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sentenza 9 dicembre 1982, n. 207 (Gazzetta ufficiale 15 dicembre 1982, n. 344); Pres. De Stefano;...

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Page 1: sentenza 9 dicembre 1982, n. 207 (Gazzetta ufficiale 15 dicembre 1982, n. 344); Pres. De Stefano; imp. Tetesi ed altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord.

sentenza 9 dicembre 1982, n. 207 (Gazzetta ufficiale 15 dicembre 1982, n. 344); Pres. DeStefano; imp. Tetesi ed altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Trib.Brindisi 23 febbraio 1976 (Gazz. uff. 7 luglio 1976, n. 177); Trib. Belluno 20 e 27 maggio, 10giugno, 31 ottobre 1977 e 3 aprile 1978 (id. 19 ottobre 1977, n. 286; 28 settembre 1977, n. 265;7 dicembre 1977, n. 334; 5 luglio 1978, n. 1 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 851/852-853/854Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175751 .

Accessed: 25/06/2014 03:57

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Page 2: sentenza 9 dicembre 1982, n. 207 (Gazzetta ufficiale 15 dicembre 1982, n. 344); Pres. De Stefano; imp. Tetesi ed altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord.

PARTE PRIMA

con riguardo alla ripartizione del sovracanone tra i comuni ri

vieraschi e le rispettive province; non si detta dunque alcun cri

terio, vien precisato, in ordine all'altro ed autonomo momento, in cui la prestazione è deliberata. Le denunziate carenze della

previsione normativa — alle quali, si dice non può supplire

l'opera dell'interprete — offenderebbero la riserva di legge posta nell'art. 23 Cost., ed altresì il principio costituzionale di egua

glianza, in quanto, non avendo il legislatore adeguatamente de

finito presupposti, criteri e limiti dell'imposizione, sussiste il pe ricolo che situazioni analoghe possano risultare assoggettate ad

un'ingiustificata disparità di trattamento.

2. - La questione non è fondata. Il sovracanone costituisce, cer

to, una prestazione patrimoniale, che va imposta al concessiona

rio della derivazione di acqua nel rispetto dell'art. 23 Cost.; nella

specie, però, essa trova, come esige l'invocato disposto costitu

zionale, idoneo fondamento nella legge. Nell'ordinanza di rinvio si lamenta, prima di tutto, che il solo

presupposto di fatto per l'imposizione in esame stia « nell'at tualità della concessione». Ma questo rilievo, come ammette lo stesso giudice a quo, non basta a concretare la prospettata ipo tesi di illegittimità costituzionale: né implica ancora che difetti alcun limite o criterio, al quale l'organo esecutivo debba, per stabilire il sovracanone, secondo legge adeguarsi. Infatti, la dispo sizione censurata individua il soggetto passivo della prestazione, che è il concessionario della derivazione d'acqua. Cosi si fa im

plicito ma chiaro riferimento al contesto dei dati — quali la po tenziale utilizzazione delle acque, o l'importanza delle opere da

eseguire — che vengono, secondo l'atteggiarsi del rapporto di

concessione, di volta in volta in rilievo nell'apprezzamento del

l'organo competente a gravare il concessionario di quest'onere

aggiuntivo. In secondo luogo è individuato il necessario benefi

ciario della prestazione. Tale, precisamente, è l'ente locale, che

la norma contempla; e là dove si statuisce che il sovracanone è « stabilito a favore dei comuni rivieraschi e delle relative provin ce », si definisce, con ciò stesso, anche lo scopo dell'imposizione. Del resto, la normativa sottoposta al giudizio della corte testual

mente prevede le condizioni economiche degli enti anzidetti (pri ma ancora che l'eventuale danno scaturente dalla concessione) come un elemento di valutazione, di cui l'organo deliberante è

tenuto a giovarsi, dove si tratti di ripartire il sovracanone fra gli enti rivieraschi. Il giudice a quo, è vero, distingue l'imposizione dalla ripartizione del sovracanone, e ne trae la conseguenza che

i parametri indicati in sede di riparto non concernono il mo

mento in cui l'onere è deliberato. Ma ciò non toglie che la ra

gione giustificativa della prestazione patrimoniale sia qui, nel si

stema della legge, quella di sopperire alle esigenze degli enti

interessati. Si spiega allora, adottando il punto di vista accolto

nell'ordinanza di rinvio, come lo stesso criterio, che viene in

considerazione al fine di imporre l'onere, sia stato, per coerenza

di disciplina, poi richiamato con espresso e puntuale riferimento

alla fase in cui il gettito dell'imposizione è ripartito fra gli enti

anzidetti.

Ancora: la discrezionalità riconosciuta al ministro va eserci tata con l'osservanza della garanzia procedurale, che si connette

all'obbligo di sentire l'organo consultivo — il consiglio superiore dei lavori pubblici — anche quando si versi fuori dagli apprez zamenti di indole prettamente tecnica, e comunque — ciò che

più importa, per l'attuale indagine — in conformità ed attuazio ne della finalità perseguita dalla legge. La quale vuole, in defi

nitiva, che l'autorità competente tenga in conto le circostanze, in cui decide se stabilire il sovracanone, sotto un duplice riguar do: da un canto l'apporto che può essere ragionevolmente preteso dal titolare della sottostante concessione, dall'altro le condizioni economiche dei beneficiari.

3. - Detto ciò, occorre ricordare che il potere conferito al mini stro è delimitato anche in relazione al possibile ammontare del

sovracanone. Ora, come la corte ha in altra occasione affermato

(cfr., ad es., sent. n. 4 del 1957, Foro it., 1957, I, 202), la legge che manchi di fissare il massimo della prestazione imponibile non vulnera, per ciò solo, il precetto dell'art. 23 Cost. Siffatta

cautela, si è sopra precisato (v. supra n. 1), è stata invece intro dotta nella disciplina del caso in esame. Vi è quindi un'altra e decisiva ragione per fugare il sospetto che la scelta demandata all'amministrazione resti esente dai vincoli prescritti dal testo co stituzionale e cosi possa trasmodare in arbitrio.

Per concludere: la concessione della derivazione di acqua ope ra come presupposto di fatto perché il concessionario sia obbli

gato, in virtù del provvedimento ministeriale, al versamento del l'ulteriore canone, oggetto dell'attuale controversia. L'onere pe cuniario cosi configurato deve essere tuttavia stabilito in base alla previsione di legge, e dunque secondo il criterio impositivo che ha riguardo — sempre entro i limiti della prestazione massi

ma consentita — sia a quanto è esigibile dal soggetto passivo in

rapporto alla sua posizione di concessionario, sia al fabbisogno dei comuni o delle province, cui è destinato il sovracanone.

Non si può, d'altronde, nemmeno trascurare che l'imposizione in parola soddisfa anche ad una specifica esigenza di ordine co

stituzionale, qual è il sostegno dell'autonomia locale: tanto più rilevante, sul piano della applicazione fin qui ricevuta dalla norma

censurata, in quanto il sovracanone ha offerto la via per un'in

dispensabile integrazione delle risorse degli enti rivieraschi. Le considerazioni svolte valgono, infine, ad escludere la viola

zione del principio di eguaglianza, delineata nel provvedimento di rimessione sull'assunto che risultasse inosservata la riserva di

legge, posta nell'art. 23 Cost. Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legit

timità costituzionale dell'art. 53 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, come sostituito dall'art. 1 1. 4 dicembre 1956 n. 1377, e modifi cato dall'art. 1, 3° comma, 1. 21 dicembre 1961 n. 1501, sollevata dalle sezioni unite civili della Corte di cassazione, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli art. 3, 1° comma, e 23 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 dicembre 1982, n. 207 (Gazzetta ufficiale 15 dicembre 1982, n. 344); Pres. De Stefano; imp. Tetesi ed altri; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Trib. Brindisi 23 febbraio 1976 (Gazz. uff. 7 luglio 1976, n. 177); Trib. Belluno 20 e 27 maggio, 10 giugno, 31 ottobre 1977 e 3 aprile 1978 (id. 19 ottobre 1977, n. 286; 28 settembre 1977, n. 265; 7 dicembre 1977, n. 334; 5 luglio 1978, n. 186; 17 gennaio 1979, n. 17); Trib. Milano 25 ottobre 1979 (id. 31 dicembre 1980, n. 357); Trib. Grosseto 4 febbraio 1980 (id. 14 maggio 1980, n. 131).

Armi e materie esplodenti — Detenzione illegale di armi comuni da sparo e di armi da sparo clandestine — Trattamento san zionatorio — Pretesa irrazionalità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 14 ottobre 1974 n. 497, nuove norme contro la criminalità, art. 10, 14; 1. 18 aprile 1975 n.

110, norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, art. 23).

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 10 e 14 l. 14 ottobre 1974 n. 497, nella parte in cui prevedono per la detenzione illegale di armi comuni da sparo pene edittali

più gravi di quelle previste dall'art. 23, 3" e 4" comma, l. 18

aprile 1975 n. 110 per la detenzione di armi clandestine, in ri

ferimento all'art. 3 Cost. (1)

(1) Le ordinanze di rimessione sono, rispettivamente, massimate in Foro it., 1976, II, 338; id., Rep. 1978, voce Armi e materie esplo denti, nn. 64, 65, 63, 43; id., Rep. 1979, voce cit., nn. 55, 56; id., Rep. 1981, voce cit., n. 39; id., Rep. 1980, voce cit., n. 19.

L'eccezione d'illegittimità costituzionale risolta dalla sentenza ri portata era stata già disattesa da Trib. Tolmezzo, ord. 30 gennaio 1981, Giur. costit., 1982, il, 5, che, contestualmente, ha sottoposto alla corte la questione di costituzionalità dell'art. 23, 3° comma, 1. 18 aprile 1975 n. 110 in relazione agli art. 10 e 14 1. 14 ottobre 1974 n. 497 rilevando come l'eventuale applicazione all'ipotesi di detenzione illegale di arma comune da sparo dell'attenuante di cui all'art. 5 1. 2 ottobre 1967 n. 895, non applicabile all'ipotesi delit tuosa di cui all'art. 23 1. n. 110/75, renderebbe le due fattispecie suscettibili di trattamento sanzionatorio differenziato « in ragione inversa alla loro gravità ». Circa l'ambito di operatività dell'attenuan te di cui all'art. 5 1. n. 895/67 vedi la nota di richiami a Corte cost. 22 ottobre 1982, n. 167, Foro it., 1983, I, 586, che ha giudicato infondata la questione di costituzionalità concernente la mancata estensione dell'attenuante in parola ai reati contravvenzionali relativi alle armi proprie da punta e da taglio di cui agli art. 697 e 699 c.p.

La Corte costituzionale è stata chiamata a pronunziarsi sulla le gittimità dell'art. 23 1. n. 110/75 anche da Trib. Rovigo, ord. 24 settembre 1981, Giur. costit., 1982, II, 6, limitatamente alla viola zione del principio di eguaglianza che sarebbe ravvisabile nell'iden tità di trattamento sanzionatorio riservato a chi, dolosamente, can celli, contraffaccia od alteri i segni distintivi già impressi sull'arma ed a chi semplicemente ometta, per ignoranza, di provvedere a farvi imprimere ex novo il numero di matricola.

Per la sussistenza del concorso formale tra la detenzione od il porto illegali di armi comuni da sparo di cui agli art. 10, 12 e 14 1. n. 497/74 e la detenzione od il porto di armi clandestine di cui all'art. 23 1. n. 110/75, sulla base della diversità dei beni od interessi tutelati dalle fattispecie considerate, vedi, univocamente, Cass. 9 feb braio 1981, Pafumi, Riv. pen., 1981, 658; 20 febbraio 1981, Ramaglia, id., 1982, 179; 24 gennaio 1980, Gagliotti, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 70; 16 ottobre 1978, Bertoli, ibid., n. 71 e, più ampiamente, con riferimento, anche, alla diversità degli scopi perseguiti dal le gislatore, alla diversità delle condotte criminose ed all'inaccettabilità

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Page 3: sentenza 9 dicembre 1982, n. 207 (Gazzetta ufficiale 15 dicembre 1982, n. 344); Pres. De Stefano; imp. Tetesi ed altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Le otto ordinanze di cui in narrativa deferiscono

alla corte questioni di legittimità costituzionale, in parte identiche

in parte connesse, aventi ad oggetto gli art. 9, 10, 12 e 14 1.

14 ottobre 1974 n. 497 (nuove norme contro la criminalità), nelle

parti relative alla misura delle pene previste per i delitti di ces

sione senza licenza dell'autorità, detenzione illegale e porto ille

gale in luogo pubblico, o aperto al pubblico, di armi comuni da

sparo. Pertanto, i relativi giudizi vengono riuniti per esser decisi con

unica sentenza.

2. - Nell'ordinanza del Tribunale di Brindisi la rilevanza nel

giudizio a quo della sollevata questione è affermata apodittica

mente, senza il minimo riferimento alla concreta fattispecie, come

giustamente eccepisce l'avvocatura dello Stato. La stessa carenza

in punto di rilevanza è dato riscontrare nelle cinque ordinanze

del Tribunale di Belluno. Deve pertanto, in armonia con la co

stante giurisprudenza di questa corte (si vedano, da ultimo, le

sentenze n. 201 del 1981, Foro it., 1982, I, 600, e nn. 108, 109

e 158 del 1982, id., 1982, I, 2730, 2727, 2705), dichiararsi la

inammissibilità delle proposte questioni.

3. - Con le due rimanenti ordinanze, dei Tribunali di Grosseto

e di Milano, viene sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., que

stione di legittimità costituzionale degli art. 10 e 14, 1. n. 497

del 1974 (rectius, degli art. 2 e 7 1. 2 ottobre 1967 n. 895, pei

testi rispettivamente sostituiti dagli art. 10 e 14 1. n. 497 del

1974), nella parte in cui puniscono la detenzione illegale di armi

comuni da sparo, più severamente di quanto il 3° comma del

l'art. 23 1. 18 aprile 1975 n. 110, preveda per la detenzione di

armi considerate « clandestine » a norma del 1° comma dello

stesso articolo. In ciò i giudici a quibus ravvisano una sperequa

delle conclusioni cui, in termini di trattamento sanzionatorio, con

durrebbe l'opposta soluzione, Cass. 30 aprile 1980, Leonetti, id., Rep.

1980, voce cit., n. 101. Per altri aspetti cfr. Cass. 7 febbraio 1979, Cutillo, ibid., n. 64,

secondo cui per la sussistenza del reato di detenzione di arma clan

destina non occorre che il detentore sia stato anche l'autore del

l'abrasione del numero di matricola, essendo sufficiente la consape

volezza di detenere un'arma sprovvista di tale numero.

In dottrina, nel senso dell'ipotizzabilità del concorso tra deten

zione o porto illegali e detenzione o porto di armi clandestine, cfr.

Vigna - Bellagamba, Armi, munizioni, esplosivi, Milano, 1978, 261.

Contra, Bocciolini, Detenzione (o porto) di arma clandestina e

detenzione (o porto) di arma comune da sparo: problemi di con

corso di norme e di costituzionalità, in Giust. pen., 1981, II, 474,

il quale ritiene prevalente la norma di cui all'art. 23 1. n. 110/75

in applicazione del principio di specialità posto dall'art. 15 c. p. e,

conseguentemente, giudicando obiettivamente più grave l'ipotesi di

detenzione o porto di armi clandestine, aderisce alle censure d'inco

stituzionalità mosse dai giudici di merito (segnatamente Trib. Brin

disi e Trib. Belluno 31 ottobre 1977), ritenendo assolutamente irra

zionale e, quindi, contrario al principio costituzionale d'eguaglianza,

che la violazione più lieve sia sanzionata con la pena più grave.

In senso contrario all'ipotizzabilità del concorso, v., anche, Del Du

ca, Detenzione e porto illegali di armi: incompatibilità del concorso

tra il delitto di cui agli art. 10, 11 e 14 l. 14 ottobre 1974 n. 497

ed il delitto di cui all'art. 23, 3" e 4° comma, l. 18 aprile 1975 n.

110, in Foro napol., 1980, III, 159, il quale giunge a ritenere

la prevalenza della disposizione di cui all'art. 23 sia in base al prin

cipio di specialità sia in base al disposto dell'art. 2, 3° comma, c.p.

(individuazione della legge più favorevole) e limita la ravvisabilità

del concorso di reati all'ipotesi in cui l'arma, già illegalmente de

tenuta o portata, divenga successivamente clandestina per effetto

delle manipolazioni cui venga sottoposta o fatta sottoporre dall'au

tore della detenzione o porto illegali. In senso dubitativo, invece,

Diaz, Armi e munizioni, voce del Novissimo digesto, appendice,

Torino, 1980, I, 416. A conforto dell'opinione dominante nella giurisprudenza di legit

timità sembra agevole rilevare che nelle fattispecie descritte dall'art.

23 1. 110/75 non sono affatto compresi tutti gli elementi contenuti

nelle fattispecie di cui agli art. 10, 12 e 14 I. n. 497/74, con l'ag

giunta dell'elemento specializzante, costituito dalla « clandestinità »

dell'arma, esulando dalla previsione dell'art. 23 la nota dell'illegalità

della detenzione o del porto, rispettivamente determinata dall'omis

sione della denunzia ex art. 38 t. u. 1. p. s. e dal difetto della licenza

di cui all'art. 42, 3° comma, del medesimo testo unico.

In tema di concorso di norme vedi l'omonima voce di Pagliaro

in Enciclopedia del diritto, Milano, 1961, Vili, 545, secondo cui è,

tra l'altro, pacifico che la norma speciale può implicare anche san

zioni meno gravi della norma generale. Sulla detenzione e porto illegali di armi comuni da sparo e sulla

detenzione e porto di armi clandestine, cfr. Vigna - Bellagamba, op.

cit., 169 ss., 260 ss. Per i più recenti interventi della Corte cost, in tema di principio

d'eguaglianza applicato alla legislazione sulle armi cfr. le sentenze n.

167 e n. 166 del 1982, Foro it., 1983, I, 586, la prima con ampia

nota di riferimenti ai precedenti della corte in materia di razionalità

del trattamento sanzionatorio penale.

zione di trattamento, in quanto la detenzione di « arma clande

stina » sarebbe fatto di più graye entità rispetto alla detenzione

illegale di arma comune, e pertanto non apparirebbe ragionevole

che il legislatore abbia previsto, per la prima ipotesi, sanzioni

penali più lievi di quelle previste per la seconda.

4. - La questione non è fondata.

Giova premettere che la Corte di cassazione ha più volte affer

mato che le norme, che i giudici a quibus hanno posto a raffronto

nelle ordinanze di rimessione, prevedono due condotte criminose,

diverse e compatibili, in quanto violatrici di due distinti precetti

legislativi, ispirati da ragioni ed esigenze diverse. La illegalità della

detenzione dell'arma comune da sparo, prevista dal combinato

disposto delle impugnate norme, deriva dall'aver omesso la

denuncia dell'arma detenuta, in violazione dell'obbligo sancito

dall'art. 38 t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con

r.d. 18 giugno 1931 n. 773: obbligo preordinato acché l'autorità

di pubblica sicurezza abbia tempestiva conoscenza delle persone

che detengono armi e dei luoghi dove queste sono custodite. La

normativa dettata per le armi « clandestine » soddisfa, invece,

l'esigenza che tutte le armi comuni da sparo esistenti nello Stato

siano « catalogate » e munite dei prescritti segni di identificazione,

allo scopo di render possibile il controllo sulla singola arma, nel

l'ambito di iniziative adottate — come sottolineato nei lavori

parlamentari relativi alla 1. n. 110 del 1975 — per corrispondere a

« precise istanze di difesa e di sicurezza sociale diffusamente

avvertite in relazione al ripetersi di fenomeni criminosi partico

larmente gravi ». Ben può darsi, dunque, che s'incorra nella vio

lazione soltanto dell'una o soltanto dell'altra norma, a seconda

che si detenga, senza averne fatto denuncia, un'arma regolar

mente catalogata e munita dei prescritti contrassegni; o si de

tenga un'arma, della quale sia stata fatta denuncia, ma che va

considerata « clandestina », perché il suo prototipo non è stato

iscritto nel catalogo nazionale ai sensi dell'art. 7 1. n. 110 del

1975, o perché sprovvista dei numeri, dei contrassegni e delle

sigle di cui all'art. 11 della stessa legge. E può darsi, invece, che

s'incorra nella violazione di ambo le norme, detenendo, senza

averne fatto denuncia, un'arma «clandestina»; nel qual caso si

configura un concorso formale di reati, avendo la Corte di

cassazione ritenuto inapplicabile il principio di specialità di cui

all'art. 15 c. p., in quanto la tutela giuridica e l'oggettività dei

fatti incriminati sono diverse ed autonome.

Alla luce della richiamata costante giurisprudenza, non appare

viziata da irrazionalità la scelta operata dal legislatore, che ri

guardo a due distinte condotte criminose ha considerato, nella

discrezionalità delle valutazioni di sua competenza, più grave la

detenzione di arma non denunciata rispetto alla detenzione di

arma denunciata ma « clandestina », ed ha conseguentemente ri

servato al primo reato un trattamento penale più severo di quello

comminato per il secondo; fermo restando il loro concorso for

male. qualora si tratti di detenzione di arma non denunciata e

« clandestina ».

Per questi motivi, riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 409 R.O.

1976, 339, 396 e 465 R.O. 1977, 222 e 512 R.O. 1978, 157 e

787 R.O. 1980, 1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità

costituzionale sollevate, in riferimento all'art. 3 Cost., con le or

dinanze del 23 febbraio 1976 (n. 409 R.O. 1976) del Tribunale

di Brindisi, del 20 maggio (n. 396 R.O. 1977), 27 maggio (n. 339

R.O. 1977), 10 giugno (n. 465 R.O. 1977) e 31 ottobre 1977

(n. 222 R.O. 1978), nonché del 3 aprile 1978 (n. 512 R.O. 1978)

del Tribunale di Belluno, degli art. 9, l'O, 12 e 14 1. 14 ottobre

1974 n. 497 (nuove norme contro la criminalità); 2) dichiara

non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata,

in riferimento all'art. 3 Cost., con le ordinanze del 25 ottobre 1979

(n. 787 R.O. 1980) del Tribunale di Milano, e del 4 febbraio

1980 (n. 157 R.O.-1980) del Tribunale di Grosseto, degli art. 10

e 14 1. 14 ottobre 1974 n. 497 (nuove -norme contro la criminalità).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 novembre 1982, n. 204

(Gazzetta ufficiale 9 dicembre 1982, n. 338); Pres. Elia, Rei.

Andrioli; Bombardieri (Avv. Ventura) c. Soc. Alivar; Sar

tori c. Concari; Miatto c. Soc. Dal Negro (Avv. Pantaleoni,

Flammia); Leone c. Soc. Filatura San Lorenzo; Patrizzi c.

Faraoni (Avv. Ventura); Dal Col c. Soc. Panto Industria

Serramenti. Ord. Pret. Parma 23 ottobre 1976 (Gazz. uff. 2

febbraio 1977, n. 31); 22 novembre 1976 (id. 16 febbraio 1977,

n. 44); Pret. Treviso 27 novembre 1976 (id. 23 marzo 1977, n.

80); 18 dicembre 1976 (id. 9 marzo 1977, n. 66); Trib. Parma

1" dicembre 1978 (id. 30 marzo 1977, n. 87); Pret. Treviso 11

agosto 1977 (id. 7 dicembre 1977, n. 334).

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