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Sentenza 9 settembre 1960; Pres. Gionfrida P., Est. Giglio; Finanze c. Casalicchio

Date post: 27-Jan-2017
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Sentenza 9 settembre 1960; Pres. Gionfrida P., Est. Giglio; Finanze c. Casalicchio Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 5 (1961), pp. 861/862-863/864 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151779 . Accessed: 25/06/2014 07:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 07:20:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 9 settembre 1960; Pres. Gionfrida P., Est. Giglio; Finanze c. CasalicchioSource: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 5 (1961), pp. 861/862-863/864Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151779 .

Accessed: 25/06/2014 07:20

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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861 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 862

fondo dominante, limitato e subordinato, e dalla strumen

talità della utilizzazione del fondo servente. Niun dubbio poi che tal servitù abbia il suo regolamento

giuridico nelle norme dettate, per le servitù in genere, nel codice di diritto civile, perchè tali norme hanno carattere

generale, e non sussitono, per le servitù in favore o a carico dei beni patrimoniali indisponibili, quelle particolari esi

genze che fanno escludere per le servitù di uso pubblico o per diritti demaniali l'applicazione indiscriminata delle

norme di diritto privato (Cass. 8 marzo 1958, n. 794, Foro it.,

Rep. 1958, voce Servitù pubbliche, nn. 1-5), ma soltanto la

esigenza della non sottrazione del bene patrimoniale indi

sponibile alla sua destinazione.

Ma una volta identificato il rapporto, e l'applicazione dell'art. 1069 cod. civ., viene in applicazione anche la norma dell'art. 2051 cod. civ. e la relativa responsabilità,

perchè, di vero, responsabile del danno è il soggetto che deve provvedere alla manutenzione, e che deve ritenersi

custode. In effetti la prescrizione di responsabilità a carico

del custode trova il suo fondamento nel potere di governo e nell'obbligo di vigilanza, nonché nelle particolari condizioni

del danneggiato, in relazione alla sua difficoltà di pro vare il nesso causale tra il danno patito e l'evento riferi

bile al custode, a paragone delle maggiori possibilità di

questo ultimo di provare la causa e il caso fortuito (Cass. 14 luglio 1959, n. 2279, Foro it., Rep. 1959, voce Responsa bilità civile, nn. 255, 256). Tal responsabilità non è ogget tiva ma è fondata sul dovere di vigilare e che la cosa non

arrechi danno a terzi (Cass. 12 marzo 1959, n. 738, ibid., nn. 258, 259).

Non pare poi che le conclusioni accolte, sia per quanto attiene alla responsabilità diretta, sia per quanto attiene

a quella indiretta, possono essere discusse trattandosi di

affermare la responsabilità di una pubblica Amministra

zione. Di vero è ormai principio comunemente ammesso

che il precetto del neminem laedere si pone come limite

generale esterno all'attività della pubblica Amministrazione, e non è escluso dal fatto che l'attività si svolga per il soddi

sfacimento di esigenze collettive ; d'altra parte la pubblica Amministrazione deve osservare non solo le norme giuri diche, ma anche quelle di comune prudenza, quelle di buona

amministrazione, e quelle tecniche, e la discrezionalità

che non può essere sindacata dal giudice ordinario, rimane

fuori da quelle norme ; se è discrezionale l'attuazione

dell'opera pubblica non ne è discrezionale la sua manuten

zione, anzi un minimum di manutenzione e il fatto che il

cittadino non abbia diritto ad essa non importa che il

cittadino non abbia diritto ad essere risarcito del danno

subito in un suo diritto primario e a seguito della omessa

manutenzione.

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI PALERMO.

Sentenza 9 settembre 1960 ; Pres. Gionfrida F., Est. Gi

glio ; Finanze c. Casalicchio.

lleijittli'o — Enfiteusi — Costituzione «li enfiteusi per

petua Imposta applicabile (R. d. 30 dicembre

1923 n. 3269, testo di legge del registro, art. 28 ; r. d.

30 dicembre 1923 n. 3270, testo di legge tributaria

sulle successioni, art. 30 ; r. d. 1. 7 agosto 1936 n. 1639, riforma degli ordinamenti tributari, art. 5, 15, 16, 20).

L'atto costitutivo ili enfiteusi perpetua è soggetto ad imposta

proporzionale eli registro, calcolata su un capitale formato dal decuplo del canone annuo. (1)

(1) Vedi in conformità Trib. Palermo 3(1 dicembre 1058, Foro it., Rep. 1959, voce Registro, n. 559 ; Comm. centi1, imp. dir. 10 febbraio 1956, id., 1956, III, 229, con nota di richiami

(la decisione è annotata dal Vezzoso, in Dir. e pratica trib., 1058,

II, 203), e, sostanzialmente, Comm. centr. imp. dir. 27 giugno

La Corte, ecc. — L'unica questione che la Corte deve decidere è se l'imposta di registro dovuta sull'atto 27 feb braio 1951, col quale Stefano Spoto Agnello concesse a Casalicchio Giovanni un lotto di terreno in enfiteusi per petua, debba essere commisurata al capitale formato da dieci annualità del canone convenuto, come ha ritenuto il Tribunale nella sentenza impugnata, o al valore della

piena proprietà del fondo concesso in enfiteusi, diminuito dal ventuplo del canone, come sostiene l'Amministrazione

appellante. La questione relativa al valore imponibile nella conces

sione di enfiteusi è stata dibattuta, in dottrina e in giuris prudenza, ed è stata risoluta ora nell'uno ora nell'altro

senso, ma può dirsi che ormai sia prevalsa la opinione accolta dal Tribunale e dalla Commissione centrale nella decisione impugnata e in quella, a Sezioni unite, del 10 febbraio 1956, n. 78802 (Foro it., 1956, III, 229), che la Corte ritiene di dovere seguire. Tale opinione, infatti, si fonda sulla chiara disposizione contenuta nel 1° comma dell'art. 28 legge di registro, contro la quale non possono ritenersi validi gli argomenti addotti dall'Amministrazione delle finanze a sostegno della propria tesi. Nella, disposi zione anzidetta, è stabilito espressamente che, nelle con cessioni di enfiteusi, fatte a norma dell'art. 957 cod. civ.,

l'imposta proporzionale è applicata ad un capitale formato di dieci volte l'annua prestazione in denaro e derrate e ad

ogni altro corrispettivo pattuito, se la concessione sia a

tempo indeterminato per venti o più anni.

L'Amministrazione delle finanze, senza disconoscere il

vigore attuale della disposizione suddetta, sostiene : a) che, con essa, il legislatore ha inteso indicare un metodo facile

per la pronta liquidazione dell'imposta al momento della

registrazione dell'atto, senza, però, derogare al principio

generale stabilito nell'art. 15 r. decreto legge 7 agosto 1936 n. 1639, secondo il quale le imposte di successione e di

registro, progressive e proporzionali, di trasferimento, sono

commisurate sul valore venale in comune commercio al

giorno del trasferimento ; b) che il valore venale in comune

commercio del diritto che l'enfiteuta acquista, con la costi

tuzione dell'enfiteusi, corrisponde appunto a quello della

proprietà piena del fondo, in quanto, oltre al cosiddetto

dominio utile, il medesimo acquista la facoltà di affranca

zione mediante il pagamento di una somma pari a venti

volte il canone, per cui, in concreto, l'enfiteuta diviene

titolare di un diritto il cui valore corrisponde a quello della

piena proprietà ridotto del capitale di affrancazione ; c)

che, pertanto, in applicazione del richiamato principio gene rale, anche nelle concessioni di enfiteusi, l'imposta di regi stro deve essere, in definitiva, commisurata al valore venale

determinato come sopra. A conferma della propria tesi.

l'Amministrazione rileva che, nello stesso art. 28 legge di

registro e nell'art. 30 legge sulle successioni, è stabilito,

rispettivamente, che, nei trasferimenti a titolo gratuito e

nei trasferimenti per causa di morte, il valore del diritto

dell'enfiteuta si considera corrispondente al valore della

piena proprietà, detratto venti volte l'annuo canone.

La Corte osserva che la distinzione fatta dalla Ammi

nistrazione tra liquidazione provvisoria, al momento della

registrazione, e liquidazione definitiva, in tempo succes

1958, Foro it., Rep. 1958, voce eit., un. 560, 501 : questa deci sione è annotata dal Ravagli, in Dir. e pratica trib., 1959, II, 357.

Sul principio, affermato in motivazione, che la costituzione di enfiteusi, anche se perpetua, dà origine ad un diritto parti colare sulla cosa altrui, ma il negozio non produce nè il trasfe rimento della proprietà del fondo enfiteutico, nè il trasferimento di un dominio util3, contrapposto al dominio diretto che per manga nel concedente, vedi, in conformità, App. Palermo 30 di

cembre 1958, Foro it., Rep. 1959, voce Enfiteusi, n. 7. Nel senso che, anche in caso di costituzione di enfiteusi

perpetua, il concedente è proprietario del fondo enfiteutico, vedi App. Bologna 5 aprile 1956, id., 1956, I, 766, con nota di richiami.

Sulla questione, vedi, da ultimo, Trifone, Enfiteusi, sub art. 959, pag. 13 e seg. : sub art. 970, pag. 82 e seg. (nel Com

mentario del cod. civile, a cura di A. Scialo.)a e G. Bkanca).

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863 PARTE PRIMA 864

givo, in base a due criteri diversi per la determinazione del

valore imponibile, non è ammissibile, in quanto la legge (art. 33) riconosce all'Amministrazione la facoltà di pro cedere a revisione dei prezzi, corrispettivi e valori risul

tanti dalle stipulazioni e dichiarazioni delle parti o anche

da determinazioni dello stesso Ufficio, ma non prevede la possibilità di adottare in momenti diversi criteri diversi

per la determinazione del valore imponibile ; e, per le con

cessioni enfiteutiche, l'unico criterio, stabilito nel 1° com

ma dell'art. 28 r. decreto 30 dicembre 1923 n. 3269 e riba

dito nel n. 16 della tariffa ali. A, è quello della capitaliz zazione del canone.

Conseguentemente, la disposizione del citato art. 28, la quale regola specificamente l'applicazione della imposta di registro alle concessioni di enfiteusi, costituisce una

norma speciale, che, non essendo stata abrogata, come è

pacifico, dal successivo r. decreto legge 7 agosto 1936

n. 1639, prevale, nella materia cui si riferisce, a quella

generale risultante dall'art. 15 decreto anzidetto.

Pertanto, essendo il valore imponibile, ai fini dell'ap

plicazione dell'imposta di registro nelle concessioni di enfi

teusi, determinato per legge, non può avere rilevanza il

fatto che lo stesso legislatore abbia, per altri atti, conside

rato il valore del diritto dell'enfiteuta corrispondente a

quello della piena proprietà, detratto venti volte l'annuo

canone, o il fatto che, in realtà, il valore del diritto dell'en

fiteuta sia diverso da quello risultante dalla capitalizza zione del canone.

Tuttavia, è da rilevare che l'affermazione dell'Ammini

strazione che l'enfiteut.a, nel momento stesso della conces

sione dell'enfiteusi, divenga titolare di un diritto il cui

valore corrisponde a quello della piena proprietà ridotto

del capitale di affrancazione, non è esatta.

Con essa, l'Amministrazione, anche se non espressa mente, finisce con l'attribuire alla concessione di enfiteusi

un effetto, il trasferimento della proprietà, dal concedente

all'enfiteuta, che non si verifica.

Infatti, per principio consolidato, soprattutto in base

alla disciplina del codice vigente, l'enfiteusi costituisce un

ius in re aliena e l'enfiteuta, al momento della concessione, non diviene proprietario, ma acquista soltanto il diritto a

diventare proprietario, mediante l'affrancazione, se e quando l'affrancazione si compia.

D'altra parte, il valore effettivo del diritto dell'enfi

teuta, al momento della coticessione, non può ritenersi

equivalente a quello della proprietà ridotto del capitale di affrancazione, se sull'enfiteuta, oltre al canone, grava il

più rilevante onere dei miglioramenti. In verità, al momento della concessione, il valore effet

tivo del diritto dell'enfiteuta non è determinàbile.

Si tratta di un diritto che, pur comportando il potere dell'enfiteuta di divenire proprietario mediante l'affranca

zione, dopo lungo tempo e dopo l'impiego di una incerta

quantità di lavoro e di capitale, non può considerarsi equi valente alla proprietà semplicemente gravata dall'onere del

canone, e non può essere valutato con sufficiente approssi mazione, per la indeterminatezza degli elementi di stima.

Pertanto, è da ritenere che il legislatore, il quale, come è noto, in vista del pubblico generale interesse del miglio ramento fondiario, favorisce, in vario modo, le concessioni di enfiteusi, con la disposizione di cui al 1° comma del l'art. 28 legge di registro, abbia voluto, da un canto, evi

tare accertamenti arbitrari e, dall'altro, stabilire, per la

determinazione del valore imponibile nelle concessioni sud

dette, un criterio di facile applicazione, che, in concreto, si risolve in una agevolazione per le parti tenute al paga mento dell'imposta. Diversi sono la natura e gli effetti

degli atti di cui al 4° comma del citato art. 28 e all'art. 30

legge sulle successioni, i quali hanno per oggetto, non la

costituzione dell'enfiteusi, ma il trasferimento del diritto

dell'enfiteuta e nei quali manca quel pubblico interesse, che si riscontra, come si è detto, nelle concessioni.

Pertanto, è logico che il legislatore abbia previsto per tali atti un trattamento tributario diverso, improntato a

criteri di normale imposizione, e, sussistendo anche per tali

atti la necessità di fare riferimento a criteri legali per evi

tare accertamenti arbitrari, ohe il medesimo abbia ado

tato dei criteri (quello della piena proprietà detratto venti

volte l'annuo canone, per i trasferimenti a titolo gratuito e per quelli mortis causa, essenzialmente gratuiti, e quello del corrispettivo pattuito, per i trasferimenti a titolo one

roso), in base ai quali l'imposta sugli atti di trasferimento

del diritto dell'enfiteuta risulta maggiore di quella dovuta

per le concessioni, e l'imposta sugli atti di trasferimento

a titolo gratuito risulta, come di regola, maggiore di quella dovuta sugli atti a titolo oneroso.

È chiaro, quindi, che il diverso trattamento previsto nel 4° comma dell'art. 28 e dell'art. 30 legge sulle succes

sioni ha una sua particolare ragione di essere e, conseguen temente, che il criterio, in tali disposizioni stabilito per la

determinazione del valore imponibile, non può trovare

applicazione fuori dei casi in esse previsti e tanto meno

nel caso di cui al 1° comma dell'art. 28 legge di registro, nel quale è stabilito un criterio particolare e diverso.

Non può dubitarsi, per ciò, che l'imposta di registro sull'atto di concessione di enfiteusi del 27 febbraio 1951

notar Marsala deve essere commisurata al capitale formato

da dieci volte l'annuo canone, come hanno deciso la Com

missione centrale delle imposto dirette e il Tribunale di

Palermo.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI AVELLINO.

Sentenza 7 aprile 1961 ; Pres. Petruzziello P., Est. Ian

nuzzi ; Vignola (Avv. Pionati) c. Comune di Montoro

Inferiore (Avv. Benigni).

Previdenza sociale — Inadempimento contributivo

Itcsponsabilità del datore di lavoro — Decesso

del lavoratore — Diritto dei superstiti al risar

cimento (Cod. civ., art. 2116).

La responsabilità del datore di lavoro per il danno rappre sentato dal mancato godimento delle prestazioni previden ziali, a causa di omessa o irregolare contribuzione, sussiste

anclie nei confronti dei superstiti del lavoratore deceduto. (1).

[1 Tribunale, ecc. — (Omissis). Chiarito in tal modo come

per affermare una responsabilità del datore di lavoro per i danni derivati dal mancato versamento dei contributi

si debba necessariamente far ricorso al 2° comma dell'art.

2116, al quesito riguardante l'estensione di tale comma il Collegio non esita a rispondere nel senso che, con la dispo sizione in parola, il legislatore, nonostante abbia usato

un'espressione apparentemente restrittiva, si è riferito in

realtà, oltre che al prestatore di lavoro, anche ai congiunti di esso, che in virtù delle norme sulla previdenza ed assi stenza obbligatorie siano direttamente titolari del diritto a

qualche prestazione e che il diritto stesso vedano restare

insoddisfatto in dipendenza di un'omissione di contribu zione da parte del datore di lavoro oltre che, naturalmente, in dipendenza dell'inapplicabilità del principio dell'auto matismo delle prestazioni sancito dal 1° comma di detto art. 2116.

Induce a tale interpretazione estensiva la considerazione

degli stessi scopi di carattere pubblicistico per i quali il

legislatore ha stabilito le varie forme obbligatorie di pre

fi) Non risultano precisi precedenti editi. In tema di responsabilità del datore di lavoro pei omessa o

irregolare contribuzione alle istituzioni di previdenza, v., da ul timo, con specifico riguardo alla efficacia nel tempo dell'art. 2110 cod. civ., Cass. 7 giugno 1900, n. 1487, Foro it., 1960, I, 1100, con nota di richiami, e, per quanto concerne altresì l'applicabi lità della norma ai dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici, la natura del diritto al risarcimento nonché la individuazione del relativo termine di prescrizione, Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo I960, n. 297, ibid., Ili, 120, con ampia nota di richiami, cui addi' A. Torrente, in Itiv. dir. civ., 1960, II, 573.

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