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Sezione de L'Aquila; sentenza 28 maggio 1980, n. 102; Pres. Benvenuto, Est. Juso; Ciocca (Avv....

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Sezione de L'Aquila; sentenza 28 maggio 1980, n. 102; Pres. Benvenuto, Est. Juso; Ciocca (Avv. Lopardi) c. Istituto autonomo case popolari de L'Aquila (Avv. Varrassi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 597/598-601/602 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172989 . Accessed: 28/06/2014 13:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.151 on Sat, 28 Jun 2014 13:25:06 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione de L'Aquila; sentenza 28 maggio 1980, n. 102; Pres. Benvenuto, Est. Juso; Ciocca (Avv. Lopardi) c. Istituto autonomo case popolari de L'Aquila (Avv. Varrassi)

Sezione de L'Aquila; sentenza 28 maggio 1980, n. 102; Pres. Benvenuto, Est. Juso; Ciocca (Avv.Lopardi) c. Istituto autonomo case popolari de L'Aquila (Avv. Varrassi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 597/598-601/602Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172989 .

Accessed: 28/06/2014 13:25

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

La fondatezza della pretesa del ricorrente alla par condicio

rispetto ad altro dipendente originariamente collocato in pari

posizione, comporta la necessità di eliminare la rilevata dispa rità di trattamento. Né possono essere d'ostacolo, al riguardo, le

circostanze addotte dall'amministrazione in sede di memoria di

fensiva (soppressione dei quattro posti di ufficiale amministra

tivo — in uno dei quali dovrebbe essere inquadrato il ricorren

te — e norme sopravvenute in materia di avanzamento nell'am

bito delle carriere degli impiegati degli enti locali), poiché l'am

ministrazione deve regolarizzare con efficacia retroattiva la po sizione del ricorrente, attribuendogli lo stesso livello retributivo

(il sesto) già attribuito al signor Rossi Luigi. Il ricorso in esame deve, quindi, essere accolto.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZ

ZO; Sezione de L'Aquila; sentenza 28 maggio 1980, n. 102; Pres. Benvenuto, Est. Juso; Ciocca (Avv. Lopardi) c. Istituto

autonomo case popolari de L'Aquila (Avv. Varrassi).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZ

ZO; Sezione de L'Aquila; sentenza 28 maggio 1980, n. 102;

Giurisdizione civile — Istituto autonomo case popolari — Allog

gio occupato senza titolo — Ordine di rilascio — Ricorso —

Giurisdizione amministrativa (D. pres. 30 dicembre 1972 n.

1035, norme per l'assegnazione e la revoca nonché per la de

terminazione e la revisione dei canoni di locazione degli al

loggi di edilizia residenziale pubblica, art. 11, 15, 16, 17, 18). Edilizia popolare ed economica — Alloggio occupato senza ti

tolo — Ordine di rilascio — Provvedimento del presidente dell'istituto autonomo case popolari — Illegittimità per in

competenza (D. pres. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della

delega di cui all'art. 1 legge 22 luglio 1975 n. 382, art. 95, 137).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, e non in

quella del giudice ordinario, il ricorso contro il provvedimento col quale il presidente dell'istituto autonomo case popolari or

dina il rilascio di un alloggio occupato senza titolo. (1)

(1) Ennesima pronuncia sul problema del riparto della giurisdi zione in ordine ai provvedimenti con i quali si ordina il rilascio di un alloggio di edilizia economica popolare occupato sine titulo (ma la sentenza che si riporta esamina anche, sotto il profilo della giuris dizione, i provvedimenti di annullamento o di revoca di una prece dente assegnazione e di decadenza dall'assegnazione stessa). Affermano la giurisdizione del giudice ordinario, nel caso dell'ordine di rilascio di un alloggio occupato sine titulo-, Cass., Sez. un., 25 luglio 1980, n. 4824, Foro it., Rep. 1980, voce Edilizia popolare ed economica, n. 184; Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 1981, n. 301, Cons. Stato, 1981, I, 295; T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 20 ottobre 1980, n. 902, Trib. amm. reg., 1980, I, 3848; T.A.R. Piemonte 11 marzo 1980, n. 137, ibid., 1606; T.A.R. Abruzzo, Sez. L'Aquila, 28 novembre 1979, n. 467, ibid., 314; ritengono invece la giurisdizione del giudice amministrativo, nel caso di ordine di rilascio assunto in conseguenza dell'annullamento o della revoca della precedente assegnazione, Cass. 25 ottobre 1978, n. 4827 e Pret. Cosenza 3 maggio 1978, Foro it., 1979, I, 710, con am

pia annotazione di C. E. Gallo (ma v. contra, nel senso della giuris dizione del giudice ordinario anche in tale ipotesi, T.A.R. Veneto 18 aprile 1980, n. 288, Trib. amm. reg., 1980, I, 2456; Pret. Roma 23 no

vembre 1977, Foro it., 1979, I, 710, e Cass. 7 maggio 1979, n. 2581, id., 1979, I, 1765, con nota di richiami).

Prevalente è invece l'orientamento secondo cui i provvedimenti di decadenza incardinano la giurisdizione del giudice ordinario: Cass., Sez. un., 29 ottobre 1980, n. 5807, id., Rep. 1980, voce cit., n. 138; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 8 ottobre 1980, n. 269, Trib. amm.

reg., 1980, I, 4278; Cass. 11 settembre 1979, n. 4747, Foro it., Rep.

1979, voce cit., n. 136 (ma v. contra Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo

1980, n. 359, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 132, 136, 139; Sez. IV

28 novembre 1978, n. 1103, id., Rep. 1979, voce cit., n. 135). Sul

punto v. anche Corte cost. 1° agosto 1979, n. 100, id., 1979, I, 2289, con nota di richiami, che ha giudicato inammissibile la questione di costituzionalità degli art. 11, 16 e 18 d. pres. 30 dicembre 1972 n.

1035, nella parte in cui attribuiscono efficacia di titolo esecutivo al

provvedimento di decadenza dall'assegnazione di alloggi di edilizia

economica popolare, sollevata dal giudice a quo, in riferimento agli art. 3, 24, 1° comma, e 25, 1° comma, Cost.

Per ulteriori riferimenti cfr. pure Cass., Sez. un., 16 settembre 1980,

È illegittimo per incompetenza l'ordine di rilascio di un alloggio

popolare che sia stato emanato dopo il 1° gennaio ,1978 dal

presidente dell'istituto autonomo case popolari anziché dal co

mune. (2)

Il Tribunale, ecc. — 1. - Va pregiudizialmente esaminata l'ec cezione di carenza di giurisdizione del giudice amministrativo in

ordine alla materia in questione, sollevata — nella memoria de

positata il 12 dicembre 1979 — dall'amministrazione resistente e

fondata su una sentenza delle sezioni unite della Cassazione la

quale ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, con

estensione all'art. 18 d. pres. 30 dicembre 1972 n. 1035 (che re

golamenta i provvedimenti di rilascio degli alloggi occupati senza

titolo) in ordine a quanto disposto dal 13°, 14° e 15° comma

dell'art. 11 della stessa norma (che stabilisce la competenza pretorile a conoscere delle impugnative avverso il decreto del pre sidente dell'I.a.c.p. circa la decadenza dell'assegnazione per man cata occupazione da parte dell'assegnatario).

2. - A meglio lumeggiare la situazione, non sembra fuor di

luogo precisarne i termini giuridici che attengono, in sostanza, ai

poteri di autotutela conferiti in materia agli I.a.c.p.

Il d. pres. n. 1035 del 1972 prevede infatti cinque tipi di auto tutela: due procedimenti di annullamento, uno di revoca, uno di

decadenza, uno di rilascio. I primi quattro hanno per oggetto l'assegnazione degli alloggi cooperativi, e trovano la loro radice:

a) nella mancanza, in capo all'assegnatario, dei presupposti o

requisiti previsti per l'assegnazione (ipotesi ex art. 15 del pre detto d. pres. n. 1035); b) nel conseguimento dell'assegnazione in contrasto con le norme vigenti all'epoca di essa (ipotesi ex

art. 16); c) nella sopravvenienza, in costanza del rapporto, di

fatti tali da rendere non più giustificabile — per la legge — la

ulteriore operatività della assegnazione (ipotesi ex art. 17); d) nella mancata, stabile occupazione dell'immobile (ipotesi ex 9° e 10° comma dell'art. 11). L'ultimo concerne l'ordine di rilascio, che può essere emanato nei confronti di coloro che occupino l'appartamento senza titolo (art. 18).

Nulla quaestio, in ordine alle suddette ipotesi di annullamen

to, giacché trattasi di puntuali applicazioni dei noti principi di

teoria generale: si versa, in sostanza, nel caso di veri e propri

provvedimenti caducatori, senz'altro di natura discrezionale, ema nati sulla base di determinati presupposti (mancanza, in capo al

l'assegnatario, dei requisiti prescritti dalla legge per il consegui mento dell'assegnazione dell'alloggio; ovvero conseguimento del

l'assegnazione medesima in contrasto con le norme vigenti al

tempo dell'assegnazione), ed in ogni caso condizionati non solo

alla presenza di un vizio di legittimità, ma anche di un interesse

pubblico, che non può essere ricondotto al mero ripristino della

legalità, ma che deve prevalere sull'esigenza, anch'essa di pub blico interesse, di evitare eventuali turbative di situazioni giuri diche già consolidate nel tempo.

Lo stesso è da dire per la revoca: pur essendo in ordine ad

essa i presupposti ben circoscritti dalle norme (avere l'assegnata rio ceduto in tutto o in parte l'alloggio; averlo abbandonato per un periodo superiore a tre mesi senza la preventiva autorizzazio

ne; averlo usato per scopi illeciti o immorali), non è dubbio che

trattasi sempre di provvedimenti discrezionali, giustificati da con crete esigenze di pubblico interesse.

In tutti questi casi di annullamento e revoca non vi è que stione di giurisdizione: la presenza di un potere discrezionale, in capo all'amministrazione emanante, in uno alla procedimenta lizzazione del provvedimento, comporta la degradazione dei di

ritti, comunque sorti, e genera, senz'ombra di dubbio, la compe tenza del giudice amministrativo.

Su tutt'altre basi poggia il provvedimento di decadenza, che

viene emesso quando l'assegnatario non abbia stabilmente oc

n. 5263, id., 1981, I, 1346, con nota di richiami (in motivazione si afferma che le situazioni configuragli in capo ai soci di cooperative edilizie in ordine all'assegnazione di alloggi sono tutelabili avanti al

giudice amministrativo).

(2) Questione nuova sulla quale non si rinvengono precedenti editi. Sull'art. 95 d. pres. 24 luglio 1977 n. 616, cfr. G. Morbidelli, in

I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, a cura di A. Barbera e F. Bassanini, Bologna, 1978, 519 ss., e U. Fragola, Commento al d. pres. 616 sul decentramento amministrativo, Napoli, 1978, 298 ss.

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PARTE TERZA

cupato l'alloggio a lui assegnato entro un termine ben preciso

(trenta giorni prorogabili a sessanta nel caso si tratti di lavoratore

emigrato all'estero): qui non viene direttamente in rilievo l'atto

amministrativo costituito dall'assegnazione, ma il rapporto, il qua

le, pur essendosi formalmente costituito, in realtà diventa caren

te di effetto nel caso della mancata occupazione; ovvero viene ad

essere paralizzato dal ritardo nell'occupazione stessa: per cui la

dottrina ha esattamente configurato tale stato di pendenza come

situazione di diritto potestativo costitutivo sottoposto a termine

finale.

In quesi casi l'organo che l'assegnazione aveva disposto emana

un atto meramente ricognitivo, giacché si limita ad accertare

puramente e semplicemente la mancata o ritardata occupazione

dell'alloggio: e ciò spiega la competenza — attribuita dall'art. 11

d. pres. n. 1035 del 1972 — al giudice ordinario delle controversie

afferenti alla decadenza, anche sulla considerazione che la man

cata occupazione dell'alloggio assegnato e consegnato (o il suo

ritardo nell'adempiere da parte dell'assegnatario) lede il pubbli co interesse in maniera meno grave di quelle circostanze che —

come si è visto — stanno alla base dei provvedimenti di annulla

mento o revoca.

3. - I fin qui esaminati provvedimenti di autotutela trovano una

puntuale tutela giurisdizionale: quello di decadenza è stato espres samente attribuito al giudice ordinario; gli altri, indubbiamente,

stante la loro natura squisitamente discrezionale, sono devoluti

alla competenza del giudice amministrativo.

Di più diffìcile soluzione appare prima facie la determinazione

della giurisdizione per l'ordine di rilascio, il cui schema previsto dall'art. 18 d. pres. n. 1035 è assai lineare, giacché ad esso si fa

ricorso quando l'alloggio risulti occupato senza titolo; il presi dente dell'I.a.c.p. competente per territorio, sancisce tale norma,

dispone, con proprio decreto, il rilascio degli alloggi occupati

senza titolo, dopo aver posto in essere una vera e propria attività

procedimentale, nella quale è offerta all'occupante piena garan zia di contraddittorio, che si sostanzia nella diffida a rilasciare

l'alloggio e nella assegnazione di un termine per controdedurre

in merito.

Trattasi, dunque, di vero e proprio procedimento amministra

tivo discrezionale che poi si concretizzerà, nell'ipotesi positiva, nel provvedimento di rilascio.

In mancanza di normativa espressa, problema fondamentale è

quello di individuare l'autorità giurisdizionale a conoscere di

tale atto: e ciò in quanto l'ordine di rilascio, pur potendosi age

volmente incastonare tra i provvedimenti di autotutela, non pre

senta tuttavia quei tratti caratteristici tali da farlo assimilare

in foto all'annullamento ed alla revoca.

E la sentenza delle sezioni unite della Cassazione di cui è pa rola ha ritenuto che essa giurisdizione vada attribuita all'auto

rità giudiziaria ordinaria, attesa — si afferma da parte di essa —

la sostanziale affinità con la procedura di decadenza, per la quale il d. pres. n. 1035 prevede espressamente la competenza pretorile.

Tali affermazioni non possono essere condivise.

È ben vero che l'art. 18 richiama espressamente l'art. 11 (che, rome si è visto, regolamenta la decadenza); ma tale rinvio — co

me del resto accade anche per gli altri provvedimenti di autotute

la — è limitato al solo dodicesimo comma della predetta norma

che, in effetti, regola la forma, il contenuto, i termini e l'efficacia

del provvedimento di decadenza, applicabile fin qui anche al

caso dell'ordine di rilascio.

Ma voler estendere — cosi come adombra la Corte di cassa

zione — tale richiamo anche agli ultimi tre comma del più volte

citato art. 11 significa, ad avviso del collegio, snaturare l'essenza

stessa dell'istituto, che viceversa va riportato nel suo alveo natu

rale, attraverso cioè il suo incastonamento nei normali istituti di

autotutela che, avendo di mira la tutela del pubblico interesse,

postulano, nella autorità che il provvedimento emana, la presenza di un potere discrezionale; la cognizione circa l'illegittimo uso

di questo non può che essere devoluta al giudice amministrativo.

Né infine a tale estensione può pervenirsi in via analogica,

posto che all'analogia può ricorrersi solo quando «... una con

troversia non può essere decisa con una precisa disposizione »

(art. 12 preleggi). E, nella fattispecie, il problema non esiste giac

ché, come si è detto, i procedimenti di autotutela riconosciuti al

l'I.a.c.p. — tranne il caso, assolutamente peculiare della deca

denza che, come si è visto, non incide sull'atto, ma sul rapporto — si concretizzano in veri e propri provvedimenti amministra

tivi discrezionali, nei cui confronti la tutela deve essere riservata

al solo giudice naturale, e cioè al giudice amministrativo.

Partendo dunque da tali presupposti, la pregiudiziale eccezione

di carenza di giurisdizione del T.A.R. in ordine all'« ordine di

rilascio», emesso dall'I.a.c.p. con richiamo all'art. 18 cit. d. pres. 1035 del 1972, deve essere disattesa. A tale conclusione deve giun

gersi anche in base al rilievo che, come risulta da una razionale

interpretazione dell'atto impugnato, questo, in sostanza, ha an

che inteso disattendere, previamente, l'istanza intesa ad ottenere

la regolarizzazione ex art. 25 del pure citato d. pres.

Tale regolarizzazione ricalca le orme dell'assegnazione, dato

che essa deve avvenire previo accertamento, ad opera della com

missione ex art. 6, del possesso, da parte degli occupanti, dei re

quisiti ex art. 2.

Poiché essa, malgrado l'impropria formulazione della legge, è

diretta ad incidere, in funzione sanante, sul momento pubblici stico dell'assegnazione (prima ancora che sul rapporto locativo), la regolarizzazione de qua si ricollega logicamente ad una fase — quella dell'assegnazione — rispetto alla cui impugnazione è

stata sempre riconosciuta la giurisdizione del giudice ammini

strativo.

4. - Può passarsi all'esame del merito del ricorso, ed esaminarsi

il primo motivo di gravame, con il quale viene denunziata la

incompetenza del presidente dell'I.a.c.p. ad emanare il provvedi mento impugnato: e ciò in quanto, per effetto degli art. 95 e 137

d. pres. n. 616 del 1977, ogni potere in ordine all'assegnazione,

revoca, rilascio, ecc. degli alloggi di edilizia residenziale pubblica è passato, dal 1° gennaio 1978, alla competenza dei comuni.

La censura è fondata. Ed invero, osserva il collegio, l'invocato

art. 95 del già citato d. pres. n. 616 stabilisce testualmente che

« le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione di al

loggi di edilizia residenziale pubblica sono attribuiti ai comuni»;

l'art. 137 dello stesso atto normativo, poi, stabilisce che, salvo

espressa disposizione contraria, « le norme del presente decreto

avranno effetto dal 1° gennaio 1978 ».

Intanto va precisato, in limine, che non par dubbio come gli

alloggi I.a.c.p. rientrino nell'ambito della locuzione « edilizia re

sidenziale pubblica » ; ciò si evince chiaramente dalla relazione

della « commissione Giannini » (incaricata, come è noto, di ela

borare lo schema di decreto legislativo di attuazione della legge 22 luglio 1975 n. 382), nella quale è detto che l'espresso richiamo

alle nozioni di edilizia residenziale pubblica, convenzionata, age

volata, sociale, ha la funzione di fugare dubbi interpretativi, stante anche la confusione caratterizzante la stessa nomenclatura

degli interventi pubblici nel settore.

5. - Partendo da tali premesse, è agevole esaminare l'ambito

di applicazione dall'art. 95, che ha attribuito ai comuni non solo

il provvedimento di assegnazione, richiamato espressamente dalla

norma in esame, ma anche sia tutti i provvedimenti di annulla

mento, revoca, decadenza delle assegnazioni stesse (atti di auto

tutela, questi, che si ricollegano sempre, sia pure a posteriori, al

provvedimento di assegnazione), sia la regolarizzazione ex preci sato art. 25, che, in funzione sanante o suppletiva nel titolo, si

ricollega pur sempre all'assegnazione. E non è dubbio altresì che

ai comuni sono passati, per effetto dell'entrata in vigore dell'art.

95, anche la diffida e l'ordine di rilascio degli alloggi occupati senza titolo, ex art. 18, in quanto presupposto per la emanazione

di tali provvedimenti è l'accertamento del presupposto necessario

(annullamento, revoca, decadenza, inesistenza di titolo) per la

sua emanazione.

Né può accogliersi la contraria opinione, adombrata dalla di

fesa dell'I.a.c.p., della inapplicabilità dell'art. 95 e della perpe tuatio della competenza in capo al presidente dell'I.a.c.p. per la

mancanza di una specifica normativa di attuazione che disciplini

l'esercizio, da parte dei comuni, delle funzioni in subiecta ma

teria-. e ciò in quanto l'invocato art. 137 ricollega le eventuali

deroghe all'entrata in vigore del passaggio delle funzioni — fis

sato al 1° gennaio 1978 — a disposizioni derogatorie, testualmen

te citate ed espressamente stabilite: il che è avvenuto, per esem

pio, per il trasferimento delle funzioni degli I.p.a.b. (stabilito

dal 5° comma dell'art. 25 al 1° gennaio 1979) e degli E.c.a. (fis

sato daH'8° comma dello stesso art. 25 al 30 giugno 1978), non

ché per le funzioni aggiuntive in materia di assistenza sanitaria

ed ospedaliera (indicato dall'art. 34 al 1" gennaio 1979).

Va infine considerato che anche per determinate competenze

relative agli I.a.c.p. è stata espressamente stabilita una norma

derogatoria: è quella contenuta nel 2° comma dell'art. 93 il quale,

dopo aver previsto il trasferimento alle regioni delle funzioni

statali relative a tali organismi, sancisce espressamente che, in

mancanza di norme dirette a stabilire soluzioni organizzative di

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

verse, da esercitarsi in conformità ai principi stabiliti dalla legge di riforma delle autonomie locali, l'esercizio dei predetti poteri è spostato al 1° gennaio 1979.

Ora, osserva il collegio, la mancanza di una espressa disposi zione derogatoria ha determinato automaticamente il trasferimen to — a partire dal 1° gennaio 1978 — delle funzioni in esame ai comuni; per cui il provvedimento impugnato, in quanto emes so dal presidente dell'I.a.c.p. de L'Aquila il 3 giugno 1978, appare

illegittimo per l'incompetenza dell'autorità emanante.

6. - L'accoglimento della censura di incompetenza comporta l'annullamento del provvedimento impugnato e l'assorbimento delle ulteriori censure. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 16 maggio 1980, n. 264; Pres. V. Caianiello, Est. Zeviani Pallotta; Quercioli (Avv. Merlini) c. Comune di Firenze (Avv. Tassinari).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 16 maggio 1980, n. 264; Pres. V. Caianiello,

Commercio (disciplina del) — Edicola — Concessione di occu

pazione di uso pubblico — Diniego di rinnovo — Mancanza della tessera per la rivendita dei giornali — Illegittimità.

È illegittima la deliberazione con la quale il consiglio comunale

nega il rinnovo della concessione per l'occupazione del suolo

pubblico sul quale è collocata un'edicola per la vendita di

giornali, perché il suo titolare è privo della tessera (c. d. pa tentino) per la rivendita di quotidiani e di altri periodici rila sciata dalla commissione paritetica costituita da rappresen tanti degli editori e dei rivenditori. (1)

Il Tribunale, ecc. — 1. - Il ricorso è fondato in relazione al terzo e al quarto motivo, che possono esaminarsi congiunta mente e rivestono carattere assorbente.

L'amministrazione comunale ha negato alla ricorrente la rin novazione della concessione per l'occupazione di suolo pubblico, allo scopo di gestirvi un'edicola di giornali, a motivo del man cato possesso — da parte dell'interessata — della tessera per la rivendita di quotidiani e altri periodici, rilasciata dalla « com missione paritetica » costituita da rappresentanti degli editori e dei rivenditori.

Si osserva, nel provvedimento impugnato, che l'esercizio com merciale della rivendita dei giornali riveste carattere di pub blica utilità solo a condizione che venga assicurata la distribu zione « di tutti i quotidiani e settimanali italiani » e che, per tanto, la mancanza della tessera in questione, che abilita alla rivendita « della maggior parte » di tali periodici, determina il venir meno del requisito di interesse pubblico indispensabile per il permanere del rapporto concessorio.

Tale motivo, posto a fondamento del diniego, appare manife stamente illogico e arbitrario.

Infatti, il servizio della distribuzione della stampa periodica — italiana ed estera — essendo strumentale all'esercizio del di ritto di libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente

garantito (art. 21 Cost.) e al diritto dei cittadini all'informazione, soddisfa indubbiamente un interesse pubblico di grande rilievo. La realizzazione di tale interesse pubblico non è, evidentemente, esclusa — ma solo attenuata — per il fatto che la distribuzione al pubblico non si estenda a « tutti » i periodici in circolazione, e neppure alla « maggior parte » di essi.

Nella specie, il mancato possesso da parte della ricorrente

(1) Questione nuova sulla quale non si rinvengono precedenti editi. Nel senso che gli edicolanti sono assoggettati alla disciplina gene

rale dettata dalla legge 426/1971 per il commercio al minuto, v. Cass. 7 maggio 1981, n. 2957, Foro it., 1981, I, 2194, con nota di richiami.

Per riferimenti generali di giurisprudenza sulle concessioni ammi nistrative cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 1° dicembre 1978, n. 1220, id., Rep. 1979, voce Comune, n. 152; Cass. 12 maggio 1979, n. 2716, id., 1979, I, 1371, con nota di C. M. Barone e Cons. Stato, Sez. VI, 2 luglio 1976, n. 276, id., Rep. 1977, voce Conces sioni amministrative, n. 9 (le decisioni sopracitate sembrano soprat tutto pertinenti in ordine al problema del rinnovo della concessione da parte della pubblica amministrazione).

In dottrina v., da ultimo, Pasini e Balucani, I beni pubblici e le relative concessioni, Torino, 1979.

della tessera in questione (cosiddetto « patentino ») vietava agli editori aderenti alla Federazione italiana editori giornali (F.i.e.g.) — ai sensi dell'accordo privato stipulato fra le associazioni

rappresentative della maggior parte degli editori e dei riven ditori — di stipulare contratti estimatori con la ricorrente stessa. Quest'ultima, peraltro, prescindendo, per il momelnto dall'efficacia di tale accordo nei suoi confronti, era in grado (come non è contestato fra le parti) di assicurare la distribuzione di tutta la stampa estera, nonché dei quotidiani e degli altri pe riodici appartenenti a editori non iscritti alla F.i.e.g., svolgendo un servizio sicuramente utile alla collettività.

Illegittimamente, pertanto, l'autorità comunale ha negato la rinnovazione della concessione di suolo pubblico, ordinando nel

contempo la rimozione del chiosco, nell'erroneo presupposto che il servizio che la ricorrente era in grado di assicurare non fosse « da considerarsi di pubblica utilità ».

Non va, d'altra parte, trascurato che, nella specie, tratta vasi di rinnovo di una concessione già assentita e che la ricor rente aveva già dovuto sopportare spese non indifferenti per l'acquisto del chiosco dal precedente concessionario e per la voltura della concessione stessa. Di conseguenza, l'amministra

zione, quand'anche avesse ritenuto — nell'esercizio di un suo

potere discrezionale — di comparare il grado di utilità che l'eser cizio commerciale della ricorrente era in grado di fornire alla

collettività, con l'eventuale pregiudizio per il pubblico interesse

provocato dalla modesta porzione di suolo pubblico sulla quale il chiosco insisteva, ritenendo prevalente quest'ultimo, avrebbe

dovuto esternare le ragioni della scelta operata, con rigorosa e

puntuale motivazione, valutando, altresì, espressamente, il rile vante sacrificio imposto all'interesse commerciale della ricorren

te, già titolare di una posizione giuridica qualificata. Ma vi è di più. L'autorità comunale ha ritenuto che il pos

sesso della tessera rilasciata dalla « commissione paritetica » fos se condizione indispensabile per il rinnovo della concessione,

quasi che, in mancanza di tale tessera, la ricorrente fosse

nell'impossibilità giuridica di vendere i periodici di proprietà degli editori aderenti alla F.i.e.g. Tale presupposto è, peraltro, errato.

Infatti, la necessità del rilascio della tessera in questione non è prevista da alcuna norma di legge, ma solo, come è noto, da un accordo fra le associazioni degli editori e dei rivenditori, che ha natura di contratto normativo con effetti meramente ob

bligatori limitati alle parti stipulanti. Pertanto, il mancato pos sesso della suddetta tessera, non potendo incidere sulla validità ed efficacia di eventuali contratti estimatori stipulati con edi

tori aderenti alla F.i.e.g., non escludeva neppure — a priori —

la possibilità giuridica, da parte della ricorrente, di esercitare

la rivendita anche di periodici appartenenti a tali editori; essen

do irrilevanti — ai fini che qui interessano — le conseguenze sul piano della responsabilità contrattuale di questi ultimi nei

confronti della loro associazione.

Di conseguenza, l'autorità comunale — ferma restando la sua

discrezionale facoltà di valutare, congniamente motivando se

condo quanto si è chiarito, il grado di utilità del servizio effetti

vamente reso dalla concessionaria, ai fini del mantenimento in

vita del rapporto concessorio — non poteva negare a priori, come ha fatto, il rinnovo della concessione, a motivo della sem

plice mancanza di un requisito che, per il suo carattere nego ziale e per la sua efficacia meramente obbligatoria, era di per sé estraneo all'interesse pubblico in vista del quale la concessione

stessa poteva essere assentita. 2. - Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, con conseguente

annullamento del provvedimento impugnato. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137; Pres. De Roberto, Est. Rulli; Soc. immob. Briosca (Aw.

Cossandi, Ciampoli) c. Comune di Senago (Avv. Pagano).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137;

Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione per il rin

forzo di un edificio — Maggiori opere di rifacimento — Or- '

dine di demolizione — Legittimità — Fattispecie (Legge 28

gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art.

15; legge 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia residen

ziale, art. 31).

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