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sezione controllo; deliberazione 6 giugno 1985, n. 1561; Pres. Pietranera, Rel. Merolla; Min....

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Page 1: sezione controllo; deliberazione 6 giugno 1985, n. 1561; Pres. Pietranera, Rel. Merolla; Min. partecipazioni statali

sezione controllo; deliberazione 6 giugno 1985, n. 1561; Pres. Pietranera, Rel. Merolla; Min.partecipazioni stataliSource: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1986), pp. 303/304-309/310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180787 .

Accessed: 28/06/2014 15:13

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PARTE TERZA

8 e 9 del citato d.p.r. n. 748 del 1972, sarebbero da assumersi nel loro significato letterale rispondendo alla logica giuridica ed al sistema legislativo.

Da un esame delle disposizioni vigenti di contabilità generale dello Stato risulta la predetta distinzione; infatti l'art. 2 d.p.r. n. 627 del 1972, emanato quasi contemporaneamente al d.p.r. n. 748, in attuazione della medesima legge di delega n. 249 del 1968, che ha modificato, tra l'altro, il 1° comma dell'art. 3 della legge di contabilità di Stato, dispone: « i contratti dai quali derivi una entrata per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che per particolari ragioni delle quali dovrà farsi menzione nel decreto di approvazione del contratto, e limitatamente ai casi da determinare con regolamento, l'amministrazione non intenda far ricorso alla licitazione privata, ovvero nei casi di necessità alla trattativa privata ».

« I contratti dai quali deriva una spesa per lo Stato debbono essere preceduti da gare mediante pubblico incanto o licitazione

privata, a giudizio discrezionale dell'amministrazione ». Ritiene la sezione che dalla disposizione riportata emerge con

evidenza la volontà del legislatore di assegnare una diversa

disciplina, relativamente alla scelta del contraente, ai contratti attivi e passivi della p.a.

Conseguenziale argomentazione è che il legislatore riconosce distinto rilievo e considerazione all'uno e all'altro tipo di contratto.

All'interprete, pertanto, non è dato di assimilare tipologie di contratti che il legislatore ha considerato ed ha regolato distin

tamente, applicando estensivamente la normativa sulla compe tenza dei dirigenti dello Stato in mancanza di una esplicita e

puntuale disposizione che a ciò facoltizzi. Le argomentazioni svolte costituiscono validi elementi per con

dividere la tesi secondo cui la disciplina che regola l'attribuzione di competenza ai dirigenti dell'amministrazione autonoma p.t., in materia di contrattazione attiva, sia da rinvenirsi nella normativa di settore previgente al citato d.p.r. 748 del 1972 e precisamente nel r.d. 2 luglio 1925 n. 1196 per le competenze del direttore

generale p.t. e nell'art. 13 1. 12 marzo 1968 n. 325 per quelle dei direttori compartimentali.

Sulla base delle suesposte considerazioni il provvedimento in esame appare conforme a legge.

I

CORTE DEI CONTI; sezione controllo; deliberazione 6 giugno 1985, n. 1561; Pres. Pietranera, Rei. Merolla; Min. parteci pazioni statali.

Giustizia amministrativa — Giudicato — Estensione a terzi —

Illegittimità — Fattispecie (L. 30 settembre 1978 n. 583, norme transitorie per il conferimento della qualifica di primo dirigente, art. 1, 2).

Sono illegittimi i provvedimenti con i quali l'amministrazione retrodata la nomina a primo dirigente, estendendo a estranei al

giudizio il giudicato favorevole ottenuto da alcuni dei promuo vendi, perché difetta una giurisprudenza consolidata nel senso della estensibilità del giudicato stesso, e l'interesse pubblico spe cifico a tale estensione, specie in quanto essa creerebbe ulteriori

disparità di trattamento. (1)

II

CORTE DEI CONTI; sezione controllo; deliberazione 21 marzo 1985, n. 1537; Pietranera, Rei. De Feo; Università degli studi di Camerino.

Giustizia amministrativa — Giudicato — Estensione a terzi —

Legittimità — Fattispecie (D.l. 1° ottobre 1973 n. 580, misure

urgenti per l'università, art. 4; 1. 30 novembre 1973 n. 766, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° ottobre 1973 n. 580, art. unico).

Sono legittimi i provvedimenti con i quali l'amministrazione

dispone il pagamento della retribuzione a incaricati di inse

gnamento universitario precedentemente a titolo gratuito, esten dendo a estranei al giudizio il giudicato favorevole ottenuto da

<1-4) Il problema dell'estensione, a favore di soggetti rimasti estranei al giudizio amministrativo, del giudicato di annullamento, si pone in relazione ai limiti soggettivi di questo: che, in applicazione dei

alcuni di essi, perché la giurisprudenza si è consolidata nel senso della estensibilità del giudicato stesso, e sussiste l'interesse pubblico a tale estensione, ad evitare ulteriori spese legali, e di

sparità di trattamento tra soggetti che si trovano nella stessa situazione. (2)

III

CORTE DEI CONTI; sezione controllo; deliberazione 4 maggio 1984, n. 1439; Pres. Terranova, Rei. Covelli; Università degli studi di Napoli.

Giustizia amministrativa — Giudicato — Estensione a terzi —

Illegittimità — Fattispecie (Cod. civ., art. 2944; r.d. 19 gennaio 1939 n. 295, norme per il recupero dei crediti verso impiegati e pensionati e prescrizione biennale di stipendi, pensioni e altri emolumenti, art. 2; d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, art. 47).

Sono illegittimi i provvedimenti con i quali l'amministrazione dispone il pagamento, ai professori universitari ai quali aveva riconosciuto il trattamento retributivo della dirigenza in appli cazione della sentenza n. 219/75 della Corte costituzionale, delle somme nei confronti delle quali il loro credito doveva ritenersi estinto per prescrizione biennale, in seguito alla ulte riore sentenza della Corte costituzionale n. 50/81, secondo la quale anche ai crediti dei dipendenti dello Stato è applicabile la prescrizione quinquennale, se questo maggiore termine sia decorso dopo il riconoscimento. (3)

IV

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 27 novembre 1985, n. 1363; Pres. Anelli, Est. Bianchi; Tasselli (Avv. Sgueglia) c. Min. affari esteri (Aw. dello Stato Imponente).

Giustizia amministrativa — Giudicato — Estensione — Domanda di terzi — Silenzio-rifiuto — Illegittimità — Fattispecie (L. 28 ottobre 1970 n. 775, modifiche e integrazioni alla 1. 18 marzo 1968 n. 249, art. 25).

E illegittimo il silenzio-rifiuto mantenuto dall'amministrazione, sulla domanda di dipendenti, non insegnanti, presso istituto di istruzione all'estero, di essere immessi in ruolo, in base al l'estensione del giudicato favorevole che altri dipendenti in analoga situazione avevano ottenuto, in giudizio dal quale era no rimasti estranei. (4)

principi del giudicato civile, è ristretto alle sole parti, a meno che l'annullamento stesso investa un atto riguardante più soggetti, e riguardante più soggetti in modo inscindibile: Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 1981, n. 40, Foro it., 1981, HI, 209, che ha affermato l'estensione erga omnes dell'annullamento di provvedimenti tariffari con cernenti il servizio telefonico, considerati provvedimenti generali aventi carattere inscindibile; nella nota di richiami, di una giurisprudenza sostanzialmente concorde in questo senso, vi sono anche accenni alla questione della rilevanza, maggioritariamente negata, della identità del vizio del provvedimento annullato, rispetto a quello dei diversi prov vedimenti riguardanti altri soggetti, e non travolti dall'annullamento stesso. La giurisprudenza successiva analogamente determina i limiti soggettivi dell'annullamento di un provvedimento relativo, almeno apparentemente, a più soggetti, secondo che, al di là della sua forma unitaria, la sua struttura sostanziale lo sia o meno; ossia distinguendo il provvedimento realmente generale, sostanzialmente inscindibile, dal provvedimento in realtà plurimo, sostanzialmente scindibile in più provvedimenti singolari: Cons. Stato, sez. VI, 12 maggio 1981, n. 211, id., Rep. 1981, voce Giustizia amministrativa, n. 818; T.A.R. Campa nia 16 dicembre 1981, n. 1101, id., Rep. 1982, voce cit., n. 777; Cons. Stato, sez. V, 26 luglio 1984, n. 583, id., Rep. 1984, voce cit., n. 676. E, in applicazione del criterio, che viene cosi recepito, è stata esclusa l'estensione a soggetti estranei al giudizio dell'annullamento di provvedimenti considerati solo plurimi, come la graduatoria di un pubblico concorso (T.A.R. Campania n. 1101/81, cit., id., Rep. 1982, voce cit., n. 780, in un caso nel quale l'annullamento della graduatoria stessa riguardava solo la posizione di un singolo concorrente; in un caso diverso, per l'efficacia erga omnes dell'annullamento di una simile graduatoria, Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 1984, n. 137, id., Rep. 1984, voce cit., n. 678); l'esclusione di alcuni concorrenti da un pubblico concorso (Cons. Stato, sez. V, 16 dicembre 1980, n. 1317, id., Rep. 1980, voce cit., n. 821); in ogni caso, la censura contro la valutazione da parte del giudice amministrativo del carattere inscindibile di un provvedimento, e la conseguente affermazione della rilevanza erga omnes del suo annullamento giurisdizionale, è inammissibile in Cassa zione, perché non concreta un motivo attinente alla giurisdizione:

Il Foro Italiano — 1986.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

I

Diritto. — La questione all'esame della sezione è identica, per

quanto concerne i suoi profili generali, a quella già decisa con

deliberazione n. 1413 del 20 gennaio 1984.

Come è noto, infatti, in sede di interpretazione della 1. 30

settembre 1978 n. 583 sulle promozioni per merito comparativo, in via transitoria, al 1° dirigente, sia il Consiglio di Stato (sez. I,

parere n. 1452 del 22 dicembre 1978. Foro it., Rep. 1981, voce

Impiegato dello Stato, nn. 495, 498) che questa sezione (delibera zioni nn. 989 e 993 del 28 giugno 1979, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 584, 585) fissarono il principio che il possesso del requisito

Cass. 20 luglio 1983 n. 4990, id., 1983, I, 2115, con nota di C. M.

Barone, che, perciò, dichiara inammissibile il ricorso sotto tale profilo contro la già citata decisione del Cons. Stato, sez. V, n. 30/81. Un

atteggiamento più largo sembra avere assunto T.A.R. Lombardia, sez.

Ili, 6 aprile 1984, n. 93, id., Rep. 1984, voce cit., n. 679, favorevole all'estensione anche ai soggetti rimasti estranei al giudizio dell'annul lamento dei provvedimenti di inquadramento di dipendenti degli enti

locali, in base alle previsioni contenute negli accordi sindacali nazionali, in quanto espressione di criteri direttivi di scelte esercitate dall'ammi nistrazione in via generale. Comunque, la giurisprudenza tende a porre un limite all'estensione a favore dei terzi estranei del giudicato di annullamento di un atto generale sicuramente inscindibile come una

disposizione regolamentare: che questi abbiano tempestivamente im

pugnato il provvedimento singolare di applicazione nei loro confronti di tale disposizione (Cons. Stato, sez. VI, 7 luglio e 21 ottobre 1981, nn. 386 e 885, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 819, 817).

Si sia posto o meno il problema dell'estensione automatica a terzi

estranei al giudizio del giudicato di annullamento, la giurisprudenza è costante nell'affermare che l'amministrazione può discrezionalmente

disporre con proprio provvedimento tale estensione: v., per la giuris prudenza posteriore alla decisione del Cons. Stato, sez. IV, n. 668/70, di cui si dirà appresso, Cons. Stato, sez. VI, 16 dicembre 1980, n.

1317, id., Rep. 1981, voce cit., n. 821;^ 16 febbraio 1979, n. 81, id.,

Rep. 1979, voce cit., n. 902; sez. I 29 ottobre 1976, n. 1154/75, ibid., n. 914; sez. VI 17 gennaio e 7 febbraio 1978, nn. 73 e 212, id., Rep.

1978, voce cit., nn. 1068, 1069; sez. IV 29 marzo 1977, n. 272, id.,

Rep. 1977, voce cit., n. 1004; sez. II 11 novembre 1975, n. 222/75, ibid., n. 1001; sez. VI 11 aprile 1975, n. 121, id., Rep. 1975, voce cit., n. 2001; sez. VI 22 novembre 1974, n. 373 (che rileva che, per il carattere discrezionale di tale estensione, il giudice amministrativo non

può sostituirsi all'amministrazione nel disporla), id., Rep. 1974, voce

cit., n. 800; sez. IV 9 luglio 1974, n. 534, ibid., n. 802; nello stesso

senso v. anche Corte conti, sez. Ill pens, civ., 10 luglio 1971, n. 30382,

id., Rep. 1972, voce cit., n. 390. Pur godendo l'amministrazione di ampia discrezionalità nella scelta,

il suo rifiuto di estendere il giudicato a soggetti rimasti estranei al

giudizio che si trovano in situazione analoga a quella dei ricorrenti vittoriosi (per questo ovvio riferimento alla analogia di situazioni, Cons. Stato, sez. IV, 17 novembre 1981, n. 875, id., Rep. 1982, voce

cit., n. 779, e sez. VI 12 ottobre 1982, n. 484, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 747), è comunque sindacabile dal giudice amministrativo, sotto i consueti parametri della illogicità, coerenza, ecc.: Cons. Stato, sez.

VI, 17 ottobre 1975, n. 469, id., Rep. 1975, voce cit., n. 2002. E,

soprattutto, imparzialità: perché la giurisprudenza che è ferma nel

considerare discrezionale tale scelta, è ugualmente ferma nell'affermare

l'illegittimità del diniego da parte dell'amministrazione di estendere il

giudicato favorevole a soggetti pur rimasti estranei al giudizio, ma in

situazione analoga a quella dei ricorrenti vittoriosi, se l'amministrazio

ne stessa lo aveva già esteso ad altri soggetti in uguale posizione: Cons. Stato, sez. V, 23 luglio 1984, n. 562, id., Rep. 1984, voce cit., n.

680; sez. V 15 gennaio 1983, n. 30, id., Rep. 1983, voce cit., n. 746; sez. VI 15 aprile 1975, n. 133, id., Rep. 1975, voce cit., n. 2003; sez.

VI 27 ottobre 1972, n. 675, id., Rep. 1972, voce cit., n. 389; sez. VI

28 settembre 1971, n. 714, id., Rep. 1971, voce cit., n. 361; sez. IV 20

ottobre 1970, n. 668, cit., id., 1971, III, 26, con nota di richiami.

A questo punto, si innesta la questione considerata dalla sentenza

del T.A.R. Lazio in epigrafe: nello stesso senso dell'impugnabilità del silenzio-rifiuto che l'amministrazione abbia opposto alla domanda

di estensione del giudicato favorevole avanzata da soggetti rimasti

estranei al giudizio, ma in posizione analoga a quella dei ricorrenti

vittoriosi, parrebbe Cons. Stato, sez. VI, 7 giugno 1974, n. 205 (almeno

indirettamente), id., Rep. 1975, voce cit., n. 2005; e anche 15 aprile

1975, n. 133, ibid., n. 2004, che però è in relazione ad un caso le cui

particolarità potrebbero essere state le sole basi dell'affermazione; ma

è esplicitamente nell'opposto senso negativo, sempre sez. VI 24 ottobre

1978, n. 1093, id., Rep. 1979, voce cit., n. 915, argomentando dalla man

canza di un obbligo dell'amministrazione di disporre tale estensione; e,

forse, argomenti nel medesimo senso negativo potrebbero trarsi dalle deci

sioni della stessa sez. VI 6 marzo e 23 novembre 1973, nn. 89 e 546, id.,

Rep. 1973, voce cit., nn. 510, 509, che hanno affermato che i terzi estra

nei al giudizio non hanno nessuna pretesa giuridicamente rilevante a che

l'amministrazione estenda con proprio provvedimento a loro beneficio

il giudicato favorevole.

Le tre deliberazioni che ha adottato la sezione controllo della

Corte dei conti affrontano da un opposto angolo visuale la discreziona

lità dell'amministrazione nella scelta della estensione a terzi estranei al

giudizio del giudicato amministrativo favorevole, che pure non negano in linea di principio, sotto lo stesso profilo della giurisprudenza

della prescritta anzianità di servizio da parte dei promovendi dovesse coincidere con la data in cui la promozione sarebbe stata

deliberata e che, conseguenzialmente, la decorrenza delle promo zioni dovesse coincidere con il momento degli scrutini; successi

vamente il T.A.R. Lazio con due decisioni sez. I n. 1030 del 25

novembre 1981 e sez. II n. 747 del 15 ottobre 1980 (id., Rep. 1981, voce cit., n. 346) ed il Consiglio di Stato in sede di appello avverso la seconda delle citate decisioni del T.A.R. (sez. VI 29

settembre 1982, n. 421, id., Rep. 1982, voce cit., n. 469) sono

andati in diverso avviso riconoscendo ai ricorrenti come data di

decorrenza delle promozioni non la data dello scrutinio, ma

quella, fissa, del 1° gennaio 1978.

Il ministero delle p.s. con il decreto in epigrafe estende a 16

primi dirigenti promossi in data 16 ottobre 1978 quanto deciso in

sede di giudizio amministrativo per funzionari di altre ammini

strazioni, e, quindi, retrodata le promozioni stesse al 1° gennaio 1978.

Come è stato osservato nella deliberazione n. 1413 del 20

gennaio 1984, due sono i necessari presupposti per l'estensione

dei principi di un giudicato a dipendenti di ruoli diversi da

quelli cui appartengono i ricorrenti, e l'amministrazione debba

fare ricorso al potere di autotutela: l'illegittimità dell'atto che si

intende eliminare e l'esistenza di un interesse pubblico, concreto

ed attuale, all'annullamento dell'atto.

E anche nel caso all'esame detti due presupposti risultano

mancanti: il primo perché con sole tre decisioni, anche se una in

grado di appello, non può affermarsi l'esistenza di un consolidato

indirizzo giurisprudenziale al riguardo (tanto più che il medesimo

Consiglio di Stato, sia pure in sede consultiva, si è pronunciato in senso opposto), e la sezione non ha motivi per non confermare

l'avviso espresso nelle deliberazioni nn. 989 e 993 del 28 giugno

1979; il secondo perché l'astratta esigenza di ripristinare una

situazione di legalità tra pubblici dipendenti (nella fattispecie,

poi, riferita dall'amministrazione anche ad eventuali futuri in

quadramenti in ruoli unici) non integra i requisiti della concre

tezza e dell'attualità dell'interesse pubblico all'annullamento par ziale del precedente decreto di promozione (cfr. anche sez. contr.

n. 576 del 27 giugno 1974). E non può la sezione non rilevare che, avendo le varie

amministrazioni operato in base ai principi di cui al citato parere del Consiglio di Stato ed alle citate deliberazioni di questa

sezione, con promozione, in molti casi, anche di funzionari che

alla data del 1° gennaio 1978 non avevano l'anzianità di servizio

prescritta, la circostanza di fatto che in taluni casi le promozioni

richiamata : sez. controllo reg. Friuli-Venezia Giulia 19 novem bre 1977, n. 9, id., Rep. 1979, voce cit., n. 909; ossia, dall'an

golo visuale dei limiti che l'amministrazione stessa ha nel disporre tale estensione. Sotto questo aspetto, quella giurisprudenza appare poco significativa: perché la discrezionalità che riserva all'amministrazione è affermata per legittimare il suo rifiuto di estensione del giudicato, e non l'estensione che essa avesse positivamente disposto. Da questo diverso angolo visuale, nella giurisprudenza amministrativa si possono citare: Cons, giust. amm. sic. 16 ottobre 1979, n. 97, id., Rep. 1980, voce cit., n. 933, che ha ammesso che l'amministrazione possa estendere con proprio provvedimento il giudicato, ma solo, tra l'altro, quando questa estensione non incida negativamente su situazioni

giuridiche già consolidate; e, con più diretto riferimento alla rilevanza dell'interesse pubblico tenuto presente dalle riportate deliberazioni della Corte dei conti, in particolare dalle prime due, Cons. Stato, sez.

VI, 11 marzo 1977, n. 208, id., Rep. 1977, voce cit., n. 999, che, in un caso nel quale l'amministrazione aveva esteso il giudicato favorevole in materia di valutazione dei benefici combattentistici di pubblici dipenden ti, non solo ha ripetuto l'illegittimità di una estensione del genere quando abbia riflessi negativi sulla posizione (nella specie, poziore), di altri soggetti, ma anche richiesto che l'amministrazione medesima consideri l'interesse pubblico in tal senso, e l'incidenza sull'efficienza del servizio; d'altra parte, la sez. Ili, in un caso concernente il diritto di una categoria di pubblici dipendenti a percepire determinati proven ti, aveva affermato che il condizionamento dell'estensione del giudicato alla sussistenza di un interesse pubblico in tal senso, deve essere escluso in materia di diritti soggettivi.

Le riportate deliberazioni della Corte dei conti valutano l'interesse

pubblico che condiziona l'estensione del giudicato soprattutto dal punto di vista della esposizione dell'amministrazione a spese legali conseguen ti a ricorsi che altrimenti gli interessati rimasti estranei al giudizio potrebbero ancora proporre: anche la deliberazione n. 1439/85 potreb be essere inquadrata in questa prospettiva, perché la prescrizione del diritto avrebbe impedito la presentazione di simili ricorsi. D'altra

parte, le soluzioni opposte alle quali sono arrivate le deliberazioni nn.

1561/85 e 1537/85 si basano sulla certezza del principio giurispruden ziale esteso dall'amministrazione a estranei al giudizio, non ancora consolidata in un caso, e già consolidata nell'altro: sotto questo profilo, esse trovano un precedente nella deliberazione della medesima sezione del controllo 27 giugno 1974, n. 576, id., Rep. 1975, voce cit., n. 2007, che ha affermato l'illegittimità di una estensione del genere, in presenza di contrasti giurisprudenziali su quel principio.

Il Foro Italiano — 19S6 — Parte III- 23.

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PARTE TERZA

siano state conferite solo a funzionari che tale anzianità avevano

a detta data, non può condurre per questi soli funzionari ad una

retrodatazione di promozione che, anziché realizzare l'esigenza di

una parità di trattamento tra funzionari di ruoli ed amministra

zioni diverse, renderebbe macroscopiche le disparità di trattamen

to con tutti coloro, di qualsiasi ruolo, ai quali la retrodatazione

medesima non potrebbe essere estesa.

Per le suesposte considerazioni il decreto all'esame non è

conforme a legge.

II

Diritto. — In linea preliminare, prima ancora di esaminare la

questione sostanziale circa la retribuibilità degli incarichi di

insegnamento universitario a titolo gratuito, si pone il problema della legittiità dell'estensione del giudicato.

Infatti, osserva la sezione, l'eventuale soluzione positiva di

detto problema comporta un diverso esame degli atti in questio

ne, un esame condotto nel senso della esatta estensione ed

applicazione del giudicato e non nel senso, come sarebbe in caso

di soluzione negativa, della esatta applicazione della normativa

sostanziale.

Il potere di estendere ad altri soggetti, che non siano parti

processuali, un giudicato ha come presupposto un orientamento

giurisprudenziale uniforme che si prevede costante. I motivi di

interesse pubblico che sono a fondamento dell'esercizio di tale

potere possono essere diversi: comunemente essi sono iden

tificabili nella necessità di evitare ulteriori oneri per spese legali

e, specialmente nel pubblico impiego, nell'esigenza di assicurare

parità di trattamento a soggetti che si trovino nella stessa

situazione in attuazione di generali e noti principi quali quelli di

eguaglianza e di imparzialità. Nei casi all'esame la questione della retribuibilità degli incari

chi di insegnamento universitari gratuiti è stata risolta dal Con

siglio di Stato con decisioni della sez. VI in data 28 aprile 1981, n. 169 (Foro it., Rep. 1981, voce Giustizia amministrativa, n.

520), 30 ottobre 1981, n. 589 (id., Rep. 1982, voce Istruzione

pubblica, n. 370), 30 marzo 1982, n. 142 (ibid., n. 376). In tali decisioni il citato consesso ha ritenuto che l'incarico di

insegnamento gratuito una volta divenuto stabile comporta la

retribuibilità dello stesso in relazione a quanto dispone l'art. 4

d.l. 1° ottobre 1973 n. 580 e le successive modifiche introdotte

con la legge di conversione 30 novembre 1973 n. 766.

La sez. II consultiva dello stesso Consiglio di Stato, richiesta di

un parere sull'opportunità di applicare ad altri interessati i

principi ora esposti, ha ritenuto con voto n. 123 in data 11

maggio 1983 che « il giudicato conforme, in termini, su una

questione puntuale e ben individuata, non lasci alcun ragionevole

margine d'incertezza circa la previsione del mantenimento della

stessa linea giurisprudenziale ». Ha quindi concluso che « l'inte

resse pubblico consiglia di dare spontaneamente esecuzione al

giudicato, al fine di evitare un aggravio sensibile di spese legali ».

Ha tuttavia raccomandato che l'estensione del giudicato sia rigo rosamente limitata agli incarichi stabilizzati, siano osservate le

norme sul numero degli incarichi retribuibili riferiti alla stessa

persona, si tenga conto della prescrizione dei singoli ratei, sia

corrisposta la retribuzione almeno in un primo momento solo a

chi la richieda.

Alla sezione, sulla base di tali premesse, sembra indubbio che

sussista il presupposto richiesto per l'applicazione del principio dell'estensione del giudicato.

Esistono anche interessi pubblici concreti per tale estensione

che sono individuabili nella necessità di evitare altre spese legali, essendo in materia di trattamento economico sempre proponibile ricorso giurisprudenziale, e in quella di assicurare una parità di

trattamento.

Non può pertanto essere più riesaminata la questione sostanziale

circa la retribuibilità degli incarichi gratuiti già decisa dal giudice amministrativo.

I provvedimenti sono di conseguenza da ritenersi legittimi.

Ili

Diritto. — La questione portata all'esame della sezione è sorta a

seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 7 aprile 1981 (Foro it., 1981, I, 1224) e della circolare n. 2 del 5 gennaio 1983 del ministero della pubblica istruzione.

Con la sentenza n. 50/81 la Corte costituzionale ha dichiarato

incostituzionale l'art. 2, 1° comma, r.d.l. 19 febbraio 1939 n. 295

sulla prescrizione degli assegni o stipendi non richiesti e non

riscossi entro due anni dal sorgere del diritto.

II ministero della pubblica istruzione che nell'attribuire ai

professori universitari, che ne avessero i requisiti, con decreti del

1976 e 1977 il trattamento economico del livello dirigenziale A di

cui all'art. 47 d.p.r. n. 748 del 1972, aveva dichiarato altresì la

prescrizione biennale di cui al r.d.l. 295 del 1939, ha invitato con

circolare del 5 gennaio 1983 i rettori delle università a liquidare

agli stessi docenti le annualità di stipendio dichiarate prescritte con i precedenti decreti, argomentando che la prescrizione ora

quinquennale non si era verificata per il quinquennio precedente al 1976 o 1977 mentre per il quinquennio successivo la prescrizione non poteva essere opposta dovendo ritenersi i decreti concessivi

del 1976 o 1977 quale riconoscimento di debito ai sensi dell'art.

2944 c.c.

Tali argomentazioni fatte proprie dall'università di Napoli nella

risposta al rilievo formulato nei confronti del decreto n. 04789

del 5 marzo 1983, non sono sembrate convincenti alla delegazione della Corte dei conti per la Campania che ha concluso osservan

do che, avendo la sentenza della Corte costituzionale rimosso solo

la norma sulla prescrizione biennale, doveva trovare applicazione nella specie la norma che prevede quella quinquennale. Ed essa

prescrizione quinquennale si era verificata nei confronti di tutti i

decreti in esame, in quanto, dopo l'esame dei provvedimenti del

1977, nessun atto di richiesta era stato avanzato dagli interessati, e

i successivi decreti tutti del 1983 sono stati emanati quando erano trascorsi i cinque anni dalla emanazione dei primi decreti.

Né poteva soccorrere, a parere della delegazione, l'istituto del

riconoscimento del debito inammissibile in relazione a debiti

prescritti, ma semmai l'istituto dell'estensione del giudicato. La sezione, peraltro, confermando le osservazioni della delega

zione della Campania, ne dissente per quanto riguarda una

possibile estensione del giudicato. In primo luogo per gli effetti

propri delle sentenze dichiaratrici di illegittimità costituzionale

non più palesi di estensione del giudicato in senso proprio. In secondo luogo poiché i decreti del 1976 o 1977 non sono

stati impugnati dagli interessati e non è ammissibile un potere discrezionale dell'amministrazione di estendere i benefici derivanti

dalla posteriore sentenza n. 50 del 1981 della Corte costituzionale

a chi è stato inerte in relazione a crediti già prescritti per decorso del quinquennio alla data della sentenza di cui sopra

(cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 221 del 16 aprile 1982, id., Rep. 1982, voce Prescrizione e decadenza, n. 493).

Infine, poiché, come detto innanzi, alla data della circolare 2

gennaio 1983 ed a quelle, necessarie, dei decreti all'esame si era

già verificata anche la prescrizione quinquennale dei decreti di

cui trattasi, con riferimento ai decreti del 1977.

Per tali considerazioni la sezione ritiene che tutti i decreti

indicati in epigrafe siano illegittimi, ad eccezione del decreto n.

03922 del 12 febbraio 1983 relativo al prof. Pecoraro Albani

Antonio, il quale va rinviato all'esame della delegazione per l'accertamento dell'asserita interruzione della prescrizione da parte dell'interessato fatta presente nella memoria trasmessa alla sezione.

IV

Diritto. — Il ricorso è diretto contro il silenzio-rifiuto del

ministero degli affari esteri, che si sarebbe formato sugli atti di messa in mora (notificati in data 19 e 24 maggio 1983) volti ad ottenere l'immissione in ruolo ai sensi dell'art. 25, 3° comma, 1. 28 ottobre 1970 n. 775, nell'ambito dell'estensione del giudicato formatosi nei confronti di altri dipendenti, in virtù della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 27 aprile 1985, n, 626 (Foro it., Rep. 1982, voce Istruzione pubblica, n. 487).

Il thema decidendum della controversia richiede, quindi, di acclarare se sulle istanze prodotte dai ricorrenti (seguite da rituali

e distinti atti di messa in mora) si sia formato o meno l'impugna to silenzio-rifiuto, ossia se l'intimata amministrazione fosse tenuta, nella specie, ad esaminare le richieste (di immissione in ruolo degli interessati) ed a provvedere in merito.

La questione sottoposta all'esame del collegio è già stata

esaminata in un precedente giudizio intentato, dinanzi a questa sezione, da altri interessati avverso lo stesso ministero degli affari

esteri ed avente parimenti ad oggetto il preteso silenzio-rifiuto di

detta amministrazione sulle istanze anch'esse rivolte ad ottenere

l'immissione in ruolo ai sensi dell'art. 25 1. n. 775 del 1970, nell'ambito dell'estensione del giudicato di cui alla predetta sen

tenza del Consiglio di Stato (sez. IV n. 626 del 1982). Stante l'assoluta identità della questione giuridica posta dall'at

tuale controversia rispetto a quella recentemente decisa da questa sezione (con sentenza 17 dicembre 1984, n. 1149) il collegio, in

adesione ai principi ivi enunciati, avuto riguardo alla (espressa) richiesta di immissione in ruolo presentata dai ricorrenti ed alla

circostanza che l'amministrazione non abbia all'uopo adottato

alcun provvedimento, ribadisce che siffatto comportamento omis

sivo tenuto nei confronti della richiesta degli interessati (fino al

Il Foro Italiano — 1986.

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Page 5: sezione controllo; deliberazione 6 giugno 1985, n. 1561; Pres. Pietranera, Rel. Merolla; Min. partecipazioni statali

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

momento della pronuncia) nonostante i rituali atti di messa in

mora degli stessi in data 19 e 24 maggio 1983, integra ex se gli estremi del silenzio-rifiuto contro il quale i ricorrenti correttamen

te (e fondatamente) si sono rivolti.

Secondo i principi giurisprudenziali esattamente invocati dai

ricorrenti deve ricordarsi, infatti, che l'efficacia della pronuncia di

annullamento di atti e provvedimenti di natura generale si

estende ai soggetti destinatari degli atti stessi, ancorché essi non

abbiano assunto nel giudizio posizioni di parti formali, qualora in

aderenza alla funzione degli atti impugnati, la pronunzia giuris dizionale ne importi, con effetto inscindibile, l'integrale caduca

zione (Cons. Stato, sez. VI, 12 maggio 1981, n. 211, id., Rep. 1981, voce Giustizia amministrativa, n. 818).

In tale situazione vertevano (e vertono) gli attuali ricorrenti i

quali hanno legittimamente richiesto all'amministrazione l'esten

sione, nei loro confronti, del predetto giudicato e impugnato il

silenzio-rifiuto su tale richiesta.

Il ricorso deve, pertanto, essere accolto e, per l'effetto, va

dichiarato illegittimo il silenzio-rifiuto serbato dall'amministrazione

sulle istanze degli interessati intese ad ottenere il beneficio di cui

all'art. 25 1. n. 775 del 1970, mentre si ravvisano giusti motivi per

compensare tra le parti le spese del giudizio.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione II; sentenza 3 ottobre 1985, n. 2378; Pres.

Chieppa, Est. Corsaro; Durbè (Avv. Fornaro) c. Min. beni

culturali (Avv. dello Stato Caramazza).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione II; sentenza 3 ottobre 1985, n. 2378; Pres.

Impiegato dello Stato e pubblico — Dirigente — Rimozione —

Difetto di motivazione — Esclusione — Fattispecie (D.p.r. 30

giugno 1972 n. 748, disciplina delle funzioni dirigenziali nelle

amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, art. 3, 19).

Impiegato dello Stato e pubblico — Drigente — Rimozione —

Omessa contestazione degli addebiti — Omessa acquisizione di

parere — Illegittimità (D.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, art. 19).

È sufficientemente motivato il provvedimento ministeriale di ri

mozione del primo dirigente dalle funzioni esercitate (con

contemporanea attribuzione di altre funzioni di pari livello), che si basi sul richiamo di una vicenda estranea all'attività

dell'istituto a cui era preposto, e sulla valutazione secondo la

quale il comportamento che aveva tenuto non consente la sua

permanenza in quelle funzioni. (1) È illegittimo il provvedimento ministeriale di rimozione del

primo dirigente dalle funzioni esercitate, che si basi su addebiti

che non gli sono stati contestati, e in ordine al quale non era

stato previamente acquisito il parere del competente direttore

generale. (2)

(1-2) La sentenza è intervenuta a proposito di una nota vicenda, sulla

quale v. anche Corte conti, sez. contr., 28 novembre 1985, n. 1602, Cons. Stato, 1985, I, 1841, che riprende il tema della c.d. responsabili tà manageriale dei dirigenti.

Sulla prima massima, anche in relazione a tale responsabilità v. T.A.R. Lazio, sez. I, 9 luglio 1980, n. 780, Foro it., 1981, III, 587, con nota di richiami anche di dottrina, che ha affermato la legittimità del collocamento a riposo di un dirigente, per i risultati negativi dell'orga nizzazione del lavoro e delle attività dell'ufficio da lui diretto, sulla base di fatti specifici debitamente contestati, e sulla relazione ministeriale, formulata tenendo conto dei risultati di una indagine amministrativa; sulla esigenza di contestazione dei fatti addebitati, v. in particolare la sentenza di appello: Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 1983, n. 330, id., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 465.

Sulla particolare forma della responsabilità dei dirigenti v., inoltre, T.A.R. Lazio, sez. I, 10 giugno 1981, n. 460, id., Rep. 1982, voce cit., n. 369, che, peraltro, sottolinea la necessità della motivazione del

provvedimento negativo (nella specie, di collocamento a disposizione), e la sussistenza su di esso del sindacato di legittimità da parte del

giudice amministrativo (ibid., nn. 1071, 11072). In dottrina, ai richiami della già citata nota adde Caldarera, in Impresa, ambiente e pubbl. amm., 1981, I, 76.

Sulla sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti sulla

responsabilità amministrativa del dirigente, anche se questo è soggetto alla specifica responsabilità manageriale, Corte conti, sez. II, 3 settem bre 1981, n. 119, Foro it., 1982, III, 53, con nota di richiami (annotata da Speranza, in Giur. it., 1982, III, 1, 94).

Per altri riferimenti sulla discrezionalità dell'amministrazione nell'ado zione di provvedimenti riguardanti i dirigenti, sempre in relazione alle

capacità organizzative che si richiedono loro, v. Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 1984, n. 205, Foro it., 1984, III, 298, con nota di richiami, che ha affermato la legittimità dell'attribuzione di un posto di dirigente superiore ad uno degli aspiranti, a causa della sua maggiore attitudine

Diritto. — Sebbene non risulti se il provvedimento impugnato (decreto del ministro per i beni culturali ed ambientali in data 30

ottobre 1984), nelle more del giudizio, sia stato o meno registrato dalla Corte dei conti, il ricorso, giusta quanto rileva lo stesso

ricorrente, deve ritenersi ammissibile, data l'immediata esecutività ed operatività del provvedimento medesimo e, sussistendo, pertan to, nella posizione del ricorrente, un interesse a chiederne l'annul

lamento.

Non vi è poi dubbio che il provvedimento all'esame, col quale il dott. Dario Durbè, primo dirigente del ruolo degli storici

dell'arte, è stato rimosso dalla direzione della soprintendenza

speciale alla Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea e trasferito a funzioni di corrispondente livello a disposizione dell'Ufficio centrale beni ambientali, architettonici, archeologici, artistici e storici, sia stato adottato ai sensi dell'art. 19 d.p.r. 30

giugno 1972 n. 748.

Ciò si rileva già dall'atto di comunicazione fattane al ricorrente con la nota raccomandata a mano del 30 ottobre 1984, in cui

detto articolo viene espressamente menzionato, e risulta conferma

to dallo stesso d.m. 30 ottobre 1984 e dalla deliberazione del

consiglio di amministrazione (seduta del 29 ottobre 1984), nei

quali si evidenzia anche la circostanza del coinvolgimento del

dott. Durbè in vicenda (quella relativa al rinvenimento di alcune

teste scolpite nel fosso Reale di Livorno) che non consentirebbe la sua permanenza nelle funzioni di soprintendente alla Galleria

nazionale d'arte moderna di Roma. È quindi evidente — e

non è d'altra parte contestato dalla stessa difesa pubblica — che, col provvedimento posto all'esame, il ministero per i beni cultura

li ed ambientali ha ravvisato, nel coinvolgimento del dott. Durbè

nella surriferita vicenda, gli estremi atti a configurare quella particolare forma di responsabilità per l'esercizio delle funzioni

dirigenziali introdotta dall'art, 19 d.p.r. 748 dei 1972, che, per ovviare alla vecchia e nota piaga della cosiddetta « responsabilità diffusa », chiama i dirigenti statali, ai quali è stata peraltro garantita, con lo stesso d.p.r., maggiore autonomia decisionale, a

rispondere anche dei risultati complessivi della loro attività ge stionale, in un'ottica che, se non attenua i profili di legittimità, esalta e valorizza sicuramente quelli del cosiddetto merito ammi

nistrativo.

Detta responsabilità, che per espressa disposizione di legge (art. 19, 1° comma) non sostituisce, ma si aggiunge alle altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti, e non costituisce

neppure una fattispecie della tradizionale responsabilità discipli nare (sul punto veggasi la perspicua decisione della sezione IV del Consiglio di Stato n. 330 del 24 maggio 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 465), tende, in buona

sostanza, ad introdurre anche nel settore pubblico una valutazione non più riferita esclusivamente alla regolarità formale dell'azione

amministrativa, ma anche alla corrispondenza di quest'ultima, in

termini sia di efficacia che di efficienza, ai risultati che è

ragionevole attendersi dall'apparato amministrativo, in tal guisa anticipandosi, per certi aspetti, un nuovo sistema di controlli e di verifiche dell'attività amministrativa non più fondato sul tradizio nale rapporto di gerarchia (connotato dalla figura dell'ordine che esclude ogni potere di valutazione e di scelta dell'ufficio subordi

nato), ma soprattutto caratterizzato dal potere di direttiva dell'au torità sovraordinata, che conserva all'ufficio dipendente ampi spazi di discrezionalità nella scelta e nella valutazione dei mezzi

per il conseguimento degli obiettivi di settore. Poiché la responsabilità di cui si discute si misura essenzial

mente in termini di risultati negativi della organizzazione del lavoro e dell'attività degli uffici (art. 19, 3° comma), nella sua

valutazione, di regola, non viene in discussione (né può costituire

esimente) il fatto che i dirigenti siano stati e meno osservanti, sotto il profilo formale, dei propri doveri di ufficio, richiedendosi ai dirigenti, quale contropartita del nuovo status ad essi ricono

sciuto, un impegno « manageriale » da rapportarsi, come si è

specifica al riguardo, pur se a preferenza di altro aspirante che aveva preceduto il prescelto tanto in ruolo che nella graduatoria del concorso per titoli a dirigente superiore, e pur senza considerare tutti i titoli acquisiti dagli aspiranti.

Sulla seconda massima, sotto il profilo della necessità della contesta zione degli addebiti, v. le già citate pronunce del T.A.R. Lazio, sez. I, n. 780/80, e del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 330/83.

Per altri profili procedurali, v., nel senso che devono essere precedu ti dal parere del presidente del consiglio dei ministri i provvedimenti relativi a direttori generali e qualifiche superiori, T.A.R. Lazio, sez. I, 31 gennaio 1979, n. 109, id., 1980, III, 316, con nota di richiami, che ha, conseguentemente, affermato l'illegittimità del trasferimento del dirigente generale dall'una all'altra direzione generale di un ministero, in difetto di tale parere; e non anche i provvedimenti relativi ai dirigenti superiori e ai primi dirigenti: Cons. Stato, sez. IV, n. 205/84, cit., con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1986.

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