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sentenza 6 luglio 2001, n. 230 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 11 luglio 2001, n. 27); Pres....

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sentenza 6 luglio 2001, n. 230 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 luglio 2001, n. 27); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Fiumara) c. Regione Sardegna Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 11 (NOVEMBRE 2001), pp. 3031/3032-3039/3040 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197610 . Accessed: 25/06/2014 03:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.176 on Wed, 25 Jun 2014 03:52:41 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 6 luglio 2001, n. 230 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 luglio 2001, n. 27); Pres.Ruperto, Est. Zagrebelsky; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Fiumara) c. Regione SardegnaSource: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 11 (NOVEMBRE 2001), pp. 3031/3032-3039/3040Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197610 .

Accessed: 25/06/2014 03:52

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PARTE PRIMA 3032

va decisione, anche in punto di ammissibilità, nel giudizio che si

svolge nel contraddittorio delle parti; le relative questioni vanno ora esaminate anche in base alle eccezioni svolte dalla camera

dei deputati. Secondo l'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti

alla Corte costituzionale il ricorso per conflitto di attribuzione

tra i poteri dello Stato deve contenere «l'esposizione sommaria

delle ragioni di conflitto e l'indicazione delle norme costituzio

nali che regolano la materia»; l'atto introduttivo deve quindi in

dicare gli elementi sufficienti a definire la materia del conflitto

che con esso viene sollevato ed in particolare, trattandosi nella

specie di conflitto tra l'eiutorità giudiziaria e la camera dei de

putati, deve riferirsi ai fatti per i quali pende il processo penale, indicando poi le ragioni per le quali il ricorrente ritiene che le

sue prerogative costituzionali siano state violate.

L'ordinanza del Tribunale di Roma, al contrario, oltre a non

contenere neppure l'indicazione del giudice che l'ha pronun ciata, ma la sola generica intestazione «il tribunale» — non con

sentendo in tal modo un autonoma individuazione dell'autorità

ricorrente (ordinanza n. 264 del 2000, id., 2000,1, 3085) — non

descrive, neppur sommariamente, il reato per cui si procede a

carico del deputato Tiziana Parenti, limitandosi al generico rife

rimento ad una «intervista ad un organo di stampa», peraltro non precisato; essa poi non indica né la data dell'intervista, né

chi sia la parte offesa, non prospettando quindi in modo chiaro

le ragioni di conflitto e limitandosi ad un generico riferimento

ad alcune norme della Costituzione.

In tal modo l'atto che ha sollevato il conflitto non consente a

questa corte un esame delle ragioni poste a base dello stesso, non essendo espressa in modo compiuto «la censura che si in

tende muovere nei confronti della delibera che ha dato origine al

conflitto» (ordinanza n. 318 del 1999, ibid., 1353) e non poten do ritenersi a questo fine sufficiente il richiamo contenuto nel

ricorso all'art. 68, 1° comma, Cost, ed alla limitazione dell'in

sindacabilità alla sola attività parlamentare in senso stretto, con

esclusione di quella in senso lato politica. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi

bile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

di cui in epigrafe, proposto dal Tribunale di Roma nei confronti

della camera dei deputati.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 2001, n. 230

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 luglio 2001, n. 27); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Fiumara) c. Regione Sardegna.

Sardegna — Ordinamento degli enti locali — Nuove provin ce — Istituzione con legge regionale — Questione infonda

ta di costituzionalità (Cost., art. 133; statuto speciale regione

Sardegna, art. 3; 1. reg. Sardegna 2 gennaio 1997 n. 4, rias

setto generale delle province e procedure ordinarie per l'isti

tuzione di nuove province e la modificazione delle circoscri

zioni provinciali).

E infondata la questione di legittimità costituzionale della deli

bera legislativa della regione Sardegna del 14 aprile 2000,

riapprovata il 6 giugno 2000, nella parte in cui prevede l'i

stituzione delle province di Carbonia-Iglesias, del Medio

Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio, in riferimento all'art. 3, lett. b), dello statuto speciale regione Sardegna (in motivazione, la corte ha affermato che rientra nelle compe tenze della regione Sardegna l'istituzione di nuove province nel suo territorio, nei limiti derivanti dallo statuto speciale,

Il Foro Italiano — 2001.

dall'armonia con le norme della Costituzione anche estranee

al titolo V della seconda parte e dai principi dell'ordina

mento giuridico della repubblica). (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 2001, n. 229 0Gazzetta ufficiale, 1J serie speciale, 11 luglio 2001, n. 27); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Favara) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv.

Falcon).

Friuli-Venezia Giulia — Ordinamento degli enti locali — Comunità montane —

Soppressione con legge regionale —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 5, 128; statuto speciale regione Friuli-Venezia Giulia, art. 4, 5, 6, 59; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 28, 29; 1. cost. 23 settembre 1993 n. 2, modifiche ed inte

grazioni agli statuti speciali per la Valle d'Aosta, per la Sar

degna, per il Friuli-Venezia Giulia e per il Trentino-Alto Adi

ge, art. 5; d.leg. 2 gennaio 1997 n. 9, norme di attuazione del

lo statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in ma

teria di ordinamento degli enti locali e delle relative circo

scrizioni, art. 2; 1. 3 agosto 1999 n. 265, disposizioni in mate

ria di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché mo

difiche alla 1. 8 giugno 1990 n. 142, art. 7).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2

della delibera legislativa della regione Friuli-Venezia Giulia

approvata il 29 luglio 1999 e riapprovata il 1° febbraio 2000, nella parte in cui stabilisce la soppressione delle comunità

montane della regione con trasferimento delle relative fun zioni ad enti individuati con successiva legge regionale che

provvederà anche con riguardo ai rapporti patrimoniali ed

economico-finanziari e prevede la nomina di un commissario

liquidatore per ciascuna comunità montana, in riferimento

agli art. 5 e 128 Cost., 4, 5, 6 e 59 dello statuto speciale re

gione Friuli-Venezia Giulia (si precisa in motivazione che le

determinazioni regionali relative alla creazione o alla sop

pressione delle comunità montane, per le conseguenze con

crete che ne derivano sul modo di organizzarsi e sul modo di

esercitarsi dell'autonomia comunale, debbono necessaria

mente coinvolgere gli stessi comuni interessati, con modalità

che la legge regionale deve prevedere per assicurare la ne

cessaria efficacia della partecipazione comunale). (2)

(1-2) I. - Entrambe le questioni affrontate e risolte con le decisioni in epigrafe avevano ad oggetto l'interpretazione della modifica costitu zionale degli statuti speciali (tranne quello siciliano), attraverso la

quale è stata riconosciuta alle regioni ad autonomia differenziata la

competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni». In entrambi i casi la corte ha ac colto un'interpretazione ampia.

Con la sent. 230/01 la Corte costituzionale ha proceduto ad un'inter

pretazione dell'art. 3, lett. b), dello statuto regionale sardo, come modi ficato dalla 1. cost. 23 settembre 1993 n. 2, tratta anche dai lavori prepa ratori e da successivi provvedimenti normativi, nel senso di attribuire ad esso efficacia derogatoria rispetto alla previsione dell'art. 133, 1°

comma, Cost., il quale, con riguardo alle regioni ordinarie, stabilisce la

competenza legislativa statale in materia d'istituzione di nuove provin ce.

Con la sent. 229/01 ha invece fornito l'interpretazione dell'art. 4, n. 1 bis, dello statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, nel senso che non

può essere negato alla regione Friuli-Venezia Giulia il potere di valuta re le esigenze di coordinamento e di esercizio integrato delle funzioni

degli enti locali e di prevedere, se del caso, gli strumenti congruenti allo scopo, compresa tra questi l'istituzione di altri enti locali non ne

cessari, quali sono appunto le comunità montane o la soppressione delle

stesse, una volta ritenuta l'inutilità della loro sopravvivenza. La corte, sia nella sentenza 229/01 che nella 230/01, si richiama alla

propria precedente pronuncia 7 dicembre 1994, n. 415, Foro it., Rep. 1995, voce Sardegna, n. 15, commentata da E. Rossi, in Regioni, 1995, 949, e da Murgia, in Riv. giur. sarda, 1995, 514, secondo cui la 1. cost. 2/93 «disegna il quadro delle competenze delle regioni ad autonomia

speciale (eccezion fatta per la Sicilia) in materia di enti locali, privile giando il criterio di maggiore ampiezza e di sostanziale uniformità lad dove era in precedenza vigente una disciplina piuttosto riduttiva ed ete

rogenea», e da tale legge «la competenza delle regioni a statuto speciale in materia di ordinamento di enti locali acquista il carattere di esclusi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Diritto. — 1. - Il presidente del consiglio dei ministri ha solle

vato questione di legittimità costituzionale della delibera legisla tiva della regione Sardegna del 14 aprile 2000, riapprovata il 6

giugno 2000, concernente l'«istituzione delle province di Carbo

nia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia

Tempio», ritenendo che essa comporti la violazione dell'art. 3,

lett. b), dello statuto regionale (1. cost. 26 febbraio 1948 n. 3).

Secondo il ricorrente, l'istituzione di nuove province non è

compresa nella competenza relativa all'«ordinamento degli enti

locali e delle relative circoscrizioni», spettante alla regione Sar

vità e viene ad essere definita con formula identica in tutti gli statuti

speciali». II. - In ordine ai limiti costituzionali ed al procedimento per l'istitu

zione di nuove province, v. Corte cost. 25 luglio 1994, n. 347, Foro it.,

1995, I, 484, con nota di richiami, la quale ha dichiarato infondata la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 63, 2° comma, 1. 8 giu

gno 1992 n. 142, nella parte in cui delega al governo l'istituzione, me

diante decreti legislativi, delle nuove province ivi previste. Sulle conseguenze per il personale dipendente (nella specie, perso

nale docente) dell'istituzione di nuove province, v. Tar Calabria 29

aprile 1999, n. 566, id., Rep. 1999, voce Istruzione pubblica, n. 215.

Sulla procedura di variazione territoriale dei comuni, di cui all'art.

133, 2° comma, Cost., v. Corte cost. 7 aprile 2000, n. 94, id., 2000, I,

2128, con nota di richiami, commentata da Zanchin, in Dir. regione, 1999, 941, da Agnoletto, id., 2000, 69, da Calegari, in Regioni, 2000,

741, e da Di Stefano, in Dir. e giustizia, 2000, fase. 14, 75, che ha di

chiarato incostituzionale l'art. 6, 1° e 2° comma, 1. reg. Veneto 24 di

cembre 1992 n. 25, come modificata dalla 1. reg. Veneto 30 settembre

1994 n. 61, nella parte in cui, per la procedura relativa alla variazione

del territorio dei comuni, escludeva a priori dalla consultazione, ai sen

si dell'art. 133, 2° comma, Cost., le popolazioni residenti nei comuni

coinvolti, diverse da quelle direttamente interessate, quando la varia

zione concernesse aree che non raggiungano la soglia minima, rigida mente fissata, del dieci per cento della superficie totale del comune o

del trenta per cento della popolazione totale del comune medesimo; 30

dicembre 1994, n. 468, Foro it., 1995, I, 1073, con nota di richiami, commentata da Bientinesi, in Giur. costit., 1994, 4016, che ha ritenuto

inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 1, 2° comma, lett. a), 1. reg. Lazio 8 aprile 1980 n.

19, come modificato dalla 1. reg. Lazio 20 agosto 1987 n. 49, nella

parte in cui non diversifica il procedimento referendario per l'istituzio

ne di nuovi comuni a seconda che si tratti di distacco di una o più fra

zioni ovvero di vero e proprio smembramento della originaria comuni

tà; 6 luglio 1994, n. 279, Foro it., 1995, I, 487, con nota di richiami,

per l'incostituzionalità delle 1. reg. Calabria (tre) riapprovate dal consi

glio regionale il 28 dicembre 1993, nella parte in cui prevedevano la

modifica delle circoscrizioni territoriali dei comuni di Caccurri, Castel

silano, Pazzano, Bivongi, S. Pietro Apostolo e Gimigliano, senza stabi

lire l'obbligo di sentire le popolazioni attraverso l'indizione di referen

dum consultivi. La recente legge costituzionale, approvata a maggioranza assoluta

dalle due camere e positivamente sottoposta a referendum confermativo

il 7 ottobre scorso, non ha modificato l'art. 133 Cost. Su tale legge co

stituzionale, v. Romboli-Pinelli-Cavaleri-Ruggeri-D'Auria, Le modi

fiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, id., 2001, V, 185 ss.

III. - Sulla natura giuridica delle comunità montane, v. Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 1999, n. 1017, id., Rep. 1999, voce Montagna, n. 5, il quale ha ritenuto che, dopo la 1. 142/90, alla comunità montana va ri

conosciuta la natura di ente autonomo e non solo di ente associativo;

Cass. 28 novembre 1994, n. 10127, id., Rep. 1994, voce Impiegato dello Stato, n. 211; 28 maggio 1994, n. 5244, ibid., voce Concessioni

amministrative, n. 19; 11 ottobre 1993. n. 10045, id.. Rep. 1993, voce

Impiegato dello Stato, n. 229, secondo cui alle comunità montane va ri

conosciuta natura di enti pubblici non economici; Tar Veneto, sez. II,

23 ottobre 1992, n. 709, ibid., voce Montagna, n. 7, secondo cui essa va

riconosciuta come ente strumentale per l'esercizio associato di funzioni

comunali, ed è inoltre ente locale, posta sullo stesso livello istituzionale

del comune; Corte conti, sez. I, 9 ottobre 1989, n. 370, id., Rep. 1990,

voce Responsabilità contabile, n. 117, e Cass. 27 ottobre 1988, n. 5820,

id., Rep. 1988, voce Previdenza sociale, n. 244, secondo cui le comu

nità montane, come associazioni di comuni costituite dalle regioni in

forza di delega (ex art. 117, 2° comma, Cost.) conferita dallo Stato (art.

4 1. 3 dicembre 1971 n. 1102), hanno natura di enti locali autonomi;

Trib. Rieti 8 novembre 1980, id.. Rep. 1981, voce Elezioni, n. 158, se

condo cui la comunità montana è ente con propria personalità giuridica,

per cui ad essa, e non al comune che ne fa parte, spettano i poteri di vi

gilanza contabile sull'Usi. Da ultimo, sempre in materia di elezioni, cfr.

Cass. 25 gennaio 2001, n. 1073, id., 2001,1, 2894, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2001.

degna in forza del citato art. 3, lett. b), dello statuto, quale ri

sulta dalla modifica apportata con l'art. 4 1. cost. 23 settembre

1993 n. 2 (modifiche ed integrazioni agli statuti speciali per la Valle d'Aosta, per la Sardegna, per il Friuli-Venezia Giulia e

per il Trentino-Alto Adige). Tale competenza comprenderebbe la «mera organizzazione» degli enti territoriali ma non la loro

istituzione — istituzione disciplinata in generale dall'art. 133,

1° comma, Cost, che, per le province, richiede la legge statale,

da approvarsi, su iniziative dei comuni, sentita la regione. Oltre a ciò, è denunciato il silenzio che la delibera legislativa

impugnata tiene circa l'inesistenza di oneri per lo Stato, oneri

che — a detta del ricorrente — sarebbero configurabili indipen dentemente da quanto disponefva] l'art. 16, 2° comma, lett./), 1.

8 giugno 1990 n. 142 (ordinamento delle autonomie locali)

[norma ora contenuta nell'art. 21, 3° comma, lett./), d.leg. 18

agosto 2000 n. 267 (t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti

locali)]. 2. - Sebbene il testo approvato nella seconda deliberazione

non coincida letteralmente con quello approvato nella prima, il

ricorso è ammissibile. Il consiglio regionale, infatti, si è limitato ad aggiungere, nel 1° e 3° comma dell'articolo unico di cui con

sta la delibera, un richiamo alla 1. reg. 2 gennaio 1997 n. 4 (rias

setto generale delle province e procedure ordinarie per l'istitu

zione di nuove province e la modificazione delle circoscrizioni

provinciali). Poiché il testo legislativo approvato già in sede di

prima deliberazione si deve intendere adottato in attuazione

(non in deroga) rispetto a tale legge generale, il richiamo espli cito che a essa è fatto nella seconda deliberazione assume ca

rattere esclusivamente dichiarativo, non innovativo.

Pertanto, conformemente alla costante giurisprudenza di que sta corte (a partire dalla sentenza n. 158 del 1988, Foro it.,

1988, I, 2524, più volte successivamente confermata), il testo

sul quale il consiglio regionale si è pronunciato con la seconda

deliberazione non può ritenersi nuovo. Di conseguenza, il go

verno, contro di esso, era abilitato a promuovere il ricorso di co

stituzionalità, e non il rinvio della legge al consiglio regionale. 3. - Nel merito, il ricorso è infondato.

3.1. - La questione da decidere è se nella competenza legisla tiva della regione Sardegna in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» (art. 3, lett. b, dello

statuto speciale) rientri o sia esclusa l'istituzione di nuovi enti

provinciali. L'art. 133, 1° comma, Cost, stabilisce che «[...] l'istituzione

di nuove province nell'ambito d'una regione» è stabilita «con

leggi della repubblica, su iniziativa dei comuni, sentita la stessa

regione». Ma l'art. 116 Cost, prevede anche che «alla Sardegna

[...] sono attribuite forme e condizioni particolari di autono

mia», secondo lo statuto speciale, adottato con legge costituzio

nale. Avendo dunque lo statuto forza derogatoria rispetto alla

disciplina dell'autonomia regionale stabilita nel titolo V della

parte seconda della Costituzione, si tratta di stabilire la portata del citato art. 3, lett. b), dello statuto stesso.

Nella sua versione vigente, esso sostituisce la previsione della

competenza nella limitata materia delle «circoscrizioni comu

nali», originariamente contenuta nella stessa disposizione sta

tutaria approvata con la 1. cost. n. 3 del 1948. Con la 1. cost. n. 2

del 1993 (modifiche ed integrazioni agli statuti speciali per la

Valle d'Aosta, per la Sardegna, per il Friuli-Venezia Giulia e

per il Trentino-Alto Adige), alla regione Sardegna e alle altre

regioni ad autonomia speciale indicate nel titolo, è stata ricono

sciuta uguale competenza in materia di «ordinamento degli enti

locali e delle relative circoscrizioni», al fine dichiarato non solo

di «rimuovere l'originaria diversità di regime giuridico delle re

gioni ad autonomia speciale in materia di enti locali» (v. sen

tenza n. 415 del 1994, id., Rep. 1995, voce Sardegna, n. 15) ma

anche di equiparare, sul punto in questione, la loro autonomia a

quella già riconosciuta alla regione siciliana (camera dei depu

tati. XI legislatura — discussioni — resoconto seduta del 6 ago

sto 1992, pag. 2838). Quest'ultima regione, infatti, secondo

l'art. 15, 3° comma, del suo statuto, è titolare della potestà le

gislativa esclusiva «in materia di circoscrizioni, ordinamento [e

controllo] degli enti locali» e in tale potestà è pacificamente

compresa quella di istituire, con proprie leggi (v. art. 6 1. reg. 6

marzo 1986 n. 9, e art. 1 1. reg. 12 agosto 1989 n. 17), i «liberi consorzi comunali» che, nella regione siciliana, sotto la deno

minazione di «province regionali» (art. 3 medesima 1. reg. n. 9

del 1986), hanno preso il posto delle province (art. 15, 1° e 2°

comma, dello statuto siciliano).

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3035 PARTE PRIMA 3036

Dall'identità di formulazioni normative e dall'intento di

omologazione che esplicitamente ha mosso il legislatore costi

tuzionale, deriva la conseguenza che l'ampiezza della potestà

legislativa delle regioni ad autonomia speciale diverse dalla Si

cilia in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative

circoscrizioni» debba essere ricostruita in conformità a quella che caratterizza la potestà legislativa di quest'ultima regione, scontando la diversa configurazione che l'«ente intermedio» tra

comuni e regione (provincia o libero consorzio comunale) rice

ve nelle diverse situazioni.

Quanto specificamente alla regione Sardegna, inoltre, l'art.

43 dello statuto, fin dalla sua originaria formulazione, prevede va la competenza legislativa della regione circa la modifica

delle circoscrizioni e delle funzioni delle province allora esi

stenti (Cagliari, Nuoro e Sassari), onde un'interpretazione re

strittiva dell'innovazione apportata dalla 1. cost. n. 2 del 1993

all'art. 3, lett. b), dello statuto, quale sostenuta dal ricorrente,

finirebbe per privare in gran parte di significato, per la regione

Sardegna, la riforma statutaria in tal modo operata. 3.2. - È da considerare che, dopo l'entrata in vigore della 1.

cost. n. 2 del 1993, in ambedue le regioni ad autonomia diffe

renziata in cui concretamente era prospettabile un problema di

rideterminazione numerica delle articolazioni provinciali —

vale a dire il Friuli-Venezia Giulia e, per l'appunto, la Sardegna

(escluse restando, per diverse ed evidenti ragioni, la Valle

d'Aosta e il Trentino-Alto Adige) — è stata affrontata la que

stione sul piano normativo, dando per scontata la portata più

pregnante dell'innovazione statutaria derivante dalla previsione della legge costituzionale.

Il d.leg. 2 gennaio 1997 n. 9, contenente «norme di attuazione

dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in

materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circo

scrizioni», all'art. 8, 1° comma, stabilisce che «nella materia di

cui all'art. 4, n. 1 bis, dello statuto speciale [cioè, per l'appunto, in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative cir

coscrizioni»] è ricompresa [...] l'istituzione di nuove province

[...], su iniziativa dei comuni, sentite le popolazioni interessa

te».

A sua volta, la regione Sardegna, con la 1. reg. n. 4 del 1997,

ha dettato una disciplina volta a ridefinire l'ordinamento pro vinciale nel suo territorio, in attuazione dell'art. 3, lett. £), dello

statuto, nella formulazione risultante dalla 1. cost. n. 2 del 1993.

Questa legge della regione, all'art. 1, 2° comma, prevede che

«l'istituzione di nuove province e la modifica delle circoscri

zioni provinciali sono stabilite con legge regionale, su iniziativa

dei comuni», secondo vari procedimenti, aperti alla necessaria

partecipazione delle comunità locali interessate, previsti dagli articoli successivi della legge.

Gli sviluppi normativi anzidetti, non contraddetti fino al pre sente giudizio di legittimità costituzionale da atti di segno con

trario, risultano così coerenti con l'interpretazione più ampia che all'innovazione contenuta nella 1. reg. n. 2 del 1993 e al

l'art. 3. lett. b), dello statuto della regione Sardegna deve essere

data, cioè col riconoscimento che la competenza a essa attribuita

in materia di ordinamento degli enti locali e delle loro circoscri

zioni comprende anche l'istituzione di nuove province: istitu

zione che — contrariamente a quanto adombrato col secondo

motivo di ricorso — non comporta alcuna conseguenza sull'or

ganizzazione amministrativa dello Stato.

Nella legislazione concernente le province (oltre che i comu

ni) quali circoscrizioni di decentramento statale, alla stregua dell'art. 129, 1° comma, Cost., non è infatti stabilito alcun nesso

necessario tra l'istituzione di una provincia e la creazione di uf

fici statali decentrati su scala corrispondente. Rientra pur sem

pre nella discrezionalità del legislatore statale la determinazione

dell'ambito territoriale di competenza dei propri uffici decen

trati, tanto più in quanto la provincia ha ormai perso la sua ori

ginaria prevalente matrice di circoscrizione dell'amministrazio

ne decentrata del ministero dell'interno per assumere la natura

essenziale di ente espressivo di una delle dimensioni del sistema

dell'autonomia locale tracciato dalla Costituzione. Della discre

zionalità delle scelte organizzative statali che da tale non neces

saria coincidenza deriva è manifestazione — oltre che l'art. 11

d.leg. 30 luglio 1999 n. 300 (riforma dell'organizzazione del

governo, a norma dell'art. 11 1. 15 marzo 1997 n. 59), il quale,

riorganizzando le prefetture attraverso la loro trasformazione in

uffici territoriali del governo, non fa riferimento alcuno alla loro

Il Foro Italiano — 2001.

dimensione provinciale — l'art. 16, 2° comma, lett. f), 1. n. 142

del 1990, norma ora trasfusa nell'art. 21, 3° comma, lett./), t.u.

sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il d.leg. n. 267

del 2000, che — con riferimento alle regioni ad autonomia ordi

naria — prevede che l'iniziativa dei comuni per la revisione

delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province

tenga conto del fatto che «l'istituzione di nuove province non

comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici».

Analogamente, in riferimento alla regione Friuli-Venezia Giu

lia, il citato d.leg. n. 9 del 1997 fa salva «la facoltà dello Stato

di non istituire propri uffici decentrati nelle nuove province». E,

sulla stessa premessa dell'inesistenza di una corrispondenza ne

cessaria tra provincia-ente autonomo e provincia-circoscrizione di decentramento statale, l'art. 12, 2° comma, citata 1. reg. sarda

n. 4 del 1997 stabilisce che «la regione provvede [...] a pro muovere tutte le opportune iniziative nei confronti dello Stato,

affinché il decentramento statale tenda a corrispondere agli am

biti territoriali provinciali nel territorio della regione». 4. - Le ragioni esposte

— col riconoscimento all'art. 3, lett.

b), dello statuto sardo, quale risulta dalla modifica apportata con

l'art. 4 1. cost. n. 2 del 1993, della capacità derogatoria rispetto alla generale disciplina in tema di istituzione di nuove province contenuta nell'art. 133, 1° comma, Cost. — portano a ritenere

quindi che rientra nelle competenze della regione Sardegna l'i

stituzione di nuove province nel suo territorio, nei limiti indicati

nell'incipit dell'art. 3 dello statuto stesso e, segnatamente, nei

limiti derivanti dall'armonia con le norme della Costituzione,

anche estranee al titolo V della sua seconda parte, e con i prin

cipi dell'ordinamento giuridico della repubblica. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale della delibera legislati va della regione Sardegna del 14 aprile 2000, riapprovata il 6

giugno 2000 (istituzione delle province di Carbonia-Iglesias, del

Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), sollevata,

in riferimento all'art. 3, lett. b), dello statuto speciale per la

Sardegna (1. cost. 26 febbraio 1948 n. 3), dal presidente del con

siglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

II

Diritto. — 1. - Il presidente del consiglio dei ministri ricorre

contro l'art. 2 della delibera legislativa della regione Friuli

Venezia Giulia, approvata il 29 luglio 1999 e riapprovata dal

consiglio regionale sul rinvio del governo il 1° febbraio 2000

(indennizzo forfetario spettante ai coordinatori dei servizi so

ciali, soppressione delle comunità montane e modalità istruttorie

delle domande di agevolazione per le iniziative finanziate dal

fondo regionale per lo sviluppo della montagna).

L'impugnato art. 2 dispone, al 1° comma, che «le comunità

montane della regione previste dalle attuali leggi regionali sono

soppresse, con decorrenza dal 1° luglio 2000. Le relative fun

zioni saranno trasferite agli enti individuati con successiva leg

ge regionale da approvarsi entro il 29 febbraio 2000, la quale

provvederà anche a disciplinare i rapporti patrimoniali ed eco

nomico-finanziari tra le comunità montane e gli enti interessati,

nonché l'assegnazione del personale». Nei successivi 2° e 3°

comma dello stesso articolo si prevede la nomina di un commis

sario liquidatore per ciascuna comunità montana e si disciplina no le procedure relative.

Ad avviso del ricorrente, la norma impugnata contrasterebbe

con gli art. 4, 5, 6 e 59 dello statuto speciale della regione (1.

cost. 31 gennaio 1963 n. 1, modificata dall'art. 5 1. cost. 23 set

tembre 1993 n. 2); con gli art. 5 e 128 Cost.; con l'art. 2 d.leg. di attuazione 2 gennaio 1997 n. 9, e con i principi di riforma

economico-sociale e con le norme fondamentali contenuti negli art. 28 (come sostituito dall'art. 7 I. 3 agosto 1999 n. 265) e 29

1. 8 giugno 1990 n. 142 (ora art. 27 e 28 d.leg. 18 agosto 2000 n.

267, t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). 2. - La questione non è fondata.

2.1. - L'art. 4, n. 1 bis, dello statuto speciale prevede la com

petenza legislativa della regione in materia di «ordinamento de

gli enti locali e delle relative circoscrizioni», da esercitarsi, se

condo Vincipit del medesimo articolo, «in armonia con la Co

stituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato, con le norme fondamentali delle riforme economi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

co-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonché

nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre regio ni».

Il n. 1 bis dell'art. 4 è stato introdotto dall'art. 5 1. cost. n. 2

del 1993 (modifiche ed integrazioni degli statuti speciali per la

Valle d'Aosta, per la Sardegna, per il Friuli-Venezia Giulia e

per il Trentino-Alto Adige), una legge che «disegna il quadro delle competenze delle regioni ad autonomia speciale (eccezio ne fatta per la Sicilia) in materia di enti locali, privilegiando il criterio di maggiore ampiezza e di sostanziale uniformità laddo

ve era in precedenza vigente una disciplina piuttosto riduttiva ed

eterogenea» (sentenza n. 415 del 1994, Foro it., Rep. 1995, voce

Sardegna, n. 15). Da tale legge, «la competenza delle regioni a

statuto speciale in materia di ordinamento di enti locali acquista il carattere di esclusività e viene ad essere definita con formula

identica in tutti gli statuti speciali», con ciò rimuovendo, secon

do una delle finalità dell'intervento del legislatore costituzio

nale, «l'originaria diversità di regime giuridico delle regioni ad

autonomia speciale in materia di enti locali» (citata sentenza n.

415 del 1994): affermazione che abbraccia tutte le regioni ad

autonomia speciale e che si comprende considerando che la re

gione siciliana già era dotata di una «competenza esclusiva»

nella stessa materia, a norma dell'art. 15, 3° comma, dello sta

tuto, pur con le particolarità derivanti dalla disciplina delle

«province siciliane», configurate come liberi consorzi comunali.

In attuazione della nuova previsione statutaria dopo e in con

seguenza dell'innovazione introdotta con la 1. cost. n. 2 del

1993, è stato emanato il d.leg. 2 gennaio 1997 n. 9 (norme di

attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia

Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative

circoscrizioni). L'art. 2 di tale decreto stabilisce che «la regio ne, nel rispetto degli art. 5 e 128 Cost., nonché dell'art. 4 dello

statuto di autonomia, fissa i principi dell'ordinamento locale e

ne determina le funzioni, per favorire la piena realizzazione del

l'autonomia degli enti locali».

Secondo la più recente disciplina in materia (art. 28 d.leg. 18

agosto 2000 n. 267, t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti

locali), le comunità montane sono «unioni di comuni, enti locali

costituiti fra comuni montani». Esse rappresentano un caso spe ciale di «unioni di comuni» (art. 32 d.leg. n. 267 del 2000), create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo

scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non con

sentirebbe la frammentazione dei comuni montani, «funzioni

proprie», «funzioni conferite» e funzioni comunali. Nella suc

cessione della disciplina legislativa in materia, è rimasta ferma

l'originaria configurazione delle comunità montane quali enti

locali, proiezioni dei comuni che a esse fanno capo, già risul

tante, nell'essenziale, dall'art. 4 1. 3 dicembre 1971 n. 1102

(nuove norme per lo sviluppo della montagna), confermata e

precisata dalla legislazione successiva, in particolare dall'art. 28

1. n. 142 del 1990, nella sua versione originaria e in quella mo

dificata dalla 1. n. 265 del 1999 (disposizioni in materia di auto

nomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla 1.

8 giugno 1990 n. 142). Da questa loro configurazione deriva un duplice corollario. In

primo luogo, le comunità montane entrano nel novero degli «enti locali» precisamente quali «altri enti locali» a norma degli art. 118, 1° e 3° comma, e 130, 1° comma, Cost. Esse, secondo

la legislazione statale, insieme ai comuni e alle province sono

destinatarie della generalità dei compiti e delle funzioni ammi

nistrative che non ne richiedono l'esercizio a livello regionale (art. 3, 2° comma, d.leg. 31 marzo 1998 n. 112) e contribuisco

no a comporre il sistema delle autonomie subregionali, pur sen

za assurgere a enti costituzionalmente o statutariamente neces

sari. quali sono — secondo gli art. 114 e 128 Cost, e 59, 1°

comma, dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giu

lia — soltanto le province e i comuni. In secondo luogo, «enti

locali» di tale natura, costituiti a partire dalle autonomie comu

nali per l'esercizio di funzioni comuni, costituiscono essi stessi

strumenti organizzativi del sistema delle autonomie locali. On

de, in breve, si può dire trattarsi di «ordinamento» di enti locali

tramite enti locali.

Data dunque questa qualificazione delle comunità montane, la

potestà legislativa della regione Friuli-Venezia Giulia in materia

non deve ritenersi fondata né sull'art. 27 d.leg. n. 267 del 2000 —

disposizione che prevede la disciplina legislativa regionale su diversi aspetti particolari di organizzazione delle comunità

Il Foro Italiano — 2001.

stesse ma che, anche per l'espressa previsione dell'art. 1, 2°

comma, medesimo d.leg., non si applica alle regioni a statuto

speciale, se incompatibile con le attribuzioni previste dagli sta

tuti e dalle relative norme di attuazione — né sull'art. 6, n. 3,

dello statuto — norma che attribuisce alla regione la facoltà di

adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della repubblica, tramite norme di integrazione e di attuazione

nelle materie indicate da queste ultime leggi — bensì diretta

mente sull'art. 4, n. 1 bis, dello statuto speciale il quale per

l'appunto indica, tra le competenze legislative «esclusive» della

regione, F«ordinamento degli enti locali».

2.2. - Priva di pregio è l'argomentazione del ricorrente che,

dal citato art. 59 dello statuto («Le province ed i comuni della

regione sono enti autonomi»), vorrebbe inferire una ricostruzio

ne restrittiva della competenza legislativa regionale indicata

nell'art. 4, n. 1 bis, dello statuto stesso, tale da escludere dagli «enti locali» ivi menzionati tutti gli enti diversi dalle province e

dai comuni, cioè, per quanto riguarda la presente questione di

costituzionalità, le comunità montane. Con questa affermazione

viene ignorata non solo la natura di tali comunità ma anche l'e

sistenza, tanto nelle regioni ad autonomia comune quanto in

quelle a statuto speciale, accanto agli enti locali costituzional

mente necessari, di enti costituzionalmente non necessari, ma

non per questo da escludersi dalla categoria degli enti locali. Al

che si potrebbe aggiungere la stranezza di un ente — la comu

nità montana — che, se istituito fuori della regione Friuli

Venezia Giulia, è «ente locale» (art. 27, 1° comma, d.leg. n. 267

del 2000, già citato) ma non lo sarebbe se istituito entro la re

gione medesima. Una tanto arbitraria distribuzione di qualifica zioni farebbe torto alla ragionevolezza di qualunque sistema

giuridico. È poi da escludere ogni valore probante, nel senso dell'inesi

stenza di una competenza legislativa primaria relativamente alle

comunità montane, all'accenno che il ricorrente fa alla compe tenza legislativa di cui all'art. 5, n. 8, dello statuto: competenza non esclusiva ma ripartita, tale da incontrare perciò, oltre ai li

miti generali previsti dall'art. 4, anche quello dei principi fon

damentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole materie.

La stessa dizione statutaria («enti aventi carattere locale o re

gionale per i finanziamenti delle attività economiche nella re

gione», e non — secondo la formula, erronea per incompletez

za, riportata nel ricorso del presidente del consiglio dei ministri:

«ordinamento degli enti aventi carattere locale o regionale»)

dimostra, senza necessità di spiegazione alcuna, la non perti nenza della disposizione alla materia degli enti locali attribuita

alla competenza legislativa esclusiva della regione dall'art. 4, n.

1 bis, del suo statuto.

3. - Così chiarita la riconducibilità della materia in esame

all'«ordinamento degli enti locali» di cui all'art. 4, n. 1 bis,

dello statuto speciale, si tratta di valutare ora la disposizione

oggetto del ricorso del presidente del consiglio dei ministri dal

punto di vista dei limiti che l'esercizio della competenza legis lativa della regione incontra in tale materia: limiti consistenti in

quelli che l'art. 4 dello statuto di autonomia prevede per l'eser

cizio della potestà legislativa regionale «primaria» e che il già ricordato d.leg. n. 9 del 1997, emanato in conseguenza e attua

zione dell'anzidetto n. 1 bis dell'art. 4, richiama in generale, in

dicando altresì specificamente il rispetto degli art. 5 e 128 Cost.

Circa la posizione della regione nel sistema delle autonomie

territoriali, si deve innanzitutto riaffermare, anche in riferimento

alle regioni ad autonomia speciale, tanto più dopo la riforma

operata dalla 1. cost. n. 2 del 1993, ciò che questa corte ebbe a

riconoscere, in sintesi generale, quanto alle regioni a statuto or

dinario: avere l'ordinamento vigente provveduto, attraverso una

serie di interventi legislativi in attuazione dell'art. 5 e della IX

disposizione transitoria e finale della Costituzione, ad assicurare

gli strumenti di un organico raccordo funzionale tra gli enti lo

cali e tra questi e la regione, necessari in presenza dell'espan sione dei poteri di autonomia riconosciuti agli enti locali infra

regionali, e avere configurato la regione stessa come «centro

propulsore e di coordinamento dell'intero sistema delle auto

nomie locali» (sentenza n. 343 del 1991, id., 1992, I, 316). Tale ruolo, relativamente alle regioni ad autonomia ordinaria, risul

tava, in particolare, dall'art. 3 1. n. 142 del 1990 e risulta oggi dall'art. 4 d.leg. n. 267 del 2000; relativamente alle regioni ad

autonomìa speciale, esso è implicito nella loro attuale compe tenza in materia di ordinamento degli enti locali.

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3039 PARTE PRIMA 3040

In questa prospettiva, non può essere negato alla regione Fri

uli-Venezia Giulia, nell'esercizio della sua potestà legislativa esclusiva di «ordinamento degli enti locali», il potere di valutare

le esigenze di coordinamento e di esercizio integrato delle fun

zioni degli enti locali e di prevedere, se del caso, gli strumenti

congruenti allo scopo, compresa tra questi l'istituzione di altri

enti locali non necessari, quali sono per l'appunto le comunità

montane, proiezioni organizzative e funzionali degli enti locali

necessari. E, naturalmente, tale valutazione comporta, come

aspetto complementare del medesimo potere di apprezzamento, il potere di sopprimere quegli stessi enti, una volta ritenuta

l'inutilità della loro sopravvivenza, ai fini per i quali siano stati

istituiti. Tale potere, peraltro, non è assoluto, l'esercizio della potestà

legislativa regionale esclusiva dovendo essere, tra l'altro, «in

armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordi

namento giuridico della repubblica, con le norme fondamentali

delle riforme economico-sociali».

Tanto la concreta istituzione quanto la soppressione delle

comunità montane comportano un'intromissione nell'originaria autonomia organizzativa e funzionale dei comuni interessati,

autonomia che è garantita dagli art. 5 e 128 Cost, non solo nei

confronti dello Stato e delle regioni ad autonomia ordinaria, ma

altresì nei confronti delle regioni ad autonomia speciale (e in

fatti, a tali articoli della Costituzione fa ovvio riferimento anche

il citato d.leg. n. 9 del 1997). Il coordinamento tra la competen za regionale esclusiva in materia di ordinamento degli enti lo

cali e l'originaria posizione costituzionale di autonomia di que sti ultimi comporta

— analogamente a quanto questa corte già

ebbe a statuire nella sentenza n. 83 del 1997 (id., 1998,1, 2739), in riferimento a competenze comunali aventi diretto fondamento

nell'art. 128 Cost. — che le determinazioni regionali relative

alla creazione o alla soppressione delle comunità montane, per le conseguenze concrete che ne derivano sul modo di organiz zarsi e sul modo di esercitarsi dell'autonomia comunale, debba

no necessariamente coinvolgere gli stessi comuni interessati,

con modalità che la legge regionale deve prevedere per assicura

re la necessaria efficacia della partecipazione comunale.

Dell'anzidetto principio di coinvolgimento degli enti locali

infraregionali nelle determinazioni regionali «di ordinamento»

sono espressione tanto l'art. 3 d.leg. n. 112 del 1998, quanto l'art. 4 d.leg. n. 267 del 2000. Nel prevedere che le regioni ad

autonomia ordinaria adottino la legge di allocazione delle fun

zioni tra i diversi livelli del governo locale e regionale, anche di

natura associativa, il legislatore nazionale ha stabilito che le re

gioni stesse istituiscano strumenti e procedure di raccordo e

concertazione, anche permanenti, con gli enti locali (2° e 5°

comma dell'art. 3 d.leg. n. 112). Sia questo un principio gene rale dell'ordinamento o una diretta conseguenza dei principi ri

sultanti dagli art. 5 e 128 Cost., ovvero l'una e l'altra cosa, la

conseguenza comunque è che tale principio vale anche nei con

fronti delle determinazioni in materia di soppressione delle co

munità montane assunte dalle regioni ad autonomia speciale, nell'esercizio della loro competenza in materia di ordinamento

degli enti locali.

In sintesi: alla regione Friuli-Venezia Giulia il potere di

(istituire o) sopprimere le comunità montane; ai comuni interes

sati, l'effettiva partecipazione all'esercizio di tale potere. 4. - Il presidente del consiglio dei ministri ritiene invece che

la soppressione delle comunità montane sia, come tale, vietata

dagli art. 28 (come sostituito dall'art. 7 1. n. 265 del 1999) e 29

1. n. 142 del 1990 (ora, art. 27 e 28 d.leg. n. 267 del 2000), dai

quali si dovrebbe trarre un principio generale dell'ordinamento,

o una norma fondamentale di riforma economico-sociale, che

fisserebbe le comunità montane come elementi costitutivi ne

cessari dell'«ordinamento degli enti locali». Tanto più — si ag

giunge — in quanto le comunità montane sono chiamate a per

seguire gli obiettivi e ad attuare gli interventi speciali per la

montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali (art. 28 d.leg. n. 267 del 2000). L'art. 7 1. n. 265 del 1999 (ora con

fluito nell'art. 27 d.leg. n. 267 del 2000), prevedendo poi l'esi

stenza di funzioni proprie delle comunità montane, accanto a

quelle loro «conferite», e attribuendo alla legge regionale solo

compiti limitati di disciplina organizzativa, confermerebbe, con

la natura necessaria di tali enti, l'inesistenza di un potere regio nale rivolto alla loro soppressione.

Ma entrambe queste prospettazioni non possono essere ac

colte.

Il Foro Italiano — 2001

Innanzitutto — richiamata la natura di ente non costituzio

nalmente necessario della comunità montana e la riserva di

competenza esistente a favore della potestà legislativa delle re

gioni ad autonomia speciale, anche in forza dell'espressa dispo sizione dell'art. 1, 2° comma, d.leg. n. 267 del 2000, in tema di

ordinamento degli enti locali — la proposizione del ricorrente

circa la natura di «norma fondamentale di riforma economico

sociale» o «principio generale dell'ordinamento giuridico dello

Stato» (a norma dell'art. 4 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia) dell'introduzione delle comunità monta

ne nell'ordinamento dei poteri locali, è puramente assertiva.

Tale introduzione, più semplicemente, costituisce una misura di

razionalizzazione della rete delle autonomie comunali, per l'esercizio in comune di funzioni che malamente sarebbero ge stite da enti troppo frammentati sul territorio montano (esercizio

in comune che nella stessa legislazione dello Stato trova anche

altre forme di possibile realizzazione): una misura organizzativa idonea a essere sostituita da altra, una volta ritenuta insussi

stente la ragione della sua previsione. Del resto, il 6° comma dello stesso art. 27 d.leg. n. 267 del

2000 — a riprova del carattere strumentale e non essenziale

della comunità montana nell'ordinamento delle autonomie lo

cali in generale —

prevede lo scioglimento della comunità stes

sa da parte della legge regionale, una volta operata la «fusione»

dei comuni che ne facevano parte — fusione alla quale si po

trebbe in ipotesi addivenire anche senza il tramite della previa costituzione della comunità montana. A ciò, per quanto vale,

può aggiungersi l'osservazione che le comunità montane nella

regione siciliana, create con la 1. reg. 30 novembre 1974 n. 38

(ordinamento e funzionamento delle comunità montane), sono

state soppresse nell'esercizio di competenza legislativa analoga a quella riconosciuta alla regione Friuli-Venezia Giulia, con

l'art. 45 1. reg. 6 marzo 1986 n. 9 (istituzione della provincia re

gionale).

Quanto alla pretesa di far derivare il divieto di soppressione delle comunità montane dall'indefettibilità delle funzioni neces

sarie all'attuazione dei programmi e al perseguimento degli o

biettivi di sviluppo delle zone montane stabiliti da atti dell'U

nione europea e da leggi dello Stato (art. 28 d.leg. n. 267 del

2000), conformemente alla norma di programma contenuta nel

l'art. 44, 2° comma, Cost., basta rilevare in contrario che le co

munità montane sono soltanto uno dei possibili strumenti orga

nizzativi, previsti nell'ambito del sistema dei poteri locali. Tali

funzioni, di per sé, bene possono essere allocate altrimenti, in

base alle particolarità delle situazioni locali, apprezzate dal le

gislatore regionale nell'esercizio discrezionale del suo potere

legislativo in tema di «ordinamento degli enti locali», senza che

da ciò l'esercizio di tali funzioni possa dirsi compromesso. 5. - Non può infine trovare ingresso nel presente giudizio, in

quanto non dedotta nel ricorso ma introdotta successivamente a

esso, la censura mossa allo stesso art. 2 della delibera legislati va, nella parte in cui prevede una successione temporale tra la

soppressione delle comunità montane (prevista con decorrenza

1° luglio 2000) e il trasferimento ad altri enti delle loro funzioni

(a opera di una legge regionale da approvarsi entro il 29 feb

braio 2000), successione nella quale, per la possibile inottempe ranza a tale ultimo termine, può inserirsi uno iato, foriero di in

certezze normative, se non anche di paralisi amministrativa.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della delibe

ra legislativa della regione Friuli-Venezia Giulia approvata il 29

luglio 1999 e riapprovata il 1° febbraio 2000 (indennizzo forfe

tario spettante ai coordinatori dei servizi sociali, soppressione delle comunità montane e modalità istruttorie delle domande di

agevolazione per le iniziative finanziate dal fondo regionale per lo sviluppo della montagna), sollevata, in riferimento agli art. 5

e 128 Cost, e agli art. 4, 5, 6 e 59 1. cost. 31 gennaio 1963 n. 1

(statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia), dal presi dente del consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigra fe.

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