Date post: | 12-Mar-2016 |
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CAMPANIA
composta dai seguenti magistrati:
dott. Fiorenzo SANTORO Presidente
dott. Federico LUPONE Consigliere
dott. Rossella CASSANETII Referendario relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 61829 del registro di
Segreteria, instaurato a istanza della Procura Regionale della Corte dei
Conti per la Regione Campania nei confronti dei sigg.:
1. Giosuè DE ROSA, nato a Cardito (NA) il 27.02.1951 e residente a Casoria
(NA) in via Enrico Caruso n. 27, rappresentato e difeso, giusta procura a
margine della memoria di costituzione depositata in Segreteria il 29.10.2010,
dall'avv. William Esposito ed elettivamente domiciliato presso il suo studio
in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
2. Gaetano PICCOLELLA, nato ad Andretta (AV) il 28.07.1931 e residente a
Roma in via Marco Aurelio n. 31, rappresentato e difeso, giusta procura a
margine della memoria di costituzione depositata in Segreteria il 28.10.2010,
dagli avvocati Mario e Antonio D'Urso ed elettivamente domiciliato presso il
loro studio in Salerno alla via Arce n. 122;
3. Francesco RICCIARDI, nato a Roma il 11.10.1956 e residente in Salerno in
via Michelangelo Testa n. 8, rappresentato e difeso, giusta procura a margine
della memoria di costituzione depositata in Segreteria il 28.10.2010, dagli
avvocati Mario e Antonio D'Urso ed elettivamente domiciliato presso il loro
studio in Salerno alla via Arce n. 122;
4. Casoria Ambiente s.p.a., nella persona del legale rappresentante, nella
sede legale sita in Casoria (NA), Casa comunale, piazza Cirillo n. 10,
rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla copia notificata
dell'atto di citazione, dagli avvocati Antonio Sabino e Alessandro Lipani ed
unitamente ad essi elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv.
Lipani in Napoli alla via Ponte di Tappia n. 47;
VISTO l’atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa
Sezione Giurisdizionale il 22.02.2010;
VISTE le memorie di costituzione depositate presso la Segreteria di questa
Sezione Giurisdizionale dalle difese dei convenuti;
VISTI gli atti di giudizio;
CHIAMATA la causa nella pubblica udienza del giorno 18 novembre 2010, con
l’assistenza del segretario dr. Francesca Cerino, sentiti il relatore primo
referendario Rossella Cassaneti, gli avvocati Mario D'Urso e Alessandro
Lipani, nonchè il rappresentante del pubblico ministero in persona del Vice
Procuratore Generale dott. Antonio Buccarelli;
Ritenuto in
FATTO
Con citazione depositata presso questa Sezione Giurisdizionale il 22.02.2010
la Procura Regionale ha evocato in giudizio Giosuè DE ROSA, Gaetano
PICCOLELLA, Francesco RICCIARDI e la Casoria Ambiente s.p.a., per sentirli
condannare, ognuno per la parte che vi ha preso, al risarcimento in favore
del Comune di Casoria, del danno patrimoniale di € 1.713.132,97, derivato
secondo la prospettazione attorea dal mancato raggiungimento degli obiettivi
di legge riferiti alla raccolta differenziata dei rifiuti, il cui saldo
contabile negativo sarebbe addebitabile agli odierni convenuti in relazione
alla lacunosa ed inefficiente strategia di raccolta adottata da un soggetto
creato ed organizzato in forma imprenditoriale proprio per l’esecuzione di
tale servizio pubblico ed alla mancanza di controlli da parte dell’ente
comunale di riferimento, all’interno del quale era incardinata la società in
house Casoria Ambiente s.p.a. Invero, con convenzione n. rep. 636 del
29.04.2000 il Comune di Casoria ha affidato con decorrenza 01.05.2000 il
servizio di igiene urbana proprio alla “Casoria Ambiente” s.p.a., avente
capitale interamente pubblico in quanto costituita dal Comune di Casoria
(50,56%), da Italia Lavoro (23,71%), dal Consorzio GeoEco (25,23%) e dal
Comune di Casavatore (0,50%). Nel 2001, con separata postilla convenzionale
(rep. n. 698 del 13.8.2001) il servizio di raccolta è stato esteso anche alla
raccolta differenziata. Nonostante l'elevato ammontare delle spese sostenute
a vario titolo dal Comune di Casoria per l'effettuazione del servizio di r.d.
dei rifiuti, nel periodo 2004-2007 (considerato nell'atto introduttivo del
giudizio) sono stati raggiunti livelli di r.d. estremamente bassi, tant'è
vero che il Comune stesso ha dichiarato per il quadriennio in questione le
seguenti percentuali: 12,82% nel 2004, 14,95% nel 2005, 9,25% nel 2006, e
10,99% nel 2007. In citazione si precisa, altresì, che un terzo della
raccolta differenziata effettuata nel periodo in considerazione - e riguardo
lo specifico segmento operativo della carta e del cartone - è da attribuire
alla collaborazione di altro soggetto istituzionale deputato a tale attività,
il Consorzio di Bacino “Napoli 2”, sebbene il Comune di Casoria non si sia mai
servito sulla base di specifico accordo delle prestazioni di tale Consorzio,
neppure successivamente all’introduzione del regime precettivo di cui
all’art. 4 del D.L. n. 61 del 11.05.2007 (convertito in legge n. 87 del
05.07.2007) che obbligava i comuni ad avvalersi in via esclusiva dei
consorzio di bacino.
L'istruttoria è attivata dalla Procura a seguito della comunicazione e
pubblicazione dei dati ufficiali e dell’ulteriore crisi del ciclo integrato
dei rifiuti ha dimostrato, tra l'altro, che l'efficienza del sistema
specificamente inerente la r.d. non è incisa dalla gestione più o meno
carente del ciclo dei rifiuti, bensì incide significativamente su di essa,
nel senso sia dell’alleggerimento quantitativo e sia di un aumento marginale
del risultato qualitativo, con l'effetto conseguente della riduzione dei
costi del servizio.
In punto di diritto, il requirente ha, in primo luogo, descritto
analiticamente il quadro della disciplina (normativa e di attuazione) di
settore, dal d.lgs 22/1997 (cd. decreto Ronchi, confluito nel d.lgs.
152/2006), al DPR 158/1999, alle leggi n. 21/2006, n. 290/2006, n. 87/2007 e
n. 123/2008, nonchè alle varie OPCM ed ordinanze commissariali succedutesi
sull'argomento, per poi evidenziare come da tale quadro discenda che
l’attuazione di un’efficiente raccolta differenziata è un puntuale,
razionale, cogente, non derogabile e coerente obbligo di legge è oltre che
una evidente esigenza sociale ed ambientale e uno dei due perni (essendo
l’altro lo smaltimento/trattamento dei rifiuti) sui quali si fonda il ciclo
integrato dei rifiuti - delle amministrazioni comunali comunque ed a
prescindere dall’istituzione di organismi ed enti partecipi ed attuatori di
un sistema di raccolta più complesso e strutturato su compagini territoriali
più ampie ed omogenee
Nel caso di specie, la mancata attivazione nel Comune di Casoria di un
efficiente sistema di raccolta differenziata dei rifiuti nonostante
l'affidamento del relativo servizio ad un'impresa pubblica in house viene
ritenuta causa secondo l'avviso di parte attrice di due distinte fattispecie
di danno erariale di natura patrimoniale.
La prima fattispecie di nocumento è data dai mancati introiti a titolo di
corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata,
secondo un importo che si ottiene comparando anno per anno il reddito minimo
potenzialmente realizzabile in base alla legge con gli introiti
effettivamente incamerati per il conferimento presso i consorzi di filiera
del materiale stesso, per ogni singola frazione merceologica, quantificato
effettuando le opportune detrazioni in considerazione dell'apporto causale di
elementi oggettivi esterni nonchè dei costi elevati connessi allo smaltimento
della frazione umida - complessivamente in € 622.764,87 (€ 38.454,10 per il
2004, € 113.543,79 per il 2005, € 262.068,27 per il 2006 ed € 208.698,71 per
il 2007).
Il secondo pregiudizio è nel danno emergente determinato dai maggiori costi
sostenuti a titolo di tariffa smaltimento rifiuti per il conferimento presso
i C.D.R. di materiale che avrebbe potuto essere destinato proficuamente alla
raccolta differenziata per ogni singola annualità e che invece ha costituito
peso aggiuntivo da pagare, quantificato sempre previe opportune defalcazioni
- in complessivi €2.803.501,08 (€ 597.328,63 nel 2004, € 585.742,90 nel
2005, € 751.518,41 nel 2006 ed € 868.911,13 nel 2007). L'importo di €
3.426.265,95, risultante dalla somma tra le due suindicate voci di danno, è
stato ulteriormente rideterminato dal requirente, in sede di vocatio in ius
degli odierni convenuti, al fine di renderlo compatibile con tutte le
componenti concausali derivanti dall'incidenza dell'operato di altri soggetti
(p.es. Commissario Straordinario per l'Emergenza Rifiuti in Campania) e,
pertanto, ulteriormente ridotto del 50%, cioè ricalcolato in € 311.382,43
quanto alla prima voce di danno ed in € 1.401.750,53 quanto alla seconda voce
di danno, per la somma finale complessiva di € 1.713.132,97.
Secondo l'avviso della procura attrice, del complessivo nocumento dovrebbero
rispondere per la misura di un quarto di esso, i convenuti appartenenti
all'epoca dei fatti all'amministrazione comunale del Comune di Casoria, ed
ancor più specificamente per il 2004 ed il 2005 Giosuè DE ROSA e per il 2006-
2007 Gaetano PICCOLELLA e Francesco RICCIARDI (ognuno per la parte che ha
preso nella determinazione dell'esborso illecito). Per la restante parte, il
danno pubblico sopra descritto e quantificato dovrebbe essere ascritto alla
Casoria Ambiente s.p.a., in quanto essa, pur costituendo un'entità dotata di
propria autonomia decisionale nettamente distinta da quella del Comune di
Casoria (socio di maggioranza), ha accettato convenzioni ineseguibili, ha
subito iniziative contrarie a contratti stipulati e ratificati e non ha mai
posto in essere le misure legittime di tutela contrattuale, cioè non ha mai
fatto ricorso pur dovendo farlo in ragione sia della propria strutturazione
in forma privatistica e sia dell'affidamento in gestione di fondi e servizi
pubblici - a drastici modelli contrattuali ed industriali semmai
contrapponendosi al socio contraente di maggioranza.
Si sono costituiti in giudizio, con memoria depositata il 28.10.2010 per il
tramite dei difensori incaricati Mario e Antonio D'Urso, i convenuti Gaetano
PICCOLELLA e Francesco RICCIARDI, che hanno pregiudizialmente eccepito la
nullità (degli atti istruttori e) dell'atto di citazione ai sensi dell'art.
17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009 conv. in L. 102/2009, mod. dall’art. 1 ,
D.L. n. 103/2009, conv. in L. 141/2009, nonchè per inesistenza del rilevato
danno erariale stante la copertura integrale del servizio di raccolta e
smaltimento dei rifiuti solidi urbani mediante la tariffa RSU gravante sui
cittadini, ai sensi dell'art. 61 d.lgs. 507/1993 e, comunque, per inesistenza
nell'attuale quadro normativo di un sistema sanzionatorio a carico degli
amministratori locali che non realizzino le percentuali minime di r.d. dei
rifiuti, cioè in buona sostanza - in ragione del principio secondo cui i
maggiori oneri connessi al servizio di smaltimento RSU e gli incentivi
premiali non incidono, in senso negativo o positivo, sul bilancio dei Comuni
interessati, poichè al precetto consistente nel raggiungimento degli
obiettivi minimi di raccolta differenziata corrisponde nell'attuale sistema
normativo la sanzione economica consistente nell'integrale copertura del
servizio gravante sui cittadini inadempienti. In via preliminare di merito,
PICCOLELLA e RICCIARDI hanno rilevato la prescrizione dell'azione di
responsabilità amministrativo contabile con riferimento al primo bimestre
2004, in quanto la notifica dell'invito a dedurre è avvenuta il 25.02.2009.
In punto di merito, hanno in primo luogo evidenziato l'insussistenza del
nesso di causalità tra il danno erariale rilevato dal requirente e le
rispettive condotte tenute in qualità di commissario straordinario e
componente della commissione prefettizia, avendo essi ricoperto tali
incarichi per un limitato periodo di tempo ed in un contesto ambientale
dominato da consolidate situazioni d'illegalità e dunque difficile e
rischioso; in secondo luogo, hanno rilevato l'incontestabilità ad essi
deducenti dell'elemento soggettivo della colpa grave, visto che la soluzione
dei problemi esistenti nel rapporto Comune di Casoria Casoria Ambiente
s.p.a. da attribuire proprio a PICCOLELLA ed in particolare a RICCIARDI, il
quale assunse nel 2007 l'incarico di presidente c.d.a. della predetta società
in house. Sul punto, hanno concluso per il rigetto della domanda attorea,
chiedendo nel contempo che si tenga conto dei vantaggi perseguiti dalla
comunità amministrata per effetto dell'istituzione e dello svolgimento del
servizio di r.d. e che comunque, nel caso di condanna, si faccia applicazione
del potere riduttivo nella misura massima.
Si è poi costituita, con memoria presentata il 29.10.2010 con il patrocinio
degli avvocati Alessandro Lipani e Antonio Sabino, la Casoria Ambiente
s.p.a., la quale ha pregiudizialmente eccepito il difetto di giurisdizione
contabile nei confronti della società medesima in quanto società in house (con
capitale interamente facente capo al Comune di Casoria) soltanto a partire
dal 2008; sempre in via pregiudiziale, ha rilevato la nullità (degli atti
istruttori e) dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 17, comma 30 ter,
D.L. n. 78/2009 conv. in L. 102/2009, mod. dall’art. 1 , D.L. n. 103/2009,
conv. in L. 141/2009, nonchè l'inammissibilità dell'atto introduttivo del
giudizio perchè emesso dopo la scadenza del termine di legge di 120 giorni;
in via preliminare di merito, ha eccepito la prescrizione dell'azione di
responsabilità amministrativo-contabile con riferimento al primo bimestre
2004, in quanto la notifica dell'invito a dedurre è avvenuta il 04.03.2009.
In punto di merito, la Casoria Ambiente s.p.a. ha evidenziato, premessa
un'articolata ricostruzione fattuale e giuridica della fattispecie all'esame
del Collegio, la mancanza in essa di tutti gli elementi costitutivi
dell'illecito amministrativo-contabile: in primo luogo, del danno pubblico,
perchè la r.d. dei rifiuti non rappresenta un vero e proprio obbligo a tenore
delle disposizioni normative che l'hanno introdotta e regolata ma più che
altro un precetto di carattere generale; in secondo luogo, del nesso di
causalità, non avendo la Casoria Ambiente s.p.a. alcun obbligo istituzionale
(e fino ad una certa data nemmeno contrattuale e successivamente solo per una
certa percentuale) in ordine al servizio di che trattasi, rimesso
principalmente ai Comuni; in terzo luogo, dell'elemento soggettivo della
colpa grave, del resto già escluso dalla Procura attrice per tutti i soggetti
aventi posizioni dirigenziali all'interno della società convenuta e
palesemente insussistente per la società medesima in ragione della copiosa
attività compiuta dalla Casoria Ambiente s.p.a. per contrastare la gravissima
situazione emergenziale a dispetto delle scarse risorse economiche, della
mancanza di programmazione pluriennale e dell'azione quasi ostruzionistica
del Comune di Casoria, tutti elementi per contro gravemente e negativamente
incidenti sull'efficacia del servizio di r.d. dei rifiuti. Infine, la
convenuta società ha contestato sia la sussistenza del danno erariale
potendo i costi connessi al servizio di smaltimento RSU incidere non sul
patrimonio pubblico ma sulla tariffa di raccolta e smaltimento dei rifiuti
urbani gravante sui cittadini e sia la sua quantificazione così come operata
dal requirente, per una sottostima della quantità di frazione umida da
considerare e per la mancata considerazione dei costi connessi
all'attivazione del servizio di raccolta differenziata. Per tutto quanto
rilevato in punto di merito, la Casoria Ambiente s.p.a. ha chiesto il proprio
proscioglimento da ogni addebito; in subordine, ha fatto istanza di
applicazione del potere riduttivo nella misura massima.
Il convenuto Giosuè DE ROSA si è a sua volta costituito, per il tramite del
difensore incaricato avvocato William Esposito, con memoria presentata in
data 29.10.2010. Pregiudizialmente, ha eccepito la nullità dell'atto di
citazione per mancata indicazione delle specifiche contestazioni mosse al
convenuto DE ROSA. In via preliminare di merito, ha eccepito la prescrizione
dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile con riferimento al
primo bimestre 2004, in quanto la notifica dell'invito a dedurre è avvenuta
il 21.02.2009. In punto di merito, ha osservato quanto segue: 1. il danno
erariale va sensibilmente ridotto nel suo ammontare, rispetto alla
prospettazione offerta dal requirente, perchè va tenuto conto della notevole
percentuale (rispetto al totale dei rifiuti) della frazione organica, il cui
smaltimento si è prospettato estremamente costoso soprattutto a causa della
mancanza di impianti di compostaggio sul territorio regionale; 2. manca il
nesso di causalità tra la condotta del DE ROSA ed il preteso danno erariale
in ragione della disposizione recata dall'art. 107 d.lgs. 267/2000,
sostanzialmente riproduttiva di quella contenuta nell'art. 51 legge 142/1990,
cioè perchè la tenuta dei rapporti con la Casoria Ambiente s.p.a. rientrava
nella competenza gestionale esclusiva del Dirigente di Settore, nonché per il
fatto che la mancata attuazione della r.d. dei rifiuti va addebitata in
maniera esclusiva alla Casoria Ambiente s.p.a.; 3. non è ravvisabile la colpa
grave del DE ROSA, perchè la costituzione della società in house preposta
allo svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti urbani è stata
necessitata dalla mancata trasformazione in s.p.a. del Consorzio di bacino
“Napoli 2” nel cui distretto di competenza rientra il Comune di Casoria, alla
Casoria Ambiente s.p.a. sono state mosse tutte le dovute contestazioni per le
sue inadempienze convenzionali ed il contesto ambientale ed organizzativo in
cui il DE ROSA operava era estremamente difficile, tant'è vero che il Comune
è stato commissariato nel 2005 per infiltrazioni di tipo camorristico e che è
comunque la percentuale del 35 % di r.d. non è stata in effetti raggiunta da
nessun comune campano. Sul punto, ha dunque concluso per il proprio
proscioglimento nel merito e, in subordine ed in via estremamente gradata,
per l'applicazione del potere riduttivo.
In data 17.11.2010 la difesa di PICCOLELLA e RICCIARDI ha presentato memoria
integrativa, in cui è stata fatta pregiudiziale istanza d'integrazione del
contraddittorio con la chiamata in causa del Commissario Straordinario di
Governo per l'emergenza rifiuti e dei Presidenti p.t. del Consorzio di Bacino
NA2. Nel merito, è stato posto in evidenza che, in ragione della disposizione
recata dall'art. 3, comma l C-ter, D.L. n. 543/1996, convertito in legge n.
639/1996, essi sono esenti da censura, avendo approvato integralmente, con le
delibere n. 158/2006 e n. 90/2007, per gli anni 2006 e 2007, la TARSU, la
relazione tecnico-finanziaria come elaborata dall'Ing. Aniello Scafuto
(Dirigente del Settore Ambiente del Comune di Casoria) e il piano di
investimento redatto dai tecnici della Casoria Ambiente s.p.a. Inoltre, è
stata prodotta documentazione allegata a testimonianza degli interventi
svolti dalla Commissione prefettizia insediata presso il Comune di Casoria
nel 2005-2008 per contrastare la situazione emergenziale riguardante il
prelievo e lo smaltimento dei rifiuti giacenti nelle strade comunali.
Nella pubblica udienza odierna il P.M. ha evidenziato, in primo luogo, che
non può ravvisarsi nullità degli atti istruttori compiuti dall'ufficio
requirente, in quanto la notitia damni è stata desunta da atti ufficiali e
che non vi è alcun elemento ostativo a radicare la giurisdizione contabile nei
confronti della società Casoria Ambiente s.p.a., rispondente ad uno dei
possibili modelli di gestione del servizio pubblico ed evocabile in giudizio
quale persona giuridica in ragione della progressiva eliminazione dal nostro
sistema giuridico (operata a partire dal D.L. 231/2001 sino alla legge
122/2010) del principio secondo cui societas delinquere non potest, nonchè in
ragione della sussistenza nel caso di specie di quel “difetto di
organizzazione” che integra l'elemento psicologico dell'illecito commesso
dalle persone giuridiche, appunto; inoltre è sempre con riferimento al
profilo della sussistenza della giurisdizione contabile nei confronti di
Casoria Ambiente s.p.a. - ha posto in rilievo, in sede di replica, che si
deve ritenere o che siano rimaste violate nella fattispecie le regole che
disciplinano l'evidenza pubblica oppure che si tratta di soggetto
sottoponibile alla giurisdizione della Corte dei conti perchè gestore di un
servizio pubblico essenziale. Sotto il profilo del nesso di causalità, ha
sottolineato la necessità di individuare gli apporti concausali alla
determinazione del danno erariale derivante dalla mancata raccolta
differenziata: per il caso di specie, ha espresso parere favorevole
all'applicazione del potere riduttivo, entro certi limiti, per i soli
convenuti PICCOLELLA e RICCIARDI, membri di un'amministrazione comunale
straordinaria. Con riferimento al preteso “azzeramento” del danno pubblico da
mancata raccolta differenziata mediante l'applicazione della T.A.R.S.U., il
P.M. di udienza ha infine rilevato che quest'ultima non ha con tale esborso
alcuna relazione, perchè trattasi di un servizio non effettuato e perchè vi è
totale disomogeneità tra la tassa in questione e il costo qui considerato,
che è straordinario ed imprevedibile, così come altri enormi costi sostenuti
dal Comune di Casoria per fronteggiare la situazione emergenziale e che non
sono oggetto di contestazione nel presente giudizio.
L'avv. Mario D'Urso, reiterando e meglio specificando le deduzioni e le
istanze difensive scritte, ne ha confermato le conclusioni, evidenziando in
particolare che la nullità degli atti istruttori deriva a suo avviso dal
fatto che l'odierna pretesa risarcitoria deriva da un'indagine cd. “a
tappeto”, che i suoi assistiti (PICCOLELLA e RICCIARDI) hanno operato con
impegno facendo programmazione, approvando la T.A.R.S.U. mediante la quale
ricoprire tutti i costi relativi alla raccolta dei rifiuti e promuovendo un
accordo con la società pubblica incaricata del servizio nonostante avessero
di fronte un soggetto (la Casoria Ambiente s.p.a.) pesantemente
“caratterizzato” sul piano penale.
L'avvocato Alessandro Lipani, infine, ha pregiudizialmente insistito
nell'istanza di nullità degli atti istruttori e nell'eccezione di difetto di
giurisdizione contabile nei confronti di Casoria Ambiente s.p.a., che in
quanto società non in house ma mista è espressamente sottratta alla
giurisdizione della Corte dei conti, concludendo sul punto per la sospensione
del giudizio con rimessione degli atti alle SS.RR. di questa Corte per la
soluzione di questione di massima; nel merito, ha ribadito e chiarito le
argomentazioni presentate per iscritto, confermandone le conclusioni.
Considerato in
DIRITTO
1. Il Collegio deve anzitutto pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla
domanda d'integrazione del contraddittorio avanzata dalla difesa dei
convenuti PICCOLELLA e RICCIARDI con riferimento al Commissario Straordinario
di Governo per l'emergenza rifiuti ed ai Presidenti p.t. del Consorzio di
Bacino NA2, atteso che trattasi di questione che investe il regolare
instaurarsi del rapporto processuale.
Sul punto, deve evidenziarsi che a seguito delle innovazioni legislative
all'istituto della responsabilità amministrativa recate dalla legge 14
gennaio 1994 n. 20, come poi modificata dalla l. 20 dicembre 1996, n. 639,
con l'introduzione del principio della personalità e parziarietà in luogo di
quello previgente della solidarietà (fatta eccezione soltanto per il caso del
dolo con illecito arricchimento), al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio
necessario di cui all'art. 102 c.p.c. - che presuppone l'unicità e
l'inscindibilità del rapporto giuridico sostanziale - l'integrazione
cosiddetta “facoltativa” del contraddittorio (artt. 107 c.p.c. e 47 R.D. n.
1038 del 1933) è rimessa alla valutazione di opportunità del Collegio ove si
versi in una fattispecie di comunanza di cause, cioè quando dall'impianto
accusatorio (ed entro i limiti dallo stesso imposti, ai sensi dell'art. 112
c.p.c.) emergano condotte autonome di terzi che abbiano potuto incidere sul
processo di causazione del danno, sovrapponendosi o unendosi alla condotta
degli evocati in giudizio, in tal modo rendendosi opportuna la loro chiamata
per ragioni di economia processuale, anche al fine di evitare conflitto di
giudicati (cfr. solo alcune fra le più recenti pronunce sul punto: Sezione
Giurisdizionale Campania, sentenza n. 1135/2007; Sezione III Centrale,
sentenza n. 419/2007; Sezione II Centrale, sentenza n. 234/2007; Sezione
Giurisdizionale Umbria, sentenza n. 223/2007).
In ogni caso, la Sezione può attribuire ai soggetti convenuti esclusivamente
la quota di danno agli stessi imputabile, secondo quanto previsto dall'art. 1
quater della legge n. 20 del 1994, che impone al giudice contabile,
nell'ipotesi di danno determinato da più persone, di valutare le singole
responsabilità e condannare “ciascuno per la parte che vi ha preso”.
Orbene, nel caso in esame la domanda risarcitoria risulta promossa con
l'intera intestazione del debito erariale ai soli convenuti.
Spetta al Collegio, pertanto, stabilire, non più se vi siano i presupposti
per la chiamata in giudizio anche dei soggetti indicati è oltretutto in modo
piuttosto generico - dalla difesa PICCOLELLA-RICCIARDI, bensì pronunciarsi
nel merito della riferibilità a costoro (ed agli altri convenuti)
dell'integrale somma riportata nell'atto introduttivo del giudizio, ovvero di
altra somma che costituisca (eventualmente) danno erariale in rapporto alle
condotte tenute come fonti della singola responsabilità nel senso indicato
dalla legge.
Per quanto dianzi esposto, la richiesta d'integrazione del contraddittorio
deve essere respinta.
2. Il Collegio deve - sempre pregiudizialmente - farsi carico dell'esame
dell'eccezione, sollevata dalla Casoria Ambiente s.p.a., di difetto di
giurisdizione della Corte dei conti nei confronti della medesima società,
motivata dal fatto che quest'ultima è divenuta soltanto nel 2008 propriamente
in house, in quanto da tale momento avente capitale interamente facente capo
al Comune di Casoria.
In realtà come ben noto – l’affidamento in house è un modello organizzativo
mediante il quale la pubblica amministrazione reperisce prestazioni a
contenuto negoziale non già sul mercato bensì al proprio interno, servendosi
di un proprio ente strumentale, da essa giuridicamente distinto sul solo
piano formale. Come ripetutamente chiarito dalla Corte di Giustizia delle
Comunità Europee (V., ad es., C.G.C.E., 18.11.1999, C-107/98, Teckal, inter
alia; C.G.C.E., 17.07.2008, C-371/05, Commissione c. Italia), affinchè simili
affidamenti non contrastino con il diritto comunitario, è necessario il
soddisfacimento di due condizioni, sinteticamente definite 'controllo
analogo' e 'destinazione prevalente dell’attività'. Per 'controllo analogo'
si intende la circostanza in forza della quale l’amministrazione pubblica,
che è un’amministrazione aggiudicatrice, esercita sull’ente giuridicamente
distinto di cui trattasi un controllo analogo a quello che ha sui propri
servizi, mentre con l’espressione 'destinazione prevalente dell’attività' si
intende che siffatto ente svolge la parte più importante della propria
attività con l’ente o gli enti pubblici che lo detengono.
Invero, la fattispecie societaria di che trattasi è prevista dall'art. 133,
d.lgs. 267/2000, che al comma 4, lett. a), dispone: “Qualora sia separata
dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli
impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma
associata, si avvalgono: a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di
società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico
cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti
pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo
analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la
parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici
che la controllano. Poichè la disposizione appena riportata discorre
espressamente di enti pubblici titolari del capitale sociale”, appare di
tutta evidenza che è contrariamente a quanto sostenuto da Casoria Ambiente
s.p.a. - non occorre che la società in house providing possieda il capitale
di un unico ente pubblico per essere definita come tale, potendo anzi
senz'altro venire costituita da più partners pubblici.
Ciò chiarito, va ora ricordato che dopo una lunga evoluzione
giurisprudenziale, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che è sempre
il danno subito dal pubblico erario il presupposto obiettivo del
riconoscimento della giurisdizione del giudice contabile; ma il danno,
nell'elaborazione giurisprudenziale della Corte regolatrice, ha acquistato
un’identità più complessa e variegata, per cui danno al pubblico erario non è
solo quello che si traduce in una diretta perdita patrimoniale materiale, ma
anche quello che si concretizza nella mancata realizzazione del fine per il
quale le risorse del soggetto pubblico erano state dapprima stanziate e poi
erogate. E lo sviamento dall’interesse pubblico comporta la responsabilità di
chiunque (anche soggetto privato individuale o persona giuridica) con il
proprio comportamento (doloso o gravemente colposo) abbia pregiudicato (con
vantaggio personale o meno) la realizzazione del fine pubblico.
E’ questa, la c.d. funzionalizzazione pubblica dell’attività di gestione che
rende anche il soggetto privato compartecipe diretto e fattivo di attività
istituzionali pubbliche e, conseguentemente, responsabile del danno ingiusto
inferto al patrimonio di una pubblica amministrazione.
Quindi, l’affidamento da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno, da
esso controllato o ad esso collegato, della gestione di un servizio pubblico
“integra una relazione funzionale fondata sull’incardinamento dello stesso
soggetto esterno nella organizzazione istituzionale e funzionale dell’ente
pubblico. Ne consegue, in tal modo, la soggezione alla cognizione
giuscontabile per il danno erariale, indipendentemente dalla natura privata
dello stesso soggetto e dello strumento negoziale mediante il quale si sia
costituito e perfezionato il rapporto” (Sez. Giur. Lazio, sentenza n.
1990/2010).
L’orientamento giurisprudenziale inaugurato dalle SS.UU. Della C. Cass. con la
sentenza n. 26806/09, poi confermato in successive pronunce (fino alle più
recenti nn. 519/10, 16286 e 16287/10), non ha eliminato il concetto di
'funzionalizzazione' ai fini dell’individuazione dei casi in cui il danno
provocato sia ricollegabile all’ente pubblico partecipante al capitale
sociale, con conseguente sottoposizione alla giurisdizione contabile. Si
vuole, in sostanza, riaffermare che in tutti i casi in cui la società mista
operi per una finalità pubblica propria del soggetto pubblico partecipe del
capitale sociale è sempre il patrimonio di quest’ultimo che viene inciso
ogniqualvolta la perdita afferisca alle risorse pubbliche impiegate nella
specifica attività imprenditoriale nell’attuazione della quale si è prodotto
il danno. La mancata realizzazione del fine pubblico per il quale le risorse
finanziarie vengono erogate alla società mista costituiscono sempre un danno
all’erario, ancorchè tali risorse entrino a far parte delle disponibilità
della società. E' soltanto quando il danno deriva da attività industriali o
commerciali non aventi finalità pubbliche che, non affiorando alcun interesse
generale ma solo quello tipico della gestione caratteristica della società e
del suo fine lucrativo, l’eventuale danno incide esclusivamente sul
patrimonio della società e giustifica il riconoscimento della giurisdizione
ordinaria davanti alla quale esercitare le azioni di responsabilità
disciplinate dal codice civile.
Per quanto sin qui considerato, l’eccezione di difetto di giurisdizione
risulta priva di fondamento per due ordini di motivi: in primo luogo, perchè
la Casoria Ambiente s.p.a. è una società a capitale interamente pubblico
specificamente costituita per il raggiungimento di fini pubblici e, in
secondo luogo, perchè il presente giudizio è stato promosso per il ristoro
del pregiudizio patrimoniale sofferto esclusivamente dal Comune di Casoria.
Inoltre, come giustamente posto in rilievo dal P.M. di udienza, con il cd.
“sistema 231” - cioè con l'entrata in vigore del d.lgs. 231/2001 - il
legislatore nazionale ha voluto allontanare definitivamente lo spettro
dell’antico brocardo latino “societas delinquere non potest”: è stato,
infatti, introdotto il principio della “responsabilità amministrativa
dipendente da reato” delle persone giuridiche nell’ipotesi di reato commesso
dai vertici dell’Ente o dai soggetti ad essi sottoposti. In particolare,
oltre all’affermazione del coinvolgimento delle società sul piano della
responsabilità sostanzialmente penale e delle conseguenti e pesanti risposte
sanzionatorie, l’altra grande novità del d.lgs. n. 231/2001 sull’esempio del
modello americano dei compliance company programs aziendali è stata
l’introduzione dei modelli di organizzazione e gestione, alla cui adozione ed
efficace attuazione all’interno dell’ente il legislatore ha riconosciuto
un’efficacia esimente. Attualmente, infatti, comportamenti illeciti quali le
frodi, il riciclaggio, la corruzione e soprattutto la lesione di nuovi beni
giuridici super-individuali (quale ad esempio l’ambiente) sono compiuti da
persone giuridiche. Pertanto, il principio che per effetto dell'evoluzione
innescata dal d.lgs. 231/2001 oggi prevale nel nostro ordinamento, è quello
secondo cui “societas saepe delinquit”. Da ciò, la disciplina della
colpevolezza e della colpa di organizzazione contenuta negli artt. 6 e 7 del
d.lgs. 231/2001, a tenore dei quali l’ente deve adottare ed efficacemente
attuare, prima della commissione del reato, i modelli di organizzazione al
fine di ottenere l’esclusione della responsabilità.
Quindi, posta la possibilità di evocare in giudizio la società pubblica ex se
quale titolare autonoma di responsabilità amministrativo-contabile, risulta
altresì fondata l'ulteriore osservazione svolta sul punto dal P.M. di
udienza, secondo cui delle due l'una: o si deve ritenere che siano rimaste
violate nella fattispecie le regole che disciplinano l'evidenza pubblica
oppure deve pervenirsi alla conclusione che il Collegio condivide - che la
Casoria Ambiente s.p.a. è soggetto sottoponibile alla giurisdizione della
Corte dei conti perchè gestore di un servizio pubblico essenziale.
Di conseguenza, anche l'istanza di sospensione del giudizio con remissione
degli atti alle SS.RR. di questa Corte per la risoluzione della prospettata
questione, avanzata nel corso della pubblica udienza dall'avv. Alessandro
Lipani, deve essere rigettata, unitamente alla sollevata eccezione di difetto
di giurisdizione contabile.
3. Venendo ora all'esame dell'eccezione di nullità degli atti istruttori e
dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009
conv. in L. 102/2009, mod. dall’art. 1 , D.L. n. 103/2009, conv. in L.
141/2009 è sollevata dalle difese di PICCOLELLA e RICCIARDI e di Casoria
Ambiente s.p.a. - va rilevato che la Procura ha avviato l'indagine che ha
condotto all'apertura del presente giudizio sulla base dei dati rappresentati
nell'adeguamento del piano regionale dei rifiuti approvato dal Commissario di
governo per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania con ordinanza n. 77
del 10 marzo 2006, pubblicata in G.U. - Suppl. Ord. - n. 70 del 24.03.2006
(cfr. nota istruttoria prot. n. GN/140789 del 06.02.2007, all. n. 2 al
fascicolo di Procura).
Orbene, la Sezione ha già provveduto a respingere eccezione del tutto
identica con vari provvedimenti, fra i quali si ritiene di menzionare in
questa sede, in particolare, l'ordinanza n. 395/2009, depositata in data
19.11.2009, in cui si è conclusivamente osservato che “l’attività istruttoria
posta in essere dalla Procura regionale ..., il conseguente invito a dedurre
e atto di citazione proprio perchè sono stati originati dalla segnalazione -
conoscenza di un fatto specifico e concreto - costituente, ove se ne
riscontri l'esattezza, un danno erariale non possono ritenersi affetti da
alcun vizio di nullità ai sensi dell’art. 17, comma 30 ter, del decreto
legge 1/7/2009, n. 78, conv. in legge 3/8/2009, n. 102, e smi”.
Da tali conclusioni, già formulate dalla Sezione in ordine a rilievi
difensivi del tutto sovrapponibili a quelli dedotti nell'odierno giudizio sul
punto, il Collegio non intende discostarsi, stante l'assoluta condivisibilità
delle conclusioni precedentemente riportate, con la conseguenza che
l'eccezione in esame deve senz'altro essere ritenuta priva di fondamento
giuridico.
4. Va ora esaminata l'eccezione è sollevata da Casoria Ambiente s.p.a. -
d'inammissibilità dell'atto di citazione perchè depositato oltre la scadenza
del termine previsto dall'art. 5, comma 1, del d.l. 15 novembre 1993 n.453,
convertito in legge 14 gennaio 1994 n. 19, come sostituito dall'art. 1, comma
3 bis, del d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996,
n. 639 (120 giorni a loro volta decorrenti dalla scadenza del termine, nella
specie sessanta giorni, assegnato nell'invito a dedurre e decorrente dalla
data della notifica di esso per la presentazione delle controdeduzioni).
Sul punto, occorre premettere che le Sezioni Riunite della Corte dei Conti,
con orientamento che il Collegio condivide appieno, hanno affermato che il
momento giuridicamente rilevante ai fini dell'esercizio dell'azione, entro la
sequenza temporale imposta dal legislatore, va individuato con riferimento
alla data in cui l'atto di citazione viene depositato presso la segreteria
della Sezione adita, essendo questo il momento che giuridicamente ne segna
l'”emissione” (sentenza n. 18/QM/1998 del 27 maggio-4 agosto 1998).
Con riferimento al dies a quo del predetto termine nel caso di pluralità
d'invitati, le SS.RR. di questa Corte hanno affermato, nella sentenza n.
1/2005/QM ormai uniformemente applicata e condivisa anche dalle Corti di
merito, che gli aspetti strutturali e di garanzia del soggetto indagato e
quelli incidenti sulla completezza della fase istruttoria, potessero essere
entrambi soddisfatti attraverso l'applicazione della disposizione contenuta
nell'art. 7, comma 3, del r.d. n. 1038 del 1933, a tenore della quale “quando
nello stesso procedimento siano più i convenuti, vale per tutti il termine
maggiore”, in quanto norma funzionale all'esigenza di garantire, nel solo
caso di pluralità di presunti corresponsabili del medesimo danno pubblico,
esattamente individuati nell'invito a dedurre loro contestualmente
comunicato, la valutazione unitaria e comparata delle relative posizioni. Per
le altre ipotesi, invece, ivi compresa quella in cui eventuali
corresponsabili vengano individuati solo successivamente, le Sezioni Riunite
hanno ritenuto di confermare il precedente orientamento espresso nella
sentenza n. 13/2003/QM, ovvero quello di ancorare il dies a quo del termine
di centoventi giorni dalla data di notifica di ciascun invito a dedurre.
Orbene, nella fattispecie in esame la data di notifica dell'ultimo invito è
il 27.06.2009 (Fiora FASANO). Pertanto, l'atto di citazione avrebbe dovuto
essere depositato il 08.02.2010, termine di originaria scadenza. Senonchè,
l'Ufficio di Procura ha depositato in Segreteria il 02.10.2009 istanza di
proroga del termine medesimo, ottenendone il pieno accoglimento, con
l'assegnazione di ulteriori 120 giorni per l'emissione dell'atto di
citazione, decorrenti dall'originaria scadenza (decreto n. 14/09, depositato
in Segreteria il 12.11.2009: all. n. 8 al fascicolo di Procura). Dunque
l'eccezione va senz'altro respinta, essendo l'atto di citazione stato emesso
in data 22.02.2010, cioè ben prima della scadenza del termine utile
(08.06.2010).
5. Riguardo il rilievo d'inammissibilità dell'atto di citazione per
genericità delle contestazioni mosse dalla Procura al convenuto DE ROSA, Il
Collegio ritiene che anche l'eccezione in parola sia priva di fondamento
giuridico.
Si deve osservare, in proposito, che l’art. 1 del R.D. n. 1038/33 richiede,
quali elementi oggettivi dell’atto introduttivo “la esposizione dei fatti e
la qualità nella quale furono compiuti, l'oggetto della domanda e
l'indicazione dei titoli su cui è fondata” mentre l’art. 163 c.p.c., -
evocabile a fini di integrazione ex art. 26 del medesimo R.D. n. 1038/33 -
con norma sostanzialmente sovrapponibile” richiede, a pena di nullità, 3) la
determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e
degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le
relative conclusioni”.
Se ne deduce che l’editio actionis è vulnerata, nella sua esigenza di
assicurare un compiuto diritto di difesa, da un’insufficiente determinazione
dell’oggetto della domanda, ossia di petitum e di causa petendi, di modo che
vi sia assoluta incertezza sugli elementi identificatori del diritto fatto
valere.
Tale verifica, però, deve effettuarsi, da parte del Giudice, attraverso un
esame complessivo dell’atto introduttivo e dei documenti allegati (cfr. Cass.
Sez. I Civ., sentenza n. 17023/03) con la conseguenza che una valutazione in
termini di nullità/inammissibilità della pretesa può essere fatta solo
allorchè l’oggetto sia “assolutamente” incerto, tale da ledere il diritto
costituzionale all’approntamento di un’adeguata ed informata difesa.
Nel caso di specie l’opera di verifica non consente di poter formulare una
pronuncia nel senso richiesto dalla difesa del DE ROSA.
L'atto introduttivo del giudizio, infatti, delinea con chiarezza espositiva,
indicazione esaustiva dei fatti contestati, articolata deduzione dei motivi
di diritto, la domanda risarcitoria, sicchè la stessa si presenta come
prospettazione lucida, coerente ed appagante sia dell’oggetto di
contestazione del P.M., sia delle ragioni che sono alla base delle censure
mosse ai soggetti evocati in giudizio.
Poichè, inoltre, la congrua ed esaustiva esposizione degli elementi probatori
offerti alla valutazione del Collegio al fine di verificare la sussistenza
nella concreta fattispecie di tutti gli elementi dell'illecito amministrativo
contabile contestato attengono notoriamente al merito della medesima
questione, le osservazioni sin qui svolte depongono per un’infondatezza della
doglianza formulata, che va perciò disattesa.
6. Per quanto ora riguarda l'eccezione di prescrizione sollevata da tutti i
convenuti, da esaminare in via preliminare di merito riguardo la questione
prospettata dalla Procura per l'azionato danno patrimoniale materiale, si
osserva quanto segue.
In base alla legislazione vigente in materia di responsabilità
amministrativo-contabile (art.1, comma 2, della legge n. 20/1994) il diritto
al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni decorrenti
dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di
occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta. Quindi, non è
sufficiente a dare inizio al periodo prescrizionale, il semplice compimento
di una condotta trasgressiva degli obblighi di servizio. Tale assunto
discende in maniera evidente dalla lettura sistematica dell'art. 1 della
legge n. 20/1994 sopra richiamato (che parla di “fatto” dannoso), coordinata
con il fondamentale principio dell'art. 2935 del c.c., secondo cui "la
prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto
valere".
La giurisprudenza di questa Corte, nel solco della pronuncia delle Sezioni
Riunite (n. 63/96/A del 03.07.1996) che, richiamando la regola generale
recata dall’art. 2935 cod. civ., ha stabilito che ai fini della decorrenza
della prescrizione non è “sufficiente il compimento della condotta illecita”
ma occorre un “evento dannoso avente i caratteri della concretezza e
dell’attualità (da ultimo, SS.RR. n. 5/QM del 2007), ha più volte ribadito
che l'exordium praescriptionis va fissato al momento della conoscibilità
dell'evento dannoso da parte della pubblica amministrazione, conoscibilit�
che deve essere valutata facendo riferimento sia alle norme ed alla prassi
amministrativa che disciplinano l'attività nella quale è stato posto in
essere il comportamento illecito, sia alla concreta percezione dell'esistenza
del danno, in quei casi in cui la manifestazione dello stesso non sia
immediata ed evidente (nello stesso senso, cfr., a mero titolo
esemplificativo, Sez. I Centrale, sentenza n. 28/2002).
E’ evidente, alla luce di tale principio che, nei casi concreti, il momento
in cui l’Amministrazione è posta nelle condizioni di esercitare la pretesa
risarcitoria può essere temporalmente anche molto distante dall’evento
dannoso.
Nel caso in esame, il depauperamento erariale su cui si fonda l'azione
attorea concerne il danno determinato dai mancati introiti derivanti dalla
vendita del materiale oggetto di r.d. e dalla spesa sostenuta per la tariffa
di smaltimento del “tal quale” nel Comune di Casoria nel periodo 2004-2007.
Ora, l'invito a dedurre è stato notificato ai convenuti - come già in
precedenza evidenziato - tra il 21.02.2009 ed il 04.03.2009, con la
conseguenza che si potrebbe considerare estinta l'azione risarcitoria
esperita nei loro confronti soltanto, tutt'al più, con riferimento al periodo
gennaio-febbraio 2004. Tuttavia, appare di tutta evidenza come il nocumento
determinato nei termini delle due voci di danno qui azionate dalla bassa
percentuale di r.d. effettuata nel Comune di Casoria non fosse di immediata è
anzi, addirittura contestuale - percettibilità e conoscibilità da parte della
collettività comunale amministrata, in quanto il depauperamento patrimoniale
rilevato dall'Ufficio requirente si presenta come conseguente in via diretta
ma non immediata dalla suddetta mancata attivazione della r.d.
Per quanto dianzi osservato, va affermata la tempestività dell’azione
risarcitoria, e la relativa azione di prescrizione deve essere disattesa.
7. Sgombrato il campo dalle questioni pregiudiziali e preliminari proposte
dalle difese dei convenuti, il Collegio può esaminare in punto di merito la
vicenda descritta nella premessa in fatto. Deve quindi procedersi alla
verifica della sussistenza, nel caso concreto, degli elementi tipici della
responsabilità amministrativa che, com’è noto, si sostanziano in un danno
patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica
amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso
di causalità tra il predetto comportamento e l'evento dannoso, nonchè nella
sussistenza di un rapporto di servizio fra coloro che lo hanno determinato e
l'ente che lo ha subito.
Con riferimento, in primo luogo, all’elemento oggettivo del danno pubblico,
la valutazione della relativa sussistenza nel caso all'esame della Sezione,
richiede la ricostruzione delle disposizioni normative vigenti sull'argomento
all'epoca dei fatti contestati agli odierni convenuti.
Come giustamente illustrato nell'ordinanza n. 242/2010 di questa Sezione
Giurisdizionale, il diritto comunitario ha già provveduto a imporre agli
Stati membri, con la direttiva del Consiglio n. 91/156/CEE del 18.03.1991, di
adottare tutte le misure necessarie ad assicurare il recupero o lo
smaltimento dei rifiuti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza l'uso
di procedimenti o di metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente,
vietandone al contempo l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato
(art. 4) e precisando, altresì, che il servizio di gestione dei rifiuti
implica “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti,
compreso il controllo di queste operazioni” (art. 1 dir. 91/156/CEE, cit.).
Gli artt. 6 e 7 della suindicata direttiva comunitaria, inoltre, prevedono -
ha rilevato ancora l'ordinanza n. 242/2010 di questa Sezione - il compito per
gli Stati membri di individuare l’autorità (o le autorità) preposte
all'attuazione delle disposizioni della direttiva medesima, elaborando uno o
più piani di gestione dei rifiuti, intesi ad indicare tipo, quantità e
origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire.
Per quanto concerne la normativa interna, già la L.R. Campania n. 10/1993,
recante “Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania”, ha
fissato all’art. 2, comma 1, lett. c), soglie specifiche di raccolta
differenziata (10% per il 1993, 20% per il 1994 e 25% per il 1995).
Ciò testimonia il motivo per cui da alcuni decenni la raccolta differenziata
dei rifiuti viene proposta in quasi tutti i Comuni d'Italia, dove negli
ultimi trenta anni la produzione di rifiuti solidi urbani (RSU) pro-capite
giornaliera è raddoppiata. L’aumento indiscriminato delle quantità di rifiuti
che vengono smaltiti nelle discariche controllate (oggi quasi tutte in
esaurimento) ha portato alla ricerca di nuove vie da percorrere, cioè alla
realizzazione di un modello definibile, anzichè dell'”usa e getta”, dell'”usa
e riusa”. Alle discariche si sono allora affiancate ulteriori e molto diverse
possibilità di smaltimento dei rifiuti solidi urbani: il riciclaggio, il
compostaggio della frazione organica e la termovalorizzazione. Il cd. Decreto
Ronchi del 1997 e la successiva normativa del 2006, che regolamentano la
gestione dei rifiuti solidi urbani, impongono infatti alle amministrazioni
locali di ridurre la quantità di rifiuti mediante il reimpiego e il
riciclaggio e garantiscono incentivi alle aziende che utilizzano prodotti
realizzati con materiale riciclato. La raccolta differenziata, quindi, mira
al riutilizzo dei prodotti di scarto di qualsiasi presidio soprattutto
abitativo per poterne produrre di nuovi ottenendo diversi vantaggi a livello
sia economico e sia ecologico. Grazie al riciclaggio, infatti, si ottiene la
triplice e consistente riduzione dei rifiuti da smaltire nonchè dell'energia
e delle materie prime impiegate.
Il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 (c.d. decreto Ronchi) ha
costituito la normativa quadro sulla gestione dei rifiuti fino all’entrata in
vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, di attuazione della
delega contenuta nella legge 15 dicembre 2004, n. 308, per il riordino, il
coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale,
dando attuazione alle direttive comunitarie 91/156/Cee sui rifiuti,
91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Cee sugli imballaggi e i rifiuti di
imballaggio. Il testo legislativo in parola contiene numerose innovazioni,
rispetto alla normativa precedente, le principali delle quali possono
indicarsi come segue: nuove definizioni; nuova classificazione dei rifiuti;
redistribuzione delle competenze tra Stato, Regioni e Province; revisione del
sistema di pianificazione; introduzione del sistema tariffario in
sostituzione della tassa sullo smaltimento (T.A.R.S.U.); introduzione del
regime di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. Ma in
particolare, per ciò che qui specificamente rileva, il d.lgs. n. 22/1997, al
contempo individuando le funzioni amministrative relative alla gestione dei
rifiuti a livello regionale, provinciale e comunale, “spinge ... fortemente a
favorire le operazioni di recupero, riutilizzo e riciclo dei materiali e la
progressiva riduzione delle discariche come sistema ordinario di smaltimento
solo per i rifiuti inerti e per quelli residuati dalle operazioni di
riciclaggio e di recupero. A conforto della validità, anche economica, di
tale opzione, giova richiamare quanto affermato dall’Agenzia per la
protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat), secondo cui
'l’analisi dei costi relativi alla raccolta differenziata consente di
affermare che la raccolta differenziata in nessun caso determina un aggravio
dei costi di gestione'. Non solo, ma il livello del costo non è comunque
correlato alla complessità del sistema di gestione: vi sono, infatti,
situazioni con alta raccolta differenziata, importanti attività di
trattamento ed incenerimento che hanno costi più bassi di situazioni
associate a bassa raccolta differenziata e ricorso quasi esclusivo alla
discarica'” (deliberazione n. 6/2007/G della Sezione centrale di controllo
sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, “La
gestione dell’emergenza rifiuti effettuata dai Commissari straordinari del
Governo”).
Per quanto concerne, quindi, specificamente la raccolta differenziata, al
Capo II del decreto Ronchi vengono disciplinate le competenze ai vari livelli
amministrativi inerenti la gestione del ciclo dei rifiuti. Per quanto in
particolare riguarda la raccolta differenziata, è stabilito che lo Stato
indichi i criteri generali per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta
differenziata dei rifiuti urbani (art. 18, comma 1 , lettera m), che le
Regioni provvedano alla “regolamentazione delle attività di gestione dei
rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata di rifiuti urbani, anche
pericolosi, con l'obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di
provenienza alimentare, degli scarti di prodotti vegetali e animali, o
comunque ad alto tasso di umidità, dai restanti rifiuti” (art. 19, comma 1 ,
lettera b), che le Province curino l'organizzazione delle attività di
raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti
territoriali ottimali delimitati ai sensi dell'articolo 23 (cd. ATO: art. 20,
comma 1 , lettera g) e che i Comuni stabiliscano “le modalità del
conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani
al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti
e promuovere il recupero degli stessi” (art. 21, comma 1 , lettera c).
Dopo aver previsto all'art. 24 le percentuali minime di raccolta
differenziata dei rifiuti urbani rispetto al totale dei rifiuti prodotti, da
realizzare entro determinate scadenze, il d.lgs n. 22/1997 si sofferma a
lungo nel disciplinare dettagliatamente, nel Titolo II, la gestione dei
rifiuti di imballaggi.
Tale impianto normativo trova la propria ratio nel fatto che “la raccolta
differenziata svolge un ruolo prioritario nel sistema di gestione integrato
dei rifiuti, in quanto consente sia di ridurre il flusso dei rifiuti da
avviare allo smaltimento che di condizionare positivamente l’intero sistema
di gestione, garantendo: a) la valorizzazione delle componenti merceologiche
dei rifiuti sin dalla fase della raccolta; b) la riduzione delle quantità e
della pericolosità dei rifiuti da avviare allo smaltimento indifferenziato,
individuando tecnologie più adatte di gestione e minimizzando l’impatto
ambientale dei processi di trattamento e smaltimento; c) il recupero di
materiali e di energia nella fase del trattamento finale; d) la promozione di
comportamenti più corretti da parte dei cittadini, con conseguenti
significativi cambiamenti nelle abitudini di consumo, a beneficio di
politiche di prevenzione e di riduzione” (deliberazione n. 6/2007/G della
Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello
Stato della Corte dei conti, “La gestione dell’emergenza rifiuti effettuata
dai Commissari straordinari del Governo”, già citata in precedenza).
Per quanto specificamente concerne la Regione Campania, già con l'ordinanza
P.C.M. n. 2425/1996, che affidò al Commissario delegato dal Governo per
l'emergenza rifiuti in Campania è Presidente della Giunta Regionale specifici
adempimenti finalizzati all’avvio di un programma di interventi, si previde
che l’attivazione della raccolta differenziata occupasse una posizione
primaria nell'ambito di tali interventi, fra i quali anche l’obbligo a carico
dei Comuni - da disporre a cura del Commissario - di conferimento dei rifiuti
urbani nei siti di produzione del cdr.
Con la successiva ordinanza n. 2948/1999 fu stabilito che il Commissario
delegato-Presidente della Regione realizzasse gli interventi per la
produzione e l’utilizzo del combustibile derivato da rifiuti e, in materia di
raccolta differenziata, la realizzazione della stessa (per carta, plastica,
vetro, metalli, legno e frazione umida) in collaborazione con i presidenti
dei consorzi di bacino costituiti con la L.R. n. 10/1993 e sentiti i sindaci
dei comuni interessati, in modo tale da raggiungere le percentuali (minime)
del 15% di r.d. entro il 31.12.1999 e del 25% negli anni successivi
(rispettivamente del 10% e del 15% per la frazione umida). L’art. 2
dell’ordinanza 2948/1999 dianzi citata affida al commissario delegato anche
il compito (punto 1.14) di disporre “le modalità per il calcolo e l’accollo
degli oneri gestionali a carico dei comuni”; al successivo art. 5 introduce
una maggiorazione “nella misura del 6% per ogni punto percentuale in meno di
raccolta differenziata rispetto all’obbiettivo minimo del 35%” della tariffa
per il conferimento dei rifiuti urbani provenienti dai comuni che non abbiano
realizzato nel mese precedente sul proprio territorio la raccolta
differenziata nelle misure percentuali stabilite.
Con l'ordinanza n. 3100/2000 l’obiettivo minimo di raccolta differenziata da
realizzare a partire dal 01.01.2001 è stato indicato al 30%, rispetto al
precedente 35%, dopo di che l'ordinanza n. 3479/2005 ha previsto una
riduzione della tariffa di smaltimento dei rifiuti per i comuni che alla data
del 31.12.2004 avessero raggiunto una percentuale di raccolta differenziata
almeno pari al 30% ed una ulteriore riduzione della medesima tariffa per
quelli che avessero realizzato una percentuale di r.d. almeno pari al 35% al
31.12.2005. Successivamente, sono intervenute una serie di ulteriori
disposizioni legislative è il d.lgs. n. 152/2006 e la legge 296/2006, con cui
sono state previste le percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti da
realizzare entro varie scadenze, fino a pervenire alla percentuale del 65%
entro il 31.12.2012, nonchè la legge n. 87/2007, in cui è stato previsto lo
scioglimento dei consorzi costituiti ai sensi dell’articolo 6 della legge
Reg. Campania n. 10/1993 per lo svolgimento del servizio di raccolta
differenziata, ove tali consorzi “non adottino le misure prescritte da una
specifica ordinanza commissariale ... per l’incremento significativo dei
livelli di raccolta differenziata” dei rifiuti, da realizzare mediante misure
idonee a determinare il raggiungimento degli obiettivi minimi di cui ai commi
1108 e 1109 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 – nonché contenute
nell'ordinanza P.C.M. n. 3639/2008 - che ha previsto all'art. 3 l'obbligo per
i comuni campani di elaborare entro un dato termine un piano delle misure
necessarie per la raccolta differenziata, da realizzare in tempi brevi, pena,
in caso di inadempimento, la nomina di un commissario ad acta da parte del
commissario delegato. Del resto, con la precedente ordinanza P.C.M. n.
3529/2006 era stato assegnato un ulteriore contributo di 43 milioni di euro
per lo sviluppo della raccolta differenziata. Eppure, come giustamente posto
in risalto nella deliberazione n. 6/2007/G della Sezione centrale di
controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato di questa Corte è
già dianzi menzionata - nell'Indagine conoscitiva sull’attività della
protezione civile in relazione alle situazioni emergenziali del Paese del
2007 della XIII Commissione permanente del Senato della Repubblica tutti
lamentano una situazione debitoria pregressa molto pesante, legata al fatto
che i Comuni facenti parte del consorzio non affidano al consorzio medesimo
il servizio di raccolta differenziata. Molti di questi consorzi gestiscono
pochi Comuni rispetto a quelli per i quali dovrebbero espletare il servizio
di raccolta differenziata. I Comuni che non si avvalgono dei consorzi spesso
fanno ricorso a soggetti terzi ai quali affidano questo servizio, a volte
anche senza gara ad evidenza pubblica, oppure costituiscono delle società ad
hoc. E’ evidente quindi lo sperpero di denaro dal momento che essi pagano ai
consorzi la quota di adesione e nel contempo istituiscono nuove società, il
che vuol dire nuovi consigli di amministrazione e nuovo personale. Il tutto
senza ottenere risultati ottimali: spesso e volentieri si tratta di Comuni
che raggiungono un massimo di 7-8 per cento di raccolta differenziata. Ciò
sostanzialmente ha portato ... ad una sorta di proliferazione di società, che
hanno messo in piedi consigli di amministrazione ... e hanno fatto ricorso
all’assunzione di altro personale, quando già la normativa prevedeva che,
comunque, i Comuni si dovevano avvalere dei lavoratori socialmente utili.”
Le precitate prescrizioni normative vengono riportate nell'atto introduttivo
del giudizio al fine di evidenziare, condivisibilmente, il ruolo di primo
piano della raccolta differenziata ai fini della corretta gestione del ciclo
dei rifiuti, su cui sono state svolte osservazioni anche nella “Relazione
Territoriale sulla Campania” approvata il 26.01.2006 dalla Commissione
parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e trasmessa alle Presidenze
delle Camere il 01.02.2006, dove la mancata o insufficiente attivazione in
molti comuni campani della r.d., con conseguente crescita a dismisura delle
quantità di rifiuti indifferenziati, viene indicata quale concausa dei
problemi di blocco e cattivo funzionamento dei sette impianti di produzione
del CDR, cioè come fonte di ripetute situazioni emergenziali date dalla
presenza di tonnellate di rifiuti giacenti nelle strade.
Sia la relazione della commissione parlamentare e sia la relazione della
Sezione centrale contabile di controllo (entrambe ricordate in precedenza)
hanno evidenziato che le priorità stabilite per l'attuazione del sistema di
gestione del ciclo dei rifiuti dalle varie disposizioni legislative ed
attuative (ordinanze P.C.M. e commissariali) sin dal 1997 - in particolare,
attività di produzione di cdr, trasferenza e costruzione di impianti di
compostaggio sono rimaste totalmente inattuate in assenza di un'efficace
raccolta differenziata ed a causa del grave ritardo nella realizzazione degli
unici 2 impianti di termovalorizzazione previsti, con il conseguente collasso
del Piano Regionale di smaltimento rifiuti del 1997 e con la drammatica
situazione di emergenza nell’emergenza ciclicamente ricorrente nella Regione.
Tuttavia, la relazione del 2006 della Commissione parlamentare d'inchiesta
della XIV Legislatura ha rilevato come le percentuali di raccolta
differenziata realizzate in talune zone della Regione siano estremamente
elevate, registrando la presenza di comuni particolarmente virtuosi, con la
conseguenza che non può “invocarsi a comoda, quanto superficiale,
giustificazione una sorta di invincibile ritardo culturale che segna le
comunità campane; se è vero, come è vero, che vi sono molteplici comuni in
cui le percentuali di raccolta differenziata viaggiano stabilmente al di
sopra dei parametri indicati dal decreto Ronchi”. Infatti, la relazione del
2007 della Sezione centrale contabile di controllo ha puntualmente riportato
che “secondo 'Comuni ricicloni 2005', le percentuali riferite al 2004 dei
Comuni più virtuosi sono le seguenti: Atena Lucana 77,1%; S. Cipriano
Picentino 72%; Bellizzi 71,8%; Montecorvino Rovella 70,9%; Giffoni Sei Casali
70,6%; S. Mango Piemonte 68,7%; Rofrano 68,6%; Fisciano 62,9%; Corbara 60%.
Tali percentuali coincidono, sostanzialmente, con quelle della nota
commissariale n. 21263 del 6/10/2005”.
Conclusivamente, deve osservarsi che il clamoroso fallimento dell'attività
regionale campana di gestione dei rifiuti, ascrivibile in considerevole
percentuale alla più che insufficiente attivazione della raccolta
differenziata, è disceso non solo dall'errato e talora dissennato impiego
delle risorse disponibili da parte delle varie gestioni commissariali, bensì
anche dall'inadempimento da parte di molte amministrazioni comunali delle
prescrizioni impartite in materia appunto di raccolta differenziata.
Orbene, che ai Comuni fossero attribuiti una serie di obblighi nella
regolamentazione della materia di che trattasi, si desume non solo dall'art.
21 del d.lgs n. 22/1997 - precedentemente riportato - e dalle disposizioni
contenute nelle ordinanze sopra ricordate, ma anche da quanto stabilito nel
Piano regionale di smaltimento dei rifiuti, approvato nel 1997, aggiornato
nel 2002 ed adeguato alla legge n. 21 del 2006 nello stesso anno.
In primo luogo, va evidenziato che il Piano regionale per lo smaltimento dei
rifiuti venne adottato, per la prima volta, nell'anno 1997 in esecuzione di
quanto prescritto dall'ordinanza n. 2560/1997 del Ministero dell'Interno, che
previde, appunto, l'adeguamento del piano medesimo alle disposizioni del
d.lgs. n. 22/1997 e stabilì, all'art. 1, comma 4, punto 4.1., che “ai fini
dell'attuazione del piano, il commissario delegato dispone: l'attivazione ...
della raccolta differenziata” in determinate percentuali entro dati termini,
con l'avvalimento a tal fine “della collaborazione dei sindaci dei comuni
capoluogo di provincia”.
Il piano regionale del 1997, quindi, ha previsto, alla parte sesta, dedicata
specificamente al sistema della raccolta differenziata dei rifiuti, punto
6.3, che entro il 31.07.1997 i Comuni, ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. n.
22/1997, dovessero approntare ed approvare “appositi regolamenti con i quali,
tra l'altro, disciplineranno, nel rispetto dei principi di efficienza,
efficacia ed economicità, le modalità del conferimento di raccolta e
trasporto dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata nell'ambito
del proprio territorio ... con tali regolamenti i Comuni dovranno individuare
i 'PUNTI DI RACCOLTA' diffusi sul territorio e l'area di ubicazione
dell''ISOLA ECOLOGICA'”. Nel caso di mancata adozione dei regolamenti in
parola, il piano regionale del 1997 ha stabilito che le Province avrebbero
dovuto provvedere alla nomina di appositi commissari ad acta per l'adozione
dei provvedimenti di approvazione dei regolamenti stessi. E' stato, inoltre,
previsto che entro il medesimo termine del 31.12.1997 i Comuni dovessero
attuare “almeno la raccolta differenziata multimateriale secca” e che entro
il 31.12.1999 dovessero realizzare la raccolta differenziata monomateriale,
“al fine del raggiungimento dell'obiettivo fissato al 35%”, cioè tutti i
cittadini avrebbero dovuto “conferire presso i punti di raccolta (negli
appositi contenitori o campane stradali) o presso i cassonetti condominiali
il materiale riciclabile costituito essenzialmente da 'MATERIALE RICICLABILE
SECCO' (carta, plastica, metalli e vetro) e da 'MATERIALE RICICLABILE
UMIDO'”.
Con ordinanza n. 319/2002 del commissario delegato sono stati poi approvati
il piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei rifiuti nella
regione Campania e il piano economico finanziario riferito allo sviluppo del
ciclo integrato dei rifiuti nei rispettivi ambiti; inoltre, sono stati
istituiti gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) coincidenti con le Province
di Avellino, Benevento, Caserta, Salerno, Napoli (oltre a due sub ATO per la
Provincia di Napoli) e - per ogni ATO e sub ATO - gli Enti d’Ambito per il
ciclo integrato dei Rifiuti (EPAR), a cui - affidata la gestione
amministrativa del ciclo integrato dei rifiuti a valle della raccolta degli
stessi (ivi compreso il “coordinamento dei soggetti di cooperazione dei
Comuni all’interno dell’Ambito Territoriale Ottimale”).
In particolare, il piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei
rifiuti nella regione Campania dianzi citato, approvato nel 2002, ha posto,
in primo luogo, le seguenti premesse:
“Al fine di adempiere a quanto previsto dal D.L. 22/97 e dalle OO.MM. in
particolare art. 4 dell’O.M. 3100/00 si rende necessario definire ed
istituire gli enti di gestione e coordinamento degli ambiti territoriali
ottimali e i soggetti di cooperazione tra comuni a cui affidare l’esercizio
in forma associata delle funzioni amministrative in materia di rifiuti ... il
nuovo modello impiantistico realizzato ed in via di realizzazione e la
necessità di basare il ciclo integrato dando priorità alla raccolta
differenziata ed alle conseguenti attività di recupero, impone una totale
revisione ed un coordinamento di tutte le fasi in un quadro di
razionalizzazione e di ottimizzazione dei servizi in assenza del quale i
costi a carico dei comuni e di riflesso dei cittadini diventerebbero
insostenibili ... Ulteriore elemento che rende fondamentale ed
improcastinabile la rimodulazione delle forme gestionali del ciclo integrato
dei rifiuti è dato dalla necessità di stabilire una tariffa unica, in ambiti
provinciali che si riferisca non alle varie fasi delle attività di
trattamento, recupero o smaltimento, ma che rappresenti la tariffa del ciclo
integrato dei rifiuti in grado di premiare coloro che, attraverso la raccolta
differenziata sostengono un modello economico basato sulla priorità del
recupero di materia”.
Inoltre, “Per quanto concerne le attività di raccolta dei rifiuti e
l’individuazione dei soggetti di cooperazione per la gestione amministrativa
in forma associata delle attività di raccolta unitaria dei rifiuti, al fine
di raggiungere l’obiettivo della economicità dei servizi di raccolta, del
coordinamento tra le attività di raccolta del sistema impiantistico
realizzato o realizzando, della razionalizzazione dei mezzi e del personale
impegnato, si istituiscono, sulla base delle forme organizzative previste
dalla normativa esistente, soggetti di cooperazione tra i comuni, di cui
all’art. 4 dell’O.M. 3100/00.
Gli attuali consorzi di Bacino di cui alla L. R. 10/93 attualmente esistenti
in ogni ambito andranno a costituire soggetti di cooperazione tra i Comuni”.
Fra le competenze dei soggetti di cooperazione viene indicata la
“determinazione di una tariffa su scala sovracomunale, relativamente alla
raccolta, che tenga conto dei necessari correttivi determinati da particolari
esigenze da parte dei singoli Comuni, in particolare in funzione del numero
dei lavoratori già impegnati nella raccolta, all’incidenza del periodo
turistico e di altri fattori oggettivi che determinano significative
differenze tra i Comuni”.
E' poi previsto l'obbligo per i soggetti di cooperazione di elaborare “entro
90 giorni dalla loro costituzione, un piano di raccolta integrata dei rifiuti
su tutto il bacino di competenza”, conforme ai piani ed alle linee-guida
stabiliti dal commissariato di governo, che avrebbe dovuto comunque
contenere: - un piano di raccolta integrato con specificato le modalità di
raccolta - un piano economico finanziario - elaborazione della tariffa
suddivisa per utenze domestiche e non domestiche sulla base della formula
generale del presente atto - un regolamento di igiene urbana o un’Ordinanza
Sindacale conforme al piano stesso che contempli le modalità di conferimento
dei rifiuti e le sanzioni ai trasgressori - sistemi di controllo da parte del
Comune rispetto al gestore del servizio e rispetto agli utenti”.
Quindi, secondo quanto specificato dal piano economico-finanziario allegato
al piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei rifiuti,
“l’attivazione dei nuovi servizi di raccolta differenziata è legata ad una
gestione associata dei servizi in tutti i Comuni rispondente a criteri di
efficienza, efficacia ed economicità.
Successivamente, il piano regionale del 2006 ha esposto, al punto 1.3
intitolato “La raccolta differenziata”, quanto segue: “Sebbene la RD sia
posta in primo piano nelle attività degli Enti interessati, i risultati
acquisiti sul territorio regionale al 31 dicembre 2004 attestano al 13 % la
percentuale di materiali inviati a recupero. Detto risultato è la sintesi di
realtà sensibilmente differenti. Infatti, analizzando in dettaglio i dati
forniti dai Comuni delle diverse aree geografiche, si evincono i seguenti
risultati:
provincia di Avellino: 17,4 %
provincia di Benevento: 9,0 %
provincia di Caserta: 10,2 %
provincia di Napoli: 10,0 %
provincia di Salerno: 20,4 %
In generale, si pone in evidenza che nei grandi agglomerati urbani la
raccolta differenziata fino ad oggi non ha prodotto risultati apprezzabili.
Numerosi, invece, sono i Comuni, di medie e piccole dimensioni, che hanno
ormai superato la soglia del 35% di raccolta differenziata. In generale,
comunque, nessuna provincia, in media, ha raggiunto i livelli previsionali
dettati dalla vigente normativa.
Infine, appare opportuno rilevare, al fine di delineare compiutamente i
contorni normativi e gestionali amministrativo-contabili della fattispecie
oggetto del giudizio, che l'ordinanza commissariale n. 28/2004 fissava
l’obbligo per tutti i Comuni campani di avviare sul proprio territorio un
definito servizio di raccolta differenziata (secondo le linee guida approvate
con la precedente ordinanza commissariale 27/04), in ragione del fatto che
“lo sviluppo della raccolta differenziata rappresenta nel territorio campano
oltre che un obbligo di legge supportato dalle note valenze ambientali, anche
un ineludibile elemento per superare l’emergenza nel settore rifiuti” e che
“ulteriori ritardi nello sviluppo della raccolta differenziata
comporterebbero tra l’altro, maggiori difficoltà operative nelle forme di
smaltimento, pesanti oneri economici nella gestione di una enorme quantità di
frazione organica derivante da selezione meccanica e un irrazionale utilizzo
della manodopera già impiegata nel settore”.
Sul punto, la relazione della Sezione centrale di controllo sulla gestione
delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti approvata con
deliberazione n. 6/2007/G (precedentemente citata) ha rilevato l'enormità
delle “risorse spese per far fronte alla situazione di emergenza
nell’emergenza, derivanti, sostanzialmente, dai costi connessi allo
smaltimento dei rifiuti in impianti fuori Regione ed in territorio estero”,
quantificando in € 561.517.499 la spesa affrontata dal Commissariato rifiuti
campano per l’emergenza fino all’anno 2005.
Dall'articolato quadro sopra descritto emerge, ad avviso del Collegio,
l'obbligo, ricadente per quanto di competenza e sotto i vari profili
evidenziati anche sulle singole amministrazioni comunali, di attuare le
prescrizioni legislative e commissariali in materia di raccolta differenziata
dei rifiuti, fase imprescindibile e rilevantissima della gestione integrata
del ciclo dei rifiuti, finalizzata a scopi di tutela ambientale, di risparmio
energetico e di realizzazione di nuovi prodotti mediante riciclaggio.
D'altra parte, della conclusione suesposta con riferimento al carattere
cogente, e non meramente precettivo, delle disposizioni regolanti la r.d. dei
rifiuti - è possibile trovare ulteriore conferma anche negli atti di causa.
Invero, nella parte in premessa dell'ordinanza sindacale n. 55 del 18.07.2002
del Comune di Casoria (cfr. allegato n. 1, fascicolo n. 2, al fascicolo di
Procura), con cui si impartivano una serie di prescrizioni alla cittadinanza
per il deposito dei rifiuti secondo un sistema organizzato di raccolta
differenziata e si prevedevano corrispondenti sanzioni per i casi di
inosservanza, si osservava che “la vigente normativa in materia dispone di
provvedere ad istituire un sistema di raccolta integrata differenziando i
rifiuti secondo diverse tipologie, favorendo così la riduzione dello
smaltimento finale attraverso il reimpiego, il riciclaggio e il recupero di
parte dei rifiuti prodotti”; inoltre, nella medesima ordinanza vengono
richiamati, a sostegno normativo delle prescrizioni in essa impartite, gli
artt. 14 e 50 del d.lgs. n. 22/1997 (riguardanti rispettivamente il divieto
di abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti nel suolo e nel sottosuolo
e l'applicazione di sanzioni nel caso di inosservanza), il Regolamento di
Polizia Urbana (“con particolare riferimento alle norme in materia di
salvaguardia dell'igiene ambientale e del territorio”), nonchè gli artt. 50 e
54 d.lgs. n. 267/2000 (concernenti “il potere del Sindaco di emanare
provvedimenti a salvaguardia dell'igiene pubblica”).
7.a. Ciò posto, e venendo all'esame della specifica vicenda sottoposta
all'esame del Collegio, si osserva, sulla base delle risultanze degli atti di
causa, quanto segue.
La Casoria Ambiente s.p.a. venne costituita nel 1998, con capitale
interamente pubblico (Comune di Casoria: 50,56%; Italia Lavoro: 23,71%;
Consorzio GeoEco: 25,23%; Comune di Casavatore: 0,50%). Con convenzione rep.
n. 636 del 29.04.2000 stipulata tra la società suindicata ed il Comune di
Casoria, vennero affidati alla Casoria Ambiente s.p.a. a far data dal
01.05.2000 e per la durata di un decennio, i servizi di igiene urbana, fra
cui la raccolta dei rifiuti ed il trasporto degli stessi presso gli impianti
di smaltimento; già tale convenzione prevedeva, all'art. 32, la possibilità
di estendere i servizi di che trattasi anche alla raccolta differenziata dei
rifiuti, affidata in effetti alla Casoria Ambiente s.p.a. con separata
postilla convenzionale (rep. n. 698/2001) a decorrere dal 20.08.2001 e fino
al 31.12.2001 (cfr. allegato n. 1, fascicolo n. 1, al fascicolo di Procura).
Con ulteriori atti convenzionali si è poi annualmente provveduto ad affidare
alla società mista il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti sul
territorio comunale, implementando inizialmente la r.d. soltanto di alcune
frazioni di rifiuto, quali la frazione organica, la carta ed il cartone
presso gli esercizi commerciali ed il vetro, per poi estendersi
progressivamente alla plastica, agli inerti, ai beni durevoli (rifiuti
ingombranti) ed alla frazione secca anche presso le utenze domestiche, con il
sistema del “porta a porta” e con quello dei contenitori stradali secondo la
tipologia delle abitazioni (cfr. relazione prot. n. 14674 del 15.05.2007 del
Dirigente del 7° Settore del Comune di Casoria, allegato n. 1, fascicolo n.
8, al fascicolo di Procura).
A dispetto delle suddette previsioni convenzionali, nel Comune di Casoria
sono state realizzate è come anticipato in premessa - le seguenti percentuali
di raccolta differenziata dei rifiuti: 12,82% nel 2004, 14,95% nel 2005,
9,25% nel 2006, e 10,99% nel 2007.
Ebbene, che il servizio di che trattasi venisse svolto in maniera più che
insoddisfacente, risulta in maniera chiara ed incontrovertibile, non solo dai
dati oggettivi sopra riportati, ma anche da quanto dettagliatamente esposto
nelle numerose note di contestazione, rivolte dal Dirigente del 7° Settore
del Comune di Casoria Ing. Aniello Scafuto alla Casoria Ambiente s.p.a., ai
fini giustificativi delle penali applicate alla società in conseguenza
dell'inadempimento degli obblighi convenzionali contratti in materia di
raccolta differenziata dei rifiuti (cfr. allegato n. 1, fasc. n. 6, al
fascicolo di Procura). A titolo meramente esemplificativo, si riporta qui di
seguito un estratto della nota prot. n. 4597 del 10.10.2004 del Dirigente del
7° Settore del Comune di Casoria Ing. Aniello Scafuto, in cui si provvede a
(ulteriormente) motivare la determinazione dell'Amministrazione comunale di
Casoria di applicare alla Casoria Ambiente s.p.a. le penali previste
dall'art. 6 della convenzione in ragione del fatto che il servizio della
raccolta integrata non risulta essere stato effettuato nella totalità: “... si
allega la relazione tecnica del ns. servizio di controllo, dalla quale si evidenzia
chiaramente che ancora non sono state poste in essere nemmeno le attività di supporto
quali consegna di sacchetti, completamento del posizionamento dei contenitori per
plastica e vetro e conseguente mancato avvio della raccolta del multimateriale,
raccolta carta e cartoni e umido per le utenze domestiche, campagna informativa come
da convenzione (anzi al riguardo, come già segnalato in precedenza, sta pervenendo ai
cittadini un foglietto con qualche spiegazione parziale sul come effettuare la
raccolta solo per poche frazioni rinviando successivamente le modalità di raccolta per
altre frazioni). Le contestazioni di cui sopra si rilevano attraverso le ispezioni che
quotidianamente vengono operate sul territorio dal ns. personale dipendente nonchè
dalle continue proteste e lamentele che arrivano tutti i giorni nei ns. uffici da
parte degli stessi cittadini-utenti, i quali sono ovviamente disorientati e
conseguentemente esasperati per la carente o inesistente informazione e per le non
chiare modalità e tempi di esecuzione dei servizi in argomento”.
Che le contestazioni di che trattasi è con conseguente applicazione delle
previste penalità - siano state numerose e ripetute per l'intero periodo qui
considerato o comunque almeno sino al 2006, è dato chiaramente evincere dalla
copiosa documentazione allegata alle controdeduzioni presentate nella fase
pre-processuale dal Dirigente del 7° Settore del Comune di Casoria Ing.
Aniello Scafuto (cfr. allegato n. 43, fasc. n. 1 Penalità e contestazioni
vari anni 2002-2003-2004-2005-2006, al fascicolo di Procura). Dalla lettura
di tali note di contestazione e conseguente decurtazione del corrispettivo
convenzionale pattuito è dato chiaramente evincere che in effetti il servizio
di raccolta differenziata dei rifiuti, affidato alla Casoria Ambiente s.p.a.,
veniva effettuato in modo oltremodo insufficiente; inoltre, dall'esposizione
dettagliata dei rilievi in esse contenute emerge chiaramente, a conferma di
quanto evidenziato nella relazione prot. n. 14674 del 15.05.2007 del
Dirigente del 7° Settore del Comune di Casoria, citata in precedenza, che “si
è sempre cercato di tenere separate, nelle attività di controllo e di indirizzo nei
riguardi della soc. Casoria Ambiente, le situazioni di inefficienza dovute a cause di
forza maggiore da quelle direttamente imputabili alla società affidataria del
servizio”.
Orbene, non convince l'assunto difensivo, secondo cui, in primo luogo,
l'insufficiente effettuazione del servizio di raccolta differenziata ad opera
della Casoria Ambiente s.p.a. rappresenterebbe mero inadempimento di clausole
convenzionali come tali irrilevante ed insindacabile in questa sede e, in
secondo luogo, tutt'al più tale insufficiente svolgimento potrebbe essere
riferito alla percentuale di r.d. prescritta in convenzione, e cioè al 15%,
non a quella normativamente stabilita.
Invero, per quel che concerne il primo punto, basti rinviare a quanto
osservato in precedenza circa la sottoposizione di Casoria Ambiente s.p.a.
alla giurisdizione contabile in quanto preposta allo svolgimento di un
servizio pubblico, con capitale interamente pubblico e dietro corrispettivo a
carico di ente locale (il Comune di Casoria, appunto); per quanto riguarda il
secondo punto, basti riportare testualmente quanto giustamente posto in
rilievo dal Dirigente del 7° Settore del Comune di Casoria Ing. Aniello
Scafuto nelle proprie controdeduzioni (pervenute all'Ufficio requirente il
23.04.2009: cfr. allegato n. 43 al fascicolo di Procura) e, del resto,
ripetutamente osservato in numerose note di contestazione rivolte alla
società affidataria: “Naturalmente negli atti convenzionali venivano previste
penalità rapportate a percentuali di raccolta differenziata che, per il Comune
committente, erano da considerarsi obiettivo minimo avendo il solo scopo di stimolare
all'efficace pratica dei servizi di raccolta differenziata la soc. Casoria Ambiente,
essendo chiaro che la normativa in materia disponeva il raggiungimento di percentuali
più alte ed alle quali la stessa soc. Casoria Ambiente aveva l'obbligo di tendere
essendo strutturata quale braccio operativo dell'ente per la materia”.
8. In merito alla quantificazione del danno precedentemente descritto e
ritenuto sussistente nella fattispecie, il Collegio ritiene sostanzialmente
condivisibile la prospettazione attorea, secondo cui la mancata attivazione
nel Comune di Casoria di un efficiente sistema di raccolta differenziata dei
rifiuti nonostante l'affidamento del relativo servizio ad un'impresa pubblica
in house viene ritenuta causa secondo l'avviso di parte attrice di due
distinte fattispecie di danno erariale di natura patrimoniale.
La prima fattispecie di nocumento è data dai mancati introiti a titolo di
corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata,
secondo un importo che si ottiene comparando anno per anno il reddito minimo
potenzialmente realizzabile in base alla legge con gli introiti
effettivamente incamerati per il conferimento presso i consorzi di filiera
del materiale stesso, per ogni singola frazione merceologica. Applicando tali
criteri, tenendo conto dei redditi incamerati dal Comune di Casoria con la
vendita del materiale recuperato con r.d. e della percentuale di
differenziazione raggiunta dal medesimo Comune, il danno determinato dai
mancati introiti derivanti dalla vendita del materiale oggetto di r.d.
risulta complessivamente pari ad € 622.764,87 (€ 38.454,10 per il 2004, €
113.543,79 per il 2005, € 262.068,27 per il 2006 ed € 208.698,71 per il
2007).
Più specificamente, per ciascun anno il “lucro cessante” che rappresenta la
prima voce di danno indicata dalla Procura attrice deriva dalla differenza
tra l'importo incamerabile dal Comune di Casoria per effetto della vendita
del materiale riciclabile in presenza della corretta realizzazione della
percentuale legislativamente stabilita (35% del totale dei rifiuti raccolti)
ed il totale dei corrispettivi effettivamente incamerati (rectius, accertati,
sebbene non interamente riscossi), con le defalcazioni del 10% per gli anni
2004 e 2005 e del 30% per gli anni 2006-2007 applicate in ragione
dell'improduttività della frazione organica. Quindi, per il 2004 il danno di
€ 38.454,10 dato dalla differenza tra € 69.734,66 (importo astrattamente
realizzabile = € 31.280,56 [somma effettivamente incamerata] x 28,58 [35%-
6,42%, percentuale di r.d. da realizzare]: 12,82 [percentuale effettivamente
realizzata]) ed € 31.280,56; per l'anno 2005 il danno di € 113.543,79 dato
dalla differenza tra € 238.911,57 (importo astrattamente realizzabile =
€125.367,78 [somma effettivamente incamerata] x 28,49 [35%-6,51%, percentuale
di r.d. da realizzare]: 14,95 [percentuale effettivamente realizzata]) ed €
125.367,78; per l'anno 2006 il danno di € 262.068,27 dato dalla differenza
tra € 508.870,44 (importo astrattamente realizzabile = € 134.487,19 [somma
effettivamente incamerata] x 35 [percentuale di r.d. da realizzare]: 9,25
[percentuale effettivamente realizzata]) ed €134.487,19, con l'ulteriore
defalcazione del 30%; per l'anno 2007 il danno di € 208.698,71 dato dalla
differenza tra € 431.151,15 (importo astrattamente realizzabile = €
133.010,13 [somma effettivamente incamerata] x 40 [percentuale di r.d. da
realizzare]: 12,34€ [percentuale effettivamente realizzata]) ed € 133.010,13,
con l'ulteriore defalcazione del 30%.
Il secondo pregiudizio è nel danno emergente determinato dai maggiori costi
sostenuti a titolo di “tariffa smaltimento rifiuti” per il conferimento presso
i C.D.R. di materiale che avrebbe potuto essere destinato proficuamente alla
raccolta differenziata per ogni singola annualità e che invece ha costituito
peso aggiuntivo da pagare; per tale conferimento il Comune di Casoria ha
speso 0,0840/kg nel 2004 e nel 2005, 0.0993/kg nel 2006 ed 0,1070/kg nel
2007, producendo kg. 10.158.650 di rifiuto indifferenziato nel 2004, kg.
9.961.614 nel 2005, kg. 10.811.658,93 nel 2006 e kg. 11.600.949 nel 2007.
Moltiplicando per tali quantitativi la tariffa di smaltimento del “tal quale”
sopra indicata e defalcando gli importi così ottenuti della percentuale del
30%, la seconda voce di danno patrimoniale verificatosi a carico del Comune
di Casoria risulta pari a complessivi € 2.803.501,08 (€ 597.328,63 nel 2004,
€ 585.742,90 nel 2005, € 751.518,41 nel 2006 ed € 868.911,13 nel 2007). Dalla
somma di tale voce di danno con quella illustrata per prima risulta l'importo
complessivo di € 3.426.265,95.
Tuttavia, tale importo è stato dal requirente rideterminato, in sede di
vocatio in ius degli odierni convenuti, al fine di renderlo compatibile con
tutte le componenti concausali derivanti dall'incidenza dell'operato di altri
soggetti (p.es. Commissario Straordinario per l'Emergenza Rifiuti in
Campania) e, pertanto, ulteriormente ridotto del 50%, cioè ricalcolato in €
311.382,43 quanto alla prima voce di danno ed in € 1.401.750,53 quanto alla
seconda voce di danno, per la somma finale complessiva di € 1.713.132,97.
Valga evidenziare altresì, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani, che si rivela infondato l'assunto difensivo secondo cui la
copertura integrale del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi
urbani avverrebbe mediante la tariffa RSU gravante sui cittadini, con
conseguente inesistenza del danno pubblico azionato con l'atto introduttivo
del giudizio. Invero, il principio, stabilito dall'art. 61 del D.Lgs. 15
novembre 1993 n. 507, di corrispondenza tra gettito complessivo della tassa e
costo di esercizio del servizio di smaltimento dei rifiuti riguarda il limite
di importo complessivo annuale al quale devono soggiacere le tariffe
determinate dal Comune (e quindi le scelte gestionali delle amministrazioni
comunali: Cass. Civ. Sez. V, sent. n. 21719 del 17-11-2004).
A ciò aggiungasi che, sebbene il surrichiamato art. 61 d.lgs. 507/1993
preveda al primo comma che il gettito complessivo della tassa non può
superare il costo di esercizio del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi
urbani interni ... nè può essere inferiore ... al 70 per cento del predetto
costo per gli enti locali con situazioni strutturalmente deficitarie, al
secondo comma precisa che “il costo del servizio di cui al comma 1 comprende
le spese inerenti e comunque gli oneri diretti e indiretti, nonché le quote
di ammortamento dei mutui per la costituzione di consorzi per lo smaltimento
dei rifiuti”, cioè una serie di costi come giustamente evidenziato dal P.M.
di udienza ordinari e prevedibili, in quanto tali irrelazionabili a quelli
sostenuti per l'emergenza rifiuti in generale e per l'abbandono nelle strade
cittadine di quantità enormi di rifiuti indifferenziati in particolare.
Inoltre, è ammissibile che la T.A.R.S.U. copra come in effetti copre il
costo di un servizio di raccolta rifiuti che si effettua in concreto, non
quelli di un servizio che invece resta sostanzialmente inattuato, come la
raccolta differenziata dei rifiuti presso il Comune di Casoria nel periodo
2004-2007.
Conseguentemente, non ritiene il Collegio di dover attribuire alcun rilievo
alla deduzione difensiva, sollevata in merito alla copertura dei costi di
smaltimento dei rifiuti urbani mediante la riscossione della TARSU ai sensi
dell'art. 61 D.LGS. 507/1993, dalle difese PICCOLELLA-RICCIARDI e Casoria
Ambiente s.p.a.
Posto che gli importi indicati dal requirente trovano puntuale riscontro
negli atti di causa (cfr. ad es. allegato n. 6 al fascicolo di Procura), va
opportunamente ricordato, altresì, che è come del resto già anticipato in
premessa “ la Procura attrice ha effettuato una quantificazione del danno
patrimoniale dianzi esposto in modo estremamente prudenziale, per quanto di
seguito si rileva.
In primo luogo, nel calcolo del danno da “lucro cessante” (mancati introiti
derivanti dalla vendita del materiale oggetto di r.d.) il requirente: 1. non
ha considerato i maggiori rendimenti ottenibili mediante l'attivazione di
valide modalità di selezione dei materiali e di resa degli stessi in ragione
della loro migliore qualità, in modo da operare una quantificazione del danno
in parola tenendo in debita considerazione il contesto amministrativo ed
imprenditoriale regionale e le sue difficoltà operative; 2. ha tenuto conto,
con specifico riferimento alla r.d. della frazione umida, che la relativa
selezione è stata economicamente improduttiva, non solo fino a tutto il 2005,
ma anche in tempi successivi ed ancora oggi, di modo che il recupero di tale
frazione non avrebbe prodotto utili ma “soltanto” rilevanti benefici
indiretti sulla qualità del “tal quale” conferito agli impianti di C.D.R. e
sul decongestionamento degli impianti stessi: quindi, la Procura attrice ha
ritenuto più corretto non tenere conto della mancata raccolta di tale
materiale ai fini del calcolo reale della voce di danno in parola, defalcando
in via equitativa fino al 2005 del 10% i livelli di raccolta differenziata da
raggiungere per formare il 35% richiesto dal “decreto Ronchi” e quindi
fissandolo al 25% (cioè considerando la quota di frazione organica
compostabile che, secondo il Piano Regionale dei Rifiuti, astrattamente
dovrebbe essere raccolta) e poi, per gli anni successivi al 2005, defalcando
del 30% il danno economicamente valutato nell’invito a dedurre.
Inoltre, per quanto riguarda il “danno emergente” (tariffa di smaltimento del
“tal quale”), è stata operata analoga defalcazione nella misura del 30%.
Infine, la somma totale ritenuta addebitabile agli odierni convenuti è stata
ulteriormente ridotta del 50%, onde tener conto di ulteriori e distinti
apporti concausali, come già poco sopra ricordato.
Tuttavia, appare opportuno operare un'ulteriore decurtazione di tale cifra,
nella misura del 30%, in ragione delle considerazioni svolte più avanti in
punto di nesso di causalità, con la conseguenza che il nocumento derivato
dalla mancata attivazione nel Comune di Casoria di un efficiente sistema di
raccolta differenziata dei rifiuti nonostante l'affidamento del relativo
servizio ad un'impresa pubblica in house nel periodo 2004-2007, viene
definitivamente quantificato nella somma di € 1.199.193,08 (€ 1.713.132,97 -
30%)
9. Sotto il profilo del rapporto di servizio, basti operare rinvio, per la
sussistenza di esso riguardo la Casoria Ambiente s.p.a., alle considerazioni
svolte in punto di giurisdizione della Corte dei conti al punto 2. che
precede. Per quanto poi concerne i restanti convenuti, va ritenuta ovviamente
in re ipsa la sussistenza del rapporto di servizio tra essi e
l'Amministrazione comunale danneggiata, essendo costoro tutti inquadrati
nell'apparato amministrativo del Comune di Casoria perchè aventi rispetto ad
esso un incarico politico (Giosuè DE ROSA) o prefettizio (Gaetano PICCOLELLLA
e Francesco RICCIARDI).
10. Per quanto, poi, concerne, il nesso di causalità rilevabile tra il danno
descritto e quantificato al punto 8. che precede e le condotte tenute dai
convenuti, anche sotto tale profilo la prospettazione attorea si rivela
sostanzialmente condivisibile. Invero, il nocumento di che trattasi si è
senz’altro prodotto in conseguenza delle condotte, prevalentemente omissive e
talora commissive, della Casoria Ambiente s.p.a., affidataria del servizio di
raccolta differenziata dei rifiuti presso il Comune di Casoria, e degli
Amministratori comunali preposti alla vigilanza sul corretto espletamento del
servizio medesimo in carica nel periodo considerato, cioè Giosuè DE ROSA
(Sindaco fino all’ottobre 2005), Gaetano PICCOLELLA (Presidente della
commissione prefettizia da novembre 2005 in poi) ed a Francesco RICCIARDI
(componente della commissione prefettizia con delega all'ecologia a partire
da novembre 2005).
Valga precisare, per quel che specificamente concerne gli Amministratori
comunali evocati in giudizio, che si rivela priva di pregio l’eccezione, da
tutti sollevata, finalizzata ad invocare la cd. esimente delle “buona fede”
di cui all’art. 1 della legge n. 20/1994 che non rende punibili gli organi
politici che, in buona fede abbiano approvato o dato l’assenso all’operato
degli uffici tecnici. Giurisprudenza contabile consolidata e pacifica
afferma, invero, che la c.d. "scriminante politica" non è applicabile nelle
materie riservate agli organi di governo, nelle quali gli uffici
amministrativi e tecnici della struttura abbiano espletato funzioni
istruttorie o consultive e comunque di mero supporto strumentale; oppure, è
esclusa quando l'evidenza dell'erroneità dell'atto sia stata tale da
escludere qualsiasi buona fede (Sez. Giur. II Centr., sentenze n. 29/A/1999 e
n. 303/A/2003; Sez. Giur. Lazio, sentenza n. 2087/2005; Sez. Giur. Lombardia,
sentenza n. 323/2003).
Nel caso di specie, la competenza a valutare e deliberare in materia di
raccolta differenziata dei rifiuti sul territorio comunale era senz’altro
atto rientrante nelle attribuzioni degli organi di governo preposti
all’attività d’indirizzo politico, di modo che non è ad essa applicabile la
“scriminante politica” (Sez. Giur. I Centr., sentenza n. 154/2008). Di ciò
fornisce incontrovertibile conferma quanto stabilito dall’art. 50 d.lgs.
267/2000, richiamato in precedenza e riportato nella parte in premessa
dell’ordinanza sindacale n. 55/2002 del Comune di Casoria, adottata a
disciplina del conferimento differenziato dei rifiuti. Più specificamente, il
Sindaco, unitamente all’assessore delegato a cui spettano i poteri di
sovrintendenza al funzionamento dei servizi e degli uffici ed all'esecuzione
degli atti con riferimento al settore cui è preposto, rispetto al quale
questi si trova nella medesima posizione del sindaco ed ha pertanto il dovere
giuridico di assumere le iniziative necessarie a stimolare gli organi dotati
di poteri di impulso: Sez. Giur. Liguria, sentenza n. 414/2002 - sovrintende,
a norma dell'art. 50 T.U.E.L., al funzionamento degli uffici e dei servizi
comunali, essendo pertanto titolare del dovere d'intervenire in caso di
manchevolezze, attivando le opportune misure correttive. E’ quindi, un
basilare dovere del Sindaco - nella sua qualità di "organo responsabile
dell'amministrazione del Comune" - prendere visione piena e consapevole
dell'oggetto delle proprie deliberazioni; conseguentemente, “anche in
presenza di un elaborato tecnico, la c.d. “esimente politica” - prevista per
gli amministratori politico/elettivi i quali si limitino ad “approvare atti
che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi”
(art. 1, comma 1 ter l. n. 20/1994) - vale nei limiti in cui l'organo
politico abbia approvato tali atti “in buona fede” ovvero senza alcun
sospetto di irregolarità di essi ma - se si omette di far presente aspetti
problematici” di ciò che si va a deliberare - l'approvazione non può essere
qualificata come attività svolta in buona fede, perchè si corre il rischio
che l'oggetto dell'approvazione” attenga a qualcosa di non autorizzato dalla
legge, o dagli atti di indirizzo degli stessi organi politici comunali, o
contenga (come nella presente fattispecie) elementi che, in qualche modo,
possano realizzare risultati contrari all'interesse pubblico” (Sez. Giur.
Toscana, sentenza n. 114/2010).
Non a caso, infatti, in atti risulta con incontrovertibile chiarezza che nel
caso all’esame del Collegio l’Amministrazione comunale del Comune di Casoria
ha attivamente realizzato l’indirizzo politico con riferimento al servizio di
r.d. nei confronti della Casoria Ambiente s.p.a.; invero, nella nota prot. n.
801 del 09.12.2004 del Dirigente il 7° Settore Ing. Aniello Scafuto,
concernente contestazioni alla Casoria Ambiente s.p.a. di disservizi
riguardanti la raccolta differenziata dei rifiuti, si dice espressamente che
“le considerazioni già svolte e le conseguenti determinazioni a cui si è pervenuti
sono state condivise anche dall’Amministrazione comunale, che, con proprie note al
riguardo, ha lamentato e segnalato altrettanto quanto dallo scrivente già constatato e
contestato”. Inoltre, lo stesso Ing. Scafuto ha condivisibilmente rilevato,
nelle proprie controdeduzioni rese nella fase pre-processuale, che sulla
materia in controversia vi era un “faticoso e continuo confronto tra
l’Amministrazione comunale e la soc. Casoria Ambiente, rimanendo onere della dirigenza
l’attuazione degli accordi raggiunti ed a cui spettava il compito di tradurli in atti
convenzionali”, nel senso che “il dirigente del settore era responsabile della
gestione del rapporto contrattuale con la consociata “Casoria Ambiente”.
Posta per quanto dianzi considerato la sostanziale condivisibilità della
prospettazione del requirente in punto di nesso causale tra le condotte degli
odierni convenuti ed il danno rilevato, si ritiene, tuttavia, di dover
apportare a tale prospettazione un ulteriore correttivo rispetto a quelli
già indicati dallo stesso requirente e ricordati in punto di quantificazione
del danno - riportando le considerazioni svolte dalla delibera n. 155/2010
della Sezione di Controllo per la Campania, intitolata La gestione
dell'emergenza rifiuti in Campania ed approvata nell’adunanza del 28.09.2010:
�Tra i fattori determinanti il persistere dell’emergenza sono da annoverare:
� gli insufficienti livelli di raccolta differenziata;
� il malfunzionamento e sovraccarico degli impianti di selezione;
� l’insufficienza degli impianti di compostaggio di qualità;
� i ritardi nella realizzazione del termovalorizzatore di Acerra;
� l’eccessivo frazionamento del servizio di raccolta e trasporto dei
rifiuti urbani;
� la temporanea assenza di sufficienti volumi di discarica.
Alla base delle gravi emergenze (in termini di rischi per la salute e per
l’ambiente) determinate dalla gestione rifiuti, vi è una serie di omissioni
ed inadempienze. Di questi, le principali responsabilità sono da attribuire
alle molteplici incertezze normative, ad una carente programmazione (spesso
aggravata da insufficiente coordinamento) nonchè alla incapacità di taluni
amministratori di Comuni e Consorzi di Bacino di attivare tempestivamente i
fondi stanziati per la realizzazione di essenziali infrastrutture e di
ottemperare ad una corretta comunicazione con le popolazioni di riferimento,
così da mitigarne la naturale avversione e diffidenza verso ogni tipo di
insediamento impiantistico per quanto necessario e vantaggioso se
correttamente gestito.
A tali lacune non sempre ha corrisposto l’azione sostitutiva delle Strutture
commissariali, necessaria soprattutto per utilizzare efficacemente i fondi
stanziati ed assicurare il normale svolgimento del ciclo dei rifiuti, specie
nei casi di palesi incapacità nell’organizzazione della raccolta
differenziata o di omesso pagamento della tariffa dovuta per il conferimento
dei rifiuti agli impianti. Al contrario, il perdurante ricorso alla gestione
straordinaria ha comportato il radicamento delle Strutture commissariali, le
quali hanno assunto un ruolo 'omnicomprensivo' di programmazione, attuazione
e gestione dell’intero ciclo dei rifiuti, con la graduale esternalizzazione
delle funzioni e la tendenza alla deresponsabilizzazione da parte dei livelli
istituzionali ordinariamente competenti in materia.
Le surriportate osservazioni, svolte nella recentissima delibera della
Sezione di Controllo per la Campania e sostanzialmente molto simili a quelle
esposte dal requirente nell'atto introduttivo del giudizio, non solo
risultano condivisibili perchè formulate a conclusione di un'indagine
estremamente complessa ed articolata relativa in modo specifico alla
situazione emergenziale campana, ma anche inducono ad attribuire alle
condotte degli odierni convenuti un ruolo leggermente più contenuto rispetto
a quello prospettato dalla Procura attrice nell'atto introduttivo del
giudizio nella determinazione del danno indicato e già ridimensionato per
quanto qui osservato è al punto 8. che precede.
11. Riguardo, infine, all'elemento soggettivo dell'illecito amministrativo-
contabile in controversia, che la Procura ha indicato come colpa grave,
questo deve, del pari essere ritenuto sussistente, per le considerazioni che
di seguito si espongono.
I nocumenti patrimoniali precedentemente quantificati vengono, invero,
ritenuti dal requirente addebitabili, in primo luogo, alla Casoria Ambiente
s.p.a., per non aver attribuito alla gestione del servizio di r.d. il
carattere di essenzialità che essa, invece, riveste per le ragioni suesposte,
nonostante si trattasse di un “soggetto creato in forma societaria ed
industriale agile e flessibile per attendere al servizio di raccolta rifiuti
urbani comunali, con una propria dotazione patrimoniale e finanziaria, con un
proprio presidente e un consiglio di amministrazione per la definizione delle
linee strategiche, con un amministratore delegato ed uno staff dirigenziale
per dare concreta esecuzione agli obiettivi di impresa, con una convenzione
di oltre 8 milioni di euro annui, con una rete di collaborazione, di
contribuzione e di assistenza da parte di altre realtà istituzionali dello
stesso settore (Commissariato straordinario, consorzi di bacino, imprese
pubbliche e private), con la disponibilità di un patrimonio di conoscenze
tecniche” .
In effetti, in atti risulta, non solo che alla Casoria Ambiente s.p.a.
vennero trasferiti in comodato d’uso mezzi ed attrezzature assegnati al
Comune di Casoria dal Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti
proprio ai fini dello svolgimento del servizio di raccolta differenziata, ma
anche che la società affidataria ha ogni volta provveduto ad elaborare
direttamente, ai fini della stipula di tutte le convenzioni succedutesi con
il Comune di Casoria, il progetto per la realizzazione della raccolta
differenziata, ogni volta sottoposto al vaglio del Commissariato di Governo e
da questo approvato, con conseguente autorizzazione all’affidamento da parte
del Comune di Casoria del servizio di che trattasi alla Casoria Ambiente
s.p.a. Ciò risulta, in particolare, dalla lettura di tutte le determinazioni
comunali di affidamento del servizio e di tutte le convenzioni
conseguentemente stipulate tra il socio di maggioranza (Comune di Casoria) e
società mista affidataria (cfr. allegato n. 1, fasc.li 1 e 4, al fascicolo di
Procura).
Quindi, la Casoria Ambiente s.p.a. ha omesso di espletare correttamente un
servizio per il cui svolgimento essa stessa provvedeva di volta in volta ad
elaborare apposito progetto, che veniva trasfuso nell’atto convenzionale,
sottoscritto dal Comune di Casoria e dalla stessa Società: ciò indica una
inescusabile e macroscopica negligenza da parte della Casoria Ambiente s.p.a.
nel raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti
stabilite dalla legge, restando il suo obiettivo primario la risoluzione dei
problemi societari al mero fine del mantenimento dei livelli occupazionali,
secondo quanto risulta dalla lettura del verbale di riunione del 27.09.2006
presso la Struttura di coordinamento e supporto delle attività dei Commissari
di Governo per l’emergenza rifiuti. In tale verbale, invero, viene riportato
l’intervento dell’Assessore comunale del Comune di Casoria, in cui si dice
espressamente che ”il Comune non prevede di poter affidare il servizio nel suo
complesso al Consorzio anche per le problematiche derivanti dall’impiego del
personale” (cfr. allegato n. 1, fasc. n. 6, al fascicolo di Procura).
Inoltre si osserva ancora condivisibilmente nell'atto introduttivo del
giudizio il danno in questione è stato conseguenza del comportamento assunto
dall'amministrazione comunale del Comune di Casoria ed in particolare dal
Sindaco Giosuè DE ROSA che ha ritenuto di non aderire alle attività del
Consorzio “Napoli 2”, scegliendo di fare da sè con la propria società, in tal
modo favorendo la duplicazione di funzioni e di strutture e la loro
sovrapposizione, la disarticolazione dei servizi e la formazione di
diseconomie.
Inoltre, dalla lettura di vari verbali relativi alle audizioni degli intimati
svoltesi nel corso della fase pre-processuale, risulta l’esistenza
evidenziata dal requirente nell’atto introduttivo del giudizio di consistenti
difficoltà di rapporti tra la Casoria Ambiente s.p.a. ed il socio di
maggioranza/committente Comune di Casoria, dovute al fatto che quest’ultimo
era riluttante ad eseguire la propria parte di prestazione tant’è vero che
non venivano nemmeno individuati i siti di stoccaggio del materiale
selezionato ed assumeva addirittura un atteggiamento ostruzionistico nei
confronti delle proposte di programmazione elaborate dalla società
affidataria (cfr. a titolo esemplificativo il verbale di audizione di
Giovanni Maisto, componente del C.d.A. di Casoria Ambiente s.p.a., allegato
n. 74 al fascicolo di Procura). Tale difficoltà di rapporti culminò nel
gennaio 2005, quando l’ex Sindaco del Comune di Casoria provvide a revocare
il C.d.A. della società per il mancato raggiungimento dei livelli di raccolta
differenziata e ad affidare l’incarico di Presidente del C.d.A. medesimo
all’ing. Raffaele Grieco in quanto ritenuto maggiormente qualificato (cfr.
verbale di audizione del Giosuè DE ROSA, allegato n. 71 al fascicolo di
Procura): sul punto, va osservato che nel 2004 la percentuale di r.d.
raggiunta dalla Casoria Ambiente s.p.a. fu pari al 12,82%, mentre nel 2005
anno in cui la città di Casoria aveva il più alto livello di raccolta
differenziata tra i Comuni di oltre 50.000 abitanti: cfr. ancora verbale di
audizione di Giosuè DE ROSA, allegato n. 71 al fascicolo di Procura è la
medesima percentuale risultà pari al 14,95%, cioè di ben poco superiore a
quella dell’anno precedente. Da ciò emerge a carico del convenuto DE ROSA una
gestione dei profili d’indirizzo del rapporto convenzionale con la società
affidataria improntata alla totale assenza di collaborazione e
all’interposizione di rilievi di consistenza inferiore a quella effettiva,
con conseguente negativa incidenza sull’efficacia del servizio di r.d. nel
suo complesso, sintomo di grave negligenza nell’adempimento dei propri
obblighi di servizio. Inoltre, va evidenziato, sul punto, che il nuovo
progetto di raccolta integrata dei rifiuti era operativo soltanto dal
settembre 2004, per scelta della stessa Amministrazione comunale, nonostante
l’affidamento dell’attività di raccolta differenziata fosse già stato
provvisoriamente prorogato dal Dirigente il 7° Settore su indicazione
dell’Amministrazione per il 2004 alle stesse condizioni tecnico-economiche del
2003 (cfr. controdeduzioni dell’Ing. Aniello Scafuto, allegato n. 43 al
fascicolo di Procura). Orbene, suscita notevoli perplessità il fatto che dopo
soli quattro mesi di operatività del progetto di r.d., l’attività svolta dalla
Casoria Ambiente s.p.a. sia stata ritenuta dall’ex Sindaco DE ROSA così
carente da giustificare la revoca del C.d.A., nel senso che un comportamento
siffatto indica sostanziale e grave disinteresse in ordine all’efficace
svolgimento del servizio di r.d. ad esclusivo vantaggio della collettività.
Invero, ove quest’ultimo fosse stato correttamente perseguito dal convenuto
DE ROSA, la determinazione da assumere, a fronte di concreti e rilevanti
inadempimenti degli obblighi convenzionali da parte della società
affidataria, avrebbe dovuto semplicemente consistere nell’affidamento del
servizio al Consorzio di Bacino e nel contestuale scioglimento della società
mista precedentemente costituita, non certo nella sostituzione del C.d.A.,
foriera di situazioni conflittuali del tutto improduttive come dimostrato
dal trascurabile incremento di r.d. dei rifiuti ottenuto dal Comune di
Casoria nel 2005 rispetto al 2004, seguito dal declino al 9,25% nel 2006.
Un ruolo concausale nella produzione dell'esborso illecito oggetto del
presente giudizio è da attribuire, infine secondo la prospettazione attorea
al commissario straordinario Gaetano PICCOLELLA che presiedeva la commissione
prefettizia ed al componente Francesco RICCIARDI, titolare di delega
all'ecologia, per la condotta assunta nella gestione sia del servizio di r.d.
dei rifiuti e sia dei rapporti del Comune di Casoria con la società pubblica.
In effetti, non emerge in atti da parte di PICCOLELLA e RICCIARDI, membri
dell’amministrazione prefettizia del Comune di Casoria dal novembre 2005,
l’assunzione di alcuna concreta iniziativa ai fini del miglioramento del
servizio di r.d. dei rifiuti sul territorio comunale, tant’è vero che nel
2006 e nel 2007 si è semplicemente avuto l’affidamento alla Casoria Ambiente
s.p.a. in prosecuzione delle attività già svolte nel 2005. Inoltre, ancora
una volta risulta dalle puntuali (e copiosamente documentate) controdeduzioni
rese in fase pre-processuale dall’Ing. Aniello Scafuto dianzi richiamate -
che gli amministratori comunali pro-tempore non hanno mai impartito
disposizioni al fine di affidare al Consorzio di Bacino il servizio di r.d.
dei rifiuti. A ciò aggiungasi che il 7° Settore del Comune di Casoria ebbe la
possibilità di usufruire, per il controllo delle attività della Casoria
Ambiente s.p.a. e per il monitoraggio del territorio in riferimento ai
rifiuti, “di apposito personale (7-8 unità), che tra l’altro aveva provveduto a
formare attraverso apposito corso, solo fino alla fine del 2005, quando
l”Amministrazione comunale ritenne doverne disporre il trasferimento presso il corpo
di Polizia Municipale”.
Pertanto, a carico di PICCOLELLA e RICCIARDI si configura un atteggiamento di
fondamentale inerzia riguardo qualsiasi iniziativa intesa al miglioramento
del servizio di r.d. dei rifiuti sul territorio comunale, accompagnato
altresì dalla destinazione ad altre funzioni di personale precedentemente
impiegato per il controllo delle attività della Casoria Ambiente s.p.a. e per
il monitoraggio del servizio di raccolta dei rifiuti sul territorio comunale,
comportamenti che indicano anche per costoro inescusabile negligenza in
riferimento allo svolgimento delle funzioni istituzionali affidategli.
12. Conclusivamente, questo Collegio ritiene che la mancata attivazione nel
Comune di Casoria di un efficiente sistema di raccolta differenziata dei
rifiuti nonostante l'affidamento del relativo servizio ad un'impresa pubblica
in house nel periodo 2004-2007, rappresenti il risultato di una condotta
gravemente colposa attribuibile agli odierni convenuti e che la conseguente
erogazione della somma di € 1.199.193,08, nel configurarsi come un danno
ingiusto all’ente, vada addebitato ai soggetti convenuti nel presente
giudizio, nella misura per quanto considerato in precedenza è del 75% (€
899.394,81) a carico della Casoria Ambiente s.p.a., del 20% (€ 239.838,62) a
carico di Giosuè DE ROSA e del 5% (€ 59.959,65), da ripartire ulteriormente
nella misura di metà ciascuno (€ 29.979,82), a carico di Gaetano PICCOLELLA e
Francesco RICCIARDI.
La somma addebitabile a questi ultimi due soggetti viene ridotta del 20%,
risultando quindi pari ad € 23.983,86, nell'esercizio del potere di ridurre
l'addebito, attribuito al Giudice Contabile (art. 52 TUCL n. 1214 del 1934),
sottoposta al prudente apprezzamento del Collegio la circostanza del contesto
estremamente difficile in cui i membri della commissione prefettizia hanno
operato presso il Comune di Casoria a seguito del commissariamento.����
Dette somme, rivalutate, saranno gravate di interessi legali a far data dalla
pubblicazione della presente decisione.
Per quanto riguarda, infine, le spese di giudizio, queste ai sensi dell'art.
97 c.p.c., seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte de Conti
Sezione Giurisdizionale per la Campania
1. RESPINGE l’istanza d’integrazione del contraddittorio;
2. RESPINGE l’eccezione di difetto di giurisdizione;
3. RESPINGE l’eccezione di nullità degli atti istruttori e dell'atto di
citazione ai sensi dell'art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009 conv. in L.
102/2009, mod. dall’art. 1 , D.L. n. 103/2009, conv. in L. 141/2009;
4. RESPINGE le eccezioni d'inammissibilità dell'atto di citazione;
5. RESPINGE l’eccezione di prescrizione;
6. CONDANNA la Casoria Ambiente s.p.a., Giosuè DE ROSA, Gaetano PICCOLELLA e
Francesco RICCIARDI al pagamento, in favore del Comune di Casoria, della
somma complessiva di € 1.199.193,08 da ripartirsi nelle rispettive somme di €
899.394,81 (75% del totale) a carico di Casoria Ambiente s.p.a., € 239.838,62
(20% del totale), a carico di Giosuè DE ROSA e di € 23.983,86 (5% del totale,
ridotto del 20%) ciascuno a carico di Gaetano PICCOLELLA e Francesco
RICCIARDI.
Dette somme, rivalutate, saranno gravate di interessi dalla data di
pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.
I predetti soggetti sono, poi, tenuti al pagamento, nei confronti
dell'erario, delle spese di giustizia che si liquidano in euro
.............................................
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2010.
IL I REF. ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Rossella Cassaneti) (Fiorenzo Santoro)
Depositata in Segreteria il
Il Direttore della Segreteria (Dott. Giuseppe Volpe)