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Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137; Pres. De Roberto, Est. Rulli; Soc. immob. Briosca...

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Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137; Pres. De Roberto, Est. Rulli; Soc. immob. Briosca (Avv. Cossandi, Ciampoli) c. Comune di Senago (Avv. Pagano) Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 601/602-605/606 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172991 . Accessed: 28/06/2014 18:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 18:23:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137; Pres. De Roberto, Est. Rulli; Soc. immob. Briosca (Avv. Cossandi, Ciampoli) c. Comune di Senago (Avv. Pagano)

Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137; Pres. De Roberto, Est. Rulli; Soc. immob.Briosca (Avv. Cossandi, Ciampoli) c. Comune di Senago (Avv. Pagano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 601/602-605/606Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172991 .

Accessed: 28/06/2014 18:23

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

verse, da esercitarsi in conformità ai principi stabiliti dalla legge di riforma delle autonomie locali, l'esercizio dei predetti poteri è spostato al 1° gennaio 1979.

Ora, osserva il collegio, la mancanza di una espressa disposi zione derogatoria ha determinato automaticamente il trasferimen to — a partire dal 1° gennaio 1978 — delle funzioni in esame ai comuni; per cui il provvedimento impugnato, in quanto emes so dal presidente dell'I.a.c.p. de L'Aquila il 3 giugno 1978, appare

illegittimo per l'incompetenza dell'autorità emanante.

6. - L'accoglimento della censura di incompetenza comporta l'annullamento del provvedimento impugnato e l'assorbimento delle ulteriori censure. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 16 maggio 1980, n. 264; Pres. V. Caianiello, Est. Zeviani Pallotta; Quercioli (Avv. Merlini) c. Comune di Firenze (Avv. Tassinari).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 16 maggio 1980, n. 264; Pres. V. Caianiello,

Commercio (disciplina del) — Edicola — Concessione di occu

pazione di uso pubblico — Diniego di rinnovo — Mancanza della tessera per la rivendita dei giornali — Illegittimità.

È illegittima la deliberazione con la quale il consiglio comunale

nega il rinnovo della concessione per l'occupazione del suolo

pubblico sul quale è collocata un'edicola per la vendita di

giornali, perché il suo titolare è privo della tessera (c. d. pa tentino) per la rivendita di quotidiani e di altri periodici rila sciata dalla commissione paritetica costituita da rappresen tanti degli editori e dei rivenditori. (1)

Il Tribunale, ecc. — 1. - Il ricorso è fondato in relazione al terzo e al quarto motivo, che possono esaminarsi congiunta mente e rivestono carattere assorbente.

L'amministrazione comunale ha negato alla ricorrente la rin novazione della concessione per l'occupazione di suolo pubblico, allo scopo di gestirvi un'edicola di giornali, a motivo del man cato possesso — da parte dell'interessata — della tessera per la rivendita di quotidiani e altri periodici, rilasciata dalla « com missione paritetica » costituita da rappresentanti degli editori e dei rivenditori.

Si osserva, nel provvedimento impugnato, che l'esercizio com merciale della rivendita dei giornali riveste carattere di pub blica utilità solo a condizione che venga assicurata la distribu zione « di tutti i quotidiani e settimanali italiani » e che, per tanto, la mancanza della tessera in questione, che abilita alla rivendita « della maggior parte » di tali periodici, determina il venir meno del requisito di interesse pubblico indispensabile per il permanere del rapporto concessorio.

Tale motivo, posto a fondamento del diniego, appare manife stamente illogico e arbitrario.

Infatti, il servizio della distribuzione della stampa periodica — italiana ed estera — essendo strumentale all'esercizio del di ritto di libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente

garantito (art. 21 Cost.) e al diritto dei cittadini all'informazione, soddisfa indubbiamente un interesse pubblico di grande rilievo. La realizzazione di tale interesse pubblico non è, evidentemente, esclusa — ma solo attenuata — per il fatto che la distribuzione al pubblico non si estenda a « tutti » i periodici in circolazione, e neppure alla « maggior parte » di essi.

Nella specie, il mancato possesso da parte della ricorrente

(1) Questione nuova sulla quale non si rinvengono precedenti editi. Nel senso che gli edicolanti sono assoggettati alla disciplina gene

rale dettata dalla legge 426/1971 per il commercio al minuto, v. Cass. 7 maggio 1981, n. 2957, Foro it., 1981, I, 2194, con nota di richiami.

Per riferimenti generali di giurisprudenza sulle concessioni ammi nistrative cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 1° dicembre 1978, n. 1220, id., Rep. 1979, voce Comune, n. 152; Cass. 12 maggio 1979, n. 2716, id., 1979, I, 1371, con nota di C. M. Barone e Cons. Stato, Sez. VI, 2 luglio 1976, n. 276, id., Rep. 1977, voce Conces sioni amministrative, n. 9 (le decisioni sopracitate sembrano soprat tutto pertinenti in ordine al problema del rinnovo della concessione da parte della pubblica amministrazione).

In dottrina v., da ultimo, Pasini e Balucani, I beni pubblici e le relative concessioni, Torino, 1979.

della tessera in questione (cosiddetto « patentino ») vietava agli editori aderenti alla Federazione italiana editori giornali (F.i.e.g.) — ai sensi dell'accordo privato stipulato fra le associazioni

rappresentative della maggior parte degli editori e dei riven ditori — di stipulare contratti estimatori con la ricorrente stessa. Quest'ultima, peraltro, prescindendo, per il momelnto dall'efficacia di tale accordo nei suoi confronti, era in grado (come non è contestato fra le parti) di assicurare la distribuzione di tutta la stampa estera, nonché dei quotidiani e degli altri pe riodici appartenenti a editori non iscritti alla F.i.e.g., svolgendo un servizio sicuramente utile alla collettività.

Illegittimamente, pertanto, l'autorità comunale ha negato la rinnovazione della concessione di suolo pubblico, ordinando nel

contempo la rimozione del chiosco, nell'erroneo presupposto che il servizio che la ricorrente era in grado di assicurare non fosse « da considerarsi di pubblica utilità ».

Non va, d'altra parte, trascurato che, nella specie, tratta vasi di rinnovo di una concessione già assentita e che la ricor rente aveva già dovuto sopportare spese non indifferenti per l'acquisto del chiosco dal precedente concessionario e per la voltura della concessione stessa. Di conseguenza, l'amministra

zione, quand'anche avesse ritenuto — nell'esercizio di un suo

potere discrezionale — di comparare il grado di utilità che l'eser cizio commerciale della ricorrente era in grado di fornire alla

collettività, con l'eventuale pregiudizio per il pubblico interesse

provocato dalla modesta porzione di suolo pubblico sulla quale il chiosco insisteva, ritenendo prevalente quest'ultimo, avrebbe

dovuto esternare le ragioni della scelta operata, con rigorosa e

puntuale motivazione, valutando, altresì, espressamente, il rile vante sacrificio imposto all'interesse commerciale della ricorren

te, già titolare di una posizione giuridica qualificata. Ma vi è di più. L'autorità comunale ha ritenuto che il pos

sesso della tessera rilasciata dalla « commissione paritetica » fos se condizione indispensabile per il rinnovo della concessione,

quasi che, in mancanza di tale tessera, la ricorrente fosse

nell'impossibilità giuridica di vendere i periodici di proprietà degli editori aderenti alla F.i.e.g. Tale presupposto è, peraltro, errato.

Infatti, la necessità del rilascio della tessera in questione non è prevista da alcuna norma di legge, ma solo, come è noto, da un accordo fra le associazioni degli editori e dei rivenditori, che ha natura di contratto normativo con effetti meramente ob

bligatori limitati alle parti stipulanti. Pertanto, il mancato pos sesso della suddetta tessera, non potendo incidere sulla validità ed efficacia di eventuali contratti estimatori stipulati con edi

tori aderenti alla F.i.e.g., non escludeva neppure — a priori —

la possibilità giuridica, da parte della ricorrente, di esercitare

la rivendita anche di periodici appartenenti a tali editori; essen

do irrilevanti — ai fini che qui interessano — le conseguenze sul piano della responsabilità contrattuale di questi ultimi nei

confronti della loro associazione.

Di conseguenza, l'autorità comunale — ferma restando la sua

discrezionale facoltà di valutare, congniamente motivando se

condo quanto si è chiarito, il grado di utilità del servizio effetti

vamente reso dalla concessionaria, ai fini del mantenimento in

vita del rapporto concessorio — non poteva negare a priori, come ha fatto, il rinnovo della concessione, a motivo della sem

plice mancanza di un requisito che, per il suo carattere nego ziale e per la sua efficacia meramente obbligatoria, era di per sé estraneo all'interesse pubblico in vista del quale la concessione

stessa poteva essere assentita. 2. - Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, con conseguente

annullamento del provvedimento impugnato. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137; Pres. De Roberto, Est. Rulli; Soc. immob. Briosca (Aw.

Cossandi, Ciampoli) c. Comune di Senago (Avv. Pagano).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; Sezione di Milano; sentenza 26 marzo 1980, n. 137;

Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione per il rin

forzo di un edificio — Maggiori opere di rifacimento — Or- '

dine di demolizione — Legittimità — Fattispecie (Legge 28

gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art.

15; legge 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia residen

ziale, art. 31).

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PARTE TERZA

Edilizia e urbanistica — Rifacimento senza concessione di edi

ficio demolito — Acquisizione gratuita al patrimonio del co

mune — Legittimità — Mancanza di concessione per la pre

cedente demolizione — Irrilevanza (Legge 28 gennaio 1977

n. 10, art. 15).

Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione per il rin

forzo di un edificio — Demolizione e rifacimento — Acqui

sizione gratuita al patrimonio del comune — Legittimità (Leg

ge 28 gennaio 1977 n. 10, art. 15).

Sono legittimi i provvedimenti con i quali il sindaco ordina la

sospensione dei lavori e la demolizione di opere di rifacimento

di un edificio molto più ampio di quelle assentite nella con

cessione, avvertendo che in caso di inottemperanza sarebbe sta

ta disposta la loro acquisizione gratuita al patrimonio indispo

nibile del comune, perché esse non possono essere considerate

di manutenzione straordinaria (nella specie, mentre la conces

sione consentiva la sistemazione del tetto e il rinforzo delle

solette dell'edificio, questo era stato quasi completamente de

molito e ricostruito, sia pure col rispetto della sagoma, della

superficie e dei volumi preesistenti). (1)

È legittimo il provvedimento col quale il sindaco ordina la de

molizione di un edificio privo di concessione, avvertendo che

in caso di inottemperanza sarebbe stato acquisito gratuitamen te al patrimonio indisponibile del comune, anche se esso co

stituisce la ricostruzione, col rispetto della sagoma, della su

perficie e dei volumi preesistenti, di altro demolito parimenti senza concessione. (2)

Assentita la concessione per la sistemazione del tetto e il rinfor zo delle solette di un edificio, che viceversa è stato demolito

quasi completamente e ricostruito, sia pure col rispetto della

sagoma, della superficie e dei volumi preesistenti, è legittimo il provvedimento col quale il sindaco ordina la sua demolizione, avvertendo che in caso di inottemperanza sarebbe stato acqui sito gratuitamente al patrimonio indisponibile del comune, per ché la sua demolizione e il suo rifacimento quasi completi, non

possono essere considerati solo difformità parziali dalla con

cessione. (3)

(1) Negli esatti termini della massima non constano precedenti editi.

In senso analogo alla sentenza in epigrafe, cfr. Trib. Melfi 17 ot tobre 1978, Foro it., Rep. 1979, voce Edilizia e urbanistica, n. 390 e Cass. 30 maggio 1977, Marghitelli, id., Rep. 1978, voce cit., n. 377.

In senso difforme, v., però, Pret. Bassano del Grappa 16 maggio 1979, id., Rep. 1979, voce cit., n. 391, secondo cui la demolizione di opera edilizia seguita dalla sua integrale ricostruzione non in

tegra il reato di costruzione in assenza di concessione edilizia, com

portando semplice intervento di manutenzione straordinaria.

(2) Negli esatti termini non constano precedenti editi.

La sentenza pone il delicato problema dell'individuazione della sanzione applicabile all'abuso edilizio costituito dalla demolizione di una costruzione in assenza della prescritta autorizzazione comunale.

Problema tanto più complesso in quanto all'ipotesi de qua non era

direttamente applicabile la casistica delle sanzioni previste dall'art.

15 legge 28 gennaio 1977 n. 10, giacché, nella fattispecie, alla de molizione è stato fatto seguire un ulteriore comportamento abusivo consistente nella integrale ricostruzione, sempre in assenza di con

cessione, del manufatto. In tal guisa la restituzione in pristino, san

zionando il primo abuso edilizio, avrebbe infatti finito col legit timare il secondo.

(3) Non constano precedenti in termini.

Nel senso che la misura dell'acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del comune dell'opera edilizia abusiva può essere di

sposta solo in presenza di iniziative poste in essere radicalmente

senza concessione la giurisprudenza è concorde: da ultimo, cfr.

T.A.R. Lombardia 23 aprile 1980, n. 532, Trib. amm. reg., 1980,

I, 2423; T.A.R. Lazio, Sez. Latina, 23 marzo 1979, n. 15, Foro it.,

Rep. 1979, voce Edilizia e urbanistica, n. 653; T.A.R. Sicilia 1° feb

braio 1978, n. 40, id., 1979, III, 278, con nota di richiami.

Per i vari aspetti inerenti all'applicazione della misura dell'acqui sizione gratuita, cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio, Sez. Latina, 9 marzo

1979, n. 3 e T.A.R. Piemonte 7 marzo 1979, n. 158, id., 1980, III,

258, con nota di richiami, concordi nell'affermare che il provvedi

mento che dispone l'acquisizione deve essere articolatamente moti

vato in ordine alla sussistenza dei seguenti tre requisiti di legitti mità dell'acquisizione stessa: l'inottemperanza all'ordine di demoli

zione della costruzione abusiva, la sua compatibilità con rilevanti

interessi urbanistico-ambientali, la utilizzabilità del manufatto a fini

pubblici. In dottrina, cfr. Assini, Abusi edilizi e sanzioni amministrative,

Milano, 1979.

Il Tribunale, ecc. — 1) È impugnata, in questa sede, l'ordi

nanza n. 39 in data 20 dicembre 1979, con la quale il sindaco

di Senago, constatato che erano state eseguite opere edilizie abu

sive, ordina la immediata sospensione dei lavori e la demolizione

di tutte le strutture costruite in difformità dalla concessione rila

sciata in precedenza alla società ricorrente, con l'avvertenza che,

in caso di non ottemperanza, le opere stesse sarebbero state gra

tuitamente acquisite al patrimonio indisponibile del comune.

2) Con il primo motivo di ricorso si deduce, in sostanza, che

l'iniziativa posta in essere dall'interessata sarebbe stata illegitti

mamente sanzionata con le misure di cui all'art. 15 legge n. 10

del 1977 (nella specie la confisca dell'immobile).

Risultando poste in essere opere solo di manutenzione (ancor

ché straordinaria) la mancanza di autorizzazione avrebbe dovuto

essere repressa con diverse o meno severe sanzioni.

La censura deve essere disattesa.

Il collegio si ritiene dispensato dall'affrontare in termini gene

rali il delicato problema, sollevato con la censura in esame, re

lativo al regime sanzionatorio da applicare ai lavori di manuten

zione straordinaria eseguiti senza autorizzazione.

È invero assorbente rilevare che, nella specie, gli inter

venti posti in essere non sono in alcun modo riconducibili nella

straordinaria manutenzione quale risulta definita dall'art. 31 legge

5 agosto 1978 n. 457 (la stessa legge che richiede, per le opere

anzidette, l'autorizzazione invece della concessione).

Come risulta chiaramente dal citato art. 31, la manutenzione,

pur se di carattere straordinario, presuppone iniziative ed inter

venti nel quadro di un preesistente corpo che, nei suoi elementi

fondamentali, viene conservato in vita. Ciò risulta da quella

parte della disposizione in esame nella quale si precisa che per

opere di straordinaria manutenzione si intendono quelle rivolte

a « rinnovare e sostituire parti... degli edifici »; con ciò postu

landosi, quindi, la presenza di ulteriori parti non investite dal

l'intervento edilizio.

Ora, nella specie, è da escludere che i lavori posti in essere

dagli odierni ricorrenti rivestano le anzidette caratteristiche.

La società interessata ha, infatti, integralmente demolito l'edi

ficio (con sola salvezza di 6 pilastri) procedendo poi al suo inte

grale rifacimento.

In questa prospettiva perdono, naturalmente, rilievo due circo

stanze che — sempre a difesa del carattere di manutenzione stra

ordinaria — vengono avanzate dalla ricorrente: a) la circostanza

che la sistemazione del tetto ed il rinforzo delle solette fossero

stati in precedenza autorizzati; b) il fatto che l'opera costituiva

riproduzione fedele dell'edificio preesistente del quale rispettava

la sagoma, la superficie utile ed i volumi.

Per quanto attiene al primo punto va invece osservato che la

disponibilità, da parte dell'interessata, di un titolo autorizzativo

alla esecuzione delle circoscritte opere avanti ricordate non può

valere, ovviamente, a conferire carattere di manutenzione stra

ordinaria alle iniziative che in punto di fatto sono state poi as

sunte. Quanto al secondo aspetto, va ricordato che — sia pure

nel rispetto degli elementi avanti riferiti (superficie, volumetrie,

ecc.) — si è proceduto, sine titulo (a parte la concessione per gli interventi relativi al tetto ed alle solette), alla demolizione quasi

integrale del preesistente immobile ed alla sua ricostruzione.

L'iniziativa posta in essere non risulta, pertanto, riconducibile

fra le opere di manutenzione straordinaria.

È all'opposto da ritenere che si sia in presenza di lavori per i quali risultava richiesta la prescritta concessione, ricadenti per tanto sotto il regime sanzionatorio dell'art. 15 legge n. 10/1977.

3) Con il secondo motivo, la ricorrente prospetta in sostanza

un'alternativa tesi.

Assume, invero, che la sua iniziativa si è concretata in un du

plice abuso: la demolizione dell'immobile e la sua ricostruzione

con completo rispetto delle precedenti caratteristiche.

Ora, si afferma, poiché la sanzione prevista per la demo

lizione non può essere che il ripristino di quanto demolito, nella

specie l'interessata si è spontaneamente assoggettata alla sanzio

ne che avrebbe potuto essere inflitta, procedendo alla ricostru

zione dell'edificio.

Anche detta censura si presenta priva di fondamento e non

può, quindi, essere favorevolmente definita.

Può convenirsi con la ricorrente società nel rilievo che il già citato art. 15 risulta contrassegnato da un vuoto normativo in

ordine al regime sanzionatorio concernente le demolizioni non au

torizzate. È, comunque, da escludere che la soluzione indicata rap

presenti l'unica e necessitata misura sanzionatoria prevista dall'or

dinamento. Se cosi fosse, ne verrebbe che la demolizione dell'edi

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ficio, seguita dalla ricostruzione, costituirebbe una iniziativa nella

quale l'illecito non otterrebbe alcuna repressione, almeno in

quelle ipotesi in cui, come nella specie, la demolizione risulti

posta in essere proprio in vista di procedere alla successiva ri

costruzione.

Poste tali premesse, è, comunque, assorbente rilevare che, pri ma che da parte del comune si adottassero le sanzioni richieste

dall'intervento demolitorio (non necessariamente coincidenti con

la ricostruzione dell'edificio ed anzi, è da ritenere, suscettive di

restar caratterizzate da un diverso oggetto), la ricorrente ha as

sunto, sine titulo, l'iniziativa della ricostruzione dell'edificio, dan

do vita cosi ad un'opera carente del titolo concessionale.

Né vale opporre che, nel quadro delle misure sanzionatone, avrebbe potuto essere, in ipotesi, anche disposta la riduzione in

pristino dal momento che l'ordinamento attribuisce rilevanza, ai

fini della repressione, al mero dato che l'opera risulti posta in

essere senza un titolo che la sorregga.

Che questo sia il rigoroso sistema previsto dall'ordinamento

risulta anche dalla considerazione che il 3° ed il 9° comma del

l'art. 15 legge n. 10 del 1977, nel contemplare il regime sanziona

torio dell'abusitivismo totale e parziale, attribuisce rilevanza al

l'assenza o alla divergenza del titolo, senza che acquisti rilievo

il fatto che l'opera risulti o meno conforme alla normativa so

vraordinata.

4) Del pari da disattendere è la terza censura con la quale si

deduce, in via gradata, che, quanto meno, nella specie avrebbe

dovuto trovare applicazione non la confisca ma il meno severo

regime previsto per la difformità parziale.

Va premesso che, nel caso in esame, l'intero rifacimento del

l'edificio, in relazione al quale erano solo consentiti limitati in

terventi per quanto concerne il tetto e le solette, non può essere

considerata una ipotesi di difformità parziale.

Le opere aggiuntive a quelle autorizzate, specie se incapaci di

restare sottoposte ad interventi riparatori in forma specifica (nella

fattispecie non sarebbe, infatti, attuabile la demolizione con sal

vezza di quanto autorizzato), possono considerarsi divergenze

parziali solo quando costituiscono iniziative che non assumono

carattere preminente rispetto alle opere che hanno formato og

getto della concessione.

5) La quarta censura, oltre a ritornare su denunce di illegitti

mità che sono state già disattese in occasione dell'esame dei pre cedenti mezzi, prospetta due ulteriori questioni: a) si deduce,

in primo luogo, che nella specie avrebbe dovuto essere accordata

la c. d. sanatoria di cui al dodicesimo comma dell'art. 15, più

volte richiamato; b) si contesta ancora la legittimità della confi

sca, stante il fatto che l'edificio realizzato previa demolizione uti

lizzava sei preesistenti pilastri.

Per quanto attiene al primo punto, va osservato che la ricor

rente attribuisce alla norma una portata che eccede il suo signi

ficato. La detta norma riconosce uno ius variandi, nell'ambito del

titolo concessionale, ad iniziative che non comportino modifiche

alla sagoma, alla superficie utile ed alla destinazione, sempre

che tali iniziative non contrastino con gli strumenti sovraordinati.

La disposizione, che vale a degradare ad enunciazioni mera

mente indicative del titolo concessionale talune clausole dello

stesso, presuppone variazioni che siano compiute all'interno della

struttura e perciò del corpus autorizzato dalla concessione.

Ora manifestamente non è questa la situazione che si è realiz

zata nella specie, in quanto le iniziative assunte non risultano

contenute nel titolo, ma risultano invece poste in essere al di

fuori di esso. La concessione consentiva infatti modesti interventi

sul tetto e sulle solette: in luogo di siffatto intervento si è in

vece proceduto alla demolizione pressoché totale dell'immobile

ed al suo rifacimento.

Anche il secondo profilo deve essere disatteso. Una volta che

un edificio risulti, nel suo complesso, posto in essere senza con

cessione, non possono trarsi conseguenze né dalla circostanza

della sopravvivenza dei sei pilastri, né dalla concessione, che

pure era stata accordata per la sistemazione del tetto ed il rin

forzo delle solette.

Deve, quindi, ritenersi integralmente ricadente sotto l'indivisi

bile regime della carenza del titolo e della difformità totale una

opera posta in essere, nella sua parte preponderante, come nella

specie, senza il sostegno della richiesta concessione.

5) Per le considerazioni che precedono il ricorso va quindi

respinto. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiel

lo, Est. Zeviani Pallotta; Mannicini e altro (Avv. Bruni, Hofer) c. Comune di Firenze (Avv. Visciola), Regione Tosca na (Avv. Ragazzini).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiel

Giustizia amministrativa — Ufficiale sanitario — Provvedimento emesso come organo del comune — Ricorso — Notificazione al comune — Ritualità (R. d. 27 luglio 1934 n. 1265, t. u. delle leggi sanitarie, art. 220; legge 13 marzo 1958 n. 296, costituzione del ministero della sanità, art. 4; d. pres. 11 feb braio 1961 n. 264, disciplina dei servizi e degli organi che esercitano la loro attività nel campo dell'igiene e della sa nità pubblica, art. 2; d. pres. 14 gennaio 1972 n. 4, trasfe rimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni ammi nistrative statali in materia di assistenza sanitaria e ospeda lera e dei relativi personali e uffici, art. 1, 12).

Sanità pubblica — Accertamento di inabitabilità di un allog gio per ragioni igieniche — Divieto di locazione — Provve dimento dell'ufficiale sanitario — Incompetenza (R. d. 27 lu

glio 1934 n. 1265, art. 222). Sanità pubblica — Alloggio inabitabile per ragioni igieniche —

Divieto di locazione a nuovi inquilini — Illegittimità.

Il ricorso contro il provvedimento emesso dall'ufficiale sani tario come organo del comune (nella specie, divieto al pro prietario di un alloggio di darlo in locazione perché inabita bile per ragioni igieniche) è ritualmente notificato al comune nella persona del sindaco (conseguentemente è stata disposta l'estromissione dal giudizio della regione). (1)

È viziato per incompetenza il provvedimento col quale l'ufficiale sanitario non si limita ad accertare l'inabitabilità di un alloggio per ragioni igieniche, ma dispone anche, in luogo del sindaco, il divieto al proprietario di darlo in locazione. (2)

Il provvedimento col quale l'ufficiale sanitario vieta al proprie tario di un alloggio di darlo in locazione a nuovi inquilini, perché inabitabile per ragioni igieniche, è illegittimo per illo

gicità e contraddittorietà, se consente che in esso seguitino ad abitarvi gli inquilini attuali. (3)

(1) Nel senso della ritualità della notificazione del ricorso all'or gano emanante il provvedimento impugnato, e non all'organo del l'ente avente la rappresentanza esterna, anche se è quest'ultimo l'uni co legittimato a costituirsi in giudizio, T.A.R. Calabria, Sez. Catan zaro 16 dicembre 1978, n. 239, Foro it., 1980, III, 140, con nota di richiami, relativa anche alla questione della individuazione del l'organo legittimato passivo nel ricorso contro deliberazioni del co mitato regionale di controllo, sulla quale adde T.A.R. Piemonte 26 febbraio 1980, n. 109, Trib. arnm. reg., 1980, I, 1308; T.A.R. Liguria 22 novembre 1979, n. 411, ibid., 218.

Nel senso che il ricorso contro un provvedimento dell'unità sa nitaria locale va notificato direttamente ad essa, e dal giudizio deve essere estromesso il comune, T.A.R. Lazio, Sez. I, 19 novembre 1980, n. 1145, Foro it., 1981, III, 244, con nota di richiami.

Nel senso che, notificato il ricorso all'amministrazione regionale emanante il provvedimento impugnato, qualora la competenza sia stata successivamente trasferita al comune, è necessaria l'integrazio ne del contraddittorio anche nei confronti di quest'ultimo, T.A.R.

Liguria 26 aprile 1979, n. 163, id., 1981, III, 55, con nota di

richiami, anche in relazione all'analoga questione sorta in seguito al trasferimento di funzioni dallo Stato alla regione, sulla quale adde T.A.R. Toscana 27 luglio 1979, n. 660, Trib. amm. reg., 1979, I, 3265.

Per altri riferimenti, sul problema del mantenimento o meno della rilevanza esterna dei provvedimenti del medico provinciale dopo il trasferimento di questo alla regione, T.A.R. Campania 5

luglio 1978, n. 712 e T.A.R. Toscana 22 dicembre 1977, n. 847, Foro it., 1979, III, 484, con nota di richiami, ai quali adde T.A.R.

Lazio, Sez. I, 24 gennaio 1979, n. 78, id., 1981, III, 60, con nota di richiami.

(2) Per riferimenti, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 7 maggio 1980, n. 134, Trib. amm. reg., 1980, I, 2505, che ha affermato che l'ispe zione dell'ufficiale sanitario è solo un momento del procedimento per l'emanazione di provvedimenti in materia di certificato di abitabilità, aventi effetti autonomi esterni, i quali sono riservati alla competenza del sindaco.

Per un riferimento alla competenza esterna dell'ufficiale sanita

rio, Cass. 7 luglio 1978, Peer, Foro it., Rep. 1979, voce Sanità pub

blica, n. 68.

(3) Per riferimenti, Cass. 27 febbraio 1980, n. 1380, Foro it., 1980, I,

1953, con nota di richiami, che ha affermato che la sospensione, de

rivante dall'art. 41 legge 23 maggio 1950 n. 253, degli obblighi di

manutenzione e riparazione della cosa locata a carico del locatore

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