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sentenza 7 luglio 2005, n. 267 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 13 luglio 2005, n. 28); Pres....

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sentenza 7 luglio 2005, n. 267 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 13 luglio 2005, n. 28); Pres. Capotosti, Est. Quaranta; G.u.p. Tribunale di Verona c. Senato della repubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 1 (GENNAIO 2006), pp. 15/16-17/18 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201932 . Accessed: 28/06/2014 13:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.81 on Sat, 28 Jun 2014 13:31:37 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 7 luglio 2005, n. 267 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 13 luglio 2005, n. 28); Pres. Capotosti, Est. Quaranta; G.u.p. Tribunale di Verona c. Senato della repubblica

sentenza 7 luglio 2005, n. 267 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 13 luglio 2005, n. 28); Pres.Capotosti, Est. Quaranta; G.u.p. Tribunale di Verona c. Senato della repubblica (Avv. Grassi).Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 1 (GENNAIO 2006), pp. 15/16-17/18Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201932 .

Accessed: 28/06/2014 13:31

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PARTE PRIMA

amministrazione provinciale, sempre che vi sia disponibilità di

posti, in altro profilo professionale della medesima qualifica funzionale per i cui compiti sia loro riconosciuta la necessaria

idoneità». Alla luce delle citate disposizioni è palese che il giudice a

quo muove dall'erroneo convincimento che le tre categorie di

personale, che operano nel mondo della scuola (personale do

cente, dirigente e Ata), siano riconducibili ad una medesima di

sciplina di stato giuridico, con la conseguenza che sarebbe in

giustificata una diversa regolamentazione in ordine alle moda

lità e alla durata del trattenimento in servizio in caso di ricono

sciuta inabilità allo svolgimento delle rispettive funzioni di

istituto per motivi di salute.

Il presupposto di tale convincimento non corrisponde al dato

normativo, il quale si caratterizza per discipline di stato giuridi co distinte per le tre categorie. Si tratta, infatti, di categorie che

presentano sostanziali diversità di funzioni, che giustificano la

differenziata valutazione operata dal legislatore — con scelta

discrezionale non irragionevole — in ordine al collocamento

fuori ruolo e all'assegnazione a compiti diversi da quelli ine

renti alla qualifica di appartenenza originaria. Non può, quindi, essere affermata l'esistenza di quella identità di situazioni giuri diche, rispetto alle quali la disciplina impugnata sia idonea a

determinare una disparità di trattamento rilevante agli effetti

dell'art. 3 Cost.

Inoltre, in un complessivo quadro di misure volte alla razio

nalizzazione delle risorse finanziarie per la scuola e nell'ambito

di una politica generale di contenimento della spesa, trovano

giustificazione norme dirette alla più proficua utilizzazione del

personale che, pur non idoneo per ragioni di salute all'espleta mento della funzione docente, può essere ancora proficuamente utilizzato in altre funzioni, previo il transito presso altre struttu

re organizzative pubbliche. Né è senza significato che il 6°

comma dello stesso art. 35 oggetto di censura stabilisca che

«per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario dichiarato

inidoneo a svolgere le mansioni previste dal profilo di apparte nenza non si procede al collocamento fuori ruolo» e che «i col

locamenti fuori ruolo eventualmente già disposti per detto per sonale cessano il 31 agosto 2003».

Alla luce, pertanto, delle considerazioni che precedono, deve

essere dichiarata la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice rimettente in riferimento al

l'art. 3 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale:

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 35, 5° comma, 1. 27 dicembre 2002 n. 289 (dispo sizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -

legge finanziaria 2003), sollevata, in riferimento

agli art. 35 e 36 Cost., dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza

indicata in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 35, 5° comma, predetta 1. n. 289 del 2002, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Roma, con l'ordi

nanza indicata in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2006.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 luglio 2005, n. 267

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 13 luglio 2005, n. 28); Pres. Capotosti, Est. Quaranta; G.u.p. Tribunale di Verona

c. Senato della repubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribu

zione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —

Parlamentare — Immunità per voti dati e opinioni espres se — Ricorso dell'autorità giudiziaria — Mancata com

piuta esposizione dei presupposti di fatto — Inammissibi lità — Fattispecie (Cost., art. 68, 102; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte

costituzionale, art. 37).

E inammissibile, per mancanza di una compiuta esposizione dei

presupposti di fatto, il ricorso per conflitto di attribuzione tra

poteri dello Stato proposto dal giudice dell'udienza prelimi nare del Tribunale di Verona nei confronti delle deliberazioni

del 31 gennaio 2001 con le quali è stato ritenuto che i fatti

per i quali è in corso procedimento penale a carico dei sena

tori Vito Gnutti e Francesco Speroni concernono opinioni

espresse nell'esercizio della funzione parlamentare e, in

quanto tali, sono insindacabili ai sensi dell'art. 68, 1° com

ma, Cost, (nella specie, la corte lamenta che il giudice non

abbia specificato nel ricorso se i parlamentari avevano o me

no posto in essere comportamenti materiali tali da escludere, di per sé, la riferibilità alla prerogativa di cui all'art. 68, 1°

comma, Cost, e se quello posto in essere dai parlamentari consistesse in un concorso materiale oppure morale nei reati

per i quali erano imputati). (1)

Diritto. — 1. - Il giudice dell'udienza preliminare del Tribu

nale di Verona, con ricorso del 20 febbraio 2001, depositato

presso la cancelleria della corte il 26 successivo, ha sollevato

conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del

senato della repubblica, in relazione alle deliberazioni adottate

dall'assemblea nella seduta del 31 gennaio 2001, con le quali è

stato ritenuto che i fatti per i quali è in corso procedimento pe

ti) I parlamentari erano imputati, in concorso con altri, per i reati di cui agli art. 241 c.p. (fatti diretti a disciogliere l'unità dello Stato), 283

c.p. (fatti diretti a mutare la costituzione dello Stato o la forma del go verno) e 271 c.p. (associazioni antinazionali). Il giudice ricorrente —

nell'impugnare la delibera del senato che aveva ritenuto coperti dal l'immunità di cui all'art. 68, 1° comma, i comportamenti per i quali era in corso il giudizio penale — rilevava come doveva escludersi che sia

«ipotizzabile che un parlamentare, all'interno della sede istituzionale che gli è propria (parlamento), teorizzi la realizzazione di un program ma secessionista, che transiti attraverso atti contrari ai principi fonda mentali del sistema costituzionale nel cui ambito svolge il suo manda

to», e che lo stesso ricorra a «metodi di lotta politica che si sostanziano in attentati alla Costituzione».

La corte rileva come l'indeterminatezza del ricorso (mancata indica zione specifica dei fatti e se trattasi di concorso morale o materiale) non consente di stabilire se il comportamento in questione abbia carat tere materiale o costituisca l'espressione di un'opinione e, quindi, di valutare se ricorrano o meno le condizioni per l'applicazione dell'im munità di cui all'art. 68, 1° comma, Cost.

In senso analogo, la Corte costituzionale si è espressa con sent. 18 febbraio 2005, n. 79, e 27 gennaio 2005, n. 38, Foro it., 2005. I, 953, con nota di richiami e osservazioni di Romboli.

In tema di immunità parlamentare, di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., v. Corte cost. 16 giugno 2005, n. 235, e 8 giugno 2005, n. 223, che saranno riportate in un prossimo fascicolo, con nota di richiami, che hanno risolto nel merito il conflitto tra l'autorità giudiziaria e le camere in ordine all'ambito di applicazione della stessa.

L'art. 271 c.p., che puniva le condotte di promozione, costituzione,

organizzazione e direzione delle associazioni che si propongono di

svolgere o che svolgono attività dirette a distruggere o deprimere il sentimento nazionale, è stato dichiarato incostituzionale da Corte cost. 12 luglio 2001, n. 243, id.. Rep. 2001, voce Personalità dello Stato

(delitti), n. 4, commentata da Ceccanti, in Giur. costit., 2001, 2113. Nel senso che la norma di cui all'art. 283 c.p. è volta a garantire la

legittimità dell'evoluzione costituzionale, per cui essa non tutela l'im mutabilità della Costituzione, ma ribadisce e rafforza penalmente il

principio della possibilità di un mutamento nell'ambito delle forze co stituzionali e che il dolo del delitto previsto da tale disposizione è co stituito dalla coscienza e volontà di porre in essere un'attività rivolta, con mezzi illegittimi, alla modificazione delle norme costituzionali dello Stato con il proposito di attuare tale mutamento, v. App. Roma 26 marzo 1985, Foro it., Rep. 1988, voce cit., nn. 16, 17.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

naie a carico dei senatori Vito Gnutti e Francesco Speroni —

chiamati a rispondere, in concorso con altri imputati, dei reati di

cui agli art. 110 e 241, 110 e 283, 271 c.p., nonché agli art. 81

c.p. e 1 e 2 d.leg. 14 febbraio 1948 n. 43 (divieto delle associa

zioni di carattere militare) — concernono opinioni espresse nel

l'esercizio della funzione parlamentare e, in quanto tali, sono

insindacabili ai sensi dell'art. 68, 1° comma. Cost.

1.1. - In via preliminare deve essere respinta l'eccezione di

inammissibilità sollevata dal senato della repubblica, fondata sul

rilievo che il presente ricorso, investendo contestualmente le

due deliberazioni adottate nel corso della medesima seduta del

31 gennaio 2001, nei confronti tanto del senatore Gnutti che del

senatore Speroni, risulterebbe per ciò solo carente di un distinto

e motivato riferimento alla posizione di ciascuno dei due parla mentari.

1.2. - Questa corte già in altre occasioni — richiesta di di

chiarare inammissibile o irricevibile il ricorso per conflitto di

attribuzioni, proprio sul presupposto che lo stesso investiva si

multaneamente distinte deliberazioni in ordine alle opinioni

espresse da altrettanti membri di un medesimo ramo del parla mento — ha disatteso tale eccezione (sentenza n. 87 del 2002,

Foro it., 2002, I, 1914). Essa, difatti, ha valorizzato, più che il

profilo meramente «formale» della mancata corrispondenza numerica tra le deliberazioni investite dalla richiesta di annul

lamento ed i ricorsi all'uopo proposti dall'autorità giudiziaria,

quello «sostanziale» della sufficiente descrizione, nell'atto di

promovimento del conflitto, delle specifiche dichiarazioni attri

buibili ai singoli deputati o senatori, e quindi della sua idoneità

a consentire la verifica del nesso funzionale tra siffatte dichiara

zioni e l'esercizio di funzioni parlamentari. 2. - Ciò nondimeno, il presente ricorso è comunque inammis

sibile. 3. - Il giudice ricorrente non ha, infatti, precisato quale sia il

comportamento addebitato ai senatori Gnutti e Speroni, atteso

che né la loro posizione risulta adeguatamente differenziata ri

spetto a quella degli altri coimputati nei medesimi reati, né ri

sulta specificata la natura (morale o materiale) del contributo

recato dai predetti parlamentari a titolo di concorso nella realiz

zazione delle fattispecie criminose oggetto di contestazione.

3.1. - Il ricorso in esame, in effetti, si limita a riprodurre sic et

simpliciter il contenuto dei capi di imputazione riportati nella

richiesta di rinvio a giudizio, senza che vengano chiarite quali siano — in concreto — le condotte poste in essere specifica mente dallo Gnutti e dallo Speroni, rimanendo oltretutto impre cisata anche la natura morale o materiale della partecipazione dei due parlamentari alla realizzazione dei reati suddetti.

Premesso che, nella specie, vertendosi in un'ipotesi di con

flitto per menomazione, la vindicatio ha ad oggetto un atto che

si reputa invasivo della sfera delle attribuzioni costituzional

mente riservate all'organo ricorrente, occorre precisare che tale

atto — vale a dire la deliberazione adottata dal senato della re

pubblica il 31 gennaio 2001 — investe non l'addebito, in sé e

per sé considerato (e cioè la generica imputazione a titolo di

concorso), ma l'intera ed effettiva gamma delle condotte poste in essere, secondo l'accusa, dai parlamentari incolpati. La disa

mina — da parte di questa corte — dell'oggetto del conflitto

presuppone pertanto che il ricorrente assolva all'onere di una

enunciazione esaustiva di quelle condotte, che prescinda dalla

tecnica adottata nella formulazione del capo d'imputazione e

dalla sussistenza dei requisiti minimi di indicazione del «fatto»,

prescritti dal codice di procedura penale nella diversa prospetti va di salvaguardare le esigenze del diritto di difesa e del con

traddittorio.

In particolare, poiché ai due parlamentari sono stati addebitati

reati a condotta libera, in relazione ai quali il legislatore è ricor

so cioè alla tecnica di incriminare qualsiasi «fatto» diretto, ri

spettivamente, a «disciogliere l'unità dello Stato» (art. 241 c.p.) ovvero a «mutare la costituzione dello Stato o la forma del go verno» (art. 283 c.p.), il ricorrente avrebbe dovuto assolvere al

l'onere di specificare se, nella prospettazione dell'accusa, i

parlamentari avevano posto in essere comportamenti materiali

tali da escludere, di per sé, la riferibilità alla prerogativa di cui all'art. 68, 1° comma, Cost. (v. sentenza n. 137 del 2001, id.,

2001,1, 2145), ovvero riconducibili alla espressione di voti o di

opinioni, e cioè comportamenti in astratto rientranti nella sfera

di applicazione della norma costituzionale suddetta.

Inoltre, come già evidenziato, dalla lettura del ricorso non è

Il Foro Italiano — 2006.

dato comprendere se quello posto in essere dai due parlamentari consista in un concorso materiale ovvero morale, e quindi se es

si, lungi dall'operare come autori o complici nella realizzazione

delle fattispecie suddette, abbiano agito in veste di «istigatori» o

«determinatoti», suscitando o rafforzando il proposito crimino

so, ma comunque mantenendo il loro contributo alla realizza

zione «collettiva» del reato entro limiti astrattamente idonei ad

essere ricompresi nella manifestazione di una opinione. 3.2. - A fronte, dunque, di tale indeterminatezza, manca in ra

dice la possibilità di stabilire se quella ascrivibile a ciascuno dei

due parlamentari sia la realizzazione di un comportamento di

carattere materiale o la manifestazione di una opinione, rima

nendo così preclusa la possibilità di valutare se ricorrano le

condizioni per l'operatività della prerogativa di cui all'art. 68, 1° comma. Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi

bile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

sollevato dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di

Verona nei confronti del senato della repubblica con il ricorso

indicato in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 luglio 2005, n. 265 0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 13 luglio 2005, n. 28); Pres. Capotosti, Est. Neppi Modona; interv. Pres. cons, mini

stri. Ord. Trib. Viterbo 27 novembre 2003 (due) (G.U., la s.s.,

nn. 36 e 43 del 2004).

Chiavi, grimaldelli e serrature — Possesso ingiustificato di

chiavi alterate o grimaldelli — Questione infondata di co stituzionalità (Cost., art. 3, 13, 24, 25, 27; cod. pen., art.

707).

E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

707 c.p., nella parte in cui punisce come reato il possesso di

chiavi alterate o contraffatte ovvero di chiavi genuine o di

strumenti atti ad aprire o a forzare serrature, dei quali non si

giustifichi l'attuale destinazione, in riferimento agli art. 3,

13, 24, 2° comma, 25, 2° comma, e 27, 1°, 2° e 3° comma,

Cost. (1)

(1) Il giudice a quo (Trib. Viterbo 27 novembre 2003, Foro it., Rep. 2004, voce Chiavi, grimaldelli e serrature, n. 1 ) fondava i suoi sospetti di costituzionalità principalmente sulla supposta violazione del princi

pio di offensività, sostenendo l'appartenenza del reato di cui all'art.

707 c.p. alla generale categoria dei reati c.d. «senza offesa» e sotto

questo profilo riproponeva la questione all'esame della Corte costitu

zionale, richiamandosi a quanto da questa affermato con la sent. 17 lu

glio 2002, n. 354 (id., 2003,1, 2923, con nota di richiami e osservazioni

di Tesauro, commentata da Silvani, in Giur. costit., 2002, 2653), che

ha dichiarato incostituzionale l'art. 688, 2° comma, c.p., nella parte in

cui puniva con la pena dell'arresto da tre a sei mesi chiunque, in un

luogo pubblico o aperto al pubblico, è colto in stato di manifesta ubria

chezza, se il fatto era commesso da chi ha già riportato una condanna

per delitto non colposo contro la vita o l'incolumità individuale.

La questione di costituzionalità dell'art. 707 c.p. è stata affrontata in

varie occasioni dal giudice costituzionale che ha sempre dichiarato l'in

fondatezza della stessa e, più di recente, la manifesta infondatezza (v. Corte cost. 2 novembre 1996, n. 370, Foro it., 1997, I, 1695, con nota

di richiami e osservazioni di Tramontano, commentata da Pisa, in Dir.

pen. e proc., 1996, 1473, da Lanzi, in Corriere giur., 1997, 405, da

Nunziata, in Nuovo dir., 1996, 1141, da Micheletti, Insolera, in Giur.

costit., 1996, 3351, e ord. 4 giugno 1997, n. 165, Foro it., Rep. 1998,

voce cit., n. 1). Con la decisione in epigrafe la corte dichiara ancora una volta infon

data la questione, sottolineando come il principio di offensività opera su due piani: quelli della offensività «in astratto» ed «in concreto» e

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