sentenza 6 dicembre 2002, n. 522 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 dicembre 2002, n.49); Pres. Ruperto, Est. Bile; D'Aiello (Avv. Paoletti); interv. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato De Bellis). Ord. Trib. Roma 13 giugno 2001 (G.U., 1 a s.s., n. 38 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 6 (GIUGNO 2003), pp. 1649/1650-1653/1654Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198180 .
Accessed: 28/06/2014 18:48
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:48:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
porta ad escludere a priori dall'ambito della consultazione —
come è avvenuto nella specie — le popolazioni diverse da
quelle residenti nei territori oggetto della variazione, indipen dentemente da qualsiasi altro criterio d'individuazione dell'inte
resse e da ogni valutazione in concreto circa la sussistenza di
tale interesse. Essa non può dunque ritenersi conforme all'art.
133, 2° comma, Cost.
7. - Il comitato «Uniti per Baranzate» e la regione Lombardia
sostengono che la legge istitutiva del nuovo comune è stata co
munque, in concreto, rispettosa delle condizioni che, secondo la
giurisprudenza di questa corte, potrebbero consentire di limitare
la consultazione referendaria alla sola popolazione della frazio
ne che chiede di erigersi in comune autonomo, vale a dire una
preesistente individualità della comunità costituente la frazione
stessa e l'assenza di significativi interessi coinvolti nella varia
zione, facenti capo alla restante parte del comune da cui la fra
zione intende distaccarsi. La presenza di tali condizioni sarebbe
stata adeguatamente apprezzata dal consiglio regionale in sede
di approvazione della legge, mentre il Tar rimettente l'avrebbe
solo apoditticamente negata, così incorrendo in un difetto di
motivazione sulla non manifesta infondatezza, che renderebbe
inammissibile la questione. La tesi non può essere accolta. Si è già chiarito che, in occa
sione dell'indizione del referendum, il consiglio regionale si è
limitato a dare applicazione alla norma generale vigente (l'art.
10, 3° comma, 1. reg. n. 28 del 1992), prevedendo la consulta
zione della sola popolazione della frazione, senza fare alcun ap
prezzamento circa l'esistenza o meno di un interesse qualificato anche in capo alla popolazione della restante parte del comune, e dunque, coerentemente, senza motivare in merito.
In sede di approvazione della prima legge, poi rinviata dal
governo, e in seguito in sede di approvazione della legge attua
le, il problema è stato bensì evocato, ma senza poter essere og
getto di specifica deliberazione consiliare, bensì nel contesto
della discussione di merito circa l'esistenza delle ragioni giusti ficative della richiesta di istituzione del comune, e senza che as
sumesse, né potesse assumere, distinto rilievo una scelta del
consiglio circa l'ambito della consultazione, d'altronde già svoltasi da lungo tempo e «riutilizzata» dal consiglio nell'am
bito della nuova procedura legislativa. Mai, dunque, vi è stata
una determinazione in ordine al referendum, nell'ambito della
quale, in particolare, si siano valutate ragioni che potessero
portare ad escludere l'esistenza di interessi, facenti capo alla re
stante popolazione del comune, tali da imporre, in conformità
all'art. 133, 2° comma, Cost, (e in difformità dalla previsione dell'art. 10 1. reg. n. 28 del 1992), di estendere ad essa la con
sultazione.
Le condizioni che possono giustificare la limitazione del refe rendum alla sola popolazione direttamente interessata alla va
riazione territoriale (cfr. sentenze n. 433 del 1995 e n. 94 del
2000, citate) debbono essere definite dal legislatore regionale, così che se ne possa apprezzare la ragionevolezza, e comunque la loro esistenza deve essere verificata in concreto dall'organo
regionale che delibera di far luogo al referendum, con decisione
motivata suscettibile di essere controllata in sede giurisdiziona le. Non spetta infatti né al tribunale amministrativo, in sede di
sindacato sugli atti di esecuzione della legge istitutiva del co
mune, né tanto meno a questa corte, in sede di sindacato sulla
legittimità costituzionale della stessa legge istitutiva, verificare
in concreto, a posteriori, la sussistenza di quelle condizioni. Al
tribunale spetterà invece il controllo giurisdizionale sulla legit timità delle determinazioni con cui quelle condizioni sono state
verificate in concreto dall'organo regionale, in sede di determi
nazione dell'ambito del referendum; mentre a questa corte
spetta soltanto la verifica della congruità costituzionale dei cri
teri legislativamente stabiliti per tale determinazione, oltre che
la verifica della conformità del procedimento legislativo, sfo
ciato nell'istituzione del nuovo comune, ai requisiti costituzio
nalmente previsti. 8. - Da quanto si è ora osservato discende non solo l'impos
sibilità di accogliere la prospettazione del comitato e della re
gione circa l'asserito difetto di motivazione dell'ordinanza, ma
altresì, nel merito, la conclusione che la questione di legittimità costituzionale concernente la 1. reg. n. 21 del 2001 è fondata.
Infatti il relativo procedimento legislativo si è compiuto sulla
base di una consultazione referendaria che è stata limitata alla
sola frazione di Baranzate, non già in forza di una determina
li, Foro Italiano — 2003.
zione motivata del consiglio regionale, adottata in conformità a
criteri e a modalità legittimamente stabiliti dalla legge regiona le, e sindacabile sotto questo profilo in sede giurisdizionale, bensì in pedissequa applicazione di una norma — l'art. 10, 3°
comma, 1. reg. n. 28 del 1992 — che limitava a priori l'ambito
della consultazione, e che per questo si è già riconosciuto essere
costituzionalmente illegittima. Per questi motivi, la Corte costituzionale:
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, 3°' com ma, 1. reg. Lombardia 7 settembre 1992 n. 28 (norme sulle cir
coscrizioni comunali); b) dichiara l'illegittimità costituzionale della 1. reg. Lombar
dia 23 novembre 2001 n. 21 (istituzione del comune di Baran
zate in provincia di Milano).
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 dicembre 2002, n. 522 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 dicembre 2002, n. 49); Pres. Ruperto, Est. Bile; D'Aiello (Avv. Paoletti); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato De Bellis). Ord.
Trib. Roma 13 giugno 2001 (G.U., la s.s., n. 38 del 2001).
Registro (imposta di) — Sentenze ed atti giudiziari — Regi strazione — Omissione — Rilascio di originali e copie — Divieto — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 24; d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, approvazione del t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, art. 66).
Registro (imposta di) — Sentenze ed atti giudiziari — Regi strazione d'ufficio — Rilascio di originali e copie — Di vieto — Questione manifestamente inammissibile di costi tuzionalità (Cost., art. 3, 24; d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, art.
15).
E incostituzionale l'art. 66 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, nella
parte in cui non prevede che la disposizione di cui al 1° com
ma — a tenore del quale i cancellieri, i segretari degli organi
giurisdizionali e gli altri soggetti indicati nell'art. 10, lett. b),
possono rilasciare originali, copie ed estratti degli atti sog
getti a registrazione in termine fisso da loro formati o auten
ticati solo dopo che gli stessi sono stati registrati — non si
applica al rilascio dell'originale o della copia della sentenza
o di altro provvedimento giurisdizionale, che debba essere
utilizzato per procedere all'esecuzione forzata. (1) E manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sul
punto, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15
d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (concernente la c.d. registrazione
d'ufficio), nella parte in cui non consentirebbe il rilascio del
la copia esecutiva della sentenza, richiesta dalla parte vitto
riosa alfine di procedere all'esecuzione forzata nei confronti della parte soccombente, se non dopo il pagamento dell'im
posta di registro, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (2)
(1-2) L'ordinanza di rimessione, Trib. Roma 13 giugno 2001, si leg
ge (con la data di deposito 10 settembre 2001) in Dir. fallirti., 2002, II,
440; nel senso della manifesta infondatezza, v. invece App. Roma 31
gennaio 2002, ibid., 262. La questione di costituzionalità dell'art. 66 d.p.r. 26 aprile 1986 n.
131, nella parte in cui non consente il rilascio della copia esecutiva
della sentenza in mancanza del pagamento dell'imposta di registro, era
stata già affrontata dalla Corte costituzionale, che, con sentenza 18 lu
glio 1989, n. 414, Foro it., 1989,1, 3022, aveva — atteso il caso di spe cie, relativa al mancato rilascio della copia esecutiva di sentenza conte
nente la condanna al risarcimento del danno prodotto da reato — re
spinto la stessa come infondata, precisando che un'interpretazione si
stematica dell'art. 66 con gli art. 59 e 60 d.p.r. 131/86 legittimava il
cancelliere al rilascio della copia in questione (in argomento, v. Duran
te, La registrazione a debito di sentenze di condanna ai danni patrimo
This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:48:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA 1652
Diritto. — 1. - Nel corso di un procedimento ex art. 745
c.p.c., avente ad oggetto il rifiuto del cancelliere di rilasciare
copia esecutiva di una sentenza, il presidente del Tribunale di
Roma ha proposto, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., la que stione di legittimità costituzionale degli art. 15 e 66 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (approvazione del t.u. delle disposizioni con cernenti l'imposta di registro), nella parte in cui non consentono
al cancelliere il rilascio della copia esecutiva, richiesta dalla parte vittoriosa al fine di procedere all'esecuzione forzata nei
confronti della parte soccombente, se non dopo il pagamento
dell'imposta di registro. Secondo il giudice rimettente, l'art. 66 viola l'art. 3 Cost., sia
per difetto di ragionevolezza, sia per disparità di trattamento fra
nìalì da fatto illecito penale, in P.Q.M., 1990, fase. 1, 81; min. fin., circ. 4 luglio 1989, n. 33/310333, in Fisco, 1989, 4728).
La Corte costituzionale giunge alla conclusione di cui in massima alla luce della sua trentennale giurisprudenza (v. Corte cost. 9 aprile 1963, n. 45, Foro it., 1963,1, 646; 7 dicembre 1964, n. 100, id., 1965,1, 8; 2 luglio 1966, n. 80, id., 1966,1, 1201; 22 dicembre 1969, n. 157, id., 1970,1, 386; 28 aprile 1970, n. 61, ibid., 1554; 26 maggio 1971, n. 111, id., 1971, I, 1416, ricordate in sentenza), costante nell'affermare, da un
lato, l'astratta legittimità degli oneri fiscali incombenti sul processo, e, dall'altra, l'inammissibilità di quelle «tasse giudiziarie» che mirino al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali, precludendo o ostacolando gravemente l'esperimento della tutela giuris dizionale.
Di recente, su questa linea si è collocata Corte cost. 5 ottobre 2001, n. 333, id., 2001, I, 3017, e Contratti, 2001, 1100, con nota di Giove; Dir. e giustizia, 2001, fase. 38, 46, con nota di Grassi; Guida al dir., 2001, fase. 40, 62, con nota di M. Finocchiaro; Giust. civ., 2001, I, 2595, con nota di Izzo, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 7 I. 9 dicembre 1998 n. 431, nella parte in cui pone come «condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile lo
cato», adibito ad uso abitativo, «la dimostrazione che il contratto di lo cazione è stato registrato, che l'immobile è stato denunciato ai fini del
l'applicazione dell'Ici e che il reddito derivante dall'immobile mede simo è stato dichiarato ai fini dell'applicazione delle imposte sui reddi
ti», stabilendo che a tal fine devono essere indicati nel precetto «gli estremi di registrazione del contratto di locazione, gli estremi dell'ulti ma denuncia dell'unità immobiliare alla quale il contratto si riferisce ai fini dell'applicazione delfici, gli estremi dell'ultima dichiarazione dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto è stato dichiarato nonché gli estremi delle ricevute di versamento delfici relative all'an no precedente a quello di competenza».
Per ulteriori riferimenti, cfr. Corte cost. 21 gennaio 1999, n. 7, Foro
it., 2000,1, 1780, con nota di richiami. In dottrina, v. Giorgetti, La copia esecutiva della sentenza è imme
diata nel regime costituzionalizzato dell'imposta di registro, in Riv.
giur. trib., 2003, 219; Marini, Oneri fiscali e tutela giurisdizionale, in Rass. trib., 2003, 733; Di Gravio, Tanto tuonò che piovve: alla Corte costituzionale l'imposta di registro delle sentenze, in Dir. fallim., 2002, II, 440; Tavormina, Esecuzione della sentenza civile e imposta di regi stro, in Riv. dir. civ., 1990, II, 631.
In generale, sulla tematica degli oneri fiscali incombenti sul proces so, v. Scarselli, Contro i tributi giudiziari, in Foro it., 2001, I, 1807.
Sul problema della materiale indisponibilità della sentenza presso la cancelleria in conseguenza della trasmissione all'ufficio del registro, v. Cass. 26 febbraio 2000, n. 2183, id.. Rep. 2000, voce Competenza ci
vile, n. 318, che ha escluso la configurabilità di un vizio di costituzio nalità dell'art. 47, 2° comma, c.p.c., nella parte in cui non prevede che il termine di trenta giorni per la proposizione del regolamento di com
petenza debba decorrere dalla notificazione di copia integrale della sentenza da impugnare, tenuto conto del fatto che la conoscenza della motivazione della sentenza agli effetti della proposizione del regola mento di competenza non è possibile se non dopo l'avvenuto paga mento dell'imposta di registro; in dottrina, v. Di Gravio, Tanto tuonò che piovve, cit., 448.
Sull'ammissibilità del rinvio alla Corte costituzionale nel corso del
procedimento ex art. 745 c.p.c., cfr. Corte cost. 414/89, cit., che dichia ratamente si riallaccia a Cass., sez. un., 20 marzo 1986, n. 1973, Foro it.. Rep. 1986, voce Cassazione civile, n. 22, e Nuova giur. civ., 1987,1, 59, con nota di Comoglio, che aveva ritenuto la natura giurisdizionale del procedimento stesso e ricorribile per cassazione ex art. Ill Cost, il decreto emesso al suo esito; la ricorribilità per cassazione è stata invece esclusa da Cass. 13 ottobre 1993, n. 10109, Foro it., Rep. 1994, voce Prova documentale, n. 37, secondo la quale il decreto reso dal presi dente del tribunale sul ricorso avverso il rifiuto opposto dal cancelliere di rilasciare copia di una sentenza per la quale non era stata corrisposta l'imposta di registro «promana da un organo, che, salvo specifica nor ma in senso contrario, è istituzionalmente privo di attribuzioni giurisdi zionali decisorie (...) e che, invece, è titolare di proprie attribuzioni in materia di volontaria giurisdizione».
Il Foro Italiano — 2003.
il cittadino in grado di pagare immediatamente l'imposta di re
gistro (al quale sarebbe consentito, in conseguenza delle sue
condizioni economiche, di intraprendere un'azione giudiziaria
esecutiva) e quello privo dei mezzi necessari per tale pagamento
(al quale, invece, l'onere di versare somme eventualmente in
genti rende la proposizione dell'azione esecutiva difficile e talo
ra impossibile). Lo stesso art. 66 violerebbe poi l'art. 24 Cost., in quanto il di
ritto di agire in giudizio non può essere condizionato al paga mento di un'imposta.
2. - Questa corte ha già ritenuto che in sede di procedimento ex art. 745 c.p.c. il giudice è legittimato a sollevare questioni di
legittimità costituzionale (sentenza n. 414 del 1989, Foro it.,
1989,1, 3022). 3. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 15
d.p.r. n. 131 del 1986 è manifestamente inammissibile, perché il
rimettente non motiva in alcun modo la ragione per la quale
questa norma (concernente la c.d. registrazione d'ufficio) possa — sia pure, eventualmente, in combinato disposto con l'art. 66 —
precludere il rilascio della copia della sentenza in forma ese
cutiva.
4. - La questione relativa all'art. 66 citato d.p.r. è invece fon
data.
La norma — dopo avere al 10 comma stabilito che i cancellie
ri ed i segretari degli organi giurisdizionali e gli altri soggetti indicati nell'art. 10, lett. b) e c), possono rilasciare originali, copie ed estratti degli atti soggetti a registrazione in termine fis
so da loro formati o autenticati solo dopo che gli stessi sono
stati registrati —
prevede al 2° comma che tale disposizione non
si applica agli originali, copie ed estratti di sentenze e altri provvedimenti giurisdizionali, o di atti formati dagli ufficiali giudiziari e dagli uscieri, che siano rilasciati per la prosecuzione del giudizio.
In ragione dei limiti di tale previsione derogatoria, chi intenda
procedere ad esecuzione forzata — la quale, ai sensi dell'art.
479 c.p.c., deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in
forma esecutiva — ha l'onere del preventivo assolvimento della
relativa imposta di registro, quale condizione per ottenere il ri
lascio dell'atto da notificare, non potendo — del resto — l'ese
cuzione forzata considerarsi prosecuzione del giudizio. La questione di legittimità costituzionale di tale norma deve
essere valutata alla luce della giurisprudenza di questa corte sul
tema degli oneri fiscali incidenti sul processo civile, nonché
dell'assetto dei rapporti fra imposta di registro e processo, con
seguente alla riforma tributaria attuata sulla base della delega di
cui alla 1. 9 ottobre 1971 n. 825 (delega legislativa al governo della repubblica per la riforma tributaria).
5. - Questa corte ha affermato — in epoca anteriore alla ri
forma — che la Costituzione «non vieta di imporre prestazioni fiscali in stretta e razionale correlazione con il processo, sia che
esse configurino vere e proprie tasse giudiziarie sia che abbiano
riguardo all'uso di documenti necessari alla pronunzia finale dei
giudici» (sentenza n. 45 del 1963, id., 1963, I, 646; e poi sen
tenze n. 91 del 1964, id., 1964, I, 2222, e n. 100 del 1964, id., 1965, I, 8); che occorre distinguere fra «oneri che siano razio
nalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di
assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla
sua funzione», da ritenersi consentiti, e oneri che invece tenda
no «alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità
predette, e, conducendo al risultato di precludere o ostacolare
gravemente l'esperimento della tutela giurisdizionale, incorrono
nella sanzione dell'incostituzionalità» (sentenza n. 80 del 1966, id., 1966, I, 1201, sull'illegittimità costituzionale della norma che vietava di rilasciare copie di sentenze non ancora registrate, il cui deposito in giudizio condizionasse la procedibilità del l'impugnazione); ed ancora che l'interesse del cittadino alla tu
tela giurisdizionale e quello generale della comunità alla riscos
sione dei tributi «sono armonicamente coordinati» (sentenze n.
157 del 1969, id., 1970,1, 386, e n. 61 del 1970, ibid., 1554). In altre decisioni questa corte ha invece affermato che «con
dizionare l'esercizio del diritto del cittadino alla tutela giurisdi zionale, all'adempimento del suo dovere di contribuente» non
contrasta con la Costituzione, salvo il caso dell'azione giudizia ria diretta a contestare la legittimità del tributo (sentenze n. 157
del 1969, cit.,en. Ili del 1971, id., 1971,1, 1416). Il principio secondo cui l'onere fiscale non lede il diritto alla
tutela giurisdizionale ove tenda ad assicurare al processo uno
This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:48:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
svolgimento conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze (e non miri, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estra nei alle finalità processuali) è stato infine ripreso dalla sentenza n. 333 del 2001 (id,, 2001,1, 3017) dichiarativa dell'illegittimità costituzionale della norma che condizionava al pagamento di al cune imposte, fra cui quella di registro, l'esercizio dell'azione esecutiva di rilascio dell'immobile locato.
6. - La 1. n. 825 del 1971 ha imposto al legislatore delegato, come principio di delega, di eliminare «ogni impedimento fi scale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi» (art. 7, n. 7).
In attuazione di tale principio, l'art. 63 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 (disciplina dell'imposta di registro), il cui contenuto è poi sostanzialmente confluito nell'art. 65 d.p.r. n. 131 del 1986, ha soppresso il divieto di utilizzazione in giudizio di atti non re gistrati (previsto dalla disciplina precedente, la cui incostituzio
nalità era stata esclusa da questa corte, con le citate sentenze n.
45 del 1963 e n. 157 del 1969) ed al suo posto ha previsto l'ob bligo del cancelliere di inviarli all'ufficio del registro.
Il legislatore della riforma ha pertanto ritenuto che la situa
zione di inadempimento dell'obbligazione relativa all'imposta di registro, emergente in occasione del processo di cognizione, non può avere l'effetto di precluderne lo svolgimento e la con
clusione.
È chiaro il giudizio di valore così espresso, per cui, nel bilan
ciamento tra l'interesse fiscale alla riscossione dell'imposta e
quello all'attuazione della tutela giurisdizionale, il primo è rite
nuto sufficientemente garantito dall'obbligo imposto al cancel
liere di informare l'ufficio finanziario dell'esistenza dell'atto non registrato, ponendolo così in grado di procedere alla riscos
sione. Discipline di contenuto sostanzialmente identico sono
state introdotte — sia pure in tempi diversi — per le imposte di
successione, di bollo e sul valore aggiunto. 7. - Considerando questo tipo di bilanciamento fra i due inte
ressi alla luce del principio secondo cui la garanzia della tutela
giurisdizionale posta dall'art. 24, 1° comma, Cost, comprende anche la fase dell'esecuzione forzata — «la quale è diretta a
rendere effettiva l'attuazione del provvedimento giurisdiziona le» (sentenza n. 321 del 1998, id., 1998,1, 3048) — appare evi dente come la scelta compiuta dalla norma impugnata sia irra
gionevole e si risolva anche in lesione dell'art. 24 Cost.
Essa infatti comporta che la valutazione di bilanciamento fra
l'interesse all'effettività della tutela giurisdizionale e quello alla
riscossione dei tributi sia effettuata, per i due tipi di processo, in
modo irragionevolmente diverso: l'inadempimento dell'obbli
gazione tributaria — che pure non ha precluso lo svolgimento del processo di cognizione fino all'emanazione della sentenza
(o di altro provvedimento esecutivo) ed ha determinato solo la
comunicazione da parte del cancelliere all'ufficio del registro
degli atti non registrati —
impedisce poi che alla sentenza (o al
provvedimento esecutivo) sia data attuazione mediante l'eserci
zio della tutela giurisdizionale in via esecutiva.
8. - Conclusivamente deve essere dichiarata l'illegittimità co
stituzionale dell'art. 66, 2° comma, d.p.r. n. 131 del 1986, nella
parte in cui non prevede che la disposizione di cui al 10 comma
non si applica al rilascio dell'originale o della copia della sen tenza o di altro provvedimento giurisdizionale, che debba essere
utilizzato per procedere all'esecuzione forzata.
Rimangono assorbiti gli altri profili di censura.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 66 d.p.r. 26
aprile 1986 n. 131 (approvazione del t.u. delle disposizioni con
cernenti l'imposta di registro), nella parte in cui non prevede che la disposizione di cui al 1
° comma non si applica al rilascio
dell'originale o della copia della sentenza o di altro provvedi mento giurisdizionale, che debba essere utilizzato per procedere all'esecuzione forzata;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit timità costituzionale dell'art. 15 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (approvazione del t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), sollevata in riferimento agli art. 3 e 24 Cost, dal presidente del Tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 26 novembre 2002, n. 479 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 dicembre 2002, n. 48); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Matzneller c. Nie
derstatter; interv. Pres. cons, ministri e Provincia autonoma di
Bolzano. Ord. Trib. Bolzano 12 novembre 2001 (G.U., la s.s., n. 7 del 2002).
Trentino-Alto Adige — Processo civile «bilingue» — Stesura nelle due lingue degli atti — Facoltà di rinuncia delle parti — Mancata previsione — Questione manifestamente in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97, 111; statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige, art. 100; d.p.r. 15 luglio 1988 n. 574, norme di attuazione dello statuto speciale per la
regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua te desca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la
pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari, art. 20; d.leg. 29 maggio 2001 n. 283, norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige concer
nenti modifiche e integrazioni al d.p.r. 15 luglio 1988 n. 574, in materia di processo penale e di processo civile, nonché in
materia di assegnazioni di sedi notarili, e in materia di reda
zione in doppia lingua delle etichette e degli stampati illustra
tivi dei farmaci, art. 8).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 20 d.p.r. 15 luglio' 1988 n. 574, come sosti
tuito dall'art. 8 d.leg. 29 maggio 2001 n. 283, nella parte in
cui non consente alle parti del processo civile «bilingue» di
rinunciare alla stesura nelle due lingue dei verbali, nonché
delle sentenze e degli altri provvedimenti del giudice, in rife rimento agli art. 3, 97, 111, 2° comma, Cost, e 10Ó, 4° com
ma, dello statuto speciale Trentino-Alto Adige. (1)
( 1 ) La Corte costituzionale dichiara manifestamente infondata la
questione di costituzionalità, sia escludendo che la disposizione impu gnata si ponga in contrasto con gli invocati parametri costituzionali, sia
soprattutto perché l'ipotesi richiesta dal giudice a quo comporterebbe una disciplina relativa ai tempi,, modi e formalità della rinuncia, la
quale non può che spettare al legislatore. Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 20, 1° comma, d.p.r. 574/88, nella parte in cui impedi sce alla parte di modificare nel corso di ciascun grado del giudizio la
lingua processuale inizialmente prescelta, v. Corte cost., ord. 17 dicem bre 1997, n. 411, Foro it., 1998, I, 956, con nota di richiami, mentre Corte cost., ord. 25 luglio 1997, n. 277, ibid., 958, con nota di richiami, commentata da Palermo, in Giur. costit., 1997, 2531, ha dichiarato manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 20, 3° comma, d.p.r. 574/88, nella
parte in cui stabilisce che gli atti e i documenti comunque notificati ad istanza di parte debbono essere tradotti nella lingua italiana o tedesca a richiesta del destinatario, che deve chiedere la traduzione a mezzo di ufficiale giudiziario entro otto giorni dal ricevimento della notifica.
Con riguardo alla speciale normativa sulla lingua nei procedimenti giurisdizionali nella regione Trentino-Alto Adige, v. Cass. 20 febbraio
2001, Rainer, Foro it.. Rep. 2001, voce Trentino-Alto Adige, n. 15, se condo cui l'obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da
compiere nel procedimento, non agli atti, già formati, da acquisire al
procedimento medesimo;5 ottobre 2000, n. 13295, id., Rep. 2000, voce
cit., n. 6, secondo cui l'art. 20 d.p.r. 574/88 non prevede la nullità degli atti redatti in lingua diversa da quella che deve considerarsi lingua del
processo civile e tale silenzio non può non essere significativo se si considera che, invece, per altre ipotesi considerate nello stesso provve dimento legislativo la nullità è espressamente prevista, per cui se ne deve dedurre che l'inosservanza della citata disposizione può compor tare solo sanzioni disciplinari, ai sensi del successivo art. 37; 12 marzo 1999. Frotscher, id., Rep. 1999, voce Impugnazioni penali, n. 57, com mentata da Curtotti Nappi, in Dir. pen. e proc., 1999, 1409, secondo
cui, fermo restando il diritto dell'imputato, appartenente al gruppo et nico di lingua tedesca, di optare per l'uso della lingua materna nella celebrazione del processo, la dichiarazione d'appello con i contestuali motivi redatti dal difensore in lingua italiana non è affetta da invalidità; 6 settembre 1993, n. 9360, Foro it., Rep. 1993, voce Trentino-Alto Adi
ge, n. 23, secondo cui la suddetta disposizione, derogando al generale disposto dell'art. 122 c.p.c., attribuisce a ciascuna parte del processo civile la facoltà di scelta della lingua dei propri atti processuali preve dendo il processo monolingue solo quando l'atto introduttivo e la com
parsa di risposta siano stati redatti nella stessa lingua e, in caso contra
rio; il processo bilingue, che implica la traduzione degli atti a cura e
spese dell'ufficio e la contestuale verbalizzazione nelle due lingue, con la> conseguenza che, se, per la contumacia del convenuto, sia mancata la
comparsa di risposta, il processo deve svolgersi secondo le disposizioni che regolano quello bilingue (e con contestuale verbalizzazione, quindi,
This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:48:29 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions