sezione di Parma; sentenza 22 dicembre 1986, n. 384; Pres. Michelotti, Est. Cicciò; De Giorgi(Avv. Cavazzuti, Pesci Ferrari) c. Preside del liceo-ginnasio M. Gioia di Piacenza e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 201/202-203/204Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179947 .
Accessed: 25/06/2014 01:24
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.44.77.38 on Wed, 25 Jun 2014 01:24:38 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
zione dell'art. 232 c.p.c., che regolamenta la conseguenza della
mancata risposta della parte all'interrogatorio formale, costitui
sce vizio della sentenza che può essere fatto valere come motivo
di appello, ma che non incide sugli altri atti processuali; e non
importa quindi rimessione al primo giudice (Cass. 25 ottobre 1972, n. 3251, id., Rep. 1972, voce cit., n. 162). Si tratta di una ipotesi di notevole importanza, dal momento che essa concerne una vio
lazione del diritto di difesa e del contraddittorio specularmente
opposta a quella dedotta in questa sede e, quanto meno, di iden
tica gravità.
7. - Sembrerebbe pertanto preferibile ritenere che ì'error in pro cedendo lamentato in questa sede non determini l'annullamento
con rinvio al primo giudice, ma comporti invece la necessità della
proposizione del motivo aggiunto oggetto di «riserva» in primo
grado in sede di gravame (come, appunto, è peraltro avvenuto
nella fattispecie) con il conseguente esame da parte del giudice di appello.
Si tratta, d'altra parte, di una situazione in qualche modo nuo
va, essendosi costantemente affermata sia la proponibilità di mo
tivi aggiunti in sede di appello, qualora la cognizione degli atti
che li originano sia sopravvenuta in tale fase (sez. V 30 settembre
1980, n. 80, id., Rep. 1980, voce Giustizia amministrativa; 13
luglio 1979, n. 518, id., Rep. 1979, voce cit., n. 796), sia la pro
posizione dei medesimi motivi aggiunti direttamente con l'atto
di appello, qualora la cognizione dei documenti si sia verificata
nelle more tra l'emissione della sentenza di primo grado e la pro
posizione del gravame (sez. IV 17 novembre 1981, n. $85,id.,
Rep. 1982, voce cit., n. 601).
Non si vede, pertanto, perché la proposizione di motivi aggiun
ti con l'atto di appello non debba essere riconosciuta possibile
nell'ipotesi di error in procedendo del primo giudice che abbia
illegittimamente posto in deliberazione la controversia non con
sentendo alla parte che ne abbia fatto richiesta di godere del ter
mine di sessanta giorni per la presentazione dell'atto integrativo.
Mentre, infatti, in tale ultima ipotesi, l'obiettivo ampliamento del
l'oggetto del giudizio di appello che si realizza con la presentazio ne in tale sede dei motivi aggiunti è in qualche modo connesso
con il primo grado del giudizio, costituendo la diretta conseguen
za dell 'error in procedendo del primo giudice, nei casi sopra ri
cordati tale obiettivo ampliamento appare addirittura indipendente
dal giudizio di prime cure, dipendendo da una circostanza di me
ro fatto (e cioè la conoscenza degli atti che giustifica la proposi
zione delle nuove censure).
Alla soluzione sopra prospettata la sezione riterrebbe, infine,
di dover aderire per un ulteriore ordine di considerazioni.
È noto infatti che l'omissione di accertamenti istruttori da par
te del giudice di primo grado è stata costantemente ritenuta ini
donea a determinare l'annullamento con rinvio, ben potendo il
giudice di appello disporre tali accertamenti e procedere alla va
lutazione degli elementi in tal modo acquisiti (sez. V 27 ottobre
1978, n. 1051, id., Rep. 1979, voce cit., n. 838; sez. IV 17 no
vembre 1981, n. 885, cit.).
Ora, la richiesta di accertamenti istruttori è spesso operata dal
la parte ricorrente al fine di conoscere nuovi documenti che legit timino e autorizzino la proposizione di nuovi motivi di ricorso
nei confronti del provvedimento originariamente impugnato. Con
segue da ciò che l'erronea omissione di accertamenti istruttori
da parte, del giudice di primo grado può comportare, da una
parte la mancata introduzione di nuovi profili di doglianza in
prime cure (e cioè una compressione del contraddittorio e dei
diritti di difesa) e dall'altra la possibilità di dedurre per la prima
volta nuove censure in sede di appello. Non si vede pertanto per
ché debba, eventualmente, essere sottoposto ad un diverso regi
me Verror in procedendo in questa sede lamentato, comportando
esso conseguenze identiche a quelle che possono derivare dall'o
missione di doverosi accertamenti istruttori da parte del primo
giudice. 8. - I rilievi in precedenza esposti circa la natura dell'istituto
dell'annullamento con rinvio, le considerazione della giurispru
denza della Cassazione in ordine alle ipotesi riconducibili all'art.
354 c.p.c. e le considerazioni da ultimo formulate indurrebbero,
pertanto, la sezione ad escludere, nella fattispecie, l'annullamen
to con rinvio.
li Foro Italiano — 1987.
La delicatezza delle questioni implicate dalla decisione e la sua
incidenza su situazioni costituzionalmente tutelate, quali certa
mente sono quelle connesse con l'esercizio del diritto di difesa,
nonché il rilievo che una statuizione nei sensi sopra prospettati
implicherebbe un sostanziale contrasto con quell'indirizzo giuris
prudenziale che, in relazione a violazioni del diritto di difesa obiet
tivamente meno gravi rispetto a quelle in questa sede fatte valere, ha tuttavia ritenuto di dover pronunciare l'annullamento con rin
vio della decisione impugnata, inducono, tuttavia, la sezione a
disporre, ai sensi dell'art. 45 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, la tra
smissione degli atti della controversia all'adunanza plenaria per la conseguente decisione.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione di Parma; sentenza 22 dicem
bre 1986, n. 384; Pres. Michelotti, Est. Ciccio; De Giorgi
(Avv. Cavazzuti, Pesci Ferrari) c. Preside del liceo-ginnasio
M. Gioia di Piacenza e altri.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione di Parma; sentenza 22 dicem
Istruzione pubblica — Liceo ginnasio — Scelta della lingua stra
niera — Rigetto — Legittimità
— Fattispecie (D.p.r. 31 mag
gio 1974 n. 416, istituzione e riordinamento di organi colle
giali della scuola materna, elementare, secondaria e arti
stica, art. 4).
È legittimo il provvedimento col quale il preside di un liceo
ginnasio, in base a deliberazione del consiglio di istituto, re
spinge la domanda di iscrizione di un alunno nella classe che
ha scelto in base alla lingua straniera ivi insegnata, anche se
non sia stato sentito il collegio dei docenti. (1)
È legittimo il provvedimento col quale il preside di un liceo-ginnasio
respinge la domanda di iscrizione di un alunno nella classe che
ha scelto in base alla lingua straniera ivi insegnata, se questa
era diversa da quella che l'alunno stesso aveva cominciato ad
apprendere nella scuola media inferiore. (2)
(1-2) La sentenza affronta alcuni problemi in tema di riparto di com
petenza tra il consiglio di istituto e il collegio dei docenti, da un lato, e il preside dell'istituto, dall'altro, sulla falsariga degli art. 4 e 5 d.p.r. 31 maggio 1974 n. 416.
In altre parole, la sentenza in epigrafe conferma che, pur a distanza
di tredici anni dall'entrata in vigore della normazione delegata sulla scuo
la, il problema di maggior spessore e complessità è sempre costituito dal
difficile rapporto che si è venuto a creare fra i tradizionali organi mono
cratici (il preside e il direttore didattico, ma pure — e, forse, ancor prima — il provveditore agli studi) e gli organi collegiali scolastici a base «de
mocratica» e «comunitaria» (il suddetto consiglio di istituto e quello di
circolo, in uno con il collegio dei docenti, ma anche il consiglio scolastico
distrettuale e il consiglio scolastico provinciale). Da ciò, in buona sostan
za, conflitti e duplicazioni di competenza sui quali il giudice amministra
tivo è chiamato a pronunciarsi allo scopo di ricondurre ad unità le sparse tessere del mosaico normativo.
È, ad esempio, fuor di discussione che il preside è un semplice compo nente del consiglio di istituto, ai sensi del cit. art. 5 d.p.r. n. 416/74,
non avendo alcuna veste per indirizzare, ovvero per «educare» il consi
glio stesso (cfr. T.A.R. Calabria 28 dicembre 1985, n. 871, Foro amm.,
1986, I, 1526); è pacifico, per altro verso, che rientri nelle attribuzioni
del provveditore agli studi il potere di ridurre il numero delle classi di
una scuola media, anche senza aver sentito il parere del consiglio di isti
tuto, del consiglio scolastico distrettuale e del consiglio scolastico provin
ciale (v. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 1986, n. 344, Foro it., 1986,
III, 403, con nota di richiami).
Analogamente, sembra essere pacifico che sia il preside a dover nomi
nare coattivamente il personale che fa parte dei seggi costituiti per le
operazioni elettorali scolastiche, a causa del rifiuto generalizzato di tutti
i docenti di accettare tale incarico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno
1985, n. 304, ibid., 3, con nota di richiami); allo stesso modo, rientra
This content downloaded from 185.44.77.38 on Wed, 25 Jun 2014 01:24:38 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE TERZA
Diritto. — In applicazione di una deliberazione del consiglio d'istituto, il preside del «liceo-ginnasio statale M. Gioia» di Pia cenza ha respinto una domanda del ricorrente, genitore della mi
nore Marisa De Giorgi, tendente ad ottenere l'iscrizione di
quest'ultima in una quarta classe ginnasiale in cui venisse impar tito l'insegnamento della lingua tedesca, in quanto diversa da quella coltivata dalla studentessa nel precedente grado di studi.
Come ritenuto dalla difesa del ricorrente nel primo motivo, tale criterio coinvolgerebbe una scelta di natura didattica e non di natura organizzativa, per cui si tratterebbe di materia di com
petenza del collegio dei docenti.
Il motivo è infondato. Fermo restando, infatti, il «potere deli
berante del collegio dei docenti in materia di funzionamento di dattico» (art. 4, 2° comma, lett. a, d.p.r. n. 416/74), non può mettersi in dubbio che il criterio adottato dal consiglio d'istituto non attenga tanto alle modalità con cui l'insegnamento dev'esse re in concreto impartito ( e cioè al funzionamento didattico) ben
sì' al momento, cronologicamente anteriore, della formazione delle
classi, e quindi a materia organizzativa, anche se poi si propone la finalità di rendere più agevole l'apprendimento delle materie di studio e quindi il proficuo compimento del ciclo di studi da
parte degli studenti.
Il criterio appare poi motivato in re ipsa, essendo logico —
e quindi non abbisognevole di diffusa esposizione — che l'ap prendimento di una lingua straniera non può essere effettuato soltanto nel biennio del ginnasio senza una precedente prelimina re preparazione nella scuola media inferiore e che, di converso, tale preparazione resterebbe inutile se non venisse approfondita nell'ulteriore corso di studi.
È poi infondato il secondo motivo, poiché la scelta della lingua da parte degli studenti che nella scuola media inferiore ne abbia no studiato una diversa da quella il cui insegnamento viene im
partito nel ginnasio appare obbligata, stante l'ovvia impossibilità che il criterio di cui sopra possa trovare applicazione in tale ipotesi.
Né il criterio stesso viola i principi costituzionali a tutela della libertà di scelta degli indirizzi scientifici e del diritto allo studio, libertà e diritto che devono trovare un limite ed una disciplina
negli ordinamenti scolastici, ammesso che — come si verifica nel la fattispecie — tale regolamentazione appaia logica e conseguen temente motivata.
Il ricorso dev'essere, quindi, respinto. (Omissis)
sicuramente nelle attribuzioni del preside, con esclusione del consiglio di istituto e del collegio dei docenti, il potere-dovere di assegnare le classi ai professori (cfr. Cons, giust. amm. sic. 19 gennaio 1985, n. 5, id., Rep. 1985, voce Istruzione pubblica, n. 151).
Non chiara appare, invece, la distribuzione delle competenze in ordine alla fissazione dell'orario delle lezioni, poiché, se Cons. Stato, sez. VI, 2 novembre 1983, n. 780 (id., Rep. 1984, voce cit., n. 140) riconosce il suddetto potere al capo dell'istituto scolastico, Corte conti, sez. II, 26 febbraio 1982, n. 56 (id., Rep. 1983, voce cit., n. 124) ritiene ormai trasferito il potere de quo, a far tempo dall'entrata in vigore della norma zione delegata, al consiglio di istituto.
In dottrina, cfr., per tutti, il volume collettaneo Manuale per il gover no delle scuole, Torino, 1975, 151 ss., 193 ss., 205 ss.
Il Foro Italiano — 1987.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER
L'EMILIA-ROMAGNA; sentenza 28 ottobre 1986, n. 553; Pres.
Laurita, Est. G. Romano; D'Agostino (Avv. Sacco) c. Min.
difesa ed altro.
Militare — Sospensione cautelare — Congedo — Computabilità — Esclusione (R.d.l. 3 febbraio 1938 n. 744, norme sul recluta
mento ed avanzamento dei sottufficiali militari di truppa, non
ché sullo stato dei sottufficiali della regia aeronautica, art. 58; 1. 31 luglio 1954 n. 599, stato dei sottufficiali dell'esercito, del
la marina e dell'aeronautica, art. 40; d.p.r. 10 gennaio 1957
n. 3, statuto degli impiegati dello Stato, art. 97).
Non va computato, in funzione del congedo di militare in servi
zio, il periodo di sospensione cautelare dal servizio, in quanto
quest'ultima congela ogni rapporto con l'amministrazione ed
il tempo trascorso in tale stato non può essere considerato co
me servizio effettivo, ai sensi dell'art. 58 r.d.l. 3 febbraio 1938 n. 744 (tutt'ora in vigore perché non incompatibile con le nor
me dettate dalla l. 31 luglio 1954 n. 599). (1)
(1) Nulla in termini; conforme, ma in altra materia, Cons. Stato, sez.
I, 19 dicembre 1977, n. 822, Foro it., Rep. 1982, voce Istruzione pubbli ca, n. 152 (che considera legittima la proroga del periodo di prova che non sia stato prestato interamente a causa di sospensione cautelare dal
servizio); contra; Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 1984, n. 856, id., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 877 (che ha ritenuto non inci dente sulla durata originaria — di un anno — del richiamo in servizio di un ufficiale la revoca del provvedimento di sospensione cautelare inter venuta successivamente alla scadenza del termine originario); sez. VI 10 novembre 1982 n. 542, id., Rep.1984, voce Istruzione pubblica, n. 195
(che nega all'insegnante non di ruolo, sospeso cautelarmente dal servizio, la ricostruzione del rapporto estintosi alla scadenza naturale); sez. VI 6
aprile 1976, n. 163, id., 1976, III, 464 (che precisa non poter derivare dalla revoca della sospensione cautelare legittimamente disposta conse
guenze giuridiche equiparabili all'annullamento di atto viziato); sez. V 7 febbraio 1975, n. 82, id., Rep. 1975, voce Impiegato dello Stato, n. 1151 (che ritiene computabile nella determinazione del servizio utile ai fini della pensione e del collocamento a riposo il periodo di tempo tra scorso in sospensione cautelare dall'impiego, allorché sia sopravvenuta una causa di revoca della stessa); sez. VI 24 ottobre 1972, n. 595, id., 1973, III, 13 (su problemi di calcolo dell'indennità di fine rapporto e dando per scontata la permanenza della risoluzione del detto rapporto che sia maturata durante il periodo di sospensione); T.A.R. Sicilia 10 febbraio 1986, n. 175, Trib. amm. reg., 1986, I, 1544 (secondo cui la revoca del provvedimento legittimo di sospensione comporta effetti ex nunc e non ex tunc in ordine alla corresponsione degli assegni non perce piti); T.A.R. Basilicata 28 maggio 1980, n. 76, Foro it., Rep. 1981, cit., n. 962 (secondo cui la sospensione cautelare non esclude la persistenza del rapporto ma ne riduce il contenuto normale, mantenendo fermi diritti e doveri).
In senso contrario alla decisione in epigrafe si può citare anche la posi zione della giurisprudenza amministrativa che attribuisce comunemente alla revoca della sospensione cautelare dal servizio carattere ripristinata rio ed effetti retroattivi: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 1986, n. 98, Cons. Stato, 1986, I, 153 (per l'affermazione di carattere generale sugli effetti retroattivi e sul carattere ripristinatorio della revoca della so spensione cautelare); T.A.R. Marche 10 dicembre 1976, n. 286, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 1268 (sempre con affermazioni di carattere gene rale).
La normativa sulla sospensione cautelare del pubblico dipendente e sui suoi effetti è stata più volte rimessa all'esame della Corte costituzionale, che ne ha sempre confermato la legittimità: v. T.A.R. Piemonte, sez. I, 16 giugno 1986, n. 247, Trib. amm. reg., 1986, I, 2759; T.A.R. Tosca na, ord. 28 gennaio 1976, Foro it., 1985, III, 488, con nota di richiami, cui adde, Cons. Stato, sez. IV, 7 marzo 1986, n. 152, Cons. Stato, 1986, I, 264 (che ritiene applicabili anche al personale militare, in assenza di
specifica disciplina, i principi affermati per il personale civile in materia di sospensione cautelare); T.A.R. Lazio, sez. I, 5 agosto 1983, n. 670, Foro it., Rep. 1984, voce Militare, n. 26 (sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità sotto il profilo che non sarebbe consentita
per i militari la ricostruzione di carriera). Per analoghi problemi sorti per il personale docente della scuola, v.
Corte cost. 12 marzo 1986, n. 48, id., 1987, I, 721, con nota di ri chiami.
In dottrina: Calcerano, La giurisprudenza in tema di sospensione cau telare nel rapporto d'impiego statale (e pubblico in genere) (rassegna di
giurisprudenza), in Riv. giur. lav., 1985, II, 389; Cacciavillani, La so
This content downloaded from 185.44.77.38 on Wed, 25 Jun 2014 01:24:38 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions