Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383; Pres. De Roberto, Est. Di Giulio; Brambilla(Avv. Bianchi) c. Scuola media statale «D. Alighieri »di Milano, Provveditore agli studi diMilano (Avv. dello Stato Poli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 109/110-113/114Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171416 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
territorio degli effetti dall'atto medesimo prodotti, nonché, in su
bordine, lo ha ritenuto viziato da molteplici violazioni della
normativa vigente in materia di vendita dei prodotti petroliferi,
integrata dalle ulteriori disposizioni emanate dal C.i.p.e. in sede di programmazione del piano energetico nazionale, con delibera
zione del 23 dicembre 1977 e dal presidente del consiglio dei
ministri, con il decreto dell'8 luglio 1978, applicativo delle diret
tive del governo per lo svolgimento delle funzioni amministrative
delegate, in aggiunta alle prescrizioni cautelative già stabilite dal
l'azienda autonoma per le strade statali.
Ai fini della disamina della prima delle dedotte doglianze non
è superfluo precisare che, con gli art. 52, lett. a, e 54, lett. /, del richiamato d. pres. n. 616 del 1977 sono state rispettivamente
delegate alle regioni a statuto ordinario le funzioni amministra
tive svolte dallo Stato ed attribuito ai comuni il potere di di
sporre, nell'ambito dei rispettivi territori, « l'autorizzazione » ad
installare i punti di vendita di carburante.
In ordine all'indicato potere, considerato di carattere autoriz
zativo dal legislatore, la ricorrente, sull'assunto che l'attività
inerente alla installazione e all'esercizio della rete distributiva
del carburante costituiva pubblico servizio, sottoposto al regime della concessione (art. 16 d. 1. 26 ottobre 1970 n. 745, convertito
nella legge 18 dicembre 1970 n. 1034 e d. pres. 27 ottobre 1971
n. 1269) ha tratto la conseguenza che, in difetto di una espressa
delega che consentisse la modifica della cennata disciplina, il po tere stesso dovesse configurarsi complementare di quello sostan
ziale di concessione attribuito alle regioni, cui spettava provve dere in merito ed inquadrabile nell'ampio genus dei nulla osta.
Pur riconoscendo esatta la tesi che la disciplina de qua sia ri
masta immutata, deve essere disattesa l'interpretazione, che ha
fornito la parte dell'art. 54, lett. f, d. pres. n. 616 del 1977, per ché l'espressione « autorizzazione » non è stata usata nella sua
accezione tecnica, ma in quella di comune impiego nel linguaggio ordinario di esercizio della potestà di consenso, di permesso allo
svolgimento di un'attività, che ampia le facoltà dell'agire del
soggetto richiedente, mentre un diverso avviso sarebbe in netto
contrasto con i limiti previsti dalla normativa che la regola e ne
coordina lo svolgimento nell'osservanza dei criteri dettati dal
C.i.p.e., in sede nazionale e degli altri più specifici espressi dalla
regione. Invero sarebbe del tutto contra rationis tenorem una norma
tiva di delega di funzioni amministrative, che generalmente si
ispira ad una agile articolazione dello svolgimento del relativo
potere, che ne preveda l'esercizio da parte dell'ente di maggiore
rilevanza, nell'ipotesi la regione, condizionandolo al preventivo
avviso o consenso di altro ente (comune), nel cui ambito sono
destinati a prodursi i rispettivi effetti ed in conseguenza viene ad
essere attuata una modifica in peius della pregressa disciplina
che prescriveva la consultazione obbligatoria del comune stesso
soltanto nel caso di utilizzazione di suolo pubblico. Le considerazioni che precedono inducono ad affermare che
la competenza ad adottare i provvedimenti di prima concessione
della installazione delle stazioni di servizio per la distribuzione
del carburante è stata trasferita dagli organi amministrativi dello
Stato (prefetti) ai comuni.
Scendendo all'esame dell'ulteriore profilo della censura di in
competenza non può non osservarsi che il provvedimento di tra
sferimento, che forma oggetto del ricorso, oltre a determinare
l'indicazione della località, nel cui ambito l'attività, già assen
tita, deve essere spiegata, comporta altresì la cessazione degli ef
fetti che gli erano connessi nel perimetro territoriale che può
appartenere tanto al comune disponente, che ad altro ente locale.
Nella seconda ipotesi, che è quella che ne occupa, il provvedi
mento di trasferimento non può essere assunto dal comune di
nuova localizzazione, per la natura territoriale della sua opera
tività e pertanto, eccedendo la propria competenza, deve essere
adottato dalla regione. Nei sensi suindicati l'impugnativa è meritevole di accoglimento
e per l'effetto restano assorbiti tutti gli altri motivi di censura.
Per questi motivi, ecc.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383;
Pres. De Roberto, Est. Di Giulio; Brambilla (Avv. Bianchi)
c. Scuola media statale « D. Alighieri » di Milano, Provvedito
re agli studi di Milano (Avv. dello Stato Poli).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 21 giugno 1979, n. 383;
Istruzione pubblica — Alunno handicappato — Diniego di am
missione alla classe successiva — Motivazione — Illegittimità
— Fattispecie (Legge 4 agosto 1977 n. 517, norme sulla va lutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di ripa razione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento sco
lastico, art. 7, 9).
È illegittimo il giudizio del consiglio di classe di non ammissione alla seconda media di un alunno handicappato, motivato con
l'affermazione della inadeguatezza delle sue capacità di atten
zione e di impegno, senza una valutazione della sussistenza o
meno di progressi di maturazione dell'alunno stesso, in rela
zione alle sue capacità individuali, e di recupero delle sue ca
renze, nella prospettiva dell'arco di tempo dell'intero triennio
della scuola media. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE
MONTE; sentenza 5 giugno 1979, n. 287; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; De Marchi e altri (Avv. Levi) c. Provveditore
agli studi di Torino e altri (Avv. dello Stato Carotenuto).
Istruzione pubblica — Alunno handicappato ultraquindicenne —
Frequenza scolastica oltre l'ottavo anno — Diniego di ammis
sione — Legittimità (Legge 31 dicembre 1962 n. 1859, istitu
zione e ordinamento della scuola media statale, art. 8; legge 4 agosto 1977 n. 517, art. 10).
È legittimo il diniego di ammissione alla scuola dell'obbligo
(nella specie, scuola elementare) dell'ultraquindicenne handi
cappato che abbia già frequentato per otto anni tale scuola
(in motivazione, con considerazioni esulanti dal motivo di ri
corso, è precisato che comunque tali soggetti hanno un inte
resse legittimo a fruire delle istituzioni scolastiche della fascia
dell'obbligo fino al conseguimento della licenza media, e che
l'eventuale provvedimento negativo dell'amministrazione deve
essere basato su valutazioni degli organi collegiali scolastici
concernenti la ricettività della scuola e le esigenze didattiche
e pedagogiche, anche in relazione alla esistenza o meno di
strutture alternative). (2)
I
Il Tribunale, ecc. — Va disattesa, in primo luogo, la eccezione
di inammissibilità sollevata dalla difesa dell'amministrazione: il ricorso avverso l'operato di un consiglio di classe, infatti, è
rettamente notificato al preside della scuola, che ne è presidente. Passando al merito della vertenza, questa trae origine dal fatto
che il consiglio di classe della scuola media statale Dante Alighieri di Milano non ha ammesso alla seconda classe la ricorrente sulla
base di un giudizio conclusivo, relativo all'anno scolastico 1977
78, espresso nei seguenti termini: « Pur essendosi socialmente in
serita in modo sufficiente nella classe, la scuola è risultata ina
deguata alle sue effettive capacità di attenzione ed impegno, con
l'impossibilità conseguente di acquisizione dei procedimenti me
todologici di ogni disciplina ».
Di siffatto giudizio la difesa dell'interessata assume, con il se
condo motivo (che conviene esaminare con precedenza sugli al
tri), la illegittimità, sia per violazione dell'art. 9 legge 4 agosto 1977 n. 517 sia per carenza di motivazione, sia, da ultimo, per contraddittorietà.
In effetti, la normativa che si assume violata dispone che il
giudizio conclusivo da esprimersi a conclusione dell'anno sco
lastico deve tener conto, fra l'altro, del « livello globale di ma
turazione, con riguardo, anche, alle capacità ed alle attitudini
dimostrate », elementi questi, come in seguito chiarito dal mini
stero della pubblica istruzione con circolare n. 236 del 15 set
tembre 1977, che vanno considerati in « una appropriata ottica
valutativa, finalizzata allo sviluppo della persona ».
Il giudizio che si richiede al consiglio di classe, quindi, deve
necessariamente essere espresso, in primo luogo, con riferimen
to « alle capacità » del soggetto, cosi come prescritto dalla legge
anzidetta, capacità che, per quanto concerne un alunno portatore di handicaps, non possono per certo essere misurate facendo ri
ferimento a ordinari parametri di giudizio; una tale pretesa, in
fatti, varrebbe ad ostacolare la concreta attuazione della richia
mata legge la quale, nell'abolire, con l'ultimo comma dell'art. 7, le classi differenziali, ha contemporaneamente inteso assicurare, con i comma secondo, terzo e quarto dell'articolo medesimo, agli alunni handicappati, un particolare regime scolastico da realiz
zarsi, sia utilizzando « docenti in possesso di particolari titoli di
specializzazione », sia limitando il numero degli alunni compo nenti le classi in cui siano inseriti elementi handicappati, sia,
(1-2) Non risultano precedenti.
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PARTE TERZA
da ultimo, prevedendo in favore di costoro « la necessaria inte
grazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme
particolari di sostegno ».
Occorre altresì' considerare che il predetto regime particolare non si esaurisce con lo scadere del primo anno di corso della
scuola media, ma prosegue anche negli anni successivi; ciò dimo
stra che la normativa in argomento muove dal presupposto che,
lungo e faticoso essendo per l'handicappato il cammino verso la
normalizzazione, un risultato utile possa essere raggiunto soltanto
in un apprezzabile arco di tempo, non limitabile ad un solo anno
scolastico, durante il quale la scuola cui il soggetto è affidato non
dovrà mai privare costui dei prescritti sostegni e facilitazioni.
In conseguenza di ciò, anche il giudizio conclusivo dei docenti
non può astrarre dagli anzidetti presupposti, ma deve essere prin
cipalmente diretto a valorizzare i risultati acquisiti dal soggetto, valutandoli in una prospettiva di previsioni che abbracciano an
che quanto di potenziale possa essere individuato nella persona lità di costui in funzione di ulteriori, futuri progressi.
In palese contrasto con le considerazioni predette, alla ricor
rente, non soltanto non è stata assicurata, per l'intero anno
scolastico, alcuna delle particolari forme di sostegno rese obbli
gatorie dalla legge, ma le è stato altresì interdetto l'accesso alla
classe successiva, e ciò sulla base di un sommario giudizio con
clusivo che, astraendo del tutto da indispensabili riferimenti alle « capacità » del soggetto, e da ogni altro elemento di valutazione in ordine a fattori sui quali la particolarità della situazione impo neva di soffermarsi, si è, fra l'altro, posto in contrasto col giudi zio espresso al termine del primo quadrimestre con il quale, al
meno, si dava atto di un comportamento « soddisfacente in let
tere, educazione artistica, fisica e matematica », sia pure con un
molto scarso profitto.
In conclusione, il consiglio di classe, anziché limitarsi ad asse
rire che « la scuola è risultata inadeguata » alle effettive capacità dell'alunna (determinando, cosi, di far ricadere, i pregiudizievoli effetti delle carenze della struttura scolastica su soggetti che, con
fidando in una normativa che si ripropone di sostenerli nel pro
prio difficile cammino, a detta struttura si rivolgono), avrebbe
dovuto più puntualmente dare contezza se, sulla base dei risul
tati del primo quadrimestre, e in funzione delle capacità indivi
duali, fosse o meno da ritenersi avviato un procedimento di re
cupero. Il giudizio come sopra espresso, e la conseguente determina
zione di non ammissione alla seconda classe, non contiene alcuno
dei predetti elementi, nonostante ne fosse resa necessaria la espli citazione in osservanza alla normativa in precedenza richiamata.
Risultano quindi fondate le doglianze contenute nell'esaminato
secondo motivo, il che consente l'accoglimento del ricorso, po tendosi dichiarare l'assorbimento di ogni altra censura prospet tata dalla difesa della ricorrente.
Per questi motivi, ecc.
II
Il Tribunale, ecc. — Preliminarmente, rileva il tribunale che il thema decidendum, in relazione all'oggetto dell'unico motivo di
ricorso, inerisce esclusivamente alla legittimità o meno del di
niego di ammissione alla scuola elementare di ragazzi handicap
pati ultraquindicenni, in relazione all'asserita elevazione, per essi, dell'età dell'obbligo scolastico fino a sedici e, in taluni casi parti colarmente gravi, diciotto anni. Esula invece dai confini obiettivi
del ricorso il diverso profilo, per la prima volta introdotto, non
ritualmente, con la memoria 4 maggio 1979, relativo all'asserita
perdurante vigenza dell'obbligo scolastico per i figli dei ricor
renti, in quanto gli stessi, pur avendo superato il quindicesimo anno di età, non avrebbero frequentato la scuola dell'obbligo per almeno otto anni: in ordine a tale circostanza, meramente affermata e allo stato indimostrata, non è quindi necessario di
sporre incombenti istruttori, rimanendo la stessa estranea alla materia del contendere, cosi come introdotta in giudizio dagli stessi ricorrenti.
Nei precisati limiti, il ricorso non è fondato e va conseguen temente rigettato.
Come è noto, l'art. 171 r. d. 5 febbraio 1928 n. 577 contem
plava l'obbligatorietà dell'istruzione scolastica dal sesto al quat tordicesimo anno di età. L'art. 175 del medesimo testo normativo
prevedeva l'estensione dell'obbligo scolastico ai ciechi e sordo muti che non presentino altra anormalità che impedisca loro di
ottemperarvi, con elevazione del limite massimo, per i soli sor
domuti, fino al sedicesimo anno. La prima di tali norme è stata implicitamente abrogata dal
l'art. 8, 2° comma, legge n. 1859 del 1962 che contempla l'adem
pimento dell'obbligo scolastico fino al conseguimento della licen
za di scuola media, ovvero, in difetto, fino al compimento del
quindicesimo anno di età, con almeno otto anni di frequenza scolastica (disposizione, quest'ultima, che ribadisce il precetto di
cui all'art. 34, 2° comma, Cost.).
A sua volta, l'art. 175 r. d. n. 577 del 1928, rimasto in vigore
dopo le modifiche all'obbligo scolastico introdotte dalla citata legge n. 1859 del 1962, è stato espressamente abrogato dall'art. 10 legge 4 agosto 1977 n. 517, che estende ai fanciulli sordomuti le mede
sime norme sull'adempimento dell'obbligo scolastico sancito dalle
disposizioni vigenti, salva la previsione di apposite scuole spe ciali o di classi ordinarie delle pubbliche scuole, elementari e
medie, nelle quali siano assicurati la necessaria integrazione spe cialistica e i servizi di sostegno.
Sostengono i ricorrenti, richiamando all'uopo una circolare
interpretativa del ministero della pubblica istruzione risalente al
1973, che per i fanciulli psichicamente minorati dovrebbe tro
vare applicazione la medesima normativa sull'obbligo scolastico
dettata per i ciechi e i sordomuti. Appare peraltro evidente, alla
stregua dei rilievi che precedono, come la richiesta equiparazione non giovi affatto alla posizione dei ricorrenti, atteso che, anche
per le categorie di minorati fisici alle quali si richiede l'aggan
ciamento, è venuta legislativamente meno ogni differenziazione
in tema di obbligo scolastico, e in particolare la possibilità di
protrarre lo stesso oltre il quindicesimo anno di età. 11 rigetto dell'unico motivo di ricorso discende pertanto non già dalla
formalistica considerazione che l'articolo di legge del quale si
assume la violazione non è più vigente nell'ordinamento, quanto
piuttosto dal rilievo che il precetto sostanziale in esso contenuto
risulta oggi sostituito da altro precetto di opposto tenore che pre clude in radice la soluzione interpretativa proposta dai ricor
renti al fine di suffragare il giudizio di illegittimità degli impugna ti provvedimenti.
In ogni caso, osserva il collegio che il venir meno dell'obbli
go scolastico per gli ultraquindicenni che abbiano frequentato la scuola per almeno otto anni, non esclude per gli stessi la pos sibilità di continuare a fruire delle istituzioni scolastiche pub bliche della fascia dell'obbligo fino al conseguimento della licenza
di scuola media.
Le norme relative all'obbligo scolastico, invero, impongono
precisi doveri e responsabilità ai genitori, o a chi ne fa le veci, e vincolano correlativamente le autorità scolastiche all'ammis
sione nelle proprie strutture di quanti ne facciano richiesta, ver
sando nelle previste condizioni di età e anzianità scolare. Esse,
peraltro, non operano affatto in senso preclusivo nei confronti
di quanti abbiano superato gli anzidetti limiti vincolando le au
torità scolastiche a rifiutarne l'iscrizione « in quanto la figura dell'uditore non è prevista dalla normativa vigente », o comun
que autorizzandole ad agire in tal senso in base all'assiomatica
tesi secondo cui, venendo meno l'obbligo scolastico, verrebbe
altresì' meno l'« onere » per le pubbliche istituzioni di provve dere ulteriormente all'istruzione di chi ne faccia richiesta.
Una tesi siffatta contraddice insanabilmente col principio co
stituzionale (art. 34, 1" comma) secondo cui « la scuola è aperta a tutti » : alla stregua di tale principio, l'istruzione scolastica elementare e media, pur indirizzandosi in principalità ai minori di quindici anni, o comunque a quanti non abbiano ancora rag giunto la soglia di almeno otto anni di frequenza, costituisce un servizio pubblico fruibile anche da parte degli altri cittadini che siano tuttora sprovvisti del diploma di licenza.
Naturalmente la posizione soggettiva di costoro diverge sensi bilmente da quella dei minori tuttora in età di obbligo scolasti co: a differenza di questi ultimi, essi non sono titolari di un di ritto-dovere, ma di un semplice interesse ad accedere alle strut ture scolastiche, il quale, peraltro, si qualifica come interesse le
gittimo una volta che essi abbiano presentato nelle debite forme all'autorità competente domanda di iscrizione alla classe imme diatamente successiva all'ultima frequentata.
A tale posizione soggettiva fa riscontro, in capo all'autorità
adita, un potere discrezionale di ammissione subordinato ad una valutazione di compatibilità dell'interesse particolare del richie dente con l'interesse pubblico al buon funzionamento delle isti tuzioni scolastiche: valutazione che, come rileva la stessa difesa
dell'amministrazione, è oggi tipicamente di pertinenza degli or
gani collegiali di cui al d. pres. n. 416 del 1974, sia sotto il pro filo della recettività della struttura adita, sia sotto il profilo delle
esigenze didattiche e pedagogiche, anche in correlazione all'esi stenza o meno di strutture alternative (corsi di scuola popolare, e simili) specificamente destinate all'istruzione degli ultraquindi cenni. In proposito, rileva il tribunale come nel caso di soggetti che chiedano l'ammissione ad una scuola speciale, già frequentata fino al compimento dell'età dell'obbligo, dotata di strutture in
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
tegrative e di personale particolarmente specializzato sul piano
psico-pedagogico, da un lato manca la possibilità di accedere a
diverse strutture che rappresentino una valida alternativa, e d'al
tro lato esiste una potenziale coincidenza tra l'interesse pubblico
specifico di cui è portatrice l'istituzione scolastica adita e l'inte
resse particolare del richiedente; l'eventuale diniego di ammis
sione esige pertanto la puntuale individuazione di eccezionali e
particolarmente gravi ragioni di pubblico interesse ostative, nel
caso specifico, a che la scuola speciale assolva la propria istitu
zione, la funzione di recupero ed inserimento nel contesto so
ciale di un soggetto che, per le proprie condizioni di minorità
psico-fisica, è il naturale destinatario del servizio specialistico da
essa fornito.
Non essendo tali profili coinvolti dalle censure dedotte nel
presente giudizio, il ricorso non può, peraltro, trovare accogli mento.
Per questi motivi, ecc.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIU
LI-VENEZIA GIULIA; sentenza 29 maggio 1979, n. 82; Pres.
Buscema, Est. Santoro; Di Chiara (Avv. Trampus) c. Comune
di Trieste (Avv. Ferretti, Danese).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIU
LI-VENEZIA GIULIA; sentenza 29 maggio 1979, n. 82; Pres.
Impiegato dello Stato e pubblico — Maternità — Periodo di
astensione obbligatoria dal lavoro — Indennità — Spettanza — Assunzione in tale periodo — Irrilevanza (D. pres. 10 gen naio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello Stato, art.
9; legge 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela delle lavoratrici ma
dri, art. 4, 15, 16, 17).
È illegittimo il diniego di corrispondere alla insegnante incaricata
di supplenza presso una scuola materna comunale l'indennità
di maternità per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal
lavoro per gravidanza e puerperio, anche se essa non aveva po tuto prendere servizio perché al momento dell'assunzione si tro
vava già in tale periodo. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM
BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 17 maggio 1979, n.
279; Pres. De Roberto, Est. Franco; Invernizzi (Avv. Hoesch) c. Provveditore agli studi di Milano e altro.
Impiegato dello Stato e pubblico — Maternità — Periodo di
astensione obbligatoria dal lavoro — Indennità — Spettanza — Scadenza del termine del rapporto — Irrilevanza (D. pres. 10 gennaio 1957 n. 3, art. 41; legge 30 dicembre 1971 n. 1204,
art. 1, 4, 5, 13, 15, 7).
È illegittimo il diniego di corrispondere alla insegnante incaricata
di supplenza di insegnamento presso una scuola media l'inden
nità di maternità per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio, anche successivamente
alla scadenza del termine del rapporto di impiego. (2)
(1) Sostanzialmente nello stesso senso Cons. Stato, Sez. II, 19 ot tobre 1977, n. 1173/77, Comi. Stato, 1979, I, 1883, che ha affermato che alla vincitrice di un concorso ad un pubblico impiego, il cui rap
porto sia stato perfezionato con la presentazione in servizio e con la
promessa solenne, spetta il trattamento stabilito dalla legge per la
gravidanza e il puerperio, anche se non abbia prestato effettivo ser
vizio; nonché T.A.R. Sicilia, Sez. Palermo, 5 luglio 1979, n. 234, Trib. amm. reg., 1979, I, 3031, che ha affermato la illegittimità del
diniego di assunzione di una dipendente in periodo di astensione obbli
gatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio, anche se le sue presta zioni lavorative inizieranno solo dopo il termine di tale periodo.
Per riferimenti sui limiti nei quali la corresponsione del trattamento
economico al pubblico dipendente può cominciare prima dell'inizio
delle sue prestazioni, ofr., in una fattispecie relativa al ritardato inizio
dell'esercizio delle funzioni dei referendari presso i tribunali ammini
strativi regionali, causato dal ritardo dell'insediameento dei tribunali
stessi, Cons. Stato, Sez. IV, 30 maggio 1978, n. 497, Foro it., 1979, III,
211, con nota di richiami.
(2) Per riferimenti, nel senso che il divieto di licenziamento di lavo
ratrice gestante non opera, se la risoluzione del rapporto debba avve
nire per scadenza del termine, Cons. Stato, Sez. il, 28 febbraio 1975, n. 2008/73, Foro it., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 1387.
T.A.R. Toscana 13 novembre 1975, n. 399, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1383, ha affermato che il periodo di tre mesi del congedo obbliga torio per puerperio decorre non dal giorno del parto, ma da quello successivo.
Il Foro Italiano — 1981 — Parte III- 8.
I
Il Tribunale, ecc. — (Omissis). 2. - Passando al merito, il col
legio osserva che l'oggetto del giudizio è limitato all'accertamento
del diritto della ricorrente a percepire il trattamento economico
di cui all'art. 15 legge n. 1204 del 1971, durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, ai sensi dell'art. 4, 1° comma,
legge oit., nel periodo 1° ottobre -10 dicembre 1976.
Da tale ambito resta escluso quindi il recupero di somme di
sposto dal comune nei confronti della sig.ra Di Chiara, denun
ciato nel ricorso poiché riferentesi al periodo 30 luglio -15 set
tembre 1976, come è stato precisato dalla difesa dell'ammini
strazione, e non al periodo per il quale la ricorrente lamenta la
mancata corresponsione della retribuzione.
Con riguardo alla soluzione della questione di diritto, preli minare nella presente controversia, se alle incaricate di supplen za nell'insegnamento nelle scuole materne comunali spetti il trat
tamento economico previsto dall'art. 15 legge n. 1204 del 1971
cit. anche quando, al momento in cui esse dovrebbero assumere
servizio in forza del conferimento dell'incarico, esse già si tro
vino nella situazione di fatto contemplata all'art. 4, 1° comma,
legge cit., il collegio ritiene fondata la soluzione affermativa. Si osserva, infatti, che la fattispecie è disciplinata dalla citata
legge n. 1204 del 1971, che, nel disporre all'art. 4, 1° comma, l'astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice madre e nel
lo stabilire all'art. 15 il diritto di quest'ultima a percepire un'in
dennità giornaliera pari all'80 % della retribuzione determinata
ai sensi del successivo art. 16, non prevede alcuna eccezione per il caso che alla lavoratrice madre sia conferito un incarico di in
segnamento mentre essa già si trovi nella situazione di cui al
citato art. 4, 1° comma, e debba di conseguenza astenersi dal
l'assumere servizio.
Se invece, argomentando per assurdo, la legge avesse discipli nato la fattispecie dianzi descritta diversamente da quella in cui
la lavoratrice madre viene a trovarsi nella situazione di cui al 1°
comma dell'art. 4 cit. dopo aver assunto servizio, prevedendo solo nel secondo caso il diritto alla retribuzione, si sarebbe in
presenza di una evidente disparità di trattamento nella disciplina di due situazioni analoghe.
La giurisprudenza richiamata dalla difesa del comune, circa il
collegamento necessario tra effettiva assunzione del servizio e di
ritto alla retribuzione, non è invocabile nel caso in esame, poiché essa riguarda l'applicazione del 2° comma dell'art. 9 t. u. appro vato con d. pres. 10 gennaio 1957 n. 3 che prevede, per il perso nale statale la decorrenza economica della « nomina dell'impie
gato che per giustificato motivo assume servizio con ritardo sul
termine prefissogli », ipotesi quest'ultima non assimilabile a quel la in esame che riguarda — giova ripeterlo — un caso di
mancata assunzione del servizio resa obbligatoria per legge e
non solo per giustificato motivo.
Un'ulteriore conferma dell'interpretazione sopra sostenuta si ha
dall'esame dell'art. 17, 1° comma, legge n. 1204 del 1971 cit., che
disciplina, tra l'altro, il caso delle lavoratrici madri il cui rap
porto di lavoro sia risolto per la scadenza del termine, preve dendo a loro favore la continuità del trattamento economico di
cui all'art. 15 cit.: in questa disposizione come nelle altre con
tenute nei comma successivi la ratio legis, comune alla soluzione
sostenuta per l'ipotesi in esame nel presente giudizio, è identica
e consiste nell'assicurare la continuità del trattamento economico
previsto per la lavoratrice madre, indipendentemente dalle vi
cende che interessano il rapporto di lavoro. È quindi inconferente
l'obiezione, sollevata dal comune, secondo cui il rapporto di im
piego pubblico a tempo determinato, instaurato mediante confe
rimento di incarico di insegnamento per l'anno scolastico 1976
1977 alla ricorrente, non costtiuisce il prosieguo dell'incarico ot
tenuto nell'anno precedente, poiché, se il trattamento economico
di cui all'art. 15 cit. spetta, ai sensi dell'art. 17, 1° comma,
cit., alla lavoratrice madre il cui rapporto di lavoro sia venuto
meno per scadenza del termine, a fortiori il medesimo tratta
mento deve spettarle nel caso — verificatosi nella fattispecie —
di soluzione per scadenza del termine e di immediato rinnovo
mediante conferimento dell'incarico per l'anno scolastico suc
cessivo.
La pretesa economica della ricorrente è, pertanto, fondata, e
deve quindi dichiararsi l'obbligo del comune di Trieste a corri
sponderle il trattamento economico previsto dall'art. 15 legge n.
Per altri riferimenti, Cons. Stato, Sez. I, 1° dicembre 1972, n. 3083/72, id., Rep., 1978, voce Istruzione pubblica, n. 445, ha negato che alle
alunne gestanti o puerpere degli istituti scolastici secondari siano
applicabili le norme sull'astensione obbligatoria dal lavoro delle lavo
ratrici-madri.
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