+ All Categories
Home > Documents > sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao)

sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao)

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: ngomien
View: 219 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
4
sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao) Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1761/1762-1765/1766 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196198 . Accessed: 25/06/2014 09:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 09:35:04 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao)

sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1761/1762-1765/1766Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196198 .

Accessed: 25/06/2014 09:35

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 09:35:04 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ora, se avuto riguardo all'attivo fallimentare, indipendente mente dal valore effettivamente realizzabile in fase di liquida zione dello stesso, dovrà aversi riguardo a quanto richiamato —

in citazione e memoria di replica — dalla curatela e non conte

stato dalle altre parti del presente giudizio, per quanto inerisce la determinazione del passivo fallimentare occorre fare riferi

mento ai verbali di udienza di verifica dello stato passivo pro dotti in atti dalla curatela, attraverso i quali si evidenzia una

complessiva massa passiva pari a circa 2.600.000.000 di lire, sì

che esclusivamente a tale dato numerico oggettivo certo e accla

rato dovrà farsi riferimento ai fini della determinazione del

quantum risarcibile.

Tale danno — si ripete, eziologicamente ricollegabile al

comportamento posto in essere dal convenuto in violazione dei

doveri su di esso incombenti, non potendo onerarsi la curatela di

ulteriori oneri probatori in presenza delle omissioni e delle gra vissime violazioni poste in essere dall'amministratore — va

pertanto determinato equitativamente nella complessiva somma

di 1.710.000.000 di lire, corrispondente alla differenza tra il pas sivo fallimentare (con esclusione dei crediti esclusi anche se

oggetto d'opposizione in quanto non accertati) e l'attivo falli

mentare.

Su tale somma spettano gli interessi legali dalla domanda al

soddisfo, mentre non vi è domanda in ordine all'eventuale mag

gior danno. (Omissis)

TRIBUNALE DI MESSINA; sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv.

Rao).

Matrimonio — Divorzio — Ricorso congiunto — Mancata

comparizione di uno dei coniugi — Irrilevanza (L. 1° di cembre 1970 n. 898, disciplina dei casi di scioglimento del

matrimonio, art. 4; 1. 6 marzo 1987 n. 74, nuove norme sulla

disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio, art. 8).

Nel procedimento camerale di divorzio congiunto, la mancata

comparizione di uno dei coniugi in camera di consiglio non

impedisce al tribunale di provvedere sulla domanda. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data

30 settembre 1997 i coniugi Scimone Luigi e Lo Monaco Gio

vanna Sebastiana, premesso di aver contratto, in data 26 gen naio 1980, matrimonio concordatario, dal quale non erano nati

figli; che, in accoglimento di ricorso ex art. 158 c.c. da entrambi

proposto, questo tribunale con decreto del 10 maggio 1993 ave

(1) Il tribunale messinese ha accolto la tesi di Cipriani, Sull'audizio ne dei coniugi nel procedimento camerale di divorzio, in Foro it., 1988, I, 2391. Nello stesso senso, in giurisprudenza, v. Trib. Potenza 28 feb braio 1996, id., Rep. 1996, voce Matrimonio, n. 129, e, per esteso, Giust. civ., 1996, I, 2709; Trib. Trani 8 ottobre 1996, Foro it., 1997, I, 3000, in motivazione. In dottrina, Saletti, Procedimento e sentenza di

divorzio, in Bonilini-Cattaneo, Il diritto di famiglia. I. Famiglia e

matrimonio, Torino, 1998, 608, in nota; A. Finocchiaro, Necessità della comparizione delle parti ed ammissibilità della rappresentanza volontaria nella domanda congiunta di divorzio, in Giust. civ., 1988, I, 1835. In senso contrario, ma limitatamente all'ipotesi di mancata com

parizione di uno dei coniugi senza giustificato motivo, Trib. Busto Ar

sizio 18 ottobre 1996, Foro it., 1997, I, 3000. Nel senso che nel proce dimento camerale di divorzio il coniuge impossibilitato a comparire

può farsi rappresentare da un procuratore speciale. Trib. Imperia 4 mar zo 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 166, e, per esteso, Famiglia e dir., 1995, 473; nel senso che può chiedere al tribunale di essere autorizzato a farsi rappresentare, Trib. Verona 2 aprile 1988, Foro it., 1988, I, 2390, con la citata nota di Cipriani.

Il Foro Italiano — 2001.

va pronunziato la loro separazione personale; che non v'erano

beni da dividere né altri rapporti da regolare, ed era venuta defi

nitivamente meno ogni comunione di vita; ciò premesso, ai sen

si dell'art. 4, 13° comma, 1. 1° dicembre 1970 n. 898, congiun tamente adivano questo tribunale chiedendo dichiararsi la cessa

zione degli effetti civili del matrimonio, con ogni conseguen ziale pronuncia.

La causa veniva erroneamente iscritta nel ruolo generale co

me contenziosa, ed in analogo errore incorreva il presidente del

tribunale che fissava l'udienza per la comparizione dei coniugi innanzi a sé. A tale incombente, però, sebbene l'udienza fosse

reiteratamente rinviata onde ottenere la presenza di entrambi i

coniugi, si presentava il solo Scimone Luigi. Quindi il presi dente designava il g.i. davanti al quale rimetteva la causa per il

suo prosieguo (nell'implicito — ma erroneo — assunto che la

stessa dovesse svolgersi secondo le forme di un ordinario giudi zio contenzioso).

Alla prima udienza del 6 giugno 2000 l'istruttore designato, rilevato trattarsi di ricorso congiunto, rimetteva gli atti avanti il

collegio per una successiva udienza camerale, per la compari zione dei coniugi e per la trattazione del procedimento nelle

previste forme camerali.

A tale udienza, tuttavia, benché più volte differita proprio per consentire il pieno esperimento dell'incombente, compariva il

solo Scimone Luigi, peraltro egli stesso rappresentando di es

sersi, nelle more, stabilito in altro paese europeo e i notevoli

conseguenti disagi, anche economici, da affrontare per compari re avanti questo ufficio. Non compariva invece la moglie dello

stesso, residente in Como, ed il difensore dei ricorrenti rappre sentava l'inanità dei suoi tentativi di farla venire a Messina per l'incombente predetto. Lo stesso peraltro insisteva in domanda.

La causa veniva quindi posta in decisione.

Motivi della decisione. — L'unica questione che si pone nella

fattispecie in esame — ma preliminare e potenzialmente assor

bente — è se e quali effetti, sul piano processuale, debbano ri

connettersi alla mancata comparizione dei coniugi avanti il col

legio all'udienza fissata per la trattazione con rito camerale

della domanda congiunta di divorzio. Per quanto si riveli indif

ferente rispetto alle osservazioni che seguono, pare opportuno

precisare che, nel caso in esame, tale omissione investe sostan

zialmente la posizione di uno soltanto dei ricorrenti, la moglie, mai comparsa personalmente né davanti al presidente né davanti

al collegio. Ciò detto, deve subito avvertirsi che sulla questione del rilie

vo attribuibile alla mancata comparizione dei coniugi davanti al

collegio si registrano contrastanti indicazioni nella giurispru denza di merito, che appare in prevalenza orientata a farne con

seguire F improcedibilità della domanda (v. Trib. Busto Arsizio

18 ottobre 1996, Foro it., 1997, I, 3000; Trib. Imperia 4 marzo

1995, id., Rep. 1995, voce Matrimonio, n. 166; Trib. Verona 2

aprile 1988, id., 1988,1, 2390; contra, Trib. Potenza 28 febbraio

1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 129; Trib. Trani 8 ottobre

1996, id., 1997,1, 3000). Tale orientamento è stato però sottoposto ad attenta critica da

parte della dottrina, che propende al contrario verso la tesi —

che a questo collegio appare preferibile — secondo cui l'adem

pimento predetto costituisca un diritto dei coniugi, ma non an

che un onere idoneo a pregiudicare, ove non assolto, l'accogli mento della domanda nel caso in cui altrimenti, quest'ultima, ri

sulti comunque fondata.

Giova anzitutto premettere che non può revocarsi in dubbio

che abbia a configurarsi come ricorso congiunto quello che —

come nella specie —

venga redatto, sottoscritto e presentato, nell'interesse dei coniugi, dall'unico difensore degli stessi, in

quanto munito di valida procura contestualmente conferitagli a

margine del ricorso. Se infatti, come è stato acutamente osser

vato, nei processi civili di competenza dei tribunali (ivi compre si quelli camerali, se relativi a diritti soggettivi o status), le parti stanno in giudizio attraverso l'intermediazione obbligatoria di

un procuratore (art. 82, 3° comma, c.p.c.), allora anche nel pro cedimento camerale di divorzio il giudice, se vi è una regolare

procura, «non può neppure porsi il problema della rispondenza

degli atti del procuratore (qual è ... il ricorso congiunto) all'ef

fettiva volontà della parte o delle parti rappresentate»: il che

vale anche ad escludere che all'adempimento di cui si discute

(ossia, alla comparizione personale dei coniugi avanti il collegio

per essere «sentiti» ai sensi dell'art. 4, 13° comma, 1. div.) possa

This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 09:35:04 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao)

PARTE PRIMA 1764

assegnarsi la funzione «essenziale» (secondo Trib. Verona, cit.) di accertare «se la volontà trasfusa nel ricorso congiunto corri

sponda fedelmente alla volontà reale della parte». Ma nemmeno appaiono pertinenti o convincenti gli altri ar

gomenti posti a sostegno dell'opposta ricostruzione che vede

nella comparizione (effettiva) di entrambi i coniugi davanti al

collegio un adempimento indefettibile: si fa leva al riguardo sulle norme di cui agli art. 1 e 2 1. 898/70, nella parte in cui tut

tora subordinano la pronuncia del divorzio (anche) all'infruttuo

so esperimento del tentativo di conciliazione, nonché sulla pre visione di cui all'art. 4, 7° comma, che impone ai coniugi di

comparire personalmente davanti al presidente del tribunale, per la prima fase del giudizio ordinario di divorzio, «salvo gravi e

comprovati motivi». Sebbene si riconosca il diverso ambito di

disciplina delle norme suddette e la conseguente impossibilità di

una loro applicazione diretta al c.d. divorzio congiunto che di

spone di una propria e autosufficiente disciplina processuale

(che non contempla, letteralmente, un obbligo di comparizione, ma propone solo il laconico inciso «sentiti i coniugi»), si sostie

ne tuttavia che da esse sia traibile un «principio guida» valido a

orientare l'interpretazione dell'intero sistema normativo e in

particolare ad escludere che il procedimento camerale consenta

un «accertamento minore» (Trib. Busto Arsizio. cit.). È stato però condivisibilmente obiettato a tale ricostruzione

che in realtà il richiamo a dette norme è tutt'altro che decisivo,

proprio perché, per pacifica interpretazione, da esse non si trae

affatto che, ove la comparizione di entrambi i coniugi non abbia

luogo, il processo contenzioso di divorzio debba arrestarsi e non

possa giungere alla pronuncia richiesta, ciò potendo affermarsi

solo se non compare neppure il richiedente: in altre parole si

trae da quelle norme che è indefettibile non la comparizione di

entrambi i coniugi per il tentativo di conciliazione, ma «che sia

tenuta un'udienza in limine litis e che da questa non si passi a

quella davanti al g.i. se non quando (almeno) uno dei coniugi,

personalmente (o, in caso di gravi e comprovati motivi, a mezzo

del procuratore) l'abbia chiesto al presidente, rifiutando di ac

cedere all'invito a desistere». Se ne deve dedurre che «gli art. 1

e 2 1. 898/70, laddove subordinano la pronuncia del divorzio al

fallimento del tentativo di conciliazione, dicono sicuramente

troppo: e, se dicono troppo già a proposito del procedimento contenzioso (e cioè già quando, essendo il divorzio chiesto da

un solo coniuge, può aver senso sperare che l'altro non solo non

voglia il divorzio, ma voglia pure conciliarsi), a fortiori si deve

ritenere che il legislatore ... non fosse per coerenza tenuto a

prevederlo nei procedimento camerale, nel quale il divorzio è

chiesto da entrambi i coniugi, con conseguente ulteriore assotti

gliamento delle già solitamente inesistenti speranze di riconci

liazione».

Da tale rilievo e da quello altrettanto evidente della diversità

e autosufficienza delle discipline processuali specificamente de

dicate al procedimento speciale contenzioso di divorzio, discen

de anche che il richiamo analogico alla previsione di cui al 7°

comma, si rivela ingiustificato non solo su di un piano tecnico

giuridico (le «lacune» del procedimento di cui all'art. 4, 13°

comma, dovendo essere colmate anzitutto con la disciplina ge nerale dei procedimenti camerali — art. 737 ss. c.p.c.

— e quin di con le disposizioni generali del codice, mai invece con le

norme dettate per un altro procedimento speciale) ma anche su

di un piano pratico effettuale, atteso che, non essendo diversa

mente imposto, «i coniugi, se non vogliono comparire, possono ben farlo e non hanno bisogno di giustificare la loro assenza,

apparendo evidente che l'essenziale (al fine di evitare l'archi

viazione del ricorso e di indurre il tribunale a giudicare sulla

domanda) è che in camera di consiglio compaia il loro procura tore o almeno uno dei loro procuratori e che questi insista nella

domanda».

La forza persuasiva di tali considerazioni dottrinali, per ampi stralci riportate dalla loro fonte testuale, non sembra possa ri

sultare sminuita o contraddetta dall'osservazione che, così opi nando, si finisce con il configurare il divorzio come mero isti

tuto negoziale e privatistico, «espressione del consenso pura mente e semplicemente, senza rilievo alcuno per valori oggettivi e interessi indisponibili, sottesi all'istituto matrimoniale» (Trib. Busto Arsizio 18 ottobre 1996, cit.). L'obiezione è suggestiva ma è monca: essa infatti coglierebbe nel segno se il sistema

consentisse — sia detto per absurdum — un ruolo attivo del tri

bunale nella verifica degli intimi e reali intendimenti dei coniugi

Il Foro Italiano — 2001.

o quanto meno se il tentativo di conciliazione fosse previsto e

fornito di sanzione (cosa che, come s'è detto, non accade nem

meno per il procedimento contenzioso e a fortiori non può ac

cadere per quello camerale nascente dalla domanda congiunta, nel quale nemmeno esso è previsto: «'sentiti i coniugi' non si

gnifica 'dopo avere inutilmente tentato di conciliare i coniugi'»: concorda sul punto anche Trib. Imperia, cit.). Vero si è che la

natura costitutiva della pronuncia di divorzio sottende certa

mente una verifica del tribunale sulla sussistenza dei presuppo sti di proponibilità della domanda e del venir meno della comu

nione spirituale e materiale dei coniugi, ma nulla autorizza a ri

tenere che, nel caso di divorzio congiunto, il legislatore abbia

inteso tipizzare quale strumento indefettibile di tale verifica

l'esame personale dei coniugi. Soprattutto, una volta che in tal

senso si sia univocamente espressa la volontà di entrambi i co

niugi con il conferimento ad uno o più difensori (nella specie, ad un medesimo procuratore) dell'incarico di presentare ricorso

consensuale per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, nulla autorizza a interpretare il ruolo del collegio come finaliz

zato ad invitare al ripensamento o a mettere alla prova la serietà

e attendibilità di quella manifestazione. In tal senso tutt'altro

che casuale o suscettibile di integrazioni analogiche si rivela la

diversa disciplina del procedimento di divorzio su domanda

congiunta, laddove viene omessa la previsione del tentativo di

conciliazione: evidentemente, e del tutto comprensibilmente,

questo è reputato inutile in presenza di una domanda congiunta che già di per sé postula

— nella gran maggioranza dei casi —

una separazione protratta per almeno tre anni, ovvero altre cause

già di per sé ostative al costituirsi o permanere di una comunio

ne di vita. L'obiezione surriferita si rivela pertanto frutto d'illu

sione ottica, laddove intende valorizzare la comparizione perso nale delle parti come momento qualificante della pronuncia di

divorzio come sentenza costitutiva non conseguente alla mera

volontà delle parti: vero è infatti che il nostro ordinamento non

conosce un modello di «divorzio consensuale», fondato cioè sul

mero «mutuo consenso» dei coniugi, ma ciò dipende da norme

di carattere sostanziale e non da una poco plausibile enfatizza

zione dei poteri d'indagine o, per così dire, d'interdizione dia

lettica del collegio in sede di comparizione delle parti. In altre

parole, è ben vero che la legge non ritiene sufficiente la mera

volontà dei coniugi, ma richiede comunque — sia che tale vo

lontà provenga da uno soltanto o da entrambi i coniugi — la

sussistenza degli altri presupposti indicati negli art. 1, 2 e 3 1.

898/70, e ciò spiega perché, anche nel procedimento camerale, il tribunale non si limita ad «omologare» con decreto la concor

de volontà delle parti, ma è chiamato a decidere con sentenza,

vagliando presupposti processuali che non sono nella disponibi lità delle parti. Ma tutto ciò non significa che tale verifica non

possa avvenire anche prescindendo dalla personale comparizio ne dei coniugi davanti al collegio.

Può ben darsi che l'audizione delle parti si renda opportuna

perché il collegio evidenzi ai coniugi aspetti del regolamento da loro concordato, specie quanto all'affidamento di figli minori ed

al loro mantenimento, incompatibili con le prescrizioni di legge o potenzialmente contrastanti con il sopraordinato interesse dei

figli. Non potendosi pertanto ottenere, in ipotesi, per la mancata

comparizione dei coniugi, alcun concorde aggiustamento o mo

difica, è ovvio che il tribunale, venendo in rilievo aspetti del re

golamento sottratti al potere dispositivo delle parti, dovrà di

sporre per la prosecuzione del giudizio nelle forme contenziose, ai sensi dell'ultimo inciso del 13° comma dell'art. 4 1. cit. Ma

in tal caso, anzitutto, sul piano interpretativo non è affatto detto

che tale seguito debba riguardare anche la domanda principale di divorzio (ben potendo concepirsi una pronuncia non definiti

va sul punto, la determinazione, con separata ordinanza, di un

regolamento interinale riguardo ai figli e la fissazione di altra

udienza innanzi l'istruttore per la prosecuzione del giudizio, nelle forme contenziose, su tale residuo capo di domanda); co

munque sia, è però del tutto evidente che tale conseguenza non

deriverebbe dalla mancata comparizione dei coniugi in sé e per sé, ma dal fatto che non si è potuti giungere ad una correzione o

integrazione della domanda congiunta. Una siffatta complica zione nel caso in esame è comunque esclusa non avendo i co

niugi generato prole.

Analogamente è anche possibile che l'audizione dei coniugi risulti necessaria onde dirimere le lacune o i dubbi cui dia adito, con riferimento alla sussistenza dei presupposti dell'invocata

This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 09:35:04 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sentenza 5 febbraio 2001; Pres. Savoca, Est. Iannello; ric. Scimone, Lo Monaco (Avv. Rao)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

pronuncia, la prospettazione contenuta nel ricorso congiunto. Anche in siffatta ipotesi la mancata personale comparizione dei

coniugi può bensì determinare il rigetto della domanda ma ciò

non per mera automatica conseguenza di tale assenza, bensì

proprio in quanto la domanda iniziale di per sé non illustra o,

peggio ancora, lascia nel dubbio la sussistenza dei presupposti di legge e, come tale, in mancanza di successiva integrazione, non può essere accolta (è dunque in tal senso che va inteso

quanto statuito da Cass. 14 ottobre 1995, n. 10763, id., Rep. 1996, voce cit., n. 128, secondo cui la verifica richiesta nel

l'ambito del procedimento camerale ex art. 4, 13° comma, 1.

div. «non può esaurirsi in una mera presa d'atto di situazioni

evidenti o comunque inconfutabili e deve includere, in difetto di

disposizioni derogative, quei compiti d'indagine e di successivo

esame critico dei corrispondenti risultati che competono al giu dice anche nel rito in camera di consiglio, dopo l'esercizio, se

del caso, della facoltà di assumere informazioni (art. 738

c.p.c.)»; ciò in quanto «il diritto» dei coniugi di optare per il

procedimento camerale «non può essere sacrificato in base a

mere perplessità sulle loro dichiarazioni, senza il riconosci

mento del potere processuale di rappresentare e dimostrare al

giudice la realtà dei fatti allegati, perché ciò implicherebbe me

nomazione della difesa»: ciò non significa affatto che l'emer

genza, dal ricorso introduttivo e dagli atti allegati, di «situazioni

evidenti o comunque inconfutabili», non possa di per sé bastare

a consentire quella verifica che è richiesta al collegio e condurre

alla pronuncia pur in mancanza della successiva comparizione

personale — una volta che comunque l'udienza apposita sia

stata fissata e sia comparso anche solo il procuratore di uno o

entrambi i coniugi per insistere nella domanda — ma, ben di

versamente, significa solo che, ove tale situazione evidente e in

confutabile non emerga dalla domanda e dagli atti allegati, il

collegio non può giungere immediatamente al rigetto della do

manda — come aveva fatto il tribunale, e poi la corte d'appello, nella pronuncia in quella occasione cassata dalla Suprema corte — ma deve comunque fissare l'udienza camerale per la compa rizione dei coniugi e verificare la possibilità «di superare i dub

bi medesimi attraverso l'ascoltazione diretta dei richiedenti, ov

vero l'acquisizione di informazioni»). Potrebbe ancora obiettarsi che l'esame personale dei coniugi,

da parte del collegio, sia necessario per poter verificare la sussi

stenza del requisito di proponibilità della domanda dato dal

protrarsi della separazione per almeno tre anni. Anche sul punto

però l'obiezione si rivela affatto priva di forza logica se si con

sidera che a norma dell'art. 3, n. 2, lett. b) (cpv., ultimo inciso), l'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta: con il che resta escluso che se la circo

stanza della continuazione ininterrotta della separazione è af

fermata da entrambi i coniugi nel ricorso da essi congiunta mente proposto e non è smentita in sede di comparizione perso nale (ma tale valenza processuale a fortiori può attribuirsi alla

mancata comparizione), il collegio possa non prenderne atto e

compiere verifiche istruttorie d'ufficio: l'unica verifica rima

nendo quella (cui però è necessaria e sufficiente la mera com

pulsazione degli atti) dell'esser maturati almeno tre anni dalla

data di comparizione delle parti avanti il presidente del tribunale

nella prima fase del pregresso procedimento di separazione. Del tutto condivisibile appare pertanto la conclusione che la

fissazione di un'udienza avanti il collegio perché i coniugi siano

«sentiti», ha lo scopo di conoscere se i coniugi intendano insi

stere nella domanda di divorzio (oltre che — ed è questo

l'aspetto che nell'esperienza si rivela di maggiore importanza

pratica — di proporre eventuali aggiustamenti o integrazioni del

regolamento accessorio, specie dei rapporti nei confronti dei fi

gli, che possano apparire non conformi alle previsioni di legge o

all'interesse sopraordinato di questi ultimi), nonché, ovviamen

te, di consentire agli stessi — se lo vogliono — di poter illustra

re o modificare o integrare le loro domande. Se così è non v'è

ragione perché tale conferma, ove uno o entrambi i coniugi non

possano o non vogliano intervenire personalmente, non possa

provenire anche dai rispettivi procuratori o dal procuratore co

mune, nulla invece autorizzando a richiedere imprescindibil mente una manifestazione diretta da parte dei coniugi, né tanto

meno a intendere la loro presenza come strumentale ad un'inda

gine, si direbbe, psicologica, da parte del collegio, circa le pro fonde motivazioni personali di quella manifestazione. Del resto,

vien fatto d'osservare che se scopo di tale esame deve essere la

Il Foro Italiano — 2001.

verifica della serietà della volontà dei coniugi di non voler più essere legati reciprocamente dal vincolo del matrimonio, quale altra conferma più manifesta potrebbe aversi di quella data da

una condotta talmente inerte e indifferente da disinteressarsi

persino della convocazione davanti al tribunale?

Sulla scorta di tali premesse deve dunque ritenersi che, nono

stante la mancata comparizione personale di uno dei coniugi da

vanti al collegio, la domanda congiunta inizialmente proposta, e

coltivata alle udienze susseguenti dal comune procuratore dei

ricorrenti, resti come tale soggetta al rito camerale e vada esa

minata nel merito.

E nel merito essa si appalesa supportata dai presupposti di

legge e deve essere accolta.

In mancanza di contraria indicazione, deve infatti ritenersi

che la separazione dei coniugi odierni istanti abbia continuato a

protrarsi ininterrottamente dopo la comparizione delle parti da

vanti al presidente per la prima fase del pregresso procedimento di separazione.

Il ricorso congiunto in esame è stato depositato più di tre anni

dopo quella udienza, tenutasi, secondo quanto attestato nel cen

nato decreto di omologazione della separazione consensuale, in

data 23 aprile 1993.

Il contegno anteatto dei ricorrenti, così come già accertato in

sede di separazione, e la proposizione di domanda congiunta ex

art. 4, 13° comma, 1. div. evidenziano l'impossibilità di una ri

costituzione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi. Sussistono pertanto i presupposti di cui agli art. 1 e 3, n. 2,

lett. b), 1. div., per l'emissione della chiesta pronuncia. In difetto di domanda o contestazione alcuna, ed anzi nella

dichiarata assenza di alcuna esigenza o rapporto da regolare, nessun provvedimento è da prendere, di carattere economico, in

favore dell'uno o dell'altro coniuge.

TRIBUNALE DI CAMPOBASSO; decreto 31 gennaio 2001; Pres. e rei. Russo; Soc. F.lli Branca distillerie e altra c. Soc.

Co.Mac.

TRIBUNALE DI CAMPOBASSO; i

Fallimento — Piccola società commerciale — Assoggettabili tà — Esclusione (Cod. civ., art. 2083, 2751 bis-, r.d. 16 marzo

1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 93; 1. 8 agosto 1985

n. 443, legge quadro per l'artigianato, art. 13).

Dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 1,

ultimo comma, l. fall., nella parte in cui escludeva dal falli mento il piccolo imprenditore soltanto qualora nell'impresa

fosse stato investito un capitale non superiore a lire nove

centomila, deve ritenersi che l'art. 1, ultimo comma, ultima

parte, sia stato interamente abrogato per la caducazione del

meccanismo delle presunzioni, sì che anche la piccola società

commerciale è esonerata dal fallimento. (1)

(1) La scelta di una corte di merito di esonerare dal fallimento una

piccola società commerciale — in quanto piccolo imprenditore — non

è un fatto nuovo. Nella motivazione del decreto si trovano ampie tracce

delle precedenti pronunce a partire da Trib. Milano 2 dicembre 1993, Foro it., Rep. 1994, voce Fallimento, n. 232; Trib. Trieste 25 novembre

1993, ibid., n. 233; Trib. Siena 16 ottobre 1993, id., 1993,1, 3389; Trib.

Barcellona Pozzo di Gotto 7 giugno 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n.

236; Trib. Ravenna 18 settembre 1995, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 216, sino a Trib. Verbania 3 luglio 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 277.

La novità sta, invece, nel diverso approccio argomentativo. Infatti, mentre nelle pregresse decisioni i giudici avevano marcato la necessità

di adeguare lo status della piccola impresa commerciale societaria a

quello della piccola società artigiana, nel decreto in rassegna, preso atto

che il giudice delle leggi ha ritenuto attuale mantenere una distinzione fra società artigiane e società commerciali (cfr. Corte cost. 30 giugno 1994, n. 266, id., 1994,1, 2001, con nota di richiami) e che il giudice di

This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 09:35:04 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended