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sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7);...

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sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7); Pres. Ferri, Est. Vari; Faverzani c. Intendenza di finanza di Piacenza; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Comm. trib. I grado Piacenza 2 febbraio 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 15 del 1995) Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1141/1142-1147/1148 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190268 . Accessed: 25/06/2014 04:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 04:37:49 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7);Pres. Ferri, Est. Vari; Faverzani c. Intendenza di finanza di Piacenza; interv. Pres. cons.ministri. Ord. Comm. trib. I grado Piacenza 2 febbraio 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 15 del 1995)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1141/1142-1147/1148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190268 .

Accessed: 25/06/2014 04:37

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1141 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1142

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7); Pres. Ferri, Est. Vari; Faverzani c. Intendenza di finanza

di Piacenza; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Comm. trib. I grado Piacenza 2 febbraio 1995 (G.U., la s.s., n. 15 del

1995).

Patrimonio (imposte sul) — Imposta straordinaria immobiliare — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 53; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risana mento della finanza pubblica, art. 7; 1. 8 agosto 1992 n. 359,

conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 1).

Patrimonio (imposte sul) — Imposta straordinaria immobiliare — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 24,

53; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 7; 1. 8 agosto 1992 n. 359, art. 1).

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale del l'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modifica zioni, nella I. 8 agosto 1992 n. 359, che istituisce un'imposta straordinaria sugli immobili, sotto il profilo della pretesa rein troduzione del principio del solve et repete e della mancata

previsione degli interessi su quanto eventualmente pagato in

eccedenza dal contribuente, in riferimento agli art. 3, 24 e

53 Cost. (1) Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.

7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, nella l. 8 agosto 1992 n. 359, che istituisce un'imposta straor

dinaria sugli immobili, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost. (2)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 luglio 1995, n. 309 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 agosto 1995, n. 33);

Pres. Baldassarre, Est. Vari; Soc. Mima (Aw. Onida, Ric

ci) c. Min. finanze; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello

Stato Favara). Ord. Comm. trib. 1 grado Roma 2 dicembre

1993 (24) (G.U., la s.s., n. 36 del 1994).

Catasto — Catasto edilizio urbano — Tariffe d'estimo — Di

sciplina — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.

3, 24, 53; d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situa zioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta

sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie, art.

2; 1. 24 marzo 1993 n. 75, conversione in legge, con modifica

zioni, del d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, art. 1).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

2, 1° comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con

modificazioni, nella I. 24 marzo 1993 n. 75, nella parte in

cui dispone l'applicabilità (con effetto anche ai fini dell'im

posta straordinaria immobiliare, giusta il rinvio operato dal

l'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modifica

zioni, nella l. 8 agosto 1992 n. 359) delle tariffe d'estimo di cui ai decreti ministeriali 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991,

in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost. (3)

(1) Ad avviso della Consulta è inammissibile la questione di costitu

zionalità dell'art. 7 d.i. 11 luglio 1992 n. 333 fondata sulla pretesa rein

troduzione del principio del solve et repete, investendo tale censura non

la disposizione enunciata nell'ordinanza di remissione bensì quella, di

versa, contenuta nell'art. 2 1. 24 marzo 1993 n. 75.

Sulla illegittimità costituzionale del principio de quo, cfr., da ultimo,

Corte cost. 24 febbraio 1995, n. 55, Foro it., 1995, I, 1104, con nota

di richiami, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 60, 2° com

ma, r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, nella parte in cui prevede l'inammis

sibilità del ricorso all'autorità giudiziaria contro la liquidazione della

tassa per i concorsi e le operazioni a premio che non sia stato preceduto dal pagamento della tassa stessa.

(2-3) Comm. trib. I grado Piacenza 2 febbraio 1995 e Comm. trib.

I grado Roma 2 dicembre 1993, da cui scaturiscono le decisioni in epi

II Foro Italiano — 1996.

I

Diritto. — 1. - Con l'ordinanza in epigrafe, la Commissione

tributaria di primo grado di Piacenza ha sollevato, in relazione

agli art. 3, 53, 24 e 42 Cost., questione di legittimità costituzio nale dell'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modifi

cazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359.

La disposizione censurata istituisce un'imposta straordinaria

immobiliare sul valore dei fabbricati, siti nel territorio dello Stato a qualsiasi uso destinati, costituito, per i fabbricati iscritti in catasto, da quello risultante dall'applicazione di un moltiplica tore all'ammontare delle rendite catastali determinate a seguito

della revisione generale disposta con il decreto del ministro del

le finanze 20 gennaio 1990.

Venuta meno, a seguito dell'annullamento da parte del giudi

ce amministrativo, la disciplina contenuta in quest'ultimo de

creto, unitamente a quella del successivo 27 settembre 1991 che, in conformità al primo, aveva stabilito le nuove tariffe di esti

mo per l'intero territorio nazionale con effetto dal 1° gennaio

1992, il remittente implicitamente assume, in ciò conformando

si all'orientamento espresso da questa corte (v. sentenza n. 309

del 1995, Foro it., 1996, I, 1141), che il riferimento fatto dal 3° comma del denunciato art. 7 alle rendite catastali di cui al

menzionato decreto 20 gennaio 1990 sia da ritenere tuttora ope

rante, in ragione della nuova base di legittimazione conferita,

alla disciplina dei provvedimenti annullati, dall'art. 2 d.l. 23

gennaio 1993 n. 16, convertito, con modificazioni, nella 1. 24

marzo 1993 n. 75.

2. - Secondo l'ordinanza, la disposizione censurata, nello sta

bilire che l'importo del tributo sia calcolato sulla base del valo

re degli immobili, determinato secondo le nuove tariffe d'esti

mo di cui al d.m. 20 gennaio 1990, si porrebbe in contrasto con: — l'art. 3 Cost., in quanto colpisce «solo i possessori di beni

immobili (facilmente tassabili) a differenza delle altre categorie

grafe, si leggono, rispettivamente, in Fisco, 1995, 6144, e Dir. e pratica

trib., 1994, II, 953. La Corte costituzionale ribadisce, con riferimento alla imposta straor

dinaria immobiliare (tributo disciplinato dall'art. 7 d.l. 11 luglio 1992

n. 333, che rinvia, per quanto attiene ai criteri per determinare il valore

imponibile degli immobili soggetti ad imposta, all'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16; per la Consulta, la sua istituzione «aveva il fine di reperire mezzi per il bilancio dello Stato in una situazione economica del paese che appariva di notevole gravità, esigendo dai cittadini sacrifici straor

dinari»), le conclusioni già raggiunte da Corte cost. 24 giugno 1994, n. 263, Foro it., 1994, I, 2312, con nota di richiami, in punto di legitti mità del recupero provvisorio, in attesa di un'ulteriore revisione genera le delle rendite catastali (già prevista per il 1° gennaio 1995, ora slittata

al 1° gennaio 1998), delle tariffe d'estimo di cui ai decreti ministeriali

20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991 annullati da Tar Lazio, sez. II, 6 maggio 1992, n. 1184, id., 1992, III, 273 (questione su cui sostanzial mente ruota la decisione 309/95, ove si evidenzia, con affermazione

che si rinviene anche nella sentenza n. 21 del 1996, che comunque «non

si può ritenere violato il principio di capacità contributiva per il solo

fatto che una disposizione preveda, in via oltretutto eventuale, la revi

sione degli estimi, senza coinvolgere i criteri di determinazione delle

rendite fissati dal legislatore, bensì i soli risultati applicativi di essi»), nonché in punto di legittimità di un'imposta priva del carattere della

progressività (carattere che deve informare l'ordinamento tributario nel

suo complesso e non le singole imposte) ed in punto di legittimità della

tassazione di un bene in ragione della sua attitudine a produrre reddito

(problematiche queste affrontate più direttamente da Corte cost. 21/96). V. anche (richiamata dalla sentenza del 1996, che ne invoca l'autorità

di precedente relativamente alle cennate conclusioni sull'interpretazione del principio di progressività di cui all'art. 53 Cost., nonché in relazio

ne alla affermazione della costituzionalità delle scelte discrezionali del

legislatore fiscale che non risultino arbitrarie od irrazionali) Corte cost.

4 maggio 1995, n. 143, id., 1995, 1, 1721, che ha ravvisato l'infondatez

za della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, come sostituito dalla 1. 8 agosto 1992 n. 359, nella parte in cui istituisce un'imposta straordinaria sui depositi bancari e postali,

prevedendo una ritenuta del sei per mille sull'ammontare dei medesimi

(più di recente, in termini analoghi, cfr. Corte cost. 15 marzo 1996,

n. 73, Fisco, 1996, 3421). L'infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 2, 1° com

ma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16 è affermata pure da Comm. trib. I

grado Macerata 1° giugno 1995, ibid., 2642.

In argomento, v. anche E. De Mita, La Consulta assolve risi ma

manca di coraggio, in Sole-24 Ore del 9 agosto 1995, 15.

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Page 3: sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7); Pres. Ferri, Est. Vari; Faverzani c. Intendenza di finanza di Piacenza; interv. Pres.

1143 PARTE PRIMA 1144

di cittadini che possiedono patrimoni di altra natura (es. mobi

liari), che ne sono andati esenti»; — lo stesso art. 3 nonché gli art. 53 e 42 Cost., prevedendo,

in contrasto con il principio della capacità contributiva e con

quello della progressività, una tassazione stabilita su «un'ipote si astratta di fruttuosità del valore capitale dell'immobile deter minato in base a criteri di tipo "patrimoniale", che la stessa

norma mostra di voler abbandonare per i periodi di imposta successivi al 1994, palesando cosi anche la propria intrinseca

irrazionalità»; e questo a tener conto non solo della circostanza

che la giurisprudenza costituzionale non avrebbe «assolto in as

soluto il sistema catastale», evidenziando, anzi, la necessità di una sua riforma, ma anche dell'effetto, al limite, «ablatorio»

del bene, derivante dalla mancata previsione della deduzione

delle «passività che gravano sull'immobile, ai fini della determi

nazione della base imponibile» come pure della «indetraibilità»

dell'Isi ai fini Irpef o Irpeg; — gli stessi art. 3 e 53 Cost., nonché l'art. 24 Cost., in quan

to, «differendo al periodo successivo all'entrata in vigore dei

nuovi estimi la possibilità per i contribuenti di recuperare quan to eventualmente pagato in eccedenza per l'Isi ed il relativo con

tenzioso», «sottopone medio tempore il contribuente ad una tas

sazione avulsa dalla sua capacità contributiva e, nel contempo,

ripristinatoria del principio solve et repete», «senza peraltro pre vedere il diritto alla percezione degli interessi».

3. - Non fondata è, anzitutto, la questione relativa al tratta

mento discriminatorio di cui, secondo l'ordinanza, verrebbero

fatti oggetto i possessori di immobili, per effetto dell'introdu

zione dell'imposta straordinaria, rispetto ai possessori di patri moni di altra natura. In proposito, non si può non rammenta

re, in linea generale, il principio ripetutamente affermato dalla

giurisprudenza costituzionale, secondo il quale resta affidata al

la discrezionalità del legislatore l'individuazione delle situazioni

espressive della idoneità dei singoli cittadini all'obbligazione di imposta, salvo il controllo di costituzionalità sotto il profilo della non arbitrarietà e non irrazionalità (sentenze nn. 42 del

1992, id., 1992, I, 592, e 143 del 1995, id., 1995, I, 1721). Ma, a parte il principio testé richiamato, la lamentata dispa

rità di trattamento va comunque esclusa perché la disposizione di cui all'art. 7 in esame, nell'ambito di misure correttive della

finanza pubblica, fondate, oltre che sulle riduzioni di spesa, sull'aumento delle entrate, coinvolge in tali obiettivi di risana mento del bilancio dello Stato non solo i patrimoni immobiali

ri, ma anche quelli rappresentati dalle liquidità finanziarie, tan

to che al 6° comma, introduce anche la ritenuta del sei per mille sui depositi bancari, con una norma che ha superato posi tivamente il controllo di costituzionalità (v. sentenza n. 143 del

1995, cit.). E questo a tacere di altri provvedimenti, coevi, ri

spondenti alle medesime finalità.

4. - La disposizione in esame forma, poi, oggetto di una com

plessa e articolata censura, anch'essa non fondata, che, in rife

rimento agli art. 3, 53 e 42 Cost., si basa essenzialmente sull'as

sunto della mancanza, nella situazione presa in considerazione

dal legislatore, di elementi espressivi di una effettiva idoneità del soggetto all'obbligazione di imposta, anche sotto il profilo del principio di progressività. Trattasi, almeno in parte, della

riproposizione di profili già sottoposti da altri giudici all'esame

della corte e da quest'ultima ritenuti non fondati, come quello secondo il quale la tassazione delle rendite immobiliari si fonde

rebbe su un'ipotesi astratta di fruttuosità del valore capitale del

l'immobile, determinato in base a criteri di tipo patrimoniale che la stessa norma mostra di voler abbandonare per i periodi di imposta successivi al 1994.

Al riguardo la corte (in particolare nella sentenza n. 263 del

1994, id., 1994, I, 2312, ma anche nella successiva sentenza n.

309 del 1995, cit.), dopo aver rilevato che gli attuali criteri di

determinazione delle rendite catastali si ispirano verosimilmente

alla constatazione di una scarsa attuale rappresentatività del mer

cato delle locazioni, in ordine alla potenziale capacità di pro durre reddito da parte del bene, ha precisato che il previsto mutamento di indirizzo normativo in materia trova la sua ra

gione nella più recente tendenza legislativa, volta, come è noto, a superare il regime vincolistico delle locazioni.

Quanto all'invocato principio di progressività, occorre aggiun

gere che esso si riferisce, secondo costante giurisprudenza, al

II Foro Italiano — 1996.

l'ordinamento tributario nel suo complesso e non alle singole

imposte (v. sentenze nn. 263 del 1994 e 143 del 1995, cit.). Non nuova, e del pari non fondata, nella linea della denun

ciata mancanza, nella situazione ipotizzata dal legislatore, di

indici rivelatori di ricchezza (e quindi di una effettiva capacità contributiva), appare anche la censura rivolta dall'ordinanza al

sistema catastale. La corte già a suo tempo ha affermato la

non irragionevolezza dell'imposizione basata sulle rendite cata

stali, anche se esse non coincidono con il reddito effettivamente

percepito, essendo la capacità contributiva rivelata non solo dal

reddito, ma anche dall'attitudine di un bene a produrlo (senten za n. 16 del 1965, id., 1965, I, 596).

Occorre, peraltro, considerare che, secondo il meccanismo di

tassazione previsto per l'Isi, il sistema catastale rileva non in

quanto indicativo di un reddito, bensì quale strumento per risa

lire al valore del bene; valore al quale è commisurata l'imposta. Il remittente, nel rilevare, poi, che le imposte patrimoniali

sono conformi al dettato costituzionale solo se possono essere

pagate con il reddito, lamenta la mancata previsione, ai fini

della determinazione della base imponnibile Isi, della deduzione

della passività gravanti sull'immobile, con un effetto che, se

condo l'ordinanza, potrebbe rivelarsi al limite «ablatorio», ove

anche si consideri che l'imposta straordinaria non è deducibile

dall'imponibile Irpef e dall'imponibile Irpeg. La corte osserva che l'imposta straordinaria sugli immobili

costituisce un tributo la cui istituzione, come emerge dai lavori

parlamentari, aveva il fine di reperire mezzi per il bilancio dello

Stato in una situazione economica del paese che appariva di

notevole gravità, esigendo dai cittadini sacrifici straordinari —

peraltro limitati ad un solo anno — sicché sono proprio tali caratteri a consentire, secondo un canone di giudizio altre volte

seguito (sentenze n. 143 del 1995, cit., e n. 159 del 1985, id.,

1985, I, 1577), di escludere la violazione degli invocati principi

costituzionali, non potendosi negare il collegamento oggettivo del tributo, cosi come disciplinato, ad un concreto presupposto

impositivo. Il carattere decisivo di questi rilievi esonera, d'altro canto,

la corte dall'approfondire la problematica di principio adom

brata dal giudice remittente, non solo la riconducibilità dell'Isi

fra le imposte patrimoniali ma anche circa i limiti in cui posso no ritenersi conformi a Costituzione le stesse imposte patrimo niali come pure in ordine alla mancata previsione della deduzio ne delle passività gravanti sull'immobile; profilo, quest'ultimo,

prospettato, peraltro, in linea del tutto ipotetica, senza offrire

concreti elementi valutativi riferiti alla fattispecie. Fermo quanto sopra, per quanto attiene poi all'ulteriore pro

blematica che viene adombrata nell'ordinanza, della mancata

previsione della deducibilità dell'Isi dall'imponibile Irpef e Ir peg, la questione è qui posta impropriamente, in quanto relati

va al regime giuridico e quindi alla fase applicativa delle predet te Irpef e Irpeg. E questo non senza ricordare, in ogni caso, la discrezionalità di cui, in materia di deducibilità di oneri, go

de, ai fini dell'imposizione sui redditi, il legislatore, secondo

criteri volti a conciliare — sulla base di valutazioni politico economiche — le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del

cittadino, chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno importanti delle esigenze della vita individuale (sen tenze nn. 134 del 1982, id., 1982, I, 2718; 143 del 1982, ibid., 2712; ordinanza n. 556 del 1987, id., 1988, I, 2455; sentenza

n. 574 del 1988, id., Rep. 1988, voce Tributi locali, n. 70). 5. - Quanto, infine, all'ultimo profilo di censura, che attiene

alla prospettata violazione degli art. 3, 53 e 24 Cost., il remit

tente ritiene che la tesi da lui sostenuta di una tassazione che

risulterebbe avulsa dalla capacità contributiva trovi, nella spe

cie, ulteriore conferma anche nel previsto differimento, al pe riodo successivo all'entrata in vigore dei nuovi estimi, sia della

possibilità per i contribuenti di recuperare quanto eventualmen

te pagato in eccedenza per l'Isi, sia del relativo contenzioso; con ripristino del principio del solve et repete e senza che sia

prevista la corresponsione di interessi sulle somme versate in

eccedenza.

A ben vedere la censura, cosi' come prospettata, si scinde in due profili.

Il primo è inteso a ribadire, in via di principio, l'inesistenza di una effettiva capacità contributiva in ragione del carattere

non definitivo della tassazione.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Al riguardo, va preliminarmente precisato che il giudice re

mittente muove dall'erroneo assunto che secondo la disciplina

vigente in materia — ove le rendite catastali, rideterminate con

decreto ministeriale, secondo i nuovi criteri previsti a decorrere,

in un primo momento dal 1° gennanio 1995, ma ormai dal 1°

gennaio 1997 in forza dell'art. 1, 5° comma, d.l. 28 giugno 1995 n. 250, convertito dalla 1. 8 agosto 1995 n. 349, dovessero

risultare inferiori a quelle di cui al d.m. 27 settembre 1991 —

il contribuente possa tenerne conto ai fini dell'imposta persona le da corrispondere per il 1992.

In effetti, come la corte ha già avuto occasione di rilevare

(sentenza n. 263 del 1994, cit.), la normativa vigente in materia, in particolare l'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, cosi come

modificato dalla legge di conversione n. 75 del 1993, prevede

una eventualità di revisione delle rendite catastali, con un raf

fronto che, però, agli effetti sopra accennati, deve essere opera to non fra le tariffe di estimo che entreranno in vigore dal 1997

e quelle di cui al decreto del mininstro delle finanze 27 settem

bre 1991, bensì fra quelle di cui a quest'ultimo decreto e quelle

risultanti all'esito dei ricorsi alle commissioni censuarie, propo

sti dai comuni ai sensi dei commi 1 bis, 1 ter e 1 quater dello stesso art. 2 1. n. 75 del 1993.

Ma, anche in questa più corretta prospettiva la questione —

da intendersi evidentemente come prospettazione da parte del

remittente dell'esigenza che l'imposizione tributaria, per rispon

dere all'effettiva capacità contributiva, debba basarsi su pre

supposti non suscettibili di essere rimessi in discussione — non

può ritenersi fondata in quanto, come questa corte ha già rile

vato nella sentenza n. 309 del 1995, cit. non si può ritenere

violato il principio di capacità contributiva per il solo fatto che

una disposizione preveda, in via oltretutto eventuale, la revisio

ne degli estimi, senza coinvolgere i criteri di determinazione del

le rendite fissati dal legislatore, bensì i soli risultati applicativi di essi, in vista di una loro più esatta determinazione.

Quanto al secondo profilo, lo stesso, ponendosi come logica

mente autonomo dal primo, appare volto a censurare una pre tesa reintroduzione del principio del solve et repete, senza che

sia prevista la corresponsione di interessi sulle somme versate

in eccedenza.

Sotto tale profilo la questione è da ritenersi inammissibile

in quanto essa investe propriamente non la disposizione oggetto

di denuncia nell'ordinanza di remissione bensì quella, diversa, contenuta nell'art. 2 1. n. 75 del 1993 che, oltre a conferire

nuova base di legittimità ai decreti sulle rendite catastali, inte

grando per questa parte l'art. 7 denunciato, contiene ulteriori

autonome previsioni normative, che appaiono irrilevanti in or

dine all'oggetto del giudizio pendente innanzi alla commissione

tributaria remittente.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara: a) inam

missibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (misure urgenti per il risanamento della

finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 ago

sto 1992 n. 359, sollevata dalla Commissione tributaria di pri

mo grado di Piacenza, sotto il profilo della pretesa reintrodu

zione del principio del solve et repete e della mancata previsione

degli interessi su quanto eventualmente pagato in eccedenza per

l'Isi dal contribuente, in riferimento agli art. 3, 53 e 24 Cost.,

con l'ordinanza in epigrafe; ti) non fondate le altre questioni

di legittimità costituzionale del predetto art. 7, sollevate, in ri

ferimento agli art. 3, 53 e 42 Cost., con la medesima ordinanza.

II

Diritto. — 1. - Le ordinanze in epigrafe, emesse in controver

sie aventi ad oggetto richieste di rimborso dell'imposta straordi

naria sugli immobili di cui all'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359,

sollevano questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 1°

comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con modifica

zioni, nella 1. 24 marzo 1993 n. 75.

Secondo il giudice remittente la disposizione contrasterebbe

con: — l'art. 53 Cost., per «l'intrinseca irrazionalità della deter

minazione delle rendite, sul cui valore viene ad incidere il tribu

to, in base a criteri di cui la stessa norma prevede l'abbandono

nei periodi successivi al 1° gennaio 1995»;

Il Foro Italiano — 1996.

— l'art. 53 Cost., atteso che lo stesso art. 2, riconoscendo

la provvisorietà delle attuali rendite e prevedendo la possibilità di un loro successivo adeguamento ad altre diversamente deter

minate con efficacia retroattiva, sottopone medio tempore il con

tribuente ad una tassazione avulsa dalla sua capacità contributiva; — gli art. 3 e 53 per la discriminazione tra il contribuente

che avrà gli estimi confermati e il contribuente che avrà gli esti

mi ridotti e, quindi, realizzerà un credito nei confronti dell'erario; — gli art. 3 e 24 Cost., «stante la connessa alcatorietà del

recupero determinata dai brevi termini prescrizionali e dalle com

plesse formalità di rito».

2. - I giudizi, in quanto promossi con ordinanze di identico

contenuto, possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.

3. - Onde cogliere esattamente la portata delle questioni solle

vate, anche sotto il profilo della loro rilevanza, va rammentato

che l'art. 7 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modifica

zioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, dopo aver previsto al 1°

comma l'istituzione di un'imposta straordinaria immobiliare sul

valore dei fabbricati, siti nel territorio dello Stato a qualsiasi

uso destinati, ha fissato la medesima nella misura del due per

mille del valore costituito, per i fabbricati iscritti in catasto,

da quello risultante dall'applicazione di un moltipicatore all'am

montare delle rendite catastali determinate a seguito della revi

sione generale diposta con il decreto del ministro delle finanze

20 gennaio 1990.

Peraltro, a seguito dell'avvenuto annullamento di quest'ulti

mo, da parte del giudice amministrativo, unitamente al decreto

27 settembre 1991 che, in conformità ad esso, aveva stabilito

le nuove tariffe d'estimo per l'intero territorio nazionale con

effetto dal 1° gennaio 1992, il governo ha emanato una serie

di decreti legge, l'ultimo dei quali è quello in data 23 gennaio

1993 n. 16, il cui art. 2 forma oggetto della sollevata questione

e che ha rinviato alla disciplina dei predetti decreti. La stessa

norma ha, poi, disposto — con effetto dal 1° gennaio 1995 — una nuova revisione generale delle zone censuarie, delle ta

riffe di estimo, delle rendite delle unità immobiliari urbane e

dei criteri di classamento, ad opera di un decreto ministeriale

volto a determinare la redditività media, in riferimento al valo

re del mercato degli immobili e delle locazioni, in luogo del

valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile, determina

to come media dei valori riscontrati nel biennio 1988-1989, giu

sta la previsione dei precedenti provvedimenti sopra menziona

ti. Lo stesso art. 2 del decreto legge impugnato ha stabilito,

inoltre, fino al 31 dicembre 1993, la permanenza in vigore e

quindi l'applicazione delle tariffe di estimo e delle rendite già

determinate in esecuzione del decreto 20 gennaio 1990 (art. 2,

1° comma, terzo periodo). A sua volta la 1. 24 marzo 1993

n. 75, nel convertire il decreto menzionato, ha aggiunto al pre detto art. 2 i commi 1 bis e 1 ter, con i quali si è data facoltà

ai comuni di ricorrere alle commissioni censuarie provinciali e,

in sede di appello, alla commissione censuaria centrale «con

riferimento alle tariffe di estimo e alle rendite vigenti ai sensi

del 1° comma» del medesimo art. 2.

Le tariffe d'estimo e le rendite modificate in conseguenza di

tali ricorsi, nonché quelle derivanti da ulteriori modificazioni

al fine di mantenere l'invarianza del gettito, recepite in un ap

posito decreto legislativo, secondo quanto stabilito dall'art. 2

1. 24 marzo 1993 n. 75, sarebbero state applicate per l'anno

1994. Peraltro, ai fini delle imposte dirette (salve alcune esclu

sioni), l'applicazione sarebbe stata anticipata al 1° gennaio 1992

ove fossero risultate inferiori a quelle stabilite con d.m. 27 set

tembre 1991.

4. - Ciò stante, può concordarsi con il giudice remittente,

nel senso che il riferimento alle rendite catastali di cui al 3°

comma dell'art. 7 della legge istitutiva dell'imposta straordina

ria immobiliare debba intendersi oggi operante non più diret

tamente nei confronti della disciplina contenuta nei predetti

decreti ministeriali, bensì nei confronti di quella contenuta nel

l'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito con modificazio

ni nella 1. n. 75 del 1993, con il quale si fa rinvio ai decreti

stessi.

5. - Quanto detto consente di ritenere le proposte questioni rilevanti ai fini del decidere, anche se, nel merito, le stesse sono

da reputare non fondate.

Il remittente lamenta, anzitutto, violazione dell'art. 53, dedu

cendo al riguardo che la disposizione censurata si appaleserebbe

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Page 5: sentenza 5 febbraio 1996, n. 21 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7); Pres. Ferri, Est. Vari; Faverzani c. Intendenza di finanza di Piacenza; interv. Pres.

1147 PARTE PRIMA 1148

affetta da irrazionalità per essere informata a criteri di cui la

stessa norma prevede l'abbandono a partire dal 1995.

Osserva la corte che la censura, anche in ragione della sua

assoluta genericità e della invero non chiara connessione che

il remittente tende a stabilire fra transitorietà ed irrazionalità

della norma, non permette in definitiva di scorgere sotto quale aspetto si verificherebbe l'ipotizzato contrasto con il principio della capacità contributiva sancito dal richiamato parametro co

stituzionale.

Non può ignorarsi che la norma di cui trattasi è già stata

sottoposta, sotto il profilo della eventuale violazione dell'art.

53, al vaglio di questa corte che, con sentenza n. 263 del 1994

(Foro it., 1994, I, 2312), ha rilevato, tra l'altro, che il previsto mutamento di indirizzo normativo in materia, a partire dal 1995,

per effetto dei nuovi criteri indicati dal legislatore, e cioè il va

lore di mercato insieme al valore locatizio, si spiega con la più recente evoluzione legislativa che tende, come è noto, a supera re il regime vincolistico delle locazioni.

Lo stesso remittente dubita, poi, della legittimità della dispo sizione di cui trattasi, per il fatto che essa riconoscerebbe la

provvisorietà delle attuali rendite, prevedendo la possibilità di

un loro successivo adeguamento ad altre diversamente determi

nate, con efficacia retroattiva rispetto a versamenti di imposta

già effettuati. Da tale prospettazione, nella quale appare evi dente il sia pure implicito riferimento all'eventuale attivazione

della procedura di revisione degli estimi contemplata dai commi

1 bis e 1 ter del medesimo art. 2, non è, ad avviso della corte,

possibile far discendere la conclusione cui perviene il giudice a quo lamentando il contrasto con l'art. 53 Cost.

Non si può ritenere violato il principio di capacità contributi va per il solo fatto che una disposizione preveda, in via oltretut

to eventuale, la revisione degli estimi, senza coinvolgere i criteri

di determinazione delle rendite fissati dal legislatore, bensì i soli

risultati applicativi di essi, in vista di una loro più esatta deter

minazione.

6. - Ulteriori doglianze vengono avanzate con riferimento agli art. 3 e 53 Cost., assumendo la discriminazione di quei contri

buenti che, effettuando esborsi per somme che risultino, in se

guito, eccedenti il dovuto, maturino un credito nei confronti

del fisco; nonché in riferimento agli art. 3 e 24 Cost, in relazio

ne all'onere, imposto ai medesimi contribuenti, di intraprendere le procedure di rimborso.

A parte l'improprio riferimento all'art. 24 Cost., che concer

ne il diritto alla tutela giurisdizionale, che non è in discussione, dal momento che i dubbi sollevati dal giudice remittente atten

gono a procedure di rimborso in via amministrativa di quanto eventualmente pagato in eccedenza al fisco, non pare a questa corte che i prospettati risultati, cui l'applicazione della norma

può portare, vadano al di là di inconvenienti di fatto, tali co

munque da non configurare vizi di costituzionalità.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 2, 1° comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16 (disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle

situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della rite

nuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti inter bancari, nonché altre disposizioni tributa

rie), convertito, con modificazioni, nella 1. 24 marzo 1993 n.

75, sollevata, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma con le ordi

nanze in epigrafe.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 dicembre 1995, n. 519 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 gennaio 1996, n. 1); Pres. Ferri, Est. Guizzi; Rufat e altri. Ord. Pret. Firenze

11 novembre 1994 (G.U., la s.s., n. 5 del 1995); Pret. Modena

Carpi 21 ottobre 1994 (G.U., la s.s., n. 7 del 1995); Pret.

Firenze 3 febbraio 1995 (G.U., la s.s., n. 23 del 1995).

Questua e mendicità — Mendicità non invasiva — Incostituzio

nalità (Cost., art. 3; cod. pen., art. 670).

Questua e mendicità — Mendicità invasiva — Questione infon

data di costituzionalità (Cost., art. 3, 13 , 27 , 97; cod. pen., art. 670).

Questua e mendicità — Mendicità invasiva — Reato — Pena minima — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.

3, 27; cod. pen., art. 670).

È incostituzionale l'art. 670, 1° comma, c.p., il quale punisce la mendicità non invasiva che si risolve nella semplice richie

sta di aiuto. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

670, 2° comma, c.p., il quale punisce la mendicità invasiva

che inquina il rilevante bene giuridico dello spontaneo adem

pimento del dovere di solidarietà, in riferimento agli art. 3,

13, 27, 97 Cost. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

670, 2° comma, c.p., nella parte in cui prevede come pena minima un mese di arresto per il reato di mendicità aggrava

ta, in riferimento agli art. 3 e 27 Cost. (3)

(1-2) Corte cost. 51/59 e 102/75, citate in motivazione, sono riporta te in Foro it., 1959, I, 1814 e 1975, I, 1318, nonché — la seconda — in Giur. costit., 1975, 2661, con commento di Cerri, Indetermina

tezza della questione di costituzionalità sollevata con riferimento ai di ritti inviolabili. Libertà di professione religiosa. Mendicità.

Rara giurisprudenza nell'arco di vent'anni successivo a questa pro nuncia (si rinviene solo Cass. 3 luglio 1981, Liotta, Foro it., Rep. 1992, voce Truffa, n. 23, sugli elementi differenziali tra la mendicità aggrava ta dall'uso di mezzo fraudolento e la truffa), a riprova della scarsa iniziativa penale evidenziata dalla decisione in epigrafe. Di recente, in dottrina Cosseddu, Mendicità, voce del Digesto pen., Torino, 1993, VII, 600; Riondato, Accattonaggio e mestieri girovaghi, voce dell'£>i

ciclopedia giuridica Treccani, 1988,1; Del Re, Questua, colletta e men dicità: dalla repressione dei parassitismo alla garanzia costituzionale di libera scelta di vita, in Giur. costit., 1982, I, 454; Balocchi, Mendicità, a) Diritto amministrativo, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1976, XXVI, 90; Panagia, Mendicità, b) Diritto penale, ibid., 97.

(3) La corte dichiara infondata la questione liquidando come irreali stico il pericolo di un sovraffollamento delle carceri, con pregiudizio del fine rieducativo della pena, per effetto dell'esecuzione delle condan ne per mendicità invasiva. V. invece per l'accoglimento della questione di costituzionalità: Corte cost. 341/94, Foro it., 1994, I, 2585, con os servazioni di Fiandaca, per il minimo edittale di sei mesi di reclusione per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale; Corte cost. 409/89, id., 1990, I, 37, per l'originaria pena edittale del rifiuto del servizio militare

per obiezione di coscienza; Corte cost. 168/94, id., 1994, I, 2045, per il limite massimo della pena (ergastolo) applicabile ai minori imputabili.

♦ * *

Mendicità e solidarietà.

La questione di costituzionalità dell'art. 670 c.p., già rigettata dalla corte in relazione ai parametri, che più le erano propri, dell'art. 38, dell'art. 2 e dell'art. 4 Cost., viene ora accolta sotto il profilo della

irragionevolezza del ricorso alla regola penale almeno per le forme di mendicità non invasiva, che si risolve nella semplice richiesta di aiuto.

La liceità di tale condotta è piena anche perché l'ipotesi della sempli ce depenalizzazione della contravvenzione era stata scartata dal legisla tore della 1. 689/81, a motivo — come chiarito dalla circolare 19 dicem bre 1983 della presidenza del consiglio dei ministri sui «criteri orientati vi per la scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative» —

dell'inefficacia, «rispetto ad illeciti che normalmente si riconnettono a situazioni personali di indigenza (ad es.: accattonaggio)», della sanzio ne amministrativa, che, se non eseguita per insolvibilità del condanna

to, non può essere convertita in una sanzione diversa. Ed invero lo stesso schema di delega legislativa per l'emanazione di un nuovo codice

penale (in Documenti giustizia, 1992, 306 ss.), che pure prevede l'abro

gazione di una serie di contravvenzioni, tuttavia inserisce la mendicità tra quelle da «trasferire e rifondere nel testo unico delle leggi di pubbli ca sicurezza o in altre leggi speciali» (art. 10 disp. att.): al solo scopo,

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