sentenza 8 aprile 1993, n. 149 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 aprile 1993, n. 16); Pres.ed est. Casavola; Treossi c. Soc. Brema. Ord. Trib. Forlí 18 aprile 1992 (G.U., 1 a s.s., n. 35 del1992)Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 1337/1338-1339/1340Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187914 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
precisazione relativamente all'esercizio dei predetti diritti rico nosciuti dalla presente pronuncia, la corte rileva anzitutto che
anche per i periodi di riposo previsti dall'art. 10 1. n. 1204 del 1971 valgono alcuni criteri stabiliti dall'art. 7 della legge sulla parità (n. 903 del 1977), nel senso che il diritto del padre lavo ratore viene riconosciuto sempre che anche la madre sia lavora
trice, e previa presentazione al proprio datore di lavoro sia del
la dichiarazione di assenso della madre, sia della dichiarazione del datore di lavoro dell'altro genitore, da cui risulti la comuni
cazione della rinunzia della madre.
Inoltre, il diritto ai riposi giornalieri retribuiti non può eserci tarsi durante i periodi in cui il padre lavoratore o la madre
lavoratrice godano già dei periodi di astensione obbligatoria (art. 4 1. n. 1204 del 1971), o di assenza facoltativa (art. 7 stessa
legge), o quando, per altre cause, l'obbligo della prestazione lavorativa sia interamente sospeso.
Poiché, infine, il rapporto di lavoro deve svolgersi col rispet to da entrambe le parti dei principi di correttezza e buona fede, anche con riguardo ai riposi giornalieri, mentre il datore di la voro deve considerare la prevalente rilevanza del dovere di assi
stenza ai figli dei lavoratori, pure questi ultimi devono esercita
re il loro diritto compatibilmente con le specifiche esigenze del
l'organizzazione aziendale, anche preavvertendo il datore di
lavoro, specie nel caso di successive modifiche della scelta del
genitore designato alla predetta assistenza.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 7 1. 9 dicembre 1977 n. 903 (parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), nella
parte in cui non estende, in via generale ed in ogni ipotesi, al
padre lavoratore, in alternativa alla madre lavoratrice consen
ziente, il diritto ai riposi giornalieri previsti dall'art. 10 1. 30 dicembre 1971 n. 1204 (tutela delle lavoratrici madri), per l'as
sistenza al figlio nel suo primo anno di vita.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 8 aprile 1993, n. 149 (Gazzetta ufficiale, 1* serie speciale, 14 aprile 1993, n. 16); Pres. ed est. Casavola; Treossi c. Soc. Brema. Ord. Trib.
Forlì 18 aprile 1992 (G.U., la s.s., n. 35 del 1992).
Lavoro (rapporto) — Contratto di formazione e lavoro — Ob
blighi di leva — Omessa previsione della sospensione auto
matica del termine — Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3, 52; d. 1. c.p.s. 13 settembre 1946 n. 303, con
servazione del posto ai lavoratori chiamati alle armi per servi
zio di leva, art. 1; d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali, art. 3; 1. 19 dicembre 1984 n. 863, conversione in legge, con modifi
cazioni, del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, art. 1).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale degli art. 3, 5° comma, d.l. 30 otto
bre 1984 n. 726 (cosi come modificato dalla legge di conver
sione 19 dicembre 1984 n. 863) e 1 d.l.c.p.s. 13 settembre
1946 n. 303, nonché dell'art. 3, 1° comma, d. I. 726/84, nella
parte in cui non è prevista la proroga del termine apposto al contratto di formazione e lavoro nel caso di sospensione del rapporto per servizio di leva del lavoratore, in riferimento
agli art. 3 e 52 Cost, (in motivazione, si è ritenuto che, essen
do lo schema causale del contratto di formazione e lavoro
caratterizzato non solo dallo scambio di prestazione lavorati
va e retribuzione, ma anche da una finalità formativa, qualo ra fatti oggettivamente impeditivi come gli obblighi di leva, la malattia, la gravidanza e il puerperio, precludano il rag
giungimento di tale finalità, si deve ammettere la proroga per un periodo pari alla sospensione). (1)
(1) La sentenza interviene sulla dibattuta questione concernente gli effetti sulla durata del contratto di formazione e lavoro derivanti dagli
li Foro Italiano — 1993.
Diritto. — 1. - La presente questione, prospettata alla corte
dal Pretore di Forlì', investe — in riferimento agli art. 3, 1°
comma, e 52, 2° comma, Cost. — da un lato, il combinato
disposto degli art. 3, 5° comma, d.l. 30 ottobre 1984 n. 726 (misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazio
nali), convertito, con modificazioni, nella 1. 19 dicembre 1984 n. 863, e 1 d.l.c.p.s. 13 settembre 1946 n. 303 (conservazione del posto ai lavoratori chiamati alle armi per servizio di leva); dall'altro, l'art. 3, 1° comma, del citato d.l. n. 726 del 1984
(convertito, con modificazioni, nella citata 1. n. 863 del 1984). Costituiscono, precisamente, oggetto di censura le norme sud
dette laddove: a) non è prevista la proroga automatica del ter
mine apposto ad un contratto di formazione e lavoro, in caso
di sopravvenuta sospensione del rapporto per chiamata al servi
zio di leva del lavoratore, e per il periodo corrispondente alla
sospensione (art. 3, 5° comma, d.l. n. 726 del 1984 e art. 1
d.l.c.p.s. n. 303 del 1946); ti) non è prevista detta proroga oltre
il termine massimo di ventiquattro mesi, salva la diversa e con
giunta volontà delle parti (art. 3, 1° comma, d.l. n. 726 del 1984). L'illegittimità costituzionale delle anzidette disposizioni di legge
è sostanzialmente dedotta, in riferimento all'art. 3, per l'ingiu stificata disparità di trattamento che, nel contratto di formazio
ne e lavoro, si determinerebbe a danno di alcuni lavoratori che,
per assolvere l'obbligo di leva, non possono conseguire la fina lità formativa del contratto; in riferimento all'art. 52, 2° com
ma, Cost., per il pregiudizio che la decorrenza del termine e
la sua improrogabilità arrecherebbero alla posizione del lavora
tore chiamato al servizio di leva.
2. - La questione non è fondata.
Nel contratto di formazione e lavoro, previsto dalla norma
impugnata, lo schema causale, rispetto al tìpico contratto di
lavoro subordinato, risultando arricchito dall'elemento della for
effetti sospensivi del rapporto di lavoro quali gli obblighi di leva e la
gravidanza. Se appare ormai consolidato in giurisprudenza e dottrina l'assimila
zione dei contratti di formazione ai contratti a termine (vedi, in altra
parte di questo fascicolo, Cass. 23 dicembre 1992, n. 13597 e Pret. Frosinone 19 dicembre 1992, in materia di recesso ante tempus e di osservanza di obblighi e requisiti) molto più dibattuta è la questione se il contratto di formazione e lavoro debba qualificarsi come un con tratto a causa mista in cui la finalità formativa abbia tale rilevanza da giustificare sospensioni e proroghe per gli eventi di cui agli art. 2110 e 2111 c.c.
In senso negativo, cioè per una applicazione rigida dei principi gene rali in materia di contratti a termine con conseguente impossibilità della
proroga, v. Pret. Milano 2 dicembre 1991, Riv. it. dir. lav., 1992, II, 919; Pret. Udine 20 giugno 1991, ibid., 558, con nota di M. Mariani; Pret. Milano 24 gennaio 1991, Foro it., Rep. 1991, voce Lavoro (rap porto), n. 620 e, in caso di gravidanza, Pret. Milano 10 agosto 1990,
id., Rep. 1990, voce cit., n. 590; Trib. Firenze 3 novembre 1989, ibid., n. 589.
Contra, per la particolare rilevanza della finalità formativa, v. Pret. Monza 5 aprile 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 1618 e, in materia di gravidanza, Pret. Milano 20 maggio 1992, Notiziario giurisprudenza lav., 1992, 490 e Pret. Soresina 11 aprile 1989, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 664.
È comunque probabile che questa sentenza della corte contribuisca a far pendere la bilancia verso quest'ultima posizione, cosi come la recente sentenza della Cassazione 9 novembre 1992, n. 12066, id., Mass., 1057 e Mass. giur. lav., 1992, 457, in materia di gravidanza.
La sentenza in epigrafe è importante anche perché modifica un prece dente orientamento della corte (sentenza 25 maggio 1987, n. 190, Foro
it., 1988, I, 361, con nota di M. De Luca, Contratto di formazione e lavoro: una tipologia contrattuale efficace per l'occupazione flessibile (con finalità formative), che, pur ribadendo la finalità formativa dei
contratto di formazione e lavoro, affermava che la caratteristica preva lente di tali contratti fosse nel favorire la costituzione di rapporti di
lavoro per i giovani. Va altresì' sottolineato che la 1. 19 dicembre 1990 n. 407, all'art. 8,
prevede espressamente l'applicabilità del contratto di formazione e la
voro solo per mansioni non generiche, riaffermando quindi l'importan za della formazione professionale del lavoratore come causa tipica dei
contratti in esame il che, pur nella considerazione che essi rientrino
nella più larga categoria dei contratti a termine, giustificherebbe coe
rentemente la proroga del rapporo di lavoro qualora una causa legale
sospensiva impedisca oggettivamente il completamento dell'/ter formativo. In dottrina, v., in riferimento alle problematiche qui trattate, la nota
di E. D'Avossa a Tar Sicilia, sez. Catania, ord. n. 311, 9 maggio 1990, in Dir. e pratica lav., 1990, 2845 e Nicolini, Servizio militare di leva
e contratto di formazione, id., 1987, 3363.
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1339 PARTE PRIMA 1340
mazione che si intreccia col momento lavorativo, assume una
connotazione del tutto peculiare. In tale logica l'apposizione del termine appare funzionale alle
finalità negoziali proprio in quanto la mera prestazione lavora
tiva non esaurisce i contenuti sinailagmatici del contratto. Que sti ultimi, infatti, si completano attraverso l'acquisizione di un
bagaglio tecnico che postula un necessario periodo di apprendi mento. Pertanto, qualora fatti estranei alla volontà delle parti
impediscano di conseguire nel termine previsto la suddetta fina
lità, non deve considerarsi esaurita la funzione del contratto.
Non appare quindi condivisibile la tesi del giudice rimettente, secondo cui mai sarebbe superabile il termine massimo di dura
ta del contratto di formazione e lavoro, dovendosi al contrario
ammettere che il termine in parola possa essere sospeso e diffe
rito in tutti i casi in cui si verifichino fatti — oggettivamente
impeditivi della formazione professionale — che, mentre non
producono un automatico effetto estintivo del rapporto, ne de
vono consentire la proroga, per un periodo pari a quello della
sospensione, ai fini del completamento della formazione.
Peraltro, i suddetti fatti non si qualificano soltanto come og
gettivamente impeditivi, ma anche in quanto rilevanti ai fini
di specifiche garanzie accordate nell'ambito del rapporto di la
voro da normative di ampia e mirata tutela, onde non v'è ra
gione per non ricomprendervi a fortiori — accanto ad ipotesi come la malattia, la gravidanza e il puerperio, per le quali la
giurisprudenza ha già ammesso l'effetto in parola — anche il
caso del servizio militare di leva.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 3, 5° comma, d.l. 30 ottobre 1984 n. 726 (misure urgenti a sostegno e ad in
cremento dei livelli occupazionali), convertito, con modificazio
ni, nella 1. 19 dicembre 1984 n. 863, e 1 d.l.c.p.s. 13 settembre
1946 n. 303 (conservazione del posto ai lavoratori chiamati alle
armi per servizio di leva), nonché dell'art. 3, 1° comma, del
citato d.l. n. 726 del 1984 (convertito, con modificazioni, nella
citata 1. n. 863 del 1984), sollevata dal Pretore di Forlì' con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 marzo 1993, n. 112
('Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 marzo 1993, n. 14); Pres. Borzellino, Est. Baldassarre; Soc. Telemaremma (Aw.
Vaccaro, Mezzanotte) c. Min. poste e telecomunicazioni
interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Amato). Ord.
Trib. Firenze 9 marzo 1992 (G.U., la s.s., n. 16 del 1992).
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Impianti di diffusione
radiotelevisiva — Necessità di concessione per l'esercizio —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 15, 21, 41; 1. 6 agosto 1990 n. 223, disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico e privato, art. 2, 3, 15, 16, 19). Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Impianti di diffusione
radiotelevisiva — Concessione per l'esercizio — Impianti ri
petitori di programmi esteri — Autorizzazione per l'esercizio — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1.
6 agosto 1990 n. 223, art. 2, 3, 15, 16, 19). Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Autorizzazione prov
visoria per i soli impianti in funzione al momento dell'entrata in vigore della legge — Questione infondata di costituzionali
tà (Cost., art. 3, 41; 1. 6 agosto 1990 n. 223, art. 32). Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Autorizzazione prov
visoria per le emittenti radiotelevisive e per gli impianti ripeti tori di programmi esteri — Questione infondata di costituzio
nalità (Cost., art. 3; 1. 6 agosto 1990 n. 223, art. 32).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
2, 3, 15, 16, 19 l. 6 agosto 1990 n. 223, nella parte in cui
subordinano l'esercizio dell'attività di diffusione radiotelevi
II Foro Italiano — 1993.
siva al conseguimento di apposito titolo concessorio, in riferi mento agli art. 15, 21 e 41 Cost. (1)
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
2, 3, 15, 16, 19 l. 6 agosto 1990 n. 223, nella parte in cui
differenziano il regime giuridico degli impianti di diffusione radiotelevisiva rispetto a quello dei ripetitori di programmi esteri, richiedendo, per l'esercizio dei primi, un provvedimen to concessorio e, per l'esercizio dei secondi, un provvedimen to autorizzatorio, in riferimento all'art. 3 Cost. (2)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
32 l. 6 agosto 1990 n. 223, nella parte in cui autorizza provvi
soriamente, in presenza di determinati presupposti, la prose cuzione dell'esercizio dei soli impianti in funzione al momen
to dell'entrata in vigore della legge, in riferimento agli art.
3 e 41 Cost. (3) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
32 l. 6 agosto 1990 n. 223, nella parte in cui autorizza ex
lege soggetti diversi, quali le emittenti radiotelevisive e gli im
pianti ripetitori di programmi esteri, a proseguire, alle mede
sime condizioni, le attività intraprese anteriormente all'entra
ta in vigore della legge, in riferimento all'art. 3 Cost. (4)
(1-4) L'ordinanza di rimessione, Trib. Firenze 3 marzo 1992, si legge in Foro it., 1992, I, 1563, con osservazioni di F. Caringella.
* * *
Governo dell'etere e regime concessorio: un binomio (quasi) inscindibile.
I. - A partire dalla promulgazione della legge regolatrice dell'emitten za radiotelevisiva, 1. 6 agosto 1990 n. 223, c.d. legge Mammi, e, in certa misura, già nel corso del suo travagliatissimo iter parlamentare, la caccia ai vizi di costituzionalità e, più in generale, alle smagliature dell'articolato normativo, ha rappresentato una sorta di sport nazionale
per massmediologi e giuristi del settore. In questo gioco al massacro — rivelatosi sin troppo agevole in ragio
ne della difficoltà di individuare elementi di coerenza sistematica in un intervento di legiferazione contrattata, per non dire prowedimentale —, tralasciando le censure di modesto cabotaggio, è stata da subito rimarcata la dubbia armonizzabilità con i principi costituzionali (di ugua
glianza, di libertà di manifestazione del pensiero, di libertà di iniziativa economica privata):
— dell'ascrizione, al requisito del preesercizio degli impianti di tra smissione radiotelevisiva, del rango di titolo preferenziale per il rilascio dei provvedimenti concessori in sede di prima applicazione, destinata a cristallizzare in via definitiva l'assetto preesistente in virtù del mecca nismo dei rinnovi sessennali dei titoli abilitativi e, in definitiva, a pre miare i conquistatori dell'etere (v. R. Nino, Dal c.d. diritto d'antenna al governo dell'etere come condizione per un'effettiva libertà radiotele
visiva, in Giur. costit., 1990, 1258); — dell'inclusione, nel novero dei criteri oggettivi per il rilascio della
concessione, dei requisiti della presenza sul mercato e della potenzialità economica degli aspiranti, in cui si sono scorti, chiari, i sintomi della volontà legislativa di privilegiare i gruppi forti, svilendo un'occasione normativa di portata storica a mera codificazione dell'esistente, degli interessi economici medio tempore maturati (cosi, Pinto, in Nuove leg gi civ., 1991, 795);
— della riconosciuta possibilità che un medesimo imprenditore con centri nelle proprie mani la gestione di tre reti televisive a livello nazio
nale, additata quale smaccata violazione del principio, pur ripetutamen te enunciato in subiecta materia dalla Consulta (v., per tutte, Corte
cost. 14 luglio 1988, n. 826, Foro it., 1988, I, 2477, con nota di ardo
lesi, Etere misto e pluralismo (annunciato)), del pluralismo informativo
(v. Lanzillo, in II sistema radiotelevisivo pubblico e privato a cura di Roppo - Zaccaria, Milano, 1991, 307, la quale, prendendo le mosse dal rilievo che nessun paese europeo autorizza un medesimo soggetto a controllare più di una rete a diffusione nazionale, nota con preoccu pazione che un solo imprenditore privato potrà diffondere la sua infor
mazione, mediante ben tre telegiornali, diffusi su tutto il territorio na
zionale, trovando come unica concorrenza quella delle tre reti Rai); — dell'irrazionale disparità di trattamento riservata dalla normativa
antitrust all'emittenza su scala nazionale, per la quale opera la predetta soglia numerica delle tre reti, ed all'emittenza locale, la quale, pur pre sentando, alla stregua della c.d. impact theory, potenzialità infinita mente inferiori di attentato al pluralismo informativo, è soggetta ad una disciplina assai più rigorosa, contemplante il divieto di rilasciare concessioni in numero superiore ad uno all'interno di ogni bacino di utenza ed a tre con riferimento a bacini di utenza diversi (v. Lanzillo, cit., 308, ad avviso della quale le norme antitrust dettate per l'emittenza
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