Sentenza 8 giugno 1963, n. 81 (Gazzetta ufficiale 15 giugno 1963, n. 159); Pres. Ambrosini P.,Rel. Castelli Avolio; imp. Talamonti; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Agrò)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 7 (1963), pp. 1343/1344-1345/1346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152325 .
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1343 PARTE PRIMA 1344
di legittimitä. costituzionale degli art-. 1 e 2 della legge della
Provinoia di Bolzano 7 gennaio 1959 n. 2 ; 6) rillegittimitä costituzionale delle norme contenute nell'art. 20 della
stessa legge.
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 8 giugno 1963, n. 81 (Gazzetta ufficiale 15 gin
gno 1963, n. 159) ; Pres. Ambrosini P., Rel. Castelli
Avolio ; imp. Talamonti; interv. Pres. Cons, ministri
(Aw. dello Stato Agbõ).
Radiotelcvisione — Detentorl abusivi di apparecchi radiorieeventi — Sanzioni penali — Incostitu
zionalitä della normativa — Questione iniondata
(Costituzione della Repubblica, art. 3 ; r. d. 1. 21 feb
braio 1938 n. 246, disciplina degli abbonamenti alle
radioaudizioni, art. 1, 2, 19).
f<] infondata la questione di costituzionalitä degli art. 1, 2
e 19 del r. deereto legge 21 febbraio 1938 n. 246, che in
erimina ohi detiene, senza corrispondere il eanone d'ab
bonamento (anehe se speeiale, per trattarsi di titolare di
locale pubblico), un appareceliio radioricevente, in riferi mento all'art. 3 della Oostituzione. (1)
La Corte, ecc. — L'Avvocatura dello Stato, pur senza
formulare in proposito specifiche conclusioni, fa due os
servazioni di oarattere pregiudiziale, la prima nelle dedu
zioni, la seconda nella memoria difensiva.
Con la prima afferma che non vi sarebbe, nel oaso in
esame, questione alcuna di legittimitä eostituzionale,
giacche, anche ammesso ehe fossero esatte le premesse poste nell'ordinanza di rinvio, con l'adozione da parte del legisla tor di una sanzione penale a tutela dell'adempimento di una obbligazione contrattuale privata, non potrebbe mai parlarsi di violazione dell'invocato principio di egua
glianza, di cui all'art. 3 della Costit-uzione, che risulterebbe
invece osservato, essendo la sanzione applicabile a tutti
gli inadempienti del tipo previsto dalla norma sanziona
trice, la quale pertanto non porrebbe alcuna delle discri
minazioni contro le quali si leva il precetto dell'art. 3.
Senonche non sembra che sia precisamente questo il
punto di vista del Tribunale, il quale, nella sua ordinanza
di rimessione della questione di legittimitä, eostituzionale a questa Corte, non si sofferma tanto su di una presunta
posizione di diseguaglianza dei radioutenti fra di loro, ma,
partendo dalla premessa, che õpina essere esatta, di un
rapporto meramente privatistico che si costituirebbe con
trattualmente fra quelli e la R.a.i.-T.V., vede nella diver sity di posizione degli uni e di quest'ultima per l'esistenza di sanzioni penali per le inadempienze solo a carico dei primi, una diversity di trattamento, che violerebbe appunto il
principio di eguaglianza sancito dall'art. 3. In tal senso e
(1) II testo dell'ordinanza 10 ottobre 1962 de] Tribunale di Ascoli Piceno 6 riportato su Le Leggi, 1962, 1919.
Sulla posizione dell'E.i.a.r., su cui la Corte eostituzionale
s'indugia, G. Miele, Ente pubblico e concessione di pubblico servizio, in Foro amm., 1942, I, 237 ; sulla posizione della R.a.i., Alessi, Interessanti questioni in materia di rapporti tra la R.a.i. e gli utenti del servizio delle radiaudizioni cireolari, in Foro pad., 1953, I, 920 ; sui rapporti tra radioascoltatori e R.a.i., la nota, dall'identico titolo, di Fragoia, in Bass, diritto cinematografico, 1953, 80 ; A. Giannini, Sulla natura dei servizi di radiodiffusione, id., 1955, 1 ; Pierandrei, Radio televisione e Costituzione, in Giur. it., 1961, IV, 227 ; De Valles, Natura contrattuale del rapporto tra la R.a.i. e i suoi abbonati, in Foro it., 1957, IV, 33 ; sulla distinzione tra radioutenti privati e detentori di apparecchi in pubblici locali, cui pur si riferisce la sentenza riportata, Olmi, I canoni di abbonamento alle radioaudizioni, in Giur, Cass, civ., 1953, III, 449.
La sentenza 13 luglio 1960, n. 59 della Corte eostituzionale, eitata nella motivazione della presente, leggesi in Foro it., J960, I, 1065, con ampia nota di richiami.
da ritenersi sia stata proposta la questione di legittimitä
costituzionale, e bisognerä aooertare se e o meno fondata.
Con la seconda osservazione preliminare, l'Avvocatura
fa presente ohe, nel caso in esame, il cosi detto «abbo
namento » non era stato « stipulate ». Non sarebbe quindi
possibile vedere dove il Tribunale abbia ravvisato il pre detto contrasto. Conseguirebbe quindi ehe, collocandosi sul
terreno privatistico ritenuto proprio dal Tribunale, l'as
senza del eontratto non avrebbe fatto nascere nessun rap
porto ehe possa dar luogo ad una questione di legittimitä costituzionale sotto il profilo della disparity di trattamento,
in violazione dell'art. 3 della Costiiuzione.
Non sembra perõ che la motivazione deH'ordinanza,
pur partendo dalla ammissione della natura privatistica del rapporto fra la E.a.i. e i radioutenti, si fondi sul 1'ave
inita stipula del eontratto o sulla mancanza di esso, doven
dosi rilevare, invece, che l'opinione nell'ordinanza soste
nuta scaturisce da una determinata interpretazione delle
norme di legge concernenti la materia, ed attiene diretta
mente alla legittimitä costituzionale di quelle impugnate, che puniscono, come reato, appunto l'omissione imputata al Talamonti, l'efficacia delle quali e stata pertanto rite
nuta dal Tribunale rilevante ai fini del giudizio principale.
Quanto si e premesso conduce ad esaminare il merito
della questione : se, cioe, sia costituzionalmente illegittimo avere accordato alia R.a.i.-T.V., per assicurare l'adempi mento della obbligazione del pagamento dell'abbonamento
alle radioaudizioni, non una penale di natura civile, peraltro consentita anche in rapporti meramente privatistici, ma
determinati privilegi ed una vera e propria tutela di ca
rattere penale. Non si nega quanto afferma il Tribunale, che la R.a.i.
sia una Societä privata ; ma non basta questa affermazione
per desumerne che non le possa spettare, in relazione al
servizio che esercita, una posizione di preminenza nei con
fronti dei radioutenti. £ bensi una Societä privata, ma eser
cita un pubblico servizio in concessione, e questo servizio
e di interesse generate, per l'incidenza che attraverso di
esso si opera nei piü vari settori dell'informazione e della
cultura nazionale e per gli evidenti riflessi di carattere
generale che ne derivano. Questa opinione 6 stata chiara
mente affermata, sia pure con riferimento alia televisione, e quindi ad un campo piu ristretto delle raioaudizioni in
genere, da questa Corte, con la sentenza n. 59 del 13 luglio 1960 (Foro it., 1960, I, 1065), con la quale la Corte ha rile
vato l'altissima importanza che, nell'attuale fase della
nostra civiltä, gli interessi che la televisione, e a maggior
ragione la radio, tende a soddisfare nel campo della cultura, della informazione, dello svago, assumono, e su vastissima
scala, non solo per i singoli componenti del corpo sociale, ma anche per questo nella sua imita.
Per quanto attiene poi alla natura di «concessione »
del titolo in forza del quale la E.a.i. esercita il servizio, e dato desumere tale natura direttamente dalle norme rego lanti l'attribuzione del servizio stesso prima all'E.i.a.r. e poi alla E.a.i. (convenzioni approvate, rispettivamente, col r. decreto 17 novembre 1927 n. 2207, e col decreto pres. 26 gennaio 1952 n. 180), e, in particolare, dalla espressa menzione di « concessione » ivi contenuta e dalla natura della serie dei controlli previsti tanto nella prima, quanto nella seconda convenzione, che vanno dall'obbligo della
regolare attuazione del servizio al regolamento dei rapporti economici fra concedente e concessionario, dalle modalitä dei controlli tecnici ed economici sulle attivitä del conces
sionario alle sanzioni per le eventuali inadempienze, e ri
spondono quindi ai criteri ordinariamente adottati per la
disciplina del rapporto di concessione di pubblico servizio. Sulla base di questi rilievi si spiega come il rapporto
fra la R.a.i.-T.V., concessionaria di un pubblico servizio, e i radioutenti sia stato regolato da principi pubblicistici.
Se e vero che la natura della obbligazione posta a carico dell'utente nacque con caratteri assai diversi e di natura convenzionale privatistica, quando l'art. 3 del r. decreto 1° maggio 1924 n. 655 pose a carico dell'utente, oltre la tassa di licenza, un « diritto » a favore del concessionario. e anche vero che suceessivamente si delineõ Una modifica
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1345 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1346
zione dell'orientamento legislativo con l'art. 7 del r. decreto
legge 23 ottobre 1925 n. 1917, il quale prevedeva una «li cenza abbonamento » da rilasciarsi a cura dell'ufficio po stale competente, legittimato a ricevere tanto l'importo della «tassa di licenza i> quanto quello del « diritto » del
ooncessionario, ebe seguitava perõ ad essere definito «im
porto dell'abbonamento », riscosso dall'ufficio, ma accredi
tato al ooncessionario in conto oorrente.
Ulteriore evoluzione della disciplina in materia e poi data dall'art. 2 del r. decreto legge 20 luglio 1934 n. 1203, con cui, attribuendosi per la prima volta alia riscossione del «canone di abbonamento » la procedura e i privilegi previsti per la riscossione dei tributi statali, vengono inca
ricati della riscossione medesima gli uffici del registro e
del bollo, stabilendosi altresi che le quote spettanti rispet tivamente alio Stato ed alla Societä andavano determinate
con decreto dei Ministri delle comunicazioni e delle finanze.
In tal modo scompare la distinzione tra tassa di licenza e
canone di abbonamento, che vengono riscossi ed incamerati
entrambi dagli uffici statali, e sono successivamente ripar titi fra Stato e ooncessionario per il finanziamento dell'at
tivita di quest'ultimo. L'accennata natura tributaria delle somme dovute dai
radioutenti assume poi rilievo e incidenza indiscutibili, dallo
stesso momento in cui il rapporto si pone, attraverso il col
legamento dell'obbligazione del pagamento del cosi detto
canone di abbonamento alia semplice detenzione dell'appa recchio, oollegamento pre vis to dall'art. 1 del r. decreto legge 21 febbraio 1938 n. 246. Onde sfugge definitivamente alia
natura negoziale, propria di ogni rapporto contrattuale, il
rapporto fra l'utente del servizio radio-televisivo e il pro duttore del servizio stesso, giacche l'obbligazione dell'utente
non nasce da una volontä negoziale specifica, ma solo in
virt u della norma che l'obbligazione stessa impone in vista
di una mera possibility di uso del servizio.
La peculiarity del rapporto si precisa poi ulteriormente
attraverso l'art. 7 della convenzione del 1952 che parla di «tassa » di abbonamento, riconoscendosi cosi positiva mente la natura fiscale della relativa obbligazione.
Su tale natura del « canone » non sembra possano esservi
seri dubbi, ove si consideri che il r. decreto 21 febbraio 1938
n. 246 ribadisce la concessione, per la riscossione dei canoni
stessi, del privilegio fiscale di cui agli art. 1957 e 1958, n. 1, cod. civ. abr. (trasfusi, rispettivamente, negli art. 2752
e 2758 cod. vig.); richiama per l'accertamento delle viola
zioni e per l'applicazione delle relative penalitä, la legge 7
gennaio 1929 n. 4, concernente norme generali perlarepres sione delle violazioni delle leggi finanziarie (art. 24).
Deve aggiungersi che, in caso di mancato pagamento del canone, conseguono a carico degli inadempienti pe nalitä definite come « sopratasse », giä innanzi ricordate, di natura tipicamente fiscale (decreto legisl. 31 dicembre
1947 n. 1542, art. 3). Ciõ posto, ed escluso, come innanzi si e dimostrato,
che nel rapporto K. a. i.-utenti possa riconoscersi un puro e semplice rapporto contrattuale di diritto privato, deve
rilevarsi che la questione di legittimitä costituzionale pro
posta a questa Corte, & imperniata sulla pretesa violazione
del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costitu
zione, che risulterebbe infranta per la diversa situazione
giuridioa in cui sarebbero posti la R.a.i., da un lato, e gli
utenti, dall'altro.
Ma la Corte costituzionale con numerose sentenze (v., da ultimo, le sentenze n. 87 del 1962, Foro it., 1962, I, 1219 ; n. 106 del 1962, id., 1963, I, 17) ha stabilito che il
principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione,
va interpretato nel senso che dev'essere garantita parita di trattamento a parita di situazioni, e che il giudizio sulla
parita o meno delle situazioni spetta insindacabilmente
al legislatore, nei limiti del rispetto della ragionevolezza e degli altri principi costituzionali.
Ora, in conseguenza di tutto quanto si e precisato sulla
base di norme del diritto obiettivo, e evidente che le po
sizioni della R.a.i. e degli utenti si presentano in modo
di verso, giacchfe si e visto che si tratta di un rapporto in cui domina l'elemento giuspubblicistico, che attribuisce
alla K.a.i. una situazione giudica, quale concessionaria di nn servizio pubblico, diversa da quella degli altri sog getti del rapporto, privati utenti del servizio stesso. Kori sussiste pertanto alcuna violazione dell'art. 3 della Costi tuzione.
Ne la rilevata situazione cambia nel caso dei cosi detti abbonamenti « speoiali»; nel caso cioõ, come nella specie, in cui gli utenti delle radioaudizioni siano titolari di locali
pubblici ed intendano avvalersi del diritto di diffondere al pubblico le trasmissioni nei detti locali.
Si e sostenuto die, in questo caso, l'obbligo del paga mento a carico dell'utente non deriverebbe piiL diretta mente dalla legge, come nell'ipotesi di cui all'art. 1 del decreto del 1938, bensi dalla speciale convenzione di abbo
namento, che, appunto per tali casi particolari, e prevista dalla disposizione dell'art. 27 del citato decreto, alia quale convenzione dovrebbe riconoscersi funzione costitutiva del
rapporto. Questo manterrebbe quindi la natura contrat
tuale originaria, cosi come risulterebbe pure dall'art. 10 del r. decreto legge 23 ottobre 1925 n. 1917, che riservava alia
conclusione di «speciali contratti di abbonamento » con il concessionary la determinazione dei prezzi di abbona mento per gli esercizi pubblici.
Ma, a parte il rilievo che l'art. 10 venne dettato per consentire gli abbonamenti speciali e giustificare, per questi, la fissazione di un ammontare del canone maggiore di quello
degli abbonamenti ordinari, contro la fondatezza di quella
opinione & da osservare, anzitutto, che con essa si assume come elemento costitutivo del rapporto concessionario
utente esercente un pubblico locale la convenzione speciale
prevista dalla legge (art. 27 r. decreto del 1938), mentre
e di tutta evidenza che l'art. 1 del decreto stesso, collo cato sotto iltitolo delle « disposizioni generali», quando pone il principio secondo cui « chiunque detenga uno o piu ap
parecchi, ecc. . . e obbligato al pagamento del canone di
abbonamento », contempla e ricomprende tutte le possibili
ipotesi concrete di detenzione di apparecchi, e quindi anche
quella concernente i pubblici esercenti, ond'fe che l'obbliga zione di costoro non si fonda su una stipulazione privata, bensi sulla legge.
Ma, sostanzialmente, si impone in modo imprescindibile
l'esigenza di rispettare la natura unica del rapporto fra
concessionario e utenti. Questa natura risulterebbe irrime
diabilmente vulnerata dalla differente, duplice qualifica,
giuspubblicistica o privatistica, attribuitagli in funzione
della qualitä, rispettivamente, di privato o esercente un
pubblico locale, di uno dei contraenti.
Senza dire che urta anche con i principi della logica piil
evidente, giacche, se si riconosce che il legislatore ha con
cepito i rapporti fra concessionario ed utente privato in
termini giuspubblicistici per gli evidenti motivi di utilitä
generale del servizio sopra accennati, maggior rilievo tali
motivi dovrebbero assumere proprio in relazione ai casi
in cui l'utente, esercente un pubblico locale, viene a tro
varsi in una situazione in cui il godimento del servizio da
parte sua assume piu profondi ed immediati riflessi di
carattere pubblico. Per questi motivi, dichiara non fondata la questione
proposta con l'ordinanza del 10 ottobre 1962 dal Tribunale
di Ascoli Piceno, sulla, legittimitä costituzionale degli art. 1, 2 e 19 del r. decreto legge 21 febbraio 1938 n. 246, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezioni unite civili; sentenza 3 luglio 1963, n. 1795 ;
Pres. Torrente P., Est. Stella Richter, P. M. Pepe
(concl. conf.); Beghian (Aw. Bassino, Giuliano,
Graziadei, Sardo) c. Loresch (Aw. De Petris,
Fantinelli, Jacobelli).
(Begolamento di giurisdizione)
Competenza e giurisdizione in materia civile
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