sentenza 6 marzo 1986; Pres. Teti, Est. Millozza; Soc. coop. Isontina maiscoltori (Avv. Appiotti,Majo) c. Fall. Della Piana (Avv. Gabassi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 965/966-967/968Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179427 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cui la compagnia restava contumace, anche oltre detti limiti. Tali
istanze istruttorie, peraltro, già disattese dal g.i. non sono state
più coltivate nelle conclusioni definitive, e d'altra parte riguarda vano un problema non di garanzia ma di rivalsa, che in questa sede non interessa (ciò in ogni caso non pregiudica un'eventuale
azione di regresso ex art. 2055 c.c.). Con particolare riferimento,
poi, alla richiesta di manleva da parte della S.a.i. anche oltre
il massimale, se ne rileva comunque l'inammisibilità, perché, trat
tandosi di domanda nuova in quanto non espressamente formu
lata nell'originaria comparsa di risposta, ed essendo la S.a.i.
contumace in quella medesima fase processuale, avrebbe dovuto
essere ad essa personalmente notificata ex art. 292 c.p.c. Pertan
to la sola U.s.l. n. 12, come già detto, va condannata al risarci
mento dei danni.
Anche sul quantum, per i motivi già esposti, possono essere
utilizzate le risultanze del giudizio penale, ed invero in quella se
de, sulla base della perizia espletata, l'inabilità permanente del
minore Luca è stata fissata nella rilevante misura del 60-70%, e la gravità delle lesioni, come ha rilevato il tribunale penale in
sede di appello, non è stata « neppure messa in discussione dalla
difesa dell'imputato ». Trattasi infatti di lesioni irreversibili sia
psichiche che motorie, che si concretizzano in una « tetraplegia
spastico-distonica, derivante da emorragia endocranica con lesio
ne encefalica », come accertato in sede penale, e che escludono
ogni possibilità per il minore, per tutta la vita, di svolgere una
qualsiasi attività lavorativa.
Per quantificare tale danno si può presumere, secondo 1 'id quod
plerumque accidit, che il Sonego avrebbe iniziato a lavorare a
18 anni, svolgendo un'attività che avrebbe potuto fruttare un red
dito quanto meno equivalente a quello del padre, autotrasporta tore ed agricoltore. Secondo nozioni acquisite alla comune
esperienza e tenendo anche conto degli incrementi normalmente
conseguibili nel corso dell'attività lavorativa (non è infatti da con
siderare il solo reddito iniziale), si può indicare, con criterio pru denziale ed ai valori attuali, un reddito annuo medio di lire
12.000.000, che non si discosta molto dal reddito medio operaio e impiegatizio; conseguentemente, applicando i criteri per la ren
dita vitalizia immediata e per la capitalizzazione anticipata di cui
al r.d. 9 ottobre 1922 n. 1403, il danno da invalidità permanente viene cosi determinato: lire 12.000.000 x 19,383 (coefficiente cor
rispondente all'età di 18 anni, epoca del presumibile inizio del
l'attività lavorativa) x 65% (percentuale intermedia di invalidità
cosi come indicata dal pretore in sede penale) x 0,746 (coefficien te di capitalizzazione anticipata per il periodo intercorrente tra
l'attuale età di Luca, 12 anni, e il presumibile inizio dell'attività
lavorativa) - 20% (scarto tra vita fisica e vita lavorativa) = lire
90.228.640. Su tale importo decorrono poi gli interessi nella mi
sura legale, da oggi, momento in cui viene liquidato il danno
futuro de quo, sino al saldo. Va rilevato, a questo punto, che
la U.s.l. convenuta ha chiesto che la causa fosse rimessa in istrut
toria per accertare, a mezzo perizia la presumibile durata della
vita del piccolo Luca, dovendo, a suo dire, la liquidazione dei
danni tener conto delle effettive necessità del minore a prescinde re dai normali parametri di riferimento; tuttavia tale istanza va
respinta, perché anche le menomazioni e la presumibile minor
durata della vita sono dirette conseguenze del fatto illecito di par te convenuta e sono pertanto ad essa addebitabili a titolo di dan
no risarcibile.
Bisogna poi tener conto della continua assistenza di cui ha bi
sogno e di cui avrà sempre bisogno il minore, che non è in grado di svolgere autonomamente gli atti della vita quotidiana: assisten
za tanto più necessaria in futuro, quando Luca non potrà più fare affidamento sui genitori. Pertanto, tenuto conto che più di
una persona dovrà alternarsi nell'arco della giornata per garanti re al ragazzo la costante assistenza di cui ha bisogno, appare con
grua la somma di lire 18.000.000, ai valori attuali, indicata dagli attori quale costo annuo di tale assistenza, per cui detta voce
di danno viene cosi capitalizzata e determinata: lire 18.000.000
x 20,048 (coefficiente corrispondente all'attuale età di Luca) =
lire 360.864.000, su cui decorrono gli interessi nella misura lega
le, dalla data odierna, trattandosi ancora di un danno futuro li
quidato oggi, sino al saldo. Anche per i 12 anni passati va rico
nosciuto un analogo danno, che può essere equitativamente liqui dato sulla stessa base, cioè lire 18.000.000 annui ai valori attuali,
per un totale di lire 216.000.000, su cui decorrono gli interessi
nella misura legale, dalle singole scadenze annuali sino al saldo.
Stante la gravità e l'irreversibilità delle lesioni, vanno poi rico
II Foro Italiano — 1987.
nosciuti i danni alla vita di relazione, che nel caso può dirsi prati camente annullata, nonché i danni morali, trattandosi di fatto
colposo penalmente accertato: tali voci di danno vengono entrambe
complessivamente ed equitativamente liquidate in lire 150.000.000,
giusta congrua richiesta, ai valori attuali (da imputare per i due
terzi ai prevalenti danni morali), oltre interessi di legge dal 23
settembre 1973 (epoca del fatto) sino al saldo.
In tutto, dunque, competono agli attori, quali genitori legali
rappresentanti di Luca, lire 451.092.640, oltre interessi di legge da oggi sino al saldo, per l'invalidità permanente e l'assistenza
futura, lire 216.000.000, oltre interessi annuali, per l'assistenza
anteatta, e lire 150.000.000, oltre interessi dal 23 settembre 1973,
per i danni morali e alla vita di relazione.
Vanno inoltre risarciti i danni subiti dai genitori di Luca in proprio, escluse peraltro le spese di assistenza sinora sostenute, in quanto già liquidate a favore del minore, nonché il relativo
lucro cessante, in assenza di elementi per la sua quantificazione. Vanno invece certamente riconosciuti e ristorati i danni alla vita
di relazione, gravemente compromessa a causa dello stato di sa
lute del figlio, nonché i danni morali per le sofferenze innegabil mente patite, tutte dirette conseguenze dell'accertato illecito: in
fatti, pure se la prevalente giurisprudenza escluse il risarcimento
del danno morale a favore dei prossimi congiunti del danneggia
to, al di fuori dell'ipotesi di evento letale, è innegabile nella fatti
specie che la gravissima condizione in cui versa il figlio Luca ha
procurato e procura ai genitori sofferenze morali forse anche su
periori a quelle dello stesso Luca, sofferenze che vanno pertanto
ricomprese tra i danni risarcibili da parte del responsabile dell'il
lecito, secondo i principi generali, essendo esse stesse, per l'ap
punto, diretta conseguenza dell'illecito (vedi in tal senso la sen
tenza 18 marzo 1982 del Tribunale di Milano). Detti danni possono essere omnicomprensivamente liquidati, con
criterio equitativo ed ai valori attuali in lire 150.000.000, come
da domanda (da imputarsi per giusta metà alle due voci di dan
no), su cui decorrono gli interessi nella misura legale, dal 23 set
tembre 1973 sino al saldo.
Bisogna a questo punto tener conto di quanto già percepito
dagli attori, vuoi a titolo di provvisionale come da sentenza pena le (lire 25.000.000, incassate nel giugno '80) vuoi a titolo di mas
simale messo a disposizione dalla S.a.i. (lire 50.000.000, incassate
nel novembre '81). Tali importi vanno rivalutati ad oggi, essendo
i danni liquidati in moneta attuale, secondo gli indici 1STAT re
lativi all'epoca dei pagamenti (rispettivamente, 1,8696 e 1,4737): essi corrispondono infatti, ai valori attuali, rispettivamente a lire
46.740.000 e lire 73.685.000, per un totale di lire 120.425.000, che va in definitiva detratto da quanto dovuto agli attori quali
genitori legali rappresentanti del minore, e cioè in tutto lire
817.092.640 in linea capitale, con gli interessi come sopra deter
minati. (Omissis)
TRIBUNALE DI UDINE; sentenza 6 marzo 1986; Pres. Teti,
Est. Millozza; Soc. coop. Isontina maiscoltori (Avv. Appiot
ti, Majo) c. Fall. Della Piana (Aw. Gabassi).
TRIBUNALE DI UDINE;
Privilegio — Cooperativa agricola — Credito per vendita di pro
dotti agricoli — Privilegio generale mobiliare — Sussistenza
(Cod. civ., art. 2751 bis)
Il credito della società cooperativa agricola per la vendita dei propri
prodotti è assistito da privilegio generale mobiliare, ai sensi del
combinato disposto delle norme dell'art. 2751 bis, nn. 4 e 5,
c.c. (1)
(1) Non constano precedenti specifici di legittimità. In senso contrario alla decisione sopra riportata, v. Trib. Foggia 21
dicembre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Fallimento, n. 452, che, sul
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PARTE PRIMA
Fatto. — La s.r.l. cooperativa Isontina maiscoltori chiedeva
l'ammissione al passivo del fallimento di Della Piana Luigi del
proprio credito di complessive lire 42.410.053 con il privilegio
previsto dall'art. 2751 bis, n. 5, c.c.
Il giudice delegato ammetteva il credito suddetto in via chiro
grafaria contestando il privilegio perché non dovuto.
Avverso detto provvedimento proponeva tempestiva opposizio ne la cooperativa sostenendo la natura privilegiata del suo credi
to, dovendo essa considerarsi cooperativa di produzione e di la
voro e riguardando il credito la vendita del proprio prodotto. Chiedeva conseguentemente l'ammissione dell'importo dovuto
con il richiesto privilegio e con vittoria di spese e onorari di lite.
Costituitosi il contraddittorio il fallimento resisteva all'opposi zione eccependo che l'invocato privilegio riguarda esclusivamente
le cooperative di produzione e di lavoro e che tra queste non
può includersi la cooperativa agricola come è appunto l'oppo nente. Chiedeva il rigetto dell'opposizione. (Omissis)
Diritto. — Osserva il collegio come l'opposizione si ravvisi giu ridicamente fondata e meriti pertanto favorevole accoglimento. L'art. 2751 bis, n. 5, ha istituito una nuova categoria di crediti
privilegiati prima ignorata, e precisamente «i crediti dell'impresa
artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di
lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e per la vendita dei
manufatti». Anche se, per quanto riguarda le cooperative, non
risulta che la norma sia stata sottoposta ad approfondita analisi, ritiene il collegio come la disposizione in esame delimiti l'applica bilità del privilegio alle sole società od enti di produzione e di
lavoro, con esclusione, quindi, delle associazioni per la gestione del credito, quelle assicurative o fornitrici di capitali e, in breve, di tutte le società od enti nelle quali il socio non presti la propria
opera volta in modo diretto alla produzione di servizi o alla rea
lizzazione e vendita di manufatti. Nel caso di specie, il collegio è chiamato a decidere se la cooperativa agricola che, come risulta
dall'atto costitutivo in atti, ha come soci coltivatori diretti e agri coltori ed ha come scopo «raccolta, essiccazione, conservazione
e commercializzazione dei prodotti cerealicoli dei soci» debba o
non includersi nella previsione legislativa di cui sopra. Il problema nasce, a parere del collegio, dall'infelice uso del
termine «manufatto» al quale è legata la concessione del privile
gio. Secondo l'etimologia della parola, infatti, si tratta di «arti
colo lavorato a mano», ovvero di «opera eseguita mediante lavo
ro umano» con tutte le complicazioni di ordine interpretativo che
queste espressioni comportano. Basti pensare alle tecniche indu
striali moderne nelle quali il lavoro manuale puro è completa mente assente o del tutto marginale per rendersi conto delle diffi
coltà che il giudice deve risolvere quando è chiamato ad interpre tare la portata di tale disposizione di legge.
duplice presupposto della estraneità alla categoria delle cooperative di
produzione e lavoro della cooperativa agricola (diversamente cfr. Bassi, Le cooperative di consumo, in Cooperazione e cooperative, Napoli, 1977, 155) e della non riconducibilità del prodotto agricolo nel concetto di ma nufatto ha ritenuto decisiva la formulazione letterale della norma.
In effetti, ove si condividano tali presupposti, non potrebbe giungersi a diversa determinazione atteso che la natura eccezionale della disciplina dei privilegi non ne consentirebbe l'applicazione analogica, in ossequio al disposto dell'art. 14 disp. prel. (conformemente v. Cass. 21 ottobre
1980, n. 5640, Foro it., Rep. 1980, voce Privilegio, n. 15; Trib. Torino 7 gennaio 1979, ibid., n. 19; Cass. 7 gennaio 1971, n. 2, id., 1971, I, 29).
Ancora in senso negativo v. App. Roma 30 aprile 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 15 e Trib. Reggio Emilia 21 novembre 1980, ibid., n. 17, che hanno negato il privilegio ai crediti di cooperative aventi per oggetto la trasformazione di prodotti agricoli forniti dai soci.
Conformemente alla riportata sentenza, seppur in via marginale in quanto il thema decidendum principale era rappresentato dal trattamento norma tivo delle società cooperative straniere, nell'ordinamento italiano, v. Trib. Roma 11 ottobre 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 17, che ha riconosciu to assistiti dal privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 5, c.c., i crediti di una cooperativa agricola straniera.
In dottrina v. Miola, Questioni in tema di ammissione al passivo di
spese legali e di privilegio per i crediti di cooperativa agricola, in Dir. e giur., 1983, 416; Calandra Bonaura, Crediti di società cooperative e privilegio generale sui mobili, in Giur. comm., 1981, II, 351; Leccese, Consorzi tra cooperative e privilegi mobiliari, id., 1982, II, 828. Più in
generale, sull'argomento, v. Ciccarello, Privilegio (dir. priv.), voce del
VEnciclopedia del diritto, XXXV, 728 ss.; Toscano, L'art. 2751 bis, n. 5, c.c.: una «novella» dettata con generale riguardo alle società coopera tive, in Giust. civ., 1984, II, 142; Ruisi, C. e A. Palermo, I privilegi, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1980, 368 ss.; Pratis, Dei privilegi, in Commentario Utet, Torino, 1976, II, 1.
Il Foro Italiano — 1987.
Dovrà, conseguentemente, limitarsi a valutare il termine « ma
nufatto » nel suo stretto significato etimologico sopra riferito (ri ducendo così l'applicabilità della norma a pochissimi casi), o do
vrà, invece, intenderlo in senso più ampio e aderente alla realtà
attuale estendendolo a tutte quelle realizzazioni in cui il lavoro
umano è prevalente o uguale a quello della macchina in contrap
posizione a quelle completamente automatizzate? E non basta an
cora perché questa norma che, nel chiaro intento del legislatore, ha voluto premiare il lavoro dell'uomo nel suo significato più
proprio, si è riferita soltanto alle cooperative di produzione e
lavoro indirizzate alla produzione dei servizi e all'attività mani
fatturiera, oppure deve intendersi estesa anche a quelle cooperati ve di produzione e lavoro che (come quella che ha proposto l'op
posizione in esame) operano nel campo dell'agricoltura in cui il
socio coltivatore diretto o agricoltore o mezzadro lavora perso nalmente per ottenere quel prodotto che verrà successivamente
venduto alle migliori condizioni possibili dall'ente cooperativo? Secondo il parere del tribunale, la via da seguire è certamente
la seconda, quella cioè dell'interpretazione estensiva della norma
in esame perché, diversamente opinando, si finirebbe con l'esclu
dere dalle cooperative di produzione e lavoro, che la legge vuole
privilegiare, proprio una di quelle che ha i requisiti più validi
per rientrarvi; e ciò per la semplice considerazione che proprio nell'attività diretta alla coltivazione della terra il lavoro dell'uo
mo conserva una incidenza maggiore rispetto alle attività volte
alla «produzione di servizi o alla realizzazione e vendita dei ma
nufatti» contemplate specificatamente dal n. 5 dell'art. 2751 bis
c.c. In base a quanto accennato prima c'è, poi, da considerare
che, con il cit. art. 2751 bis in esame, il legislatore ha tenuto
in particolare considerazione le attività direttamente collegate con
il lavoro umano e tra queste ha espressamente indicato al n. 4
«i crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che affittuario,
mezzadro, colono, soccidario o comunque compartecipe, per i
corrispettivi della vendita dei prodotti», ed allora sarebbe vera
mente assurdo e contrario ad ogni regola di ermeneutica ricono
scere il privilegio al lavoratore agricolo individualmente conside
rato e negarlo, invece, quando lo stesso identico lavoro viene svolto
dal lavoratore quale socio di una cooperativa agricola. Ciò posto, e riaffermato che, come detto in premessa, nell'in
tento del legislatore sfuggono alla previsione di legge soltanto le
cooperative nelle quali l'opera dell'uomo non sia prestata in mo
do diretto, c'è da rilevare, come considerazione finale, che una
interpretazione restrittiva della norma, che negasse ai crediti delle
cooperative agricole il privilegio oggetto di esame, dovrebbe fon
datamente considerarsi costituzionalmente illegittima per l'ingiu sta discriminazione che colpirebbe i soci di dette cooperative ri
spetto a quelli delle cooperative che operano nel campo dei servi
zi e dell'attività manifatturiera in genere. Per le svolte considerazioni, il credito oggetto di lite va ammes
so al passivo del fallimento con il richiesto privilegio. (Omissis)
I PRETURA DI ROMA; ordinanza 19 dicembre 1986; Giud. Fio
re; Pepe c. Comune di Roma e A.t.a.c.
PRETURA DI ROMA;
Provvedimenti di urgenza — Inquinamento atmosferico ed acu
stico determinato dal traffico di autoveicoli — Danno alla sa
lute — Richiesta di chiusura al traffico di via pubblica — Inam
missibilità (Cost., art. 32; cod. proc. civ., art. 700; 1. 20 marzo
1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 4).
Va respinta la richiesta di provvedimento d'urgenza contro la p.a.
avanzata da chi, lamentando la lesione del proprio diritto alla
salute a causa dell'alto tasso di inquinamento atmosferico ed
acustico esistente nella via ove è sita la propria abitazione, ne
chieda la chiusura al traffico. (1)
(1-2) Non constano precedenti in termini. Le due ordinanze, nel rigettare la richiesta di provvedimento d'urgen
za, motivano entrambe richiamando il tradizionale divieto imposto al
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