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sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres....

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sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres. e rel. Paladin; Commissario dello Stato per la regione siciliana (Avv. dello Stato Azzariti) c. Regione siciliana (Avv. Calabretta) Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 19/20-23/24 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179536 . Accessed: 24/06/2014 22:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.105 on Tue, 24 Jun 2014 22:33:38 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres. e rel. Paladin; Commissario dello Stato per la regione siciliana (Avv. dello Stato

sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres.e rel. Paladin; Commissario dello Stato per la regione siciliana (Avv. dello Stato Azzariti) c.Regione siciliana (Avv. Calabretta)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 19/20-23/24Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179536 .

Accessed: 24/06/2014 22:33

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PARTE PRIMA

3. - La limitazione ravvisata dal giudice a quo nei confronti dei

detti braccianti indubbiamente sussiste e si ricollega al principio ge nerale della esclusione della prosecuzione volontaria della contri

buzione in costanza di assicurazione obbligatoria: principio risultante

dall'art. 1 d.p.r. n. 1432 del 1971, del quale l'art. 7 sopra citato

costituisce applicazione specifica (cfr., del resto, già l'art. 51.4 aprile 1952 n. 218).

Occorre infatti considerare che il sistema assicurativo proprio dei

braccianti agricoli, secondo la normativa applicabile, è fondato su

gli elenchi nominativi, nei quali deve necessariamente essere iscrit

to colui che svolga attività lavorativa in agricoltura. Tali elenchi,

già implicanti una valutazione del rapporto riferita all'anno agra rio (art. 17 d.p.r. 26 aprile 1957 n. 818), sono, in relazione all'art.

7 d.l. 3 febbraio 1970 n. 7, convertito, con modificazioni, in 1. 11

marzo 1970 n. 83, essi stessi redatti con cadenza annuale. Ed oc

corre, soprattutto, considerare che l'iscrizione in detti elenchi ga rantisce ai braccianti, con occupazione anche per poche giornate di lavoro, la copertura assicurativa per un intero anno ai fini pen

sionistici, salva la necessità della integrazione al minimo.

Si è, ovviamente, in presenza di un regime assicurativo peculiare a una categoria di dipendenti, il cui rapporto di lavoro, obiettiva

mente caratterizzato da periodi, anche ampi, di non occupazione

effettiva, è valutato ex lege come presupposto idoneo a dar vita a

un rapporto assicurativo continuativo per ogni anno di iscrizione

negli elenchi, ove ricorra un minimo contributivo per l'anno stes

so, ed a far conseguire il diritto alla pensione mediante il raggiun

gimento di un tetto contributivo globale inferiore rispetto a quello

prescritto per gli altri lavoratori.

Nell'ambito del sistema, mentre è richiesto un numero minimo

ridotto di contributi annui, è consentita l'integrazione della contri

buzione qualora le giornate lavorative effettivamente accertate (il meccanismo dell'accertamento presuntivo è stato infatti dichiarato

illegittimo con la sentenza di questa corte n. 65 del 1962, Foro it.,

1962, I, 1234) siano inferiori al detto minimo. Sicché, in virtù di tale specifico strumento (art. 4 d.p.r. n. 1432

del 1971), il bracciante può ottenere la valutazione dell'intero anno

ai fini pensionistici versando volontariamente i contributi necessari

a raggiungere il minimo fissato dalla legge (104 contributi giorna lieri per gli uomini e 70 per le donne).

4. - Non vi è dubbio che sia la particolare struttura del rapporto assicurativo dei braccianti agricoli — in quanto riferito ad un inte

ro anno di copertura assicurativa — e non già, come adombrato

in alcuni scritti defensionali, un residuo effetto del caducato accer

tamento presuntivo delle giornate di lavoro, ad escludere il ricorso

all'istituto della prosecuzione volontaria in relazione ai periodi di

non effettiva occupazione nel corso dell'anno di iscrizione negli elen

chi (qui non si tratta di versamenti ulteriori relativi ad effettivo ul

teriore lavoro prestato). La finalità propria dell'istituto della prosecuzione volontaria —

e cioè quella di elidere le conseguenze negative, per l'assicurato, della

mancata prestazione di un'attività lavorativa soggetta all'obbligo assicurativo — qui è raggiunta ex lege, mediante l'equiparazione dell'iscrizione negli elenchi annuali a prestazione di effettiva attivi

tà lavorativa, mentre con l'integrazione è soddisfatta l'esigenza del

raggiungimento di un minimo contributivo ai fini della continuità

della copertura assicurativa per l'intero anno.

Non si scorge, dunque, la ragione di una deroga al limite di ordi

ne generale fissato dall'art. 1 d.p.r. n.1432 del 1971, diretto a vie

tare la sovrapposizione al periodo (annuale) coperto da assicurazione

obbligatoria (anche grazie all'integrazione) di periodi (entro l'an

no) di prosecuzione volontaria.

Tutto ciò considerato, non può ritenersi ingiustificatamente di

scriminatoria in danno dei braccianti agricoli la preclusione della

prosecuzione volontaria ex art. 7 d.p.r. n. 1432 del 1971 per perio di entro l'anno di iscrizione negli elenchi.

Posto che non può ritenersi discriminatorio in danno dei brac

cianti agricoli un sistema in cui è consentito che un ridotto numero

di giornate lavorative (raggiungibile per di più mediante integrazione

volontaria) sia considerato ex lege sufficiente a garantire la coper tura assicurativa per un intero anno, e che sia conseguito il diritto

alla pensione mediante il raggiungimento di un tetto contributivo

globale inferiore rispetto a quello prescritto per gli altri lavoratori, non si vede anzitutto a quale necessità perequativa risponda l'im

piego — auspicato ad integrazione del sistema stesso tramite una

sentenza additiva in questa corte — della prosecuzione volontaria

relativamente ai periodi suindicati.

Il Foro Italiano — 1987.

In ogni caso tale impiego verrebbe ad alterare, integrandolo, un

sistema che, come quello anzidetto, appare giustificato, nelle de

scritte peculiarità, dalla particolare natura (caratterizzata, come già

rilevato, da ampi periodi di non occupazione effettiva) del rappor to di lavoro cui è collegata la previdenza in argomento.

La questione va pertanto dichiarata non fondata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 4

e 7 d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1432 (riordinamento della prosecu zione volontaria dell'assicurazione obbligatoria per invalidità, vec

chiaia, superstiti e tubercolosi), sollevata, in riferimento all'art. 3, 1° comma, Cost., dal Pretore di Reggio Emilia con le ordinanze

indicate in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres. e

rei. Paladin; Commissario dello Stato per la regione siciliana

(Aw. dello Stato Azzariti) c. Regione siciliana (Avv. Cala

bre tt a).

Sicilia — Edilizia e urbanistica — Legge regionale di sanatoria de

gli abusi edilizi — Contrasto con legge statale — Incostituziona

lità (Cost., art. 3, 5; statuto della regione siciliana, art. 14; 1. 28

febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività

urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere

edilizie).

È illegittimo, perché disciplina la sanatoria degli abusi edilizi in ma

niera contrastante con la legge nazionale, cosi ledendo le attribu

zioni spettanti allo Stato in materia penale, la legge dell'assemblea

regionale siciliana 2 aprile 1986, intitolata «modifiche ed integra zioni alla l. reg. 10 agosto 1985 n. 37». (1)

(1) Che la Consulta avrebbe bocciato la discutibile leggina approvata (ma non promulgata) dalla regione siciliana per disciplinare in modo autonomo il condono edilizio, era in realtà da attenderselo. A prescindere dal merito delle ragioni che hanno indotto i parlamentari regionali a ritenere troppo gravosa, e perciò inadeguata per la Sicilia la normativa di cui alla recente

legge nazionale n. 47/85, un dato infatti era e rimane certo: il procedimen to di sanatoria delle opere abusive interferisce con una materia — quella penale — che è di esclusivo monopolio dello Stato (cfr. Corte cost. n. 6/56, Foro it., 1956,1, 1508; n. 21/57, id., 1957,1, 191; n. 39/57, id., Rep. 1957, voce Trentino-Alto Adige, n. 24; n. 51/57, ibid., voce Sicilia, n. 161; n. 58/57, id., 1957, I, 1590; n. 58/59, id., 1960, I, 10; n. 23/61, id., 1961, I, 892; n. 90/62, id., 1962,1, 2164; n. 26/66, id., 1966,1, 609; n. 210/72, id., 1973, I, 638; n. 79/77, id., 1977,1, 1341 e in Riv. it. dir. eproc.pen., 1979, 1132 con nota di Fuscm; n. 13/80, Foro it., 1980,1, 569 e in Giur. costit., 1980, I, 102 con osservazioni di Mangiameli).

Come hanno del resto posto in evidenza i primi commentatori della l.n. 47/85 (cfr. Grassi, in Legislazione pen., 1985, 548 s.), proprio l'inerenza della sanatoria alla disciplina penale costituisce la principale ragione di fondo che ha suggerito al legislatore nazionale di escludere la «sanatoria delle opere abusive» dalla competenza normativa delle regioni, sia di diritto comune che a statuto speciale: tale esclusione discende esplicitamente dall'art. 1 1. n. 47/85 che, mentre, da un lato, autorizza le regioni ad emanare norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni am

ministrative, mantiene, dall'altro, invece ferme le disposizioni di cui al ca

po IV della stessa legge, relative appunto al procedimento di sanatoria e cosi riservandolo alla competenza esclusiva della legislazione statale.

Il tipo o modello di interferenza venuto nel caso di specie al vaglio della

Consulta, è riassumibile nel modo seguente. La recente legge nazionale sul condono subordina il rilascio della concessione in sanatoria al pagamento di una oblazione, e la intera corresponsione di quest'ultima produce nello stesso tempo l'effetto di estinguere il reato contravvenzionale urbanistico

precedentemente commesso (per un commento a questa nuova disciplina cfr.

Severino,ibid., 639; si veda altresì, con riferimento alla fase preparatoria della nuova legge, Grosso, in Foro it., 1984, V, 299). La legge regionale siciliana oggetto di censura, proponendosi invece di svincolare la conces sione in sanatoria dal pagamento dell'oblazione («il mancato pagamento dell'oblazione non è ostativo al rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria»), avrebbe finito col configurare un meccanismo di condono

sprovvisto di quella efficacia estintiva preveduta dal legislatore statale: ora, stante lo strettissimo nesso di interdipendenza nell'ambito della 1. n. 47/85 tra regolamentazione amministrativa e regime penale, è evidente che una

disciplina come quella prefigurata nella leggina impugnata si sarebbe tra

dotta, non solo in una diversa articolazione della tutela amministrativa, ma

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Per intendere il senso della legge siciliana impu

gnata dal commissario dello Stato e per apprezzare i motivi del ri

corso, giova anzitutto ricordare quali siano i criteri ispiratori della

legge statale 28 febraio 1985 n. 47 (e successive modificazioni), nel

le parti su cui verrebbe ad incidere, qualora entrasse in vigore, la

disciplina che forma l'oggetto dell'attuale controversia.

L'art. 11. n. 47 premette — al 1 ° comma — che «le regioni ema

nano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edi

lizia e di sanzioni amministrative in conformità ai principi definiti dai capi I, II e III della presente legge»; mentre «sono in ogni caso

fatte salve» — stando al disposto del 3° comma — «le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento

e di Bolzano». Peraltro, il 1° comma esordisce mantenendo «fer

mo .. . quanto previsto dal capo IV», in tema di sanatoria delle

opere abusive. E i commentatori della legge stessa concordano nel

ritenere che il particolare rilievo attribuito al capo quarto dipenda dal fatto che le disposizioni sul cosiddetto condono edilizio sono

contraddistinte dalla configurazione di fattispecie penalmente rile

vanti: con la conseguenza che, sotto questo aspetto, esse vanno ap

plicate nelle regioni a statuto speciale, quand'anche dotate di

competenza primaria od esclusiva in materia urbanistica, non me

no che nelle regioni di diritto comune.

In quanto richiamate nel capo quarto, vanno poi considerate le

norme del capo primo che sanzionano i trasgressori della relativa

disciplina urbanistico-edilizia. In particolar modo, va tenuto pre sente l'art. 71. cit., concernente le «opere eseguite in assenza di con

cessione, in totale difformità o con variazioni essenziali»: là dove

s'impone al sindaco di ingiungere la demolizione delle opere stesse

e di acquistare di diritto al patrimonio del comune i beni per i quali i responsabili dell'abuso non provvedono nel termine di novanta

giorni, per poi ordinare la demolizione a spese dei responsabili me

desimi, salvi gli eventuali «prevalenti interessi pubblici», non incom

patibili «con rilevanti interessi urbanistici o ambientali» (2°, 3° e 5° comma); mentre spetta al segretario comunale di trasmettere, fra

l'altro, all'autorità giudiziaria competente «l'elenco dei rapporti co

municati dagli ufficiali od agenti di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente e delle relative ordi

nanze di sospensione» (7° comma); senza di che «il presidente del

la giunta regionale . . . adotta i provvedimenti eventualmente

necessari dandone contestuale comunicazione alla competente au

torità giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale» (8° com

ma); ed il giudice ordina da ultimo, «con la sentenza di condanna

per il reato di cui all'art. 17, lett. b), 1. 28 gennaio 1977 n. 10, come

modificato dal successivo art. 20», la demolizione delle costruzioni

abusive «se ancora non sia stata altrimenti eseguita» (9° comma). A sua volta, l'art. 201. cit. aggrava le pene già previste in propo

sito dall'art. 17 1. n. 10 del 1977; ed in pari tempo ribadisce il nesso

fra le sanzioni penali e le corrispondenti sanzioni amministrative, mantenendole esplicitamente «ferme». Il che non contrasta con la

previsione di concessioni od autorizzazioni in sanatoria, contenuta

nel precedente art. 13: sia perché queste sono consentite nei termini

entro i quali i responsabili dovrebbero procedere alla demolizione; sia perché la sanatoria presuppone l'«accertamento di conformità»

agli «strumenti urbanistici generali e di attuazione» (cfr. il 1 ° com

nel medesimo tempo in una inammissibile interferenza nella tutela penale che deve invece risultare uniforme su tutto il territorio nazionale. Un con nesso profilo di inammissibile interferenza sarebbe ulteriormente derivato dalla circostanza che, autorizzandosi la concessione in sanatoria nonostan te il mancato pagamento dell'oblazioné, si sarebbe finito col paralizzare il

potere del giudice penale di ordinare con la sentenza di condanna ex art. 7 1. n. 47/85 la demolizione delle opere edificate abusivamente. Senonché, come ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 58/59 cit. e men zionata in motivazione, la lesione delle attribuzioni spettanti allo Stato in materia penale sussiste sia quando una legge regionale pretenda di configu rare nuovi reati o di richiamare per violazioni di norme regionali sanzioni

penali già comminate da leggi statali, sia quando tenda «a rendere lecita un'attività (. . .) che dalla legge dello Stato è considerata illecita e passibile di sanzione penale».

La tesi, secondo cui la legge regionale non rientra tra le legittime fonti

della normazione penale, può dirsi pacifica anche in dottrina: cfr., per tut

ti, Vinciguerra, Le leggi penali regionali, Milano, 1974, passim; Bricola, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1981, 251 ss.; Vassalli, «Nullum crimen sine lege», voce del Novissimo di

gesto, 1964, VIII, 496. Si registra, tuttavia, un atteggiamento più possibili sta di parte della dottrina rispetto alla ammissibilità di una legge regionale dotata di efficacia «scriminante» nei confronti di una legge statale incrimi natrice: cfr. il quadro riepilogativo delle posizioni della dottrina tracciato da S. D. Messina, in Foro it, 1984, II, 107 e letteratura ivi cit. [G. Fiandaca]

Il Foro Italiano — 1987.

ma dell'articolo stesso); sia, soprattutto, perché il rilascio della con

cessione in sanatoria è subordinato al pagamento, «a titolo di obla

zione», delle somme indicate nel 3° e 4° comma (con la conseguente estinzione dei reati di cui all'ultimo comma dell'art. 22).

Ciò posto, quanto alle costruzioni ed alle altre opere abusive ul

timate entro la data del 1° ottobre 1983, l'art. 311. cit. precisa —

al 1° comma — che i proprietari (e gli altri soggetti interessati di

cui al 3° comma) possono richiedere e conseguire «la concessione

o la autorizzazione in sanatoria», indipendentemente dall'accerta

mento imposto nell'art. 13; purché, tuttavia, si tratti di opere «su

scettibili di sanatoria», ai sensi degli art. 32 e 33, e sempre che i

richiedenti effettuino, in base all'art. 34, il «previo versamento al

l'erario, a titolo di oblazione, di una somma determinata . . .».

«Corredata dalla prova dell'eseguito versamento dell'oblazione» (o d'una rata di essa), «la domanda di concessione o di autorizzazio

ne in sanatoria deve essere presentata al comune interessato» — stan

do al 1° comma dell'art. 35, come sostituito dall'art. 8, 2° comma, d.l. 23 aprile 1985 n. 146, convertito nella 1. 21 giugno 1985 n. 298 — «entro il termine perentorio del 30 novembre 1985» (poi proro

gato fino al 31 marzo 1986 dall'art. 1 d.l. 20 novembre 1985 n. 656, convertito nella 1. 24 dicembre 1985 n. 780. Da ciò viene fatta di

pendere — ai sensi del 1° comma dell'art. 38 — la congiunta so

spensione del procedimento penale e di quello per le sanzioni

amministrative; mentre «l'oblazione interamente corrisposta estin

gue», fra l'altro, «i reati di cui all'art. 411. 17 agosto 1942 n. 1150

e successive modificazioni, e all'art 17 1. 28 gennaio 1977 n. 10, co

me modificato dall'art. 20 della presente legge» (cfr. il successivo

comma, con le modifiche apportate dall'art. 5 d.l. n. 146 cit.); ed

il 4° comma del medesimo articolo, confermato ulteriormente il nes

so fra le pene e le sanzioni amministrative, chiarisce che neppure

queste possono trovare applicazione, una volta «concessa la sana

toria». Né vale a smentirlo il disposto dell'art. 39, per cui «l'effet

tuazione dell'oblazione, qualora le opere non possano conseguire la sanatoria, estingue i reati contravvenzionali di cui all'art. 38», laddove le sanzioni amministrative pecuniarie «sono ridotte in mi

sura corrispondente all'oblazione . . .»: in questo specifico caso, è infatti la depenalizzazione che prescinde dalla sanatoria

urbanistico-edilizia, e non viceversa.

Di regola, però, l'art. 40 ristabilisce la detta concessione, dispo nendo che la mancata presentazione dell'istanza di sanatoria (alla

quale è equiparato il caso della domanda dolosamente infedele) com

porta l'applicazione di tutte le sanzioni configurate dal capo pri

mo, siano penali od amministrative. E «le stesse sanzioni si

applicano» — aggiunge il 1 ° comma — «se, presentata la doman

da, viene effettuata l'oblazione dovuta».

2. - Ora, anche la regione siciliana ha, in un primo tempo, detta

to un organico complesso di «nuove norme in materia di controllo

dell'attività urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle

opere abusive», conformandosi al sistema configurato dalla legge statale n. 47 del 1985 (cosi come si è conformata alla legge statale

la regione Lazio, mediante la 1. 21 maggio 1985 n. 76, che ha modi

ficato ed integrato la precedente legge di sanatoria urbanistico

edilizia 2 maggio 1980 n. 28). La 1. reg. 10 agosto 1985 n. 37 ha

infatti previsto — nell'art. 1,1° comma — che la legge n. 47 si ap

plichi in Sicilia, sia pure «con le sostituzioni, modifiche ed integra zioni» contestualmente stabilite. In particolare, l'art. 3 1. reg. cit.,

dopo aver precisato che i provvedimenti di vigilanza sull'attività

urbanistico-edilizia e di conseguente demolizione delle opere abusi

ve «sono atti dovuti per il sindaco», aggiunge che, «nel caso di inerzia

comunale», il competente assessore della regione «provvede a dif

fidare il sindaco» e a darne «comunicazione» all'autorità giudizia

ria, per poi intervenire in via sostitutiva «nella ipotesi di grave danno

urbanistico»; l'art. 23 ridisciplina le «condizioni di applicabilità della

sanatoria», sulla falsariga della corrispondente normativa statale; l'art. 26, nel regolare il «procedimento per la sanatoria», mantiene

fermi «il termine perentorio del 30 novembre 1985», quanto alla

presentazione delle relative domande ed al versamento dell'oblazio

ne, e la data del 1° ottobre 1983, quanto all'ultimazione delle ope re abusive in esame; e l'art. 39 abroga, coerentemente, una serie

di precedenti norme regionali, come quelle dettate dalle 1. n. 7 del

1980 e n. 70 del 1981, in tema di «riordino urbanistico edilizio». A questo punto, però, la regione siciliana è nuovamente interve

nuta in materia, mediante una leggina approvata il 2 aprile 1986,

che nominalmente contiene modifiche ed integrazioni alla citata 1.

reg. n. 37 del 1985, ma in realtà si propone di pregiudicare l'appli cazione degli stessi principi informatori della legge statale n. 47, circa

la sanatoria delle pregresse opere abusive. L'art. 1 di quest'ultimo

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PARTE PRIMA

atto legislativo facoltizza anzitutto i soggetti che domandino il rila

scio di concessioni od autorizzazioni in sanatoria a farne istanza

allegando un'«esplicita dichiarazione» di rinuncia a «conseguire gli effetti discendenti dalla corresponsione dell'oblazione prevista dal

l'art. 341. 28 febbraio 1985 n. 47»; senza che il mancato pagamen to sia ostativo — come precisa la frase seguente del medesimo

articolo — alla sanatoria disposta dalle competenti autorità ammi

nistrative. Malgrado siffatte previsioni vengano inserite entro un

apposito art. 26 bis 1. reg. n. 37, l'istanza e la dichiarazione delle

quali si tratta non sono più sottoposte a termimi di sorta, essendo

da tempo trascorsa la data del 30 novembre 1985, già ribadita dal

l'originario art. 26 (anche se, a colmare la lacuna, è poi sopravve nuto l'art. 1 1. reg. 15 maggio 1986 n. 26). E, parallelamente, lo

stesso termine di ultimazione delle opere abusive, già fissato allo

scadere del 1° ottobre 1983, viene spostato dall'art. 2 della legge

impugnata alla data del 16 marzo 1985.

Di qui il ricorso del commissario dello Stato, nel quale si conte

sta la legittimità di tutte queste disposizioni: da un lato, perché esse

produrrebbero un'«interferenza» nella «materia penale» riservata

alla legislazione statale; d'altro lato, perché esse violerebbero una

«legge di riforma economico-sociale», come quella disciplinante il

cosiddetto condono edilizio, esorbitando in tal modo dai limiti che

l'art. 14, lett. f), dello statuto siciliano pone a carico della legisla zione regionale «esclusiva» in tema di urbanistica.

3. - Va preliminarmente affrontato il problema se la regione sici

liana sia competente a legiferare nei termini previsti dalle disposi zioni in esame; o se, viceversa, la legge approvata dall'assemblea

regionale debba considerarsi invasiva o lesiva delle attribuzioni spet tanti allo Stato per tutto ciò che attiene al diritto penale. Questa corte ha infatti chiarito — sin dalla sentenza n. 58 del 1959 (Foro

it., 1960,1, 10) — che «la preclusione non sussiste soltanto nel sen

so .. . che le regioni non possono né creare nuove figure di reati, né richiamare, per violazione di norme regionali, sanzioni penali

già comminate da leggi dello Stato»; ma opera anche quando «il

provvedimento» regionale è «inteso a rendere lecita un'attività . . . , che dalla legge dello Stato è considerata illecita e passibile di san

zione penale». Ed è, precisamente, nella seconda di tali prospettive che il ricorso risulta del tutto fondato.

È stato già evidenziato, nel ricostruire i tratti essenziali della 1.

n. 47 del 1985, come sanzioni penali e sanzioni amministrative sia

no interdipendenti fra di loro, tanto agli effetti del capo primo quan to agli effetti del capo quarto della legge stessa. Per contro,

l'impugnata legge regionale, ponendosi sul medesimo piano della

disciplina del cosiddetto condono edilizio, si propone di separare la prevista estinzione dei pregressi reati urbanistici dalla relativa sa

natoria delle opere abusive (senza affatto tener conto che la prima

rappresenta, nell'ambito di tale normativa, la necessaria premessa della seconda); e, cosi facendo, interferisce nell'applicazione delle

stesse norme penalmente rilevanti, dettate dalla 1. n. 47.

Comunque si voglia configurare la richiesta di concessione o di

autorizzazione in sanatoria, regolata dagli art. 31 ss. 1. cit., e l'«obla

zione» che la deve accompagnare o seguire secondo l'ordinamento

generale dello Stato, è certo che si tratta di condizioni indispensa bili per estinguere — in base al testuale disposto dell'art. 38, 2° com

ma — tutta una serie di reati. In luogo di ciò, viceversa, l'art. 1

della legge regionale in discussione introduce l'anomala previsione di una vera e propria autodenuncia dei soggetti interessati, intesa

ad ottenere — fermi restando i reati predetti — il beneficio della

sola sanatoria amministrativa di altrettanti illeciti penali permanenti; senza che il rilascio delle necessarie concessioni od autorizzazioni

venga subordinato ad alcuna condizione alternativa e senza che si

garantisca in alcun modo il recupero urbanistico degli insediamenti

abusivi, da parte della regione e dei comuni, secondo i criteri fissati

nel capo terzo della 1. n. 47.

In questa paradossale situazione — che verrebbe a determinarsi

ove entrasse in vigore la legge approvata dall'assemblea regionale il 2 aprile 1986 — sono messi in forse, di riflesso, anche i reati e

le pene previsti o presupposti dalla legislazione statale, quanto ai

pubblici amministratori che abusino dei loro poteri od omettano

di adempiere agli obblighi del proprio ufficio nel settore urbanistico

edilizio. Sono destinati a venir meno, in particolar modo, i doveri

imposti ai sindaci dall'art. 7 1. n. 47; sono posti in dubbio, paralle lamente, i rapporti all'autorità giudiziaria competente, di cui al 7°

ed all'8° comma del medesimo articolo (come modificato dall'art.

3 1. reg. sic. n. 37 del 1985). Di più: finanche la demolizione delle

opere abusive ordinata dal giudice penale con la sentenza di con

danna cui si riferisce l'ultimo comma dell'art. 7 (richiamato dal

li, Foro Italiano — 1987.

l'art. 40, 1° comma, 1. n. 47), appare incompatibile — secondo gli insistiti rilievi della difesa regionale — con la sanatoria di opere che

a questo punto dovrebbero dirsi legittime. Ciò conferma che le scelte sanzionatorie della 1. n. 47, considera

te con particolare riguardo ai disposti del capo quarto, fanno parte di un sistema entro il quale non si possono introdurre arbitrarie di

stinzioni, senza sconvolgerne la complessiva logica. Il nesso fra san

zioni penali e sanzioni amministrative non si presta, pertanto, ad

essere validamente interrotto per mezzo di leggi regionali, che ver

rebbero a ledere l'indispensabile uniformità del trattamento in tut

to il territorio del paese.

S'impone dunque, ad un tempo, l'annullamento dell'art. 1 e del

l'art. 2 della legge impugnata; mentre rimangono assorbite le altre

questioni prospettate dal ricorso del commissario dello Stato.

4. - Non giova replicare — come fa la difesa regionale — che non

basta «il collegamento dei più svariati effetti penali . . . alle dispo sizioni . . . delle leggi statali sulle stesse materie di cui alla legisla zione esclusiva della regione siciliana per impedire a quest'ultima di legiferare ... in maniera diversa». Lungi dall'essere assurde ed

incostituzionali, conseguenze del genere discendono naturalmente

dai condizionamenti che l'esercizio della competenza spettantegli in campo penale, da parte del legislatore statale, non può non pro durre nelle materie regionali cui si riferiscono i reati e le pene in

questione. Né si dimostra pertinente il richiamo della sentenza n. 13 del 1980

(id., 1980,1, 569), con la quale questa corte ha respinto i ricorsi com

missariali avverso le norme regionali siciliane già dettate — in tema

di «riordino urbanistico edilizio» — dal titolo settimo della legge

approvata il 15 dicembre 1978 (e poi promulgate mediante la 1. 29

febbraio 1980 n. 7). La problematica e le discipline normative, sta

tale e regionale, che la corte aveva allora di mira, risultano ben di

verse da quelle che formano oggetto dell'attuale decisione: sia perché non era ancora sopraggiunta la 1. n. 47 del 1985, che nel capo quar to ha vincolato, configurando fattispecie penalmente rilevanti, le

stesse regioni a statuto speciale; sia perché il predetto capo quarto

s'impernia sulla richiesta di sanatoria delle opere abusive e sulla con

seguente estinzione dei pregressi reati, laddove la legge statale n.

10 del 1977, in vista della quale si svolse il sindacato delle norme

allora impugnate, assumeva a fattispecie — secondo la sentenza n.

13, cit. — «i provvedimenti (permissivi e) sanzionatoli, se ed in quan to adottati dalle competenti autorità, non già le infrazioni perpe

trate, sanzionate oppur no»; sia perché, in quel caso, il legislatore

regionale siciliano aveva avuto cura — come avvertiva la corte —

di collegare la sanatoria «alla revisione globale degli strumenti ur

banistici generali», entro un anno dalla «perimetrazione» delle zo

ne interessate da insediamenti che causassero un «particolare disordine urbanistico-edilizio». E vale la pena di ricordare, ancora

una volta,che sanatorie siffatte non sono del tutto precluse nean

che dalla 1. n. 47, dati i disposti del citato capo terzo.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale della legge approvata dall'assemblea regionale sici

liana il 2 aprile 1986, intitolata «modifiche ed integrazioni alla 1.

reg. 10 agosto 1985 n. 37».

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 luglio 1986, n. 172 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres. Pa

ladin, Rei. Dell'Andro; interv. Pres. cons, ministri. Ord.

Comm. trib. IIgrado Roma 20 dicembre 1977 (G. U. n. 341 del

1978).

Tributi in genere — Condono — Applicazione automatica dell'au

mento del 10% per le annualità successive a quelle definite per concordato — Inclusione di redditi occasionali — Questione in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; d.l. 5 novembre 1973

n. 660, norme per agevolare la definizione delle pendenze in ma

teria tributaria, art. 3; 1. 19 dicembre 1973 n. 823, conversione

in legge, con modificazioni, del d.l. 5 novembre 1973 n. 660, art.

unico).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l.

5 novembre 1973 n.660, cosi come modificato dall'art, unico della

I. 19 dicembre 1973 n. 823, nella parte in cui, per i periodi d'im

posta antecedenti al 31 ottobre 1973, scaduto il termine per la di

chiarazione, ma non quello per l'accertamento, prevede la

determinazione dell'imponibile maggiorata del 10 °7o per ciascun

periodo anche relativamente ai redditi occasionali o comunque

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