sentenza 9 maggio 1984; Pres. Saitta, Est. Belfiore; Banca commerciale italiana (Avv. Fabris,Pestarino, Brugnatelli) c. Verrando (Avv. Bertini, De Francisci, Melzi, Casella, Brambilla,Pisoni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 1 (GENNAIO 1985), pp. 265/266-267/268Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177542 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'integrazione erogata per le imprese, che si avvalgono degli interventi salariali, da versarsi, anche, alla gestione speciale della
cassa (art. 8). Da tale serie di disposizioni appare chiaro che la 1. n. 164/75
si applica anche ai dipendenti da imprese edili; e sicuramente a
fronte degli interventi straordinari, che assorbono normalmente di
fatto quelli specifici della categoria (e diversi da quelli di cui alla
1. n. 427/75), le imprese sono tenute al versamento del contributo
addizionale di cui all'art. 12, n. 2, innovativamente istituito dal
1975; diversamente, soltanto tali imprese, paradossalmente, ne
sarebbero escluse, pur beneficiando degli interventi (v. contra
sent. n. 3255/82, che non ha tuttavia esaminato gli aspetti dianzi
esposti). Si deve rilevare che la sentenza impugnata è caduta in un
errore essenziale, che ha condizionato tutta la prospettiva di
mostrativa della linea interpretativa del sistema legislativo in
questione; ha cioè supposto che « probabilmente il legislatore abbia dimenticato '(nella 1. 164/75) di disciplinare la materia del
l'intervento straordinario per gli operai dell'edilizia », cui voleva
dare un assetto speciale ed ha indugiato così, a prescindere dall'analisi approfondita dei testi legislativi, su libere disserta
zioni fondate sulla logica comune.
'L'indagine doveva, invece, essere condotta con criterio giuridico
sistematico, tenendo presente — come questa corte ha sopra
esposto — l'intero quadro della normativa.
Il ricorso deve, dunque, essere accolto. (Omissis)
II
Motivi della decisione. — L'istituto ricorrente con l'unico
complesso mezzo, deducendo violazione e falsa applicazione del
l'art. 8 1. 6 agosto 1975 n. 427 in relazione all'art. 12 1. 20 maggio 1975 n. 164 ed entrambi in relazione agli art. 12 e 14 disp. prel.
c.c., nonché vizi di motivazione sul punto decisivo della contro
versia (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), sostiene che il tribunale è
pervenuto all'adottata decisione di ritenere che la società Coc. Ter.
Edi! (che aveva ottenuto l'integrazione straordinaria di cui alla 1.
20 maggio 1975 n. 164 per 15 impiegati e 535 operai) non fosse
tenuta al versamento del contributo addizionale del 5 % (sulle somme corrisposte a titolo d'integrazione, di cui all'art. 8, 2°
comma, 1. 6 agosto 1976 n. 427, perché, male interpretando le
suindicate leggi, ha erroneamente « escluso » che il contributo
addizionale di cui all'art. 12, n. 2, 1. 164/75 fosse applicabile anche ai casi, come nella specie, di integrazione salariale straordi
naria omettendo, fra l'altro, di considerare che la sussistenza di
alcuni elementi, sostanziantesi nell'abolizione delle separate conta
bilità sostituite, da distinte voci, depone, al contrario, per
l'applicabilità del contributo di cui all'art. 12 1. 164/75 ai casi
d'integrazione straordinaria, e non per l'esclusione, con la
rilevante conseguenza che con le separate contabilità si avevano
due saldi e cioè quello che contrapponeva entrate ed uscite
straordinarie; col nuovo sistema invece il saldo è unico tra en
trate (ordinarie e straordinarie) ed uscite (per interessi di qualsia si natura).
La censura, nei termini come sopra riassunti, non è fondata.
Va, al riguardo anzitutto osservato che a base dell'insorta questio ne sta la 1. 6 agosto 1975 n. 427 contenente le norme in materia di garanzia del salario e di disoccupazione speciale in favore dei lavoratori dell'edilizia e affini, la quale con l'art. 8 statuisce che i contributi previsti dall'art. 2 1. 2 febbraio 1970 n. 24 e dall'art. 2 1. 6 dicembre 1971 n. 1058, sono elevati rispettivamen te al 3 % o al 2 % della retribuzione lorda imponibile, a decorrere dal periodo di paga in corso al primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge.
A carico delle imprese che si avvalgono degli interventi di
integrazione salariale è posto un contributo addizionale pari al 5 % dell'integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti. Det to contributo è versato, in sede di conguaglio alla gestione speciale dell'edilizia della cassa integrazione guadagni. Il contributo addi zionale non è dovuto quando l'integrazione salariale è corrisposta per sospensione e riduzione di orario di lavoro « determinate da eventi oggettivamente non evitabili ».
A questo punto va rilevato che l'art. 12 1. 20 maggio 1975 n. 164 — contenente provvedimenti per la garanzia del salario, in
generale per i dipendenti da imprese industriali, che siano
sospesi dal lavoro o effettuino orario ridotto, accordando ai medesimi l'integrazione salariale nei casi di integrazione ordinaria e di integrazione straordinaria — dispone col 2° comma, che il contributo addizionale posto a carico delle imprese non è dovuto quando l'integrazione salariale è corrisposta per sospensio
II Foro Italiano — 1985.
ne e riduzione dell'orario di lavoro determinate da eventi
oggettivamente non evitabili. I giudici di merito, come si evin
ce dall'esame dell'impugnata sentenza, hanno proceduto ad
una minuziosa disamina della evoluzione normativa che regola la
materia pervenendo alla conclusione che l'affermazione dell'I.n.p.s. secondo cui il contributo addizionale deve essere corrisposto sia nel
la integrazione salariale « ordinaria » sia nell'integrazione salariale
« straordinaria » e può essere evitato solo in quella « ordinaria », è priva di riscontro nella complessa legislazione via via formata
si »; se infatti si esamini la detta legislazione ed in particolare le
1. 164/75 e 427/75 deve pervenirsi alla constatazione anzitutto
che la espressione « contributo addizionale » presuppone l'esisten
za di un contributo principale cui lo stesso deve aggiungersi ove
si configurino le condizioni legislativamente previste. E un contri
buto è versato dalle aziende solo nelle ipotesi di intervento
« ordinario », essendo quello « straordinario » a carico dello Sta
to; e la 1. 427/75 regola, per le industrie edili ed affini, la
materia soltanto delle integrazioni salariali ordinarie, atteso che
all'art. 1 si fa riferimento esclusivo alle integrazioni salariali di cui
all'art. 1 1. 3 febbraio 1963 n. 77 che si occupa esclusivamente
delle integrazioni « ordinarie » dell'edilizia.
I giudici di merito hanno, infine, concluso che l'art. 8, 2"
comma, 1. 427/75 (riguardante le imprese edili ed affini) nel
disporre che il contributo del 5 % è posto a carico delle imprese non può che fare riferimento ai soli interventi per l'integrazione ordinaria che ha escluso il detto onere nei casi di situazioni
« oggettivamente non evitabili », cosi individuati in « eventi de
terminati da causa di forza maggiore », o caso fortuito e, comun
que, esterni all'azienda, quindi, fra gli altri, gli eventi meteorologici, la mancanza di energia elettrica, l'ordine del committente, la fine
lavori e la fine fase lavorativa — circolare I.n.p.s. 17 gennaio
1976, n. 50665 — per l'applicazione della 1. n. 427/75 e quindi alle ipotesi di integrazione « ordinaria ».
Nella specie, pertanto, il contributo non era dovuto, non
perché l'art. 8, 2° comma, 1. 427/75 si riferisce pure, come
erroneamente ritenuto dal pretore, ai casi di integrazione « straor
dinaria », in quanto lo stesso si riferisce solo agli interventi
di integrazione « ordinaria », ma perché nella specie l'integra zione salariale fu straordinaria e conseguentemente lo stesso con
tributo era posto a carico dello Stato.
L'interpretazione delle indicate norme che il tribunale ha inteso
di seguire non merita censura, in quanto ispirata ad esatti criteri
giuridici. La statuizione, infine, non configura alcun vizio logico della
sua motivazione.
Le esposte considerazioni conducono al rigetto del ricorso. (O
missis) -,
CORTE D'APPELLO DI GENOVA; sentenza 9 maggio 1984; Pres. Saitta, Est. Belfiore; Banca commerciale italiana (Avv.
Fabris, Pestarino, Brugnatelli) c. Verrando {Avv. Bertini, De Franoso, Melzi, Casella, Brambilla, Pisoni).
CORTE D'APPELLO DI GENOVA;
Contratto in genere — Contratti di borsa — Contratti a premio
semplice — Eccesiva onerosità — Risoluzione — Inammissibili
tà — Fattispecie (Cod. civ., art. 1467).
Nei contratti di borsa a premio semplice (« dont ») non è
possibile la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta nel caso in cui l'autorità amministrativa (nella specie, con
delibera della Consob) vieti sine die le stipulazioni di nuovi
contratti se non a contanti. (1)
(1) La sentenza che si riporta s'inserisce nell'ambito delle vicende giudiziarie originatesi dal provvedimento urgente 16 giugno 1981, n.
4/81, del presidente della Consob {ratificato con delibera 22 giugno 1981, n. 912 dalla commissione), con cui vennero provvisoriamente limitate le negoziazioni di titoli azionari ai soli a pronti, nonché dalla delibera stessa Consob 11 luglio 1981, n. 931, recante anticipazione della risposta premi — fissata dal calendario di borsa per il 16 luglio 1981 — al giorno 13 dello stesso mese (al pari della sentenza riformata Trib. Sanremo 27 ottobre 1982, Foro it., 1983, I, 795, con osservazioni di G. Marziale). La corte genovese ritiene insussistenti, nella fattispecie, gli estremi della risolubilità per eccessiva onerosità sopravvenuta, tanto sotto il profilo della straordinarietà dei fatti — che essa annovera tra gli atti la cui adozione rientra negli ordinari poteri dell'organo di controllo del mercato borsistico — quanto sotto il profilo della loro imprevedibilità — dalla medesima corte giudicata inesistente
per l'operatore medio, quando si consideri la sequenza degli avveni
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PARTE PRIMA
Motivi della decisione. — La statuizione del primo giudice, di
rigetto delle domande di dichiarazione di nullità o di inefficacia o
di annullamento del contratto di cui trattasi non ha formato
oggetto di impugnazione e non va quindi riesaminata in questa sede.
L'indagine è limitata quindi alla sussistenza delle condizioni della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Stabilisce l'art. 1467 c.c. che «... se la prestazione di una delle
parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di
avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale pre stazione può domandare la risoluzione del contratto... La risolu zione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto ».
Per la risoluzione in parola devono quindi ricorrere tre condi zioni: a) la straordinarietà e imprevedibilità degli eventi causativi del sopravvenuto squilibrio contrattuale; b) l'eccessività di tale
squilibrio; c) il superamento dell'alea normale del contratto. A giudizio della corte non ricorre alcuna delle suddette condi
zioni.
I due concetti di straordinarietà e imprevedibilità, pur potendo in concreto coincidere, sono concettualmente diversi, attenendo il
primo ad eventi che si pongono fuori della normalità statistica e il secondo ad eventi che non si possono presagire dall'uomo medio: criterio oggettivo il primo e soggettivo il secondo.
Possono dunque verificarsi eventi straordinari, ma prevedibili, ed eventi ordinari, ma imprevedibili: nessuno di questi è idoneo a condurre alla risoluzione in parola, perché i due requisiti devono concorrere.
I provvedimenti amministrativi, ai quali l'attore attribuisce lo
squilibrio contrattuale sopravvenuto nel suo contratto, possono ritenersi fuori della normalità statistica, e quindi straordinari, ma
non possono ritenersi imprevedibili. Infatti, essi furono ammessi in forza di poteri attribuiti dalla
legge agli organi di controllo della borsa e ciò che è previsto dalla legge e da essa disciplinato non può considerarsi impreve dibile, proprio perché fa parte delle regole del gioco.
Inoltre, essi sopravvennero appena il giorno successivo a quello della stipulazione del contratto in questione, dal che si deduce
che la situazione che quei provvedimenti tendono ad arginare era
già in atto il giorno precedente, occorrendo un certo lasso di
tempo perché si ponga mano a provvedimenti limitativi del
mercato borsistico rispetto al momento in cui si realizza la
situazione da disciplinare.
Pertanto, una persona di media capacità, di media accortezza e
di media conoscenza della borsa poteva ben prevedere, il 16
giugno 1981, che sarebbero sopravvenuti provvedimenti atti ad
arrestare il crescente andamento al ribasso.
Si accusano quei provvedimenti di illegittimità e si sostiene che
la loro imprevedibilità dipenderebbe anche da tale vizio.
Ma dei motivi della asserita illegittimità non si fa parola: non
è perciò possibile esaminare questa lagnanza.
menti che condussero all'emanazione degli atti ricordati — quanto,
infine, sotto il profilo dell'oggettiva onerosità della controprestazione —
reputata, nella specie, inesistente, proprio per essere la prestazione stessa contrattualmente predeterminata e limitata all'importo del pre mio.
In armonia con la decisione in epigrafe, hanno ritenuto inammissibi
le la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, in dipendenza dei medesimi presupposti, le due (diverse) pronunce Trib. Milano 11
novembre 1982, id., 1983, I, 795, con osservazioni di G. Marziale; 11
novembre 1982, id., Rep. 1983, voce Borsa, n. 14; nonché Pret. Roma, ord. 13 gennaio 1982, id., 1983, I, 796, con osservazioni di G.
Marziale; Pret. Barletta, ord. 6 agosto 1981, Banca, borsa, ecc., 1984,
II, 402. Vi è da notare che, mentre Pret. Roma, ord. 13 gennaio 1982, cit.,
nega la risolubilità del contratto a premio semplice perché lo qualifica tout court come contratto aleatorio, il provvedimento in epigrafe e gli altri ora ricordati vi ravvisano più precisamente un contratto a normale
alea illimitata.
Sempre nell'ambito delle medesime vicende, Trib. Milano 23 settem bre 1982, ibid., ha negato la risolubilità per impossibilità sopravvenu ta, del contratto dont quale contratto con prestazioni alternative.
Al contrario, la risoluzione per eccessiva onerosità è ammessa, oltre che dalla sentenza riformata Trib. Sanremo 27 ottobre 1982, cit., anche da Pret. Trani, ord. 14 luglio 1981, Foro it., 1983, I, 797, con
osservazioni di G. Marziale. In dottrina, i problemi suscitati dalle delibere Consob 4/81, 929 e
931 sono considerati, da ult., in F. Ronci, Il contratto a premio semplice (dont): a margine di un caso recente, in Banca, borsa, ecc., 1984, I, 330, laddove la fattispecie in esame viene sussunta, quale
factum principis, tra le cause di eccessiva onerosità, rilevanti per la risoluzione dei contratti di borsa.
Il Foro Italiano — 1985.
La seconda condizione è costituita da un criterio di ordine
quantitativo, in quanto occorre che una delle prestazioni sia
divenuta eccessivamente onerosa.
Ciò avviene allorquando nella posizione contrattuale delle parti,
quale era al momento della stipulazione, si verifica una macro
scopica alterazione, per cui una prestazione subisce un cospicuo mutamento di valore rispetto all'altra: o perché sia aumentato il
costo di una prestazione ovvero perché si sia degradato il valore
della controprestazione. Ma, quando le parti, in previsione dei possibili mutamenti di
valore di una delle prestazioni, abbiano già predeterminato e
limitato contrattualmente l'onerosità, non può più definirsi questa come eccessiva.
Il concetto di eccessività comporta che, se lo stipulante avesse
preveduto il verificarsi del mutamento di valore, avrebbe contrat
to a condizioni diverse (e di fatti la controparte può evitare la
risoluzione offrendo di modificare equamente le condizioni del
contratto). Se però le parti hanno già previsto l'eventualità del mutamento
di valore ed hanno fissato in partenza i limiti di spostamento
dell'originario equilibrio, l'onerosità sopravvenuta fa anch'essa
parte delle regole del gioco e non infrange l'equilibrio delle
contrapposte prestazioni. Ciò è quanto avviene nel caso in esame, in cui le parti hanno
limitato l'onerosità all'importo del premio, che, essendo contrat tualmente previsto e quantificato, non può considerarsi eccessivo.
Il superamento dell'alea normale del contratto è un altro limite di rilevanza della sopravvenuta situazione di fatto.
Trattasi di un criterio di natura qualitativa, che tende ad accertare se l'evento sopravvenuto rientri o meno in quel certo
margine di rischio che è insito in ogni contratto ad esecuzione differita e si distingue da quello dell'onerosità eccessiva, che è di
natura quantitativa. Si tratta di verificare se l'alea si trovi in posizione esterna
rispetto al meccanismo contrattuale o, al contrario, si inserisca
nel contenuto di esso, divenendo elemento integrante. All'esito di questa verifica può rinvenirsi — astrattamente —
un mutamento generato da eventi straordinari e imprevedibili, che provochi uno squilibrio contrattuale eccessivamente oneroso,
ma che rientri nell'alea normale del contratto.
Circa i contratti di borsa, la migliore dottrina esclude che
possano qualificarsi come aleatori, ai sensi degli art. 1448 e 1469
c.c., il che però non comporta che ad essi sia applicabile la
risoluzione per eccessiva onerosità di cui all'art. 1467 c.c.
Infatti essendo i titoli soggetti alle più ampie e brusche
variazioni di valore e dovendosi ritenere comprese, nel rischio
assunto dalle parti, anche le oscillazioni dovute ad eventi straor
dinari (guerra, inflazione, chiusura delle borse, manovre di aggio
taggio), i contratti di borsa sono contratti ad alea normale
illimitata, comprendendo qualsiasi evento che possa influire sul
valore della prestazione. Ed allora quei provvedimenti amministrativi ai quali si fa
riferimento in questa causa, pur essendo straordinari, rientrano
nell'alea normale dei contratti di borsa a termine.
Conseguentemente l'azione di risoluzione promossa dal Verran
do non può trovare accoglimento, per mancanza delle sue condi
zioni eccezionali.
Ogni altra questione rimane assorbita, essendo già decisive le
considerazioni svolte per una riforma totale della sentenza im
pugnata. (Omissis)
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE; sentenza 21 dicembre 1983; Pres. Gesmundo, Est. Fusaro; Solfanelli {Avv. Gala, Vinci,
Melani) c. Bartolucci (Aw. Caminiti, Mati).
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE;
Giudizio (rapporto tra il giudizio civile e il penale) — Dubbio in
sede penale sulla falsità di scrittura privata — Assoluzione
dell'imputato perché il fatto non sussiste — Conseguenze nel
giudizio civile (Cod. proc. pen., art. 28).
L'impossibilità, per il giudice penale, di accertare la verità circa
l'autenticità o falsità di un testamento olografo (che aveva
determinato l'assoluzione dell'imputato « perché il fatto non
sussiste ») vincola il giudice civile a ritenere non provata l'autenticità del documento prodotto in giudizio. (1)
(1) La sentenza che si riporta aderisce alla costante giurisprudenza della Corte di cassazione nella parte in cui esclude che in sede civile
possa disporsi un'ulteriore indagine tesa ad accertare la sussistenza di
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