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Sentenza 9 luglio 1963, n. 126 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1963, n. 187); Pres. Ambrosini P., Rel....

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Sentenza 9 luglio 1963, n. 126 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1963, n. 187); Pres. Ambrosini P., Rel. Mortati; Granatiero (Avv. D'Atena) c. Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania (Avv. dello Stato Simi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 1865/1866-1867/1868 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152842 . Accessed: 28/06/2014 15:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 15:44:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 9 luglio 1963, n. 126 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1963, n. 187); Pres. Ambrosini P.,Rel. Mortati; Granatiero (Avv. D'Atena) c. Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia eLucania (Avv. dello Stato Simi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 1865/1866-1867/1868Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152842 .

Accessed: 28/06/2014 15:44

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

legislatore regionale, riproducendo le disposizioni degli ait. da 106 a 110 del t. u. della legge com. e prov. del 1934, modificate dall'art. 9 della legge 9 giugno 1947 n. 530, abbia fatto propria la relativa disciplina, convertendo in norme regionali le regole relative.

Ma, a parte ciò, i detti articoli del disegno di legge ri

guardano la materia penale e processuale : dall'art. 91, che stabilisce la pena dell'ammenda per le contravvenzioni

ai regolamenti comunali, agli art. 92 e 93, che regolano i

vari casi ammessi ad oblazione, all'art. 94, che fissa la pro cedura per il caso di mancata oblazione, con particolare riferimento all'invio degli atti al pretore, all'art. 95, che

detta i criteri per la ripartizione dei proventi delle ammende,

assegnandoli in parte al comune ed in parte agli agenti ac

certatori.

Ed è noto che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (v. sentenze n. 6 del 1956, Foro it., 1956, I, 1058 ; n. 1 del 1957, id., 1957, I, 354 ; n. 21 del 1957, ibid., 191 ; n. 23 del 1957, ibid., 1755; n. 39 del 1957, id., Rep^ 1957, voce Trentino, nn. 15-28 ; n. 58 del 1959, id., 1960, I, 10 ; n. 23 del 1961, id., 1961, I, 892 ; n. 90 del 1962, id.,

1962, I, 2164), è ormai indubitabile l'esistenza di una ri

serva assoluta di legge statale in materia penale e processuale. In particolare la Corte ha anche, da ultimo, ritenuto che le

Regioni non possono garantire penalmente l'osservanza

delle proprie norme rinviando alle sanzioni stabilite da

leggi dello Stato (sent. n. 58 del 1959), e ha deciso pure che

non possono disporre circa la destinazione dei proventi delle ammende (sent. n. 39 del 1957). Onde può affeimarsi

che gli ora indicati articoli del disegno di legge impugnato concernenti materia penale e processuale eccedono la com

petenza regionale e sono pertanto illegittimi. Per quanto riguarda, infine, le censure mosse^ contro

l'art. 97, si osserva che il rilievo della loro indeterminatezza, mosso dalla difesa della Regione, non ha consistenza. L'Av

vocatura chiaramente ha osservato che la norma impugnata avrebbe dato all'azione popolare una configurazione di

versa da quella prevista nelle leggi statali attribuendola

agli elettori, anziché ai contribuenti, e limitandola alla sola

giurisdizione amministrativa, e che comunque invaderebbe

una sfera di competenza riservata allo Stato, trattandosi

di disciplina di materia di diritto processuale civile.

I motivi della censura sono quindi riconducibili ad un

evidente eccesso dalla competenza legislativa della Regione,

giacché questa, nell'esercitarla, è tenuta a rispettare i prin

cipi stabiliti dalle leggi dello Stato (art. 5 dello Statuto) ; onde eccede dalla competenza stessa (cfr. sent. Corte costi

tuzionale n. 30 del 1959, Foro it., 1959, I, 1073) non soltanto

se legifera in materie non comprese nell'elencazione delle

norme di competenza statutaria, ma anche quando la Re

gione emana disposizioni legislative in contrasto con i

detti principi. Per questi motivi, pronunciando sul ricorso proposto

dal Presidente del Consiglio dei ministri contro la Regione Trentino-Alto Adige, riguardante il disegno di legge 7

novembre 1962 sull'ordinamento dei comuni : dichiara la

illegittimità costituzionale degli art. 4, 17, 44, 76, 2° comma, 91, 92, 93, 94, 95 e 97 del detto disegno di legge ; dichia

ra, in applicazione del disposto dell'art. 27 della legge 11

marzo 1953 n. 87, la illegittimità costituzionale degli art. 46

e 47 ; del riferimento al controllo straordinario sugli organi, contenuto nell'art. 54 ; e del richiamo alle delibere di cui

all'art. 76, contenuto nel 1° comma dell'art. 49 ; dichiara

non fondata l'impugnazione degli art. 50, 54 (salvo la

dichiarazione di illegittimità, di cui sopra, del riferimento

al controllo straordinario sugli organi), e dell'art. 58.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 9 luglio 1963, n. 126 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1963, n. 187) ; Pres. Ambrosini P., Rei. Mortati ; Gra natiere (Avv. D'Atena) c. Sezione speciale per la ri forma fondiaria in Puglia e Lucania (Avv. dello Stato

SlMl).

Agricoltura — Riforma fondiaria — Determinazione dei terreni suscettibili di trasformazione fondiaria mediante decreto presidenziale — Violazione — In

costituzionalità del decreto presidenziale di espro priazione (Costituzione della Repubblica, art. 76 :

legge 21 ottobre 1950 n. 841, norme per la espropria zione, bonifica, trasformazione e assegnazione dei terreni ai contadini, art. 1, 4, 13).

Agricoltura— Riforma fondiaria — Conservazione del terzo residuo — Decadenza dal beneficio — Inos servanza del termine — Incostituzionalità del de creto presidenziale di espropriazione (Costituzione della Repubblica, art. 76, 77 ; legge 12 maggio 1950 n. 230, eolonizzazione dell'Altopiano della Sila e terri tori jonici contermini, art. 3, 4 ; legge 21 ottobre 1950 n. 841, art. 1, 8, 9).

È incostituzionale, in relazione agli art. 1, 4 e 13 della legge 21 ottobre 1950 n. 841, e in riferimento alVart. 76 della

Costituzione, il decreto pres. 27 dicembre 1952 n. 3473, che, ai fini dell'attuazione della riforma fondiaria, ha in cluso nei terreni, dei quali ha disposto l'esproprio, parti celle ai sensi dell'art. 1, n. 3, decreto pres. 7 febbraio 1951 n. 67 insuscettibili di trasformazione fondiaria. (1)

I decreti pres. 27 dicembre 1952 nn. 3473 e 3474, in relazione

agli art. 3 e 4 legge 12 maggio 1950 n. 230, e 1, 8, 9 legge 21 ottobre 1950 n. 841 e in riferimento agli art. 76 e 77 della Costituzione, sono incostituzionali in quanto hanno dichiarato la decadenza dei proprietari, espropriati ai

fini dell'attuazione della riforma fondiaria, dal beneficio della conservazione del terzo residuo, senza che si fosse proceduto alla previa pubblicizione dei piani particola reggiati modificati. (2)

La Corte, ecc. — La prima delle questioni sollevate dal l'ordinanza è fondata. Infatti risulta dagli atti, e non è

contestato neanche dall'Avvocatura dello Stato che il

decreto pres. n. 3473 ha compreso nel provvedimento espro

priativo emesso nei confronti della Ditta Granatiere anche

alcune particelle (e precisamente quelle di cui ai nn. 9 e 11

del foglio di mappa 63 e partita catastale 2127) le quali,

pur ricadendo nel territorio del Comune di Manfredonia, non sono incluse nel comprensorio generale di bonifica

della Capitanata. E poiché l'art. 1, n. 3, decreto pres. del

17 febbraio 1951 n. 67 limita l'applicabilità delle norme

sulla riforma fondiaria solo a quelle parti del Comune su

menzionato, le quali facciano parte del predetto compren sorio, non appare dubbio l'eccesso di potere in cui il decreto

impugnato è incorso per questa parte della sua statuizione. Nessun ostacolo a tale conclusione è deducibile dal

fatto che l'eccesso riscontrato si riferisce non già alla legge

delegante ma ad un decreto delegato cui la prima rinvia, e

precisamente al citato decreto pres. n. 67 che ha proceduto alla determinazione dei territori suscettibili di trasforma

zione ai sensi dell'art. 1 legge n. 841, poiché, come la Corte

ha già avuto occasione di decidere con la sua sentenza

n. 25 del 1961 (Foro it., 1961, I, 1560), l'inosservanza nei

(1-2) Il testo dell'ordinanza 1° giugno 1032 del Tribunale di Bari è riportato su Le Leggi, 1962, 1632.

Sulla prima massima, cons. Corte cost. 17 maggio 1061, n. 25 (Foro it., 1961, I, 1580, con nota di richiami, cui adde M. S.

Giannini, in Giur. cost., 1061, 505), richiamata nella motiva zione della presente.

Sulla seconda massima, cons. Corte cost. 25 maggio 1957, nn. 59, 63 (Foro it., 1957, I, 945 e 1363, con note di richiami), citate nella motivazione della presente ; Corte cost. 30 novembre

1957, n. 126, id., Rep. 1957, voce Agricoltura, nn. 68, 69.

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1867 PARTE PRIMA 1868

singoli decreti di esproprio delle prescrizioni relative alle

zone territoriali fissate da decreti delegati configura an

ch'esso un vizio di incostituzionalità, in quanto si risolve in

una violazione della legge di delegazione, perchè questa, deferendo ad altro atto con forza di legge la determinazione

dell'ambito entro cui gli enti di riforma avrebbero potuto

esplicare là loro attività, ha conferito alla medesima carat

tere definitivo e vincolante pei singoli decreti espropriativi. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 9

legge il. 841 del 1950, nella considerazione che il termine da

esso fissato per la presentazione della domanda di conser

vazione del terzo residuo da parte dei proprietari espro

priati è stato fatto decorrere da una data alla quale non era

stato ancora pubblicato il piano particolareggiato definitivo

dei terreni da scorporare. Il motivo è fondato. Infatti risulta dagli atti, e non è

contestato, che nella specie i piani particolareggiati riguar danti i terreni di proprietà dei Granatiere, quali erano stati

pubblicati il 27-31 dicembre 1951, comprendevano una su

perficie da scorporare per complessivi ettari 103, 85, 81.

Tali piani vennero successivamente modificati, apportandosi una notevole riduzione della superficie predetta, ma, senza

che si procedesse a nuova pubblicazione, si fece luogo all'ema

nazione dei decreti di esproprio n. 3473 e n. 3474 in data 27

dicembre 1952. In questa situazione il termine del 5 aprile

1952, che era stato fissato per la produzione della domanda

poi terzo residuo e del relativo piano dettagliato di trasfor

mazione, dalla Sezione speciale per la riforma fondiaria di

Bari con nota in data 31 dicembre 1951 non poteva rite

nersi idoneo a determinare la decadenza dal diritto, non

essendo allora intervenuta nessuna determinazione defi

nitiva in ordine all'entità dello scorporo, e risultando te

stualmente che il riferimento alla consistenza catastale del

terzo residuo ed alle direttive di massima per la tiasforma

ziòne era stato fatto dalla Sezione stessa tenendo presenti i piani particolareggiati pubblicati il 27 dicembre dello stesso

anno 1951.

Infatti è chiaro che il termine di sessanta giorni pre scritto dall'art. 9 della citata legge n. 841 deve farsi decor

rere dalla data di pubblicazione di quello stesso piano parti

colareggiato che poi è assunto a contenuto del decreto di

espropriazione. Nel caso che il progetto di piano venga, prima della sua approvazione, a subire delle modifiche in ordine

alla quantità e qualità dei terreni ritenuti suscettibili di

espropriazione, si rende necessario procedere ad una nuova

pubblicazione del medesimo, e solo da quest'ultima può farsi decorrere il termine per la presentazione della richiesta

di conservazione dei terreni costituenti il terzo. Non è dub

bio che la redazione del piano dettagliato delle opere da

eseguire per la trasformazione e l'appoderamento dei ter

reni medesimi, il quale deve, a pena di decadenza, accompa

gnare la richiesta stessa, presupponga necessariamente la

conoscenza della estensione dei terreni compresi nel progetto <li esproprio, nonché della loro localizzazione e natura, cioè

di tutti quegli elementi cui il piano medesimo deve adeguarsi. L'Avvocatura dello Stato ha eccepito che la censura di

cui all'ordinanza non può essere elevata sul piano costitu

zionale poiché la deliberazione di considerare i proprietari

espropriati rinunciatari al beneficio della conservazione

del terzo residuo per tardività della loro domanda rispetto al predetto termine del 5 aprile 1952 era stata presa con

provvedimento di un'autorità amministrativa, quale la

Presidenza della Sezione speciale di riforma, regolarmente comunicata agli interessati, e contro di essa si sarebbero do

vuti esperire i rimedi consentiti contro gli atti ammini

strativi lesivi di diritti o interessi legittimi. Tale eccezione

non può però essere attesa poiché compete alla Corte sin

dacare l'osservanza delle condizioni poste dalla legge dele

gante per il valido esercizio del potere di disporre mediante

atti con forza di legge la espropriazione dei terreni soggetti a "riforma.

Non contraddicono a tale principio le sentenze nn. 59 e

63 del 1957 (Foro it., 1957, I, 945 e 1363) invocate dall'Av

vocatura poiché con esse la Corte ha escluso che l'omissione

di alcune operazioni da parte degli enti di riforma (e preci samente la predisposizione del programma di trasformazione

fondiaria di tutti i territori ritenuti suscettibili di trasforma

zione, ai sensi dell'art. 3 legge stralcio, clie nulla ha che fare con il piano particolareggiato relativo ai singoli terreni sog getti a scorporo) preliminari alla emanazione dei decreti di

esproprio, potesse incidere sulla legittimità di questi, e ciò nella considerazione che la legge delegante non le considera necessarie alla valida formazione dei medesimi.

Poiché la domanda di conservazione di una parte dei terreni riguardava entrambi i piani particolareggiati, l'ec cesso di delega rilevato incorso invalida tutti e due i decreti

presidenziali. Per questi motivi, dichiara : la illegittimità costituzionale

del decreto del Presidente della Kepubblica 27 dicembre 1952 n. 3473 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 3 della Gazzetta uff. del 19 gennaio 1953, n. 14) in relazione

agli art. 1, 4 e 13 della legge 21 ottobre 1950 n. 841 e art. 1, n. 3, del decreto pres. 7 febbraio 1951 n. 67, con riferimento all'art. 76 della Costituzione, in quanto ha incluso nei terreni dei quali ha disposto l'esproprio particelle facenti parte di territori non suscettibili di trasformazione fondiaria ; la

illegittimità costituzionale del predetto decreto pres. n. 3473 e di quello n. 3474, come sopra pubblicato, in relazione agli art. 3 e 4 legge 12 maggio 1950 n. 230 e art. 1, 8, 9 legge 21 ottobre 1950 n. 841, con riferimento agli art. 76, 77, 1°

comma, Costituzione, in quanto essi hanno dichiarato la de cadenza dei proprietari espropriati dal beneficio della con servazione del terzo residuo senza che si fosse proceduto alla

previa pubblicazione dei piani particolareggiati modificati.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 9 luglio 1963, n. 125 (Gazzetta ufficiale 13 luglio 1963, n. 187) ; Pres. Ambrosini P., Rei. Fragali ;

imp. Valtellini e altri ; interv. Pres. Cons, ministri

(Avv. dello Stato Chiakotti).

Sicurezza pubblica —- Apparecchi automatici] «1 i

puro trattenimento — Licenza per l'uso in luoghi

pubblici — Incostituzionalità della normativa (Costi tuzione della Repubblica, art. 41 ; r. d. 18 giugno 1931 n. 773, t. u. delle leggi di p. s., art. 110).

Sono incostituzionali le disposizioni, contenute negli ultimi

comma dell'art. 110 t. u. delle leggi di p. s. (approvato con r. decreto 18 giugno 1931 n. 773), nella parte, in cui

fanno divieto di concedere licenze per l'uso, nei luoghi

pubblici o aperti al pubblico, di apparecchi o di congegni automatici di puro trattenimento, senza cioè alcuna pos sibilità di far luogo a giuoco o a scommesse, in riferimento all'art, il della Oostituzione (1).

La Corte, ecc. — Gli ultimi tre comma dell'art. 110

t. u. delle leggi di p. s., che sono oggetto del dubbio proposto dal Pretore di Rovato, vietano di concedere licenze per l'uso, nei locali pubblici o aperti al pubblico, di apparecchi o congegni automatici da giuoco o da trattenimento di qual siasi specie.

L'Avvocatura dello Stato sostiene che le norme predette

riguardano soltanto i giuochi automatici di azzardo ; ma

l'assunto non è accoglibile. Infatti la formula usata dalla legge non ammette ecce

zioni, perchè nella proibizione include espressamente « qual siasi specie » di apparecchi o congegni ; con il che, non sol tanto viene negata ogni distinzione fra tipi meccanici, ma

altresì viene respinta ogni differenza che faccia capo ai caratteri del giuoco o del trattenimento cui gli oggetti

(1) Il testo dell'ordinanza 10 ottobre 1962 del Pretore di Rovato è riportato su Le Leggi, 1962, 1871.

Sull'art. 110 Cost., cons. Pret. Palermo 25 febbraio 1963, in questo volume, II, 174, con nota di richiami, cui adde Skt.t.akoi.i. in Giusi, pen., 1962,rII,r528 ; Pannain, Galateria, Sansone. in Rass. giur. del giuoco, 1962, I, 7, 33.

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