sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7);Pres. Ferri, Est. Vari; Faverzani c. Intendenza di finanza di Piacenza; interv. Pres. cons.ministri. Ord. Comm. trib. I grado Piacenza 2 febbraio 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 15 del 1995)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1141/1142-1147/1148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190268 .
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1141 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1142
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7); Pres. Ferri, Est. Vari; Faverzani c. Intendenza di finanza
di Piacenza; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Comm. trib. I grado Piacenza 2 febbraio 1995 (G.U., la s.s., n. 15 del
1995).
Patrimonio (imposte sul) — Imposta straordinaria immobiliare — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 53; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risana mento della finanza pubblica, art. 7; 1. 8 agosto 1992 n. 359,
conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 1).
Patrimonio (imposte sul) — Imposta straordinaria immobiliare — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 24,
53; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 7; 1. 8 agosto 1992 n. 359, art. 1).
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale del l'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modifica zioni, nella I. 8 agosto 1992 n. 359, che istituisce un'imposta straordinaria sugli immobili, sotto il profilo della pretesa rein troduzione del principio del solve et repete e della mancata
previsione degli interessi su quanto eventualmente pagato in
eccedenza dal contribuente, in riferimento agli art. 3, 24 e
53 Cost. (1) Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, nella l. 8 agosto 1992 n. 359, che istituisce un'imposta straor
dinaria sugli immobili, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost. (2)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 luglio 1995, n. 309 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 agosto 1995, n. 33);
Pres. Baldassarre, Est. Vari; Soc. Mima (Aw. Onida, Ric
ci) c. Min. finanze; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello
Stato Favara). Ord. Comm. trib. 1 grado Roma 2 dicembre
1993 (24) (G.U., la s.s., n. 36 del 1994).
Catasto — Catasto edilizio urbano — Tariffe d'estimo — Di
sciplina — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.
3, 24, 53; d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situa zioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta
sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie, art.
2; 1. 24 marzo 1993 n. 75, conversione in legge, con modifica
zioni, del d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, art. 1).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2, 1° comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con
modificazioni, nella I. 24 marzo 1993 n. 75, nella parte in
cui dispone l'applicabilità (con effetto anche ai fini dell'im
posta straordinaria immobiliare, giusta il rinvio operato dal
l'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modifica
zioni, nella l. 8 agosto 1992 n. 359) delle tariffe d'estimo di cui ai decreti ministeriali 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991,
in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost. (3)
(1) Ad avviso della Consulta è inammissibile la questione di costitu
zionalità dell'art. 7 d.i. 11 luglio 1992 n. 333 fondata sulla pretesa rein
troduzione del principio del solve et repete, investendo tale censura non
la disposizione enunciata nell'ordinanza di remissione bensì quella, di
versa, contenuta nell'art. 2 1. 24 marzo 1993 n. 75.
Sulla illegittimità costituzionale del principio de quo, cfr., da ultimo,
Corte cost. 24 febbraio 1995, n. 55, Foro it., 1995, I, 1104, con nota
di richiami, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 60, 2° com
ma, r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, nella parte in cui prevede l'inammis
sibilità del ricorso all'autorità giudiziaria contro la liquidazione della
tassa per i concorsi e le operazioni a premio che non sia stato preceduto dal pagamento della tassa stessa.
(2-3) Comm. trib. I grado Piacenza 2 febbraio 1995 e Comm. trib.
I grado Roma 2 dicembre 1993, da cui scaturiscono le decisioni in epi
II Foro Italiano — 1996.
I
Diritto. — 1. - Con l'ordinanza in epigrafe, la Commissione
tributaria di primo grado di Piacenza ha sollevato, in relazione
agli art. 3, 53, 24 e 42 Cost., questione di legittimità costituzio nale dell'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modifi
cazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359.
La disposizione censurata istituisce un'imposta straordinaria
immobiliare sul valore dei fabbricati, siti nel territorio dello Stato a qualsiasi uso destinati, costituito, per i fabbricati iscritti in catasto, da quello risultante dall'applicazione di un moltiplica tore all'ammontare delle rendite catastali determinate a seguito
della revisione generale disposta con il decreto del ministro del
le finanze 20 gennaio 1990.
Venuta meno, a seguito dell'annullamento da parte del giudi
ce amministrativo, la disciplina contenuta in quest'ultimo de
creto, unitamente a quella del successivo 27 settembre 1991 che, in conformità al primo, aveva stabilito le nuove tariffe di esti
mo per l'intero territorio nazionale con effetto dal 1° gennaio
1992, il remittente implicitamente assume, in ciò conformando
si all'orientamento espresso da questa corte (v. sentenza n. 309
del 1995, Foro it., 1996, I, 1141), che il riferimento fatto dal 3° comma del denunciato art. 7 alle rendite catastali di cui al
menzionato decreto 20 gennaio 1990 sia da ritenere tuttora ope
rante, in ragione della nuova base di legittimazione conferita,
alla disciplina dei provvedimenti annullati, dall'art. 2 d.l. 23
gennaio 1993 n. 16, convertito, con modificazioni, nella 1. 24
marzo 1993 n. 75.
2. - Secondo l'ordinanza, la disposizione censurata, nello sta
bilire che l'importo del tributo sia calcolato sulla base del valo
re degli immobili, determinato secondo le nuove tariffe d'esti
mo di cui al d.m. 20 gennaio 1990, si porrebbe in contrasto con: — l'art. 3 Cost., in quanto colpisce «solo i possessori di beni
immobili (facilmente tassabili) a differenza delle altre categorie
grafe, si leggono, rispettivamente, in Fisco, 1995, 6144, e Dir. e pratica
trib., 1994, II, 953. La Corte costituzionale ribadisce, con riferimento alla imposta straor
dinaria immobiliare (tributo disciplinato dall'art. 7 d.l. 11 luglio 1992
n. 333, che rinvia, per quanto attiene ai criteri per determinare il valore
imponibile degli immobili soggetti ad imposta, all'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16; per la Consulta, la sua istituzione «aveva il fine di reperire mezzi per il bilancio dello Stato in una situazione economica del paese che appariva di notevole gravità, esigendo dai cittadini sacrifici straor
dinari»), le conclusioni già raggiunte da Corte cost. 24 giugno 1994, n. 263, Foro it., 1994, I, 2312, con nota di richiami, in punto di legitti mità del recupero provvisorio, in attesa di un'ulteriore revisione genera le delle rendite catastali (già prevista per il 1° gennaio 1995, ora slittata
al 1° gennaio 1998), delle tariffe d'estimo di cui ai decreti ministeriali
20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991 annullati da Tar Lazio, sez. II, 6 maggio 1992, n. 1184, id., 1992, III, 273 (questione su cui sostanzial mente ruota la decisione 309/95, ove si evidenzia, con affermazione
che si rinviene anche nella sentenza n. 21 del 1996, che comunque «non
si può ritenere violato il principio di capacità contributiva per il solo
fatto che una disposizione preveda, in via oltretutto eventuale, la revi
sione degli estimi, senza coinvolgere i criteri di determinazione delle
rendite fissati dal legislatore, bensì i soli risultati applicativi di essi»), nonché in punto di legittimità di un'imposta priva del carattere della
progressività (carattere che deve informare l'ordinamento tributario nel
suo complesso e non le singole imposte) ed in punto di legittimità della
tassazione di un bene in ragione della sua attitudine a produrre reddito
(problematiche queste affrontate più direttamente da Corte cost. 21/96). V. anche (richiamata dalla sentenza del 1996, che ne invoca l'autorità
di precedente relativamente alle cennate conclusioni sull'interpretazione del principio di progressività di cui all'art. 53 Cost., nonché in relazio
ne alla affermazione della costituzionalità delle scelte discrezionali del
legislatore fiscale che non risultino arbitrarie od irrazionali) Corte cost.
4 maggio 1995, n. 143, id., 1995, 1, 1721, che ha ravvisato l'infondatez
za della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, come sostituito dalla 1. 8 agosto 1992 n. 359, nella parte in cui istituisce un'imposta straordinaria sui depositi bancari e postali,
prevedendo una ritenuta del sei per mille sull'ammontare dei medesimi
(più di recente, in termini analoghi, cfr. Corte cost. 15 marzo 1996,
n. 73, Fisco, 1996, 3421). L'infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 2, 1° com
ma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16 è affermata pure da Comm. trib. I
grado Macerata 1° giugno 1995, ibid., 2642.
In argomento, v. anche E. De Mita, La Consulta assolve risi ma
manca di coraggio, in Sole-24 Ore del 9 agosto 1995, 15.
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1143 PARTE PRIMA 1144
di cittadini che possiedono patrimoni di altra natura (es. mobi
liari), che ne sono andati esenti»; — lo stesso art. 3 nonché gli art. 53 e 42 Cost., prevedendo,
in contrasto con il principio della capacità contributiva e con
quello della progressività, una tassazione stabilita su «un'ipote si astratta di fruttuosità del valore capitale dell'immobile deter minato in base a criteri di tipo "patrimoniale", che la stessa
norma mostra di voler abbandonare per i periodi di imposta successivi al 1994, palesando cosi anche la propria intrinseca
irrazionalità»; e questo a tener conto non solo della circostanza
che la giurisprudenza costituzionale non avrebbe «assolto in as
soluto il sistema catastale», evidenziando, anzi, la necessità di una sua riforma, ma anche dell'effetto, al limite, «ablatorio»
del bene, derivante dalla mancata previsione della deduzione
delle «passività che gravano sull'immobile, ai fini della determi
nazione della base imponibile» come pure della «indetraibilità»
dell'Isi ai fini Irpef o Irpeg; — gli stessi art. 3 e 53 Cost., nonché l'art. 24 Cost., in quan
to, «differendo al periodo successivo all'entrata in vigore dei
nuovi estimi la possibilità per i contribuenti di recuperare quan to eventualmente pagato in eccedenza per l'Isi ed il relativo con
tenzioso», «sottopone medio tempore il contribuente ad una tas
sazione avulsa dalla sua capacità contributiva e, nel contempo,
ripristinatoria del principio solve et repete», «senza peraltro pre vedere il diritto alla percezione degli interessi».
3. - Non fondata è, anzitutto, la questione relativa al tratta
mento discriminatorio di cui, secondo l'ordinanza, verrebbero
fatti oggetto i possessori di immobili, per effetto dell'introdu
zione dell'imposta straordinaria, rispetto ai possessori di patri moni di altra natura. In proposito, non si può non rammenta
re, in linea generale, il principio ripetutamente affermato dalla
giurisprudenza costituzionale, secondo il quale resta affidata al
la discrezionalità del legislatore l'individuazione delle situazioni
espressive della idoneità dei singoli cittadini all'obbligazione di imposta, salvo il controllo di costituzionalità sotto il profilo della non arbitrarietà e non irrazionalità (sentenze nn. 42 del
1992, id., 1992, I, 592, e 143 del 1995, id., 1995, I, 1721). Ma, a parte il principio testé richiamato, la lamentata dispa
rità di trattamento va comunque esclusa perché la disposizione di cui all'art. 7 in esame, nell'ambito di misure correttive della
finanza pubblica, fondate, oltre che sulle riduzioni di spesa, sull'aumento delle entrate, coinvolge in tali obiettivi di risana mento del bilancio dello Stato non solo i patrimoni immobiali
ri, ma anche quelli rappresentati dalle liquidità finanziarie, tan
to che al 6° comma, introduce anche la ritenuta del sei per mille sui depositi bancari, con una norma che ha superato posi tivamente il controllo di costituzionalità (v. sentenza n. 143 del
1995, cit.). E questo a tacere di altri provvedimenti, coevi, ri
spondenti alle medesime finalità.
4. - La disposizione in esame forma, poi, oggetto di una com
plessa e articolata censura, anch'essa non fondata, che, in rife
rimento agli art. 3, 53 e 42 Cost., si basa essenzialmente sull'as
sunto della mancanza, nella situazione presa in considerazione
dal legislatore, di elementi espressivi di una effettiva idoneità del soggetto all'obbligazione di imposta, anche sotto il profilo del principio di progressività. Trattasi, almeno in parte, della
riproposizione di profili già sottoposti da altri giudici all'esame
della corte e da quest'ultima ritenuti non fondati, come quello secondo il quale la tassazione delle rendite immobiliari si fonde
rebbe su un'ipotesi astratta di fruttuosità del valore capitale del
l'immobile, determinato in base a criteri di tipo patrimoniale che la stessa norma mostra di voler abbandonare per i periodi di imposta successivi al 1994.
Al riguardo la corte (in particolare nella sentenza n. 263 del
1994, id., 1994, I, 2312, ma anche nella successiva sentenza n.
309 del 1995, cit.), dopo aver rilevato che gli attuali criteri di
determinazione delle rendite catastali si ispirano verosimilmente
alla constatazione di una scarsa attuale rappresentatività del mer
cato delle locazioni, in ordine alla potenziale capacità di pro durre reddito da parte del bene, ha precisato che il previsto mutamento di indirizzo normativo in materia trova la sua ra
gione nella più recente tendenza legislativa, volta, come è noto, a superare il regime vincolistico delle locazioni.
Quanto all'invocato principio di progressività, occorre aggiun
gere che esso si riferisce, secondo costante giurisprudenza, al
II Foro Italiano — 1996.
l'ordinamento tributario nel suo complesso e non alle singole
imposte (v. sentenze nn. 263 del 1994 e 143 del 1995, cit.). Non nuova, e del pari non fondata, nella linea della denun
ciata mancanza, nella situazione ipotizzata dal legislatore, di
indici rivelatori di ricchezza (e quindi di una effettiva capacità contributiva), appare anche la censura rivolta dall'ordinanza al
sistema catastale. La corte già a suo tempo ha affermato la
non irragionevolezza dell'imposizione basata sulle rendite cata
stali, anche se esse non coincidono con il reddito effettivamente
percepito, essendo la capacità contributiva rivelata non solo dal
reddito, ma anche dall'attitudine di un bene a produrlo (senten za n. 16 del 1965, id., 1965, I, 596).
Occorre, peraltro, considerare che, secondo il meccanismo di
tassazione previsto per l'Isi, il sistema catastale rileva non in
quanto indicativo di un reddito, bensì quale strumento per risa
lire al valore del bene; valore al quale è commisurata l'imposta. Il remittente, nel rilevare, poi, che le imposte patrimoniali
sono conformi al dettato costituzionale solo se possono essere
pagate con il reddito, lamenta la mancata previsione, ai fini
della determinazione della base imponnibile Isi, della deduzione
della passività gravanti sull'immobile, con un effetto che, se
condo l'ordinanza, potrebbe rivelarsi al limite «ablatorio», ove
anche si consideri che l'imposta straordinaria non è deducibile
dall'imponibile Irpef e dall'imponibile Irpeg. La corte osserva che l'imposta straordinaria sugli immobili
costituisce un tributo la cui istituzione, come emerge dai lavori
parlamentari, aveva il fine di reperire mezzi per il bilancio dello
Stato in una situazione economica del paese che appariva di
notevole gravità, esigendo dai cittadini sacrifici straordinari —
peraltro limitati ad un solo anno — sicché sono proprio tali caratteri a consentire, secondo un canone di giudizio altre volte
seguito (sentenze n. 143 del 1995, cit., e n. 159 del 1985, id.,
1985, I, 1577), di escludere la violazione degli invocati principi
costituzionali, non potendosi negare il collegamento oggettivo del tributo, cosi come disciplinato, ad un concreto presupposto
impositivo. Il carattere decisivo di questi rilievi esonera, d'altro canto,
la corte dall'approfondire la problematica di principio adom
brata dal giudice remittente, non solo la riconducibilità dell'Isi
fra le imposte patrimoniali ma anche circa i limiti in cui posso no ritenersi conformi a Costituzione le stesse imposte patrimo niali come pure in ordine alla mancata previsione della deduzio ne delle passività gravanti sull'immobile; profilo, quest'ultimo,
prospettato, peraltro, in linea del tutto ipotetica, senza offrire
concreti elementi valutativi riferiti alla fattispecie. Fermo quanto sopra, per quanto attiene poi all'ulteriore pro
blematica che viene adombrata nell'ordinanza, della mancata
previsione della deducibilità dell'Isi dall'imponibile Irpef e Ir peg, la questione è qui posta impropriamente, in quanto relati
va al regime giuridico e quindi alla fase applicativa delle predet te Irpef e Irpeg. E questo non senza ricordare, in ogni caso, la discrezionalità di cui, in materia di deducibilità di oneri, go
de, ai fini dell'imposizione sui redditi, il legislatore, secondo
criteri volti a conciliare — sulla base di valutazioni politico economiche — le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del
cittadino, chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno importanti delle esigenze della vita individuale (sen tenze nn. 134 del 1982, id., 1982, I, 2718; 143 del 1982, ibid., 2712; ordinanza n. 556 del 1987, id., 1988, I, 2455; sentenza
n. 574 del 1988, id., Rep. 1988, voce Tributi locali, n. 70). 5. - Quanto, infine, all'ultimo profilo di censura, che attiene
alla prospettata violazione degli art. 3, 53 e 24 Cost., il remit
tente ritiene che la tesi da lui sostenuta di una tassazione che
risulterebbe avulsa dalla capacità contributiva trovi, nella spe
cie, ulteriore conferma anche nel previsto differimento, al pe riodo successivo all'entrata in vigore dei nuovi estimi, sia della
possibilità per i contribuenti di recuperare quanto eventualmen
te pagato in eccedenza per l'Isi, sia del relativo contenzioso; con ripristino del principio del solve et repete e senza che sia
prevista la corresponsione di interessi sulle somme versate in
eccedenza.
A ben vedere la censura, cosi' come prospettata, si scinde in due profili.
Il primo è inteso a ribadire, in via di principio, l'inesistenza di una effettiva capacità contributiva in ragione del carattere
non definitivo della tassazione.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Al riguardo, va preliminarmente precisato che il giudice re
mittente muove dall'erroneo assunto che secondo la disciplina
vigente in materia — ove le rendite catastali, rideterminate con
decreto ministeriale, secondo i nuovi criteri previsti a decorrere,
in un primo momento dal 1° gennanio 1995, ma ormai dal 1°
gennaio 1997 in forza dell'art. 1, 5° comma, d.l. 28 giugno 1995 n. 250, convertito dalla 1. 8 agosto 1995 n. 349, dovessero
risultare inferiori a quelle di cui al d.m. 27 settembre 1991 —
il contribuente possa tenerne conto ai fini dell'imposta persona le da corrispondere per il 1992.
In effetti, come la corte ha già avuto occasione di rilevare
(sentenza n. 263 del 1994, cit.), la normativa vigente in materia, in particolare l'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, cosi come
modificato dalla legge di conversione n. 75 del 1993, prevede
una eventualità di revisione delle rendite catastali, con un raf
fronto che, però, agli effetti sopra accennati, deve essere opera to non fra le tariffe di estimo che entreranno in vigore dal 1997
e quelle di cui al decreto del mininstro delle finanze 27 settem
bre 1991, bensì fra quelle di cui a quest'ultimo decreto e quelle
risultanti all'esito dei ricorsi alle commissioni censuarie, propo
sti dai comuni ai sensi dei commi 1 bis, 1 ter e 1 quater dello stesso art. 2 1. n. 75 del 1993.
Ma, anche in questa più corretta prospettiva la questione —
da intendersi evidentemente come prospettazione da parte del
remittente dell'esigenza che l'imposizione tributaria, per rispon
dere all'effettiva capacità contributiva, debba basarsi su pre
supposti non suscettibili di essere rimessi in discussione — non
può ritenersi fondata in quanto, come questa corte ha già rile
vato nella sentenza n. 309 del 1995, cit. non si può ritenere
violato il principio di capacità contributiva per il solo fatto che
una disposizione preveda, in via oltretutto eventuale, la revisio
ne degli estimi, senza coinvolgere i criteri di determinazione del
le rendite fissati dal legislatore, bensì i soli risultati applicativi di essi, in vista di una loro più esatta determinazione.
Quanto al secondo profilo, lo stesso, ponendosi come logica
mente autonomo dal primo, appare volto a censurare una pre tesa reintroduzione del principio del solve et repete, senza che
sia prevista la corresponsione di interessi sulle somme versate
in eccedenza.
Sotto tale profilo la questione è da ritenersi inammissibile
in quanto essa investe propriamente non la disposizione oggetto
di denuncia nell'ordinanza di remissione bensì quella, diversa, contenuta nell'art. 2 1. n. 75 del 1993 che, oltre a conferire
nuova base di legittimità ai decreti sulle rendite catastali, inte
grando per questa parte l'art. 7 denunciato, contiene ulteriori
autonome previsioni normative, che appaiono irrilevanti in or
dine all'oggetto del giudizio pendente innanzi alla commissione
tributaria remittente.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara: a) inam
missibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misure urgenti per il risanamento della
finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 ago
sto 1992 n. 359, sollevata dalla Commissione tributaria di pri
mo grado di Piacenza, sotto il profilo della pretesa reintrodu
zione del principio del solve et repete e della mancata previsione
degli interessi su quanto eventualmente pagato in eccedenza per
l'Isi dal contribuente, in riferimento agli art. 3, 53 e 24 Cost.,
con l'ordinanza in epigrafe; ti) non fondate le altre questioni
di legittimità costituzionale del predetto art. 7, sollevate, in ri
ferimento agli art. 3, 53 e 42 Cost., con la medesima ordinanza.
II
Diritto. — 1. - Le ordinanze in epigrafe, emesse in controver
sie aventi ad oggetto richieste di rimborso dell'imposta straordi
naria sugli immobili di cui all'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359,
sollevano questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 1°
comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con modifica
zioni, nella 1. 24 marzo 1993 n. 75.
Secondo il giudice remittente la disposizione contrasterebbe
con: — l'art. 53 Cost., per «l'intrinseca irrazionalità della deter
minazione delle rendite, sul cui valore viene ad incidere il tribu
to, in base a criteri di cui la stessa norma prevede l'abbandono
nei periodi successivi al 1° gennaio 1995»;
Il Foro Italiano — 1996.
— l'art. 53 Cost., atteso che lo stesso art. 2, riconoscendo
la provvisorietà delle attuali rendite e prevedendo la possibilità di un loro successivo adeguamento ad altre diversamente deter
minate con efficacia retroattiva, sottopone medio tempore il con
tribuente ad una tassazione avulsa dalla sua capacità contributiva; — gli art. 3 e 53 per la discriminazione tra il contribuente
che avrà gli estimi confermati e il contribuente che avrà gli esti
mi ridotti e, quindi, realizzerà un credito nei confronti dell'erario; — gli art. 3 e 24 Cost., «stante la connessa alcatorietà del
recupero determinata dai brevi termini prescrizionali e dalle com
plesse formalità di rito».
2. - I giudizi, in quanto promossi con ordinanze di identico
contenuto, possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
3. - Onde cogliere esattamente la portata delle questioni solle
vate, anche sotto il profilo della loro rilevanza, va rammentato
che l'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modifica
zioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, dopo aver previsto al 1°
comma l'istituzione di un'imposta straordinaria immobiliare sul
valore dei fabbricati, siti nel territorio dello Stato a qualsiasi
uso destinati, ha fissato la medesima nella misura del due per
mille del valore costituito, per i fabbricati iscritti in catasto,
da quello risultante dall'applicazione di un moltipicatore all'am
montare delle rendite catastali determinate a seguito della revi
sione generale diposta con il decreto del ministro delle finanze
20 gennaio 1990.
Peraltro, a seguito dell'avvenuto annullamento di quest'ulti
mo, da parte del giudice amministrativo, unitamente al decreto
27 settembre 1991 che, in conformità ad esso, aveva stabilito
le nuove tariffe d'estimo per l'intero territorio nazionale con
effetto dal 1° gennaio 1992, il governo ha emanato una serie
di decreti legge, l'ultimo dei quali è quello in data 23 gennaio
1993 n. 16, il cui art. 2 forma oggetto della sollevata questione
e che ha rinviato alla disciplina dei predetti decreti. La stessa
norma ha, poi, disposto — con effetto dal 1° gennaio 1995 — una nuova revisione generale delle zone censuarie, delle ta
riffe di estimo, delle rendite delle unità immobiliari urbane e
dei criteri di classamento, ad opera di un decreto ministeriale
volto a determinare la redditività media, in riferimento al valo
re del mercato degli immobili e delle locazioni, in luogo del
valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile, determina
to come media dei valori riscontrati nel biennio 1988-1989, giu
sta la previsione dei precedenti provvedimenti sopra menziona
ti. Lo stesso art. 2 del decreto legge impugnato ha stabilito,
inoltre, fino al 31 dicembre 1993, la permanenza in vigore e
quindi l'applicazione delle tariffe di estimo e delle rendite già
determinate in esecuzione del decreto 20 gennaio 1990 (art. 2,
1° comma, terzo periodo). A sua volta la 1. 24 marzo 1993
n. 75, nel convertire il decreto menzionato, ha aggiunto al pre detto art. 2 i commi 1 bis e 1 ter, con i quali si è data facoltà
ai comuni di ricorrere alle commissioni censuarie provinciali e,
in sede di appello, alla commissione censuaria centrale «con
riferimento alle tariffe di estimo e alle rendite vigenti ai sensi
del 1° comma» del medesimo art. 2.
Le tariffe d'estimo e le rendite modificate in conseguenza di
tali ricorsi, nonché quelle derivanti da ulteriori modificazioni
al fine di mantenere l'invarianza del gettito, recepite in un ap
posito decreto legislativo, secondo quanto stabilito dall'art. 2
1. 24 marzo 1993 n. 75, sarebbero state applicate per l'anno
1994. Peraltro, ai fini delle imposte dirette (salve alcune esclu
sioni), l'applicazione sarebbe stata anticipata al 1° gennaio 1992
ove fossero risultate inferiori a quelle stabilite con d.m. 27 set
tembre 1991.
4. - Ciò stante, può concordarsi con il giudice remittente,
nel senso che il riferimento alle rendite catastali di cui al 3°
comma dell'art. 7 della legge istitutiva dell'imposta straordina
ria immobiliare debba intendersi oggi operante non più diret
tamente nei confronti della disciplina contenuta nei predetti
decreti ministeriali, bensì nei confronti di quella contenuta nel
l'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito con modificazio
ni nella 1. n. 75 del 1993, con il quale si fa rinvio ai decreti
stessi.
5. - Quanto detto consente di ritenere le proposte questioni rilevanti ai fini del decidere, anche se, nel merito, le stesse sono
da reputare non fondate.
Il remittente lamenta, anzitutto, violazione dell'art. 53, dedu
cendo al riguardo che la disposizione censurata si appaleserebbe
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1147 PARTE PRIMA 1148
affetta da irrazionalità per essere informata a criteri di cui la
stessa norma prevede l'abbandono a partire dal 1995.
Osserva la corte che la censura, anche in ragione della sua
assoluta genericità e della invero non chiara connessione che
il remittente tende a stabilire fra transitorietà ed irrazionalità
della norma, non permette in definitiva di scorgere sotto quale aspetto si verificherebbe l'ipotizzato contrasto con il principio della capacità contributiva sancito dal richiamato parametro co
stituzionale.
Non può ignorarsi che la norma di cui trattasi è già stata
sottoposta, sotto il profilo della eventuale violazione dell'art.
53, al vaglio di questa corte che, con sentenza n. 263 del 1994
(Foro it., 1994, I, 2312), ha rilevato, tra l'altro, che il previsto mutamento di indirizzo normativo in materia, a partire dal 1995,
per effetto dei nuovi criteri indicati dal legislatore, e cioè il va
lore di mercato insieme al valore locatizio, si spiega con la più recente evoluzione legislativa che tende, come è noto, a supera re il regime vincolistico delle locazioni.
Lo stesso remittente dubita, poi, della legittimità della dispo sizione di cui trattasi, per il fatto che essa riconoscerebbe la
provvisorietà delle attuali rendite, prevedendo la possibilità di
un loro successivo adeguamento ad altre diversamente determi
nate, con efficacia retroattiva rispetto a versamenti di imposta
già effettuati. Da tale prospettazione, nella quale appare evi dente il sia pure implicito riferimento all'eventuale attivazione
della procedura di revisione degli estimi contemplata dai commi
1 bis e 1 ter del medesimo art. 2, non è, ad avviso della corte,
possibile far discendere la conclusione cui perviene il giudice a quo lamentando il contrasto con l'art. 53 Cost.
Non si può ritenere violato il principio di capacità contributi va per il solo fatto che una disposizione preveda, in via oltretut
to eventuale, la revisione degli estimi, senza coinvolgere i criteri
di determinazione delle rendite fissati dal legislatore, bensì i soli
risultati applicativi di essi, in vista di una loro più esatta deter
minazione.
6. - Ulteriori doglianze vengono avanzate con riferimento agli art. 3 e 53 Cost., assumendo la discriminazione di quei contri
buenti che, effettuando esborsi per somme che risultino, in se
guito, eccedenti il dovuto, maturino un credito nei confronti
del fisco; nonché in riferimento agli art. 3 e 24 Cost, in relazio
ne all'onere, imposto ai medesimi contribuenti, di intraprendere le procedure di rimborso.
A parte l'improprio riferimento all'art. 24 Cost., che concer
ne il diritto alla tutela giurisdizionale, che non è in discussione, dal momento che i dubbi sollevati dal giudice remittente atten
gono a procedure di rimborso in via amministrativa di quanto eventualmente pagato in eccedenza al fisco, non pare a questa corte che i prospettati risultati, cui l'applicazione della norma
può portare, vadano al di là di inconvenienti di fatto, tali co
munque da non configurare vizi di costituzionalità.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 2, 1° comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16 (disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle
situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della rite
nuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti inter bancari, nonché altre disposizioni tributa
rie), convertito, con modificazioni, nella 1. 24 marzo 1993 n.
75, sollevata, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma con le ordi
nanze in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 dicembre 1995, n. 519 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 gennaio 1996, n. 1); Pres. Ferri, Est. Guizzi; Rufat e altri. Ord. Pret. Firenze
11 novembre 1994 (G.U., la s.s., n. 5 del 1995); Pret. Modena
Carpi 21 ottobre 1994 (G.U., la s.s., n. 7 del 1995); Pret.
Firenze 3 febbraio 1995 (G.U., la s.s., n. 23 del 1995).
Questua e mendicità — Mendicità non invasiva — Incostituzio
nalità (Cost., art. 3; cod. pen., art. 670).
Questua e mendicità — Mendicità invasiva — Questione infon
data di costituzionalità (Cost., art. 3, 13 , 27 , 97; cod. pen., art. 670).
Questua e mendicità — Mendicità invasiva — Reato — Pena minima — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.
3, 27; cod. pen., art. 670).
È incostituzionale l'art. 670, 1° comma, c.p., il quale punisce la mendicità non invasiva che si risolve nella semplice richie
sta di aiuto. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
670, 2° comma, c.p., il quale punisce la mendicità invasiva
che inquina il rilevante bene giuridico dello spontaneo adem
pimento del dovere di solidarietà, in riferimento agli art. 3,
13, 27, 97 Cost. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
670, 2° comma, c.p., nella parte in cui prevede come pena minima un mese di arresto per il reato di mendicità aggrava
ta, in riferimento agli art. 3 e 27 Cost. (3)
(1-2) Corte cost. 51/59 e 102/75, citate in motivazione, sono riporta te in Foro it., 1959, I, 1814 e 1975, I, 1318, nonché — la seconda — in Giur. costit., 1975, 2661, con commento di Cerri, Indetermina
tezza della questione di costituzionalità sollevata con riferimento ai di ritti inviolabili. Libertà di professione religiosa. Mendicità.
Rara giurisprudenza nell'arco di vent'anni successivo a questa pro nuncia (si rinviene solo Cass. 3 luglio 1981, Liotta, Foro it., Rep. 1992, voce Truffa, n. 23, sugli elementi differenziali tra la mendicità aggrava ta dall'uso di mezzo fraudolento e la truffa), a riprova della scarsa iniziativa penale evidenziata dalla decisione in epigrafe. Di recente, in dottrina Cosseddu, Mendicità, voce del Digesto pen., Torino, 1993, VII, 600; Riondato, Accattonaggio e mestieri girovaghi, voce dell'£>i
ciclopedia giuridica Treccani, 1988,1; Del Re, Questua, colletta e men dicità: dalla repressione dei parassitismo alla garanzia costituzionale di libera scelta di vita, in Giur. costit., 1982, I, 454; Balocchi, Mendicità, a) Diritto amministrativo, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1976, XXVI, 90; Panagia, Mendicità, b) Diritto penale, ibid., 97.
(3) La corte dichiara infondata la questione liquidando come irreali stico il pericolo di un sovraffollamento delle carceri, con pregiudizio del fine rieducativo della pena, per effetto dell'esecuzione delle condan ne per mendicità invasiva. V. invece per l'accoglimento della questione di costituzionalità: Corte cost. 341/94, Foro it., 1994, I, 2585, con os servazioni di Fiandaca, per il minimo edittale di sei mesi di reclusione per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale; Corte cost. 409/89, id., 1990, I, 37, per l'originaria pena edittale del rifiuto del servizio militare
per obiezione di coscienza; Corte cost. 168/94, id., 1994, I, 2045, per il limite massimo della pena (ergastolo) applicabile ai minori imputabili.
♦ * *
Mendicità e solidarietà.
La questione di costituzionalità dell'art. 670 c.p., già rigettata dalla corte in relazione ai parametri, che più le erano propri, dell'art. 38, dell'art. 2 e dell'art. 4 Cost., viene ora accolta sotto il profilo della
irragionevolezza del ricorso alla regola penale almeno per le forme di mendicità non invasiva, che si risolve nella semplice richiesta di aiuto.
La liceità di tale condotta è piena anche perché l'ipotesi della sempli ce depenalizzazione della contravvenzione era stata scartata dal legisla tore della 1. 689/81, a motivo — come chiarito dalla circolare 19 dicem bre 1983 della presidenza del consiglio dei ministri sui «criteri orientati vi per la scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative» —
dell'inefficacia, «rispetto ad illeciti che normalmente si riconnettono a situazioni personali di indigenza (ad es.: accattonaggio)», della sanzio ne amministrativa, che, se non eseguita per insolvibilità del condanna
to, non può essere convertita in una sanzione diversa. Ed invero lo stesso schema di delega legislativa per l'emanazione di un nuovo codice
penale (in Documenti giustizia, 1992, 306 ss.), che pure prevede l'abro
gazione di una serie di contravvenzioni, tuttavia inserisce la mendicità tra quelle da «trasferire e rifondere nel testo unico delle leggi di pubbli ca sicurezza o in altre leggi speciali» (art. 10 disp. att.): al solo scopo,
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