sentenza 6 dicembre 1984, n. 277 (Gazzetta ufficiale 12 dicembre 1984, n. 341); Pres. Elia, Rel.Andrioli; Lazzaretti ed altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta). Ord.Comm. trib. I grado Urbino 21 giugno 1982 (G.U. n. 121 del 1983); Comm. trib. I gradoPiacenza 4 agosto 1983 (G.U. n. 148 del 1984); Comm. trib. I grado Livorno 16 settembre 1983 eComm. trib. I grado Sanremo 11 gennaio 1984 (G.U. n. 1 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1615/1616-1619/1620Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178521 .
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1615 PARTE PRIMA 1616
stregua di quella in ipotesi rilevata da un trasferimento di
ricchezza o dai singoli trasferimenti di ricchezza in esso ricom
presi, ma secondo criteri diversi e di maggiore ampiezza. 4. - Comunque lion è inopportuno notare che gli inconvenienti
dall'ordinanza indicati quale sintomo di illegittimità costituzionale
sono notevolmente ridimensionati da rimedi e temperamenti rin
venibili nel sistema risultante e dalla normativa comune in tema
di solidarietà passiva e dalla normativa introdotta col r.d. 30
dicembre 1923 n. 3270, cui appartiene la norma impugnata. Al riguardo non è priva di valore, anzitutto, la stessa previsio
ne del diritto di regresso del coerede che ha pagato verso gli altri
coeredi (l'art. 1299 c.c.; lo stesso art. 66 r.d. n. 3270/23). Anche se da sola tale previsione, come segnala l'ordinanza di
rimessione, non offre esaustiva copertura a chi ha pagato, va pur tenuto conto dei comuni strumenti di tutela cautelare dati a
garanzia del diritto stesso anche in ordine alla quota ereditaria o
ai beni ereditari di spettanza del debitore in via di regresso, sicché la solidarietà passiva finisce con lo svolgere un ruolo di
mero meccanismo di anticipazione. Ruolo che nel campo tributa
rio trova riscontro in una diffusa strutturazione — in sé non
ritenuta illegittima da questa corte in riferimento all'art. 53 Cost,
(sentenze nn. 77 e 103 del 1967, id., 1967, I, 1688 e 1678 e 200
del 1976, id., 1976, I, 2071) — diretta ad ammettere prelievi tributari in relazione a situazioni incerte (purché sulla base di
ragionevoli presunzioni e) salvi i rimedi restitutori in caso di esiti
di accertamento non conformi alle presunzioni. Ma non meno rilevante, sotto l'aspetto specificamente conside
rato, è la previsione del contenimento del debito d'imposta, per il
coerede, entro i limiti del valore dei beni corrispondenti alla
quota ereditaria, sol che egli accetti col beneficio d'inventario
(art. 70 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270): rimedio, quest'ultimo, idoneo a prevenire, su iniziativa del coerede, la temuta eccedenza di una sua esposizione tributaria almeno al di là del valore della
quota ereditaria.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale degli art. 66, p.p., r.d. 30
dicembre 1923 n. 3270 e 12, 1° comma, 1° inciso, d.l.lgt. 8 marzo
1945 n. 90, sollevata in riferimento all'art. 53, 1° comma, Cost,
dalla Corte d'appello di Roma con l'ordinanza in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 dicembre 1984, n. 277
(Gazzetta ufficiale 12 dicembre 1984, n. 341); Pres. Elia, Rei.
Andrioli; Lazzaretti ed altri; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Laporta). Ord. Comm. trib. I grado Urbino 21
giugno 1982 (G.U. n. 121 del 1983); Comm. trib. I grado Pia
cenza 4 agosto 1983 {G.U. n. 148 del 1984); Comm. trib. I
grado Livorno 16 settembre 1983 e Comm. trib. I grado San
remo 11 gennaio 1984 (G.U. n. 190 del 1984); Comm. trib. I
grado Sanremo 7, 10 e 30 novembre 1983 (15) (G.U. n. 134 del
1984); Comm. trib. I grado Sanremo 11 gennaio 1984 (5) (G.U. n. 183 del 1984).
Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Indennità integra tiva speciale — Assoggettamento ad imposta — Questione
infondata di costituzionalità (Cost., art. 36, 53; 1. 27 maggio 1959 n. 324, miglioramenti economici al personale statale, art.
1; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, istituzione e disciplina
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, art. 46, 48; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601, disciplina delle agevolazioni tributa
rie, art. 42). Tributi in genere — Indennità integrativa speciale — Assoggetta
mento ad imposta — Eccesso di delega — Questione infondata
di costituzionalità (Cost., art. 77; 1. 27 maggio 1959 n. 324, art. 1; 1. 9 ottobre 1971 n. 825, delega al governo per la riforma tributa
ria, art. 9; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 46
e 48 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, nonché dell'art. 42 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601, nella parte in cui consentono che
l'indennità integrativa speciale, istituita con l. 27 maggio 1959
n. 324, concorra a formare il reddito complessivo netto al fine
dell'applicazione delle aliquote complessive, in riferimento agli art. 36 e 53 Cost. (1)
(1-2) Delle ordinanze di rimessione sono riportate: Comm. trib. I grado Urbino 21 giugno 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n. 145; Comm. trib. I grado
Il Foro Italiano — 1985.
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601, nella parte in cui non esenta
dal prelievo d'imposta l'indennità integrativa speciale, istituita
con l. 27 maggio 1959 n. 324, per eccesso della delega
contenuta nell'art. 9, 1° comma, n. 1, l. 9 ottobre 1971 n. 825,
in riferimento all'art. 77 Cost. (2)
Diritto. — 26. - Delle ventiquattro ordinanze di rimessione
ventuno (nn. 122 a 136, 322 a 326 e 477 r.o. 1984) impugnano gli art. 42 d.p.r. 601/73 e 46 e 48 d.p.r. 597/73 in riferimento agli art. 36 e 53 Cost., una (n. 840 r.o. 1982) in riferimento al solo
art. 36 Cost., altra (n. 412 r.o. 1984) in riferimento al solo art. 53
Cost, e altra ancora (n. 1079 r.o. 1983) il menzionato art. 42 in
riferimento non solo all'art. 36 ma anche all'art. 77 Cost. Ne
segue che il gruppo più numeroso attrae a sé per ragione di
continenza, in parte qua, gli incidenti iscritti ai nn. 840 r.o. 1982, 412 r.o. 1984, mentre l'incidente iscritto al n. 1079 r.o. 1983, che
solo assume a parametro l'art. 77, è collegato agli altri per ciò
che vi si impugna l'art. 42 pur sospettato in tutte le altre
ordinanze con le quali si impugnano anche gli art. 46 e 48 d.p.r.
597/73. Pertanto la riunione di tutti gli incidenti s'impone ai fini di
unica decisione.
27.1.1. - Sul piano della normativa ordinaria mette conto di
ricordare a) che i nostri teoreti, seguiti dai giudici, han coniato la
distinzione tra debiti di denaro (o di valuta) e debiti di valore
atta ad aggirare in qualche modo l'art. 1277 c.c. che sancisce il
principio nominalistico, facendo leva sull'art. 1375 dello stesso
codice, b) che al livello della normazione ordinaria sono apparse le 1. 24 febbraio 1953 n. 96, contenente norme per la rivalutazio
ne delle rendite vitalizie in denaro, e 1° luglio 1952 n. 701 su la
revisione dei canoni enfiteutici e l'affrancazione (seguita dalla 1.
18 dicembre 1970 n. 1138 «nuove norme in materia di enfiteu
si »), gli art. 24, 63 e 81 1. 27 luglio 1978 n. 392 (disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani) e il novellato art.
429, 3° comma, c.p.c. (a tenor del quale « il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal
lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condan nando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal
giorno della maturazione del credito ») — seguito dal d.m.giust. di approvazione della deliberazione del consiglio nazionale foren se in data 28 maggio 1982, concernente i criteri per la determina zione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati e ai procuratori per le prestazioni giudiziali in materia
civile e penale e stragiudiziali, per il quale « trascorsi tre mesi
dall'invio della parcella o del preavviso di parcella senza che gli importi esposti siano stati contestati nella congruità, in caso di mancato integrale pagamento si applica, oltre all'interesse di mora al tasso legale, la rivalutazione monetaria cosi come stabilito dalla 1. n. 533/73 » —, c) che sull'opposto versante han visto la luce
gli art. 3 r.d. 1. 5 ottobre 1936 n. 1745, che faceva divieto di ogni
Piacenza 4 agosto 1983, Giur. costit., 1984, II, 860; Comm. trib. J grado Sanremo 7, 10, e 30 novembre 1983, ibid., 854; Comm. trib. I grado Sanremo 11 gennaio 1984, ibid., 1185.
Per l'illegittimità costituzionale della normativa censurata dalle citate ordinanze v. Ardizzone, Incostituzionalità dell'i.r.p.e.f. e indennità integrativa speciale, in Rass. imp. dir., 1983, 13. C'è da notare, però, che il medesimo autore in un precedente lavoro (I.r.p.e.f. e indennità integrativa speciale, ibid., 174), aderendo a Comm. trib. I grado Rimini 6 marzo 1982, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 209, si era espresso nel senso della non assoggettabilità dell'indennità integrativa speciale al prelievo fiscale in base alla considerazione che l'art. 42 d.p.r. 601/73 avrebbe abrogato solo le previgenti esenzioni ed agevola zioni, senza fare alcun riferimento alle « esclusioni », categoria nella quale rientrerebbe l'esonero da imposizione per l'indennità in parola. In senso conforme a tale orientamento v., inoltre, Ciralli, Buonuscita e indennità integrativa speciale sono assoggettabili all'i.r.p.e.f., in Nuova rassegna, 1983, 644.
A favore dell'avvenuta abrogazione dell'esenzione concessa dalla I. 324/59 si è invece schierata Comm. trib. I grado Rimini 5 aprile 1982, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 146, nonché Marcelli, L'indennità integrativa speciale non è tassabile con l'imposta sul reddito delle persone fisiche (nota a Comm. trib. I grado Rimini 6 marzo 1982, cit.), in Comm. trib. centrale, 1982, II, 880; De Santis, La tassabilità delle indennità di contingenza (nota a Comm. trib. I grado Urbino 21 giugno 1982, cit.), in Bollettino trib., 1983, 351, e Valle, L'indennità integrativa speciale a favore dei dipendenti e pensionati statali e la sua presunta esenzione dalle imposte erariali, in Nuova riv. trib., 1983, 281.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
convenzione incidente sul potere liberatorio della moneta, e 1 r.d. 1. 27 febbraio 1939 n. 337, per il quale i prestiti obbligazio nari — emessi, prima dell'entrata in vigore del r.d.l. 1745/36, da
enti e società commerciali con sede nel regno e stilati in lire o in lire oro per i quali si fosse data al creditore facoltà di
chiedere il pagamento in una o in più monete estere secondo un
determinato ragguaglio — dovevansi pagare in lire aventi corso
legale al giorno del pagamento nella stessa somma numerica
espressa nel titolo medesimo.
27.1.2. - Nel campo della giurisprudenza si segnalano le recen
tissime sent. 16 febbraio 1984, n. 1146 (Foro it., Mass., 224) e n. 1148 (id., 1984, I, 383) con le quali le sezioni unite civili della
Cassazione, componendo il conflitto di principi insorto in seno
alla sezione lavoro in punto alla autonoma azionabilità del diritto
del lavoratore alla rivalutazione monetaria di crediti di lavoro già soddisfatti, hanno argomentato da ciò che la rivalutazione mone
taria, realizzata vuoi mediante la concessione della indennità di
contingenza vuoi mediante il risarcimento del danno provocato dalla svalutazione monetaria, cui provvede, ai termini dei novella
ti art. 429, 3° comma, c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c., il giudice, costituisce una componente del credito di lavoro strettamente
connessa al salario nominale, che detto elemento trae origine dallo stesso rapporto di lavoro e, pertanto, ha natura squisitamen te sostanziale e che tale sua natura e la sua funzione di « indicizzazione » del credito di lavoro tardivamente soddisfatto
comportano l'attribuzione al lavoratore della maggior somma per rivalutazione fin dal momento della maturazione del credito
originario senza necessità di specifica domanda dappoiché la
rivalutazione afferisce alla stessa causa petendi.
27.2. - Nella giurisprudenza di questa corte vanno menzionate
a) la sent. 23/77 (id., 1977, I, 259), che ebbe a dichiarare non fondata la questione di illegittimità per violazione del principio di eguaglianza che il giudice a quo aveva sospettato per essere la
rivalutazione del credito senza distinzioni assicurata ad ogni
categoria di lavoratori e per non essere la ripetuta rivalutazione ammessa per i crediti del datore di lavoro nascenti dallo stesso
rapporto di lavoro, b) la sent. 43/77 (ibid., 257), che disse infondata la questione d'illegittimità dell'art. 429, 3° comma, sub art. 1 1. 533/73 nella parte in cui prevede il risarcimento del
maggior danno da svalutazione monetaria dei crediti di lavoro solo se relativi ai rapporti disciplinati dal novellato art. 409 c.p.c., e pertanto escluse i rapporti di impiego di dipendenti di enti
pubblici non economici (dictum che non ha impedito al Consiglio di Stato e alla Corte di cassazione di riconoscere anche agli impiegati pubblici la rivalutazione monetaria sulla base del no
vellato art. 150 disp. att. c.p.c. e degli art. 1218 e 1224 c.c.
diguisaché la querelle si risolve in questioni di giurisdizione), c)
particolarmente la sent. 126/79 (id., 1979, 1, 2807), con la quale venne posto in chiaro che il legislatore, se per un verso non è tenuto a depurare gli incrementi di valore imponibile della
componente imputabile alla svalutazione monetaria « mediante
formule di indicizzazione o di integrale rivalutazione, in contrasto con i principi a cui s'ispira non solo il vigente sistema tributario, ma l'intero regime delle obbligazioni tributarie, corrispondente alle esigenze di una economia sviluppata in cui la moneta è
indispensabile misura dei valori di mercato », può, anche nel
campo della legislazione tributaria, eliminare conseguenze inique o eccessivamente onerose sulla base di scelte politiche riservate alla discrezionalità del potere legislativo (n. 6).
28.1. - La prima questione verte sul se siano illegittimi gli art. 46
(« Il reddito di lavoro dipendente è quello derivante dal lavoro
prestato con qualsiasi qualifica alle dipendenze e sotto la direzio ne di altri, compreso quello a domicilio quando sia considerato lavoro secondo le norme della legislazione sul lavoro. Costituisco no reddito di lavoro dipendente anche le pensioni o gli assegni ad esse equiparati e le indennità e altre somme di cui alla lettera
e dell'art. 12 ») e 48 (« Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutti i compensi ed emolumenti, comunque denomi
nati, percepiti nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro
prestato, anche sotto forma di partecipazione agli utili e a titolo
di sussidio o liberalità. Non concorrono a formare il reddito di
lavoro i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine previdenziale o as sistenziale in ottemperanza a disposizioni di legge, di contratti
collettivi o di accordi aziendali, ancorché commisurati alle retri
buzioni, né i compensi riversibili di cui alla lett. b dell'art. 47.
Le indennità di trasferta concorrono a formare il reddito per la
parte eccedente il limite di lire dodicimila al giorno, elevato a
lire quindicimila per le trasferte all'estero. Gli assegni di sede e
Il Foro Italiano — 1985.
le altre indennità percepiti per servizi prestati all'estero concorro
no nella misura del quaranta per cento del loro ammontare. Se
per i servizi prestati all'estero dai dipendenti delle amministrazio
ni dello Stato la legge prevede la corresponsione di una indennità
base e di maggiorazioni ad essa collegate concorre a formare il
reddito la sola indennità nella misura del quaranta per cen
to... ») d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (istituzione e disciplina
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) e 42 (« Con effetto
dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate
e cessano di avere applicazione le disposizioni concernenti esen
zioni e agevolazioni tributarie, anche sotto forma di regimi fiscali
sostitutivi, diverse da quelle considerate nel decreto stesso o in
altri decreti emanati in attuazione della 1. 9 ottobre 1971 n. 825,
comprese le norme che estendono in qualsiasi forma ad altri
soggetti e agli atti da essi stipulati il trattamento tributario
previsto per lo Stato e per gli atti stipulati dallo Stato. Con la
stessa decorrenza cessano di avere effetto, salvo quanto stabilito
nei precedenti articoli, le disposizioni recanti proroga di esenzioni,
agevolazioni e regimi sostitutivi fino alla data di entrata in vigore
del presente decreto o a data da stabilire con il decreto medesi
mo. Le esenzioni e le agevolazioni previste dal presente decreto
con riferimento ad altre disposizioni di legge cessano di avere
applicazione al termine di decadenza risultante dalle disposizioni medesime ») nella parte in cui consentono che l'indennità integra
tiva speciale, istituita dalla 1. 27 maggio 1959 n. 324, concorre a
formare il reddito complessivo netto al fine della applicazione delle aliquote progressive, per contrasto con l'art. 36 Cost., in
quanto la tassazione progressiva di un aumento meramente nomi
nale di reddito sospingerebbe la retribuzione, cosi adeguata, al di
sotto del livello di proporzionalità al lavoro prestato che la
norma costituzionale garantisce, e con l'art. 53 in quanto, inci
dendo la tassazione progressiva su un aumento meramente
nominale di reddito, difetterebbe il presupposto della crescita
reale della capacità contributiva.
28.2. - Se si riflette che la indennità integrativa speciale fu
istituita, a far tempo dal 1° luglio 1959, con 1. 27 maggio 1959 n.
324 (miglioramenti economici al personale statale in attività ed in
quiescenza) allo scopo di preservare in qualche misura il trattamen
to del personale statale dal rischio della svalutazione monetaria, riuscirebbe lecito contestare che la disciplina tributaria del trat
tamento le si estenda, soltanto a patto di negare che la
quantità di moneta, nella quale la indennità si risolve, si trasfe
risca dallo Stato al personale per una causa giuridica diversa da
quella che giustifica la translatio, dallo Stato al personale, della
quantità di moneta pari all'ammontare non rivalutato del tratta
mento, ma poiché siffatta contestazione urta contro il diritto
vivente quale espresso nella normativa (supra 27.1.1.) e nella
giurisprudenza ordinarie (supra 27.1.2.) e si pone in insanabile
contrasto con la giurisprudenza di questa corte (supra 27.2.), non
rimane, in aggiunta alla motivazione della Corte cost. 126/79, se
non ribadire e precisare che se la parte rivalutata dei redditi
fosse sottratta alla capacità contributiva dei dipendenti dello
Stato (come di ogni altro produttore di redditi), l'importo valuta
rio delle spese pubbliche dovrebbe essere compreso in proporzio ne di un coefficiente di segno negativo pari al coefficiente di
rivalutazione dei redditi dei contribuenti (non dei soli lavoratori);
altrimenti i conti, su cui l'art. 53 si adagia, non tornerebbero.
Alla quale conclusione nessuno dei giudici a quibus si è sentito
di addivenire.
Né, infine, merita credito la distinzione tra esenzione ed
esclusione di reddito perché nella terminologia tributaria la no
zione di agevolazione, cui avrebbe fatto capo la legge istitutiva
della indennità, sta ad indicare indifferentemente esenzioni e
esclusioni di reddito e regimi sostitutivi.
28.3. - In merito all'altro parametro individuato nell'art. 36 e
segnatamente nel 1° comma di questa disposizione, a tenor del
quale « il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del suo lavoro e in ogni caso
sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e
dignitosa », la corte, che a tanto è legittimata sol per aver
giudicato inconsistente la violazione dell'art. 53, si limita ad
osservare che la verifica della sussistenza, in concreto, della
idoneità dell'assoggettamento dell'indennità a prelievo fiscale ad
attentare a quei canoni di esistenza libera e dignitosa del
lavoratore, cui vuole la riprodotta norma costituzionale indirizzata
la retribuzione, implica indagini economiche finanziarie e sociali
che rientrano nella competenza del legislatore. Né, in ogni caso, alcuno dei giudici a quibus argomenta e dimostra che l'imposi
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1619 PARTE PRIMA 1620
zione in esame verrebbe ad intaccare il minimo vitale di cui i
lavoratori dipendenti debbono poter disporre. 29. - La seconda questione, vertente sul se sia costituzionalmen
te illegittimo l'art. 42 d.p.r. 601/73 per eccesso di delega (art. 77
Cost.), in relazione all'art. 9, 1° comma, n. 1 1. 9 ottobre 1971 n.
825 (delega legislativa al governo per la riforma tributaria) in
quanto la perdurante attualità dei fini perseguiti con l'esenzione
dell'indennità integrativa speciale (già stabilita dalla legge istituti va 324/59) e la conformità degli stessi agli obiettivi del
programma economico nazionale avrebbero implicato il manteni mento del precedente regime esentivo, è non meno infondata
dappoiché la commissione tributaria di I grado di Piacenza, che so la tra i giudici a quibus l'ha sollevata, non ha tenuto nel debito conto che l'art. 9, 1° comma, 1. di delegazione, lungi dall'additare al legislatore delegato il criterio della conservazione dei benefici, gli ha impartito la direttiva di sostituirli con la concessione di
contributi, anche sotto forma di buoni d'imposta (commisurati a
parametri da determinare senza riferimento all'imponibile) ma sol « in quanto possibile ». Dettami che il legislatore delegato ha
rispettato se si considera che la soppressione della indennità
contributiva speciale è stata bilanciata con particolari « detrazioni
d'imposta » in aggiunta a quelle comuni di carattere soggettivo: del che offrono tangibile testimonianza le modifiche di tempo in
tempo apportate agli art. 15 e 16 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597
con gli art. 4 d.l. 6 luglio 1974 n. 259 (sost. in sede di
conversione per 1. 17 agosto 1974 n. 384), 10 1. 2 dicembre 1975
n. 576, 2 1. 30 novembre 1976 n. 786, 14 1. 13 aprile 1977 n. 114, 59 1. 21 dicembre 1978 n. 843, 1. 24 aprile 1980 n. 146, 3 1. 28
febbraio 1983 n. 53.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti gli incidenti iscritti ai nn. 840 r.o. 1982, 1079 r.o. 1983, 122 a 136, 322 a 326,
412, 477 r.o. 1984, a) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale — sollevata in riferimento agli art. 36 e 53 Cost. — degli art. 46 e 48 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597
(istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) e 42 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601 (disciplina delle
agevolazioni tributarie) nella parte in cui consentono che l'inden nità integrativa speciale, istituita con 1. 25 maggio 1959 n. 324
(miglioramenti economici al personale statale in attività di servi
zio) concorra a formare il reddito complessivo netto al fine
dell'applicazione delle aliquote complessive; b) dichiara non fon data la questione di legittimità costituzionale, per eccesso di
delega, dell'art. 42 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601 in riferimento all'art. 9, 1° comma, n. 1, 1. 9 ottobre 1971 n. 825 (delega legislativa al governo della republica per la riforma tributaria).
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 8 giu gno 1985, n. 3451; Pres. Barba, Est. Quaglione, P. M. Sgroi V.
(conci, conf.); Ministero della pubblica istruzione (Avv. dello Stato Braguglia) c. Basso (Avv. DAudino, Massacci). Con
ferma App. Cagliari 29 gennaio 1977.
CORTE DI CASSAZIONE:
Giurisdizione civile — Locazione di immobile alla p.a. — Canone — Ritardo nel pagamento — Azione del locatore — Giurisdi zione ordinaria — Fattispecie.
Contratti della p.a. — Locazione di immobile — Canone —
Ritardo nel pagamento — Azione di risoluzione e di rilascio del conduttore — Mancata emissione del titolo di spesa —
Irrilevanza (Cod. civ., art. 1218, 1224, 1282, 2740; r.d. 23
maggio 1924 n. 827, regolamento per l'esecuzione della legge suli'amministazione del patrimonio e sulla contabilità generale delio Stato, art. 270).
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della domanda con la quale il privato, che ha dato in locazione un immobile alla p.a. e non ha percepito il canone nel termine convenzionalmente stabilito, chiede la risoluzione del contratto
per inadempimento dell'amministrazione conduttrice nonché la condanna della stessa al rilascio dell'immobile e al risarcimento dei danni, non potendo gli atti e i procedimenti relativi alla emissione dei mandati di pagamento della p.a. influire unilate ralmente sui rapporti negoziali privati conclusi dalla mede sima. (1)
(1-2) La riportata sentenza, che è la terza, sul tema delle obbliga zioni pecuniarie della p.a. assunte per contratto, deliberata il 10 gennaio 1985, consente di affermare che variazioni e/o digressioni del
Il Foro Italiano — 1985.
La p.a., che non ha corrisposto nel termine pattuito il canone di
locazione di immobile appartenente a privato, non può paraliz zarne le domande di risoluzione del contratto e di rilascio
dell'immobile invocando la mancata emissions del titolo di
spesa secondo le norme sulla contabilità generale dello Stato o
la omessa attuazione degli adempimenti previsti da disposizioni interne dell'amministrazione. (2)
Svolgimento del processo. — Con citazione 3 gennaio 1974 Ugo Basso conveniva davanti al Tribunale di Cagliari il ministero
della pubblica istruzione, esponendo di aver concesso in locazione
alla soprintendenza ai monumenti e gallerie della città tre
appartamenti per il periodo dal 1° gennaio 1971 al 31 dicembre
1972, con l'intesa del tacito rinnovo del contratto, e di non aver
ricevuto il relativo canone fissato in lire 126.000 mensili da corri
spondersi a trimestri posticipati; assumeva, inoltre, l'istante di
avere inviato il 20 novembre 1973 una lettera raccomandata
all'amministrazione con l'invito ad effettuare il versamento dei
canoni trimestrali scaduti relativi all'anno 1973 e con l'avvertenza
che, inutilmente trascorso il termine all'uopo fissato, il contrat
to doveva intendersi risoluto di diritto ai sensi dell'art. 1454 c.c.
Ciò premesso, e ritenuto che il pagamento non era stato ancora
effettuato, l'attore chiedeva al tribunale adito di dichiarare l'av
venuta risoluzione del contratto ex art. 1454 c.c. e, in subordine, di dichiarare risolto il contratto di locazione per inadempimento del conduttore a norma dell'art. 1453 c.c.
Su tali domande il Basso insisteva anche dopo aver ricevuto la
somma di lire 1.511.900.
L'amministrazione convenuta, costituitasi «n giudizio, contestava
la pretesa del locatore, osservando che il ritardo nella correspon sione dei canoni era dovuto alla necessità di osservare le disposi zioni della legge sulla contabilità generale dello Stato e del
relativo regolamento. In seguito, l'amministrazione eccepiva anche
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo inam
missibile un suo giudizio sulla legittimità dell'operato della p.a. in
materia nella quale è riservato un sicuro margine di discrezionali
tipo di quelle segnalate in nota alla precedente Cass. 3 aprile 1985, n.
2264, Foro it., 1985, I, 1005, appaiono sempre più difficilmente
configurabili. Oltre all'enunciazione riassunta nella prima massima, che riprende
anche nell'iter argomentativo i rilievi svolti dalla or menzionata sent, n. 2264 del 1985, la pronuncia in rassegna contiene, infatti, nella parte motiva corrispondente all'affermazione riassunta nella seconda massima,
significative puntualizzazioni dei precedenti orientamenti. Ricordate in vero le oscillazioni manifestatesi in giurisprudenza, le sezioni unite ribadiscono che: a) per quanto riguarda le obbligazioni pecuniarie della p.a. aventi origine contrattuale e precisi termini di scadenza, il diritto del privato all'esatto e tempestivo adempimento non può essere sacrificato dall'esigenza della medesima p.a. di rispettare le procedure prescritte per l'emissione del titolo di spesa; 6) i debiti dello Stato e
degli enti pubblici, di origine contrattuale, divengono liquidi ed
esigibili, in conformità alle norme comuni del codice civile, quando ne sia determinato l'ammontare e se ne possa ottenere, alla scadenza, il
puntuale adempimento; lo Stato e gli enti pubblici possono quindi essere condannati al pagamento dei rispettivi debiti prescindendo dalla
tempestiva conclusione della procedura contabile e dalla emanazione del titolo di spesa; c) in relazione alla pattuita scadenza delle
obbligazioni contratte verso i privati dalla p.a., questa si trova, all'atto dell'assunzione dell'obbligo, nel periodo anteriore alla sua scadenza e nel periodo successivo ad essa, nell'identica posizione di qualsiasi altro
soggetto, è tenuta allo stesso comportamento ed è esposta alle medesime
responsabilità; d) ai sensi degli art. 1175 e 1176 c.c. anche la p.a. debitrice è quindi tenuta ad agire correttamente e con la diligenza del buon padre di famiglia; il che è quanto dire « innanzitutto che deve assumere solo le obbligazioni che sia prevedibilmente in grado di
adempiere in modo esatto e puntuale e che deve porre in essere con
tempestività i meccanismi liquidatori prescritti dalle leggi di contabilità di Stato, essendo altrimenti tenuta a rispondere delle eventuali ina
dempienze cui abbia dato colpevolmente luogo »; e) è consentito al
giudice ordinario di valutare le modalità di svolgimento dell'iter di
erogazione della spesa al fine di esprimere un giudizio sulla condotta tenuta dalla p.a. in funzione dell'adempimento dei propri debiti
pecuniari. Si tratta, come si è detto e come si evince dalle molteplici
pronunzie richiamate in motivazione (cui può aggiungersi Cass. 23 maggio 1984, n. 3172, id., Mass., 648), di considerazioni già svolte dalla corte in altre occasioni. Ma la sentenza merita ugualmente di essere segnalata per avere chiarito in modo definitivo, sia pure attraverso il ragionato coordinamento dei vari precedenti, che i tentativi della p.a. di (continuare a) giustificare, con la mancata emissione del titolo di spesa, l'omesso e/o il ritardato adempimento delle
obbligazioni pecuniarie contrattualmente assunte con i privati non hanno più alcuna prospettiva di successo.
C. M. Barone C. M. Barone
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