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Sentenza non definitiva n. 2039/2016 pubbl. il 28/06/2016 RG ......2016/06/28  · pagina 1 di 25...

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pagina 1 di 25 R.G. n. 2469/2009 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CAGLIARI SEZIONE PRIMA CIVILE riunito in camera di consiglio, con l’intervento dei magistrati Dott. ssa Maria Mura Presidente Dott. Antonio Dessì Giudice Dott. Andrea Bernardino Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2469 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell’anno 2009 Promossa dalla DIEM S.R.L., con sede in Cagliari, via della Pineta n. 69, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù della procura speciale conferita a margine dell’atto di citazione, dall’avvocato Michele Atzeni, presso il quale è elettivamente domiciliata Attrice Contro BITTI STEFANO, nato a Cagliari il 25.5.1969 (c.f. BTT SFN 69E25 B354R), rappresentato e difeso, in virtù della procura speciale conferita a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avvocato Mario Bitti, presso il quale è elettivamente domiciliato Firmato Da: MURA MARIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 3407a - Firmato Da: BERNARDINO ANDREA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 40ae8 Sentenza non definitiva n. 2039/2016 pubbl. il 28/06/2016 RG n. 2469/2009 http://bit.ly/2co8Iat
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R.G. n. 2469/2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI CAGLIARI

SEZIONE PRIMA CIVILE

riunito in camera di consiglio, con l’intervento dei magistrati

Dott. ssa Maria Mura Presidente

Dott. Antonio Dessì Giudice

Dott. Andrea Bernardino Giudice relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2469 del ruolo generale degli affari civili

contenziosi dell’anno 2009

Promossa dalla

DIEM S.R.L., con sede in Cagliari, via della Pineta n. 69, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù della procura speciale conferita a margine dell’atto di

citazione, dall’avvocato Michele Atzeni, presso il quale è elettivamente domiciliata

Attrice

Contro

BITTI STEFANO, nato a Cagliari il 25.5.1969 (c.f. BTT SFN 69E25 B354R), rappresentato e

difeso, in virtù della procura speciale conferita a margine della comparsa di costituzione e

risposta, dall’avvocato Mario Bitti, presso il quale è elettivamente domiciliato

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Convenuto

Oggetto: Altri istituti di diritto societario soggetti al D. L.vo n. 5/2003.

La causa è stata tenuta a decisione sulle seguenti

CONCLUSIONI

Nell’interesse dell’attrice: “Voglia l’Ill.mo Giudice adito, contrariis rejectis,

1) in via principale, accertare la responsabilità del sig. Stefano Bitti ai sensi dell’art. 2476 c.c.

per le circostanze dedotte in narrativa e, per l'effetto condannarlo alla restituzione della somma

di € 73.962,00 o la somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia;

2) per l'effetto, condannare il convenuto al risarcimento di tutti i danni, diretti e indiretti, patiti e

patiendi dalla società attrice in virtù della condotta dolosa o colposa del sig. Stefano Bitti, nella

sua qualità di amministratore delegato, che qui si quantificano in € 180.000,00 o nella somma

maggiore o minore ritenuta di giustizia;

con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio e dei giudizi cautelari distinti ai nn.

7068/08/ e 7920/08”.

Nell’interesse del convenuto: “Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis rejectis:

1) assolvere il concludente da ogni avversa domanda;

2) revocare il praticato sequestro conservativo con spese di cancellazione ipotecaria a carico

dell’attrice.

3) Con vittoria di spese, comprese quelle generali di Studio, diritti ed onorari del giudizio, oltre

contributo Cassa Avvocati ed I.V.A. nelle misure di legge.

4) In subordine e salvo gravame, si insiste sulla Riserva di impugnativa 12.12.2009 avverso le

Ordinanze del 20.11/2.12.2009 del Signor G.R. e del 26.10/10.11.2011 del Collegio da intendersi

qui riportate e, sospeso il giudizio sul merito e sulle spese, ammettere gli incombenti istruttori

dedotti all'udienza del 26.06.2015 (nomina di un Esperto per la trascrizione della registrazione

della riunione 11.09.2007 del C.d.A. della Diem s.r.l. e prova per testi)”.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

- In fatto -

1. Con atto di citazione regolarmente notificato la società Diem s.r.l. ha convenuto in giudizio il

signor Stefano Bitti dinanzi a questo Tribunale, proponendo nei suoi confronti l’azione di

responsabilità di cui all’art. 2476 primo comma c.c., e, conseguentemente, chiedendo la condanna

del medesimo convenuto al risarcimento dei danni, come riportato nelle conclusioni trascritte in

epigrafe.

1.1. Premessa.

A fondamento delle proprie domande la società attrice ha innanzitutto esposto:

che con atto del 5 dicembre 2006, a rogito del notaio dott. Giovanni Gorini, il signor Gianluigi

Meloni aveva acquistato una quota di partecipazione della società Diem s.r.l., con sede in

Cagliari, pari al 90%;

che i signori Piergiorgio Basciu e Stefano Bitti avevano acquistato, rispettivamente, le quote

sociali di valore pari al 3% e del 7%;

che la predetta società aveva ad oggetto la commercializzazione di schede per servizi telefonici e

di cartoline premio: nello specifico acquistava i prodotti da commercializzare da grossisti

nazionali, pagando la merce attraverso bonifici bancari e rivendendola su piazza mediante agenti,

i quali incassavano, generalmente in contanti, dai commercianti al minuto;

che nella medesima data del 5.12.2016 l’assemblea dei soci aveva nominato amministratore

delegato il signor Stefano Bitti, al quale era stata affidata la gestione operativa, amministrativa e

finanziaria della società, oltre a tutte le altre attribuzioni previste nel verbale assembleare;

che lo stesso Bitti operava altresì quale agente, trattando direttamente con i clienti, e si occupava

di tutte le operazioni relative alla fatturazione della merce venduta;

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che tale situazione era durata sino al dicembre 2007, posto che, viste le modalità non corrette con

le quali il Bitti aveva amministrato la società, in data 21.12.2007 il Meloni aveva acquistato la

titolarità dell’intera società, rilevando le quote degli altri soci, per poi, in data 14.1.2008, revocare

l’incarico di amministratore delegato al Bitti.

Svolta tale premessa in fatto, parte attrice ha mosso due ordini di contestazioni, il primo

riguardante gli ammanchi contabili riscontrati, ed il secondo riguardante vari aspetti inerenti le

modalità di gestione della società.

Ha inoltre rilevato che nei confronti del convenuto era stato promosso un procedimento cautelare

ante causam, con il quale era stato richiesto il sequestro conservativo dei beni facenti capo al

Bitti.

Tale richiesta cautelare, rigettata dal giudice di prime cure, era stata accolta dal Collegio in sede

di reclamo con l’ordinanza del 28.12.2008, che aveva autorizzato essa attrice “a sottoporre a

sequestro conservativo beni immobili, mobili e crediti di Stefano Bitti, fino alla concorrenza di €

73.962,00”.

Il predetto sequestro era stato eseguito, in particolare, su un appartamento sito in Assemini, via

Venezia n. 21/A.

Si riportano ora le doglianze di parte attrice, seguendo il medesimo ordine di cui all’atto di

citazione.

1.2. Gli ammanchi contabili.

Parte attrice ha affermato di aver avuto conoscenza dei predetti ammanchi in seguito alle

difficoltà di contabilizzazione incontrate dal commercialista della società, dottor Giuseppe Seu.

Dalla deposizione del predetto commercialista, sentito quale sommario informatore in sede di

reclamo, era emerso che il Bitti aveva costantemente omesso di documentare, nonostante le

puntuali richieste in tal senso, le operazioni economiche intraprese dalla Diem s.r.l. sotto la sua

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gestione, omettendo la resa di ogni documentazione in grado di attestare il reale stato

patrimoniale della società.

Tale condotta omissiva aveva condotto alla chiara emersione degli ammanchi solo a conclusione

dell’esercizio 2007, ed in particolare in data 1° aprile 2008, allorquando la società si accingeva

alla redazione del bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31.12.2007.

Più nello specifico, in sede di redazione del predetto bilancio, dopo numerose verifiche, il dottor

Seu aveva accertato la mancanza di ricavi per euro 73.962,00.

Nel dettaglio, tale somma era stata determinata dalla divergenza tra le fatture emesse nell’anno

2007 e il quantitativo di merci compravendute nello stesso periodo, tenuto conto del magazzino

al 1.1.2007, e tenuto conto che le merci venivano rivendute con un ricarico predeterminato e

fisso.

Nello specifico la società attrice ha poi operato una distinzione tra le schede telefoniche e le c.d.

cartoline premio.

Quanto alla commercializzazione delle schede telefoniche, il Seu aveva evidenziato come, a

fronte di acquisti per euro 7.210.616,11, viste le rimanenze di magazzino pari ad euro 14.025,50,

sarebbero dovuti risultare ricavi per euro 7.297.025,17, mentre invece risultavano ricavi dichiarati

per euro 7.241.344,17.

Era pertanto emerso un ammanco pari ad euro 55.681,00.

Quanto alla commercializzazione delle cartoline premio, in base alla medesima procedura di cui

al punto che precede il Seu aveva riscontrato un ammanco pari ad euro 18.281,00.

Per un totale di euro 73.962,00.

Tale situazione aveva costretto la società a non approvare nei termini il bilancio d'esercizio,

rinviandolo alla scadenza del 30 giugno.

Dallo stesso bilancio al 31.12.2007, poi regolarmente approvato, risultavano confermati gli

ammanchi di cui sopra.

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Della mancanza di ricavi per la citata somma di euro 73.962,00 era certamente responsabile il

Bitti, in qualità di amministratore delegato.

Inoltre, avendo egli materialmente provveduto alla vendita e alla fatturazione dei beni in

questione, tali mancanze non potevano che essergli direttamente imputate.

A titolo meramente esemplificativo, la società attrice ha evidenziato alcune tra le molteplici

incongruenze nelle fatture e nei documenti di trasporto relativi alle seguenti operazioni,

evidenziando che le merci venivano rivendute con un ricarico predeterminato e fisso:

a) fattura 247 del 6.2.2007 relativa alla vendita di schede telefoniche alla rivendita tabacchi

Pollero Bruna, via Roma 3A, Sestu, il cui importo risulta pari a € 2.813,18, mentre dai documenti

di trasporto risultano consegnate merci per € 3.964,55; la stessa rivendita di tabacchi aveva

richiesto nel mese di luglio 2008 un’integrazione della fattura suddetta;

b) quanto alle cartoline premio, sono state prese in considerazione le fatture 76 e 77, emesse in

data 5.3.2007: a confronto con la fattura 76 nella quale risultano vendute una confezione di "Perla

Nera" ed una confezione di "Magic Number" al prezzo di € 290,00, la fattura 77 presenta due

incongruenze: la prima riguarda il fatto che appaiono vendute due confezioni di "Perla Nera" ed

una confezione di "Magic Number" al prezzo di € 560,00, evidentemente sproporzionato rispetto

alla somma precedentemente indicata; la seconda incongruenza attiene al fatto che viene

comunque esposta la quantità di 2 prodotti a fronte delle tre confezioni indicate;

c) nella fattura 94 dell’11.3.2007 risultano vendute una confezione di "Segno Zodiacale" ed una

confezione di "Perla Nera" mentre viene esposta una quantità di 3 prodotti;

d) nella fattura 135 del 23.4.2007 appaiono vendute 5 confezioni di "Play Games", 5 confezioni

di "Dominus" e 10 confezioni di "Magic Number", mentre viene esposta una quantità di soli 10

prodotti;

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e) nella fattura 156 risultano vendute una confezione di "Segno Zodiacale", una confezione di

"Magic Number" e due confezioni di "Old World", contro un D.D.T. dal quale si evince che siano

state consegnate 7 confezioni di "American Games" e una confezione di "Surprise";

f) nella fattura 157 del 31.5.2007 risultano vendute due confezioni di "Perla Nera", una

confezione di "Segno Vincente" e una di "Old World", mentre dal DDT risultano consegnate una

confezione di "Scacco Matto" e una di "American Games";

g) nella fattura 158 del 31.5.2007 appaiono vendute una confezione di "Segno Zodiacale" e una

di "Old World", mentre viene esposta in fattura una sola confezione, e dai D.D.T. risulta

consegnata una confezione di "American Games";

h) nella fattura 159 del 31.5.2007 risultano vendute una confezione di "Magic Number", mentre

dal D.D.T. risulta consegnata una confezione di "American Games";

i) nella fattura 160 del 31.5.2007 vengono vendute una confezione di "Segno Vincente" e una di

"Old World", è esposta una sola confezione venduta, mentre dal D.D.T. risulta consegnata una

sola confezione di "American Games".

Tali documenti comprovavano le irregolarità compiute dal Bitti, che come detto, oltre ad esser

stato amministratore delegato della Diem s.r.l. nel periodo in cui si erano verificati gli ammanchi,

si occupava specificatamente della vendita e della relativa fatturazione inerente le operazioni

esposte.

Il rappresentante legale della Diem s.r.l. aveva richiesto delucidazioni ed aveva descritto la

situazione di fatto, cosi come rappresentata, con una serie di raccomandate indirizzate sia al Bitti

che al suo avvocato, senza tuttavia ottenere risposte soddisfacenti.

1.3. Gli altri addebiti mossi nei confronti del convenuto.

Oltre agli ammanchi di cui si è detto, la società attrice ha mosso altri quattro addebiti di

responsabilità nei confronti del convenuto, che si espongono seguendo il medesimo ordine di cui

all’atto di citazione.

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a) Il contratto di commercializzazione in esclusiva tra la Nilma S.p.A. e la Diem s.r.l..

La Nilma S.p.A., società avente sede a Parma e leader nel settore della commercializzazione di

impianti per l’industria alimentare, aveva concluso un contratto di esclusiva con la Diem s.r.l.

prima che il signor Gianlugi Meloni acquistasse la maggioranza delle quote sociali.

Tale contratto aveva ad oggetto la commercializzazione in esclusiva dei prodotti Nilma per tutto

il territorio sardo e si presentava particolarmente conveniente sotto molteplici aspetti: infatti la

Nilma non solo aveva concesso alla Diem l’esclusiva su tutto il territorio regionale, ma aveva

altresì trasferito a quest’ultima i clienti già acquisiti.

L’attività di gestione e commercializzazione di tali prodotti, poiché basata su una rete di vendita

già esistente, si presentava da subito in grado di generare dei profitti, che, vista la posizione di

leader mondiale del settore occupata dalla Nilma, non potevano che essere consistenti.

Nonostante le raccomandazioni del Meloni, il Bitti non si era mai occupato di dare esecuzione al

predetto contratto, in tal modo trascurando la certa e cospicua fonte di reddito derivante dalla

vendita dei prodotti in oggetto e costringendo infine la Nilma a revocare l’incarico alla Diem alla

fine dell’anno 2007.

b) L’accettazione di assegni postdatati a pagamento dei crediti della Diem.

Durante il 2007 era emerso come nelle casse della Diem fossero presenti assegni postdatati, a

pagamento di crediti vantati dalla società per un totale complessivo di circa euro 30.000,00.

Tale situazione, della quale il Bitti doveva rispondere, se non altro per culpa in vigilando, aveva

privato la società di una fonte di liquidità immediata, andando ad incidere in maniera consistente

sulle capacità operative della stessa.

c) Il finanziamento regionale.

Ulteriore motivo di doglianza riguardava il finanziamento regionale accordato alla Diem ex L.R.

n. 9/2002, le cui somme, tuttavia, non erano state mai riscosse a causa della trascuratezza del

Bitti.

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Infatti con lettera del 17.9.2007 l’Artigiancassa, istituto delegato all’istruttoria del finanziamento,

per erogare le somme già concesse, aveva richiesto alla Diem s.r.l. di presentare opportuna

documentazione relativa ai soci: proprio tale semplice adempimento burocratico non era stato

curato dal sig. Bitti, con conseguente perdita del beneficio.

d) Il numero di clienti prospettato dal sig. Stefano Bitti in fase di acquisto della Diem.

In fase di acquisto della società da parte del Meloni il Bitti aveva sostenuto di poter far conto su

una rete di acquirenti (con contratti già stipulati) per i prodotti della Diem (schede telefoniche e

cartoline premio), comprensiva di circa 1200 tabaccai e 370 attività del Gruppo Sigma

(supermercati e negozi di generi alimentari).

Una tale situazione aveva spinto il Meloni a movimentare una somma iniziale di 200.000,00 euro

da immettere nella società, con possibilità di destinare alla Diem altri 500.000,00 euro.

Tuttavia, prima di concludere il trasferimento dei capitali, a febbraio 2007 il Meloni aveva

richiesto al Bitti che gli venissero mostrati i contratti che quest’ultimo sosteneva di aver già

stipulato.

A quel punto il Bitti, reticente, si era rifiutato di mostrare i contratti, pur continuando a sostenere

che tutto fosse in regola.

Ciò fino a quando, nell’aprile 2007, il Bitti aveva affermato per la prima volta che i contratti non

erano stati mai stati stipulati.

1.4. La quantificazione del danno.

Dopo aver descritto gli addebiti, la società attrice ha affermato che la situazione venutasi a creare

per effetto delle condotte poste in essere dal Bitti aveva minato in maniera determinate la capacità

imprenditoriale della Diem.

Ed, infatti, se da un lato era venuta a mancare la somma di circa 70.000,00 euro, che costituiva, di

fatto, l’intero utile netto della predetta società, e che assumeva rilevanza quale autonoma voce di

danno, dall’altro era necessario valutare l’incidenza di tale mancanza sulle capacità

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imprenditoriali, presenti e future, della società, posto che un ammanco pari all’utile netto, specie

se comparato con la limitata liquidità della società, incideva direttamente ed in maniera

determinante sulle potenzialità reddituali della stessa, determinando, nello specifico, una crisi

finanziaria di tale gravità da impedire alla società di operare proficuamente sul mercato.

Occorreva inoltre valutare la condotta complessiva del Bitti in qualità di amministratore e le

conseguenze del suo operato.

In tal senso rilevavano sia le ingenti perdite patrimoniali patite dalla società per le occasioni

mancate (v. la vicenda Nilma), sia le conseguenze della condotta omissiva e reticente del Bitti in

termini di danno all’immagine o da perdita dei clienti, da liquidarsi anche in via equitativa.

Occorreva infine considerare che, per evitare che la mancanza di liquidità determinasse il

fallimento della società, il Meloni aveva immesso nelle casse sociali la somma di euro 50.000,00,

come già attestato dal dott. Seu in sede di audizione durante il procedimento cautelare: tale

somma costituiva, evidentemente, un credito che il Meloni vantava nei confronti della Diem, e,

pertanto, un’ulteriore voce di danno determinato alla stessa società.

I danni erano stati fatti oggetto di valutazione contenuta in una perizia di parte allegata.

2. Ritualmente costituitosi in giudizio, il convenuto Stefano Bitti si è difeso nel modo che segue.

2.1. Ha innanzitutto eccepito l’inammissibilità delle avverse domande, in conseguenza della

“liberatoria” deliberata dall’assemblea dei soci in data 12.12.2007.

Il Meloni, infatti, aveva esercitato forti pressioni sugli altri due soci amministratori, esso

convenuto ed il signor Piergiorgio Basciu, per indurli a cedergli le rispettive quote societarie,

rappresentando, in particolare, che in caso di mancata cessione delle quote in suo favore egli

avrebbe richiesto l’immediata restituzione dei finanziamenti in precedenza erogati.

A fronte di tali pressioni i due soci, che non disponevano delle risorse economiche del Meloni,

avevano acconsentito alla cessione, richiedendo tuttavia, quale contropartita, sia che il Meloni

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non pretendesse più la restituzione immediata dei finanziamenti, sia che costui ponesse fine alle

contestate pretese nei loro confronti.

Per tali ragioni, nella delibera del 12.12.2007 l’assemblea aveva espressamente esonerato esso

convenuto ed il signor Basciu da qualsiasi responsabilità.

Nel verbale assembleare si legge infatti che “i sig.ri soci sig. Bitti Stefano e sig. Basciu

Piergiorgio sono sollevati da ogni obbligo giuridico e amministrativo nei confronti della Diem

s.r.l., salvo per quanto concerne i crediti attualmente in essere”.

Posto che nelle società a responsabilità limitata i soci non sono mai responsabili in quanto tali, la

predetta clausola liberatoria si riferiva ai soci in quanto amministratori, che sollevava da qualsiasi

responsabilità.

Per ciò soltanto tutte le avverse domande erano inammissibili.

2.2. Ferma restando tale eccezione, il convenuto ha dedotto ed eccepito l’infondatezza delle

avverse domande nel merito.

Innanzitutto il convenuto ha svolto una lunga premessa in ordine a quanto verificatosi nel corso

del 2007, affermando che, nonostante esso convenuto ed il Basciu ricoprissero formalmente la

carica di amministratori delegati, da quando il Meloni aveva acquistato la maggioranza delle

quote la società era stata di fatto gestita unicamente da quest’ultimo.

Ed infatti, come risultava dalla semplice lettura del verbale del Consiglio di Amministrazione del

5.12.2006, al Meloni, quale Presidente del predetto Consiglio, erano stati attribuiti poteri che si

sovrapponevano in toto a quelli degli amministratori delegati.

Il Meloni aveva infatti in esclusiva il potere di assumere il personale, oltre che

dell’organizzazione degli uffici.

Nel maggio 2007 il Meloni aveva assunto una collaboratrice amministrativa, la signora Maria

Virginia Loi.

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La situazione era poi radicalmente mutata nel settembre del 2007: ed infatti il giorno 11.9.2007 si

era svolta una riunione del Consiglio di Amministrazione nel corso della quale era stato

comunicato ad esso convenuto che, sulla base di una decisione già presa dal Meloni, d’accordo

con la Loi, egli doveva occuparsi delle sole cartoline premio, sotto la supervisione della

medesima Loi.

Da quel momento in poi, pur mantenendo formalmente la carica di amministratore delegato, di

fatto esso convenuto era divenuto un semplice collaboratore, per giunta del tutto privo di alcun

potere gestionale, limitandosi a svolgere il compito di agente in relazione alle sole cartoline

premio.

Ed infatti dopo l’11.9.2007 la Loi gestiva in modo autonomo la cassa aziendale e provvedeva,

contestualmente agli ordinativi di merce, all’invio del relativo saldo mediante bonifici on line

ovvero mediante banca, e sempre costei incassava il denaro proveniente dalle vendite ai clienti.

Inoltre la Loi aveva il compito di redigere le fatture, che, prima, gravava su esso convenuto.

Prova ne era il fatto che soltanto tale impiegata possedeva la password del programma gestionale

Ipsoa, che era stato utilizzato da quel momento in poi.

Dopo l’11.9.2007 esso convenuto doveva giornalmente presentare alla Loi una richiesta scritta

per la consegna della merce destinata alla vendita dei clienti e non poteva neppure accedere agli

uffici amministrativi ove lavorava la Loi.

Era poi accaduto che in data 10.9.2007, in vita del passaggio di consegne dipendente dalla nuova

organizzazione aziendale, era stato eseguito da esso convenuto e dalla Loi un inventario delle

giacenze di magazzino, prodotto da esso convenuto, dal quale risultava un quantitativo effettivo

di merce per un valore nominale di euro 67.491,00, al quale si doveva aggiungere la merce

consegnata agli agenti, e più precisamente quella consegnata al Barrella per un valore di euro

8.205,00, e quella consegnata al Basciu per un valore di euro 6.620,00, per un totale di euro

82.316,00.

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Da quanto esposto era quindi evidente che nessun addebito di responsabilità poteva essere mosso

ad esso convenuto per il periodo dall’11.9.2007 in poi.

Svolta tale premessa, il convenuto ha altresì contestato i presunti ammanchi.

Ha in particolare rilevato che, per quanto concerneva il periodo antecedente all’11.9.2007, egli si

era assentato dall’azienda, per congedo matrimoniale, per 20 giorni, a partire dal 30.5.2007.

Parimenti egli si era assentato per ferie per 10 giorni nel mese di agosto.

Ne conseguiva che le irregolarità verificatesi in quei periodi non erano a lui imputabili.

Inoltre lo stesso commercialista della società attrice aveva riferito di non aver rilevato alcuna

irregolarità riferita alla chiusura dei conti al 20.4.2007.

Il convenuto ha quindi affermato che non tutte le fatture indicate nell’atto di citazione erano state

da lui compilate.

Ed infatti non erano state certamente da lui compilate quelle dalla n. 156 alla 160, in quanto

recanti la data del 31.5.2007, allorquando egli era già in congedo matrimoniale.

La fattura n. 247 del 6.2.2007 era da considerarsi postdatata, in quanto essa faceva riferimento ad

un D.D.T. che recava l’indicazione di schede Vodafone da euro 15, che a quella data non erano in

commercio; inoltre gli sconti ivi riportati non erano quelli praticati a quella data, ma quelli

successivi al Decreto Bersani del marzo 2007 (D.L. n. 7/2007, convertito nella Legge n.

40/2007), che aveva ridotto notevolmente gli aggi riconosciuti ai grossisti.

Per quanto concerneva le altre fatture indicate nell’atto di citazione, vi erano soltanto degli errori

materiali di battitura, peraltro facilmente riscontrabili.

Parte attrice non aveva poi considerato il fatto che lo stesso dottor Giuseppe Seu, sentito in data

18.11.2008 quale sommario informatore nell’ambito del procedimento di reclamo, aveva

ammesso di aver dimenticato di scalare dai pretesi ammanchi gli sconti che venivano praticati

dalla Diem s.r.l. a tutti i negozianti.

Il convenuto ha altresì preso posizione in merito alle altre censure addebitategli.

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Per quanto riguarda il contratto con la Nilma S.p.A., ha rilevato come non vi fosse alcun contratto

opponibile alla società attrice.

Ed infatti il contratto al quale parte attrice aveva fatto riferimento era costituito dalla scrittura

privata recante la data del 3.11.2006, tra la Nilma S.p.A. ed altra società, la “Diem Consulting”

s.r.l., che nel contratto figurava essere rappresentata dal signor Marcello Spano.

In realtà non esisteva alcuna società avente la predetta denominazione “Diem Consulting”, né lo

Spano era mai stato rappresentante, legale o negoziale, della Diem s.r.l..

Per quanto concerneva gli assegni postdatati, ha innanzitutto eccepito la genericità delle avverse

censure, in quanto non erano stati indicati il numero degli assegni in contestazione, il singolo

importo e soprattutto il periodo in cui erano stati emessi.

Ha altresì rilevato che la prassi di accettare assegni postdatati era ben conosciuta e da sempre

accettata dallo stesso Meloni.

Per quanto concerneva la perdita del finanziamento regionale, ha rilevato come la relativa

vicenda fosse stata curata fin dall’inizio dal dottor Seu, unica persona in possesso dei dati

richiesti dall’Artigiancassa.

Ha inoltre evidenziato come la lettera con la quale l’Artigiancassa aveva richiesto la trasmissione

dei documenti necessari per potersi addivenire all’erogazione era stata inviata alla Diem s.r.l. in

data 17.9.2007, e quindi in un momento successivo a quando ad esso convenuto era stato

impedito l’accesso ai documenti contabili dell’azienda.

Per quanto concerneva l’avversa censura in ordine ai contratti che esso convenuto avrebbe

millantato, oltre a contestarne la corrispondenza al vero, ha rilevato come i motivi che avevano

spinto il Meloni ad acquistare la società erano costituiti dalla prospettiva di notevoli ricavi dalla

vendita di schede telefoniche e cartoline premio, e che il Meloni medesimo seguiva da mesi

l’andamento della Diem s.r.l., essendone informato dal precedente socio e suo compaesano Livio

Moi.

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Per quanto concerneva la quantificazione del danno, ha innanzitutto eccepito la carenza di

legittimazione passiva della società in ordine ai finanziamenti erogati dal Meloni, indicati in atto

di citazione e nella perizia di parte quali fonte di danno per la società, trattandosi di pregiudizi

che, se del caso, soltanto il Meloni aveva subito.

Non corrispondeva poi al vero il fatto che la Diem avesse perduto l’avviamento commerciale,

posto che la medesima società aveva chiuso l’esercizio 2007 con un utile di euro 19.971,53,

tutt’altro che trascurabile, posto che proprio nel 2007 si erano verificati i tagli degli aggi disposti

dal c.d. Decreto Bersani.

Inoltre la Diem, sempre nell’esercizio 2007, aveva movimentato merci per oltre un milione di

euro in più rispetto all’esercizio precedente.

Era poi accaduto che la Diem s.r.l., amministrata dal Meloni, a partire dal 1.1.2009, per libera

scelta imprenditoriale aveva deciso di mutare la propria attività, non commerciando più schede

telefoniche e cartoline premio, ma gestendo una sala giochi e biliardi.

In definitiva la società non aveva subito alcun danno, né tantomeno alcun evento dannoso era

riconducibile al esso convenuto.

3. Con la successiva memoria di replica di cui all’art. 6 del D. Lgs. 17.1.2003, n. 5 l’attore ha a

sua volta contestato le affermazioni contenute nell’avversa comparsa di risposta, affermando in

particolare che la società non aveva rilasciato alcuna liberatoria in favore del convenuto, e

ribadendo tutte le sue censure.

4. Successivamente allo scambio delle memorie di cui agli artt. 6 e 7 del D. Lgs. 17.1.2003, n. 5

ed al deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, la causa è stata istruita con produzioni

documentali, interrogatorio formale e prova testimoniale.

5. All’udienza del 26.6.2015 il convenuto Stefano Bitti ha formulato nuove istanze istruttorie, e

precisamente:

a) la richiesta di essere autorizzato alla produzione dell’originale del verbale della delibera

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assembleare dell’11.9.2007;

b) la richiesta di essere autorizzato alla produzione dell’originale dell’inventario delle giacenze di

magazzino al 10.9.2007, redatto congiuntamente dalla Loi e da esso convenuto;

c) la richiesta di audizione del teste Loi Maria Virginia su fatti e circostanze che il convenuto ha

dichiarato di aver appreso tardivamente, formulando quattro capitoli di prova che di seguito si

riportano testualmente:

“1) Vero è che a seguito di invasione di acque nel magazzino della DIEM S.R.L. ove era

custodita la documentazione della predetta Società, gran parte di detti documenti sono stati

danneggiati e resi illeggibili;

2) Vero è che detti documenti sono stati ricostruiti dalla LOI Virginia quando la medesima non

faceva più parte della Società e che alla stessa LOI venne dato il “computer” di proprietà della

S.R.L: DIEM, anche perché essa era l’unica a possedere la relativa “password”, come risulta

dalle testimonianze del Dott. Giuseppe SEU e del Sig. Pier Giorgio BASCIU, e che la medesima

vi lavorò per circa un anno a casa sua;

3) Vero è che tali notizie vennero date al Convenuto quando erano scaduti i termini per la

formulazione della prova testimoniale”;

d) la richiesta di informazioni al locale Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza

avente il seguente oggetto: “se la S.R.L. DIEM abbia – come per legge – denunziato alla stessa

la distruzione dei documenti più sopra indicati”; in caso di risposta affermativa il convenuto ha

altresì richiesto al Tribunale di voler ordinare l’esibizione ed il deposito del verbale di accesso e

controllo da parte dello stesso Nucleo di Polizia Tributaria.

Parte attrice si è opposta a tutte le predette istanze, in quanto tardive e irrilevanti.

6. Con ordinanza del 26.1.2016 è stata fissata l’udienza per la discussione della causa e la sua

tenuta in decisione, con assegnazione alle parti del termine per il deposito di memorie

conclusionali di cui all’art. 12, comma 3, lettera e) del D. Lgs. 17.1.2005, n. 5.

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All’udienza del 5.5.2016 la causa è stata tenuta in decisione sulle conclusioni trascritte in

epigrafe.

*****

- In diritto -

1. Preliminarmente osserva il Tribunale che non meritano di essere accolte le istanze istruttorie di

cui si è fatta menzione al paragrafo 5. dell’espositiva in fatto che precede.

Per quanto attiene alle prime due, la produzione dell’originale dei documenti ivi indicati è da

ritenersi superflua, non avendone parte attrice contestato la conformità all’originale.

Pertanto anche la nomina di un esperto per la trascrizione del C.D. audio prodotto dal convenuto

si rivela del tutto superflua, anche alla luce degli esiti della prova testimoniale (v. infra).

Per quanto attiene alla richiesta di prova testimoniale, si osserva che la capitolazione della prova

è generica, in particolare sui tempi, non precisando quando si sarebbero verificati gli eventi ivi

dedotti, né esattamente quando ed in che occasione il convenuto avrebbe appreso tali eventi dal

testimone di cui si richiede l’audizione.

Il che rende inammissibile l’istanza, sia in considerazione della sua genericità, sia in

considerazione del fatto che non viene data sufficiente prova dei presupposti necessari per la

rimessione in termini, posto che trattasi di istanze istruttorie successive allo spirare dei termini

processuali per le deduzioni istruttorie.

Lo stesso discorso vale per la richiesta di informazioni alla Guardia di Finanza.

2. Sempre in via preliminare osserva il Tribunale come la dichiarazione liberatoria indicata dalla

difesa del convenuto non possa essere interpretata nel senso indicato.

Innanzitutto osserva il Tribunale come la delibera del 12.12.2007 si riferisce non agli

amministratori ma ai “soci” in quanto tali, i quali, contestualmente alla cessione delle quote

sociali, e quale evidente conseguenza della predetta cessione, vengono liberati da ogni

responsabilità connessa allo status di socio.

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Osserva altresì il Tribunale, a riprova dell’infondatezza dell’eccezione del convenuto, che

attraverso la citata delibera assembleare la società non ha espresso in alcun modo la volontà di

rinunciare o transigere in via preventiva l’azione di responsabilità nei confronti

dell’amministratore.

Ciò infatti non risulta affatto dal tenore letterale della medesima delibera.

Appare quindi una forzatura interpretativa ritenere che in detta delibera sia contenuta una

rinunzia preventiva all’azione di responsabilità.

Come è noto, infatti, nelle società a responsabilità limitata (art. 2476 quinto comma c.c.), tanto la

rinuncia all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori quanto la transazione della

predetta azione debbono essere deliberate espressamente dalla maggioranza qualificata prevista

per legge, e non possono giammai essere desunte da espressioni generiche contenute in verbali

aventi altro oggetto, o, ancora, da fatti concludenti.

3. Venendo al merito della causa, per comodità espositiva si esaminano in primo luogo le

condotte imputate al convenuto diverse dagli ammanchi (sui quali v. infra al paragrafo 5.).

Tali censure sono tutte infondate.

Si segue il medesimo ordine del paragrafo 1.3. dell’espositiva in fatto che precede.

a) Il contratto con la Nilma S.p.A.

Per quanto attiene a tale vicenda, osserva il Tribunale che il contratto, di cui alla scrittura privata

recante la data del 3.11.2006, è stato sottoscritto da un falsus procurator, tale essendo il signor

Marcello Spano, e reca l’indicazione della Diem Consulting s.r.l., società con denominazione

evidentemente diversa dalla Diem s.r.l..

In ordine alla posizione del soggetto che ha sottoscritto il contratto, signor Marcello Spano, non

risulta conferita a costui alcuna procura dalla Diem s.r.l..

Sul punto lo Spano, sentito quale testimone all’udienza del 4.10.2013, ha affermato di aver agito

su incarico del socio di maggioranza della Diem s.r.l. in quella data, tale Livio Moi.

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Senonché lo stesso Moi, anch’egli sentito quale testimone, all’udienza del 26.6.2015, ha

nettamente smentito tale circostanza, avendo dichiarato che “sino a quando non ho venduto

l’azienda non sapevo nemmeno dell’esistenza della Nilma spa e non ho mai dato alcuna

autorizzazione”.

Alla luce di tali dichiarazioni appare del tutto inattendibile la deposizione del teste Spano.

Così come, peraltro, è del tutto indimostrata la circostanza secondo la quale l’indicazione della

denominazione Diem Consulting s.r.l. in luogo di Diem s.r.l. sarebbe dipesa da un mero errore

nella compilazione del contratto.

Posto che lo stesso Spano era amministratore di una società denominata Consulting s.r.l., l’uso

della denominazione Diem Consulting s.r.l. finisce per ingenerare ulteriore incertezza e

confusione su chi, nelle reali intenzioni del falsus procurator, fosse la reale controparte della

Nilma.

Il contratto deve pertanto ritenersi improduttivo di effetti per la Diem s.r.l. sia in quanto concluso

da un rappresentante senza poteri, sia in quanto non è stato neppure speso il nome della Diem

s.r.l., bensì quello della Diem Consulting s.r.l..

Pur volendo prescindere da tali rilevi, invero assorbenti, osserva il Tribunale che la domanda

risarcitoria in parte qua non merita di essere accolta, stante la sua estrema genericità, avendo

parte attrice fatto riferimento a dei guadagni indicati come “consistenti” (v. pag. 9, secondo

periodo, dell’atto di citazione) senza tuttavia indicare, neppure in via approssimativa, l’entità dei

possibili profitti.

b) Gli assegni postdatati.

Anche in questo caso la deduzione di parte attrice è generica, posto che, come ha correttamente

osservato il convenuto, si è fatto un indefinito riferimento ad una somma di euro 30.000,00, senza

indicare il numero degli assegni contestati e i periodi esatti in cui sarebbe avvenuta tale

emissione.

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Non è stata poi dimostrata l’insorgenza di un danno, che, semmai, potrebbe essersi verificato

soltanto se gli assegni postdatati fossero rimasti impagati.

c) La vicenda del finanziamento regionale.

Anche in questo caso la deduzione è generica, non essendo stata indicata la somma che la Diem

si sarebbe vista erogare.

L’indicazione della predetta somma non vi è neppure nell’unico documento prodotto a sostegno

della domanda, ovverosia la lettera dell’Artigiancassa del 17.9.2007.

Tale documento, che pure indica che la Diem s.r.l. è stata ammessa ai contributi regionali, non fa

menzione di alcuna somma.

Anche in questo caso, quindi, non è stata dimostrata l’insorgenza di un danno.

d) Il numero dei clienti prospettato dal convenuto in sede di acquisto della Diem s.r.l. da parte

del Meloni.

Osserva il Tribunale che in questo caso non vi è un danno direttamente riconducibile alla società,

quanto, semmai, al Meloni, che si assume raggirato dalla condotta del convenuto.

Ed infatti l’acquisto delle quota societarie da parte del Meloni – indipendentemente dai motivi

che hanno spinto tale acquirente – non ha di certo costituito fonte di danno per la società, essendo

per contro un fatto di per sé neutro.

4. Per quanto sinora esposto, l’unico danno eventualmente riconducibile al convenuto, quale

conseguenza immediata e diretta della sua condotta, è quello relativo agli ammanchi.

Non è stato dimostrato che il danno conseguente agli ammanchi, anche nell’ipotesi esso venisse

accertato (v. infra al paragrafo 5.), abbia generato la crisi di liquidità indicata dall’attore o la

denunciata perdita di avviamento commerciale.

Risulta infatti che la Diem s.r.l., anche dopo il 2007, ha continuato ad operare, seppure

cambiando genere di attività (gestione di una sala giochi).

Ne consegue che non può essere liquidato nessun danno ulteriore rispetto ai mancati incassi

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conseguenti agli ammanchi, se accertati, neppure in via equitativa, non ricorrendo i presupposti

per addivenire ad una siffatta liquidazione.

Come è noto, infatti, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa,

conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone pur sempre che sia provata

l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile,

per la parte interessata, la sola quantificazione del danno nel suo preciso ammontare (v. da ultimo

Cass. civ., Sez. III, sentenza n. 127 dell’8.1.2016).

5. Si esamina ora l’azione di responsabilità con riferimento ai lamentati ammanchi.

La scoperta degli ammanchi è stata denunciata dal dottor Seu, come si è già detto nell’espositiva

in fatto che precede.

Il procedimento seguito dal Seu per la ricostruzione della situazione contabile della società è stato

da lui spiegato all’udienza del 19.11.2008, allorquando è stato sentito nell’ambito del

procedimento di reclamo.

Il Seu ha operato in questo modo, per quanto attiene alla schede telefoniche:

- è partito dal magazzino iniziale all’1.1.2007, come risultante dal bilancio dell’esercizio 2006;

- alle rimanenze finali ha aggiunto gli acquisti al 31.10.2007 ed al 31.12.2007;

- ha poi dedotto le giacenze al 31.10.2007 ed al 31.12.2007, ottenendo il c.d. costo del venduto;

- dai dati delle fatture attive ha conteggiato il ricavo;

- ha quindi detratto il costo del venduto ed ha ottenuto l’aggio spettante alla Diem s.r.l..

Nell’eseguire tali operazioni il Seu ha constato che l’aggio percepito dagli agenti risultava

superiore a quello ad essi contrattualmente spettante e che la media dei ricavi risultava essere

inferiore.

Per quanto atteneva alle cartoline premio, il teste Seu ha precisato di aver proceduto allo stesso

modo, anche se, mancando la giacenza iniziale, ha contato le cartoline acquistate, le ha divise per

tipologia in base alle fatture d’acquisto ed ha confrontato gli acquisti e le vendite per categoria di

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cartoline.

Anche in questo caso, tenuto conto delle rimanenza, finali, il teste ha affermato che vi era una

sensibile discordanza tra le cartoline acquistate e quelle vendute.

Gli esiti dell’attività compiuta dal Seu sono riassunti nei prospetti prodotti da parte attrice (docc.

ti nn. 5 e 6).

Ciò posto, il convenuto, nella sua qualità di amministratore delegato della Diem s.r.l. ed in virtù

tanto dei doveri derivanti dalla legge, quanto dei compiti espressamente attribuiti dalla delega a

lui conferita, era tenuto a verificare la correttezza delle fatture e della documentazione contabile

attinente alle schede telefoniche ed alle cartoline premio.

Tanto più che nel caso di specie il Bitti ha ammesso che le fatture oggetto di causa sono state da

lui redatte fino all’11.9.2007.

In questa sede si deve dare conto dei rilievi e delle eccezioni del convenuto.

Innanzitutto non è fondato il rilievo secondo cui il Seu avrebbe affermato la mancanza di

ammanchi al 30.4.2007.

Se infatti si legge attentamente la deposizione resa dal Seu all’udienza del 19.11.2008, costui ha

semplicemente affermato che nel corso di una verifica preliminare al 30 aprile 2007 non erano

emerse irregolarità: irregolarità che, a dire dello stesso Seu, tuttavia sono emerse successivamente

e che hanno riguardato tutto l’esercizio 2007.

Per quanto poi attiene agli sconti, che il Seu non avrebbe conteggiato, posto che era onere del

convenuto dimostrare tale fatto ai sensi dell’art. 2697 secondo comma c.c., tale onere non è stato

assolto nel caso di specie, non essendo emerso che la Diem s.r.l. praticasse sconti generalizzati,

come indicato dal convenuto.

Pertanto nella ricostruzione contabile che verrà demandata al C.T.U. si dovrà tener conto soltanto

degli sconti eventualmente risultanti dalle fatture.

Osserva ancora il Tribunale che il documento n. 25) delle produzioni di parte convenuta, con il

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quale il Meloni dichiara di esonerare il Bitti da ogni e qualsiasi responsabilità in ordine alla

fornitura di ricariche telefoniche al signor Antonio Porcu, non può essere evidentemente

interpretato nel senso di legittimare il Bitti a porre in essere eventuali ammanchi di cassa in

dipendenza dalla predetta fornitura.

L’esonero di responsabilità è evidentemente dovuto al fatto che la consegna doveva avvenire non

a mani, bensì a mezzo di corriere privato, ragion per cui l’esonero aveva la funzione di non far

ricadere sul convenuto la mancata consegna della merce.

Per quanto attiene al periodo dal 30 maggio fino al 20 giugno 2007, nel quale il convenuto è stato

assente per congedo matrimoniale, tale assenza non può costituire una scusante, posto che, per

quanto sopra osservato, egli era comunque tenuto alla verifica della situazione contabile una volta

rientrato dal congedo.

Analogo discorso vale per quanto attiene al periodo di ferie estive godute durante il mese di

agosto 2007, in relazione al quale, peraltro, non sono stati neppure indicati i giorni esatti.

È invece fondato il rilievo circa l’esenzione da responsabilità del Bitti per il periodo

dall’11.9.2007 in poi.

Sul punto si osserva che il teste Basciu ha confermato la versione dei fatti fornita dal convenuto,

secondo cui egli non ha più avuto libero accesso agli uffici amministrativi della società, nei quali

operava l’impiegata Maria Virginia Loi.

Sulla situazione creatasi a partire dall’11.9.2007 il predetto testimone ha così risposto (verbale

ud. del 26.6.2015): “rispetto a prima quando potevamo entrare liberamente avendo le chiavi

dovevamo aspettare in una stanza dell’ufficio, compilare l’ordine delle schede da distribuire,

consegnarlo alla segretaria o al collaboratore e ci davano le schede; questo valeva per me e per

Stefano Bitti (…)”.

Lo stesso testimone ha confermato che lui ed il Bitti dovevano stare fuori dalla stanza e non

potevano entrare liberamente come facevano prima, e ancora che “per la consegna del denaro

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doveva essere presente la Loi, altrimenti non si entrava nell’ufficio”.

Il predetto testimone ha altresì confermato che la predetta impiegata era la sola ad usare il nuovo

software di contabilità di cui era l’unica a possedere la password.

Per quanto sopra esposto, il Bitti deve ritenersi responsabile degli eventuali ammanchi di cassa

per il periodo dal 1.1.2007 al 10.9.2007, posto che a partire dall’11.9.2007 in poi al medesimo

convenuto è stato impedito di poter esercitare i propri compiti di gestione.

La causa dovrà pertanto essere riportata sul ruolo istruttorio, dovendosi disporre C.T.U. al fine di

accertare la sussistenza dei denunciati ammanchi relativamente al periodo di tempo sopra

indicato.

A ciò si provvede come da separata ordinanza.

6. Trattandosi di sentenza non definitiva, ogni decisione in ordine alle spese processuali viene

rimessa all’esito definitivo del giudizio.

Parimenti, deve essere rimessa all’esito definitivo del giudizio ogni decisione in merito all’istanza

di revoca del sequestro conservativo disposto sui beni del convenuto con l’ordinanza del

28.12.2008, depositata in data 30.12.2008, emessa a conclusione del procedimento di reclamo n.

7920/2008 R.G..

P.Q.M.

Il Tribunale, non definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione,

così decide:

1) – non ammette i mezzi istruttori richiesti dal convenuto Stefano Bitti all’udienza del

26.6.2015;

2) – rigetta l’azione di responsabilità e la conseguente domanda di risarcimento del danno nei

confronti di Stefano Bitti con riferimento a tutte le condotte, a costui imputate, diverse dagli

ammanchi contabili;

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3) – riporta la causa sul ruolo istruttorio come da separata ordinanza, per la successiva trattazione

di essa dinanzi al giudice designato, dottor Andrea Bernardino;

4) – rimette all’esito definitivo del giudizio ogni decisione in merito alle spese di lite ed al

sequestro conservativo.

Così deciso in Cagliari il 22.6.2016.

La Presidente

Dott. ssa Maria Mura

Il giudice estensore

Dott. Andrea Bernardino

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