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Settembre 2011

Date post: 19-Mar-2016
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Settembre 2011
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Settembre 2011 - numero 2 - anno XXVII
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Settembre 2011 - numero 2 - anno XXVII

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LA CASA INFORMA 2 Un’organizzazione in movimento

3 Ancora muro di Berlino

5 Ma ora ci chiediamo perché un gatto...

PROGETTI 7 Il libro dei desideri

9 Concorso UPIPA

ATTIVITÀ 11 Un nostro “mercatino” a favore...

12 Adottiamo cocorite e canarini

12 I quadri de veludo del Silvio

13 Evviva la cena in terrazza

14 Soggiorno marino

14 Passeggiate nei pomeriggi …

15 Le bici alimentari per un giorno ..

16 La visita al Mart

17 I nostri orti

17 Un pomeriggio alle Lochere …

RICORDI 18 Il mulino “Manuelot”

19 Per conoscerci meglio

21 Il frumento

CENTRO DIURNO 22 Coro gioioso

EVENTI 23 Il castello di Tullio Fruet

24 In ricordo di Carlo Fontanari ...

POESIA 25 El ne alzheimer

26 Iginio e Dino

27 El nos futuro … che pasion!

L’ANIMAZIONE INFORMA 28 Le “spizzate”

29 15° edizione delle Olimpiadi …

29 Il torneo di bocce

A STRETTO GIRO DI POSTA 30 Il volontariato: occasione di crescita

30 L’associazione anteas si presenta

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SOMMARIO

Il ponte n. 2 - Settembre 2011 Distribuzione gratuita Comitato di redazione Cristina Bolgia Giovanna Meneghini Cura redazionale e impostazione grafica Cristina Bolgia Giovanna Meneghini Fotografie Servizio animazione Redazione presso: S. Spirito - Fondazione Montel Azienda Pubblica di Servizi alla Persona 38057 - Pergine Valsugana (TN) Via Marconi n. 4 tel. 0461/531002 fax 0461/532971 E-mail: [email protected] Sito: www.apsp-pergine.ti Stampa Publistampa Arti grafiche, Pergine Valsugana Si ringraziano tutti coloro che hanno dato il loro apporto per la realizzazione del periodico

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di Giovanni Bertoldi

LA CASA INFORMA 2

UN’ORGANIZZAZIONE IN MOVIMENTO

E’ passato un anno dall’inaugu-razione della nuova palazzina servizi e dei sottopassi pedona-li di collegamento dell’APSP S. Spirito – Fondazione Montel di Pergine Valsugana, e la “Cittadella dell’anziano e dei servizi alla persona” sta ormai prendendo forma. Nel corso di questa estate, che ormai si ac-cinge alla conclusione, è stata trasferita la cucina dalla storica

dei fornelli nuovi e luccicanti collocati in un ambiente spazio-so, luminoso ed accogliente. La biga ha incominciato a percor-rere i circa 200 metri di lun-ghezza del sottopasso pedona-le per portare nel minor tempo possibile i pasti ai nostri Ospiti garantendo sempre e comun-que quella qualità e quelle at-tenzioni che il fatidico momento del pasto richiede.

sede di via Pive al piano inter-rato della Palazzina Servizi completando così in parte il processo di ammodernamento e riorganizzazione dell’intera struttura operativa. Nell’arco di sole due giornate di intenso lavoro e di grande partecipazio-ne e coinvolgimento di tutto il personale, la preparazione dei pasti è passata da una cucina ormai vecchia ed obsoleta a

E’ notoriamente risaputo che il momento del pasto detta e scandisce i tempi della giornata sia per chi studia, sia per chi lavora, ma anche e soprattutto per i nostri cari Ospiti che pas-sano le loro giornate all’interno di queste residenze. Grazie ad un intenso lavoro svolto da un gruppo di operatori della strut-tura di via Marconi, è in pro-gramma nelle prossime setti-mane una revisione e riorganiz-zazione della “Giornata tipo” che vedrà una rimodulazione dell’orario dell’alzata, dell’orario

del servizio erogato dalla no-stra struttura. La Casa di Ripo-so, come ancora oggi viene comunemente chiamata questa APSP, è sì fatta di strutture, sottopassi di collegamento, at-trezzature, piani di lavoro e orari ben definiti, ma è fatta an-che e soprattutto di persone che, con la loro professionalità e capacità di relazione, sono chiamate a promuovere benes-sere e qualità della vita. Questa è la nostra missione e questo deve essere il nostro impegno oggi e domani.

delle varie attività e, non da ultimo, dell’orario del pranzo e della cena. Tutto questo, nato anche grazie alla tenacia e alla sensibilità di Ospiti, familiari e collaboratori, si colloca all’inter-no della nostra strategia azien-dale che mette al primo punto la qualità di vita degli Ospiti re-sidenti. Gli incontri con i fami-liari che in queste giornate stia-mo promuovendo all’interno dei singoli nuclei assistenziali han-no la precisa finalità di ascolta-re dai diretti interessati even-tuali proposte di miglioramento

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LA CASA INFORMA

L’uomo è l’animale più intelli-gente, ma se dovessimo basar-ci sui suoi comportamenti di-remmo che è il più sciocco. La soluzione più veloce ad un pro-blema è fare in modo di non vederlo, costruendo un muro, magari alto più di 3 metri. In modo che nemmeno l’uomo più alto possa valicarlo. E così, in una sola notte, tra il 12 e il 13 agosto 1961, nel bel mezzo di Berlino, inizia la costruzione del muro che permetterà di ferma-re l’esodo di persone dalla Ger-mania est. In un solo anno l’uo-mo costruì 155 chilometri di sciocchezza, tanto era la di-stanza in chilometri che sepa-rava la Germania est dalla Ger-mania ovest, barriera invalica-bile tra la zona d’influenza sta-tunitense e quella di influenza sovietica durante la guerra fredda. La DDR (repubblica democratica tedesca) soffriva

di una fuga di massa di profes-sionisti e lavoratori specializzati che si spostavano all’ovest, per non parlare delle diserzioni dell’esercito. Con la costruzio-ne del muro le emigrazioni pas-sarono da 2.500.000 tra il 1949 ed il 1962 a 5.000 tra il 1962 e il 1989. Il muro ottenne i risulta-ti sperati, evitando le fughe, ma fu un vero disastro per la DDR, diventando simbolo della tiran-nia comunista e causa di de-grado economico. Queste sono le conseguenze politiche ed economiche, ma la ferita mag-giore quel muro la lasciò nell’i-dentità del popolo tedesco. In-tere famiglie furono separate, senza possibilità di contatto e ricongiungimento, per ben ven-totto anni. Chi tentava di supe-rare quella barriera sapeva be-

ne che di fronte a sé avrebbe trovato il muro di cemento ar-mato alto 3 metri, vegliato da 302 torrette di guardia con cec-chini armati e una “striscia della morte” disseminata di mine. “Se dovete sparare, fate in mo-do che la persona in questione non vada via, ma rimanga con noi” diceva nel 1989 Erich Miel-ke, ministro della sicurezza del-la DDR. Furono più di 200 le persone uccise mentre cerca-vano la fuga o catturate ed in seguito giustiziate. Il 9 novem-bre 1989, finalmente, il muro venne abbattuto. La città in fe-sta era di nuovo unita. Il muro di Berlino ha segnato profondamente la storia euro-pea e la coscienza collettiva. La parola “muro” evoca sensa-zioni spiacevoli: mettere al mu-

di Andrea Zuccatti

ANCORA MURO DI BERLINO

Qual è il modo più facile e immediato di risolvere

un problema? Il dialogo, poiché ci per-

mette di arrivare da due opinioni contrastanti ad

un’unica soluzione. Il

perdono, perché in un attimo tutto quello che è

stato è passato.

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ro (fucilare), mettere con le spalle al muro (non poter reagi-re), parlare al muro (indifferen-za), sbattere la testa contro il muro (disperazione). E ancora, si usano espressioni come “muro di silenzio”, “muro di in-differenza”, “muro della solitudi-ne”. L’uomo non ha smesso di costruire muri come soluzione ai suoi problemi. A Gaza una barriera di 60 km divide Israele dai territori palestinesi ed è una chiusura tre volte più alta e due volte più larga del muro di Ber-lino. A Tijuana la frontiera tra Stati Uniti e Messico è sbarrata da 595 chilometri di muro. Ma, rimanendo in Italia, a Giugliano (NA) un muro separa un campo con 600 ROM dal resto del

o diverso. A cinquant’anni dalla costruzione del muro di Berlino i problemi rimangono, dietro a questi moderni “muri di Berli-no”.….

paese. A Padova è stata eretta una cinta alta 3 metri e lunga 80 per isolare un quartiere di immigrati. La guerra nella striscia di Ga-za, la povertà messicana, l’in-tolleranza verso chi è straniero

Durante la sua visita a Berlino del 15 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kenne-dy tenne un discorso pubblico che sarebbe divenuto uno dei momenti simbolo della Guerra Fredda:

« Ci sono molte persone al mondo che non comprendono, o non sanno, quale sia il grande

problema tra il mondo libero e il mondo comunista. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che il comunismo è l'onda del futuro. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che, in Europa e da altre parti, possiamo lavorare con i comunisti. Fateli venire a Berlino! E ci so-

no anche quei pochi che dicono che è vero che il comunismo è un sistema maligno, ma ci per-mette di fare progressi economici. Lasst sie nach Berlin kommen! Fateli venire a Berlino! [...] Tut-

ti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero,

sono orgoglioso di dire: Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese, NdT). »

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LA CASA INFORMA

di Giovanna Meneghini

MA ORA CI CHIEDIAMO PERCHE’ UN GATTO NELLA PET-THERAPY - 1ª parte

Sono tante le storie, le leggende tramandate che ci segnalano il gatto come

animale divino, misterioso spesso amato o odiato, sentimenti contrastanti

che assalivano l’uomo in ere e luoghi diversi.

mesticarlo, ma il gatto ha voluto prendere l’iniziativa. Molti spiega-no così il motivo che ha indotto l’uomo a sensazioni ed emozioni diverse e contraddittorie sul gatto … l’uomo dona al gatto una cu-riosità infinita, il gatto da sempre simbolo, del mistero e del potere, il gatto è sempre divertente e affascina grandi e piccoli, sprigionan-do tante energie positive e emozioni nuove, ma spesso l’uomo spa-ventato da questa indipendenza ha sparlato di lui, del gatto, come un animale insensibile, affezionato alla casa, un animale indipen-dente che non ha alcun bisogno del padrone. I sentimenti dell’uo-mo verso il gatto sono, quindi vari, l’uomo prova per questo piccolo felino amore, paura, odio e altre volte il gatto sprigiona un vero fa-scino, spesso simbolo di femminilità. Chi ha avuto la fortuna di incontrare un gatto e convivere con lui queste nuove emozioni rimarrà marchiato per sempre, il gatto fa-cilmente diviene per l’uomo una dipendenza: rappresentato come un enorme vaso colmo di amore ed emozioni quando ci guarda e ci fissa dolcemente per chiederci qualcosa silenziosamente, un silenzio parlato, il suo. Aspetti positivi li dona anche il suo sguardo che a differenza degli altri animali (cane, cavallo, coniglietto etc…) è frontale, e non laterale è simile al nostro modo di guardare il mondo.

Molti pensano che il gatto sia divenuto domestico perché ha deciso così, è stato lui a pren-dere l’iniziativa. L’uomo, inve-ce, ha mollato le redini notando come un piccolo felino fosse in grado di gestirlo e quasi “ammaestrarlo”. In sintesi, per la prima volta, non è stato l’uo-mo a scegliere il gatto e addo-

Ma quali sono quelle emozioni, quei sentimenti che il gatto pro-voca al nostro corpo? Quali sono le principali caratte-ristiche di questo animale che lo rendono prezioso per la Pet Therapy ? Per le particolari dimensioni, la formidabile flessibilità del suo corpo agile e morbido, il gatto viene facilmente tenuto in grembo, sulle ginocchia per essere coccolato e la sua per-cettibile voglia di coccole, vo-glia di ricevere da noi, colma quel vuoto interiore che spesso

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per alleviare lo stress, dimenti-carsi dei problemi soprattutto se a stretto contatto con il no-stro corpo. Le sue fusa ci rassi-curano in momenti tristi e bui, ci donano allegria gratuita e vera, una serenità interiore. Tutto sta nel lasciarsi andare, nel sapersi isolare e nel ricer-care in quei momenti solo la compagnia del nostro gatto. Il gatto presenta, come abbia-mo prima evidenziato, numero-si e importanti aspetti che esal-tano maggiormente, rispetto ad altri animali, le sue qualità spe-cifiche di “induttore di emozio-ni” e di “stimolatore dell’uomo a livello psichico”. Un esempio vero e simbolico lo abbiamo nei nostri momenti tristi, nei mo-

menti di stress, quando spesso restiamo soli con i nostri pen-sieri. Ci accorgiamo del gatto che, senza alcuna pretesa, ci tiene compagnia accoccolan-dosi al nostro fianco, sulle no-stre gambe o magari ai nostri piedi, sprigionando in silenzio un amore unico e vero. Il gatto dona amore quanto un cane ma diversamente. Non sotto-valutate il suo amore. Non dimentichiamo che la Pet Therapy ha risvolti positivi se con il nostro gatto si instaura un buon rapporto basato sull’a-more, la stima, la fiducia, il ri-spetto. Tutto questo, tuttavia, ci pone ad assumere obblighi e doveri nei suoi confronti. www.siberiano.it/Pettherapy

ci rende tristi e depressi. Il suo mantello, la sua disponibilità nel lasciarsi accarezzare e ma-nipolare esaltano la sua rela-zione fisica e rassicurante nei nostri confronti. In sintesi, l’e-sorbitante voglia di coccole, di carezze di un gatto è equiva-lente a quella dell’uomo e an-cor di più della donna. Coccole è l’equivalente in lingua inglese di Petting, un insieme di dol-cezza, carezze e emozioni che rassicurano l’uomo e lo rendo-no felice. Il gatto non suda e il contatto con l’uomo risulta alquanto pia-cevole e stimolante soprattutto quando viene accarezzato. I soliti indefiniti e spericolati giochi e comportamenti del gat-to fanno sorridere l’uomo, ren-dendolo curioso e attento ad ogni suo movimento. Questo rapporto stimolante e interes-sante assume una elevata im-portanza nella vita dell’uomo, rendendolo rilassato e incurio-sito. Comportamenti, questi, posti alle prime posizioni per quanto riguarda la riuscita di una Pet Therapy. Le fusa del gatto, inoltre, risultano efficaci

Nella prossima edizione de “Il Ponte” seguirà la seconda parte dell’articolo dedicato ad aspetti scientifici della

Pet-therapy con il gatto.

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Parlando con la signora Novella è emerso il suo desiderio di poter visitare la casa nuova del figlio. Il 12 luglio abbiamo prenotato il pulmino e accompagnato la signora dal figlio a Trento. Durante il percorso con il pulmi-no, la signora ha riconosciuto le vie di Trento che era solita percorrere, i negozi di cui era cliente, si ricordava i nomi del-le vie e ha anche riconosciuto degli edifici storici. E’ stato un pomeriggio piacevole ed emozionante, e la signora, anche se stanca, è stata molto contenta. Durante il rientro, la signora Novella mi ha detto: “Sono pro-prio contenta, ora quando penso a mio figlio, so che è nella sua casa nuova!”

di Giovanna Meneghini

IL LIBRO DEI DESIDERI

PROGETTI

Nel luglio 2010 è iniziato nella sede di via Marconi un progetto che abbiamo chiamato

“Il libro dei desideri”. Dopo aver ragionato e discusso a lungo con i residenti sul signifi-

cato di desiderio e di sogno, abbiamo iniziato a raccogliere tutti quelli espressi e so-

prattutto a cercare di realizzane quanti più possibile.

La nuova casa del figlio della signora Novella

A spasso per la valle del Primiero per rivedere il luoghi natali della signora Maria

La signora Maria ha espresso il desiderio di poter, un giorno, rivedere il proprio paese d’origi-ne, la zona dove aveva vissuto e che da tanto tempo ha lascia-to. L’ ultima volta che ha rivisto il suo paese è stato nel 1984 e da allora non ci ha più rimesso piede. Ben 27 anni fa.... Così, dopo aver organizzato il tutto, venerdì 12 agosto siamo partiti alla volta di questo splen-dido paesino, Sagron, che sulla carta geografica è un piccolo puntino in una sperduta valle

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In questa occasione, vogliamo rendervi partecipi di un de-siderio coltivato da anni dal signor Iginio Vinciguerra, che, grazie alla sensibilità e disponibilità del Direttore e dell'Am-ministrazione, abbiamo potuto realizzare. Il signor Iginio, esperto calzolaio, al momento del suo arri-vo in Casa di Riposo, aveva lasciato a casa sua, tutta l'at-trezzatura ancora ben conservata e funzionante. Ha conti-nuato a prendersi cura delle sue cose andando con regola-rità a casa per controllare e, collaborando, con un laborato-rio del centro storico nei pressi della nostra A.P.S.P. di via Pive, è riuscito a conservare la sua manualità di calzolaio. Nel tempo, il nostro Iginio non si è scoraggiato e ha reso partecipe il nostro Direttore e il Servizio Animazione del suo desiderio di poter avere uno spazio tutto suo, qui in sede, dove poter portare il suo laboratorio e mettere a di-sposizione di tutti le sue abilità, anche per tramandare una professione che, nel tempo, rischia di scomparire. Così, come promesso, dopo il trasferimento della cucina nella palazzina del Centro Servizi, è stato possibile accon-tentare il signor Iginio, ricavando lo spazio da lui molto de-siderato...

Il laboratorio da calzolaio del signor Iginio

giunto l’hotel Tressane dove la signora Maria era solita recarsi e dove ci attendeva la signora Alessandra titolare dell’hotel. Per il pranzo, siamo stati rag-giunti dal nostro Presidente e dal nostro Direttore che, nono-stante i numerosi impegni, ci hanno fatto compagnia. Al termine dell’ottimo pasto, apprezzato da tutti gli Ospiti, abbiamo proseguito il nostro viaggio e siamo arrivati a San

Martino di Castrozza, situato in una conca e circondato dalle Dolomiti che, con i loro mille colori, hanno fatto da sfondo alle nostre fotografie. Dopo una passeggiata e un buon caffè, ahimè, siamo dovu-ti ripartire per fare ritorno stan-chi, ma con il cuore carico di emozioni....

del Primiero, ma è situato in un posto bellissimo con dei pae-saggi “mozzafiato”. La signora Maria ha rivisto la sua casa con il suo bel poggio-lo di legno, situata vicino alla chiesetta e ha incontrato il cu-gino che con la moglie vive ancora nel paese. Dopo questo momento carico di emozioni e dopo aver scatta-to le foto per ricordare meglio questi momenti, abbiamo rag-

Un altro desiderio è stato esaudito.......Un altro desiderio è stato esaudito.......

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PROGETTI

“Il tempo dei giochi

e i giochi di un tempo”

“Scondilever”,

“balotole”,

“botega”,

“giro giro tondo”,

e ancora:

il gioco della corda,

il gioco dell'oca,

la dama

e le bambole.

Questi i giochi principa-

li che emergono nei

racconti dei nostri resi-

denti.

Quanti ricordi…

quante emozioni...

Cerchiamo di riviverli

nei nostri incontri e

nei laboratori.

di Giovanna Meneghini

CONCORSO UPIPA

Ricordar en pugnat de balote

di Lidia Tecilla Roat

Nà not, en tel sogn me son ritrovada

lì en quela piazeta ciamada “Nogare”

de tèra batuda, e tuta segnada

Dei zòghi de alora, de strise, de gare…

La chiociola, el mago, el campanon,

la corda, le corse a corerse drè,

balòte de creda, en vècio sercion

parà con en fèr, madama dorè.

Con tuti quei zòghi en tel sogn ò zugà

con tuti i compagni ò saltà fin sera

coi pèi descolzi e credeva l’fuss vera…

Ma po’ a la matina è tornà la reltà!

Adio zòghi antichi, adio cari amizi,

adio scondileoro con le matelote;

i sogni i finiss… bèi tempi felizi…

M’è restà per ricordo, en pugnat de balote.

Natalina Paolazzi: “se zugava con la bambola... se la cocolava, se

l'acudiva... mi la gavevo con la testa de porcelana, l'era preziosa...

la gaveva el so letin... en dì con do' cordele ho fat el dondolo e così

lei cascada e la s'è rota...ma en Via San Pietro ghera 'en negozio

che le giustava...”

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Bambole de pèza de celuloide

de carta Con tanti vestidòti!

Bambole de vardar

E no’ tocar, messe lì per beleza.

Bambole vive che ò

‘ncontrà; se le gaveva ‘n còr

l’èra senz’altro stofegà ‘n tra nastri e pizi.

Ma… ‘l còr de le me bambole

de pèza de celuloide

de carta e per beleza,

el bate ancor… el bate sol per mi

con tenereza!

Un giorno, tra un bicchiere di tè e una sempli-ce chiacchierata, si ricordavano i tempi pas-sati, quando ancora si rammendava, si cuci-vano i vestiti e quant’altro.. Ad un certo punto è uscita un’ idea: ‘‘ Fente ’na bambola de peza con pizi e merleti?!’’. Si è così pensa-to di provare a realizzare una bambola di stoffa e, una volta visto il risultato, tutti i pre-senti sono stati d’accordo sull’ idea che oltre ad essere bella, era una cosa molto creativa. E’ iniziato così il progetto ‘‘della bambola’’ a cui gli Ospiti stanno dedicando impegno, en-tusiasmo e tanta partecipazione. La prima

bambola che abbiamo realizzato è stata esposta al quarto piano. Visto il risultato e la disponibilità a realizzarne altre, su proposta della signora Ines, si è pensato di venderle al mer-catino di Natale e devolvere il ricavato in beneficenza all’as-sociazione pro- Etiopia, secondo il progetto del nostro diri-gente medico dottor Brandolani, contribuendo agli aiuti in fa-vore di un ospedale. L’iniziativa è stata promossa dalle operatrici Sara Zanei e Michela Visintainer che hanno proposto questo laboratorio e si fanno carico di organizzare e preparare il materiale per la realizzazione delle bambole.

La bambola di pezza

Bambole di Emma Valcanover

Virginia Demattè: “io giocavo con le bambole, la mia preferi-

ta me l'aveva regalata la zia Ottilia, la sorella di mio papà, in

occasione del mio 12° compleanno. Era di celluloide, alta più

o meno così (con le mani indica la misura: 50 cm ca), aveva

i capelli neri corti con i boccoli e un cappellino rosa. Gli occhi

celesti che, se stava in piedi, rimanevano aperti e, se la si

sdraiava, li chiudeva; se le si schiacciava il pancino chiama-

va mamma. Aveva le scarpette nere con i calzini bianchi; i

vestitini erano belli, colorati, con le balze e i pizzi... fatti dalla

zia. L'avevo battezzata Gigliola perchè conoscevo una bella

signora che si chiamava così e lei me la ricordava. Quando

mi sono sposata, ho avuto solo maschi, così l'ho regalata ad

un'altra famiglia...”

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di Ines (3° piano di via Marconi)

UN NOSTRO “MERCATINO” A FAVORE DELL’ETIOPIA

ATTIVITA’

sua esperienza presso un ospedale privato retto da due valenti infermiere indiane coa-diuvate saltuariamente da me-dici volontari. La narrazione inizia con un'im-magine di Addis Abeba, la ca-pitale (scattata dall'auto in cor-sa poiché in Etiopia non è gra-dita la “curiosità” occidentale) che ci mostra una città dalle caratteristiche europee. Poi, il viaggio prosegue per vie carovaniere ed in barca sul fiu-me fino all'arrivo all'ospedale: ”CLINICA DI BURAT” nella re-gione “Guraghe” nell’Sud del-l’Etiopia. Vediamo una struttura moderna, bene attrezzata, rife-rimento e meta di genti che vi-vono tutt'attorno in un raggio di molte miglia: bambini, donne e anziani ne sono i principali frui-tori. Il racconto ci rende parteci-pi delle difficoltà di quelle popo-lazioni dell'Etiopia il cui gover-no vuole “lontano dall'occiden-te”. È da ricordare, però, che come rivelano gli osservatori internazionali l 'occidente (ovvero circa il 20 % dei Paesi

del Mondo) consuma più dell'80 % della ricchezza totale prodotta; mentre il restante 80% dei Paesi (definito 3° - 4° Mondo) “vive” con il restante 20%. E’ uno sfruttamento asso-lutamente vergognoso ma pur-troppo noi, individualmente, possiamo solo esprimere la nostra indignazione! Ora, però, il nostro dottor Bran-dolani ci ha proposto di colla-borare con lui destinando il ri-cavato di un nostro “mercatino” a questo ospedale ed abbiamo accettato con entusiasmo. Dobbiamo dunque organizzarci per “produrre” quanto più è nel-le nostre possibilità.

Con un suo documentario dall'eloquente titolo “Etiopia, lontano dall'Occidente... viag-gio per immagini nella realtà dell'Etiopia di oggi”, il nostro dirigente medico dottor Loren-zo Brandolani ci ha fatto cono-scere la difficile condizione del popolo etiope. Le immagini mo-strateci la sera del 21 giugno scorso, nell'ambito delle serate culturali proposte dal nostro servizio animazione, si riferi-scono al viaggio del nostro dot-tore compiuto nella scorsa pri-mavera in terra etiope e terza

Il nostro contributo sarà “una piccola goccia nell'oceano”, ma una goccia che, aggiungen-dosi ad altre, diventerà per noi e per il “nostro” ospedale una goccia mol-to importante.

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dal gruppo discussione di Via Marconi

ADOTTIAMO COCORITE E CANARINI

Raccontano di quando, da gio-vani, andavano nel bosco a “oselar”: si prendeva la “cante-rina”, uccello in gabbia che ri-chiamava altri volatili con il suo canto, e si posizionavano attor-no ad essa le “bachetine”, ba-stoncini di legno di nocciolo ricoperti di vischio. Gli uccellini del bosco, attirati dal canto del-la canterina, si posavano sulle bachetine e vi rimanevano at-taccati con le zampine.

Il cacciatore si alzava sempre molto presto, perché il mattino era il momento ideale per cat-turare più prede. Gli uccellini vivi rimasti prigionieri del vi-schio venivano ripuliti e siste-mati nelle gabbie di casa o venduti agli appassionati. Ov-viamente, bisognava stare mol-to attenti, perché se si veniva scoperti dal guardiacaccia, si rischiavano multe molto salate.

Da quando nella nostra

casa si è deciso di adot-tare degli uccellini, i re-

sidenti si sono dimostra-ti felici della loro pre-

senza e ricordano con nostalgia i canarini e gli

altri piccoli uccellini che

allietavano le loro case con il dolce cinguettio.

Nò el crederè Ma chi al secondo G’aven l’artista Pù brao de sto mondo! El Silvio che endreza Con la machineta; Tanti fili de lana Con man perfeta! E dopo ore… Stimane e giornade Do meraviglie Le è pur deventade!

Da tut quei gropi Gartioni e colori È saltà for propi Do capolavori! Mazi de fiori En zeste e color Che se te vardi Te senti l’odor! El Silvio con la machineta el n’ha fati tuti conteni en gran BRAO ghe speta e ancor complimenti!!

I QUADRI DE VELUDO DEL SILVIO

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ATTIVITA’

EVVIVA LA CENA IN TERRAZZA

dalle nostre Ospiti che con pa-zienza e dedizione hanno rita-gliato e incollato i pezzettini di carta colorata sui vasetti di ve-tro riciclati. Molti i famigliari che, con la loro presenza, hanno contribuito

Finalmente il giorno 30 giugno è stata organizzata la cena in terrazza degna di questo nome … eh sì, perché complice la bella serata la cena l’abbiamo potuta proprio preparare sulla nostra bella terrazza. Tutti noi mentre preparavamo le tavole eravamo un po’ scetti-ci, perché tirava un venticello fresco che faceva svolazzare le tovaglie e non prometteva nulla di buono .. ma poi tutto è anda-to per il meglio e la serata è stata meravigliosa. Lo chef e tutto il personale del-la cucina hanno preparato un menù da “grandi occasioni’’, alcuni Ospiti hanno detto ‘’meio de na noze’’ e lo strudel era veramente… da leccarsi i baffi. Sulla tavola faceva mostra di sé un porta candele preparato

alla riuscita della serata. Per tutti è stata una bella sera-ta, trascorsa in allegria, e spe-riamo che, anche il prossimo anno, la cena in terrazza si possa svolgere proprio in ter-razza.

In via Pive la cena d’estate si è svolta il giovedì successivo. Il 7 luglio, nello spazio

aperto ma coperto, sotto la sala polivalente, nonostante il tempo minacciasse pioggia,

la cena è andata per il meglio e solo in chiusura i lampi e i tuoni del temporale ci hanno

romanticamente fatto compagnia durante il riordino.

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PASSEGGIATE NEI POMERIGGI D’AGOSTO AL PARCO 3 CASTANI

Una leggera brezza ci accarezza il viso sotto una pergola di “uva americana” che ci ripara dal sole davanti al “Maso 3 Castagni”, dove siamo giunti con il nostro pulmino per partecipare all’iniziativa promossa dal Comune di Pergine in collaborazione con l’associazione di volontariato “auser” e la nostra A.P.S.P., “A passeggio nel Parco” … Ogni giovedì pomeriggio, per tutto il mese d’agosto, ci è stato possibile godere di questo bellissimo spazio con tanti amici volontari che si sono prodigati per offrici una “dolce-salata merenda” e rendere il più confortevole pos-sibile la nostra presenza. Chi cantava, chi ballava, chi giocava a carte, chi chiacchierava e chi andava ad esplorare la “zona”… Ci siamo proprio rilassati e divertiti, al parco, tutti assieme…

SOGGIORNO MARINO

dagli Ospiti del soggiorno marino

Il 6 giugno: partenza per Viser-bella, località turistica della Ro-magna sul mare Adriatico. 16 ospiti con 5 operatori della no-stra casa alla conquista del so-le, del mare e dell’aria salubre della riviera. Il tempo, purtrop-po, non ha corrisposto alle no-stre aspettative, ma non ci sia-mo persi d’animo e abbiamo reagito sfruttando al meglio quello che questa opportunità ci poteva offrire. Abbiamo per-tanto approfondito i nostri rap-porti, ci siamo fatti buona com-pagnia, organizzando gite, gio-chi, uscite in pizzeria, gelateria, per negozi, e abbiamo fatto filò. L’ Hotel California che ci ha ospitato era confortevole, lumi-noso, con una bella veranda all’aperto, in stretto rapporto con il mare. La spiaggia era vivibile perché non era ancora troppo affollata; c’era il tipico

chiosco del “COCCO BELLO” dove gustare gelati e bevande fresche, molto gradito a tutti. Infine, una festa di compleanno ha ulteriormente allietato que-

sti giorni di relax e serenità. Il ritorno, seppure atteso ha la-sciato comunque un attimo di nostalgia.

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ATTIVITA’

LE BICI ALIMENTARI PER UN POMERIGGIO INSOLITO

Quello trascorso il 9 luglio sotto la Sala polivalente di via Pive è stato un pomeriggio al quanto “singolare” ... Vi spieghiamo perché! Merenda con pane e “lugane-ga” e rapanelli conditi, poi il tè “alla spina” per continuare con le cose dolci, quali pane e nu-tella e i “torteleti” con la mar-mellata fatta in casa, per finire con lo Jogurt naturale di Vipite-no con i frutti di bosco di S. Or-sola “...Mai visto una cosa simile!” è stato il commento più diffuso in quel giorno. L'ini-ziativa è stata promossa dalla nostra Caterina della cucina e da Fabio, il figlio della signora Angelina Zuccatti, che hanno saputo coinvolgere tutti gli altri del comitato che tradizional-mente anima la “Pedalata della Vita” rifocillando migliaia di per-

sone proprio con queste bici-clette. Noi eravamo molti me-no, ma abbiamo gustato tantis-simo questo spuntino in com-pagnia dei molti famigliari pre-senti e anche dei nostri fedelis-simi volontari che sono accorsi appositamente per accompa-gnarci anche da via Marconi… Il tutto, grazie a questa squadra che, oltre a donarci il proprio tempo con una iniziativa per noi alquanto inaspettata e ap-prezzata, ci ha generosamente offerto quanto abbiamo potuto gustare.

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cercava di coinvolgerci chiedendoci cosa noi vedes-simo in un dipinto piuttosto che in un altro. Poi, final-mente, lunedì 11 luglio alcuni di noi hanno potuto partecipare alla mostra, andando personalmente al Museo. Due pulmini, pieni per avere tutti il proprio accompagnatore, diretti al “Mart”, un “Paesino” den-tro a Rovereto, dice Luigina. C'erano quadri di artisti famosi come Van Gogh, Mo-net, Cèzanne, Renoir, Gauguin e tanti altri. Un'arti-sta donna di cui non mi ricordo il nome ha dipinto un quadro raffigurante una bimba in braccio alla sua mamma e un altro dove c’era una bellissima culla con una donna seduta accanto. I quadri erano di va-rie dimensioni e sparsi in tante stanze… poi ad un certo punto c’era una cupula di vetro sopra al museo dove entravano i raggi di sole…

Uno spettacolo di tanti colori…

LA VISITA AL MART: alla scoperta degli impressionisti

dagli ospiti di via Marconi

Arredamento d'interni e tende da sole

Il nostro viaggio artistico-culturale è iniziato con la presentazione della mostra intitolata “La rivoluzione dello sguardo” che un giova-ne del Servizio Civile che, attualmente, sta lavorando al Museo “Mart” di Rovereto, è venuto a farci per fornirci le conoscenze di base per poter poi apprezzare la visita a questa esclusiva mostra. “Esclusiva”, in quanto, i dipinti arrivano direttamente da Pa-rigi. Presenti in sala polivalente, quel marte-dì 31 maggio alle 10.00 in punto eravamo veramente in tanti. C'erano i residenti di via Pive, ma anche noi accompagnati dai nostri volontari e animatori direttamente da via Marconi, poi gli utenti del Centro Diurno e anche i residenti del nucleo Sorgente con i loro operatori. Tutti attentissimi e silenziosi ad ascoltare ed ammirare quei capolavori che tanto abbiamo sentito nominare e che ora ci venivano descritti da quel giovane che

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ATTIVITA’

I NOSTRI ORTI

dal gruppo Orto di via Marconi

L'estate non è stata di certo una delle più soleggiate. Nonostante tutto, con impegno, buona volontà e costanza da parte di tutti, sia degli ospiti, sia dei nostri preziosi volontari Silvano Brol e Silvano Dellai, i risultati ci sono stati. Curate con tanto amore e pazienza, le piante hanno dato i loro frutti e ci han-no permesso anche quest'anno, con la collaborazione della cucina, di poter offrire un pomeriggio particolare con una degustazione, precisamente il 25 agosto durante la Festa dei Compleanni. Un ringraziamento particolare agli ospiti che con la loro esperienza hanno contribuito a realizzare e portare a termine questo nostro “doppio progetto”: l’orto in terrazza e l’orto in giardino.

Un pomeriggio alle Lochere Al Garage Bike Museum per mettere in “moto” i ricordi!

Allora, visto che vicino a noi, alle Lochere, si trova un bel museo della moto dagli anni ’70 fino ai giorni nostri, si è pensato di andarlo a visitare con un’uscita pomeridiana. Il 12 agosto abbiamo effettuato la visita che, grazie alla dispo-nibilità, competenza e cordialità del signor Lorenzini, responsa-bile del museo, si è rivelata

A seguito della lettura dei quoti-diani, alcuni Ospiti hanno rac-contato di quando, da giovani, andavano o sognavano di an-dare in motocicletta. Ricorda-vano che la mitica “vespa” è stata il primo mezzo di traspor-to motorizzato popolare. Si usava sia per lavoro, sia per svago.

un vero successo. Gli Ospiti hanno potuto vedere e toccare alcune moto da competizione che finora avevano visto sol-tanto in televisione, e poi… Tutti in “ VESPA” !!! E lì i rac-conti si sono fatti densi di emo-zioni vissute ai tempi della loro gioventù.

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IL MULINO “MANUELOT”

di Gemma Andreatta (Vattaro - TN)

Sopra il paese di Bosentino o sotto quello di Vatta-ro, sul torrente Màndola (la roggia dei mulini) esi-steva già verso la fine dell’800 un florido mulino, al quale facevano riferimento gli agricoltori di ampie zone del Trentino. Due proprietari, padre e figlio, di nome facevano ‘Emanuele’, così il mulino diventò ‘Manuelot’. La preziosa macina del grano oggi, pe-rò, mostra i segni del tempo e del logorìo ed ha pure perso la storica ‘ruota’. Nonno Emanuele aveva sposato nonna Clementi-na. Papà Emanuele aveva sposato Teresa e questi ultimi avevano avuto undici figli: Giovanna, Amelia, Ester, Faustina, Gemma (la nostra amica), Maria, Gigioti, Celeste, Benigno e altri due di cui Gemma, in questo momento, non ricorda i nomi. Nei suoi ricordi, Gemma era la più vecchia, mentre Amelia vestiva un abito militare, “Gigio el neva coi cavai”, due sorelle erano dalle monache, mamma e papà “l’era ‘n par de sposi che se voleva ben”. Di fatto Gemma era la penultima. Allo scoppio della seconda guerra mondiale tutta la famiglia era fuggita in Moravia, dove abitavano gli altri nonni (il nonno si chiamava Cuba e le due zie Sunta e Tonka). Presso i nonni della Moravia c’era-no anche due cani, Pluto e Mollusco. In Moravia rimasero tutto il tempo della guerra. Ora Gemma ride di gusto ricordando l’episodio di cui è stata protagonista, quando mangiò voracemen-te tutte le “teste dei capusi” che il nonno coltivava nell’orto. Era brava, Gemma. Diceva tante orazioni, andava a scuola anche in Moravia e vangava la campagna detta “il campo”. Poi il ritorno al Mulino Ma-nuelot: era tanto familiare il rumore del mulino! C’erano anche le camere al mulino. Al mulino si dormi-va… Si fa per dire perché la macina lavorava tutta la notte disturbando il silenzio… Tanto tempo fa, era difficoltoso raggiungere il mulino, ma arrivò, ad un certo punto, anche la comodità della strada. Gemma ricorda il tonfo nella “roza” per la caduta da cavallo, mentre cercava di recupe-rare dall’acqua la “dalmedra” che le era scivolata dal piede. Durante l’inverno, Gemma giocava ai ‘piti’ con ossi di frutta o sassetti. Con i grani delle “manze” ( pannocchie) e “ formentaz” faceva “pile” ( mucchietti a torre) . Ricorda la trebbiatrice d’estate. E poi andava a cavallo, recitava ‘le belle statuine’ e cantava ‘la bella lavanderina’, rivede con la mente “ ‘l sciopet de legn che i mateloti i porta-va anca a dormir o i steva in bela mostra sora la capa del camin .” Le sembra di vedersi il giorno della prima comunione, quando tre compagne andarono in processione, come anche il giorno del Corpus Domini. Rammenta il rumore breve della potatura in campagna in primavera e il suono delle campane lontane due chilometri e il cinguettìo dei passeri (che la mamma talvolta arrostiva). Ma… se il rumore della Macina e delle ‘pile’ ( una su e una giù come uno stantuffo) nell’acqua era proprio forte e il tonfo sordo della battuta verso il basso faceva sussultare, il ruggito della “roza”, spe-cie durante il temporale, era rombante e minaccioso!...Faceva veramente paura!

RICORDI

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RICORDI

PER CONOSCERCI MEGLIO

gno rammenta una donna che, trattenuta da due soldati tedeschi, urlava disperatamente :“non voglio venire con voi!” Venne a sapere poi che la donna era stata torturata e che il suo corpo era stato vi-sto galleggiare sull’acqua del lago di Levico. La vita, però, continua anche dopo tanta tragedia: Gemma si spo-sava nel ’77 e andava ad abitare a Seregnano, nasceva un bimbo, poi il marito moriva, ma i suoi buoni suoceri, che abitavano vicino a lei la aiutarono a tirare avanti. Aveva lavorato alla Corte dei conti, ma quello che, soprattutto, ri-corda con profondo affetto, è il suo primo lavoro e i suoi Buoni Pa-droni, i fratelli Pedrotti, storici fotografi di Trento, presso i quali ave-va svolto il ruolo di ritoccatrice di foto. Commovente l’immagine che traccia del tempo speso presso i Fra-telli Pedrotti, dove la serenità era scandita dal rumore della lavatri-ce che girava ( trrr trrr trrr), della smaltatrice (tsss tsss tsss) , della stampatrice (tac tac ), che accompagna con il gesto del braccio e della mano, come se impugnasse una vera manopola. E qui, Gemma, chiude il suo racconto con un dolce sorriso pieno di malinconia.

Gemma Casagrande

4 maggio 1939

“I pannelli che raccontano storie di vita” Durante i venerdì pomeriggio, assieme alle nostre volontarie (Teresa, Giuliana e Maria) abbiamo costruito dei pannelli creando immagini che vengono dai ricordi dei partecipanti e che parlano dei loro vissuti. Così ci siamo ritrovate a “interpretare” ciò che è rimasto vivo nella memoria di alcuni di loro: questa volta vi presentia-mo Trento durante la guerra nel settembre '43 e La Chiesa di Madrano. Realizzare i quadri ha richiesto un grande lavoro, non proprio semplice, sotto la guida attenta dei diretti interessati. Lasciamo a voi il giudizio ma siamo certi che apprezzerete il risultato per-ché ci racconta attraverso le immagini le diverse storie... Guardandoli dopo un po' ci sembra di sentire anche noi quei rumori, e per un attimo, facciamo nostra quella storia...

Viene dalla città di Trento. Qui aveva abitato, in via Prepositu-ra, fino al 1943, quando gli ae-rei americani bombardarono Trento e la Piazza della Portel-la. Il 2 settembre ’43, sotto le bombe e le macerie, Gemma perdeva una sorellina mentre il fratellino di 18 mesi veniva pri-vato di una gamba. Sfollati dapprima a Roncegno, paese natale della madre, tornò con la famiglia a Trento nel ’45 dopo la fine della guerra. Per qualche tempo abitò in Via Roma 31 e successivamente in Via delle Orne 28. Gemma ri-corda intensamente il rumore di ‘Pippo’, l’aereo minaccioso nel buio. Risente l’assordante ru-more del crollo della sua abita-zione, i laceranti lamenti dei feriti. Memorizza i soccorsi se-guiti al bombardamento, la fuga verso la salvezza. Le dicono degli alpini che hanno estratto il fratellino dalle macerie della sua casa. Del tempo trascorso a Ronce-

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Pierina Visintainer

10 aprile 1923

Nel suo ricordo di Madrano, l’interesse di Pie-rina, provetta sarta (in specie nel cucire pan-taloni), si accentra sulla Chiesa di Madrano e sull’immediato circondario: ecco Pierina che parla con il Parrocco (forse Don Tito, trasferi-to poi in Val di Fassa)… Sente ancora il suo-no dell’organo al canto del coro. Ascoltale campane e il campanò, particolare musica di certe ricorrenza. Racconta, Pierina, tra il serio e il faceto, delle sere del “Maggio”: “i mateloti

IL “MAESTRO PRATI” E LA SUA PASSIONE PARTICOLARE PER LE OPERE LIRICHE Al 4° piano di via Pive abita il “maestro Prati”, che ha una passione particolare per le opere liriche al punto di conoscere a memoria tutte le romanze. Quotidianamente trascorre gran parte del suo tempo ad ascoltare le diverse opere, di cui possiede una grande collezione (240 dischi, le videocassette de “La Traviata” e pezzi de il “Rigoletto”). Ci dice di avere iniziato a coltivare questa passione fin da bam-bino, di averla ereditata dai suoi genitori “che erano entrambi patititi dell’opera. Soprattutto amavano il “Rigoletto”. Prosegue raccontandoci di come lo avevano portato ancora piccolo, forse aveva dieci anni, ad assistere allo spettacolo di questa opera al teatro “La Scala” di Milano. Non ha una romanza preferita. Ci accenna alcuni passi di alcune opere commentando che la maggior parte finiscono in mo-do tragico, ma che lui le ama per le emozioni sempre vivide che tutte gli provocano…

i zugava a bala o a sconderse o a ciapar zorle (maggiolini)…”. Rammenta la processione della Madon-na pellegrina, con canti dedicati a Maria. Narra della sagra, dei matrimoni e delle prime comunioni e commenta. Ha ancora chiara l’immagine di una sedia fuori dalla porta di una casa, nelle vicinanze del-la chiesa. Intorno, le comari che cicaleggiano (ci ci – ce ce – cià cià – ciò ciò). Da più lontano giungono voci forti con intercalata qualche imprecazione: sono i giocatori della “mora” (no vegno, ca –terina, un per un…) che, forse al bar, bevono “en bicerot” o “anca de pù”. Passa un carro (grin gron gran). Si sente il rumore delle balòte e la “conta” del nascondino (fino a trenta, polenta, vegno!), la filastrocca dell’antico gioco. Poi la notte. E tutto è silenzio.

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IL FRUMENTO

di Leone Chilovi

I nostri anziani ricordano anco-ra quando lungo i filari in locali-tà Graberi o nella piana di Co-stasavina o ancora alle Paludi, si seminava il frumento. Subito dopo la vendemmia, nelle pri-me mattine ottobrine ancora fresche di rugiada, diradatesi le nebbie con il sorgere del sole, il contadino, indossando un grembiule oppure munito di secchio, affidava alle zolle ap-pena arate i preziosi chicchi di frumento. Era un rito quasi sa-crale quello spargere il seme con ampi lanci uniformi. A novembre scendeva sulle zolle la prima neve come una provvida coperta che difendeva il seme dal gelo. Quando in pri-mavera la neve si scioglieva nei filari si poteva ammirare un tenero verde, cresciuto sotto la coltre come un vero miracolo. Gli steli crescevano talvolta frammisti a papaveri e fiordali-si, non graditi ai contadini, ma che creavano un gradevole spettacolo di rosso e celeste. Era un piacere osservare la brezza vespertina che faceva ondeggiare gli steli, ormai cari-chi di spighe, come fosse un’onda del mare. Il tempo del-la mietitura era verso la metà luglio. Il frumento veniva mietu-to a mano con falcetto (la ze-sla). I contadini chini sugli steli da tagliare rasoterra, grondava-

no sudore. Gli steli venivano legati a mannelli e rizzati in co-voni. Dopo qualche giorno i mannelli asciugati venivano caricati sul carro trainato dai buoi, ma più sovente da muc-che e portati sull’aia. Qui il gra-no veniva battuto a mano con i “flavei”. Si trattava di un rudi-mentale attrezzo formato da due maneggevoli tronchetti di legno, legati e snodati su delle cinghie di cuoio. Uno veniva impugnato e l’altro sbattuto con forza sulle spighe per liberare i chicchi dalla cariosside che li conteneva. Quindi il grano ve-niva raccolto e liberato dalla pula mediante un setaccio. Più tardi arrivarono le trebbiatrici che sostavano sul “Tegazzo”, quando ancora offriva l’ombra

dei suoi ippocastani (che non ci sono più) oppure ai “Dossetti” vicino allo “Spiaz delle Oche”. Secondo turni prestabiliti, i car-ri, carichi di mannelli, si prepa-ravano in fila, uno dietro all’al-tro. Dopo aver affiancato il car-ro alla trebbiatrice, l’addetto ai lavori infilava i fasci di spighe nella tramoggia. La macchina separava la paglia dalla pula e dal grano. La paglia si racco-glieva in balle quadrangolari che uscivano dalla parte ante-riore, legate con il fil di ferro. Il ritmico rumore della macchina si udiva per tutto l’abitato. Si compiva così il miracolo del frumento: era il premio al lavo-ro e alla fatica umana, nonché l’assicurazione del pane quoti-diano.

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CORO GIOIOSO

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CENTRO DIURNO

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EVENTI

di Teresa Natale Nato in quel di Pergine, di casa sotto il castello, in via 3 No-vembre, calzolaio di mestiere, Tullio Fruet, nato nel 1919, morto nel 1971 ha lasciato trac-cia di sé nell'anima di un plasti-co che rappresenta un Castel-lo, guarda caso, quello di Per-gine che si trova sul colle del Tegazzo. In verità Tullio Fruet, castelli (di Pergine) ne ha rea-lizzati almeno tre, documentati dalla voce diretta di alcuni suoi conoscenti e tutti, si pensa, ispirati da un affetto che ti si radica dentro per un legame profondo... Tullio Fruet dopo una lunga permanenza in Venezuela, ri-torna a Pergine, nella sua terra, all'ombra del colle del Tegazzo nel 1960. Tra il '60 e il '71 rea-

lizza i manufatti dei castelli. Quello analizzato, che si presu-me costruito intorno agli anni '65-'66 (mt. 3.20 per 1.90 cir-ca), risulta materialmente co-struito con pezzetti millesimali di cartone, trattato con collanti, e mostra un maniero fedelmen-te documentato nelle comples-se strutture architettoniche. Quante volte Tullio si è recato a visitare il castello per osser-varlo nella sua realtà al fine di realizzarlo in scala? Ogni pez-zo è documentato con precisio-ne e, a suo tempo, aveva inte-ressato anche l'Ass.ne degli Aviatori per poter controllare la forma del tetto aperto per la raccolta delle acque. Ogni particolare è stato oggetto di attenta osservazione ed il risultato è un modello rispon-

IL CASTELLO DI TULLIO FRUET

dente ai canoni della realtà og-gettiva del manufatto con l'ag-giunta indispensabile di una risorsa artistica che documenta un capolavoro. Il plastico ha subito qualche danneggiamen-to nel suo girovagare, essendo stato rimosso più volte da più sedi e, talvolta, sotto le intem-perie. Ora si pensa che il suo pellegrinare sia concluso e possa riposare tra amici. Il recupero conservativo ese-guito sul plastico del castello è stato realizzato da un gruppetto di Soci dell'Associazione “ATELIER”- Centro Aperto di Attività Creativo-Espressive (attiva in Pergine) condotto da Francesca Giovannini Conci di Casalino.

Il 12 giugno 2011, giorna-ta della Pentecoste e

“Sagra” della Casa per la struttura di via Pive, si è

dato ufficialmente il ben-venuto al plastico del ca-stello di Pergine che ci è

stato donato dall'Ammini-strazione Comunale e che

ora fa bella mostra di sé

all'ingresso del 1° piano della struttura di via Pive.

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IN RICORDO DI CARLO FONTANARI E “CIRILLINO”

-Ponte a far comunicare le due generazioni dei giovani studenti di una classe della Scuola media “C. Andreatta” con gli anziani della Casa di Riposo S. Spirito – Fondazione Montel, insegnando ai ra-gazzi i segreti del mestiere e facendo rivivere ai “nonni” certi tempi e certi interessi. Un capolavoro! Tra tutte le sue opere molto particolare è “Cirillino”, altro capolavoro di “Carletto”! Cirillino è il personaggio al quale Carlo Fontanari dava la sua voce e insieme allietavano feste campestri, eventi significati-vi, ritrovi di coscritti, gite e tanti altri indimenticabili momenti convi-viali di gioia collettiva. Ora Cirillino è rimasto solo ma la sua presenza parla ancora di Car-lo al cuore della comunità perginese.

Assieme al plastico del castello di Pergine è in

mostra anche un pupazzo speciale che si chiama

“Cirillino”; speciale, in quanto, trattasi di un pu-

pazzo da ventriloquo che

ci è stato donato dalla fa-miglia Fontanari. Cirillino prendeva vita dalla sensi-

bilità ed abilità del suo ideatore: il caro amico

Carlo Fontanari di cui vo-gliamo onorare e tenere

vivo il ricordo ospitando la sua “creazione” affin-chè tutti possano ammi-

rararla.

di Teresa Natale Il 5 marzo 2000, con rimpianto di tutta Pergine, ci lasciava Carlo Fontanari (Carletto), sti-mato maestro ebanista, Inse-gnante di disegno alla Scuola apprendisti presso il vecchio edificio “Margoni” di via T. Maier, ex amministratore del Comune di Pergine con carica di vicesindaco, rappresentante dell'Ass.ne del Fante, attivista cantore del coro Castel Pergine e quanto altro ancora. Persona corretta e onesta, disponibile, attento ai bisogni della gente, aveva sempre messo se stesso a disposizione del suo paese: l'ultimo periodo della sua vita lo ricorda impegnato come Figura

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A otanta ani, sacrato, l’è proprio ‘n bèl gazèr, me son ennamorada de ‘n todesch ho pèrs la testa, no gò pù la memoria, pensar che fin algéri mi la gaveo de fèr.

L’è ‘n can da l’osta, epura ghe convivo, el me ‘n fa de ogni sòrt el sconde scarpe e maie, no trovo pù l’ombrèla quando ‘l piove, l’è ‘n tipo “recidivo”.

A otanta ani, sacrato, gò ‘n del còr en rebaltón , me son ennamorada de’n todesch ho pèrs la testa, vorìa ‘npiantarlo lì, ma lu ‘l me vòl per elo no ‘l vòl sentìr resón.

POESIA

EL ME ALZHEIMER

di Massimo Dorigoni

Spesso non è facile l’autoironia e tanto me-

no tra gli anziani.

Se poi c’è chi riesce a scherzare su anche su

quella che forse è la malattia del secolo, l’Al-

zheimer, ebbene, ciò suscita un certo stupo-

re. Così anche la fre-schezza delle impreca-zioni, la limpidezza del-

le immagini, rendono notevole questo testo.

Poesia segnalata con pre-mio della giuria al quarto

concorso nazionale di poe-sia “premio Terrasanta

2010” – Verona -

Il mio Alzheimer Ad ottant’anni, accidenti, / è proprio un bèl problema, / mi sono innamorata di un tede-sco / ho perso la testa, / non ho più la memoria, / e penso che fino ad ieri / l’avevo di ferro (molto stabile). // E’ un briccone, / eppure ci convivo, / me ne combina di tutti i colori, mi nasconde scarpe e maglie, / non trovo più l’ombrello / quando piove, / è un tipo recidi-vo. // Ad ottanta anni, accidenti, / ho nel cuore un ribaltone, / mi sono innamorata di un tedesco / ho perso la testa, / vorrei lasciarlo / ma lui mi desidera / e non vuole sentirne ragione.

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Defati ghè el Dino… En de n’altro canton

Con el so pizon Che el fa colazion!

I se l’hà adotadi

I do bei penuti I è fortunadi

No l’è roba de tuti!

IGINIO E DINO Content come en putel Ghè, sul pontesel Col far… tut alegro L’Iginio che guerna N’osel, slis e negro! El ghe va vizin… El lo ciama per nome…! Come i faga a capirse Ne diralo,… en dì come? L’è zerto en laoro De tanta pazienza Tegnendo anca cont Dela concorrenza!

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di Michela

EL NOS FUTURO … CHE PASION!

….A far sto laoro en pensier ven sempre en mente: “quando saren veci noi, che fin farente?”

Sperante de aver mes via qualche euro en den canton perché el governo el n’avrà magnà for tuta la pension. Anca la salute la sarà nada tra el magnar sempre pù entosegà e l’aria enquinada.

I nosi fioi o neodi de starne dreo i ghe n’avrà pien le aze e alora dopo aver binà ensema le nose straze naren en via Marconi o via Pive en do che sarà chi che ne aspeta per farne el bagno e se non se va de corp anca la pereta.

Con tuta quela zent che studia sula qualità e sule inovazion chissà quanti cambiamenti ghe sarà quante invenzion.

Già m’enmagino: per nar en del let basterà strucar do botoni, a lavarne ghe sarà en self service a getoni e po, me domando: ghe sarala na persona , una sola, che se fermerà a farne na parola?

No se pretenderà i filo’ de ‘sti ani Ma de do ciacere de sicur se gavrà destrani.

E no la sarà finida, anca San Pero, che de solito con poc el se’contenta, per poder nar en paradis el domanderà l’ICEF o ‘el 730.

Forse gho en poc esagerà, sperante de non arivar mai en de ste condizion ma se ghe penso me ven za el magon.

E alora l’è propri vera che a volte basta poc per far contenta la zent: perché nela vita do parole en soriso l’è ancor la roba pu gradita.

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LE “SPIZZATE”

L’ANIMAZIONE INFORMA

perché dopo aver tanto lavorato lo scor-so anno, in particolare per collaborare nella realizzazione della sciarpalonga, cui il ricavato è andato in beneficienza, è bello anche concedersi il piacere di uscire tutti insieme a divertirsi e socializ-zare e magari condividere i progetti futu-ri. Infatti, in questa occasione abbiamo deciso che quest’anno lavoreremo per realizzare delle apposite creazioni da poter mettere a disposizione di chi le volesse, come sempre ad offerta per donare il ricavato al progetto sostenuto dal nostro Dottor Brandolani a favore dell’Etiopia.

Due serate distinte in due cor-nici completamente diverse so-no state scelte dai partecipanti ai laboratori dei gruppi maglia e cucito… Via Pive, infatti, ha scelto il lago mentre via Marco-ni la montagna … ma poco im-porta… queste uscite rappre-sentano ormai una tradizione ma anche un momento molto importante di scambio e condi-visione, in un ambiente fuori dall’ordinario, nonché un’occa-sione di autogratificazione. Sì

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La 15° edizione delle Olimpiadi dell’An-ziano, svoltasi dal 1 al 5 luglio 2011, ci ha visti arrivare al 10° posto nella classifica generale di tutte le A.P.S.P. e portare a casa, anche quest’anno, una bella cop-pa. Ottimi piazzamenti dei nostri parteci-panti: il 2° posto della signora Ines nella corsa; il 3° posto della signora Severina Roat al canestro; il 14° posto nel tiro ai barattoli del signor Casimiro Valentini e il lavoro di squadra con il 5° posto nella pesca. Ad accompagnarci ed incorag-giarci c’erano i nostri fedelissimi amici Maria, Giuseppe, Bruna, Silvia, Rita e per

la prima volta… tre giovanissimi (17 anni) volontari: Arianna, Elena e Nicola. Un ringraziamento speciale va ad Arianna che, vincendo la sua timidezza, ci ha egregiamente rappre-sentati partecipando alla corsa nella competizione riservata agli accompagnatori ottenendo il primo po-sto e portando a casa non solo la medaglia d’oro e un coloratissimo bouquet di fiori ma, siamo certi, anche un’infinità di emozioni.

L’ANIMAZIONE INFORMA

15° EDIZIONE DELLE OLIMPIADI DELL’ANZIANO

Grande successo di adesioni anche quest’anno per la 10° edizione del Torneo di Bocce “Giochi in amicizia”. Ad aprire il torneo una sfida tra “autorità”: in rap-presentanza della Casa la coppia composta dal presidente e dal direttore dell’A.P.S.P. e come esterni la coppia composta dall’assessore Tessa-dri e dal vice direttore della Cassa Rurale di Pergi-ne. Un collaboratore d’eccezione, in questa edi-zione, è stato il signor Sergio Occoffer, presenta-toci da un altro volontario dell’associazione an-teas: il signor Giuseppe Holneider, che collabora nelle nostre strutture da diversi anni. Il signor Ser-gio ci ha fornito degli ottimi suggerimenti per la realizzazione del fondo del campo oltre a coadiu-varci al momento delle gare per quanto riguarda il rispetto del regolamento e l’assegnazione dei pun-ti. La premiazione, come da tradizione, si svolgerà nella Sala Polivalente di via Pive il 6 settembre 2011 (tempo permettendo).

IL TORNEO DI BOCCE

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di Anna Bacia

IL VOLONTARIATO: OCCASIONE DI CRESCITA

Dal servizio civile a una scelta di vita

Ho 26 anni e sono un Ufe, perché appartengo al gruppo “Giù la maschera” dal 2008.

A ottobre del 2006, dopo pochi mesi che ero stata presa in carico dal Centro di Salute Mentale, ho iniziato il servizio civile volontario presso la RSA di Pergine Valsugana, collaborando alle attività di animazione della struttura.

Questa esperienza lavorativa è stata molto positiva, perché riuscire ad aiutare gli anziani dando loro ascolto o accompagnandoli in sala polivalente per le attività, non rappresentava solo un fare qualcosa, ma

la loro gratitudine, manifestata attraverso i loro sorrisi o apprezzamenti espliciti, era la dimostrazione che anch’io nel mio piccolo avevo la mia parte ed ero riconosciuta.

Durante questo periodo ero seguita da un tutor, nel mio caso era una donna, alla quale col passare del tempo mi sono davvero affezionata, in quanto, oltre al rapporto professionale, si è instaurata una bella amicizia, perché è stata la prima persona a cui ho saputo confidare un mio problema di salute, che condizionava in modo significativo il mio lavoro!

Grazie a questo rapporto di fiducia, anche al termine del mio servizio, sono rimasta in contatto con lei e saltuariamente andavo a darle una mano, finchè, anche grazie al mio stato di disoccupazione, ho deciso di andare lì ogni giovedì per collaborare con il gruppo maglia.

Questo impegno, che porto avanti tuttora nel tempo libero, è significativo, visto che oltre a portare il mio contributo alla riuscita dell’attività mi permette di crescere mantenendo e coltivando le relazioni instaurate nel tempo.

L’associazione ANTEAS si presenta

Cari Ospiti dell’A.P.S.P. S. Spirito delle sedi di Via Pive e di Via Marconi, ci presentiamo a voi: siamo la nuova associazione ANTEAS (Associazione Nazionale Terza Età Attiva e Solidale). Una as-

sociazione di volontariato della CISL – FNP pensionati che opera già presso le due strutture con un nostro volontario da molti anni.

A stretto giro di posta

Page 32: Settembre 2011

S. Spirito ‐ Fondazione Montel Azienda Pubblica di Servizi alla Persona

Sede legale: Via Marconi n. 4 ‐ 38057 Pergine Valsugana (TN)

Tel. 0461/53 10 02 Fax 0461/53 29 71 www.apsp‐pergine.it

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