l'estero è tenuto, secondo il suo ordinamento generale e in relazione agli interessi da tutelare, ad agire in consonanza con il ministero del tesoro, la Banca d'Italia e l'ufficio italiano dei cambi: e la collaborazione di più organi, come questa corte ha già ritenuto (sent. n. 4/57; n.
72/69; n. 257/82; ord. n. 31/85), costituisce efficace elemento di cautela contro eventuali arbitri della p.a., per effetto della reci
proca influenza che la determinazione di ciascuno di essi spiega sugli altri e, in definitiva, sulla decisione dell'autorità competente all'emanazione del provvedimento finale.
Né si può trascurare la circostanza che la misura della cauzio ne va fissata dal ministero per il commercio con l'estero mediante atto generale, il quale, come tale, si rivolge ad una pluralità indeterminata di destinatari, con la necessaria conseguenza che esso deve ispirarsi alle complessive esigenze economiche del
settore, in modo che resti esclusa la possibilità di ingiustificate discriminazioni soggettive.
7. - L'esistenza dei limiti ora indicati, che adeguatamente circoscrivono il potere dell'autorità amministrativa, trova puntuale riscontro nell'attuazione data alla norma impugnata dal ministero
per il commercio con l'estero. Il quale, infatti, ha determinato la cauzione in una misura che nelle varie epoche ha oscillato tra il 5 % e il 10 % del controvalore delle merci da importare (d.m. 29 luglio 1955, 28 dicembre 1956 e 21 marzo 1974, rispettivamen te pubblicate nelle G. U. 30 luglio 1955, n. 174, 2 gennaio 1957, n. 1 e 22 marzo 1974, n. 77) e quindi in una entità non eccessiva e tanto meno vessatoria, diretta alle finalità implicitamente indicate dalla legge, ossia agli obiettivi vincolati dall'andamento comples sivo dell'economia nazionale.
È intuitivo che una misura sproporzionata della cauzione sarebbe in contrasto con l'indicazione della normativa primaria, la quale non potrebbe logicamente consentire che l'oggetto di
prestazioni strumentali (quali la cauzione o la fideiussione) assu ma dimensioni eccessive rispetto al contenuto dell'obbligo princi
pale. Tanto più che la legge prevede nell'art. 6 un ulteriore (e forse
più efficace) mezzo di coazione, statuendo che « indipendentemen te dall'incameramento della cauzione, rimangono ferme le sanzio
ni previste per le infrazioni alle disposizioni valutarie del r.d.l. 5
dicembre 1938 n. 1928 convertito nella 1. 2 giugno 1939 n. 739 e
successive modificazioni ».
8. - Il giudice a quo riconosce che la materia valutaria, anche per
quanto riguarda il commercio con l'estero, richiede di norma
provvedimenti urgenti e di vario contenuto, resi indispensabili dalle pressanti e mutevoli esigenze dell'economia nazionale, a sua
volta profondamente influenzata da quella internazionale. Ma,
dopo tale esatta premesa (le suindicate esigenze informano anche
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PARTE PRIMA
il recente disegno di legge n. 316/A, concernente la revisione della
legislazione valutaria e presentato al senato nel corso dell'attuale
legislatura), lo stesso giudice, senza neppure tentare di cogliere l'effettiva volontà della norma impugnata, aprioristicamente affer
ma che, onde evitare la violazione dell'art. 23 Cost., sarebbe
indispensabile ricorrere a due rimedi, prospettati in alternativa.
Questi però, osserva la corte, anche in sé considerati, indipen dentemente dalla già criticata prospettiva di fondo, non sono per nulla convincenti.
Non può invero condividersi l'affermazione secondo cui ogni intervento in materia dovrebbe avvenire con decreto legge, in
quanto ciò urta chiaramente contro la stessa volontà del costi
tuente, comportando la conseguente e necessaria trasformazsione
della riserva relativa di legge in riserva assoluta.
Né può accertarsi l'altra affermazione, con la quale si deduce
che la norma primaria dovrebbe indicare almeno la misura
massima della prestazione imposta. Invero, come questa corte ha
ripetutamente ritenuto (sent. n. 4 e 30/57; n. 257/82), la circo
stanza che la legge non fissi il massimo della prestazione non
basta a vulnerare il precetto dell'art. 23 Cost., essendo invece
necessario e sufficiente che essa (considerata, come già si è detto,
nel suo complesso e al di là della formulazione letterale della
singola disposizione) sia congegnata in modo che l'atto dell'am
ministrazione non possa trasmodare in arbitrio.
In base a quanto fin qui osservato, è innegabile che tale
pericolo, sia sotto il profilo contenutistico che sotto quello proce dimentale, non ricorre nella fattispecie: sicché deve ritenersi che
la norma impugnata — la quale fa parte integrante di una
composita disciplina, diretta alla tutela di un interesse di indub
bio rilievo costituzionale, quale l'economia nazionale — non è in
contrasto con l'indicato parametro costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, 1° e 3°
comma, 1. 20 luglio 1952 n. 1126 — che subordina i pagamenti
anticipati delle merci da importare alla prestazione di una cau
zione oppure di una fideiussione bancaria — sollevata dal Tribu
nale di Firenze in riferimento all'art. 23 Cost, con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 gennaio 1086, n. 14
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 5 febbraio 1986, n. 5); Pres. Paladin, Rei. Conso; Nofori e altri. Ord. Pret. Lucca 30
marzo 1983 (G.U. n. 18 del 1984); Pret. Piacenza 23 novembre 1983 (G.U. nn. 162 del 1984); Pret. Modena 11 gennaio 1984
(G. U. n. 245 del 1984); Pret. Lucca 16 ottobre 1984 (G. U. n.
74 bis del 1985); Pret. Pignataro Maggiore 19 novembre 1984
(G.U. n. 113 bis del 1985); Pret. Piacenza 7 novembre 1984 (due)
(G. U. n. 137 bis del 1985); Pret. Lucca 28 luglio 1984, 16 otto bre 1984 e 30 ottobre 1984 <G. U. n. 125 bis del 1985).
Contravvenzione, depenalizzazione e sanzioni amministrative —
Circolazione stradale — Confisca del veicolo colto a circolare
privo della carta di circolazione — Questioni inammissibili di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 21).
E inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
21, 3° comma, l. 24 novembre 1981 n. 689 (che impone la
confisca obbligatoria del veicolo colto a circolare privo della
carta di circolazione), in relazione alla disciplina dettata dal 1°
comma dello stesso articolo, sollevata, sotto il profilo della
violazione del principio di uguaglianza, in riferimento all'art. 3
Cost. (1) Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del
l'art. 21, 3° comma, l. 24 novembre 1981 n. 689 (che impone la
confisca obbligatoria del veicolo colto a circolare privo della
carta di circolazione) sollevate, sotto i profili della violazione
dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, in riferimento all'art. 3 Cost. (2)
(1-2) L'art. 21, 3° comma, 1. 689/81, che impone la confisca del veicolo colto a circolare privo di carta di circolazione in violazione del disposto dell'art. 58, 8° comma, del codice della strada (ora diventato 9° comma, a seguito della modifica introdotta dalla 1. 10 febbraio 1982 n. 38), è passato indenne al vaglio della Corte costituzionale. La Consulta ha infatti dichiarato inammissibili le que stioni di costituzionalità della norma ricordata in quanto l'accoglimento
Il Foro Italiano — 1986.
Diritto. — 1. - Le undici ordinanze riassunte in narrativa
sottopongono alla corte questioni di legittimità costituzionale
strettamente connesse: i relativi giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
2. - Comune oggetto di censura è l'art. 21, 3° comma, 1. 24
novembre 1981 n. 689.
Più esattamente, come i giudici a quibus puntualizzano nella
motivazione e talvolta pure nel dispositivo, il controllo di costitu
zionalità involge il comma suindicato nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria anche per i veicoli in possesso dei
requisiti idonei al rilascio della carta di circolazione. Tale comma
esige, infatti, che sia « sempre disposta la confisca del veicolo »
quando « è accertata la violazione dell'8° comma » (divenuto 9° in seguito all'aggiunta di un altro capoverso da parte della 1.
10 febbraio 1982 n. 38) dell'art. 58 t.u. delle norme sulla
circolazione stradale, approvato con d.p.r. 15 giugno 1959 n.
393 » (c.d. codice stradale): violazione consistente nel «circolare
con un veicolo per il quale non è stata rilasciata la carta di
circolazione » ed ora soggetta alla sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da lire duecentomila a lire due milioni, in forza dell'art. 38, 4° comma, 1. 24 novembre 1981 n. 689.
3. - Il fatto che la confisca venga a risultare inevitabile
qualunque sia la ragione del mancato rilascio della carta di
circolazione — e, perciò, anche nei casi in cui quest'ultima possa essere rilasciata successivamente all'accertata violazione dell'art.
58, 9" comma, del codice stradale — induce tutti i giudici a
quibus a valutare negativamente la norma in esame nei suoi
rapporti con l'art. 3 Cost., peraltro prospettandoli in modo non
univoco.
Le cinque ordinanze emanate dal Pretore di Lucca (r.o. 613/83,
1275/84, 40, 41 e 42/85) ritengono violato il principio di egua
glianza, in quanto per esse non sarebbe giustificata la diversità di
trattamento ricavabile dal raffronto del comma in questione con 11 1° comma dello stesso art. 1 1. 24 novembre 1981 n. 689: « quando è accertata la violazione del 1° comma dell'art. 32 1. 24
dicembre 1969 n. 990 » (circolazione di veicolo non coperto dall'assicurazione obbligatoria), l'art. 21, benché si tratti di viola zione passibile di una sanzione amministrativa principale più
grave (pagamento di una somma da lire cinquecentomila a lire tre
milioni), consente di evitare la confisca « se entro il termine
delle soluzioni auspicate nelle ordinanze di rimessione prese in esame avrebbe comportato l'esercizio di una pluralità di scelte discrezionali, come tali riservate al solo legislatore. In particolare, i giudici costitu zionali hanno perseguito questa soluzione per entrambe le tipologie di censure entro le quali avevano ripartito le ordinanze esaminate: da un lato, i provvedimenti di rimessione che ipotizzavano il contrasto della norma in parola con il principio di uguaglianza (segnatamente, le ordinanze Pret. Lucca 30 marzo 1983, Foro it., Rep. 1984, voce Circolazione stradale, n. 30; 28 luglio 1984, Gazz. uff. 29 maggio 1985, n. 125 bis, 45; 16 ottobre 1984, Foro it., 1985, I, 2296; 16 ottobre 1984, Gazz. uff. 27 marzo 1985, n. 74 bis, 9; 30 ottobre
1984, id. 29 maggio 1985, n. 125 bis., 47, che mettevano in risalto la diversa disciplina dettata nel 1° comma dello stesso art. 21 1. 689/81 per il caso della circolazione del veicolo privo di copertura assicurativa); dall'altro, i provvedimenti che ventilavano anche la violazione del principio di ragionevolezza (più specificamente, le ordinanze Pret. Piacenza 23 novembre 1983, Foro it., 1985, I, 601; 18
gennaio 1984, Gazz. uff. 5 settembre 1984, n. 245, 7419; 7 no vembre 1984, id. 12 giugno 1985, n. 137 bis, 19; Pret. Modena 11 gennaio 1984, Foro it., 1984, I, 2035 e Pret. Pignataro Maggiore 19 novembre 1984, Gazz. uff. 15 maggio 1985, n. 113 bis, 51, che ritenevano non ispirato a equi principi il trattamento identico di ipotesi diverse quali quelle che riguardano i veicoli non immatricolabili e quelli in possesso dei requisiti necessari per ottenere la carta di
circolazione). Mette conto notare che le tesi sostenute nelle ordinanze da ultimo
ricordate sono state fatte proprie anche da altri pretori che hanno sollevato questione di legittimità dell'art. 21, 3° comma, I. 689/81 sulla base di considerazioni analoghe. Cfr. Pret. Palermo 8 febbraio 1985 i(3), Gazz. uff. 18 settembre 1985, n. 220 bis, 12; Pret. Genova 18 marzo 1985, id. 2 ottobre 1985, n. 232 bis, 25; Pret. Ancona 19
aprile 1985, id. 23 ottobre 1985, n. 250 bis, 21; [Pret. Tolmezzo 31
gennaio 1985, ibid., 27; Pret. Vicenza 18 maggio 1985, id. 18 dicembre 1985, n. 297 bis, 12; IPret. Sestri Ponente 17 giugno 1985, ibid., 13. Va da sé che l'esito di queste rimessioni appare scontato alla luce delle massime riportate in epigrafe. È da ricordare, infine, che la legittimità della confisca dell'autoveicolo colto a circolare privo di carta di circolazione, ancorché sia avvenuto il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria, è stata ribadita da Cass. 9 dicembre 1985, n. 6221, inedita.
In dottrina, da ultimo, v. Cappabianca, La confisca amministrativa del veicolo posto in circolazione senza valido documento di immatrico lazione, in Giur. it., 1985, I, 2, 347.
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