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sentenza 6 giugno 1983, n. 117; Pres. Cuonzo, Est. Gentile; E.n.el. (Avv. M. Nigro, Schifino) c....

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sentenza 6 giugno 1983, n. 117; Pres. Cuonzo, Est. Gentile; E.n.el. (Avv. M. Nigro, Schifino) c. Comune di Corigliano Calabro e Comune di Rossano (Avv. Garofalo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 81/82-83/84 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175639 . Accessed: 28/06/2014 17:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 17:51:18 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 6 giugno 1983, n. 117; Pres. Cuonzo, Est. Gentile; E.n.el. (Avv. M. Nigro, Schifino) c.Comune di Corigliano Calabro e Comune di Rossano (Avv. Garofalo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 81/82-83/84Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175639 .

Accessed: 28/06/2014 17:51

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CA LABRIA; sentenza 6 giugno 1983, n. 117; Pres. Cuonzo, Est.

Gentile; E.n.el. (Avv. M. Ni grò, Schifino) c. Comune di Cori

gliano Calabro e Comune di Rossano (Avv. Garofalo).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CA LABRIA; sentenza 6 giugno 1983, n. 117; Pres. Cuonzo, Est.

Edilizia e urbanistica — Oleodotto costruito dall'E.n.el. — Difetto di concessione edilizia — Sospensione dei lavori — Legittimità (L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 29, 31; 1. 18

dicembre 1973 n. 880, localizzazione degli impianti per la

produzione dell'energia elettrica, art. 1, 3; 1. 28 gennaio 1977 n.

10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 9; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 81).

È legittima l'ordinanza sindacale di sospensione dei lavori intra

presi dall'E.n.el. per la costruzione di un oleodotto al servizio

di una centrale termoelettrica, basata sul difetto della relativa

concessione. (1)

Diritto. — (Omissis). Quanto al merito giova premettere che i

lavori di cui trattasi concernono l'installazione di un oleodotto di

collegamento fra il deposito di olii minerali della centrale termoe

lettrica di Rossano Calabro — deposito che con l'occasione si

dispone di ampliare — e il porto di Sibari, costituito da due

tubazioni del diametro di rn. 406 e della lunghezza di circa Km 13. Il quesito giuridico che si pone nella specie è se per la

natura dei lavori e del soggetto, per conto del quale gli stessi

vengono condotti, sia necessaria la concessione edilizia, sul quale

presupposto è basato il provvedimento impugnato. A tal fine

mette conto richiamare prima che la disciplina di cui all'art. 81

d.p.r. n. 616/77, quanto viene dedotto dall'ultimo comma dell'art.

9 1. n. 10/77 sulla edificabilità dei suoli che concerne la specifica materia in oggetto. Secondo il testo surrichiamato « restano ferme

le norme di cui agli art. 29 e 31, 2° comma, 1. n. 1150/42 e

successive modificazioni »; il citato art. 29 recita che « compete al

ministero dei lavori pubblici accertare che le opere da eseguirsi

da amministrazioni statali non siano in contrasto con le prescri zioni del -piano regolatore e del regolamento edilizio vigente nel

territorio comunale in cui esse ricadono ».

(1) In termini non constano precedenti editi.

La concessione edilizia, sostituita dal provvedimento di localizzazione del C.i.p.e., qualora il comune interessato non abbia tempestivamente provveduto agli adempimenti prescritti dall'art. 3 1. 18 dicembre 1973

n. 880, è richiesta, per le opere relative alla realizzazione di centrali a

turbogas dell'E.n.e.l., da T.A.R. Campania 15 febbraio 1978, n. 125, Foro it., 1979, III, 49, con nota di richiami. Sembra per contro

discostarsi dalla sentenza che si riporta T.A.R. Sicilia 18 febbraio

1981, n. 93, id., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 374, che alle opere pubbliche dello Stato accomuna, nel senso di escludere la necessità della concessione edilizia, le opere realizzate da « amministra zioni pubbliche strumentali ». Analogamente, anche se con riferimento ad amministrazione che una specifica disposizione di legge (art. 138, penult, comma, d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218) qualifica espressamente come «organo straordinario» dello Stato, cfr. Cons. Stato, sez. Vii, 11 marzo 1980, n. 299, ibid., n. 412, citata erroneamente in senso contrario (ovverossia nel senso di ritenere obbligatoria la richiesta di concessione edilizia per le opere di competenza della Cassa per il Mezzogiorno) dalla sentenza riportata.

Non richiedono invece la concessione edilizia, secondo un indirizzo giurisprudenziale oramai uniforme, neppure se insistenti su aree non

demaniali, le opere edilizie e urbanistiche di competenza dello Stato: TA.R. Liguria 4 marzo 1982, n. 129, id., Rep. 1982, voce cit., n.

370; T.A.R. Abruzzo 27 maggio 1981, n. 226, ibid., n. 337; T.A.R. Toscana 27 settembre 1977, n. 457, id., Rep. 1979, voce cit., n. 371; T.A.R. Piemonte 14 dicembre 1976, n. 390, id., 1977, III, 272, con nota di richiami, cui adde Cons. Stato, sez. IV, 10 febbraio 1976, n. 65, id., 1976, III, 488, con nota di richiami di C. -Montanari.

In dottrina, v. Castiglione, La concessione edilizia e la conformità alla normativa urbanistica nelle oo.pp. e di pubblico interesse, in Cons.

Stato, 1982, II, 281; Amorosino, La competenza ad accertare la

conformità delle opere statali alla pianificazione urbanistica, in Le

regioni, 1981, 349; Albamonte, Opere da eseguirsi da amministrazioni statali e concessione edilizia, in Giust. civ., 1981, 457; con più diretto riferimento ai poteri comunali in materia di opere pubbliche statali ed al procedimento ex art. 81 d.p.r. 616/77, C. Montanari, Sul regime urbanistico dei beni e delle opere dello Stato, nota a T.A.R. Umbria 28 luglio 1976, n. 144, Foro it., 1978, III, 572; con riguardo alla rosa

di opere pubbliche per cui è applicabile il procedimento ex art. 81

d.p.r. 616/77, Domenichelli, in Le regioni, 1977, 1284.

Si tratta di ipotesi eccezionali in cui il legislatore, per gli

interessi di rango superiore coinvolti, ha inteso svincolare dall'as

soggettamento al regime della concessione comunale quelle opere

che appartengono immediatamente allo Stato il quale ovviamente — sia pure a mezzo -del competente organo centrale — con ciò

non trascura il momento della valutazione urbanistica delle stes

se; solo che ne sottrae il compito all'autorità comunale, sosti

tuendo al provvedimento di questa quello del ministero dei lavori

pubblici. Siffatto regime è confermato dal 2° comma dell'art. 81

che prevede il procedimento d'intesa con la regione interessata,

ma ferma sempre la circostanza che si tratti di opere « da

eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree

del demanio statale ».

Ove, invece, si abbiano opere da realizzarsi da soggetti pubbli ci diversi, anche se di interesse statale, il comma precitato non

può ritenersi operante, ossia non può affermarsi una esenzione

dall'obbligo della concessione edilizia comunale; ma prima di

esaminare, ai fini dell'accennato discorso e per compiutezza

d'indagine, l'incidenza del disposto di cui ai successivi comma 3°

e 4° precitato art. 81, è d'uopo evidenziare che l'ultimo comma

dello stesso articolo fa salvo in argomento quanto previsto dalla

1. 16 dicembre 1973 n. 880 concernente la localizzazione degli

impianti per la produzione di energia elettrica, e sembra al

collegio che la fattispecie in trattazione debba essere riguardata

appunto alla stregua della speciale normativa ivi contenuta.

Invero, come sopra ricordato, nel caso l'E.n.e.l. deve creare a

servizio della propria centrale degli impianti accessori che in

quanto tali non possono non farsi rientrare nella disciplina di cui

alla 1. n. 880/73; rientrano, infatti, nella previsione di questa oltre che le ipotesi di localizzazione e costruzione di « nuovi »

impianti termici per la produzione di energia elettrica, anche

quelle della gestione e degli ampliamenti degli stessi, senza dire

che in generale l'opera di cui si discute non potrebbe non farsi

rientrare nell'ampio concetto di costruzione, anche se da riferire ad

un'entità pertinenziale.

Ora, l'art. 3 1. n. 880/73, espressamente prevede la concessione

edilizia comunale per l'attuazione delle progettazioni inerenti le

centrali elettriche, per cui ben a ragione i due comuni ne

ravvisano il difetto che è il presupposto del provvedimento di

sospensione dei lavori.

Ma anche se si volesse ipotizzare l'esclusione della applicabilità nella specie della precitata legge, non potrebbe peraltro invocarsi

per l'E.n.el. il comma 2° dell'art. 81 d.p.r. n. 616/77 che riguarda le opere di diretta pertinenza delle amministrazioni statali.

L'E.n.el. è ente pubblico economico che svolge attività produttiva di beni e servizi utilizzando gli strumenti propri del diritto

privato e pur perseguendo finalità pubbliche e godendo di perso nalità di diritto pubblico (in particolari ipotesi può ammettere

anche atti amministrativi) non può certamente assimilarsi ad

un'amministrazione statale.

Esso può benissimo farsi rientrare fra gli enti istituzionalmente

competenti a realizzare opere pubbliche d'interesse statale, dei

quali trattano il 3° e il 4° comma dell'art. 81 d.p.r. n. 616/77 che

prevedono particolari procedimenti per risolvere eventuali conflitti

fra i poteri locali e quelli centrali in materia di localizzazione delle opere stesse, allorché essa risulti non conforme alle prescri zioni urbanistiche in atto nel territorio in cui le prime debbono

essere eseguite; ma tutto ciò non significa che può prescindersi in tali casi dalla richiesta della concessione comunale.

Il procedimento per superare la mancata intesa rappresenta un

particolare congegno di pianificazione urbanistica che non può far

prescindere dalla concessione edilizia il cui contenuto può ab

bracciare aspetti che vanno al di là di quelli relativi alla sola

localizzazione dell'opera, per la quale potrebbe aver avuto luogo il contrasto fra poteri locali e centrali. D'altronde, la 1. n. 10/77 all'art. 9 fra le varie ipotesi di concessione gratuita prevede

appunto quella « per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbli che o d'interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente

competenti, ecc. »; non sussistono ragioni — ove si debba esclu

dere l'operatività nella specie della 1. n. 880/73 — perché l'E.n.el. non possa farsi rientrare in tale categoria di enti.

Per questi l'obbligo della concessione comunale è previsto

esplicitamente, anche se a titolo gratuito, sicché non è lecito

dubitare della soluzione del problema.

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PARTE TERZA

Da ultimo il Consiglio di Stato (sez. VI n. 299 dell'I 1 marzo

1980, Foro it., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 411) ha

ribadito che la concessione comunale non occorre solo per le

opere da eseguirsi da amministrazioni statali e nella fattispecie

esaminata non ha escluso l'obbligo per le opere di competenza

della Cassa per il Mezzogiorno sul rilievo che questa costituisce

un organo straordinario dello Stato, ed una apposita norma (art.

138 d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218) stabilisce che per i lavori di

competenza della medesima si osservano, in quanto applicabili, le

norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche di compe

tenza del ministero dei lavori pubblici.

In conclusione deve dirsi che l'E.n.el. per intraprendere i

lavori dell'impianto di cui trattasi avrebbe dovuto munirsi della

concessione comunale, non essendo sufficienti ai fini urbanistici le

conseguite autorizzazioni degli organi ministeriali. (Omissis)

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione II; sentenza 23 febbraio 1983, n. 147; Pres.

Chieppa, Est. Corsaro; Partito radicale e altri (Avv. Veneruso)

c. Comune di Civitavecchia (Avv. Stoppani).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione II; sentenza 23 febbraio 1983, n. 147; Pres.

Giustizia amministrativa — Deliberazione comunale — Ricorso

— Partito politico — Inammissibilità — Consigliere — Ammis

sibilità — Fattispecie (L. 6 febbraio 1963 n. 223, istituzione del

consorzio per il porto di Civitavecchia, art. 8).

Comune e provincia — Deliberazione consiliare — Partecipazio

ne di interessato — Illegittimità (R.d. 4 febbraio 1915 n. 148,

t.u. della legge comunale e provinciale, art. 279; 1. 6 febbraio

1963 n. 223, art. 8, 12).

È inammissibile il ricorso che la sezione locale di un partito

politico abbia proposto contro la deliberazione con la quale il

consiglio comunale ha designato il proprio rappresentante nel

l'assemblea di un consorzio. (1) È ammissibile il ricorso che un consigliere comunale abbia

proposto contro la deliberazione con la quale il consiglio ha de

signato altro consigliere come proprio rappresentante nell'as

semblea di' un consorzio. (2)

(1-2) La questione di diritto affrontata nella sentenza che si riporta

involge due profili particolarmente interessanti: la denegata legittima zione processuale dei partiti politici e l'ammissibilità del ricorso

proposto dal singolo consigliere comunale uti singulus, e cioc a

prescindere dalla sua affiliazione ad un partito politico. In questo

quadro, il ragionamento svolto dal collegio fa perno su una pre

liminare ragione di fondo, che si connette con i principi costituzio

nali che dèlineano il ruolo dei partiti politici nel nostro ordinamento:

la funzione dei partiti politici è quella di operare come « centri di

orientamento politico e di organizzatori del consenso collettivo », ma

ad essi è attribuito un ruolo meramente strumentale rispetto al

procedimento di scelta dei rappresentanti popolari negli organismi e

negli enti titolari di compiti di indirizzo politico; di modo che non si

radica in capo ad essi un interesse legittimo, neppure per il

tramite degli eletti, i quali ripetono la loro investitura e il loro

mandato direttamente dalle collettività che li hanno designati. A questo

riguardo, può apparire certamente curioso il fatto che il problema della legitimatìo ad causam dei partiti politici non sia stato mai

affrontato, in relazione a fattispecie analoghe, in termini così espliciti e

dichiarati: in tutti i precedenti che si rinvengono, infatti, la questione della legittimazione processuale è affrontata in riferimento alla

situazione giuridica soggettiva singolare che si radica in capo ai rappresentanti dei partiti, e cioè ai singoli consiglieri comunali (o

provinciali o regionali); il che induce a concludere, anche sulla base

della meno recente giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 1966, n. 772, Foro it., 1966, MI, 446, con nota di

richiami, in ordine alla composizione dei consigli di quartiere), che il

problema della legittimazione processuale dei partiti politici avanti al

giudice amministrativo è risolto, per implicito, in modo negativo, costituendo, quasi, un non problema, una questione che non può nemmeno porsi alla luce dei principi costituzionali e delle regole del processo amministrativo (in argomento, e nel quadro di una

dottrina ormai molto nutrita, v., recentemente, P. Ridola, Partiti

politici, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1982, XXXII, 66 ss.).

Diversamente, si riconosce, invece, la legitimatìo ad causam in capo

È illegittima la deliberazione con la quale il consiglio del comune

ha designato un consigliere come proprio rappresentante nel

l'assemblea del consorzio per il porto, se ad essa abbia parte

cipato il consigliere che ricopre la carica di presidente del

consorzio stesso (viceversa, è stata ritenuta irrilevante la par

tecipazione di altro consigliere, dipendente di tale con

sorzio). (3)

Diritto. — Conviene anzitutto procedere alla verifica della

legittimazione attiva dei ricorrenti che, rispetto all'oggetto della

controversia, si pongono in posizione di diversa valenza, non per

tutti, come si vedrà sufficiente a raggiungere la soglia della tutela

giurisdizionale.

Per il ricorrente Caprio Rocco, il quale, non avendo neppure fornito elementi atti a profilare una sua specifica posizione di

interesse, ha verosimilmente agito nella veste di cittadino comuna

le, va esclusa la titolarità di una posizione legittimante, giacché detta veste, al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge

(azione popolare), tra i quali non rientra quello in esame, non dà

titolo all'impugnazione di atti amministrativi, rispetto ai quali non

possa farsi valere un interesse proprio.

Né, nella specie, è a parlarsi di interessi diffusi, giacché, a

parte che la loro tutela, di regola, può avvenire per il tramite di

organismi rappresentativi, il ricorrente in parola non ha precisato l'interesse diffuso che intenderebbe tutelare, e dovendosi, d'altra

parte, escludere che tale sia l'interesse alla legittimità degli atti

amministrativi, il quale costituisce prerogativa solo per coloro che

siano già titolari di un interesse sostanziale qualificato che li abiliti al relativo esercizio.

Del pari non sembra riconoscersi legittimazione attiva alla

sezione del partito radicale di Civitavecchia, in quanto essendo il

ruolo dei partiti nel nostro ordinamento quello di centri di

orientamento politico e di organizzatori del consenso collettivo, ad essi è riconosciuta soltanto una funzione partecipativa pura mente strumentale rispetto ai procedimenti di scelta dei rappre sentanti popolari (della collettività nazionale o di collettività

minori) in seno agli organismi istituzionali con compiti di indiriz zo politico.

Tale essenziale funzione non li rende però, almeno sotto il

profilo strettamente giuridico, titolari di un interesse partecipativo alla gestione degli interessi demandati alla cura degli organi costituiti anche con il loro concorso, neppure per il tramite degli

eletti, i quali ripetono la loro investitura direttamente dalla

collettività che li ha espressi.

Di conseguenza, vertendosi nel caso in esame di questione estranea alla funzione partecipativa assegnata ai partiti politici, alla sezione di Civitavecchia del partito radicale deve negarsi la titolarità di un interesse giuridicamente qualificato alla proposi zione della presente impugnativa concernente la deliberazione con

la quale il consiglio comunale di Civitavecchia ha designato il

al singolo consigliere comunale, e, più in generale, in capo al singolo componente di un collegio pubblico avverso le deliberazioni del collegio stesso, quando non ci si trovi al cospetto del generico interesse al corretto andamento dell'azione amministrativa, ma di fronte alla lesione della situazione soggettiva di cui il ricorrente è titolare in seno all'organo, in quanto, in tale ipotesi, egli farebbe valere l'interesse personale al riconoscimento del munus di cui è portatore; cfr., in questi termini, anche se con diversificate sfumature in punto di motivazione, T.A.R. Lombardia 23 gennaio 1980, n. 42, Foro it., Rep. 1982, voce Giustizia amministrativa, n. 375; Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 1982, n. 230, ibid., n. 405; T.A.R. Lazier, sede di Latina, 24 ottobre 1980, n. 195, id., Rep. 1981, voce cit., n. 404; Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 1978, n. 1053, id., 1979, IH, 376, con nota di richiami (fattispecie in tema di impugnazione delle deliberazioni del C.o.n.i. ad opera di un membro del consiglio nazionale); sez. IV 15 maggio 1979, n. 360, id., Rep. 1979, voce cit., n. 484; T.A.R. Puglia 7 dicembre 1977, n. 781, id., Rep. 1978, voce cit., n. 572; T.A.R. Lombardia 24 novembre 1976, n. 607, id., Rep. 1977, voce cit., n. 579.

(3) Questione tutto sommato pacifica, sebbene la fattispecie possa essere ritenuta in certo modo particolare. Cfr. infatti, per riferimenti, Cons. Stato, ad. plen., 9 marzo 1983, n. 1, Foro it., 1983, III, 161, con nota di richiami (nella fattispecie, si giudica illegittima l'adozione di un piano regolatore quando alla seduta del consiglio comunale abbia no partecipato consiglieri proprietari di terreni sui quali veniva trasferita l'edificabilità).

R. Ferrara

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