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Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383; Pres. De Roberto, Est. Di Giulio; Brambilla...

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Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383; Pres. De Roberto, Est. Di Giulio; Brambilla (Avv. Bianchi) c. Scuola media statale «D. Alighieri »di Milano, Provveditore agli studi di Milano (Avv. dello Stato Poli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 109/110-113/114 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171416 . Accessed: 28/06/2014 16:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 16:31:36 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383; Pres. De Roberto, Est. Di Giulio; Brambilla(Avv. Bianchi) c. Scuola media statale «D. Alighieri »di Milano, Provveditore agli studi diMilano (Avv. dello Stato Poli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 109/110-113/114Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171416 .

Accessed: 28/06/2014 16:31

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

territorio degli effetti dall'atto medesimo prodotti, nonché, in su

bordine, lo ha ritenuto viziato da molteplici violazioni della

normativa vigente in materia di vendita dei prodotti petroliferi,

integrata dalle ulteriori disposizioni emanate dal C.i.p.e. in sede di programmazione del piano energetico nazionale, con delibera

zione del 23 dicembre 1977 e dal presidente del consiglio dei

ministri, con il decreto dell'8 luglio 1978, applicativo delle diret

tive del governo per lo svolgimento delle funzioni amministrative

delegate, in aggiunta alle prescrizioni cautelative già stabilite dal

l'azienda autonoma per le strade statali.

Ai fini della disamina della prima delle dedotte doglianze non

è superfluo precisare che, con gli art. 52, lett. a, e 54, lett. /, del richiamato d. pres. n. 616 del 1977 sono state rispettivamente

delegate alle regioni a statuto ordinario le funzioni amministra

tive svolte dallo Stato ed attribuito ai comuni il potere di di

sporre, nell'ambito dei rispettivi territori, « l'autorizzazione » ad

installare i punti di vendita di carburante.

In ordine all'indicato potere, considerato di carattere autoriz

zativo dal legislatore, la ricorrente, sull'assunto che l'attività

inerente alla installazione e all'esercizio della rete distributiva

del carburante costituiva pubblico servizio, sottoposto al regime della concessione (art. 16 d. 1. 26 ottobre 1970 n. 745, convertito

nella legge 18 dicembre 1970 n. 1034 e d. pres. 27 ottobre 1971

n. 1269) ha tratto la conseguenza che, in difetto di una espressa

delega che consentisse la modifica della cennata disciplina, il po tere stesso dovesse configurarsi complementare di quello sostan

ziale di concessione attribuito alle regioni, cui spettava provve dere in merito ed inquadrabile nell'ampio genus dei nulla osta.

Pur riconoscendo esatta la tesi che la disciplina de qua sia ri

masta immutata, deve essere disattesa l'interpretazione, che ha

fornito la parte dell'art. 54, lett. f, d. pres. n. 616 del 1977, per ché l'espressione « autorizzazione » non è stata usata nella sua

accezione tecnica, ma in quella di comune impiego nel linguaggio ordinario di esercizio della potestà di consenso, di permesso allo

svolgimento di un'attività, che ampia le facoltà dell'agire del

soggetto richiedente, mentre un diverso avviso sarebbe in netto

contrasto con i limiti previsti dalla normativa che la regola e ne

coordina lo svolgimento nell'osservanza dei criteri dettati dal

C.i.p.e., in sede nazionale e degli altri più specifici espressi dalla

regione. Invero sarebbe del tutto contra rationis tenorem una norma

tiva di delega di funzioni amministrative, che generalmente si

ispira ad una agile articolazione dello svolgimento del relativo

potere, che ne preveda l'esercizio da parte dell'ente di maggiore

rilevanza, nell'ipotesi la regione, condizionandolo al preventivo

avviso o consenso di altro ente (comune), nel cui ambito sono

destinati a prodursi i rispettivi effetti ed in conseguenza viene ad

essere attuata una modifica in peius della pregressa disciplina

che prescriveva la consultazione obbligatoria del comune stesso

soltanto nel caso di utilizzazione di suolo pubblico. Le considerazioni che precedono inducono ad affermare che

la competenza ad adottare i provvedimenti di prima concessione

della installazione delle stazioni di servizio per la distribuzione

del carburante è stata trasferita dagli organi amministrativi dello

Stato (prefetti) ai comuni.

Scendendo all'esame dell'ulteriore profilo della censura di in

competenza non può non osservarsi che il provvedimento di tra

sferimento, che forma oggetto del ricorso, oltre a determinare

l'indicazione della località, nel cui ambito l'attività, già assen

tita, deve essere spiegata, comporta altresì la cessazione degli ef

fetti che gli erano connessi nel perimetro territoriale che può

appartenere tanto al comune disponente, che ad altro ente locale.

Nella seconda ipotesi, che è quella che ne occupa, il provvedi

mento di trasferimento non può essere assunto dal comune di

nuova localizzazione, per la natura territoriale della sua opera

tività e pertanto, eccedendo la propria competenza, deve essere

adottato dalla regione. Nei sensi suindicati l'impugnativa è meritevole di accoglimento

e per l'effetto restano assorbiti tutti gli altri motivi di censura.

Per questi motivi, ecc.

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383;

Pres. De Roberto, Est. Di Giulio; Brambilla (Avv. Bianchi)

c. Scuola media statale « D. Alighieri » di Milano, Provvedito

re agli studi di Milano (Avv. dello Stato Poli).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383;

Istruzione pubblica — Alunno handicappato — Diniego di am

missione alla classe successiva — Motivazione — Illegittimità

— Fattispecie (Legge 4 agosto 1977 n. 517, norme sulla va lutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di ripa razione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento sco

lastico, art. 7, 9).

È illegittimo il giudizio del consiglio di classe di non ammissione alla seconda media di un alunno handicappato, motivato con

l'affermazione della inadeguatezza delle sue capacità di atten

zione e di impegno, senza una valutazione della sussistenza o

meno di progressi di maturazione dell'alunno stesso, in rela

zione alle sue capacità individuali, e di recupero delle sue ca

renze, nella prospettiva dell'arco di tempo dell'intero triennio

della scuola media. (1)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 5 giugno 1979, n. 287; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; De Marchi e altri (Avv. Levi) c. Provveditore

agli studi di Torino e altri (Avv. dello Stato Carotenuto).

Istruzione pubblica — Alunno handicappato ultraquindicenne —

Frequenza scolastica oltre l'ottavo anno — Diniego di ammis

sione — Legittimità (Legge 31 dicembre 1962 n. 1859, istitu

zione e ordinamento della scuola media statale, art. 8; legge 4 agosto 1977 n. 517, art. 10).

È legittimo il diniego di ammissione alla scuola dell'obbligo

(nella specie, scuola elementare) dell'ultraquindicenne handi

cappato che abbia già frequentato per otto anni tale scuola

(in motivazione, con considerazioni esulanti dal motivo di ri

corso, è precisato che comunque tali soggetti hanno un inte

resse legittimo a fruire delle istituzioni scolastiche della fascia

dell'obbligo fino al conseguimento della licenza media, e che

l'eventuale provvedimento negativo dell'amministrazione deve

essere basato su valutazioni degli organi collegiali scolastici

concernenti la ricettività della scuola e le esigenze didattiche

e pedagogiche, anche in relazione alla esistenza o meno di

strutture alternative). (2)

I

Il Tribunale, ecc. — Va disattesa, in primo luogo, la eccezione

di inammissibilità sollevata dalla difesa dell'amministrazione: il ricorso avverso l'operato di un consiglio di classe, infatti, è

rettamente notificato al preside della scuola, che ne è presidente. Passando al merito della vertenza, questa trae origine dal fatto

che il consiglio di classe della scuola media statale Dante Alighieri di Milano non ha ammesso alla seconda classe la ricorrente sulla

base di un giudizio conclusivo, relativo all'anno scolastico 1977

78, espresso nei seguenti termini: « Pur essendosi socialmente in

serita in modo sufficiente nella classe, la scuola è risultata ina

deguata alle sue effettive capacità di attenzione ed impegno, con

l'impossibilità conseguente di acquisizione dei procedimenti me

todologici di ogni disciplina ».

Di siffatto giudizio la difesa dell'interessata assume, con il se

condo motivo (che conviene esaminare con precedenza sugli al

tri), la illegittimità, sia per violazione dell'art. 9 legge 4 agosto 1977 n. 517 sia per carenza di motivazione, sia, da ultimo, per contraddittorietà.

In effetti, la normativa che si assume violata dispone che il

giudizio conclusivo da esprimersi a conclusione dell'anno sco

lastico deve tener conto, fra l'altro, del « livello globale di ma

turazione, con riguardo, anche, alle capacità ed alle attitudini

dimostrate », elementi questi, come in seguito chiarito dal mini

stero della pubblica istruzione con circolare n. 236 del 15 set

tembre 1977, che vanno considerati in « una appropriata ottica

valutativa, finalizzata allo sviluppo della persona ».

Il giudizio che si richiede al consiglio di classe, quindi, deve

necessariamente essere espresso, in primo luogo, con riferimen

to « alle capacità » del soggetto, cosi come prescritto dalla legge

anzidetta, capacità che, per quanto concerne un alunno portatore di handicaps, non possono per certo essere misurate facendo ri

ferimento a ordinari parametri di giudizio; una tale pretesa, in

fatti, varrebbe ad ostacolare la concreta attuazione della richia

mata legge la quale, nell'abolire, con l'ultimo comma dell'art. 7, le classi differenziali, ha contemporaneamente inteso assicurare, con i comma secondo, terzo e quarto dell'articolo medesimo, agli alunni handicappati, un particolare regime scolastico da realiz

zarsi, sia utilizzando « docenti in possesso di particolari titoli di

specializzazione », sia limitando il numero degli alunni compo nenti le classi in cui siano inseriti elementi handicappati, sia,

(1-2) Non risultano precedenti.

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PARTE TERZA

da ultimo, prevedendo in favore di costoro « la necessaria inte

grazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme

particolari di sostegno ».

Occorre altresì' considerare che il predetto regime particolare non si esaurisce con lo scadere del primo anno di corso della

scuola media, ma prosegue anche negli anni successivi; ciò dimo

stra che la normativa in argomento muove dal presupposto che,

lungo e faticoso essendo per l'handicappato il cammino verso la

normalizzazione, un risultato utile possa essere raggiunto soltanto

in un apprezzabile arco di tempo, non limitabile ad un solo anno

scolastico, durante il quale la scuola cui il soggetto è affidato non

dovrà mai privare costui dei prescritti sostegni e facilitazioni.

In conseguenza di ciò, anche il giudizio conclusivo dei docenti

non può astrarre dagli anzidetti presupposti, ma deve essere prin

cipalmente diretto a valorizzare i risultati acquisiti dal soggetto, valutandoli in una prospettiva di previsioni che abbracciano an

che quanto di potenziale possa essere individuato nella persona lità di costui in funzione di ulteriori, futuri progressi.

In palese contrasto con le considerazioni predette, alla ricor

rente, non soltanto non è stata assicurata, per l'intero anno

scolastico, alcuna delle particolari forme di sostegno rese obbli

gatorie dalla legge, ma le è stato altresì interdetto l'accesso alla

classe successiva, e ciò sulla base di un sommario giudizio con

clusivo che, astraendo del tutto da indispensabili riferimenti alle « capacità » del soggetto, e da ogni altro elemento di valutazione in ordine a fattori sui quali la particolarità della situazione impo neva di soffermarsi, si è, fra l'altro, posto in contrasto col giudi zio espresso al termine del primo quadrimestre con il quale, al

meno, si dava atto di un comportamento « soddisfacente in let

tere, educazione artistica, fisica e matematica », sia pure con un

molto scarso profitto.

In conclusione, il consiglio di classe, anziché limitarsi ad asse

rire che « la scuola è risultata inadeguata » alle effettive capacità dell'alunna (determinando, cosi, di far ricadere, i pregiudizievoli effetti delle carenze della struttura scolastica su soggetti che, con

fidando in una normativa che si ripropone di sostenerli nel pro

prio difficile cammino, a detta struttura si rivolgono), avrebbe

dovuto più puntualmente dare contezza se, sulla base dei risul

tati del primo quadrimestre, e in funzione delle capacità indivi

duali, fosse o meno da ritenersi avviato un procedimento di re

cupero. Il giudizio come sopra espresso, e la conseguente determina

zione di non ammissione alla seconda classe, non contiene alcuno

dei predetti elementi, nonostante ne fosse resa necessaria la espli citazione in osservanza alla normativa in precedenza richiamata.

Risultano quindi fondate le doglianze contenute nell'esaminato

secondo motivo, il che consente l'accoglimento del ricorso, po tendosi dichiarare l'assorbimento di ogni altra censura prospet tata dalla difesa della ricorrente.

Per questi motivi, ecc.

II

Il Tribunale, ecc. — Preliminarmente, rileva il tribunale che il thema decidendum, in relazione all'oggetto dell'unico motivo di

ricorso, inerisce esclusivamente alla legittimità o meno del di

niego di ammissione alla scuola elementare di ragazzi handicap

pati ultraquindicenni, in relazione all'asserita elevazione, per essi, dell'età dell'obbligo scolastico fino a sedici e, in taluni casi parti colarmente gravi, diciotto anni. Esula invece dai confini obiettivi

del ricorso il diverso profilo, per la prima volta introdotto, non

ritualmente, con la memoria 4 maggio 1979, relativo all'asserita

perdurante vigenza dell'obbligo scolastico per i figli dei ricor

renti, in quanto gli stessi, pur avendo superato il quindicesimo anno di età, non avrebbero frequentato la scuola dell'obbligo per almeno otto anni: in ordine a tale circostanza, meramente affermata e allo stato indimostrata, non è quindi necessario di

sporre incombenti istruttori, rimanendo la stessa estranea alla materia del contendere, cosi come introdotta in giudizio dagli stessi ricorrenti.

Nei precisati limiti, il ricorso non è fondato e va conseguen temente rigettato.

Come è noto, l'art. 171 r. d. 5 febbraio 1928 n. 577 contem

plava l'obbligatorietà dell'istruzione scolastica dal sesto al quat tordicesimo anno di età. L'art. 175 del medesimo testo normativo

prevedeva l'estensione dell'obbligo scolastico ai ciechi e sordo muti che non presentino altra anormalità che impedisca loro di

ottemperarvi, con elevazione del limite massimo, per i soli sor

domuti, fino al sedicesimo anno. La prima di tali norme è stata implicitamente abrogata dal

l'art. 8, 2° comma, legge n. 1859 del 1962 che contempla l'adem

pimento dell'obbligo scolastico fino al conseguimento della licen

za di scuola media, ovvero, in difetto, fino al compimento del

quindicesimo anno di età, con almeno otto anni di frequenza scolastica (disposizione, quest'ultima, che ribadisce il precetto di

cui all'art. 34, 2° comma, Cost.).

A sua volta, l'art. 175 r. d. n. 577 del 1928, rimasto in vigore

dopo le modifiche all'obbligo scolastico introdotte dalla citata legge n. 1859 del 1962, è stato espressamente abrogato dall'art. 10 legge 4 agosto 1977 n. 517, che estende ai fanciulli sordomuti le mede

sime norme sull'adempimento dell'obbligo scolastico sancito dalle

disposizioni vigenti, salva la previsione di apposite scuole spe ciali o di classi ordinarie delle pubbliche scuole, elementari e

medie, nelle quali siano assicurati la necessaria integrazione spe cialistica e i servizi di sostegno.

Sostengono i ricorrenti, richiamando all'uopo una circolare

interpretativa del ministero della pubblica istruzione risalente al

1973, che per i fanciulli psichicamente minorati dovrebbe tro

vare applicazione la medesima normativa sull'obbligo scolastico

dettata per i ciechi e i sordomuti. Appare peraltro evidente, alla

stregua dei rilievi che precedono, come la richiesta equiparazione non giovi affatto alla posizione dei ricorrenti, atteso che, anche

per le categorie di minorati fisici alle quali si richiede l'aggan

ciamento, è venuta legislativamente meno ogni differenziazione

in tema di obbligo scolastico, e in particolare la possibilità di

protrarre lo stesso oltre il quindicesimo anno di età. 11 rigetto dell'unico motivo di ricorso discende pertanto non già dalla

formalistica considerazione che l'articolo di legge del quale si

assume la violazione non è più vigente nell'ordinamento, quanto

piuttosto dal rilievo che il precetto sostanziale in esso contenuto

risulta oggi sostituito da altro precetto di opposto tenore che pre clude in radice la soluzione interpretativa proposta dai ricor

renti al fine di suffragare il giudizio di illegittimità degli impugna ti provvedimenti.

In ogni caso, osserva il collegio che il venir meno dell'obbli

go scolastico per gli ultraquindicenni che abbiano frequentato la scuola per almeno otto anni, non esclude per gli stessi la pos sibilità di continuare a fruire delle istituzioni scolastiche pub bliche della fascia dell'obbligo fino al conseguimento della licenza

di scuola media.

Le norme relative all'obbligo scolastico, invero, impongono

precisi doveri e responsabilità ai genitori, o a chi ne fa le veci, e vincolano correlativamente le autorità scolastiche all'ammis

sione nelle proprie strutture di quanti ne facciano richiesta, ver

sando nelle previste condizioni di età e anzianità scolare. Esse,

peraltro, non operano affatto in senso preclusivo nei confronti

di quanti abbiano superato gli anzidetti limiti vincolando le au

torità scolastiche a rifiutarne l'iscrizione « in quanto la figura dell'uditore non è prevista dalla normativa vigente », o comun

que autorizzandole ad agire in tal senso in base all'assiomatica

tesi secondo cui, venendo meno l'obbligo scolastico, verrebbe

altresì' meno l'« onere » per le pubbliche istituzioni di provve dere ulteriormente all'istruzione di chi ne faccia richiesta.

Una tesi siffatta contraddice insanabilmente col principio co

stituzionale (art. 34, 1" comma) secondo cui « la scuola è aperta a tutti » : alla stregua di tale principio, l'istruzione scolastica elementare e media, pur indirizzandosi in principalità ai minori di quindici anni, o comunque a quanti non abbiano ancora rag giunto la soglia di almeno otto anni di frequenza, costituisce un servizio pubblico fruibile anche da parte degli altri cittadini che siano tuttora sprovvisti del diploma di licenza.

Naturalmente la posizione soggettiva di costoro diverge sensi bilmente da quella dei minori tuttora in età di obbligo scolasti co: a differenza di questi ultimi, essi non sono titolari di un di ritto-dovere, ma di un semplice interesse ad accedere alle strut ture scolastiche, il quale, peraltro, si qualifica come interesse le

gittimo una volta che essi abbiano presentato nelle debite forme all'autorità competente domanda di iscrizione alla classe imme diatamente successiva all'ultima frequentata.

A tale posizione soggettiva fa riscontro, in capo all'autorità

adita, un potere discrezionale di ammissione subordinato ad una valutazione di compatibilità dell'interesse particolare del richie dente con l'interesse pubblico al buon funzionamento delle isti tuzioni scolastiche: valutazione che, come rileva la stessa difesa

dell'amministrazione, è oggi tipicamente di pertinenza degli or

gani collegiali di cui al d. pres. n. 416 del 1974, sia sotto il pro filo della recettività della struttura adita, sia sotto il profilo delle

esigenze didattiche e pedagogiche, anche in correlazione all'esi stenza o meno di strutture alternative (corsi di scuola popolare, e simili) specificamente destinate all'istruzione degli ultraquindi cenni. In proposito, rileva il tribunale come nel caso di soggetti che chiedano l'ammissione ad una scuola speciale, già frequentata fino al compimento dell'età dell'obbligo, dotata di strutture in

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

tegrative e di personale particolarmente specializzato sul piano

psico-pedagogico, da un lato manca la possibilità di accedere a

diverse strutture che rappresentino una valida alternativa, e d'al

tro lato esiste una potenziale coincidenza tra l'interesse pubblico

specifico di cui è portatrice l'istituzione scolastica adita e l'inte

resse particolare del richiedente; l'eventuale diniego di ammis

sione esige pertanto la puntuale individuazione di eccezionali e

particolarmente gravi ragioni di pubblico interesse ostative, nel

caso specifico, a che la scuola speciale assolva la propria istitu

zione, la funzione di recupero ed inserimento nel contesto so

ciale di un soggetto che, per le proprie condizioni di minorità

psico-fisica, è il naturale destinatario del servizio specialistico da

essa fornito.

Non essendo tali profili coinvolti dalle censure dedotte nel

presente giudizio, il ricorso non può, peraltro, trovare accogli mento.

Per questi motivi, ecc.

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIU

LI-VENEZIA GIULIA; sentenza 29 maggio 1979, n. 82; Pres.

Buscema, Est. Santoro; Di Chiara (Avv. Trampus) c. Comune

di Trieste (Avv. Ferretti, Danese).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIU

LI-VENEZIA GIULIA; sentenza 29 maggio 1979, n. 82; Pres.

Impiegato dello Stato e pubblico — Maternità — Periodo di

astensione obbligatoria dal lavoro — Indennità — Spettanza — Assunzione in tale periodo — Irrilevanza (D. pres. 10 gen naio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello Stato, art.

9; legge 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela delle lavoratrici ma

dri, art. 4, 15, 16, 17).

È illegittimo il diniego di corrispondere alla insegnante incaricata

di supplenza presso una scuola materna comunale l'indennità

di maternità per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal

lavoro per gravidanza e puerperio, anche se essa non aveva po tuto prendere servizio perché al momento dell'assunzione si tro

vava già in tale periodo. (1)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 17 maggio 1979, n.

279; Pres. De Roberto, Est. Franco; Invernizzi (Avv. Hoesch) c. Provveditore agli studi di Milano e altro.

Impiegato dello Stato e pubblico — Maternità — Periodo di

astensione obbligatoria dal lavoro — Indennità — Spettanza — Scadenza del termine del rapporto — Irrilevanza (D. pres. 10 gennaio 1957 n. 3, art. 41; legge 30 dicembre 1971 n. 1204,

art. 1, 4, 5, 13, 15, 7).

È illegittimo il diniego di corrispondere alla insegnante incaricata

di supplenza di insegnamento presso una scuola media l'inden

nità di maternità per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio, anche successivamente

alla scadenza del termine del rapporto di impiego. (2)

(1) Sostanzialmente nello stesso senso Cons. Stato, Sez. II, 19 ot tobre 1977, n. 1173/77, Comi. Stato, 1979, I, 1883, che ha affermato che alla vincitrice di un concorso ad un pubblico impiego, il cui rap

porto sia stato perfezionato con la presentazione in servizio e con la

promessa solenne, spetta il trattamento stabilito dalla legge per la

gravidanza e il puerperio, anche se non abbia prestato effettivo ser

vizio; nonché T.A.R. Sicilia, Sez. Palermo, 5 luglio 1979, n. 234, Trib. amm. reg., 1979, I, 3031, che ha affermato la illegittimità del

diniego di assunzione di una dipendente in periodo di astensione obbli

gatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio, anche se le sue presta zioni lavorative inizieranno solo dopo il termine di tale periodo.

Per riferimenti sui limiti nei quali la corresponsione del trattamento

economico al pubblico dipendente può cominciare prima dell'inizio

delle sue prestazioni, ofr., in una fattispecie relativa al ritardato inizio

dell'esercizio delle funzioni dei referendari presso i tribunali ammini

strativi regionali, causato dal ritardo dell'insediameento dei tribunali

stessi, Cons. Stato, Sez. IV, 30 maggio 1978, n. 497, Foro it., 1979, III,

211, con nota di richiami.

(2) Per riferimenti, nel senso che il divieto di licenziamento di lavo

ratrice gestante non opera, se la risoluzione del rapporto debba avve

nire per scadenza del termine, Cons. Stato, Sez. il, 28 febbraio 1975, n. 2008/73, Foro it., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 1387.

T.A.R. Toscana 13 novembre 1975, n. 399, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1383, ha affermato che il periodo di tre mesi del congedo obbliga torio per puerperio decorre non dal giorno del parto, ma da quello successivo.

Il Foro Italiano — 1981 — Parte III- 8.

I

Il Tribunale, ecc. — (Omissis). 2. - Passando al merito, il col

legio osserva che l'oggetto del giudizio è limitato all'accertamento

del diritto della ricorrente a percepire il trattamento economico

di cui all'art. 15 legge n. 1204 del 1971, durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, ai sensi dell'art. 4, 1° comma,

legge oit., nel periodo 1° ottobre -10 dicembre 1976.

Da tale ambito resta escluso quindi il recupero di somme di

sposto dal comune nei confronti della sig.ra Di Chiara, denun

ciato nel ricorso poiché riferentesi al periodo 30 luglio -15 set

tembre 1976, come è stato precisato dalla difesa dell'ammini

strazione, e non al periodo per il quale la ricorrente lamenta la

mancata corresponsione della retribuzione.

Con riguardo alla soluzione della questione di diritto, preli minare nella presente controversia, se alle incaricate di supplen za nell'insegnamento nelle scuole materne comunali spetti il trat

tamento economico previsto dall'art. 15 legge n. 1204 del 1971

cit. anche quando, al momento in cui esse dovrebbero assumere

servizio in forza del conferimento dell'incarico, esse già si tro

vino nella situazione di fatto contemplata all'art. 4, 1° comma,

legge cit., il collegio ritiene fondata la soluzione affermativa. Si osserva, infatti, che la fattispecie è disciplinata dalla citata

legge n. 1204 del 1971, che, nel disporre all'art. 4, 1° comma, l'astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice madre e nel

lo stabilire all'art. 15 il diritto di quest'ultima a percepire un'in

dennità giornaliera pari all'80 % della retribuzione determinata

ai sensi del successivo art. 16, non prevede alcuna eccezione per il caso che alla lavoratrice madre sia conferito un incarico di in

segnamento mentre essa già si trovi nella situazione di cui al

citato art. 4, 1° comma, e debba di conseguenza astenersi dal

l'assumere servizio.

Se invece, argomentando per assurdo, la legge avesse discipli nato la fattispecie dianzi descritta diversamente da quella in cui

la lavoratrice madre viene a trovarsi nella situazione di cui al 1°

comma dell'art. 4 cit. dopo aver assunto servizio, prevedendo solo nel secondo caso il diritto alla retribuzione, si sarebbe in

presenza di una evidente disparità di trattamento nella disciplina di due situazioni analoghe.

La giurisprudenza richiamata dalla difesa del comune, circa il

collegamento necessario tra effettiva assunzione del servizio e di

ritto alla retribuzione, non è invocabile nel caso in esame, poiché essa riguarda l'applicazione del 2° comma dell'art. 9 t. u. appro vato con d. pres. 10 gennaio 1957 n. 3 che prevede, per il perso nale statale la decorrenza economica della « nomina dell'impie

gato che per giustificato motivo assume servizio con ritardo sul

termine prefissogli », ipotesi quest'ultima non assimilabile a quel la in esame che riguarda — giova ripeterlo — un caso di

mancata assunzione del servizio resa obbligatoria per legge e

non solo per giustificato motivo.

Un'ulteriore conferma dell'interpretazione sopra sostenuta si ha

dall'esame dell'art. 17, 1° comma, legge n. 1204 del 1971 cit., che

disciplina, tra l'altro, il caso delle lavoratrici madri il cui rap

porto di lavoro sia risolto per la scadenza del termine, preve dendo a loro favore la continuità del trattamento economico di

cui all'art. 15 cit.: in questa disposizione come nelle altre con

tenute nei comma successivi la ratio legis, comune alla soluzione

sostenuta per l'ipotesi in esame nel presente giudizio, è identica

e consiste nell'assicurare la continuità del trattamento economico

previsto per la lavoratrice madre, indipendentemente dalle vi

cende che interessano il rapporto di lavoro. È quindi inconferente

l'obiezione, sollevata dal comune, secondo cui il rapporto di im

piego pubblico a tempo determinato, instaurato mediante confe

rimento di incarico di insegnamento per l'anno scolastico 1976

1977 alla ricorrente, non costtiuisce il prosieguo dell'incarico ot

tenuto nell'anno precedente, poiché, se il trattamento economico

di cui all'art. 15 cit. spetta, ai sensi dell'art. 17, 1° comma,

cit., alla lavoratrice madre il cui rapporto di lavoro sia venuto

meno per scadenza del termine, a fortiori il medesimo tratta

mento deve spettarle nel caso — verificatosi nella fattispecie —

di soluzione per scadenza del termine e di immediato rinnovo

mediante conferimento dell'incarico per l'anno scolastico suc

cessivo.

La pretesa economica della ricorrente è, pertanto, fondata, e

deve quindi dichiararsi l'obbligo del comune di Trieste a corri

sponderle il trattamento economico previsto dall'art. 15 legge n.

Per altri riferimenti, Cons. Stato, Sez. I, 1° dicembre 1972, n. 3083/72, id., Rep., 1978, voce Istruzione pubblica, n. 445, ha negato che alle

alunne gestanti o puerpere degli istituti scolastici secondari siano

applicabili le norme sull'astensione obbligatoria dal lavoro delle lavo

ratrici-madri.

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