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sentenza 6 luglio 1983, n. 208 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 6 luglio 1983, n. 208 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rel. Ferrari; imp. Susin; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti). Ord. Trib. Belluno 22 ottobre 1976 (Gazz. uff. 5 gennaio 1977, n. 4) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 11 (NOVEMBRE 1983), pp. 2649/2650-2651/2652 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175406 . Accessed: 28/06/2014 09:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.96 on Sat, 28 Jun 2014 09:18:30 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 6 luglio 1983, n. 208 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rel. Ferrari; imp. Susin; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti). Ord. Trib.

sentenza 6 luglio 1983, n. 208 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rel. Ferrari;imp. Susin; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti). Ord. Trib. Belluno 22ottobre 1976 (Gazz. uff. 5 gennaio 1977, n. 4)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 11 (NOVEMBRE 1983), pp. 2649/2650-2651/2652Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175406 .

Accessed: 28/06/2014 09:18

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art.

108, 1° comma, 1. 17 luglio 1942 n. 907 (legge sul monopolio dei

sali e dei tabacchi), relativamente alle parole: « ovvero quando si tratta di straniero che non dà idonea cauzione o malleveria

per il pagamento delle multe o delle ammende »; d) dichiara, in

applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 108, 2° comma, 1. 17 luglio 1942 n. 907

(legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi), relativamente alle

parole: «o, trattandosi di straniero, fino a che questi non ha

prestato la cauzione o la malleveria ».

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 1983, n. 208

(Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rei. Fer

rari; imp. Susin; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Chiarotti). Ord. Trib. Belluno 22 ottobre 1976 (Gazz. uff. 5 gennaio 1977, n. 4).

Testimoni in materia penale — Falsa testimonianza — Arresto

provvisorio — Assunzione della qualità di imputato — Discre

zionalità delle garanzie difensive — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art. 359).

Testimoni in materia penale — Falsa testimonianza — Arresto

provvisorio — Assunzione della qualità di imputato — Que stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 13; cod.

proc. pen., art. 78, 359).

E inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 359 c.p.p., in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui rimette alla mera discrezionalità del giudice la determinazione del momento consumativo del reato di falsa testimonianza e l'assunzione della qualità di

imputato da parte del testimone con le relative garanzie di

difesa (essendo stata la predetta questione sollevata d'ufficio dopo che lo stesso giudice aveva respinto l'eccezione difensiva di nullità sul rilievo che nel momento del riesame del teste

successivo all'arresto provvisorio colui che è stato chiamato a

deporre non ha ancora commesso il reato di falsa testimonian

za, non assume la qualità di imputato e non ha necessità di

garanzie di difesa). ( 1) E inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza, la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 78 c.p.p. in relazione all'art. 359 stesso codice e in riferimento all'art. 13

Cost. (essendo stata la predetta questione sollevata d'ufficio senza alcun cenno all'iter logico che porterebbe a ravvisare

una violazione dell'art. 13 Cost, e dopo che lo stesso giudice aveva respinto l'eccezione difensiva di nullità con l'osservare che

l'arresto previsto dall'art. 78 c.p.p. non è evidentemente quello

provvisorio menzionato nell'art. 359 c.p.p.). (2)

(1-2) L'ordinanza di rimessione, Trib. Belluno 22 ottobre 1976 è massimata in Foro it., 1977, II, 222.

Cass. 30 gennaio 1979, Savio, id., Rep. 1980, voce Testimoni in materia

penale, n. 18, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di le

gittimità costituzionale dell'art. 359 c.p.p., per preteso contrasto con l'art.

24, 2° comma, Cost., osservando che il testimone, se ritratta il falso e manifesta il vero, conserva la sua qualità di testimone e la testimo nianza può essere utilizzata nel processo; mentre, se non ritratta il falso e non manifesta il vero, viene arrestato e nel relativo giudizio ha diritto all'assistenza del difensore come tutti gli imputati; la ritrattazione ha la duplice funzione, infatti, di deposizione testimoniale e di causa estintiva del reato, mentre la pronuncia di non doversi

procedere perché l'imputato non è punibile, non presuppone la nomina del difensore. iPer Cass. 14 febbraio 1979, Di Palma, ibid., n.

17, l'art. 359 c.p.p., in merito ai poteri del giudice nei confronti dei testimoni renitenti, falsi o reticenti, consente di distinguere due momenti: un primo momento nel quale l'ammonizione del giudice a

dire la verità può portare sino all'arresto provvisorio, con la possibili tà di proseguire l'esame anche il giorno successivo, ed un secondo, che può essere autonomo o seguire il primo, nel quale il giudice,

persistendo il teste nella deposizione ritenuta falsa o reticente, emette

mandato di arresto; solo da questo momento si applicano le garanzie difensive previste per l'imputato e la ritrattazione, che costituisce

causa di non punibilità, richiede una decisione giurisdizionale. Corte cost. 13 febbraio 1974, n. 26, id., 1974, I, 999, con nota di richiami, ha dichiarato non fondata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 458 c.p.p. nella parte in

cui consente che in determinate ipotesi non si proceda a giudizio immediato per il reato di falsa testimonianza commesso in udienza.

Analoga questione proposta in riferimento all'art. 25 Cost, è stata

dichiarata non fondata da Corte cost. 9 luglio 1963, n. 122, id., 1963, I, 1810, con nota di richiami. Corte cost. 9 dicembre 1982, n. 206,

ibid., 2105, con nota di richiami, ha dichiarato non fondata la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 376 c.p., in riferimento

Diritto. — 1. - Nella vicenda giudiziaria di cui all'ordinanza

del Tribunale di Belluno, e nella quale certo Susin Guido è

chiamato a rispondere di violazione della legge Merlin, venivano

coinvolte due donne — tali Sovilla Antonella e Pescador Maria

Luisa —, le quali, assunte come testi, negarono in un primo

tempo di essersi ripetutamente prostituite su sollecitazione del

Susin ed in casa dello stesso. Il giudice istruttore, reputando mendaci e reticenti le loro deposizioni, ne ordinò l'arresto prov

visorio, successivamente al quale le due donne diedero una ben

diversa versione dei fatti, che il giudice istruttore ritenne verite

ria e tale, unitamente ad altro materiale probatorio raccolto, da

giustificare il rinvio a giudizio del prevenuto. Ma la dife

sa di questi eccepì dinanzi al tribunale la nullità — insa

nabile ai sensi dell'art. 185 c.p.p. — delle suddette deposizioni

testimoniali e, quindi, del rinvio a giudizio del Susin, per violazione dei diritti di difesa, in quanto le due donne, una volta

ordinatone l'arresto provvisorio, dovevano considerarsi indiziate

di reato e, conseguentemente, « il loro interrogatorio successivo

(di ritrattazione) doveva essere assunto con le garanzie di cui

all'art. 304 c.p.p. ». Il tribunale rigettò l'eccezione, osservando in

contrario che « nel momento del riesame del teste, dopo l'arresto

provvisorio, colui che è stato chiamato a deporre non ha ancora

commesso reato di falsa testimonianza, non assume la qualità di

imputato e non ha necessità di garanzie di difesa », giacché « l'arresto di cui si dice nell'art. 78 c.p.p. non è evidentemente

quello provvisorio enunciato nell'art. 359 c.p.p. ».

2. - Il giudice a quo, tuttavia, ha sollevato d'ufficio, subito

dopo l'apertura del dibattimento, le questioni di legittimità costi

tuzionale degli art. 359 c.p.p. in riferimento agli art. 3 e 24

Cost, e 78 stesso codice di rito, in relazione al menzionato art.

359, per asserito contrasto con l'art. 13 Cost. Secondo il Tribuna

le di Belluno, la norma di cui all'art. 359 c.p.p. « rimette alla

mera discrezionalità del giudice il momento consumativo del

reato »: non sarebbe la legge in via preventiva, infatti, bensì il

giudice di volta in volta « a fare assumere o meno al teste la

qualità di imputato », secondo che « a suo arbitrio, non ritenga o

ritenga di diffidarlo nuovamente o di arrestarlo in via provviso ria »; e poiché ne deriverebbero « gravi conseguenze di disparità di trattamento per identici comportamenti di coloro che sono

chiamati a prestare l'ufficio di teste », risulterebbe « evidente ... il

contrasto tra le disposizioni di cui all'art. 359 c.p.p. e gli art. 3 e

24 Cost. », nonché « tra l'art. 78 c.p.p., in relazione all'art. 359

stesso codice, e l'art. 13 Cost. ».

3. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 359 c.p.p., sollevata in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., è inammissibile.

Si può prescindere dalla duplice considerazione che la vio

lazione del diritto di difesa va valutata nei confronti del sog

getto imputato nel giudizio principale, cioè del Susin Guido, e

che dagli atti di causa risulta raccolto in istruttoria copioso materiale probatorio — oltre le deposizioni delle due sunnomina

te testi — il quale, essendo stata la questione sollevata in

apertura del dibattimento, non ha avuto la possibilità di essere

vagliato dal Tribunale di Belluno ai fini dell'attendibilità delle

due testimoni di cui sopra. Non può non rilevarsi, viceversa, che

l'ordinanza appare palesemente contraddittoria nel suo riferimen

to all'art. 24: il giudice a quo, infatti, ne denuncia d'ufficio la

violazione subito dopo averla esclusa, allorché la stessa censura era stata formulata dalla difesa; conseguentemente, una volta

negata la nullità delle deposizioni e del rinvio a giudizio, la

questione risulta sollevata nella sua astrattezza. Ciò involge anche

il riferimento all'art. 3, a riguardo del quale va comunque

aggiunto che l'ordinanza non è sufficientemente chiara.

agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che i termini per la ritrattazione della falsa testimonianza resa in un procedimento penale sono diversi e più brevi rispetto a quello posto dal 2° comma dello stesso articolo per la ritrattazione della falsa testimonianza intervenuta in un giudizio civile.

Sulla natura giuridica della ritrattazione, v. Cass. 10 marzo 1980, Orsolini, id., 1980, II, 654, con osservazioni di Boschi. Sul momento consumativo del reato di falsa testimonianza, v., tra le altre, Cass. 7 novembre 1977, Fornasari, id., Rep. 1978, voce Falsa testimonianza, n.

2; 6 maggio 1976, Montrone, id., Rep. 1976, voce cit., n. 6; Pret. Pisa 20 novembre 1973, id., 1974, II, 163, con nota di richiami.

In dottrina, sull'osservanza della garanzia di difesa in relazione al

disposto dell'art. 359 c.p.p., Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Milano, 1977, II, 850; Guarneri, in Atti dell'VlII convegno De Nicola, 1974, 225; Santoro, Testimonianza, perizia, interpretazione (falsità in), voce del Novissimo digesto, 1973, XIX, 302; Aimonetto, in Giur. it., 1980, II, 507; Marini, in Dir. e pratica trib., 1980, II, 960; Tessitore, in Giur. costit., 1979, I, 54; Galati, in Riv. it. dir. e

proc. pen., 1972, 385; Pettenati, id., 1964, 557; Foschini, in Arch,

pen., 1962, II, 405; Chiarotti, id., 1958, II, 57.

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2651 PARTE PRIMA 2652

4. - Relativamente, infine, alla doglianza concernente il combi

nato disposto degli art. 78 e 359 c.p.p. in riferimento all'art. 13

Cost., l'ordinanza de qua, appositamente più sopra riprodotta nei

suoi testuali ed integrali termini, non contiene il benché minimo

cenno all'iter logico che porterebbe a ravvisare una violazione

dell'art. 13 — cioè delle riserve di legge e di giurisdizione o,

quanto meno, di una di esse — ad opera delle due norme

processuali in oggetto. E non è dato inoltre comprendere, risul

tando essere stato nella specie applicato esclusivamente l'art. 359

c.p.p., come il Tribunale di Belluno possa denunciare, viceversa,

l'illegittimità costituzionale dell'art. 78 stesso codice, sia pure in

relazione all'art. 359, dopo aver esattamente rilevato, cosi respin

gendo l'eccezione della difesa, che l'arresto di cui all'art. 78

« non è evidentemente quello provvisorio enunciato nell'art.

359».

La questione è pertanto inammissibile per assoluta carenza di

motivazione sulla rilevanza.

Per questi motivi, dichiara inammissibili le questioni di legitti mità costituzionale dell'art. 359 c.p.p. in riferimento agli art. 3 e

24 Cost, e del combinato disposto degli art. 78 e 359 c.p.p. in

riferimento all'art. 13 Cost., sollevate dal Tribunale di Belluno

con ordinanza in data 22 ottobre 1976 (r.o. n. 706/76).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 1983, n. 209

(Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rei.

Reale; imp. Bianchi ed altro; interv. Pres. cons, ministri

(Avv. dello Stato Chiarotti). Ord. Trib. Bologna 12 novem

bre 1976 (Gazz. uff. 2 febbraio 1977, n. 31); Trib. Milano 16

settembre 1980 (id. 3 giugno 1981, n. 151).

Violenza carnale e atti di libidine violenti — Reato commesso

in danno di persona minore degli anni quattordici — Irrile

vanza della conoscenza dell'età dell'offeso — Questione in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 27; cod. pen., art. 47,

519, 539). Violenza carnale e atti di libidine violenti — Reato commesso

in danno di persona minore degli anni quattordici — Irrile

vanza della maturità psichica e fisica della persona offesa >—

Età minore — Equiparazione tra ignoranza ed errore — Que

stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 27; cod.

pen., art. 47, 519, 539).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 539

c.p., il quale esclude che, nell'ambito dei reati contro la

moralità pubblica e il buon costume, il colpevole possa invoca

re a propria scusa l'ignoranza dell'età della persona offesa

infraquattordicenne, in riferimento agli art. 3 e 27, 1° comma, Cost. (1)

Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale: a) del

l'art. 519, 2° comma, n. 1, c.p., nella parte in cui punisce a

titolo di violenza carnale chiunque, anche senza aver usato violenza o minaccia, abbia compiuto gli atti previsti da tale

disposizione in danno di persona minore degli anni quattordici, senza consentire al giudice di valutare la maturità psicologica del soggetto passivo, in riferimento agli art. 2 e 3 Cost.; b) del

combinato disposto degli art. 519, 2° comma, n. 1, e 539 c.p., nella parte in cui, escludendo la possibilità per il colpevole di

violenza carnale su minore degli anni quattordici di invocare a

propria scusa l'ignoranza dell'età dell'offeso, non distingue tra

ignoranza ed errore causato dalla maturità fisica e psichica del

soggetto passivo, in riferimento agli art. 3 e 27, 1° comma, Cost. (2)

(1-2) L'ordinanza di rimessione giud. istr. Trib. Bologna 12 no vembre 1976 è riportata in Giur. costit., 1977, II, 211 e massimata in Foro it., Rep. 1977, voce Violenza carnale, n. 10; l'ordinanza giud. istr. Trib. Milano 16 settembre 1980 si legge, con la diversa data del 16 dicembre 1981, in Giur. costit., 1981, II, 787 e risulta altresì riportata in Foro it., 1981, II, 504, con nota di richiami.

La sentenza in epigrafe è ben la quinta emessa dalla corte nell'ambito della tormentata vicenda di costituzionalità relativa al combinato disposto degli art. 519, 2" comma, n. 1, e 539 c.p.: le questioni affrontate in quest'ultima occasione risultano in parte ripro poste, in parte nuove. Quanto alle prime, va ricordato che il preteso contrasto tra l'art. 539 c.p. e il principio della personalità della

responsabilità penale ex art. 27, 1° comma, Cost, era già stato escluso dai giudici costituzionali con sentenze n. 107/57 e n. 20/71 (riprodot te, rispettivamente, id., 1957, I, 1360, con nota di richiami e id., 1971, I, 529, con nota di richiami), entrambe fondate sull'accoglimento dell'interpretazione restrittiva dell'art. 27 cit., quale norma statuente cioè il solo divieto della responsabilità penale per fatto altrui: in senso adesivo v. gli accenni di Pulitanò, Ignoranza, voce dell'Enei

Diritto. — 1. - Le due ordinanze riassunte in narrativa pro pongono questione di legittimità costituzionale della stessa disci

plina normativa e in parte in relazione agli stessi parametri. I

due giudizi vanno perciò riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Il giudice istruttore di Bologna ripropone alla corte la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 539 c.p., per con

trasto con gli art. 3 e 27, 1° comma, Cost.

clopedia del diritto, Milano, 1970, XX, 45; contra Porzio, in Giust. pen., 1957, I, 331. Più in generale, in dottrina, si pronunciano nel senso che l'art. 27, 1° comma, Cost, ha inteso costituzionalizzare il principio nulla poena sine culpa, tra altri, Bricola, Teoria generale del reato, voce del Novissimo digesto, Torino, 1973, XIX, 53 s.; Spasari, Diritto penale e Costituzione, Milano, 1966, 84; Mantova ni, Diritto penale, Padova, 1979, 260.

La questione di costituzionalità dell'art. 539, in relazione all'art. 519, 2° comma, n. 1, c.p., era però già stata dichiarata infondata anche assumendo a parametro il principio di uguaglianza e, precisa mente, sotto un duplice profilo.

Cioè, per un verso, era stata denunciata una disparità di trattamento tra le diverse ipotesi contemplate dall'art. 519 come conseguenza dell'applicazione dell'art. 539 c.p.: precisamente, nel senso che non sarebbe giustificata la disparità tra chi può essere ammesso a provare la ignoranza dell'età o dell'inferiorità fisica o psichica del soggetto passivo (art. 519, 2° comma, nn. 2 e 3) e chi, invece, non può invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età dell'offeso (art. 519, 2° comma, n. 1). Respingendo l'eccezione, la corte ha avuto buon giuoco nel rilevare che le diverse fattispecie prevedute dall'art. 519 sono «intrinsecamente diverse l'una dall'altra»: mentre una più rigorosa tutela è dovuta agli inferiori di anni quattordici, per i quali la legge penale presume l'incapacità di intendere e di volere, tale presunzione non sussiste per coloro i quali sono di età fra i quattordici e i sedici anni; quanto poi all'ipotesi contemplata dall'art. 519, 2° comma, n. 3, si osserva che, mentre l'età inferiore ai quattordici anni è un dato positivo, l'inferiorità psichica o fisica non si può talora accertare che con indagini cliniche {sentenza n. 19/71, ibid.).

Per altro verso, la corte era stata successivamente chiamata a pronunciarsi sulla violazione dell'art. 3 con riferimento alla diversa maturità del soggetto passivo: nel senso che, prescindendo del tutto le norme denunciate (e cioè l'art. 519, 2° comma, n. 1, insieme con gli art. 521 e 524 c.p.) dalla concreta considerazione della diversa personalità e maturità psico-fisica del soggetto offeso, si finirebbe ingiustificatamente col parificare nel trattamento penale casi caratteriz zati da diverse gravità. Anche questa volta la corte ha escluso il denunciato contrasto, ricorrendo ad una motivazione facente leva sulla « non irrazionalità » della scelta di politica criminale compiuta dal legislatore nell'ambito della discrezionalità riservatagli: a prescindere dallo sviluppo fisico (che può avere importanza ma non è decisivo) —

ha affermato l'organo giudicante — « non è arbitrario il ritenere che un minore infraquattordicenne (...) difetti di quella capacità di giudizio che gli consenta di valutare le implicazioni, specialmente di carattere etico, connaturate ai comportamenti sessuali ». Ma la scelta legislativa di introdurre una presunzione di immaturità appare altresì

ispirata — si aggiunge — « dallo scopo di evitare controversie di difficile soluzione » e inopportune indagini, in sede processuale, financo sui fanciulli (sentenza n. 151/73, id., 1973, I, 2955, con nota di

richiami; sostanzialmente nello stesso senso Cass. 28 gennaio 1974, IMachf, Giur. it., 1976, II, 18, con nota adesiva di Padovani; cfr., anche, più di recente, Cass. 16 gennaio 1981, Carauddo, Foro it., Rep. 1981, voce cit-, n. 3; 29 aprile 1980, Menestrina, ibid., n. 6; 29 aprile 19980, Carissimi, ibid., n. 7).

Sui profili di incostituzionalità affrontati ex novo v. la nota di commento di G. Fiandaca qui appresso pubblicata.

* * *

Inescusabilità dell'errore sull'età della persona offesa nella vio lenza carnale e principi costituzionali.

1. - L'elemento di novità che caratterizza le censure affrontate nella sentenza in epigrafe è costituito, in primo luogo, dalla prospettazione di una disparità di trattamento registrabile sul terreno dell'elemento

soggettivo del reato: cioè si assume contrasti con l'art. 3 Cost, l'eguale incriminazione a titolo di dolo di situazioni assolutamente disomogenee dal punto di vista psicologico, rispettivamente caratteriz zate dalla conoscenza della reale età del minore infraquattordicenne vìttima della violazione carnale e, all'opposto, dall'ignoranza o erronea valutazione dell'età medesima.

'Posta in questi termini, la questione può in sé apparire fondata. Secondo i principi generali che presiedono alla responsabilità dolo sa (1), il dolo del fatto tipico ai sensi dell'art. 519, 2° comma, c.p. ricomprende certamente la conoscenza dell'età della persona offesa, quale che sia la qualificazione dogmatica che si intende attribuire a tale requisito. Non vale obiettare che nei delieta carnis l'età del soggetto passivo costituisce « presupposto » (e non elemento costitutivo) del fatto tipico, come tale insuscettivo di riflettersi nella sfera psichica dell'agente <2). A parte la considerazione che l'argomento non è

(1) Cfr., per tutti, M. Gallo, Dolo (dir. pen.), voce dell'Enciclope dia del diritto, Milano, 1964, XIII, 750 ss.

(2) Battagline in Riv. pen., 1933, 982; Id, in Giust. pen., 1936, II, 600.

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