sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres.e rel. Paladin; Commissario dello Stato per la regione siciliana (Avv. dello Stato Azzariti) c.Regione siciliana (Avv. Calabretta)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 19/20-23/24Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179536 .
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PARTE PRIMA
3. - La limitazione ravvisata dal giudice a quo nei confronti dei
detti braccianti indubbiamente sussiste e si ricollega al principio ge nerale della esclusione della prosecuzione volontaria della contri
buzione in costanza di assicurazione obbligatoria: principio risultante
dall'art. 1 d.p.r. n. 1432 del 1971, del quale l'art. 7 sopra citato
costituisce applicazione specifica (cfr., del resto, già l'art. 51.4 aprile 1952 n. 218).
Occorre infatti considerare che il sistema assicurativo proprio dei
braccianti agricoli, secondo la normativa applicabile, è fondato su
gli elenchi nominativi, nei quali deve necessariamente essere iscrit
to colui che svolga attività lavorativa in agricoltura. Tali elenchi,
già implicanti una valutazione del rapporto riferita all'anno agra rio (art. 17 d.p.r. 26 aprile 1957 n. 818), sono, in relazione all'art.
7 d.l. 3 febbraio 1970 n. 7, convertito, con modificazioni, in 1. 11
marzo 1970 n. 83, essi stessi redatti con cadenza annuale. Ed oc
corre, soprattutto, considerare che l'iscrizione in detti elenchi ga rantisce ai braccianti, con occupazione anche per poche giornate di lavoro, la copertura assicurativa per un intero anno ai fini pen
sionistici, salva la necessità della integrazione al minimo.
Si è, ovviamente, in presenza di un regime assicurativo peculiare a una categoria di dipendenti, il cui rapporto di lavoro, obiettiva
mente caratterizzato da periodi, anche ampi, di non occupazione
effettiva, è valutato ex lege come presupposto idoneo a dar vita a
un rapporto assicurativo continuativo per ogni anno di iscrizione
negli elenchi, ove ricorra un minimo contributivo per l'anno stes
so, ed a far conseguire il diritto alla pensione mediante il raggiun
gimento di un tetto contributivo globale inferiore rispetto a quello
prescritto per gli altri lavoratori.
Nell'ambito del sistema, mentre è richiesto un numero minimo
ridotto di contributi annui, è consentita l'integrazione della contri
buzione qualora le giornate lavorative effettivamente accertate (il meccanismo dell'accertamento presuntivo è stato infatti dichiarato
illegittimo con la sentenza di questa corte n. 65 del 1962, Foro it.,
1962, I, 1234) siano inferiori al detto minimo. Sicché, in virtù di tale specifico strumento (art. 4 d.p.r. n. 1432
del 1971), il bracciante può ottenere la valutazione dell'intero anno
ai fini pensionistici versando volontariamente i contributi necessari
a raggiungere il minimo fissato dalla legge (104 contributi giorna lieri per gli uomini e 70 per le donne).
4. - Non vi è dubbio che sia la particolare struttura del rapporto assicurativo dei braccianti agricoli — in quanto riferito ad un inte
ro anno di copertura assicurativa — e non già, come adombrato
in alcuni scritti defensionali, un residuo effetto del caducato accer
tamento presuntivo delle giornate di lavoro, ad escludere il ricorso
all'istituto della prosecuzione volontaria in relazione ai periodi di
non effettiva occupazione nel corso dell'anno di iscrizione negli elen
chi (qui non si tratta di versamenti ulteriori relativi ad effettivo ul
teriore lavoro prestato). La finalità propria dell'istituto della prosecuzione volontaria —
e cioè quella di elidere le conseguenze negative, per l'assicurato, della
mancata prestazione di un'attività lavorativa soggetta all'obbligo assicurativo — qui è raggiunta ex lege, mediante l'equiparazione dell'iscrizione negli elenchi annuali a prestazione di effettiva attivi
tà lavorativa, mentre con l'integrazione è soddisfatta l'esigenza del
raggiungimento di un minimo contributivo ai fini della continuità
della copertura assicurativa per l'intero anno.
Non si scorge, dunque, la ragione di una deroga al limite di ordi
ne generale fissato dall'art. 1 d.p.r. n.1432 del 1971, diretto a vie
tare la sovrapposizione al periodo (annuale) coperto da assicurazione
obbligatoria (anche grazie all'integrazione) di periodi (entro l'an
no) di prosecuzione volontaria.
Tutto ciò considerato, non può ritenersi ingiustificatamente di
scriminatoria in danno dei braccianti agricoli la preclusione della
prosecuzione volontaria ex art. 7 d.p.r. n. 1432 del 1971 per perio di entro l'anno di iscrizione negli elenchi.
Posto che non può ritenersi discriminatorio in danno dei brac
cianti agricoli un sistema in cui è consentito che un ridotto numero
di giornate lavorative (raggiungibile per di più mediante integrazione
volontaria) sia considerato ex lege sufficiente a garantire la coper tura assicurativa per un intero anno, e che sia conseguito il diritto
alla pensione mediante il raggiungimento di un tetto contributivo
globale inferiore rispetto a quello prescritto per gli altri lavoratori, non si vede anzitutto a quale necessità perequativa risponda l'im
piego — auspicato ad integrazione del sistema stesso tramite una
sentenza additiva in questa corte — della prosecuzione volontaria
relativamente ai periodi suindicati.
Il Foro Italiano — 1987.
In ogni caso tale impiego verrebbe ad alterare, integrandolo, un
sistema che, come quello anzidetto, appare giustificato, nelle de
scritte peculiarità, dalla particolare natura (caratterizzata, come già
rilevato, da ampi periodi di non occupazione effettiva) del rappor to di lavoro cui è collegata la previdenza in argomento.
La questione va pertanto dichiarata non fondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 4
e 7 d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1432 (riordinamento della prosecu zione volontaria dell'assicurazione obbligatoria per invalidità, vec
chiaia, superstiti e tubercolosi), sollevata, in riferimento all'art. 3, 1° comma, Cost., dal Pretore di Reggio Emilia con le ordinanze
indicate in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres. e
rei. Paladin; Commissario dello Stato per la regione siciliana
(Aw. dello Stato Azzariti) c. Regione siciliana (Avv. Cala
bre tt a).
Sicilia — Edilizia e urbanistica — Legge regionale di sanatoria de
gli abusi edilizi — Contrasto con legge statale — Incostituziona
lità (Cost., art. 3, 5; statuto della regione siciliana, art. 14; 1. 28
febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
edilizie).
È illegittimo, perché disciplina la sanatoria degli abusi edilizi in ma
niera contrastante con la legge nazionale, cosi ledendo le attribu
zioni spettanti allo Stato in materia penale, la legge dell'assemblea
regionale siciliana 2 aprile 1986, intitolata «modifiche ed integra zioni alla l. reg. 10 agosto 1985 n. 37». (1)
(1) Che la Consulta avrebbe bocciato la discutibile leggina approvata (ma non promulgata) dalla regione siciliana per disciplinare in modo autonomo il condono edilizio, era in realtà da attenderselo. A prescindere dal merito delle ragioni che hanno indotto i parlamentari regionali a ritenere troppo gravosa, e perciò inadeguata per la Sicilia la normativa di cui alla recente
legge nazionale n. 47/85, un dato infatti era e rimane certo: il procedimen to di sanatoria delle opere abusive interferisce con una materia — quella penale — che è di esclusivo monopolio dello Stato (cfr. Corte cost. n. 6/56, Foro it., 1956,1, 1508; n. 21/57, id., 1957,1, 191; n. 39/57, id., Rep. 1957, voce Trentino-Alto Adige, n. 24; n. 51/57, ibid., voce Sicilia, n. 161; n. 58/57, id., 1957, I, 1590; n. 58/59, id., 1960, I, 10; n. 23/61, id., 1961, I, 892; n. 90/62, id., 1962,1, 2164; n. 26/66, id., 1966,1, 609; n. 210/72, id., 1973, I, 638; n. 79/77, id., 1977,1, 1341 e in Riv. it. dir. eproc.pen., 1979, 1132 con nota di Fuscm; n. 13/80, Foro it., 1980,1, 569 e in Giur. costit., 1980, I, 102 con osservazioni di Mangiameli).
Come hanno del resto posto in evidenza i primi commentatori della l.n. 47/85 (cfr. Grassi, in Legislazione pen., 1985, 548 s.), proprio l'inerenza della sanatoria alla disciplina penale costituisce la principale ragione di fondo che ha suggerito al legislatore nazionale di escludere la «sanatoria delle opere abusive» dalla competenza normativa delle regioni, sia di diritto comune che a statuto speciale: tale esclusione discende esplicitamente dall'art. 1 1. n. 47/85 che, mentre, da un lato, autorizza le regioni ad emanare norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni am
ministrative, mantiene, dall'altro, invece ferme le disposizioni di cui al ca
po IV della stessa legge, relative appunto al procedimento di sanatoria e cosi riservandolo alla competenza esclusiva della legislazione statale.
Il tipo o modello di interferenza venuto nel caso di specie al vaglio della
Consulta, è riassumibile nel modo seguente. La recente legge nazionale sul condono subordina il rilascio della concessione in sanatoria al pagamento di una oblazione, e la intera corresponsione di quest'ultima produce nello stesso tempo l'effetto di estinguere il reato contravvenzionale urbanistico
precedentemente commesso (per un commento a questa nuova disciplina cfr.
Severino,ibid., 639; si veda altresì, con riferimento alla fase preparatoria della nuova legge, Grosso, in Foro it., 1984, V, 299). La legge regionale siciliana oggetto di censura, proponendosi invece di svincolare la conces sione in sanatoria dal pagamento dell'oblazione («il mancato pagamento dell'oblazione non è ostativo al rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria»), avrebbe finito col configurare un meccanismo di condono
sprovvisto di quella efficacia estintiva preveduta dal legislatore statale: ora, stante lo strettissimo nesso di interdipendenza nell'ambito della 1. n. 47/85 tra regolamentazione amministrativa e regime penale, è evidente che una
disciplina come quella prefigurata nella leggina impugnata si sarebbe tra
dotta, non solo in una diversa articolazione della tutela amministrativa, ma
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - Per intendere il senso della legge siciliana impu
gnata dal commissario dello Stato e per apprezzare i motivi del ri
corso, giova anzitutto ricordare quali siano i criteri ispiratori della
legge statale 28 febraio 1985 n. 47 (e successive modificazioni), nel
le parti su cui verrebbe ad incidere, qualora entrasse in vigore, la
disciplina che forma l'oggetto dell'attuale controversia.
L'art. 11. n. 47 premette — al 1 ° comma — che «le regioni ema
nano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edi
lizia e di sanzioni amministrative in conformità ai principi definiti dai capi I, II e III della presente legge»; mentre «sono in ogni caso
fatte salve» — stando al disposto del 3° comma — «le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano». Peraltro, il 1° comma esordisce mantenendo «fer
mo .. . quanto previsto dal capo IV», in tema di sanatoria delle
opere abusive. E i commentatori della legge stessa concordano nel
ritenere che il particolare rilievo attribuito al capo quarto dipenda dal fatto che le disposizioni sul cosiddetto condono edilizio sono
contraddistinte dalla configurazione di fattispecie penalmente rile
vanti: con la conseguenza che, sotto questo aspetto, esse vanno ap
plicate nelle regioni a statuto speciale, quand'anche dotate di
competenza primaria od esclusiva in materia urbanistica, non me
no che nelle regioni di diritto comune.
In quanto richiamate nel capo quarto, vanno poi considerate le
norme del capo primo che sanzionano i trasgressori della relativa
disciplina urbanistico-edilizia. In particolar modo, va tenuto pre sente l'art. 71. cit., concernente le «opere eseguite in assenza di con
cessione, in totale difformità o con variazioni essenziali»: là dove
s'impone al sindaco di ingiungere la demolizione delle opere stesse
e di acquistare di diritto al patrimonio del comune i beni per i quali i responsabili dell'abuso non provvedono nel termine di novanta
giorni, per poi ordinare la demolizione a spese dei responsabili me
desimi, salvi gli eventuali «prevalenti interessi pubblici», non incom
patibili «con rilevanti interessi urbanistici o ambientali» (2°, 3° e 5° comma); mentre spetta al segretario comunale di trasmettere, fra
l'altro, all'autorità giudiziaria competente «l'elenco dei rapporti co
municati dagli ufficiali od agenti di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente e delle relative ordi
nanze di sospensione» (7° comma); senza di che «il presidente del
la giunta regionale . . . adotta i provvedimenti eventualmente
necessari dandone contestuale comunicazione alla competente au
torità giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale» (8° com
ma); ed il giudice ordina da ultimo, «con la sentenza di condanna
per il reato di cui all'art. 17, lett. b), 1. 28 gennaio 1977 n. 10, come
modificato dal successivo art. 20», la demolizione delle costruzioni
abusive «se ancora non sia stata altrimenti eseguita» (9° comma). A sua volta, l'art. 201. cit. aggrava le pene già previste in propo
sito dall'art. 17 1. n. 10 del 1977; ed in pari tempo ribadisce il nesso
fra le sanzioni penali e le corrispondenti sanzioni amministrative, mantenendole esplicitamente «ferme». Il che non contrasta con la
previsione di concessioni od autorizzazioni in sanatoria, contenuta
nel precedente art. 13: sia perché queste sono consentite nei termini
entro i quali i responsabili dovrebbero procedere alla demolizione; sia perché la sanatoria presuppone l'«accertamento di conformità»
agli «strumenti urbanistici generali e di attuazione» (cfr. il 1 ° com
nel medesimo tempo in una inammissibile interferenza nella tutela penale che deve invece risultare uniforme su tutto il territorio nazionale. Un con nesso profilo di inammissibile interferenza sarebbe ulteriormente derivato dalla circostanza che, autorizzandosi la concessione in sanatoria nonostan te il mancato pagamento dell'oblazioné, si sarebbe finito col paralizzare il
potere del giudice penale di ordinare con la sentenza di condanna ex art. 7 1. n. 47/85 la demolizione delle opere edificate abusivamente. Senonché, come ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 58/59 cit. e men zionata in motivazione, la lesione delle attribuzioni spettanti allo Stato in materia penale sussiste sia quando una legge regionale pretenda di configu rare nuovi reati o di richiamare per violazioni di norme regionali sanzioni
penali già comminate da leggi statali, sia quando tenda «a rendere lecita un'attività (. . .) che dalla legge dello Stato è considerata illecita e passibile di sanzione penale».
La tesi, secondo cui la legge regionale non rientra tra le legittime fonti
della normazione penale, può dirsi pacifica anche in dottrina: cfr., per tut
ti, Vinciguerra, Le leggi penali regionali, Milano, 1974, passim; Bricola, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1981, 251 ss.; Vassalli, «Nullum crimen sine lege», voce del Novissimo di
gesto, 1964, VIII, 496. Si registra, tuttavia, un atteggiamento più possibili sta di parte della dottrina rispetto alla ammissibilità di una legge regionale dotata di efficacia «scriminante» nei confronti di una legge statale incrimi natrice: cfr. il quadro riepilogativo delle posizioni della dottrina tracciato da S. D. Messina, in Foro it, 1984, II, 107 e letteratura ivi cit. [G. Fiandaca]
Il Foro Italiano — 1987.
ma dell'articolo stesso); sia, soprattutto, perché il rilascio della con
cessione in sanatoria è subordinato al pagamento, «a titolo di obla
zione», delle somme indicate nel 3° e 4° comma (con la conseguente estinzione dei reati di cui all'ultimo comma dell'art. 22).
Ciò posto, quanto alle costruzioni ed alle altre opere abusive ul
timate entro la data del 1° ottobre 1983, l'art. 311. cit. precisa —
al 1° comma — che i proprietari (e gli altri soggetti interessati di
cui al 3° comma) possono richiedere e conseguire «la concessione
o la autorizzazione in sanatoria», indipendentemente dall'accerta
mento imposto nell'art. 13; purché, tuttavia, si tratti di opere «su
scettibili di sanatoria», ai sensi degli art. 32 e 33, e sempre che i
richiedenti effettuino, in base all'art. 34, il «previo versamento al
l'erario, a titolo di oblazione, di una somma determinata . . .».
«Corredata dalla prova dell'eseguito versamento dell'oblazione» (o d'una rata di essa), «la domanda di concessione o di autorizzazio
ne in sanatoria deve essere presentata al comune interessato» — stan
do al 1° comma dell'art. 35, come sostituito dall'art. 8, 2° comma, d.l. 23 aprile 1985 n. 146, convertito nella 1. 21 giugno 1985 n. 298 — «entro il termine perentorio del 30 novembre 1985» (poi proro
gato fino al 31 marzo 1986 dall'art. 1 d.l. 20 novembre 1985 n. 656, convertito nella 1. 24 dicembre 1985 n. 780. Da ciò viene fatta di
pendere — ai sensi del 1° comma dell'art. 38 — la congiunta so
spensione del procedimento penale e di quello per le sanzioni
amministrative; mentre «l'oblazione interamente corrisposta estin
gue», fra l'altro, «i reati di cui all'art. 411. 17 agosto 1942 n. 1150
e successive modificazioni, e all'art 17 1. 28 gennaio 1977 n. 10, co
me modificato dall'art. 20 della presente legge» (cfr. il successivo
comma, con le modifiche apportate dall'art. 5 d.l. n. 146 cit.); ed
il 4° comma del medesimo articolo, confermato ulteriormente il nes
so fra le pene e le sanzioni amministrative, chiarisce che neppure
queste possono trovare applicazione, una volta «concessa la sana
toria». Né vale a smentirlo il disposto dell'art. 39, per cui «l'effet
tuazione dell'oblazione, qualora le opere non possano conseguire la sanatoria, estingue i reati contravvenzionali di cui all'art. 38», laddove le sanzioni amministrative pecuniarie «sono ridotte in mi
sura corrispondente all'oblazione . . .»: in questo specifico caso, è infatti la depenalizzazione che prescinde dalla sanatoria
urbanistico-edilizia, e non viceversa.
Di regola, però, l'art. 40 ristabilisce la detta concessione, dispo nendo che la mancata presentazione dell'istanza di sanatoria (alla
quale è equiparato il caso della domanda dolosamente infedele) com
porta l'applicazione di tutte le sanzioni configurate dal capo pri
mo, siano penali od amministrative. E «le stesse sanzioni si
applicano» — aggiunge il 1 ° comma — «se, presentata la doman
da, viene effettuata l'oblazione dovuta».
2. - Ora, anche la regione siciliana ha, in un primo tempo, detta
to un organico complesso di «nuove norme in materia di controllo
dell'attività urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle
opere abusive», conformandosi al sistema configurato dalla legge statale n. 47 del 1985 (cosi come si è conformata alla legge statale
la regione Lazio, mediante la 1. 21 maggio 1985 n. 76, che ha modi
ficato ed integrato la precedente legge di sanatoria urbanistico
edilizia 2 maggio 1980 n. 28). La 1. reg. 10 agosto 1985 n. 37 ha
infatti previsto — nell'art. 1,1° comma — che la legge n. 47 si ap
plichi in Sicilia, sia pure «con le sostituzioni, modifiche ed integra zioni» contestualmente stabilite. In particolare, l'art. 3 1. reg. cit.,
dopo aver precisato che i provvedimenti di vigilanza sull'attività
urbanistico-edilizia e di conseguente demolizione delle opere abusi
ve «sono atti dovuti per il sindaco», aggiunge che, «nel caso di inerzia
comunale», il competente assessore della regione «provvede a dif
fidare il sindaco» e a darne «comunicazione» all'autorità giudizia
ria, per poi intervenire in via sostitutiva «nella ipotesi di grave danno
urbanistico»; l'art. 23 ridisciplina le «condizioni di applicabilità della
sanatoria», sulla falsariga della corrispondente normativa statale; l'art. 26, nel regolare il «procedimento per la sanatoria», mantiene
fermi «il termine perentorio del 30 novembre 1985», quanto alla
presentazione delle relative domande ed al versamento dell'oblazio
ne, e la data del 1° ottobre 1983, quanto all'ultimazione delle ope re abusive in esame; e l'art. 39 abroga, coerentemente, una serie
di precedenti norme regionali, come quelle dettate dalle 1. n. 7 del
1980 e n. 70 del 1981, in tema di «riordino urbanistico edilizio». A questo punto, però, la regione siciliana è nuovamente interve
nuta in materia, mediante una leggina approvata il 2 aprile 1986,
che nominalmente contiene modifiche ed integrazioni alla citata 1.
reg. n. 37 del 1985, ma in realtà si propone di pregiudicare l'appli cazione degli stessi principi informatori della legge statale n. 47, circa
la sanatoria delle pregresse opere abusive. L'art. 1 di quest'ultimo
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PARTE PRIMA
atto legislativo facoltizza anzitutto i soggetti che domandino il rila
scio di concessioni od autorizzazioni in sanatoria a farne istanza
allegando un'«esplicita dichiarazione» di rinuncia a «conseguire gli effetti discendenti dalla corresponsione dell'oblazione prevista dal
l'art. 341. 28 febbraio 1985 n. 47»; senza che il mancato pagamen to sia ostativo — come precisa la frase seguente del medesimo
articolo — alla sanatoria disposta dalle competenti autorità ammi
nistrative. Malgrado siffatte previsioni vengano inserite entro un
apposito art. 26 bis 1. reg. n. 37, l'istanza e la dichiarazione delle
quali si tratta non sono più sottoposte a termimi di sorta, essendo
da tempo trascorsa la data del 30 novembre 1985, già ribadita dal
l'originario art. 26 (anche se, a colmare la lacuna, è poi sopravve nuto l'art. 1 1. reg. 15 maggio 1986 n. 26). E, parallelamente, lo
stesso termine di ultimazione delle opere abusive, già fissato allo
scadere del 1° ottobre 1983, viene spostato dall'art. 2 della legge
impugnata alla data del 16 marzo 1985.
Di qui il ricorso del commissario dello Stato, nel quale si conte
sta la legittimità di tutte queste disposizioni: da un lato, perché esse
produrrebbero un'«interferenza» nella «materia penale» riservata
alla legislazione statale; d'altro lato, perché esse violerebbero una
«legge di riforma economico-sociale», come quella disciplinante il
cosiddetto condono edilizio, esorbitando in tal modo dai limiti che
l'art. 14, lett. f), dello statuto siciliano pone a carico della legisla zione regionale «esclusiva» in tema di urbanistica.
3. - Va preliminarmente affrontato il problema se la regione sici
liana sia competente a legiferare nei termini previsti dalle disposi zioni in esame; o se, viceversa, la legge approvata dall'assemblea
regionale debba considerarsi invasiva o lesiva delle attribuzioni spet tanti allo Stato per tutto ciò che attiene al diritto penale. Questa corte ha infatti chiarito — sin dalla sentenza n. 58 del 1959 (Foro
it., 1960,1, 10) — che «la preclusione non sussiste soltanto nel sen
so .. . che le regioni non possono né creare nuove figure di reati, né richiamare, per violazione di norme regionali, sanzioni penali
già comminate da leggi dello Stato»; ma opera anche quando «il
provvedimento» regionale è «inteso a rendere lecita un'attività . . . , che dalla legge dello Stato è considerata illecita e passibile di san
zione penale». Ed è, precisamente, nella seconda di tali prospettive che il ricorso risulta del tutto fondato.
È stato già evidenziato, nel ricostruire i tratti essenziali della 1.
n. 47 del 1985, come sanzioni penali e sanzioni amministrative sia
no interdipendenti fra di loro, tanto agli effetti del capo primo quan to agli effetti del capo quarto della legge stessa. Per contro,
l'impugnata legge regionale, ponendosi sul medesimo piano della
disciplina del cosiddetto condono edilizio, si propone di separare la prevista estinzione dei pregressi reati urbanistici dalla relativa sa
natoria delle opere abusive (senza affatto tener conto che la prima
rappresenta, nell'ambito di tale normativa, la necessaria premessa della seconda); e, cosi facendo, interferisce nell'applicazione delle
stesse norme penalmente rilevanti, dettate dalla 1. n. 47.
Comunque si voglia configurare la richiesta di concessione o di
autorizzazione in sanatoria, regolata dagli art. 31 ss. 1. cit., e l'«obla
zione» che la deve accompagnare o seguire secondo l'ordinamento
generale dello Stato, è certo che si tratta di condizioni indispensa bili per estinguere — in base al testuale disposto dell'art. 38, 2° com
ma — tutta una serie di reati. In luogo di ciò, viceversa, l'art. 1
della legge regionale in discussione introduce l'anomala previsione di una vera e propria autodenuncia dei soggetti interessati, intesa
ad ottenere — fermi restando i reati predetti — il beneficio della
sola sanatoria amministrativa di altrettanti illeciti penali permanenti; senza che il rilascio delle necessarie concessioni od autorizzazioni
venga subordinato ad alcuna condizione alternativa e senza che si
garantisca in alcun modo il recupero urbanistico degli insediamenti
abusivi, da parte della regione e dei comuni, secondo i criteri fissati
nel capo terzo della 1. n. 47.
In questa paradossale situazione — che verrebbe a determinarsi
ove entrasse in vigore la legge approvata dall'assemblea regionale il 2 aprile 1986 — sono messi in forse, di riflesso, anche i reati e
le pene previsti o presupposti dalla legislazione statale, quanto ai
pubblici amministratori che abusino dei loro poteri od omettano
di adempiere agli obblighi del proprio ufficio nel settore urbanistico
edilizio. Sono destinati a venir meno, in particolar modo, i doveri
imposti ai sindaci dall'art. 7 1. n. 47; sono posti in dubbio, paralle lamente, i rapporti all'autorità giudiziaria competente, di cui al 7°
ed all'8° comma del medesimo articolo (come modificato dall'art.
3 1. reg. sic. n. 37 del 1985). Di più: finanche la demolizione delle
opere abusive ordinata dal giudice penale con la sentenza di con
danna cui si riferisce l'ultimo comma dell'art. 7 (richiamato dal
li, Foro Italiano — 1987.
l'art. 40, 1° comma, 1. n. 47), appare incompatibile — secondo gli insistiti rilievi della difesa regionale — con la sanatoria di opere che
a questo punto dovrebbero dirsi legittime. Ciò conferma che le scelte sanzionatorie della 1. n. 47, considera
te con particolare riguardo ai disposti del capo quarto, fanno parte di un sistema entro il quale non si possono introdurre arbitrarie di
stinzioni, senza sconvolgerne la complessiva logica. Il nesso fra san
zioni penali e sanzioni amministrative non si presta, pertanto, ad
essere validamente interrotto per mezzo di leggi regionali, che ver
rebbero a ledere l'indispensabile uniformità del trattamento in tut
to il territorio del paese.
S'impone dunque, ad un tempo, l'annullamento dell'art. 1 e del
l'art. 2 della legge impugnata; mentre rimangono assorbite le altre
questioni prospettate dal ricorso del commissario dello Stato.
4. - Non giova replicare — come fa la difesa regionale — che non
basta «il collegamento dei più svariati effetti penali . . . alle dispo sizioni . . . delle leggi statali sulle stesse materie di cui alla legisla zione esclusiva della regione siciliana per impedire a quest'ultima di legiferare ... in maniera diversa». Lungi dall'essere assurde ed
incostituzionali, conseguenze del genere discendono naturalmente
dai condizionamenti che l'esercizio della competenza spettantegli in campo penale, da parte del legislatore statale, non può non pro durre nelle materie regionali cui si riferiscono i reati e le pene in
questione. Né si dimostra pertinente il richiamo della sentenza n. 13 del 1980
(id., 1980,1, 569), con la quale questa corte ha respinto i ricorsi com
missariali avverso le norme regionali siciliane già dettate — in tema
di «riordino urbanistico edilizio» — dal titolo settimo della legge
approvata il 15 dicembre 1978 (e poi promulgate mediante la 1. 29
febbraio 1980 n. 7). La problematica e le discipline normative, sta
tale e regionale, che la corte aveva allora di mira, risultano ben di
verse da quelle che formano oggetto dell'attuale decisione: sia perché non era ancora sopraggiunta la 1. n. 47 del 1985, che nel capo quar to ha vincolato, configurando fattispecie penalmente rilevanti, le
stesse regioni a statuto speciale; sia perché il predetto capo quarto
s'impernia sulla richiesta di sanatoria delle opere abusive e sulla con
seguente estinzione dei pregressi reati, laddove la legge statale n.
10 del 1977, in vista della quale si svolse il sindacato delle norme
allora impugnate, assumeva a fattispecie — secondo la sentenza n.
13, cit. — «i provvedimenti (permissivi e) sanzionatoli, se ed in quan to adottati dalle competenti autorità, non già le infrazioni perpe
trate, sanzionate oppur no»; sia perché, in quel caso, il legislatore
regionale siciliano aveva avuto cura — come avvertiva la corte —
di collegare la sanatoria «alla revisione globale degli strumenti ur
banistici generali», entro un anno dalla «perimetrazione» delle zo
ne interessate da insediamenti che causassero un «particolare disordine urbanistico-edilizio». E vale la pena di ricordare, ancora
una volta,che sanatorie siffatte non sono del tutto precluse nean
che dalla 1. n. 47, dati i disposti del citato capo terzo.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale della legge approvata dall'assemblea regionale sici
liana il 2 aprile 1986, intitolata «modifiche ed integrazioni alla 1.
reg. 10 agosto 1985 n. 37».
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 luglio 1986, n. 172 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres. Pa
ladin, Rei. Dell'Andro; interv. Pres. cons, ministri. Ord.
Comm. trib. IIgrado Roma 20 dicembre 1977 (G. U. n. 341 del
1978).
Tributi in genere — Condono — Applicazione automatica dell'au
mento del 10% per le annualità successive a quelle definite per concordato — Inclusione di redditi occasionali — Questione in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; d.l. 5 novembre 1973
n. 660, norme per agevolare la definizione delle pendenze in ma
teria tributaria, art. 3; 1. 19 dicembre 1973 n. 823, conversione
in legge, con modificazioni, del d.l. 5 novembre 1973 n. 660, art.
unico).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l.
5 novembre 1973 n.660, cosi come modificato dall'art, unico della
I. 19 dicembre 1973 n. 823, nella parte in cui, per i periodi d'im
posta antecedenti al 31 ottobre 1973, scaduto il termine per la di
chiarazione, ma non quello per l'accertamento, prevede la
determinazione dell'imponibile maggiorata del 10 °7o per ciascun
periodo anche relativamente ai redditi occasionali o comunque
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