sentenza 5 marzo 1987, n. 73 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 marzo 1987, n. 11); Pres.Andrioli, Rel. Borzellino; Pischedda c. Comando gen. arma dei carabinieri; interv. Pres. cons.ministri. Ord. T.A.R. Abruzzo, sez. Pescara, 19 dicembre 1978 (G.U. n. 189 del 1979)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 1987/1988-1989/1990Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179680 .
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1987 PARTE PRIMA 1988
Diritto. — 1. La questione non è fondata. È ben vero che —
come pure notava l'avvocatura — l'ordinanza non rileva espres samente che, in realtà, lo stesso art. 4 d.p.r. n. 599/73 (di cui
viene impugnato il 3° comma), dispone, però, al successivo 5°
comma che «per i redditi fondiari l'imposta è applicata separata mente per anno solare anche nei confronti dei soggetti indicati
nel 2° e 3° comma». È da escludere, però, che i giudici tributari
non se ne siano accorti — come ritiene l'avvocatura — e che
perciò non ne abbiano tenuto conto; infatti, il richiamo all'art.
6, 5° comma, dello stesso decreto e all'art. 40 d.p.r. n. 597/73
dimostra che la commissione tributaria ha bene inteso che, senza
queste ultime disposizioni, l'art. 4 d.p.r. n. 599/73 non contene
va di per se stesso contraddizione alcuna rispetto ai principi espressi dalla legge delega, anche se non menziona il 5° comma che in
proposito è esplicito. Ma proprio per questo non è esatto che il citato richiamo al
combinato disposto dell'art. 6, 5° comma, d.p.r. n. 599/73 e del
l'art. 40 d.p.r. n. 597/73 sia senza significato, in quanto per essi — sempre ad avviso dell'avvocatura — l'esclusione dalla separa ta tassazione dei redditi da fabbricati riguarderebbe soltanto per sone fisiche o società in nome collettivo e in accomandita semplice.
Non è esatto perché l'avvocatura non ha considerato che l'art.
5, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 598 estende le disposi zioni dell'art. 40 citato «anche alle società di altro tipo soggette
all'imposta sul reddito delle persone giuridiche»; per cui anche
la società ricorrente sarebbe ammessa a beneficiarne.
Cosi inteso, pertanto, il quesito proposto dalla commissione
tributaria milanese di primo grado si rivela diretto a conoscere
se queste ultime disposizioni richiamate dal 5° comma dell'art.
6 dell'impugnato decreto, si pongano o non in contrasto con la
delega legislativa al governo, che non ne fa espressa menzione, e perciò con l'art. 76 Cost.
La soluzione indicata dalla corte è in perfetta sintonia con l'orienta
mento, ormai consolidato e indiscusso, della giurisprudenza di legittimità e della Commissione tributaria centrale. Il 'diritto vivente', infatti, ha
chiarito da tempo che la tassazione come reddito d'impresa — ai fini
i.l.o.r. — dei redditi conseguiti, da società ed enti soggetti all'i.r.p.e.g., attraverso il possesso di fabbricati, è ammessa solo e soltanto ove emerga con sicurezza il carattere strumentale degli immobili considerati (v., ad
esempio, Comm. trib. centrale 18 febbraio 1985, n. 1623, id., Rep. 1985, voce Tributi locali, n. 117, riguardante un immobile adibito a pensione ristorante, ove la licenza per il relativo esercizio era intestata all'usufrut
tuario dell'immobile); in mancanza di tale elemento, il reddito relativo
ai fabbricati sarà sempre tassato separatamente, come indicato dalle di
rettive della legge delega per la riforma tributaria.
Cosi, in tutte le ipotesi di locazione a terzi di immobili appartenenti a società non v'è dubbio che il relativo reddito vada tassato separatamen te (cfr. Comm. trib. centrale 9 ottobre 1984, n. 8678, ibid., n. 112; 26
ottobre 1984, n. 9132, ibid., n. 113; 30 aprile 1985, n. 4009, ibid., n.
119; 28 giugno 1985, n. 6382, ibid., n. 120; 8 maggio 1984, n. 4738,
id., Rep. 1984, voce cit., n. 232; 12 ottobre 1983, n. 2801, ibid., n. 235; Cass. 16 aprile 1984, n. 2442, id., 1984, I, 2228, con nota di richiami, cui si rinvia per le indicazioni necessarie per ricostruire l'evoluzione giuris
prudenziale sul punto); eguale soluzione si avrà in ogni caso in cui sia
sicuramente esclusa l'utilizzazione a fini d'impresa (v. Comm. trib. cen
trale 20 dicembre 1984, n. 11028, id., Rep. 1985, voce cit., n. 115), come
quando l'immobile di proprietà della società venga adibito ad alloggio, in uso gratuito, per il personale dipendente dell'impresa (Comm. trib.
centrale 13 dicembre 1983, n. 4623, id., Rep. 1984, voce cit., n. 236)
oppure quando si tratti degli immobili di proprietà degli I.A.C.P. ceduti
in locazione agli aventi diritto (cfr. Cass. 27 febbraio 1984, n. 1366, id.,
1984, I, 661, con ampia nota di richiami, nonché le analoghe decisioni
nn. 1368-1376, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 220-228; da ultimo v. Cass.
12 luglio 1986, nn. 4506-4508, id., Mass., 797; Comm. trib. centrale 7
febbraio 1985, n. 1196, id., Rep. 1985, voce cit., n. 116). Val la pena ricordare che un siffatto quadro interpretativo trova la
sua completa definizione grazie anche all'interpretazione del rinvio ope
rato dall'art. 6, 5° comma, d.p.r. 599/73 all'art. 40 d.p.r. 597/73; rinvio
che non va inteso integralmente (in tal caso, come sospettava il giudice
a quo, si potrebbe affermare che in tutti i casi i redditi degli immobili
di società — di persone, ex art. 40, 2a parte, e di capitali, ex art. 5,
2° comma, d.p.r. 598/73 — costituiscono redditi d'impresa), ma come
riferito alla sola ipotesi degli immobili strumentali all'esercizio dell'im
presa (v., chiaramente sul punto, Cass. 2442/84, cit., nonché le identiche
sentenze nn. 2444-2451, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 208-215; per la
Commisione tributaria centrale, cfr. dee. 20 novembre 1984, n. 9982,
id., Rep. 1985, voce cit., n. 114; 27 febbraio 1985, n. 2026, ibid., n.
118; 9 maggio 1984, n. 4822, id., Rep. 1984, voce cit., n. 231; 13 dicem
bre 1983, n. 4622, ibid., n. 234). [S. di Paola]
Il Foro Italiano — 1987.
Sotto questo riflesso, però, deve riconoscersi che l'art. 4 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599 è comunque immune da ogni censura,
perché in esso non vi è assolutamente nulla che, nemmeno appa
rentemente, si ponga in contraddizione con i principi della delega.
Resta, invece, il problema dell'art. 6, 5° comma, in relazione
alle altre richiamate disposizioni; le quali ultime, se non com
paiono — come sarebbe stato preferibile — nel dispositivo, sono
però citate e considerate nella parte motiva dell'ordinanza.
Ebbene, non si vedono ragioni per ritenere che il denunziato
5° comma dell'art. 6, e le norme ad esso correlate, violino i prin
cipi della legge delega la quale, se dispone che i redditi da fabbri
cati debbano essere tassati separatamente agli effetti dell'i.l.o.r., 10 fa perché ragionevolmente intende che i redditi dell'impresa non debbano andare confusi con quelli provenienti da altri cespi ti che, per essere all'impresa estranei, hanno necessariamente na
tura diversa.
Ma, se i fabbricati sono mezzi strumentali all'esercizio dell'im
presa, è evidente che anch'essi di questa diventano elementi, con
tribuendo a formare e ad accrescere quel reddito commerciale
complessivo che viene accertato ai fini dell'i.r.p.e.g., e sul quale va poi applicata l'i.l.o.r. di cui si va parlando. Perciò, quando 11 legislatore delegato dispone in questo senso, non solo non tra
disce i principi enunciati nella legge delega, ma anzi li attua ren
dendo esplicito il significato meno palese delle norme deleganti. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale degli art. 4, 3° comma, e 6, 5° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599 (istituzione e
disciplina i.l.o.r.), in relazione all'art. 4, n. 2, 1. 9 ottobre 1971
n. 825 (delega legislativa al governo per la riforma tributaria) e all'art. 76 Cost.: questione sollevata dalla Commissione tribu
taria di I grado di Milano con ordinanza 28 settembre 1979 (n. 861 reg. ord. 1979).
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 marzo 1987, n. 73 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 11 marzo 1987, n. 11); Pres.
Andrioli, Rei. Borsellino; Pischedda c. Comando gen. arma
dei carabinieri; interv. Pres. cons, ministri. Ord. T.A.R. Abruz
zo, sez. Pescara, 19 dicembre 1978 (G.U. n. 189 del 1979).
Carabinieri — Rafferma annuale in esperimento — Matrimonio — Divieto — Anni di servizio necessari — Incostituzionalità
(Cost., art. 3; d.l. lgt. 6 aprile 1919 n. 495, rafferme e relativi
premi per i sottufficiali e militari di truppa dell'arma dei cara
binieri reali, art. 9; 1. 19 maggio 1976 n. 322, modifica delle
norme sul matrimonio di alcune categorie di appartenenti ai
corpi di polizia, art. 1; 1. 8 agosto 1977 n. 564, modifica delle
norme sul matrimonio dei militari delle tre forze armate e degli ufficiali del corpo della guardia di finanza, art. 1).
È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 1 I. 19 maggio 1976 n. 322, nella parte in cui non prevede che i brigadieri, i vicebrigadieri e i militari di truppa dell'arma dei carabinieri
possano contrarre matrimonio al compimento del quarto anno
di servizio comunque espletato. (1)
(1) L'ordinanza di rimessione è massimata in Foro it., 1979, III, 638, con nota di richiami sul provvedimento generalizzato di autorizzazione
a contrarre matrimonio, ora non più necessario dopo la 1. 9 ottobre 1971
n. 908. In giurisprudenza, ai fini della operatività del divieto, è stato ritenuto
rilevante anche il semplice matrimonio religioso: Cons. Stato, sez. Ili, 11 aprile 1978, n. 452/75, id., Rep. 1981, voce Militare, n. 6.
La illegittimità costituzionale della norma de qua è dichiarata dalla
corte con riferimento al solo sistema di computo e non al principio ex
se, che è, invece, espressamente ritenuto razionale e legittimo per «l'inde
clinabile radicata esigenza... di una disponibilità permanente di personale in un congruo potenziale» ai fini delle esigenze militari dello Stato.
Il vincolo, però, non è più operante per gli appartenenti alla polizia, in forza dell'art. 101 1. 1° aprile 1981 n. 121.
Per utili riferimenti sull'arma dei carabinieri, v. la nota a Corte cost.
22 luglio 1985, n. 216, id., 1986, I, 630.
In dottrina, da ultimo, Rosin, Matrimonio dei militari, voce del Novis
simo digesto, appendice, 1983, IV, 1203.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - L'art. 1 1. 19 maggio 1976 n. 322 (modifica delle norme sul matrimonio di alcune categorie di appartenenti ai corpi di polizia) stabilisce che i brigadieri, i vicebrigadieri ed i militari di truppa dell'arma dei carabinieri possono contrarre
matrimonio al compimento del primo anno della prima rafferma
triennale: praticamente, cioè, tenuto conto della durata della fer
ma iniziale, dopo quattro anni di servizio complessivo. Va chiarito che il militare, compiuto il periodo triennale della
originaria ferma e qualora riscontrato carente nei requisiti di ido
neità fisica ovvero per deficienza di altre qualità, può essere me
dio tempore ammesso, a titolo di esperimento, a limitata rafferma
annuale, assentibile di massima per non oltre due volte consecuti
ve (art. 9 d.l. lgt. 6 aprile 1919 n. 495: rafferme per i sottufficiali
e militari di truppa dell'arma dei carabinieri). Stante dunque la lettera della norma per la contraibilità del
matrimonio, «al compimento del primo anno della prima raffer
ma triennale», il periodo intermedio di rafferma in esperimento non è validamente conteggiabile nel quadriennio di servizio, nor
malmente richiesto perché il militare possa sposarsi senza incor
rere in conseguenze di stato.
Ma il giudice remittente ravvisa nel contesto delle descritte di
sposizioni una lesione dell'art. 3 Cost., per una sostanziale, in
congruente disparità di trattamento nell'ambito di situazioni
obiettivamente identiche, indipendentemente dalla species, in car
riera, della ferma in corso.
2.1. - È da osservare anzitutto, per i fini del decidere, che il
disposto sulla natura delle rafferme nel loro susseguirsi (art. 9
d.l. lgt. n. 495 del 1919) attiene alla vicenda solo perché influen
za il conteggio del periodo occorrente per chi voglia esercitare
la facoltà di contrarre le nozze.
La questione, cosi circoscritta all'ambito dell'art. 1 1. n. 322
del 1976, è fondata.
I carabinieri costituiscono — come in passato questa corte ha
evidenziato nella sentenza n. 216 del 1985 (Foro it., 1986, I, 630) — la prima arma dell'esercito, con il dovere di concorrere unita
mente alle altre truppe alle operazioni militari, assumendo ove
occorra quel ruolo operativo del quale nella storia della nazione
si ritrova incisivo atto.
Compete, peraltro, istituzionalmente al detto organismo di esple tare servizio di polizia, secondo quanto previsto sin dalle patenti dell'ottobre 1822, a tenore delle quali l'arma dei carabinieri è
una «forza» costituita per la «conservazione dell'ordine, e la ese
cuzione delle leggi». Talché anche singolarmente i militari che
ne fanno parte — cosi le norme generali del 1822 — devono «sti
marsi in servizio perpetuo in qualunque circostanza, ed a tutte
le ore».
Da qui il razionale fondamento di un complesso di statuizioni, tradizionalmente mantenuto pur negli opportuni aggiornamenti e volto a regolare — in compiuta normativa — le attribuzioni
d'istituto dell'arma quale corpo di polizia civile e militare.
Ne deriva l'indeclinabile radicata esigenza — al di là della de
dizione individuale — di una disponibilità permanente di perso nale in un congruo potenziale: resa essa operativa ed efficiente
mediante presenza continuativa di contingenti di servizio, tratti
dalle leve più giovani. Va ricordato, al proposito, che ancora nel
recente passato restava imposto (d.l. lgt. 18 gennaio 1947 n. 133) un limite numerico nella forza organica globale entro cui i milita ri potevano, secondo il loro grado, essere autorizzati alle nozze.
2.2. - In atto, il legislatore sopperisce agli scopi di evitare di
spersioni logistiche per effetto dell'inserimento nei rispettivi nu
clei familiari dei militari sposati, con la previsione — come
illustrato — di un primo quadriennio, anteriormente al cui com
pimento non è dato contrarre matrimonio ove si intenda conti nuare nell'attività lavorativa prescelta.
Senonché — come nota il giudice a quo — rimane estraneo
al delineato sistema, pur razionale, che il militare obbligato ad
un iniziale (quadriennale) periodo di reperibilità in tempo reale
abbia rivestito — o rivesta — l'uno o l'altro status, essendo en trambi in ogni caso identica fonte di doveri di servizio.
Si palesa, in altri termini, fortemente discriminatorio e irragio nevole, nell'ambito di una medesima categoria, che la posizione di «esperimento» abbia a dilatare i suoi scopi, interni al rappor to, ben al di là della subordinazione militare, col proiettarsi —
per contro — entro la sfera personale di chi siasi risolto a con trarre il vincolo familiare al quale si riconnettono, tra l'altro, valori costituzionalmente protetti.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-131.
costituzionale dell'art. 1 1. 19 maggio 1976 n. 322 (modifica delle
norme sul matrimonio di alcune categorie di appartenenti ai cor
pi di polizia) nella parte in cui non prevede che i brigadieri, i
vicebrigadieri ed i militari di truppa dell'arma dei carabinieri pos sano contrarre matrimonio al compimento del quarto anno di
servizio nella detta arma comunque espletato.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 2 marzo 1987, n. 65 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 18 marzo 1987, n. 12); Pres.
La Pergola, Rei. Greco; Monte dei Paschi di Siena (Avv.
Scognamiglio) c. Marsili e altro; interv. Pres. cons, ministri
(Avv. dello Stato D'Amato). Ord. App. Firenze 18 ottobre 1978
(G.U. n. 325 del 1979).
Lavoro (rapporto) — Trasferimento di dirigente sindacale — Li
miti numerici — Inapplicabilità — Questione inammissibile di
costituzionalità (Cost., art. 41; 1. 20 maggio 1970 n. 300, nor
me sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della liber
tà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento art. 22, 23).
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
22 l. 20 maggio 1970 n. 300, interpretato nel senso che ai tras
ferimenti dei dirigenti delle r.s.a. ivi previsti non si applicano le limitazioni numeriche di cui al successivo art. 23 in tema
di permessi retribuiti, in riferimento all'art. 41 Cost., per difet to di motivazione sulla rilevanza e cioè per mancanza di ogni accertamento circa il numero dei dirigenti r.a.s. esistenti presso la filiale di appartenenza del trasferito. (1)
II
PRETURA DI TORINO; sentenza 18 giugno 1985; Giud. Cioc
chetti; Soc. Michelin italiana (Avv. Manara) c. F.i.l.c.e.a.
C.g.i.l., F.l.e.r.i.c.a.-C.i.s.l., U.i.l.c.i.d.-U.i.l. (Avv. Formen tini, Poli, Ciani).
Sindacati — Trasferimento di dirigente sindacale — Disciplina — Inosservanza — Comportamento antisindacale — Fattispe cie (L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 22, 28).
Lavoro (rapporto) — Trasferimento di dirigente sindacale — Unità
produttiva — Nozione (L. 20 maggio 1950, n. 300, art. 2)
Integra condotta antisindacale il trasferimento da un'unità pro duttiva ad un 'altra, senza il nulla osta dell'organizzazione sin
dacale di appartenenza, di delegato di reparto, anche se non
goda di permessi retribuiti e pur se la contrattazione collettiva limiti tale tutela ai beneficiari dei permessi stessi. (2)
Costituisce trasferimento da un'unità produttiva ad un'altra, ai
fini di cui all'art. 22 l. 300/70, lo spostamento di reparto. (3)
(1-3) App. Firenze 18 ottobre 1978 che ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale è riportata in Foro it., 1980, I, 1541. Sul problema alle individuazioni dei limiti numerici dei beneficiari dei permessi cfr., in sen so contrario rispetto alla tesi sostenuta da Pret. Torino 18 giugno 1985 in epigrafe e da App. Firenze cit., Cass. 13 novembre 1984, n. 5735, id., 1985, I, 760, con nota di richiami relativi anche al principio di cui sub 3. Adde, sempre nello stesso senso, Pret. Napoli 5 febbraio 1985, id., Rep. 1985, voce Lavoro (rapporto), n. 1090. Cfr. inoltre per l'unicità della nozione di unità produttiva contenuta nello statuto dei lavoratori, Cass. 18 aprile 1986, n. 2765, id., Mass., 478, e in Notiziario giur. lav., 1986, 411 e 21 febbraio 1986, n. 1064, Foro it., 1986, I, 662, con nota ai richiami.
Sulla tutelabilità ex art. 28 1. 300/70 del trasferimento di r.s.a. e sui suoi limiti, cfr., da ultimo, Cass. 17 febbraio 1987, n. 1713, inedita a
quel che consta. Circa l'applicabilità della tutela dell'art. 22 ai componenti del consiglio
di fabbrica i cui nominativi siano di fatto conosciuti dal datore di lavoro, anche se a lui non siano stati formalmente comunicati, cfr. Pret. Milano 7 aprile 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1082. Per la tutelabilità di coloro che di fatto hanno la responsabilità della conduzione della r.s., cfr. Cass. 17 marzo 1986, n. 1821, id., Mass., 321, e in Giust. civ., 1986, I, 1982, con nota di E. Ricci). Per l'inapplicabilità dell'art. 22 ai dirigen ti sindacali provinciali, cfr. Trib. Milano 17 marzo 1984, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 1079. Hanno altresì' ritenuto necessario il nulla-osta
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