N. 05421/2015REG.PROV.COLL.N. 01691/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 1691 del 2012, proposto da:
Green Network s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli, con
domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Dora, 1;
c o n t roc o n t ro
Autorità per l’Energ ia Elettrica e il Gas - AEEG, in persona del
Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale
dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Gestore dei Servizi Energetici s.p.a. - GSE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dag li avvocati
Filippo Pacciani e Paolo Marzano, con domicilio eletto presso Grimaldi e
Associati, in Roma, via Pinciana, 25;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per la Lombardia,
Sede di Milano, Sezione III, n. 140/2012, resa tra le parti e concernente:
irrogazione sanzione pecuniaria per violazione dell’obblig o d’acquisto di
certificati verdi;
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Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del g iorno 7 lug lio 2015, il Consig liere
Bernhard Lageder e uditi, per le parti, g li avvocati Cerulli Irelli e Filippo
Pacciani, nonché l’avvocato dello Stato Grumetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante Green Network s.p.a. svolge attività di
commercializzazione dell’energ ia elettrica, nel cui ambito la stessa
importa, per poi rivenderla sul mercato nazionale, energ ia elettrica
prodotta in Stati esteri, fra i quali la Svizzera.
1.1. In particolare, Green Network nell’anno 2005 ha importato energ ia
elettrica dalla Svizzera, sulla base di un contratto di fornitura di energ ia
elettrica stipulato il 2 g iugno 2005 con la società elvetica Aar e Ticino SA
di Elettricità (d’ora in poi: ATEL).
1.2. Sull’assunto, che tale energ ia sarebbe stata prodotta da fonti
rinnovabili – g iusta nota del 28 marzo 2006, con la quale ATEL aveva
comunicato a Green Network di averle ceduto, in esecuzione del
contratto del 2 g iugno 2005, energ ia elettrica da fonti rinnovabili per
una quantità pari a 873.855 MWh –,Green Network ha chiesto al Gestore
dei Servizi Energetici (d’ora in poi: GSE), ai sensi dell’art. 20, comma 3,
d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE
relativa alla promozione dell’energ ia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), l’esenzione
dall’obblig o dell’acquisto dei certificati verdi di cui all’art. 11 d.lgs. 16
marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme
comuni per il mercato interno dell’energ ia elettrica), per una quota
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corrispondente alla quantità di energ ia importata.
1.3. Il GSE, con nota del 7 lug lio 2006, ha respinto l’istanza, in quanto
nell’anno 2005 la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera non
avevano ancora stipulato apposita convenzione, intervenuta solo
nell’anno 2007, necessaria per il riconoscimento a tal fine delle garanzie
d’orig ine, e contestualmente ha imposto a Green Network l’acquisto di
378 certificati verdi.
1.4. Con successiva nota del 20 aprile 2007, il GSE ha contestato a Green
Network il mancato adempimento dell’obblig o di acquisto dei certificati
verdi, invitandola a provvedervi e disponendo che in mancanza avrebbe
comunicato l’inadempimento all’Autorità per l’Energ ia Elettrica e il Gas
(d’ora in poi: AEEG).
1.5. A fronte del protratto inadempimento di Green Network, il GSE
con nota del 28 settembre 2007 ha comunicato all’AEEG il mancato
acquisto dei certificati verdi per l’anno 2006.
1.6. In seguito a tale segnalazione, l’AEEG ha avviato nei confronti di
Green Network un procedimento sanzionatorio, sfociato nella
deliberazione del 21 gennaio 2011, VIS 1/11, con la quale è stata irrogata
la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 2.466.450,00 (tenuto conto
del valore complessivo dei 378 certificati verdi non acquistati, pari ad
euro 2.367.792,00, e sulla base del testuale rilievo che «l’efficacia
deterrente della sanzione sarebbe vanificata ove si irrogasse una sanzione
pari o inferiore al valore dei certificati verdi non acquistati»).
2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso Green Network
dinanzi al Tribunale amministrativo reg ionale per la Lombardia, affidato
ai seguenti motivi:
a) la nullità del provvedimento sanzionatorio, adottato dall’organo
colleg iale dell’AEEG, sebbene i relativi membri fossero scaduti dalla
carica il 15 dicembre 2010 per decorso del termine settennale di
mandato, con conseguente preclusione all’adozione di atti eccedenti
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l’ordinaria amministrazione, a pena di nullità deg li atti adottati,
comminata dall’art. 3, comma 3, d.-l. 16 mag g io 1994, n. 293 del 1994,
convertito dalla l. 15 lug lio 1994, n. 444;
b) la violazione deg li artt. 3, parag rafo 2, e 216 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), per incompatibilità con
l’ordinamento comunitario dell’art. 20, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003,
nella parte in cui subordina il riconoscimento delle garanzie di orig ine
rilasciate da paesi terzi, ai fini dell’esenzione dall’obblig o dei certificati
verdi, alla conclusione di un apposito accordo tra lo Stato italiano e lo
Stato terzo, in quanto la materia delle garanzie di orig ine dell’energ ia da
fonti rinnovabili rientrerebbe nella competenza esclusiva comunitaria e
non g ià dei sing oli Stati membri, sicché solo l’Unione Europea potrebbe
stipulare accordi internazionali in tale ambito, valevoli per tutto il
territorio comunitario, con conseguente necessità di disapplicazione
della normativa interna contrastante con la disciplina comunitaria;
c) l’erronea applicazione deg li artt. 4, comma 2, e 20, comma 3, d.lgs. n.
387 del 2003, in quanto l’accordo internazionale con la Confederazione
Svizzera, ai sensi del citato art. 20, comma 3, stipulato solo nell’anno
2007, non sarebbe stato applicabile al momento dell’importazione
dell’energ ia elettrica dalla Svizzera, nel 2005, sicché fino all’entrata in
vig ore di detta convenzione avrebbe dovuto trovare applicazione la
precedente disciplina di cui al d.m. 11 novembre 1999, di attuazione deg li
artt. 8, comma 20, e 11, comma 5, d.lgs. n. 79 del 1999, che prevedeva
non g ià un accordo tra g li Stati, bensì solo un accordo tra gestore
italiano e gestore del paese terzo, nella specie intervenuto in forma
tacita tra il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRNT) e
l’operatore svizzero ETRANS AG, in base al quale il primo avrebbe
riconosciuto la certificazione di orig ine rilasciata dal secondo, come
peraltro effettivamente avvenuto neg li anni precedenti il 2005;
d) l’omessa considerazione della circostanza, che la Svizzera g ià all’epoca
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sarebbe stata munita di una normativa interna estremamente rig orosa in
ordine alla certificazione dell’energ ia elettrica da fonti rinnovabili, del
tutto assimilabile a quello introdotto nell’ordinamento comunitario con
la direttiva 2001/77/CE;
e) la carenza dell’elemento sog gettivo dell’illecito e la violazione del
principio dell’affidamento, con riferimento alla condotta tenuta dalle
autorità italiane nell’anno 2004, allorquando, a disciplina normativa
identica, avrebbero riconosciuto le garanzie di orig ine rilasciate in
Svizzera ai fini dell’esenzione dall’obblig o di acquisto dei certificati verdi;
f) la violazione dell’art. 14, comma 2, l. 24 novembre 1981, n. 689, per il
superamento del termine di novanta g iorni fra momento di rilevazione
dell’infrazione e quello di contestazione dell’illecito;
g ) in via subordinata, l’erronea commisurazione, in un ammontare
eccessivo, della sanzione amministrativa pecuniaria.
L’adito Tribunale amministrativo reg ionale dichiarava inammissibile il
motivo sub 2.b), in quanto dall’eventuale disapplicazione della normativa
interna di cui all’art. 20, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003 deriverebbe
l’impossibilità per l’importatore di energ ia da Paesi terzi di ottenere
l’esenzione dall’acquisto dei certificati verdi, con conseguente
inconfigurabilità, in capo a Green Network, dell’interesse a dedurre
detta censura, e respingeva nel merito g li altri motivi.
3. La ricorrente soccombente Green Network interponeva appello
avverso tale sentenza, sostanzialmente riproponendo i motivi di ricorso
di primo g rado, seppur adattati all’impianto motivazionale
dell’impugnata sentenza. L’appellante chiedeva dunque, in riforma
dell’appellata sentenza e previo rinvio preg iudiziale alla Corte di Giustizia
UE per risolvere la questione di compatibilità della disciplina interna con
quella comunitaria in materia d’importazione, da Paesi terzi, di energ ia da
fonti rinnovabili e delle correlative certificazioni d’orig ine, la declaratoria
di nullità e rispettivamente l’annullamento dell’impugnato
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provvedimento sanzionatorio e, in subordine, la riduzione dell’entità
della sanzione.
4. All’esito della prima udienza pubblica del 16 ottobre 2012, questa
Sezione, con ordinanza 1 febbraio 2013, ha disposto un rinvio
preg iudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea sui seguenti
quesiti:
« (i) se osti alla corretta applicazione deg li artt. 3, parag rafo 2, e 216
T.F.U.E. – secondo cui l’Unione ha competenza esclusiva per la
conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista
in un atto leg islativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di
esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può
incidere su norme comuni o modificarne la portata, con la duplice
conseguenza che il potere di concludere accordi con Stati terzi, che
incidano su norme comuni o ne modifichino la portata, oppure che su
un settore compiutamente disciplinato dalla normativa comunitaria e di
competenza esclusiva dell’Unione, si accentra nell’Unione stessa, e che il
medesimo potere non appartiene più né individualmente né
collettivamente ag li Stati membri – e del sopra richiamato art. 5 della
direttiva 2001/77/CE, la disposizione nazionale (20, comma 3, d.lgs. n.
387 del 2003) che subordina il riconoscimento delle garanzie di orig ine
rilasciate da Stati terzi alla conclusione di un apposito accordo
internazionale tra lo Stato italiano e lo Stato terzo;
(ii) se la richiamata disciplina nazionale osti, segnatamente, alla corretta
applicazione dei citati parametri normativi comunitari, nel caso in cui lo
Stato terzo sia la Confederazione Elvetica, legata all’Unione Europea da
un accordo di libero scambio stipulato nel 22 lug lio 1972 ed entrato in
vigore il 1 gennaio 1973;
(iii) se osti alla corretta applicazione delle norme comunitarie richiamate
sub (i), la disposizione nazionale, dettata dall’art. 4, comma 6, d.m. 11
novembre 1999, secondo cui, nel caso d’importazione di energ ia elettrica
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da paesi non appartenenti all’Unione europea, l’accettazione della
domanda è subordinata alla stipula di una convenzione tra il gestore
della rete di trasmissione nazionale ed analoga autorità locale che
determini le modalità per le necessarie verifiche;
(iv) se, in particolare, la richiamata disciplina nazionale osti alla corretta
applicazione dei citati parametri normativi comunitari, nel caso in cui
l’accordo di cui all’art. 4, comma 6, d.m. 11 novembre 1999 sia costituito
da un accordo meramente tacito, mai esternato in atti ufficiali e og getto
di una mera affermazione della parte ricorrente, la quale non è stata in
grado di specificarne g li estremi».
La Corte di Giustizia, con sentenza 26 novembre 2014 sub C-66/13, si
pronunciava nel senso riportato infra sub § 6.4.1..
5. La causa, proseguita ai sensi dell’art. 80, comma 1, Cod. proc. amm.,
all’udienza pubblica del 7 lug lio 2015 è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è in parte infondato e in parte fondato.
6.1. Giova premettere, al fine di delimitare l’ambito og gettivo del
presente g iudizio, che, sebbene l’impugnato provvedimento
sanzionatorio si riferisca all’inadempimento dell’acquisto dei certificati
verdi dell’anno 2006, per l’importazione dell’energ ia elettrica non solo
dalla Svizzera, ma anche dalla Francia (per omessa produzione di idonea
documentazione relativa alle garanzie di orig ine), Green Network ha
incentrato l’impugnazione esclusivamente sull’inadempimento relativo
all’energ ia elettrica importata dalla Svizzera, senza mai contestare la
sanzione per l’inadempimento relativo a quella importata dalla Francia,
con la conseguenza che ogni relativa questione esula dal thema
decidendum.
6.2. Destituito di fondamento è il primo motivo d’appello, con cui si
censura l’erronea reiezione del primo motivo di ricorso, di cui sopra sub
2.a), avendo la sentenza erroneamente escluso l’illeg ittimità dell’atto
impugnato, sebbene adottato da un Colleg io dell’Autorità per il quale
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era scaduto il periodo settennale di mandato. Infatti, secondo
l’appellante, tale atto, contrariamente a quanto affermato dal primo
giudice, non potrebbe ritenersi di ordinaria amministrazione, in quanto
l’attività di accertamento dell’illecito non potrebbe considerarsi di natura
vincolata, così come la fase di determinazione dell’entità della sanzione
sarebbe comunque espressione di discrezionalità amministrativa.
In reiezione del motivo in esame – la cui infondatezza è, peraltro, stata
acclarata in via delibativa g ià nell’ordinanza di rinvio preg iudiziale alla
Corte di Giustizia –, si osserva che:
- l’istituto della prorogatio deg li organi scaduti, derogando al principio
della durata certa e circoscritta deg li organi amministrativi, si g iustifica
nella misura in cui tende ad assicurare la continuità dell’azione
amministrativa (Corte cost., sentenza 4 magg io 1992, n. 208).
Il d.-l. 16 mag g io 1994, n. 293 (Disciplina della proroga deg li organi
amministrativi), convertito, con modificazioni, dalla leg ge 15 lug lio 1994,
n. 444, ha previsto, quale durata massima della prorogatio, il termine di
quarantacinque g iorni, stabilendo che, in questo periodo, possono
essere adottati esclusivamente atti di ordinaria amministrazione (art. 3);
- questa norma, pur non potendosi applicare in via diretta nel caso in
esame, venendo qui in rilievo organi «per i quali la nomina dei
componenti è di competenza parlamentare» (art. 1, ultimo comma, del
citato decreto), è, nella parte in cui pone chiari limiti allo svolg imento
dell’attività deg li organi prorogati, espressione di un principio generale
strettamente connesso alla natura e alla funzione dell’istituto;
- tale limite, in quanto espressione di un principio generale, è, pertanto,
applicabile anche alla fattispecie sub iudice;
- deve ritenersi che l’applicazione di sanzioni amministrative rientri
nell’ambito dell’ordinaria amministrazione dell’Autorità, trattandosi di
una funzione che si sostanzia nella reazione dell’ordinamento alla
violazione di un precetto, il cui esercizio, pertanto, rientra nell’ambito
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dei compiti fisiolog ici per il funzionamento dell’ente (infatti, una delle
rag ioni che g iustifica l’istituto della prorogatio è quella di evitare che vi
siano ‘vuoti’ amministrativi idonei ad incidere sulla complessiva
organizzazione pubblica ed a consentire la violazione impunita dei
precetti).
6.3. Procedendo in ordine log ico all’esame del profilo di censura, pure di
natura procedimentale, dedotto nell’ambito del quinto motivo d’appello
– la cui infondatezza pure è stata adombrata nell’ordinanza di rinvio
preg iudiziale alla Corte di Giustizia – avverso la statuizione sub 2.f),
reiettiva della dog lianza di violazione dell’art. 14, comma 2, l. l. 24
novembre 1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale), per tardività della
contestazione, si osserva che anche tale profilo di censura deve essere
disatteso.
Il citato art. 14, comma 2, dispone che, «se non è avvenuta la
contestazione immediata (…), g li estremi della violazione debbono
essere notificati ag li interessati residenti nel territorio della Repubblica
entro il termine di novanta g iorni».
Questa Sezione ha g ià avuto modo di affermare che «l’arco di tempo
entro il quale l’Autorità deve provvedere alla notifica della
contestazione, ai sensi dell’art. 14 della leg ge n. 689 del 1981 (invero
richiamata di solito per la disciplina della sanzione pecuniaria e non g ià
per l’istruttoria del procedimento) è collegato non g ià alla data di
commissione della violazione, ma al tempo di accertamento
dell’infrazione, da intendersi in una prospettiva teleolog icamente
orientata e quindi non g ià alla notizia del fatto sanzionabile nella sua
materialità, ma all’acquisizione della piena conoscenza della condotta
illecita, implicante il riscontro della esistenza e della consistenza della
infrazione e dei suoi effetti». Pertanto, « i limiti temporali ai quali
l’Autorità era tenuta e doveva provvedere alla notifica della
contestazione erano collegati al presupposto della effettiva e completa
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conclusione delle attività di accertamento». Ne consegue che il fatto che
l’Autorità «deliberi l’avvio della istruttoria a distanza di vari mesi dalla
segnalazione della possibile infrazione non può in alcun modo essere
considerato come una violazione dei diritti delle imprese coinvolte, né
un superamento dei termini procedimentali, in quanto la stessa
valutazione della esigenza di avviare o meno l’istruttoria può presentarsi
complessa». L’invocato termine di novanta g iorni, previsto dal comma 2
dell’art. 14 l. n.689 del 1981, «inizia a decorrere solo dal momento in cui è
compiuta – o si sarebbe dovuta rag ionevolmente compiere, anche in
relazione alla complessità della fattispecie – l’attività amministrativa intesa
a verificare la esistenza dell’infrazione, comprensiva delle indag ini intese
a riscontrare la sussistenza di tutti g li elementi sog gettivi ed og gettivi
dell’infrazione stessa» (in questi termini, da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI,
22 lug lio 2014, n. 3896).
Nella fattispecie in esame, risulta che:
- il GSE ha segnalato all’Autorità, con nota del 28 settembre 2007, il
mancato adempimento all’obblig o di acquisto di certificati verdi per
l’anno 2006, evidenziando numerosi profili di criticità relativi alle
importazioni dell’anno 2005;
- con note del 31 ottobre e 18 dicembre 2007, l’Autorità ha chiesto
chiarimenti al GSE e, rispettivamente, alla Green Network;
- in seguito ai chiarimenti di quest’ultima (con nota pervenuta il 27
dicembre 2007) e del GSE (con note dell’8 gennaio 2008 e del 7 febbraio
2008), la contestazione dell’illecito è stata effettuata con deliberazione
del 17 marzo 2008, n. 30, pubblicata sul sito dell’Autorità in data 23 aprile
2008.
La scansione temporale delle attività poste in essere dall’Autorità, letta
alla luce della sopra esposta elaborazione g iurisprudenziale, dimostra che
dalla piena conoscenza della condotta illecita, in esito ai chiarimenti
forniti da Green Network e dal GSE, fino al momento della
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contestazione dell’illecito, è trascorso un periodo di tempo inferiore al
limite massimo dei novanta g iorni previsto dal citato art. 14 della leg ge n.
689 del 1981, con conseguente corretta reiezione, nell’impugnata
sentenza, del profilo di censura in esame.
6.4. Scendendo all’esame dei motivi d’appello secondo, terzo, quarto e
quinto, tra di loro connessi e da esaminare cong iuntamente – con cui si
censura l’erronea reiezione dei motivi di ricorso sub §§ 2.b), 2.c.), 2.d) e
2.e) –, si osserva che sono fondati il secondo motivo [sotto il profilo
dell’erronea declaratoria d’inammissibilità del motivo di primo g rado sub
§ 2.)], nonché, parzialmente, il quinto motivo, mentre g li altri motivi
d’appello sono infondati.
Con i motivi in esame si deduce che:
- contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo
reg ionale, la richiesta di disapplicazione, per contrasto con la disciplina
comunitaria, dell’art. 20 d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energ ia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità), sarebbe suffragata da un interesse concreto
dell’appellante, in quanto comporterebbe la reviviscenza della disciplina
anteriore di cui al decreto ministeriale 11 novembre 1999, con
conseguente erroneità della correlativa declaratoria d’inammissibilità;
- l’erronea ritenuta integ razione della violazione contestata con
l’impugnato provvedimento per la mancanza dell’accordo dello Stato
italiano con la Svizzera richiesto dal citato art. 20 d.lgs. n. 387 del 2003, in
quanto, nel caso di specie, l’importazione era avvenuta nel 2005, sicché
trovava applicazione l’art. 3, comma 1-bis, del decreto ministeriale 11
novembre 1999, il quale, ai fini dell’esenzione dall’obblig o di pagamento,
riteneva sufficiente la dichiarazione dell’operatore estero, dalla quale
risultassero la quantità di elettricità venduta e i dati identificativi deg li
impianti di produzione;
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- erroneamente era stata respinta la censura di violazione dell’accordo di
libero scambio stipulato tra la Confederazione Svizzera e la Comunità
Economica Europea il 22 lug lio 1972, potendo anche l’energ ia elettrica
circolare come merce, né sussistendo un’esigenza di carattere ambientale
ostativa all’applicabilità del principio del mutuo riconoscimento, poiché
g li obiettivi prefissati dall’Unione Europea in materia energetica erano
adeguatamente tutelati alla luce della disciplina vigente in Svizzera,
sostanzialmente assimilabile a quella introdotta nell’ordinamento
comunitario con la direttiva 2001/77/CE, e dell’accordo tra gestore
italiano e svizzero;
- l’erronea omessa rilevazione della violazione del principio di legalità che
presiede all’applicazione delle sanzioni amministrative e che ne impedisce
l’applicazione retroattiva, oltre che del principio del leg ittimo
affidamento dell’operatore economico, tenuto conto della disciplina
vigente al momento dell’importazione dell’energ ia dalla Svizzera,
nonché l’erronea reiezione delle censura di inconfigurabilità del
requisito sog gettivo e della sussistenza deg li estremi dell’esimente della
buona fede.
Orbene, l’esame dei dedotti motivi d’appello impone di: (i) ricostruire il
quadro normativo, nazionale e comunitario, rilevante alla luce anche
della g iurisprudenza europea; (ii) stabilire la natura del potere esercitato
dall’Autorità; (iii) valutare le conseguenze che l’applicazione corretta di
detta normativa, in conformità alla disciplina comunitaria, comporta in
ordine al g iudizio di validità del provvedimento impugnato.
6.4.1. Sul piano normativo, l’art. 11 d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79
(Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il
mercato interno dell’energ ia elettrica), ha disposto quanto segue:
«1.Al fine di incentivare l’uso delle energ ie rinnovabili, il risparmio
energetico, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l’utilizzo
delle risorse energetiche nazionali, a decorrere dall’anno 2001 g li
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importatori e i sog getti responsabili deg li impianti che, in ciascun anno,
importano o producono energ ia elettrica da fonti non rinnovabili hanno
l’obblig o di immettere nel sistema elettrico nazionale, nell’anno
successivo, una quota prodotta da impianti da fonti rinnovabili entrati in
esercizio o ripotenziati, limitatamente alla producibilità ag g iuntiva, in
data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto.
(…) 3. Gli stessi sog getti possono adempiere al suddetto obblig o anche
acquistando, in tutto o in parte, l’equivalente quota o i relativi diritti da
altri produttori, purché immettano l’energ ia da fonti rinnovabili nel
sistema elettrico nazionale, o dal gestore della rete di trasmissione
nazionale.
(…) 5. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artig ianato, di concerto con il Ministro dell’ambiente, sono adottate
le direttive per l’attuazione di quanto disposto dal comma 1 (…)».
I diritti di cui al comma 3 dell’art. 11 d.lgs. n. 79 del 1999, acquistati
nell’ambito dell’applicazione delle direttive di cui al comma 5 del
medesimo decreto leg islativo, sono incorporati nei c.d. certificati verdi
[v., in tal senso, la definizione di « certificati verdi» ai sensi dell’art. 2, lett.
o), d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387], che, ai fini della commercializzazione
delle quote, sono rilasciati dal GSE ai produttori di energ ia elettrica che
si avvalgono di impianti alimentati da fonti rinnovabili.
L’art. 3, comma 1-bis, del decreto ministeriale 11 novembre 1999, nel
dettare le direttive di cui al suddetto comma 5 dell’art. 11 d.lgs. n. 79 del
1999, ha stabilito che la richiesta di esenzione dall’obblig o di acquisto di
energ ia rinnovabile è «inoltrata al gestore della rete entro i medesimi
tempi di cui al comma 1, ed è corredata dai seguenti documenti: a)
dichiarazione dell’operatore estero dalla quale risultino la quantità di
elettricità venduta e i dati identificativi deg li impianti di produzione; b)
dichiarazione, rilasciata dal gestore della rete del Paese ove è ubicato
l’impianto di produzione, che attesti la provenienza da fonte rinnovabile
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dell’energ ia elettrica prodotta e che riporti i dati identificativi deg li
impianti di produzione».
L’art. 4, comma 6, dello stesso decreto ha previsto, quale rimedio
alternativo a quello previsto dall’articolo precedente in g rado di
consentire l’esenzione dall’obblig o di acquisto di certificati verdi,
l’importazione, in tutto o in parte, di «elettricità prodotta da impianti
entrati in esercizio successivamente al 1° aprile 1999, alimentati da fonti
rinnovabili, purché tali impianti siano ubicati in Paesi esteri che adottino
analoghi strumenti di promozione ed incentivazione delle fonti
rinnovabili, basati su meccanismi di mercato che riconoscano la stessa
possibilità ad impianti ubicati in Italia». In tale caso, specifica la norma, la
relativa domanda «è presentata dal sog getto obbligato, unitamente al
contratto di acquisto dell’energ ia prodotta dall’impianto ed a titolo
valido per l’immissione della stessa nel sistema elettrico nazionale» e deve
essere certificata «dall’autorità designata ai sensi dell’ art. 20, comma 3,
della direttiva 96/92/CE nel paese in cui è ubicato l’impianto».
La direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento
europeo e del Consig lio sulla promozione dell'energ ia elettrica prodotta
da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità),
pubblicata nella G.U.C.E. 27 ottobre 2001, n. L 283, ed entrata in vig ore
il 27 ottobre 2001 – og g i, abrogata dalla direttiva 23 aprile 2009 n.
2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consig lio sulla promozione
dell’uso dell’energ ia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE –, al fine di
promuovere un mag g ior contributo delle fonti energetiche rinnovabili
alla produzione dell’elettricità nel mercato comune, ha introdotto la
garanzia di orig ine quale mezzo di certificazione della provenienza da
fonte rinnovabile dell’energ ia elettrica prodotta dag li Stati membri.
Ai sensi dell’art. 5 della direttiva 2001/77/CE, ciascun Stato membro,
entro il 27 ottobre 2003, doveva dare attuazione alla normativa,
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prevedendo il rilascio di garanzie di orig ine idonee a provare l’orig ine
dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, secondo criteri og gettivi,
trasparenti e non discriminatori.
Lo Stato italiano ha dato attuazione alla direttiva 2001/77/CE con il
d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE
relativa alla promozione dell’energ ia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il cui articolo
20, nei testi vigenti ratione temporis e per quanto qui interessa, statuisce
come segue:
«3. I sog getti che importano energ ia elettrica da Stati membri
dell’Unione europea, sottoposti all’obblig o di cui all’ articolo 11 del
decreto leg islativo 16 marzo 1999, n. 79, possono richiedere al Gestore
della rete, relativamente alla quota di elettricità importata prodotta da
fonti rinnovabili, l’esenzione dal medesimo obblig o. La richiesta è
corredata almeno da copia conforme della garanzia di orig ine rilasciata, ai
sensi dell’ articolo 5 della direttiva 2001/77/CE, nel Paese ove è ubicato
l’impianto di produzione. In caso di importazione di elettricità da Paesi
terzi, l’esenzione dal medesimo obblig o, relativamente alla quota di
elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili, è subordinata alla
stipula di un accordo tra il Ministero delle attività produttive e il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e i competenti
Ministeri dello Stato estero da cui l’elettricità viene importata, che
prevede che l’elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili è
garantita come tale con le medesime modalità di cui all’articolo 5 della
direttiva 2001/77/CE [il citato comma 3 è stato abrogato, a decorrere dal
1° gennaio 2012, dalla lettera a) del comma 11 dell’ art. 25, d.lgs. 3 marzo
2011, n. 28; n.d.e.].
(…) 8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vig ore del presente
provvedimento, con decreto del Ministro delle attività produttive di
concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sono
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ag g iornate le direttive di cui all’ articolo 11, comma 5, del decreto
leg islativo 16 marzo 1999, n. 79».
La Corte di g iustizia, Quarta Sezione, con sentenza 26 novembre 2014
sub C-66/13, in relazione alla questione preg iudiziale sollevata da questa
Sezione con l’ordinanza n. 632/2013 (v. sopra sub § 4.), nella parte
dispositiva ha statuito come segue:
«1) Il Trattato CE dev’essere interpretato nel senso che, tenuto conto
delle disposizioni della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e
del Consig lio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energ ia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità, la Comunità europea dispone di una competenza esterna
esclusiva che osta ad una disposizione nazionale, come quella
controversa nel procedimento principale, che prevede la concessione di
un’esenzione dall’obblig o di acquistare certificati verdi a motivo
dell’immissione, nel mercato nazionale del consumo, di energ ia elettrica
importata da uno Stato terzo, mediante la previa conclusione, tra lo
Stato membro e lo Stato terzo interessati, di un accordo in forza del
quale si garantisce che l’energ ia elettrica così importata è prodotta da
fonti energetiche rinnovabili, secondo modalità identiche a quelle
previste dall’articolo 5 di tale direttiva.
2) Il diritto dell’Unione osta a che, dopo che una disposizione nazionale
come quella di cui al punto 1 del dispositivo della presente sentenza sia
stata disapplicata da un g iudice nazionale in quanto non conforme a tale
diritto, lo stesso g iudice applichi in sostituzione una precedente
disposizione nazionale sostanzialmente analoga alla disposizione
suddetta, che prevede la concessione di un’esenzione dall’obblig o di
acquistare certificati verdi a motivo dell’immissione, nel mercato
nazionale del consumo, di energ ia elettrica importata da uno Stato
terzo, mediante la previa conclusione, tra il gestore di rete nazionale ed
un’analoga autorità locale dello Stato terzo interessato, di una
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convenzione che determina le modalità di verifica necessarie per
certificare che l’energ ia elettrica così importata è prodotta da fonti
energetiche rinnovabili».
A queste conclusioni la Corte è pervenuta, rilevando come il sistema
europeo si fondi sulle cosiddette ‘garanzie di orig ine’ che hanno lo
scopo di consentire ai produttori di elettricità di dimostrare che
l’elettricità da essi venduta è prodotta da fonti energetiche rinnovabili.
In questa prospettiva, si afferma nella sentenza, consentire ad accordi tra
Stati di prevedere diversi sistemi di certificazione, ampliando «il campo di
applicazione del meccanismo armonizzato di certificazione proprio delle
garanzie di orig ine», interferirebbe, tra l’altro, con l’obblig o che
incombe ag li Stati membri di aumentare la loro produzione di energ ia
elettrica da fonti rinnovabili e, pertanto, preg iudicherebbe il buon
funzionamento del sistema delineato dalla direttiva 2001/77.
6.4.2. Passando all’esame della natura del potere esercitato dall’Autorità e
delle relative fonti normative, si osserva che:
- l’art. 4 del d.lgs. n. 387 del 2003 dispone che il Gestore delle rete
comunica all’Autorità i nominativi dei soggetti inadempienti ag li obblighi
di settore (tra cui quello che viene in rilievo in questa sede), e che
l’Autorità applica le sanzioni ai sensi della leg ge 14 novembre 1995, n.
481 (Norme per la concorrenza e la reg olazione dei servizi di pubblica
utilità. Istituzione delle Autorità di reg olazione dei servizi di pubblica
utilità);
- le sanzioni, irrogate dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di
funzioni amministrative, rappresentano la reazione dell’ordinamento alla
violazione di un precetto, distinguendosi in sanzioni in senso lato e
sanzioni in senso stretto: le prime hanno una finalità ripristinatoria, in
forma specifica o per equivalente, dell’interesse pubblico leso dal
comportamento antig iuridico, mentre le seconde hanno una finalità
afflittiva, essendo indirizzate a punire il responsabile dell’illecito allo
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scopo di assicurare obiettivi di prevenzione generale e speciale;
- le principali tipolog ie di sanzioni in senso stretto sono pecuniarie,
quando consistono nel pagamento di una somma di denaro, ovvero
interdittive, quando impediscono l’esercizio di diritti o facoltà da parte
del sog getto inadempiente, con la precisazione che la disciplina generale
delle sanzioni pecuniarie, modellata alla luce dei principi di matrice
penalistica, è contenuta nella leg ge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche
al sistema penale);
- se la sanzione ha natura afflittiva, la stessa deve essere sostanzialmente
equiparata, ai fini della disciplina applicabile, ad una vera e propria
sanzione penale;
- la Corte di Strasburg o ha elaborato propri e autonomi criteri al fine di
stabilire la natura penale o meno di un illecito e della relativa sanzione,
individuando, in particolare, i tre criteri, costituiti: (i) dalla qualificazione
g iuridica dell’illecito nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la
stessa non è vincolante qualora si accerti la valenza ‘intrinsecamente
penale’ della misura; (ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di
applicazione della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito; (iii)
dal g rado di severità della sanzione (sentenze 4 marzo 2014, r. n.
18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio
2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhin c. Russia; si v. anche
Corte di g iustizia UE, Grande Sezione, 5 g iugno 2012, n. 489, nella causa
C-489/10; si veda, da ultimo, su questi tre criteri, Cons. Stato, Sez. VI,
sentenza 26 marzo 2015, n. 1596, in particolare sub § 14.).
Nel caso specifico, ai fini dell’esatta qualificazione del potere esercitato
dall’Autorità, si rileva che:
- quanto al primo criterio sub (i), la normativa di disciplina del potere
non fornisce indicazioni chiare;
- in relazione al secondo criterio sub (ii), dall’analisi complessiva
dell’assetto normativo si desume come lo scopo principale perseguito,
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imposto anche dal diritto europeo, sia quello di ripristinare la legalità
violata dall’inadempimento dell’obbligo di acquisto dei certificati verdi, al
fine di tutelare l’interesse pubblico alla promozione dell’energ ia
prodotta da fonti rinnovabili;
- in relazione al terzo criterio sub (iii), l’Autorità, nel determinare l’entità
della sanzione, ha utilizzato, quale indice di riferimento, il «valore di
mercato dei certificati verdi (…) al tempo dell’insorgenza dell’obblig o
inadempiuto», con la conseguenza che «in base a tale quotazione, il
valore complessivo dei 378 certificati verdi non acquistati da Green
Network è pari a 2.367.792 euro» (v. § 47 del provvedimento impugnato),
e con l’ag g iunta che «l’efficacia deterrente della sanzione sarebbe
vanificata ove si irrogasse una sanzione pari o inferiore al valore dei
certificati verdi non acquistati», sicché l’Autorità ha determinato la
sanzione nell’ammontare finale di euro 2.466.450.
Ebbene, da quanto esposto risulta come lo scopo principale perseguito
nell’immediato dall’Autorità sia stato quello di ripristinare l’interesse
pubblico leso, sicché la sanzione ha una finalità ripristinatoria, nella parte
in cui viene determinata prendendo quale indice di riferimento il valore
dei certificati verdi non acquistati (dunque, per l’ammontare di euro
2.367.792), mentre presenta una valenza afflittiva soltanto nella parte
residua (per l’ammontare di euro 98.658) che supera il valore dei
certificati.
6.4.3. Quanto alle conseguenze che comporta l’applicazione della
normativa di settore, così come interpretata dalla Corte di g iustizia, al
potere sanzionatorio esercitato dall’Autorità, si premette che l’analisi
deve muovere dalla doppia qualificazione del provvedimento adottato
come avente finalità ripristinatoria ed afflittiva.
6.4.3.1. In relazione alla parte più consistente, avente finalità
ripristinatoria, s’impongono le seguenti considerazioni.
La Corte ha ritenuto contrarie al diritto europeo le norme nazionali che
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consentono un sistema di certificazione delle garanzie di orig ine diverso
da quello contemplato dal diritto europeo stesso. La competenza a
delineare tale sistema, in presenza di rapporti con Paesi terzi, è di
esclusiva competenza della Unione europea, al fine di assicurare
omogeneità di trattamento ed effettività nel perseguimento deg li
obiettivi posti.
La contrarietà al diritto europeo delle norme nazionali impone la loro
disapplicazione ai fini della definizione del presente g iudizio.
La loro disapplicazione non può comportare, come assunto
dall’appellante nella memoria del 19 g iugno 2015, l’illeg ittimità del
provvedimento dell’Autorità perché adottato sulla base di un
presupposto normativo caducato per effetto della pronuncia della
Corte di Giustizia.
Infatti, l’obblig o primario di acquisito dei certificati verdi è contenuto
nell’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999.
L’art. 20 d.lgs. n. 387 del 2003, così come il previgente art. 4, comma 6,
del d.m. 11 novembre 1999, prevedeva esclusivamente un sistema di
esenzione dall’obblig o nel caso di sussistenza dei presupposti previsti
dalle norme stesse. L’accertata illeg ittimità europea di tale sistema lascia
fermo l’obblig o di acquisito dei certificati verdi. In altri termini, è rimasto
caducato il presupposto normativo per l’esenzione dall’obblig o di
acquisto dei certificati verdi, non g ià il presupposto normativo
dell’obblig o primario di acquisto dei certificati medesimi, il cui
inadempimento è stato sanzionato dall’Autorità.
Né varrebbe rilevare che l’art. 11 d.lgs. n. 79 del 1999 imponga il dovere
di acquisto soltanto in presenza di importazione di energ ia da fonte non
rinnovabile, mentre la società appellante avrebbe acquistato energ ia da
fonte rinnovabile. La mancata applicazione dell’esimente prevista dalla
normativa nazionale, sopra richiamata, comporta che la società non può
dimostrare che l’energ ia acquistata provenga da fonte rinnovabile con la
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conseguente applicabilità dell’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999. In altri
termini, una volta che sono espunte dall’ordinamento interno le norme
dichiarate dalla Corte di g iustizia contrarie al diritto europeo – in virtù
del principio, che la competenza a stipulare accordi con Paesi terzi per
stabilire i criteri di certificazione delle garanzie di orig ine spetta soltanto
alla Unione europea –, non sussistono sistemi idonei per accertare la
provenienza da fonti rinnovabili dell’energ ia importata.
Infondato è, altresì, l’assunto della società appellante (v. memoria del 19
g iugno 2015, p. 13), secondo cui dovrebbe applicarsi l’art. 3, comma
1-bis, del d.m. 11 novembre 1999 (che contempla un sistema di esenzione
dall’obblig o non espressamente dichiarato illeg ittimo dalla Corte di
g iustizia). Sul punto è sufficiente rilevare che anche tale norma deve
ritenersi contraria al diritto europeo. Le arg omentazioni impiegate dai
g iudici europei non possono non valere anche in relazione alla norma in
esame. Infatti, una volta che si è affermato il principio che la
competenza a stipulare accordi con Paesi terzi per stabilire i criteri di
certificazione delle garanzie di orig ine spetti soltanto alla Unione
europea, tutte le norme nazionali che contemplano criteri diversi sono
contrarie al diritto europeo. La circostanza che il citato art. 3, comma
1-bis, non sia stato og getto di espressa valutazione dalla Corte di
g iustizia non priva questo Colleg io del potere di g iudicare la conformità
della norma interna al diritto europeo, sicché, in definitiva, anche tale
norma deve essere disapplicata perché in contrasto con la disciplina
comunitaria del settore.
Occorre, infine, rilevare che, versandosi in fattispecie di g iurisdizione
esclusiva e di merito ai sensi deg li artt. 133, comma 1, lett. l), e 134,
comma 1, lett. c), Cod. proc. amm., la pretesa della società appellante di
vedersi riconosciuta in sede g iurisdizionale l’esenzione dall’obblig o di
acquisto dei certificati verdi in relazione alle importazioni di energ ia per
l’anno 2005 dalla Svizzera va dichiarata infondata indipendentemente
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dalla motivazione del provvedimento impugnato, trovando, per sopra
esposte rag ioni, un ostacolo insormontabile nel diritto comunitario.
6.4.3.2. In relazione alla parte afflittiva della sanzione irrogata, valg ono le
(diverse) considerazioni di cui appresso.
La natura ‘penale’ della sanzione determina l’applicazione dei principi di
matrice penalistica, tra i quali quello della necessaria esistenza di un
comportamento doloso o colposo del sog getto ai sensi dell’art. 27 Cost..
In particolare, per quanto rileva in questa sede, l’art. 5 Cod. pen., così
come integ rato dalla sentenza n. 364 del 1988 della Corte costituzionale,
dispone che l’errore di diritto esclude la colpevolezza nel caso in cui la
violazione del precetto sia stata inevitabile.
In questa prospettiva, l’esistenza di una norma interna contenente una
esimente dall’applicazione della sanzione può g iustificare, anche nel caso
in cui la stessa sia stata dichiarata contraria al diritto europeo,
l’applicazione dell’art. 5 Cod. pen., quando si tratti di un contrasto non
palese che è stato, ad esempio, riconosciuto per la prima volta dalla
stessa Corte di g iustizia. In altri termini, l’esistenza di un contrasto
interpretativo conseguente anche all’applicazione del diritto europeo in
ordine alla portata di una esimente, può indurre a ritenere applicabile
l’art. 5 cod. pen. e pertanto scusabile, in quanto inevitabile, la violazione
del precetto ‘penale’.
Nella fattispecie in esame, al momento della violazione della normativa
che pone l’obblig o, sussistevano dubbi, sul piano interno, in ordine
all’applicabilità dell’esimente costituita dall’acquisito di energ ia all’estero
nel rispetto delle condizioni previste dalla leg ge nazionale. In
particolare, l’art. 20, comma 8, del d.lgs. n. 387 del 2003 prevedeva che
«entro sei mesi dalla data di entrata in vig ore del presente
provvedimento, con decreto del Ministro delle attività produttive di
concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sono
ag g iornate le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto
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leg islativo 16 marzo 1999, n. 79». La formulazione ambigua della norma
poteva indurre g li operatori economici a ritenere che continuasse ad
applicarsi quanto stabilito dal decreto ministeriale del 1999, il quale,
all’art. 3, comma 1-bis, prevedeva un particolare sistema di esenzione
dall’obblig o di acquisto dei certificati verdi. Ne consegue che la società,
quando ha provveduto all’acquisito dell’energ ia dalla Svizzera, poteva
fare rag ionevole affidamento sul fatto che esisteva una disposizione
interna che autorizzava, nel rispetto dei presupposti da essa previsti,
l’importazione di energ ia da Paesi terzi con le garanzie di orig ine della
sua provenienza da fonte rinnovabile. Tale normativa, per le rag ioni g ià
esposte, è stata poi dichiarata in contrasto con il diritto europeo all’esito
di un rinvio preg iudiziale da parte di questa Sezione. In definitiva, al
momento della commissione dell’illecito, la condotta dell’operatore
economico era disciplinata da reg ole g iuridiche non chiare. Sul piano
interno, era dubbia l’applicazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 387 del 2003,
ovvero dell’art. 3, comma 1-bis, del decreto ministeriale 11 novembre
1999. Sul piano europeo, entrambe le norme erano comunque in
contrasto con la disciplina europea sopra riportata. Tale contrasto non
era però di facile individuazione, come dimostra la stessa necessità di
operare un rinvio preg iudiziale alla Corte di g iustizia.
Alla luce di quanto esposto, emerge come sussisteva una og gettiva
incertezza normativa in ordine alle reg ole di condotta da seguire – cui si
ag g iunge il comportamento tenuto dal Ministero dello sviluppo
economico e dal GSE che avevano concesso l’esenzione dall’obblig o di
acquisto dei certificati verdi relativamente alle importazioni di elettricità
nell’anno 2004 –, con la conseguenza che ricorrono i presupposti per
ritenere non colpevole la violazione commessa dalla società.
Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere dichiarato
illeg ittimo nella sola parte in cui applica una sanzione ‘penale’ per la sua
valenza afflittiva (limitatamente alla parte di tale sanzione correlata
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all’importazione di energ ia elettrica dalla Svizzera, e non anche dalla
Francia; v. sopra, § 6.1.).
6.4.3.3. Occorre, conclusivamente, precisare che, alla luce di quanto sin
qui affermato, la società, in relazione all’energ ia importata dalla Svizzera,
è tenuta soltanto a corrispondere il valore dei certificati verdi allo scopo
di ripristinare l’ordine violato e dunque assicurare la legalità interna ed
europea. Se si imponesse alla società di corrispondere, in ag g iunta ed a
mero titolo afflittivo, anche il valore dei certificati, si finirebbe per
applicare una doppia sanzione, in contrasto con i principi europei che
disciplinano le sanzioni amministrative aventi valenza ‘penale’.
6.4.4. Privo di preg io è, infine, il profilo di censura, con cui si assume la
violazione dell’accordo di libero scambio del 22 lug lio 1972, intervenuto
tra Svizzera e Comunità economica europea, che dovrebbe consentire
l’equiparazione sotto tutti g li aspetti dell’energ ia proveniente da Stati
membri a quella proveniente dal predetto Paese.
Invero, il predetto accordo, come risulta chiaramente dall’analisi del suo
contenuto, è finalizzato esclusivamente ad assicurare l’espansione deg li
scambi commerciali mediante, tra l’altro, l’eliminazione deg li ostacoli
esistenti (tasse, dazi, ecc.), mentre lo stesso non si occupa della
questione specifica og getto del provvedimento dell’Autorità, come, del
resto, confermato, implicitamente, dalla stessa sentenza della Corte di
Giustizia, sopra richiamata.
6.5. Resta assorbito il riproposto profilo di censura di erronea
commisurazione dell’entità della sanzione.
7. La complessità e novità delle questioni trattate g iustifica l’integ rale
compensazione delle spese di entrambi i g radi di g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epig rafe proposto
(ricorso n. 1691 del 2012), lo accog lie parzialmente e, per l’effetto,
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annulla in parte il provvedimento impugnato in primo g rado, nei sensi e
nei limiti di cui in motivazione; dichiara le spese del doppio g rado di
g iudizio interamente compensate tra le parti; dispone la comunicazione
della presente sentenza alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a
cura della Segreteria.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 7 lug lio 2015,
con l’intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consig liere
Gabriella De Michele, Consig liere
Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore
Andrea Pannone, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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