Sentenza 8 giugno 1963, n. 87 (Gazzetta ufficiale 15 giugno 1963, n. 159); Pres. Ambrosini P.,Rel. Cassandro; Soc. an. Fratelli Vascellari (Avv. Jemolo) c. Associazione agraria Schermetzein;interv. Provincia di Bolzano (Avv. Carraro, Tinzl)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 7 (1963), pp. 1337/1338-1343/1344Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152324 .
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1337 G1ÜRISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cizio della delega: ohe e appunto il thema decidendum della presente controversia.
Senonche, la Corte deve esaminare in primo luogo so sia fondata la tesi, sostenuta dalla difesa dei Sabbi e Vi tali e dall'Avvocatura dello Stato, che i due decreti im
pugnati riguardino due categorie affatto diverse : quella generale dei dipendenti dalle aziende lattiero-casearie e
quella particolare dei dipendenti dalle oentrali del latte e dai centri di trattamento e confezionamento del latte ali mentare. £ infatti evidente il carattere pregiudiziale e assorbente di questa tesi e la necessitä che essa venga, quindi, esaminata per prima.
Non 6 contro verso che il contratto collettivo 9 dicembre 1957 regolasse anche i rapporti di lavoro dei dipendenti dalle oentrali e dai centri di trattamento del latte : una
categoria speoiale nel seno della categoria generale dei di
pendenti dalle aziende che hanno ad oggetto la lavorazione del latte e giä individuata nel contratto collettivo 12 marzo
1949, alia medesima stregua di quella formata dagli operai addetti alla salagione e stagionatura del formaggio peco rino, per la quale intervenne tra le parti l'accordo aggiun tivo del 21 novembre 1949, «recepito » nel decreto legisl. 16 gennaio 1961 n. 106. N& la circostanza che un accordo
analogo non fosse stato raggiunto tra le parti per i dipen denti dalle centrali e dai centri di trattamento del latte,
puõ significare che costoro fossero rimasti senza tutela
contrattuale, dovendosi, viceversa, trarne la conclusione che per essi valessero le norme del contratto per cosi dire
generale, come, del resto, non ö contestato sia di fatto av
venuto. La difesa dei Sabbi e Vitali, nonch& l'Avvocatura
dello Stato hanno insistito sulla circostanza che la enu
cleazione di categorie e subcategorie da una categoria piu generale e comprensiva o lo scindersi di una categoria in altre e diverse o, infine, l'aggrupparsi e fondersi di piu
categorie in una sola, & vicenda ordinaria di un mondo sin
dacale che si conformi alle modifiche tecniche e ai moto
economico-sociale, ed & espressione del principio di libertä
sindacale. In conseguenza di che le categorie, nel sistema
instaurato dall'art. 39 della Costituzione, non sarebbero
piü un prius, ma un posterius rispetto all'mquadramento sindacale e alia stipulazione collettiva.
La Corte non ha ragione di respingere queste argomen
tazioni, delle quali, del resto, essa stessa ha ammesso la
fondatezza nella sentenza n. 70 del 15 maggio 1963 (Foro
it., 1963, I, 1103). Inammissibili sono, invece, le conse
guenze che se ne vogliono trarre.
L'enucleazione di nuove categorie o di subcategorie o, detto diversamente, la specificazione di categorie di im
prese e di categorie di lavoratori, che si assume e si am
mette conforme alia dinamica delle forze del lavoro e alia
struttura delle imprese, non puõ comportare, in un regime di libera organizzazione sindacale e di libera contratta
zione collettiva (quando ancora non e stata data esecuzione
al precetto del 4° comma dell'art. 39 della Costituzione), che le organizzazioni preesistenti perdano la rappresen tanza, rispettivamente, delle imprese e dei lavoratori che
esercitano una attivitä identica a quella oggetto di soprav venute associazioni sindacali e di sopraggiunti contratti
collettivi. In un regime di piena libertä e autonomia le
antiche associazioni continuano a rappresentare le imprese ed i lavoratori che ad esse aderiscono e gli antichi contratti
collettivi a regolare i reciproci rapporti delle imprese e dei
lavoratori rappresentati dalle associazioni stipulanti. Se
si accogliesse la tesi opposta, cioe che il nuovo sindacato, che assuma la rappresentanza di una subcategoria, attragga a sõ la rappresentanza delle aziende e dei lavoratori fino a
quel momento inseriti in associazioni, le quali hanno un
ämbito che abbraccia quelle stesse ed altre imprese, quegli stessi ed altri lavoratori, si perverrebbe davvero a una
violazione dell'invocato principio di libertä e di autonomia
sindacale.
II richiamo, che le difese hanno fatto ai rapporti tra
contratto generale e contratto speciale, in analogia a quelli che passano tra legge generale e legge particolare, non ha
senso in un regime come quello attuale; lo avrebbe sol
tanto in un sistema olie definisse e predeterminasse autori tativamente le categorie e ne regolasse autoritativamente la rappresentanza.
Nel caso in esame il legislatore delegato si e trovato di fronte a due oontratti: uno che regola i rapporti di lavoro dei dipendenti da aziende che esercitano ogni forma di attivitä connessa con la lavorazione del latte, l'altro ohe limita il suo ämbito ai dipendenti dalle centrali del latte e dai centri di trattamento ; si e trovato, cioe, di fronte a due contratti, uno dei quali, il piu ampio e comprensivo, regola anche i rapporti di lavoro di una categoria regolata dall'altro : una ipotesi, come si vede, particolare, ma non diversa rispetto a quella di due o piu contratti ehe regolino i rapporti economici e normativi relatiyi agli appartenenti a una sola e medesima categoria.
Ritiene la Corte che casi come questi restino fuori del 1'ämbito della delegazione conferita al Governo, sicche se questo l'esercita, ne travalica i limiti, con la conseguenza ehe i decreti delegati devono essere, in tutto o in parte, dichiarati illegittimi. Che questa sia la conseguenza del
silenzio del legislatore, yenuto per di piu dopo un parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, che
appunto riteneva in casi siffatti non dovesse essere eser citata la delega, non pare contestable.
II sistema introdotto con la legge n. 741 del 1959 e
un sistema transitorio ed eccezionale, che non deve ledere la libertä e l'autonomia sindacale e che solo in questi li
miti, come giä la Corte ha affermato, puõ non considerarsi in contrasto col precetto costituzionale. Ora, di fronte a due
contratti, depositati ai sensi della legge e che regolino i rap porti di una medesima categoria, poco importa se uno di
essi regoli anche i rapporti di altre categorie o quelli della
stessa categoria nell'ambito di una categoria piu. vasta,
ogni scelta del legislatore delegato violerebbe quella liberty e queH'autonomia costituzionalmente garantite. Ne a
superare questo punto vale dire che il legislatore sarebbe
tenuto a « recepire » nei decreti delegati l'uno e l'altro con
tratto, perche anche questo configurerebbe l'esercizio di
un potere non conferito al Governo e in contrasto col fine
della legge, che e quello di assicurare a tutti gli apparte nenti alia medesima categoria un identico minimo tratta
mento economico e normativo. Ne la situazione che si ver
rebbe a creare dal contemporaneo vigore di piu leggi nella
medesima materia, puõ essere risolta dal giudice ordinario
col ricorso a principi generali, come quelli, ad esempio, della successione delle leggi nel tempo o quelli relativi ai
rapporti tra legge general© e legge speciale, che non pos sono ovviamente trovare applicazione nel caso presente.
Tuttavia la pronunzia d'iJlegittimita non travolge anche
quella parte del decreto n. 106 che regola i rapporti di ca
tegorie diverse da quelle degli addetti alle centrali e ai
centri di trattamento del latte. Per questa parte, com'e
evidente, non c'b se non un solo contratto e un solo decreto
e, pertanto, il Governo ha esercitato legittimamente il
potere-dovere conferitogli dalla delega. Per questi motivi, dichiara : la manifesta infondatezza
della questione di legittimitä, costituzionale della legge 14
luglio 1959 n. 741 ; Pillegittimitä costituzionale del decreto
pres. 16 gennaio 1961 n. 105 ; 1'illegittimitä costituzionale
del decreto pres. 16 gennaio 1961 n. 106, in quanto si rife
risca alia categoria dei lavoratori dipendenti dalle centrali
del latte e dai centri di trattamento e confezionamento
del latte alimentare, in riferimento agli art. 3, 39 e 76 della
Costituzione.
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 8 giugno 1963, n. 87 (Oazzetta ufficiale 15 giugno
1963, n. 159); Pres. Ambrosini P., Rel. Cassandeo ;
Soc. an. Pratelli Yascellari (Aw. Jemolo) c. Associa
zione agraria Schermetzein ; interv. Provinoia di Bol
zano (Aw. Caebaeo, Tinzl).
Trentino-Alto Adige — Escrcizio di diritti su terre
comuni — Legcje della Provincia di Bolzano rela
Il Foro Italiano — Volume LXX. XVI — Parte
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13Š9 f>ARTE PRIMA 1340
tiva al riordinamcnto tlelle associazioni agrarie —
Quest ioni di costituzionalitä parzialmente fondatc
(Legge Prov. Bolzano 7 gennaio 1959 n. 2, riordina
mento delle associazioni agrarie, art. 1, 2, 20).
Bella legge 7 gennaio 1959 n. 2 della Provincia di Bolzano, relativa al riordinamento delle associazioni agrarie per Vesercizio dei diritti sulle terre eomuni, ž infondata la
questione di legittimitä costituzionale degli art. 1 e 2, ed b incostituzionale Vart. 20. (1)
La Corte, ecc. — L'eccezione di non rilevanza sollevata
dalla difesa della Societä Vascellari deve essere respinta. Non vale in contrario la circostanza che il Procuratore
generale presso la Corte di appello di Roma, Sezione spe eiale usi eiyici, abbia sostenuto in via principale, nelle sue
eonelusioni, la tesi che il giudizio potesse essere deeiso senza
ricorrere alle norme dell'art. 20 della legge provineiale. Quel ehe oonta e che la Corte di appello abbia ritenuto ebe la
rilevanza sussistesse e ne abbia dato neH'ordinannza di
rimessione un'ampia motivazione. Tanto basta al fine della
rituale proposizione della questione di costituzionalitä,
giusto il costante avviso di questa Corte.
Diversa questione e quella dei limiti del giudizio cbe, secondo la tesi delle due parti costituite, riguarderebbe soltanto le norme dell'art. 20 e non giä ancbe quelle degli art. 1 e 2 della legge provineiale.
E evidente, infatti, che questa e una questione d'inter
pretazione dell'ordinanza, atto introduttivo del giudizio, certamente di competenza della Corte costituzionale. Se
nonche l'ordinanza non lascia dubbi sul fatto che il giudice a quo abbia voluto sottoporre al giudizio di costituzionalitä
ancbe gli art. 1 e 2, anzi in primo luogo questi, come si puõ dedurre dall'affermazione, che vi si legge, che le norme
dell'art. 20 sono conseguenza della diversa qualificazione della natura delle associazioni agrarie esistenti nella Provin cia di Bolzano, che la legge fa appunto nei suoi due primi articoli: il che vuol dire che l'eventuale dichiarazione d'il
legittimitä di questi travolgerebbe con se tutta la legge e assorbirebbe la questione dell'art. 20. Pertanto la for
mula del dispositivo, che sottopone alia Corte la questione di legittimitä del citato art. 20 «in collegamento con gli art. 1 e 2 della stessa legge », non si limita a individuare la materia, alia quale quell'articolo si riferisce, come e
opinione della difesa della Provincia di Bolzano, ma espri me la volontä del giudice a quo di sottoporre alia Corte,
perchö giudichi della loro costituzionalitä, sia i due primi, sia l'ultimo degli articoli della legge prov. 7 gennaio 1959 n. 2.
Deve essere respinta anehe l'eccezione, sollevata segna tamente dalla difesa della Provincia, secondo la quale la questione, oggetto del presente giudizio, sarebbe stata
proposta irritualmente, senza, ciofe, l'esatta indicazione delle norme costituzionali che la legge avrebbe violato, ve nendo cosl a mancare uno dei due termini nei quali si articola ogni questione di costituzionalitä.
Ora, e esatto che l'ordinanza ha fatto richiamo erronea mente all'art. 117, che definisce l'oggetto e i limiti del po tere legislativo delle Begioni di diritto comune, e all'art. 134, il quale specifica le competenze della Corte costituzionale, ma non e meno esatto che essa ha configurato i vizi delle norme impugnate eome violazione dei limiti segnati alia
competenza legislativa della Provincia dallo Statuto, e ha richiamato di questo esplicitamente l'art. 11, n. 8, e l'art. 4, che rispettivamente fondano la potestä legislativa provineiale in materia di usi civici e ne segnano i limiti. Che e quanto basta pcrche la Corte possa individuare la
(1) L'ordinanza 27 giugno 1962 della Corte d'appello di Roma (Sezione usi civici) 6 mässimata in Foro it., 1962, I, 2213, con nota di richiami, cui adde Raffagi.io, Usi civici, vicinie, interessenze nella Begione del Trentino-Alto Adige, in Biv. dir. agr., 1950, 9 ; Camozzi, La legge provinciate di Bolzano 7 gennaio 1959 n. 2, id., 1959, 291, nonchš la Relazione illustra tiva della stessa legge regionale, ibid., 302.
question© di costituzionalitä ehe le b stata sottoposta e pro cedere nel giudizio.
Da tutto questo consegue ehe la Corte deve in primo
luogo esaminare la questione di legittimitä eostituzionale
degli art. 1 e 2 della legge prov. Taie questione non e fon
data.
La Provincia di Bolzano gode in materia di usi civici
(art. 11, n. 8, dello Statuto speciale) di una potestä legisla tiva, ehe usa definire « primaria », vale a dire tale ehe trova
i suoi limiti soltanto nella Costituzione, nei principi del
1'ordinamento giuridieo dello Stato, negli oliblighi interna
zionali e negli interessi nazionali, nonchõ neile norme fon
damentali delle riforme eeonomiehe e sociali della Repub bliea (art. 4 del medesimo Statuto). Non si puõ dire ehe
questi limiti siano stati travalicati dalle norme contenute
nei due articoli impugnati, i quali qualificano le interes
senze, le vieinie e le altre comunitä e assooiazioni agrarie
comunque denominate e eostituite, «eomunioni private di interesse pubblico », soggette, per quanto non õ stabilito
dalla legge provinciale, alle norme del codice civile (art. 1), e sottopongono alla sola disciplina di questo le eomunioni
ehe si siano formate dopo l'« impianto » del libro fondiario
e le altre ehe, pur formate prima, non comprendano piu i cinque membri.
Yero e ehe il sistema cosi istituito dalla legge provinciale
deroga per questa parte ai sistema della legge statale 16
giugno 1927 n. 1766 sul riordinamento degli usi civici, ma
e anche vero ehe questa legge õ una legge ordinaria, ehe
ricondusse sotto una uniea disciplina, fondata in via prin
cipal© sulle tradizioni e la legislazione delle province meri
dionali, una materia come quella degli usi civici, ehe ha
avuto, nella storia giuridica per tanti aspetti non unitaria,
del nostro Paese, origini e svolgimenti localmente diffe
renti. Sicclie la competenza riconoseiuta non soltanto alle
Province di Trento e Bolzano, ma anche alla Begione della
Valle d'Aosta (art. 2, lett. o, usi civici, consorterie, promi scuity per eondomini agrarie forestall, ordinamento delle
minime propriety colturali, dello Statuto speciale), alla
Sieilia (art. 14, lett. c, dello Statuto speciale) e alla Sar
degna (art. 3, lett. m, dello Statuto speciale), sta a provare il proposito del legislatore costituente di rimediare a co
desta artifieiosa uniformity, disponendo ehe la materia
degli usi civici fosse regolata dal legislatore regionale e in
difformitä dalle leggi dello Stato in quelle Regioni, se
gnatamente in quelle alpine, dove si sono conservate tenaci
tradizioni e consuetudini, ehe possono essere ricondotte ad usi antiehissimi, romani e germaniei, e dove le condi zioni geografiche e la natura degli ordinamenti agrari im
pongono regole particolari nell'uso dei boschi e dei pascoli. Stando eosi le cose, non ha senso configurare un contrasto
tra la legge provinciale e la legge ordinaria statale, assu mendo" a principi dell'ordinamento giuridieo i principi che possono essere dedotti dalla legge ordinaria del 1927.
Sulla particolare situazione storica, geografica, econo mica e sociale della Provincia Alto-Atesina le difese delle due parti in giudizio hanno richiamato insistentemente l'attenzione della Corte per convalidare la tesi che la legge provinciale non abbia fatto se non restituire alle interes
senze, vieinie e altre comunitä e associazioni agrarie il carattere di eomunioni di diritto privato, che era stato
sempre loro proprio, e ai diritti dei membri di codeste asso ciazioni il carattere di diritti «individuali» di proprietä o di servitü.
Va da se che la Corte non puõ e non deve ricostruire
questo lungo svolgimento storico per accertare la fonda tezza delle affermazioni delle parti. Tuttavia le leggi, alle
quali esse si richiamano, eleneano si, accanto ai comuni e alle frazioni, interessenze, vicinati, classi di contadini
dotati, singolaristi e simili, ma non ne definiscono la natura, sicche puõ pure dubitarsi che tutte codeste varie associa
zioni, nella piu parte dei casi fornite di una loro particolare storia e di una loro particolare natura, fossero considerate di diritto privato e diritti «individuali» quelli esercitati dai loro membri su terreni di proprietä della associazione o su terreni altrui. Nemmeno risulta evidente, come af
fermano le parti, che codeste associazioni siano da collegare
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
in ogni caso col « maso cliiuso », i loro membri coi titolari
pro tempore dei masi e le terre soggette agli usi di regola con le pertinenze indiyise dei masi. Le leggi eitate, infatti, si propongono o « di regolare e reluire (che vuol dire liqui dare o sciogliere) i diritti di prevalersi di legname, pascoli e prodotti forestali, come pure alcuni diritti di servitü
e di possesso commie e di godimento » (patente sovrana
5 luglio 1853 n. 130) ; o di fissare norme generali, lasciando
poi alle leggi provinciali di stabilire se si dovesse procedere alia divisione dei terreni sui quali esistessero « diritti di
possesso e di godimento comuni fra le preesistite autorita
feudali e i preesistiti sudditi» o fra due comuni o tra i
membri di un comune o di una frazione o di «vicinati»
e analogbe comunitä, agrarie, «classi di contadini, dotati,
singolaristi e simili in forza della loro comunione personale 0 congiunta al possesso, ovvero tra gli aventi diritto a ter
terni alternati e variabili esistenti in alcuni paesi» (legge
imperiale 7 giugno 1883 n. 94) ; oppure di regolare i vari
casi di divisione (generale, speciale o singolare), di definire
1 terreni « comuni», «il godimento comune o alternato »
e la qualitä di « consorte », che 6 colui il quale si trovi nel
possesso di diritti comuni o sia investito di diritti di com
partecipazione agli utili, quale membro di una comunitä
formata dai cessati dipendenti, dai membri dei comuni
o dalle classi aventi diritto al godimento di terreni alter
nati o variabili, «sia cbe tale appartenenza dipenda dalla
loro comunione personale ovvero dai diritto di proprietä su un'altra rea lita » (legge 19 giugno 1909 n. 61, vale vole
per la Contea principesca del Tirolo, promulgata dall'im
peratore «con l'adesione della Dieta provinciale della
Contea »).
Questi dubbi, tuttavia, non tolgono valore alia tesi della
non fondatezza della questione di legittimitä costituzionale
della legge, non soltanto perche, nella maggior parte dei
casi, in effetti si trattava e si tratta di associazioni che pos sorio profilarsi come associazioni di diritto privato e di
diritti riconosciuti, come nel caso di specie, in misura di
versa ai singoli masi e ad essi intestati nel libro di archivia
zione, cbe precede il libro fondiario impiantato con le
leggi 17 marzo 1897 e 10 aprile 1898 (nozione regolatrice della Commiss. prov. per la sistemazione e l'affrancazione
degli usi civici 10 agosto 1889), e anche, di regola, di terre
e di usi collegati col maso cbiuso, integrazione essenziale
dell'economia di codeste singolari aziende agricole, ma
anche perche la legittimitä di questa legge non si puõ far
dipendere in toto dalla condizione che essa ripeta e rin
novi consuetudini, tradizioni, norme e istituzioni, cosi
come erano intese e regolate nel periodo anteriore all'en
trata in vigore della legislazione italiana nella Provincia
di Bolzano. Condizione che porterebbe a negare al legisla tore provinciale ogni discrezionalitä in una materia, che,
pur fondata sull'autorita di tradizioni secolari, non era
del tutto pacifica e aveva dato luogo a contrasti tra le
tendenze legislative imperiali, coerenti col moto generale del secolo scorso, diretto ad eliminare i residui del regime feudale e di regola alia «liquidazione » degli usi civici e
alia « sistemazione » delle terre sulle quali venivano eserci
tati, e dall'altra parte le tendenze e le esigenze diverse, se
non opposte, della popolazione dell'arco alpino favorevoli
alia persistenza delle antiche comunitä, e delle antiche forme
di godimento e di uso delle terre comuni, come risulta, del resto, e dai fatto che le leggi imperiali, pur prevedendo la liquidazione degli usi civici, consentivano il «regola mento » loro, e dalla necessitä anche allora avvertita di
conferire alle province o regioni ampi poteri in questa materia.
Del quale stato di cose e segnatamente dell'ora rilevato
contrasto tra i criteri ispiratori delle leggi imperiali e le aspi razioni e le necessitä locali e riprova da ultimo la legge 19
giugno 1909 n. 37, « valevole per la Contea prinripesca del
Tirolo sulla regolazione e affrancamento dei diritti di godi mento di legna, di pascoli e di prodotti forestali. . ., nonche
sulPassicuramento dei diritti degli aventi diritto a servitü
boschive», la quale fu promulgata e pubblicata soltanto
nel 1911, il 24 di maggio, nel « Bollettino delle leggi e ordi
nanze per la Contea principesca del Tirolo e per il Voral
berg i> alia puntata XII.
Ora, questa legge, che si propone di regolare, come ri
sulta dal § 1, i diritti di far legna e di percepire legna e
altri prodotti forestall in un bosco o da un bosco altrui, noneh e i diritti di pascolo sõpra fondi e terreni altrui, pre vede in primo luogo la « regolazione » (§ 2 e 3) e soltanto in
secondo luogo l'affrancamento (§ 9), sottoponendolo a certe
condizioni e disponendo che esso põssa essere compiuto o
con la cessione di terreni o col pagamento di un capitale
(§ 10); e, ehe e piu, stabilisce che, nel caso si attui la « re
luizione» mediante la cessione di terreni, tale cessione
debba « farsi di regola pro indiviso ai complesso di tutti
gli aventi diritto » (§ 20), riuniti in un organismo di dif
ficile definizione, che sarä, amministrato e rappresentato secondo norme che la legge pone e che dovranno trovare
posto in uno statuto (§ 21). Fondata e, invece, la questione di costituzionalitä del
l'art. 20, e la ragione e che questo articolo, ordinando al
giudice di dichiarare estinti i processi in corso, d'ufficio
o su richiesta di parte, e disponendo, come conseguenza di
questa dichiarazione, la cancellazione delle annotazioni
relative sul libro fondiario, disciplina materia che e affatto
sottratta alia competenza della Provincia di Bolzano. Vero e che di questa norma le difese delle parti, segnatamente
quella della Societa Yascellari, tentano di dare un'interpre tazione in virtu della quale essa non vorrebbe significare se non l'obbligo fatto al giudice di dichiarare, in conse
guenza dell'entrata in vigore della nuova legge, la cessa
zione della materia del contendere ; un obbligo al quale il giudice sarebbe tenuto, nel caso in esame, anche senza
un'espressa disposizione di legge. Ma e evidente che ciõ
non 6 sufficiente per ritenere non invasa dal legislatore pro vinciale la sfera di competenza statale. E, del resto, la di
chiarazione di illegittimitä costituzionale non vieterä, se
questa ipotesi e valida, che si producano gli effetti con
nessi con la figura dello ius superveniens : soltanto deve
essere il giudice a stabilire caso per caso se questa ipotesi sussista e quali ne siano le conseguenze.
Non vale richiamare la Corte, come fa la difesa della
Societa, a considerare l'ipotesi dell'inutilitä di una dichia
razione di illegittimita costituzionale di una norma che
abbia si esorbitato dai limiti della competenza provinciale, ma soltanto per enunciare una conseguenza giuridica, alia
quale si perverrebbe egualmente in applicazione di principi
generali dell'ordinamento. La Corte non puõ e non deve
esaminare, in casi come questo, se non se la norma sia in
contrasto, oppure non, con la Costituzione, lasciando al
giudice ordinario di stabilire quali siano gli effetti della
pronunzia di incostituzionalitä.
Infine, non vale nemmeno il richiamo alia giurisprudenza di questa Corte in materia di « ma si chiusi», sulla stretta
connessione della quale con l'altra degli «usi civici» le
difese hanno insistito. La ragione che giustificõ la dichia
razione di non fondatezza della questione di legitiiniiia co
stituzionale dell'art. 25 della kgge prov. 29 msrzo 1954
n. 1, modificato dall'art. 2 della legge prov. 2 settembre
1954 n. 2, che conferisce al pretore poteri, non previsti daH'ordmamento statale, in materia di stima del valore
di assunzione del maso chiuso, fu trovata nel fatto che quella norma, la quale di per s& contrastava, come notõ la Corte, con l'art. 108 della Costituzione, era parte necessaria della
disciplina unitaria del maso chiuso. Sicc-he la norma dello
Statuto speciale del Trentino-Alto-Adige che quell'istituto
richiamava, appunto nella sua integritä, non poteva essere
intesa se non come derogatrice delle norme contenute nel
l'art. 108 della Costituzione e negli art. 4 e 11 dello stesso
Statuto speciale: ragioni queste che, come e facile vedere, non si riscontrano nel caso ora all'esame della Corte, per il quale non si pone lo stretto legame di una norma che
rientra in un campo riservato alia competenza dello Stato,
quale e quello dei modi di estinzione del processo e, in con
seguenza, della competenza e della giurisdizione, con la
disciplina dell'istituto degli « Usi civici».
Per questi motivi, respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalle parti, dichiara : a) non fondata la questione
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1343 PARTE PRIMA 1344
di legittimitä. costituzionale degli art-. 1 e 2 della legge della
Provinoia di Bolzano 7 gennaio 1959 n. 2 ; 6) rillegittimitä costituzionale delle norme contenute nell'art. 20 della
stessa legge.
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 8 giugno 1963, n. 81 (Gazzetta ufficiale 15 gin
gno 1963, n. 159) ; Pres. Ambrosini P., Rel. Castelli
Avolio ; imp. Talamonti; interv. Pres. Cons, ministri
(Aw. dello Stato Agbõ).
Radiotelcvisione — Detentorl abusivi di apparecchi radiorieeventi — Sanzioni penali — Incostitu
zionalitä della normativa — Questione iniondata
(Costituzione della Repubblica, art. 3 ; r. d. 1. 21 feb
braio 1938 n. 246, disciplina degli abbonamenti alle
radioaudizioni, art. 1, 2, 19).
f<] infondata la questione di costituzionalitä degli art. 1, 2
e 19 del r. deereto legge 21 febbraio 1938 n. 246, che in
erimina ohi detiene, senza corrispondere il eanone d'ab
bonamento (anehe se speeiale, per trattarsi di titolare di
locale pubblico), un appareceliio radioricevente, in riferi mento all'art. 3 della Oostituzione. (1)
La Corte, ecc. — L'Avvocatura dello Stato, pur senza
formulare in proposito specifiche conclusioni, fa due os
servazioni di oarattere pregiudiziale, la prima nelle dedu
zioni, la seconda nella memoria difensiva.
Con la prima afferma che non vi sarebbe, nel oaso in
esame, questione alcuna di legittimitä eostituzionale,
giacche, anche ammesso ehe fossero esatte le premesse poste nell'ordinanza di rinvio, con l'adozione da parte del legisla tor di una sanzione penale a tutela dell'adempimento di una obbligazione contrattuale privata, non potrebbe mai parlarsi di violazione dell'invocato principio di egua
glianza, di cui all'art. 3 della Costit-uzione, che risulterebbe
invece osservato, essendo la sanzione applicabile a tutti
gli inadempienti del tipo previsto dalla norma sanziona
trice, la quale pertanto non porrebbe alcuna delle discri
minazioni contro le quali si leva il precetto dell'art. 3.
Senonche non sembra che sia precisamente questo il
punto di vista del Tribunale, il quale, nella sua ordinanza
di rimessione della questione di legittimitä, eostituzionale a questa Corte, non si sofferma tanto su di una presunta
posizione di diseguaglianza dei radioutenti fra di loro, ma,
partendo dalla premessa, che õpina essere esatta, di un
rapporto meramente privatistico che si costituirebbe con
trattualmente fra quelli e la R.a.i.-T.V., vede nella diver sity di posizione degli uni e di quest'ultima per l'esistenza di sanzioni penali per le inadempienze solo a carico dei primi, una diversity di trattamento, che violerebbe appunto il
principio di eguaglianza sancito dall'art. 3. In tal senso e
(1) II testo dell'ordinanza 10 ottobre 1962 de] Tribunale di Ascoli Piceno 6 riportato su Le Leggi, 1962, 1919.
Sulla posizione dell'E.i.a.r., su cui la Corte eostituzionale
s'indugia, G. Miele, Ente pubblico e concessione di pubblico servizio, in Foro amm., 1942, I, 237 ; sulla posizione della R.a.i., Alessi, Interessanti questioni in materia di rapporti tra la R.a.i. e gli utenti del servizio delle radiaudizioni cireolari, in Foro pad., 1953, I, 920 ; sui rapporti tra radioascoltatori e R.a.i., la nota, dall'identico titolo, di Fragoia, in Bass, diritto cinematografico, 1953, 80 ; A. Giannini, Sulla natura dei servizi di radiodiffusione, id., 1955, 1 ; Pierandrei, Radio televisione e Costituzione, in Giur. it., 1961, IV, 227 ; De Valles, Natura contrattuale del rapporto tra la R.a.i. e i suoi abbonati, in Foro it., 1957, IV, 33 ; sulla distinzione tra radioutenti privati e detentori di apparecchi in pubblici locali, cui pur si riferisce la sentenza riportata, Olmi, I canoni di abbonamento alle radioaudizioni, in Giur, Cass, civ., 1953, III, 449.
La sentenza 13 luglio 1960, n. 59 della Corte eostituzionale, eitata nella motivazione della presente, leggesi in Foro it., J960, I, 1065, con ampia nota di richiami.
da ritenersi sia stata proposta la questione di legittimitä
costituzionale, e bisognerä aooertare se e o meno fondata.
Con la seconda osservazione preliminare, l'Avvocatura
fa presente ohe, nel caso in esame, il cosi detto «abbo
namento » non era stato « stipulate ». Non sarebbe quindi
possibile vedere dove il Tribunale abbia ravvisato il pre detto contrasto. Conseguirebbe quindi ehe, collocandosi sul
terreno privatistico ritenuto proprio dal Tribunale, l'as
senza del eontratto non avrebbe fatto nascere nessun rap
porto ehe possa dar luogo ad una questione di legittimitä costituzionale sotto il profilo della disparity di trattamento,
in violazione dell'art. 3 della Costiiuzione.
Non sembra perõ che la motivazione deH'ordinanza,
pur partendo dalla ammissione della natura privatistica del rapporto fra la E.a.i. e i radioutenti, si fondi sul 1'ave
inita stipula del eontratto o sulla mancanza di esso, doven
dosi rilevare, invece, che l'opinione nell'ordinanza soste
nuta scaturisce da una determinata interpretazione delle
norme di legge concernenti la materia, ed attiene diretta
mente alla legittimitä costituzionale di quelle impugnate, che puniscono, come reato, appunto l'omissione imputata al Talamonti, l'efficacia delle quali e stata pertanto rite
nuta dal Tribunale rilevante ai fini del giudizio principale.
Quanto si e premesso conduce ad esaminare il merito
della questione : se, cioe, sia costituzionalmente illegittimo avere accordato alia R.a.i.-T.V., per assicurare l'adempi mento della obbligazione del pagamento dell'abbonamento
alle radioaudizioni, non una penale di natura civile, peraltro consentita anche in rapporti meramente privatistici, ma
determinati privilegi ed una vera e propria tutela di ca
rattere penale. Non si nega quanto afferma il Tribunale, che la R.a.i.
sia una Societä privata ; ma non basta questa affermazione
per desumerne che non le possa spettare, in relazione al
servizio che esercita, una posizione di preminenza nei con
fronti dei radioutenti. £ bensi una Societä privata, ma eser
cita un pubblico servizio in concessione, e questo servizio
e di interesse generate, per l'incidenza che attraverso di
esso si opera nei piü vari settori dell'informazione e della
cultura nazionale e per gli evidenti riflessi di carattere
generale che ne derivano. Questa opinione 6 stata chiara
mente affermata, sia pure con riferimento alia televisione, e quindi ad un campo piu ristretto delle raioaudizioni in
genere, da questa Corte, con la sentenza n. 59 del 13 luglio 1960 (Foro it., 1960, I, 1065), con la quale la Corte ha rile
vato l'altissima importanza che, nell'attuale fase della
nostra civiltä, gli interessi che la televisione, e a maggior
ragione la radio, tende a soddisfare nel campo della cultura, della informazione, dello svago, assumono, e su vastissima
scala, non solo per i singoli componenti del corpo sociale, ma anche per questo nella sua imita.
Per quanto attiene poi alla natura di «concessione »
del titolo in forza del quale la E.a.i. esercita il servizio, e dato desumere tale natura direttamente dalle norme rego lanti l'attribuzione del servizio stesso prima all'E.i.a.r. e poi alla E.a.i. (convenzioni approvate, rispettivamente, col r. decreto 17 novembre 1927 n. 2207, e col decreto pres. 26 gennaio 1952 n. 180), e, in particolare, dalla espressa menzione di « concessione » ivi contenuta e dalla natura della serie dei controlli previsti tanto nella prima, quanto nella seconda convenzione, che vanno dall'obbligo della
regolare attuazione del servizio al regolamento dei rapporti economici fra concedente e concessionario, dalle modalitä dei controlli tecnici ed economici sulle attivitä del conces
sionario alle sanzioni per le eventuali inadempienze, e ri
spondono quindi ai criteri ordinariamente adottati per la
disciplina del rapporto di concessione di pubblico servizio. Sulla base di questi rilievi si spiega come il rapporto
fra la R.a.i.-T.V., concessionaria di un pubblico servizio, e i radioutenti sia stato regolato da principi pubblicistici.
Se e vero che la natura della obbligazione posta a carico dell'utente nacque con caratteri assai diversi e di natura convenzionale privatistica, quando l'art. 3 del r. decreto 1° maggio 1924 n. 655 pose a carico dell'utente, oltre la tassa di licenza, un « diritto » a favore del concessionario. e anche vero che suceessivamente si delineõ Una modifica
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