sezione controllo; deliberazione 24 marzo 1993, n. 45; Pres. Carbone, Est. Marchetta; Min.bilancio e programmazione economica ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 341/342-349/350Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188152 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
proprie delle aree limitrofe, non consente di equiparare le aree
già colpite dal vincolo decaduto alle cosi dette zone bianche
(intese come quelle a cui gli strumenti urbanistici non abbiano
dato alcuna particolare destinazione e nelle quali è ammessa
l'edificazione entro i limiti previsti dal codice civile e dal regola mento edilizio comunale) ed esclude l'applicazione dei limiti di
volume e di altezza previsti dall'art. 17, 6° comma, 1. 6 agosto
1967 n. 765. Va, invece, applicato l'art. 4, ultimo comma, 1. 10/77, il qua
le stabilisce i limiti entro i quali possa rilasciarsi una concessio
ne edilizia nei comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici ge nerali.
Ne consegue che va considerato legittimo l'impugnato prov
vedimento comunale, con il quale si è respinta la domanda di
concessione edilizia presentata dagli appellanti per la costruzio
ne di un edificio di civile abitazione. L'amministrazione infatti,
considerata la decadenza del vincolo a servizi pubblici sull'area
di cui trattasi, ha rettamente applicato l'art. 4, ultimo comma, 1. 10/77 nonché l'art. 85 1. reg. Piemonte 5 dicembre 1977 n.
56 il quale, nell'ambito dei centri abitati, consente solo la rea
lizzazione di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria,
di restauro e risanamento conservativo, di consolidamento sta
tico e di risanamento igienico. Non può convenirsi, pertanto, con quanto sostenuto dagli ap
pellanti, secondo cui nel caso de quo si dovrebbe tenere conto
delle previsioni generali di zona applicantesi, per espressa di
sposizione delle norme tecniche di attuazione del piano regola
tore generale di Torino (art. 6 e 34) anche alle aree già vincolate
a servizi pubblici in genere. A tale proposito, è sufficiente rile
vare che l'area di cui trattasi non può più considerarsi né zona
residenziale, né area destinata alla costruzione di pubblici servizi.
Quanto ai profili di incostituzionalità evidenziati nel terzo mo
tivo di appello, i medesimi appaiono manifestamente infondati
per gli stessi motivi esposti nelle due citate decisioni dell'adu
nanza plenaria. I comuni, infatti, sono pur sempre obbligati a dotarsi di uno
strumento urbanistico generale che copra l'intero territorio e,
quindi, la situazione di inedificabilità conseguente alla soprav
venuta inefficacia di talune destinazioni di piano e per una na
tura provvisoria. Il che poi è quanto avvenuto nel caso de quo
laddove il comune di Torino ha nuovamente disposto in tema
di destinazione urbanistica dell'area degli appellanti con la deli
berazione consiliare n. 769 in data 19 dicembre 1991, avente
ad oggetto l'adozione del progetto preliminare di revisione del
piano regolatore generale.
L'appello, pertanto, deve essere respinto e la sentenza impu
gnata va conseguentemente confermata.
I
CORTE DEI CONTI; sezione controllo; deliberazione 24 mar
zo 1993, n. 45; Pres. Carbone, Est. Marchetta; Min. bilan
cio e programmazione economica ed altri.
CORTE DEI CONTI;
Impiegato dello Stato e pubblico — Privatizzazione del rappor
to di impiego — Retribuzione — Controllo preventivo di le
gittimità della Corte dei conti — Esclusione (Cod. civ., art.
2099; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, approvazione del t.u. delle
leggi sulla Corte dei conti, art. 19; d.p.r. 25 giugno 1983 n.
344, norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del
29 aprile 1983 concernente il personale dei ministeri ed altre
categorie, art. 10; d. leg. 3 febbraio 1993 n. 29, norme in
materia di organizzazione e rapporti di lavoro nelle ammini
strazioni pubbliche, in attuazione dell'art. 2 1. 23 ottobre 1992
n. 421, art. 2, 4). I titoli di spesa relativi alle competenze spettanti al personale
sono atti strettamente connessi ai rapporti individuali di lavo
ro, in quanto concernenti l'adempimento dell'obbligazione re
li Foro Italiano — 1993.
tributila e come tali sottratti, ai sensi della recente normativa
sulla privatizzazione de! rapporto di impiego dei dipendenti
pubblici, al controllo di legittimità della Corte dei conti. (1)
II
CORTE DEI CONTI; sezione controllo; deliberazione 24 mar
zo 1993, n. 44; Pres. Carbone, Est. Vitali; Min. partecipa zioni statali ed altri.
Impiegato dello Stato e pubblico — Privatizzazione del rappor to di impiego — Inquadramento — Controllo di legittimità della Corte dei conti — Esclusione (R.d. 12 luglio 1934 n.
1214, art. 19; 1. 21 marzo 1953 n. 161, modificazioni al t.u.
delle leggi sulla Corte dei conti, art. 1; 1. 11 luglio 1980 n.
312, nuovo assetto retributivo funzionale del personale civile
e militare dello Stato, art. 155; d.p.c.m. 7 febbraio 1981, di
sciplina dell'inquadramento dei ruoli speciali delle ammini
strazioni dello Stato e tabelle di equiparazione del personale
degli enti soppressi, art. 1, 2; d. leg. 3 febbraio 1993 n. 29,
art. 2, 4).
Impiegato dello Stato e pubblico — Privatizzazione del rappor to di impiego — Atti precedentemente approvati dalle ammi
nistrazioni — Controllo di legittimità della Corte dei conti — Esclusione (R.d. 12 luglio 1934 n. 1214, art. 19; d. leg.
3 febbraio 1993 n. 29, art. 2, 4).
Gli atti relativi ai rapporti individuali di lavoro del personale delle amministrazioni pubbliche, fra cui devono ricompren dersi anche i provvedimenti concernenti l'inquadramento nei
ruoli e nelle qualifiche funzionali, sono disciplinati, ai sensi del d. leg. 3 febbraio 1993 n. 29, dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'im
presa e non sono più sottoposti al controllo di legittimità del
la Corte dei conti. (2) Gli atti in materia di rapporto di impiego dei dipendenti pubbli
ci, pur se adottati dalle amministrazioni prima dell'introdu
zione della nuova normativa ex d. leg. 3 febbraio 1993 n.
29, non sono sottoponibili al controllo di legittimità della Corte
dei conti, stante il carattere di autonomia della fase di con
trollo in relazione ai provvedimenti amministrativi. (3)
(1-3) Le deliberazioni in epigrafe costituiscono le prime prese di posi zione della Corte dei conti riguardo alla nuova normativa sulla c.d.
privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico e rappresentano, alme
no sul versante dei controlli, una significativa accelerazione del proces so applicativo della recente disciplina. Mentre in dottrina e sui mass
media si è acceso un ampio dibattito sui problemi, sulle difficoltà, sulle
prospettive, nonché su incongruenze e contraddizioni intrinseche al d.
leg. 3 febbraio 1993 n. 29, dal punto di vista della concreta applicazio ne della normativa non si è assistito, fino a questo momento, a grandi novità se si esclude l'emanazione di dodici circolari interpretative emes
se dalla funzione pubblica e, con la nomina del prof. Tiziano Treu
a direttore dell'agenzia per le relazioni sindacali nel pubblico impiego, l'avvio di questo organismo, dotato di personalità giuridica, che, nello
spirito della riforma, avrebbe il compito di controparte dei sindacati
nei rinnovi contrattuali. Nella motivazione della prima deliberazione in epigrafe la corte ha
chiaramente respinto l'interpretazione prospettata da alcune ammini
strazioni intervenute secondo cui i titoli di spesa relativi alla correspon sione di emolumenti al personale siano comunque assoggettabili al con
trollo della corte in quanto spese a carico del bilancio dello Stato. Sot
trarre questi atti al controllo di legittimità significa, magari obtorto
collo, imporre alle amministrazioni, su queste questioni, una autono
mia sicuramente importante anche se tutta da verificare nelle conse
guenze pratiche. È importante sottolineare come la corte, nella seconda deliberazione,
abbia inteso dare immediata applicazione alla norma del d. leg., cit.
(art. 4) che abolisce il sindacato di controllo degli atti relativi ai rappor ti di lavoro (anche per quelli già emanati dalle amministrazioni) per dedicarsi ad una più penetrante riorganizzazione dei propri compiti di
controllo. Si deve notare, al riguardo, che permangono alla corte, oltre
al controllo successivo sul complesso della spesa relativa al personale
(art. 65 d. leg., cit.), il controllo preventivo sull'autorizzazione gover
nativa alla stipula dei contratti collettivi nazionali redatti dall'agenzia
citata e dalle controparti sindacali (art. 51), nonché il controllo in via
preventiva su una serie di atti di indirizzo e di organizzazione degli
uffici (quali, ad esempio, i procedimenti di selezione per l'accesso al
lavoro, la determinazione degli organi, degli uffici e dei modi di confe
rimento degli stessi, ecc.), comunque afferenti alla gestione del perso
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PARTE TERZA
I
Fatto. — È pervenuto all'esame dell'ufficio di controllo sugli atti del ministero del bilancio e della programmazione economi
ca il mandato n. 21, cap. 1030, del 18 febbraio 1993 con il
quale si liquida a dipendenti del predetto dicastero, il cui rap porto di impiego è stato privatizzato ai sensi dell'art. 2, 2° com
ma, d. leg. 3 febbraio 1993 n. 29, il compenso incentivante pre visto dall'art. 10 d.p.r. 25 giugno 1983 n. 344.
In relazione al titolo di spesa di cui sopra è stata posta dal
competente consigliere delegato, in via pregiudiziale, la questio ne di massima volta a stabilire se, in seguito all'entrata in vigo re della nuova normativa di cui al richiamato d. leg. n. 29 del
1993, i titoli di spesa afferenti alla corresponsione di emolu
menti al personale dell'amministrazione dello Stato siano tutto
ra assoggettati al controllo esterno della Corte dei conti, tenuto
presente il disposto dell'art. 4, 2° comma, del menzionato de
creto, che cosi' dispone «Gli atti relativi ai rapporti individuali di lavoro del personale di cui all'art. 2, 2° comma, non sono
soggetti al controllo di legittimità della Corte dei conti e degli altri organi di controllo esterno». Il personale al quale fa riferi
mento la disposizione è, appunto, quello il cui rapporto di im
piego è stato privatizzato per effetto dell'articolo sopra ri
chiamato. Al riguardo, può prospettarsi la tesi che il titolo di che tratta
si rientri fra gli «atti relativi al rapporto individuale di lavoro»
del personale di cui all'art. 2, 2° comma, d. leg. in discussione, risultando quindi escluso dal controllo della corte. Può tuttavia
ritenersi, sotto altro profilo, che i titoli di spesa debbano co
munque essere sottoposti al controllo della corte medesima in
quanto atti di gestione del bilancio, atteso che l'art. 19 t.u. del
le leggi sulla Corte dei conti assoggettata al controllo (preventi vo o successivo) di tale organo tutti i titoli con i quali si provve de a disporre spese a carico del bilancio dello Stato, con dispo sizione generale che prescinde dall'assoggettamento o meno al
controllo delle materie alle quali i titoli si riferiscono. Sono intervenuti all'adunanza pubblica i rappresentanti del
ministero del bilancio e della programmazione economica, del
ministero del tesoro-ragioneria generale dello Stato e del dipar timento della funzione pubblica della presidenza del consi
nale, che il legislatore ha inteso mantenere coperti dalla riserva di legge (art. 2, 1° comma, lett. c, nn. 1 a 7, della legge delega 23 ottobre 1992 n. 421). In sintesi, la corte dovrebbe in tal modo ridurre l'ambito del controllo preventivo di legittimità e renderlo cosi più effettivo e «mirato» e, nello stesso tempo, concentrare parte dell'impegno sul con trollo successivo, che consentirebbe finalmente una visione d'insieme della gestione e dei risultati conseguiti da ciascuna amministrazione.
Giova notare, inoltre, che, a seguito delle deliberazioni qui riportate, la ragioneria generale dello Stato, con una circolare del 17 marzo 1993, modificativa dell'art. 407 del regolamento di contabilità generale dello Stato, ha ritenuto di attribuire alle ragionerie i compiti di controllo precedentemente svolti dalla corte. È una presa d'atto significativa, poiché sostituisce al precedente controllo esterno della Corte dei conti il con trollo interno della ragioneria, tanto più importante, se non altro come segnale, in quanto, nel dibattito relativo alia riforma del pubblico im piego e, in generale, della pubblica amministrazione, è stata da più par ti rimarcata la necessità di un mutamento della qualità e degli organi di controllo, sottolineando come strutture interne alle amministrazioni possano e debbano operare efficacemente valutazioni di merito, di con venienza e opportunità degli atti amministrativi, oltre a proporre modi ficazioni organizzative e snellimenti procedurali (v., sul punto, D'Au ria, I controlli della pubblica amministrazione come datore di lavoro, in Riv. giur. lav., 1992, I, 31). Si tratta, per lo più, di strutture tutte da costruire e da affiancare alla ragioneria generale dello Stato, che non pare attualmente adeguata alle nuove necessità, che peraltro trava licano i suoi compiti tradizionali. Nello stesso tempo tali organismi do vrebbero porsi in rapporto con i cittadini, da un lato (come è nello spirito della 1. 241/90 sul procedimento amministrativo e della 1. 141/90 sulle autonomie locali), e con le rappresentanze sindacali, in materia di organizzazione del personale e di rapporto di lavoro, dall'altro. Un lavoro, quindi, ancora tutto da fare, soprattutto dal punto di vista cul turale, fuori e dentro la pubblica amministrazione.
Sulle questioni poste dalla nuova normativa, v. Ghezzi, La legge de lega per la riforma del pubblico impiego: prime osservazioni, ibid., 1992, I, 537; Carinci, La «privatizzazione» del rapporto di lavoro, in Dir. e pratica lav., 1993, n. 15 inserto e Roccella, La nuova normativa e l'assetto dei rapporti sindacali, ibid., nonché la nota di richiami a Cass. 8 gennaio 1993, n. 124, Foro it., 1993, I, 1487.
Sulla tematica dei controlli, v. I controlli nella pubblica amministra zione a cura di Cassese, Bologna, 1993. [P. Matteini]
Il Foro Italiano — 1993.
glio dei ministri. I primi hanno manifestato l'orientamento dei
rispettivi dicasteri nel senso di ritenere tuttora soggetti al con
trollo della Corte dei conti i titoli di pagamento afferenti a spe se di personale, con l'avvertenza che il riscontro della corte do
vrebbe limitarsi ai profili di legittimità contabile e formale del titolo, esclusa ogni valutazione del rapporto individuale di lavo
ro presupposto, a norma, appunto, dell'art. 4, 2° comma, d.
leg. più volte richiamato.
Il rappresentante del dipartimento della funzione pubblica ha
invece espresso l'avviso che, per effetto dell'anzidetta norma, sarebbe venuto meno il controllo della Corte dei conti sui titoli
di spesa relativi alla corresponsione di emolumenti al personale
privatizzato, atteggiandosi i titoli medesimi come atti relativi
al rapporto individuale di lavoro nei sensi indicati dalla norma
in questione. Diritto. — 1. - La sezione, con deliberazione adottata nell'a
dunanza del 22 febbraio 1993, si è pronunziata in merito all'im
mediata operatività del nuovo assetto del pubblico impiego ri
sultante dalla normativa del d. leg. n. 29 del 3 febbraio 1993, in particolare per quanto riguarda la parificazione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche a quel lo dei lavoratori subordinati delle imprese private, secondo la
disciplina del codice civile e dei contratti collettivi (art. 2), e
la correlativa esclusione del controllo di legittimità della Corte dei conti sugli «atti relativi al rapporto individuale di lavoro»
cosi privatizzato (art. 4, 2° comma). L'anzidetta esclusione dal controllo della Corte dei conti è
stata affermata dal collegio non solo con riferimento ai provve dimenti emessi dalle amministrazioni dello Stato dopo l'entrata
in vigore del decreto legislativo sopra richiamato, ma — in via
generale — per tutti gli atti, anche anteriori, per i quali fosse
in corso, alla data medesima, il procedimento di controllo.
L'orientamento in parola comporta, nel caso oggi all'esame
della sezione, che possa essere preliminarmente riconosciuta la
proponibilità della questione di massima enunciata in narrativa, ancorché concernente un titolo di spesa emesso in data anterio re all'entrata in vigore della nuova disciplina; comporta altresì
che la questione stessa risulti rilevante, dovendosi stabilire se, in relazione al titolo di spesa di che trattasi, sussista tuttora
il potere-dovere di controllo e di pronunzia da parte della Corte
dei conti, tenuto conto del disposto del 2° comma dell'art. 4
d. leg. 29/93 prima richiamato. 2. - Il problema su cui la sezione è chiamata a pronunciarsi
verte, appunto, sull'interpretazione del 2° comma dell'art. 4 d.
leg. n. 29 del 1993, che esclude dal controllo di legittimità della
Corte dei conti gli «atti relativi al rapporto individuale di lavo
ro» dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in conse
guenza della privatizzazione dell'impiego pubblico disposta dal lo stesso decreto legislativo (art. 2, 2° comma).
Si tratta, in particolare, di stabilire se fra gli atti dei quali la legge esclude il controllo rientrino o meno i titoli di spesa concernenti il pagamento delle varie competenze spettanti al per sonale contemplato nel predetto art. 2, 2° comma, titoli che, in quanto legati al rapporto individuale di lavoro da un nesso di stretta correlazione, potrebbero in astratto rientrare nella ca
tegoria degli «atti relativi al rapporto di lavoro» sui quali è venuto meno il controllo di legittimità della Corte dei conti ai sensi del ripetuto art. 4, 2° comma, d. leg. n. 29 del 1993.
In tal senso è stata posta la questione di massima dinanzi al collegio, in sede di prima applicazione della nuova normativa
sopra richiamata.
3. - Il problema in discussione pone innanzitutto l'esigenza di analizzare in che modo si configuri, nell'ambito del rapporto individuale di lavoro privato (ora riferibile anche al pubblico dipendente), il dato fattuale del pagamento della retribuzione e degli altri compensi dovuti in dipendenza della prestazione lavorativa.
Poiché, com'è noto, il predetto rapporto segue Io schema con trattuale disciplinato dal codice civile, vengono in rilievo — sot to il profilo statico — l'insieme contrapposto degli obblighi del lavoratore e del datore di lavoro, consistenti, per il primo, in una prestazione di lavoro subordinato secondo quanto stabilito nel contratto e nelle altre norme che regolano il rapporto e, per il secondo, nell'essenziale obbligazione di corrispondere il trattamento economico dovuto. Sotto un profilo dinamico, in
vece, il rapporto si caratterizza per il duplice adempimento del
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
le rispettive obbligazioni, e cioè per il facere del lavoratore e
per il pagamento, da parte del datore di lavoro, del compenso a suo carico.
Come si può notare, pertanto, il pagamento non solo è atto
«relativo» al rapporto individuale di lavoro, ma di questo costi
tuisce un adempimento essenziale, poiché rappresenta la realiz zazione stessa del rapporto visto nella fase attuativa della fun
zione economico-sociale che gli è assegnata dall'ordinamento.
4. - Premesso che il pagamento della retribuzione, per le ra
gioni sopra illustrate, è un atto strettamente connesso al rap
porto di lavoro — e, quindi, un atto che può legittimamente essere considerato «relativo» a quest'ultimo agli effetti dell'art.
4, 2° comma, — ritiene il collegio che l'affermazione, che ne
consegue, dell'esclusione del controllo esterno della Corte dei
conti sui relativi titoli di spesa, debba essere opportunamente verificata alla luce del rapporto che intercorre fra la nuova di
sciplina del pubblico impiego e la preesistente regolamentazione delle modalità di corresponsione delle retribuzioni, posto che
anche nel nuovo ordinamento ben potrebbero essere fatte salve
per l'amministrazione le speciali procedure attraverso le quali viene effettuata in via generale l'erogazione delle spese a carico
del bilancio dello Stato, compreso il controllo della Corte dei
conti, ove compatibili con le disposizioni del decreto delegato. In effetti, il decreto delegato conferma nella sostanza le vi
genti modalità di corresponsione degli emolumenti agli impiega
ti, che continuano ad essere disciplinate dalle particolari regole che attengono sia all'emissione dei mandati diretti da parte del
le pubbliche amministrazioni sia alle altre modalità previste a
questo scopo dall'ordinamento contabile (ruoli di spesa fissa,
ordini di accreditamento). Nulla, infatti, è innovato nella mate
ria, tranne la previsione che il ministero del tesoro, ai fini del
controllo della spesa del personale e nell'ambito dell'integrazio ne dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche che
rilevano i trattamenti economici ed i relativi oneri, provveda a «facilitare» la razionalizzazione delle modalità di pagamento delle retribuzioni.
Occorre considerare però che, ai sensi del combinato disposto dell'art. 2, 2° comma, e dell'art. 4, 1° comma, del decreto legi slativo in discussione, i rapporti di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni delle
sezioni II e III, capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell'impresa e che, nelle materie soggette alla disciplina del codice civile delle
leggi sul lavoro e dei contratti collettivi, le pubbliche ammini
strazioni operano «con i poteri del privato datore di lavoro».
Ciò nei limiti della «specialità del rapporto» e del «persegui mento degli interessi generali» nei termini definiti dal decreto
in parola. Orbene, rileva la sezione che, fra le materie soggette alla di
sciplina privatistica di cui sopra rientrano, ai sensi dell'art. 2099
c.c., anche le modalità di pagamento delle retribuzioni; tale nor
ma, infatti, dispone che «la retribuzione del prestatore di lavo
ro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corri
sposta . . . con le modalità e nei termini in uso nel luogo in
cui il lavoro viene eseguito». Da quanto precede si desume che, anche per quanto attiene
alle modalità di corresponsione delle retribuzioni (per le quali il codice civile fa rinvio agli «usi», tipico strumento privatistico
per la disciplina dei rapporti giuridici), le amministrazioni pub
bliche operano con i poteri del privato datore di lavoro, per cui le eventuali norme procedimentali che risultino incompatibi li con la natura «privata» del potere esercitato nella particolare materia debbono ritenersi abrogate ai sensi dell'art. 74 del de
creto legislativo di che trattasi.
Tale è, ad avviso della sezione, il caso dell'art. 19 t.u. delle
leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934
n. 1214, il quale stabilisce che tutti i titoli di spesa delle ammi nistrazioni dello Stato debbono essere inviati alla Corte dei con
ti per il controllo «esterno» di legittimità, da esercitarsi in for
ma preventiva o successiva secondo quanto stabilito dalle leggi.
L'anzidetto obbligo di sottoposizione al controllo esterno della
Corte dei conti, nella misura in cui rappresenta la fase indecli
nabilmente pubblicistica del vigente procedimento di spesa, non
appare più predicabile con riferimento alla corresponsione di
emolumenti al personale dipendente. A tale adempimento le pub
bliche amministrazioni provvedono ora nell'esercizio di poteri
(privati) diversi da quelli (pubblici) cui era ed è correlato il con trollo esterno. E, del resto, per la stessa ragione il legislatore ha eliminato, per tutti gli atti relativi al rapporto individuale
Il Foro Italiano — 1993.
di lavoro «privatizzato», il controllo della corte e sarebbe in
congruo che detto controllo venisse conservato proprio per gli atti di minore rilievo sostanziale, meramente esecutivi di deter
minazioni sottratte al sindacato di legittimità di tale organo. Fra l'altro, una simile costruzione lascerebbe in vita, nei con
fronti del rapporto di lavoro, considerato come presupposto «fat
tuale» e non giuridico del pagamento, un canale di verifica non
del tutto privo di quei contenuti di controllo esterno che il legi slatore ha inteso eliminare.
Sembra peraltro che il vigente procedimento di spesa, senza
il connotato eminentemente pubblicistico del controllo esterno, non venga a differire, se non in misura assai limitata, da quelli in uso nelle imprese aventi complessità organizzativa pari al
l'amministrazione statale, consistendo in definitiva nell'ordine
al proprio tesoriere di pagare una somma determinata previ gli
opportuni riscontri interni degli uffici di ragioneria. Anche per
questo aspetto, pertanto, l'orientamento come sopra affermato
appare coerente con la ratio del provvedimento legislativo in
esame, che è quella della tendenziale equiparazione dell'area del
lavoro pubblico con quella del lavoro privato.
L'interpretazione in parola, lungi dal creare disarmonie per
quanto attiene al complessivo quadro delle forme di pagamento delle retribuzioni ai dipendenti dello Stato, costituisce un ele
mento di razionalizzazione del sistema e va nella direzione indi
cata dall'art. 63, 2° comma, del decreto di che trattasi.
È appena il caso di rilevare che l'indirizzo di cui sopra non
riguarda gli ordini di accreditamento, ancorché emessi a carico
di capitoli di bilancio concernenti (anche in via esclusiva) spese
per il personale. L'accreditamento è, infatti, un particolare tipo di titolo di spesa che non comporta il pagamento diretto in fa
vore del creditore dello Stato, ma assolve ad una funzione di
provvista di fondi, risolvendosi in un fatto organizzativo di de
centramento nell'erogazione delle spese. Come tale, l'ordine di
accreditamento non può essere considerato atto «relativo» ad
un rapporto individuale di lavoro, qualificazione che si attaglia
invece ai singoli ordinativi secondari con i quali il funzionario
delegato provvede alla corresponsione concreta della retribuzio
ne al personale cui è riferito l'accreditamento dei fondi. Solo
in relazione a tali ordinativi secondari opererà quindi (in sede
di esame dei relativi rendiconti) la preclusione al sindacato di
legittimità sugli atti presupposti inerenti al rapporto individuale
di lavoro, a norma dell'art. 4, 2° comma, d. leg. n. 29 del 1993.
Tanto premesso, osserva la sezione, con riferimento alle altre
forme di corresponsione delle retribuzioni al personale dipen
dente dalle amministrazioni dello Stato, che il criterio interpre
tativo qui affermato porta ad allineare — per il profilo riguar
dante l'eliminazione del controllo di legittimità sui singoli titoli
di spesa — l'area dei pagamenti mediante mandati diretti, pe raltro minoritaria (riguarda, essenzialmente, soltanto i dipen
denti delle amministrazioni centrali e l'erogazione dei compensi
accessori), a quella, di gran lunga prevalente, dei ruoli di spesa
fissa, sui quali il controllo preventivo di legittimità della Corte
dei conti è stato da tempo soppresso (d.p.r. 19 aprile 1986 n.
138) e per i quali il riscontro successivo dei pagamenti viene
effettuato in sede di esame delle contabilità di tesoreria afferen
ti alle spese in questione. Analoga situazione si viene ora a de
terminare per i mandati diretti, nel senso che, venuto meno il
controllo della corte sui singoli titoli, la verifica della regolarità
contabile di questi ultimi da parte della corte medesima non
rimane vacante ma è esercitata, come nel caso precedente, in
sede di esame delle relative contabilità di tesoreria (escluso an
che in questa ipotesi, a norma dell'art. 4, 2° comma, il sindaca
to di legittimità sugli atti presupposti inerenti al rapporto indi
viduale di lavoro). Ai sensi, inoltre, dell'art. 65 del più volte richiamato decreto
legislativo, la Corte dei conti esercita, sulla spesa di personale
globalmente sostenuta da ciascuna amministrazione, attraverso
il «conto annuale» che le deve essere trasmesso per il tramite
della ragioneria generale dello Stato entro il mese di maggio
di ciascun anno, la verifica dei risultati della gestione del perso
nale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna ammini
strazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regomenti e dagli atti
di programmazione, riferendone annualmente al parlamento (art.
65, 2° e 4° comma). L'insieme delle argomentazioni che precedono inducono la
sezione a risolvere nei sensi suindicati la questione di massima
sottoposta al suo esame.
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PARTE TERZA
II
Fatto. — In accoglimento di istanza prodotta dal dr. Della
Luna M. Luisa in data 4 luglio 1991, il ministero delle parteci
pazioni statali ha adottato, e quindi rassegnato al controllo, il decreto in epigrafe indicato, col quale ha annullato un prece dente provvedimento del 15 febbraio 1984 di inquadramento della medesima (proveniente dall'Onpi) nel ruolo speciale con
la qualifica di direttore aggiunto di divisione ricollocandola nel
la superiore qualifica di direttore di divisione ad esaurimento, ai sensi dell'art. 155, ultimo comma, 1. 11 luglio 1980 n. 312.
La rettifica è stata operata nell'assunto presupposto che la
predetta, alla data di entrata in vigore di quest'ultima legge, sarebbe stata in possesso — tenuto conto sia della complessiva anzianità di servizio che di qualifica maturate nell'ordinamento
di provenienza — di livello equiparato a quello di direttore ag
giunto di divisione e, al 31 dicembre 1972, avrebbe rivestito
qualifica equiparata a direttore di sezione. L'ufficio di controllo, con rilievi istruttori nn. 369 e 376, ri
spettivamente del 26 settembre e 30 ottobre 1991, ha contestato
la legittimità del decreto, eccependo:
a) in via pregiudiziale, la mancanza di un interesse pubblico,
specifico ed attuale, per rimuovere posizioni consolidate, non
potendosi in proposito invocare la generica violazione di norme; b) la inapplicabilità del disposto di cui all'ultimo comma del
ripetuto art. 155 1. n. 312 del 1980 nei confronti del personale
proveniente dagli enti soppressi, attesoché quest'ultimo, alla data
di entrata in vigore della stessa legge, non faceva ancora parte, ad ogni effetto, di quello statale, e quindi non potrebbe consi
derarsi destinatario di una normativa transitoria, finalizzata a
regolare rapporti giuridici del personale statale della carriera di
rettiva, nella fase di passaggio al nuovo ordinamento.
Le formulate eccezioni sono state sorrette da riferimenti nor
mativi specifici in senso ostativo alla legittimità dell'adottato
provvedimento, in particolare con riguardo all'art. 24 quinquies d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge di conversione 29 febbraio 1980 n. 33, con le inte
grazioni di cui all'art. 21 1. 20 marzo 1980 n. 75;
c) la insussistenza di entrambi i requisiti prescritti dall'art.
155, ultimo comma, della ripetuta 1. n. 312 del 1980, alla stre
gua delle risultanze emergenti, allo stato, dal trasmesso foglio matricolare;
d) l'inconferente richiamo, operato dall'amministrazione, al l'art. 15 1. 9 marzo 1989 n. 88 — concernente la ristrutturazione
dell'Inps e dell'Inail — versandosi in ipotesi di normativa spe ciale applicabile esclusivamente al personale dei disciolti enti pub blici transitato nei ruoli di tali istituti.
Con fogli di risposta del 30 ottobre 1991 e del 22 aprile 1992, l'amministrazione ha controdedotto sostenendo:
1) la sussistenza dell'interesse pubblico, specifico ed attuale, per esercitare il potere di autotutela, anche al fine di evitare un diffuso contenzioso;
2) l'applicabilità dell'art. 155, ultimo comma, 1. n. 312 del
1980, in presenza di un'asserita continuità del rapporto di lavo ro, con conseguente valutabilità del pregresso servizio anche ai fini giuridici (art. 1 e 2 d.p.c.m. 7 febbraio 1981);
3) la equiparabilità, alla data del 31 dicembre 1972, della qua lifica rivestita dall'interessata (consigliere capo) a quella statale di direttore di sezione, confluita nella VII qualifica funzionale — unitamente alle qualifiche di consigliere ed equiparate — a
prescindere dal possesso di specifiche anzianità. Il consigliere delegato al controllo sugli atti del ministero del
le partecipazioni statali, non avendo ritenuto le argomentazioni dell'amministrazione idonee a superare l'insorto dissenso, con relazione del 2 dicembre 1992, ha rimesso gli atti al presidente della Corte dei conti, il quale, con l'ordinanza in epigrafe indi
cata, ritualmente trasmessa alle amministrazioni interessate, ha deferito la pronuncia sul visto e la conseguente registrazione del decreto in questione alla sezione del controllo, all'uopo con vocandola per l'odierna adunanza.
È entrato frattanto in vigore il d. leg. 3 febbraio 1993 n.
29, recante nuove disposizioni per la razionalizzazione dell'or
ganizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della legge di delega 23 ottobre 1992 n. 421.
Diritto. — Con carattere di marcata preliminarità si propone, al giudizio della sezione, l'esegetica analisi della sopravvenuta normativa, in particolare dell'art. 4, 2° comma, d. leg. 3 feb
II Foro Italiano — 1993.
braio 1993 n. 29, emanato in forza della legge di delega 23
ottobre 1992 n. 421.
Nucleo cardine dell'interpretazione è costituito dalla misura
dell'abrogativa valenza del suindicato articolo del decreto legis lativo delegato nell'incidere sull'istituzionale potere-dovere di con
trollo della Corte dei conti relativamente agli atti riflettenti i
molteplici profili del rapporto privatizzato di lavoro dei dipen denti delle pubbliche amministrazioni ed in concreto, per quan to specificamente ne occupa, circa la possibilità o no, allo stato
della intervenuta normativa, di conoscere e quindi deliberare
in ordine al rassegnato decreto ministeriale di inquadramento. Il menzionato 2° comma dell'art. 4 dell'ormai vigente d. leg.
n. 29 del 3 febbraio 1993, in armonica coerenza ordinamentale
con l'innovata natura paritetica del rapporto di lavoro dei di
pendenti delle pubbliche amministrazioni, ha escluso dal con
trollo di legittimità della Corte dei conti e degli altri organi di
controllo esterno gli atti relativi ai rapporti individuali di lavoro.
Sulla portata di siffatta esclusione il collegio dovrà poi sof fermarsi per valutarne l'effettivo significato, nel quadro e con
specifico riferimento all'esercizio del sindacato della Corte dei
conti, costituzionalmente preteso e garantito dall'art. 100.
La descritta innovazione normativa sopravviene nel corso della
procedimentale fase della integrazione dell'efficacia del provve dimento all'esame.
Ad una prima valutazione dell'occorsa fattispecie, si potreb be incorrere nell'ormai invalso orientamento giurisprudenziale secondo il quale le questioni di diritto intertemporale postulano soluzioni non confliggenti col principio della irretroattività del
la legge, scolpito nell'art. 11 preleggi, e secondo il diverso e
parallelo criterio del tempus regit actum.
L'ipotizzata conclusione si configurerebbe peraltro, nel caso, manifestamente inadeguata e superficiale.
Ad una lettura della intervenuta novella, non rigidamente ri
stretta al dato meramente lessicale ma doverosamente indirizza
ta alla introspezione dell'effettivo significato mediante l'impie
go di opportuni canoni ermeneutici di natura logica e sistemati
ca, oggettivamente emerge che preminenti ed esponenziali si
propongono i destinatari della norma in trattazione, vale a dire
gli organi titolari di competenze di controllo esterno, tra i quali massimamente la Corte dei conti, rispetto all'oggetto normativo
costituito dagli atti concernenti i rapporti individuali privatizza ti di lavoro.
Ne consegue che la normativa in questione è destinata ad in
cidere non tanto ed esclusivamente sugli atti suindicati quanto sul potere stesso, rectius sulla nuova dimensione del potere di controllo della Corte dei conti che a torto potrebbe assumersi
ridotto, mentre, attraverso il preciso rinvio operato dal 3° com ma dell'art. 4 d. leg. n. 29 del 1993, lo stesso è stato valorizzato dal legislatore ordinario, indirizzandone l'esercizio, nel contesto della più rigorosa costituzionalità, verso i più salienti traguardi ravvisati nei regolamenti e negli atti amministrativi adottati nel le materie di cui all'art. 2, 1° comma, lett. c), nn. da 1 a 7, 1. 23 ottobre 1992 n. 421, che restano dunque affidati al con trollo preventivo di legittimità della Corte dei conti.
L'elencazione legislativa delle suaccennate materie, esaustiva ed allo stesso tempo idonea ad offrire pertinente chiave seletti va dei provvedimenti da assoggettare al controllo esterno della Corte dei conti, dispensa dalla sperimentazione di subclassifica zioni che soltanto la pratica applicazione potrà di volta in volta stabilire.
Allo stato, ritiene la sezione che inopportuni tornino intem
pestivi schematismi interpretativi e paradigmatiche enunciazioni che si sovrapporrebbero al disposto legislativo infrenando il gra duale assetto di una materia completamente innovata e nemme no assistita da norme transitorie.
L'attuata — per modum legis — valorizzazione del controllo della Corte dei conti con la caduta di una marginale ed ingom brante area entro la quale ne restava impaniato l'esercizio, di stolto da più rilevanti oggetti largamente impingenti nella finan za pubblica, avrà certamente paralleli e consistenti riflessi nella
giurisdizione amministrativo-contabile, ed in definitiva in una
più efficiente simbiosi controllo-giurisdizione, in grado di me glio garantire l'interesse pubblico.
L'istituto, moderno sindacato della Corte dei conti, che si
rivolge anche nei confronti delle attività e non soltanto degli atti, assumendo le più efficienti ed efficaci prerogative del con trollo conoscenza-referto, si completa mediante l'integrativo di
sposto di cui all'art. 65, 2° e 4° comma, del ripetuto d. leg. 3 febbraio 1993 n. 29.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Resta fuori dall'oggetto della presente deliberazione la tema
tica del controllo consuntivo sui rendiconti amministrativi e sul
le gestioni fuori bilancio, che sarebbe inconferente trattare in
questa sede.
Insorge invece la problematica, suscitata dallo stesso provve dimento all'esame, se gli atti già adottati dalle amministrazioni
pubbliche ed avviati al controllo della Corte dei conti debbano
o no esservi tuttora assoggettati. La risposta è negativa. La fase dell'integrazione dell'efficacia
si propone infatti, nell'ordinamento vigente, secondo connota
zioni di assoluta autonomia cosi da non confondersi, a guisa di atto complesso, col provvedimento al quale afferisce.
L'esercizio di un potere, per i profili normativamente travol
ti, non potrebbe ricevere alcun supporto in punto di legittimità, non essendo ipotizzabile, nemmeno sul piano logico, l'applica tiva sopravvivenza di una potestà completamente rimodellata, travalicante obsoleti moduli operativi ed obliterativa di ischemi
ci obiettivi di stampo ottocentesco. Non sarebbe possibile, oltre tutto, assoggettare a controllo
atti che potrebbero costituire presupposti di altri atti non più da rassegnare per il visto e la conseguente registrazione.
Relativamente al provvedimento di specie, per le ragioni so
pra svolte, non ravvisa dunque il collegio la sussistenza della
propria legittimazione a conoscere e giudicare.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione di Brescia; ordinanza 31 marzo 1993, n. 265; Pres. Zuballi, Rei. Stevanato; Alfani ed altri (Avv.
Fugazzola) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato De
Bellis).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione di Brescia; ordinanza 31 marzo 1993,
Ordinamento giudiziario — Magistrati ordinari — Allineamen
to stipendiale — Abrogazione con effetto retroattivo — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97, 113; 1. 8 agosto 1991 n. 265, disposizioni in mate
ria di trattamento economico e di quiescenza del personale di magistratura ed equiparato, art. 1; d.l. 11 luglio 1992 n.
333, misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica, art. 2; 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in legge, con mo
dificazioni, del d.l. 11 agosto 1992 n. 333; d.l. 19 settembre
1992 n. 384, misure urgenti in materia di previdenza, di sani
tà e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali, art. 7;
1. 14 novembre 1992 n. 359, conversione in legge, con modifi
cazioni, del d.l. 19 settembre 1992 n. 384).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 7, 7° comma, d.l. 19 settembre 1992 n.
384, convertito in l. 14 novembre 1992 n. 438, nella parte in cui dispone il divieto di adozione, dalla data di entrata
in vigore dello stesso d.l. 384/92, di provvedimenti di allinea
mento stipendiale per il personale di magistratura ed equipa rato, ancorché aventi effetti anteriori alla data (11 luglio 1992)
di abrogazione dell'istituto, disposta con l'art. 2, 4° comma,
d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito in l. 8 agosto 1992 n.
359, in riferimento agli art. 3, 97 e 113 Cost. (1)
(1-2) Per ogni riferimento sull'istituto dell'allineamento stipendiale,
per il personale togato delle magistrature, compiutamente ricostruito nella sent. 197/93 in epigrafe, v. richiami in nota a Corte cost. 18 mar
zo 1992, n. 105, Foro it., 1992, I, 2325. In argomento, cfr. anche Corte
conti, sez. contr., 19 novembre 1992, n. 67, che sarà riportata sul pros simo fascicolo.
Con le disposizioni oggetto delle pronunzie in epigrafe il legislatore, nell'ambito dei provvedimenti per il contenimento della spesa pubblica, ha abrogato l'istituto introdotto, con espresso riferimento al personale militare, dall'art. 4, 3° comma, d.l. 681/82, convertito in 1. 869/82;
l'unico profilo di perplessità che residua dall'intervento (quanto si vuo
le criticabile ma) legittimo del legislatore è espresso nell'ordinanza di
rimessione alla Corte costituzionale, incentrata sia sull'abuso del ricor
so a norma interpretativa, per mascherare una disposizione retroattiva
illegittima, sia sul ricorso ad una norma-prowedimento che, nel vietare
l'adozione di atti conseguenziali a diritti già maturati, finisce per annul
larli con efficacia, appunto, retroattiva non giustificata. Per riferimenti sulla legittimità delle norme di interpretazione auten
tica e sulla loro efficacia retroattiva, v. Corte cost. 2 maggio 1991,
n. 193, ibid., 328, con nota di richiami, ed anche Corte cost. n. 39
del 1993, in questo fascicolo, parte prima.
Il Foro Italiano — 1993.
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
LOMBARDIA; sezione di Brescia; sentenza 15 marzo 1993, n. 197; Pres. ed est. Zuballi; Cavazzini ed altri (Avv. Por
queddu) c. Min. grazia e giustizia ed altro (Avv. dello Stato
De Bellis).
Ordinamento giudiziario — Personale delle magistrature — Al
lineamento stipendiale — Estensione «orizzontale» — Esclu
sione (L. 6 agosto 1984 n. 425, disposizioni relative al tratta
mento economico dei magistrati, art. 4; 1. 8 agosto 1991 n.
265, art. 1; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 2; 1. 8 agosto 1992 n. 359; d.l. 19 settembre 1992 n. 384, art. 7).
Non spetta ai magistrati ordinari il diritto all'allineamento sti
pendiale con i magistrati appartenenti agli ordini amministra
tivo e contabile, neppure secondo la normativa previgente al
l'abolizione dell'istituto disposta con l'art. 2, 4° comma, d.l.
333/92, convertito in l. 359/92. (2)
I
Diritto. — 1. - Nel far valere la pretesa all'allineamento sti
pendiale, i magistrati ricorrenti premettono di avere tutti un'an
zianità maggiore o uguale a quella del collega Antonio France
sco Esposito: tale circostanza è pacifica, non essendo stata con
testata dall'amministrazione resistente.
Il presupposto dell'allineamento si sarebbe realizzato nel 1989
allorché il dott. Antonio Francesco Esposito fu nominato udi
tore giudiziario conservando il più favorevole trattamento eco
nomico maturato nella precedente carriera di referendario par lamentare presso il senato della repubblica.
2. - Occorre premettere che l'istituto dell'allineamento stipen diale è stato introdotto dall'art. 44, 3° comma, d.l. 27 settem
bre 1982 n. 681, convertito in 1. 20 novembre 1982 n. 869, per il personale militare con norma del seguente tenore: «al perso nale con stipendio inferiore a quello spettante al collega con
pari o minore anzianità di servizio, ma promosso successiva
mente è attribuito lo stipendio di quest'ultimo». La giurisprudenza formatasi successivamente ha riconosciuto
nell'anzidetta disposizione un principio o rimedio di carattere
generale, idoneo ad evitare un'ingiustificata disparità di tratta
mento derivante dalla conservazione di trattamenti retributivi
personalizzati: all'allineamento consegue il riequilibrio della re
tribuzione degli appartenenti al medesimo ruolo, in possesso della
medesima anzianità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 1990,
n. 410, Foro it., Rep. 1990, voce Impiegato dello Stato, nn.
719, 722; Corte conti, sez. contr., 13 luglio 1984, n. 1472 e
28 settembre 1984, n. 1479, id., Rep. 1985, voce Militare, nn.
17, 18; 7 febbraio 1985, n. 1518, ibid., voce Impiegato dello
Stato, n. 307; 23 febbraio 1989, n. 2093, id., Rep. 1990, voce
cit., n. 723; 16 luglio 1992, n. 67; Trga Trento 12 giugno 1989,
n. 174 e 3 settembre 1992, n. 321, id., Rep. 1989, voce Ordina
mento giudiziario, nn. 97, 98; Tar Sicilia, sez. Catania, 27 ago sto 1990, n. 640, id., 1992, III, 88; Tar Lazio, sez. I, 24 maggio
1991, n. 739, id., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, n.
604; 11 febbraio 1992, n. 138; Tar Puglia, sez. Lecce, 13 aprile
1989, n. 315, id., Rep. 1989, voce Consiglio di Stato, n. 9).
3. - Tale principio, variamente inteso ed applicato dalla giuris
prudenza che ne ha via via definito gli specifici presupposti, è stato infine confermato, ma anche delimitato, per il personale
di magistratura dalla 1. 8 agosto 1991 n. 265. Nella fattispecie
all'esame rilevano il 1° ed il 3° comma: il primo esclude l'alli
neamento per trattamenti economici conseguiti in settori diversi
dalle carriere dirigenziali dello Stato o equiparate; il secondo
esclude nel caso di accesso alla magistratura mediante concorso
di primo grado la valutazione di trattamenti che nella preceden
te carriera erano stati a loro volta acquisiti mediante alli
neamento.
Nessuna di queste limitazioni riguarda tuttavia il caso all'esa
me: a) non la prima, poiché la carriera di referendario al senato
è equiparata a quella dirigenziale dello Stato (cfr. Cons. Stato,
sez. IV, 26 febbraio 1985, n. 64, id., 1985, III, 189) tant'è che
altrimenti non sarebbe stato applicato l'art. 202 d.p.r. 10 gen
naio 1957 n. 3 per il mantenimento al dott. Esposito del supe
riore trattamento economico nel passaggio di carriera; b) non
la seconda, poiché il miglior trattamento retributivo conservato
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