+ All Categories
Home > Documents > sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M....

sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: vocong
View: 219 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
5
sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv. dello Stato De Stefano). Conferma App. Roma 21 dicembre 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2637/2638-2643/2644 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191707 . Accessed: 28/06/2014 08:50 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 08:50:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv.

sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M.Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv. delloStato De Stefano). Conferma App. Roma 21 dicembre 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2637/2638-2643/2644Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191707 .

Accessed: 28/06/2014 08:50

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 08:50:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gam

bardella (conci, parz. diff.); Soc. Esso italiana (Aw. Cec

chetti) c. Min. finanze (Aw. dello Stato De Stefano). Con

ferma App. Roma 21 dicembre 1992.

Registro (impasta di) — Riforma totale o parziale della senten

za tassata — Rimborso dell'imposta — Diritto — Condizioni

(D.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, approvazione del testo unico

delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, art. 37, 77).

Posto che in tema di imposta di registro, la riforma totale o

parziale della sentenza tassata non si riflette sull'avviso di li

quidazione relativo a detta sentenza, ma fa sorgere un (auto

nomo) diritto del contribuente al conguaglio o al rimborso, tale diritto non può essere fatto valere nel giudizio concer

nente l'avviso di liquidazione, ma deve essere azionato nelle

forme ed entro i termini di decadenza di cui all'art. 77 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, che prevede la presentazione di un 'ap

posita domanda di rimborso. (1)

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Roma, con sen

tenza n. 11050/83 in data 13 ottobre 1983, condannò la società

Servizio Italia - società fiduciaria s.p.a. ad acquistare dalla Li

quigas un pacchetto azionàrio della Liquichimica Augusta s.p.a., nonché a pagare alla medesima Liquigas l'importo di lire 5 mi

liardi, oltre a interessi e rivalutazione, e condannò altresì la Es

so italiana s.p.a. a rimborsare alla Servizio Italia il suddetto

importo, così decidendo una controversia originata dal conferi

mento a quest'ultima società, da parte dalla Esso italiana, di

un mandato ad acquistare le azioni de quibus. La sentenza del tribunale fu sottoposta a registrazione e, con

avviso notificato il 21 novembre 1983, l'ufficio del registro di

Roma liquidò a carico della Esso italiana e della Servizio Italia, in solido, l'importo del tre per cento, pari a lire 403.576.350, sulla somma di lire 6.725.000.000 (tra sorta e interessi) dovuta

dal Servizio Italia alla Liquigas in base alla cennata sentenza, nonché sull'ulteriore somma di pari importo dovuta in base alla

stessa sentenza a titolo di rivalsa dalla Esso italiana alla Servi

zio Italia.

(1) I. - Solo apparente il contrasto con Cass. 11 novembre 1994, n.

9425, Foro it., Rep. 1994, voce Registro, n. 134, secondo cui l'art. 75 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 (corrispondente all'art. 77 del vigente d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131), in base al quale la richiesta di restituzione

dell'imposta indebitamente corrisposta deve avvenire nel termine di de cadenza di tre anni dal pagamento, non implica affatto che debba esse re formulata una distinta domanda di rimborso, giacché la domanda stessa ben può essere proposta nel medesimo giudizio volto a contestare l'esistenza o l'entità dell'obbligazione tributaria; nonché con Comm. trib. centrale 26 settembre 1994, n. 3056, inedita, secondo la quale —

in tema di pagamento dell'imposta suppletiva disposto dall'ufficio del

registro — la tutela del diritto del contribuente alla contestazione della

pretesa fiscale in sede giurisdizionale non impone la proposizione di un'azione autonoma di rimborso, poiché la tutela dell'indebito è assor bita in tal caso nel giudizio d'impugnazione dell'accertamento e con Comm. trib. centrale 16 dicembre 1991, n. 8891, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 268, ad avviso della quale la domanda di rimborso, ai sensi del previgente art. 75 d.p.r. 634/72, ora art. 77 d.p.r. 131/86, deve essere preceduta da tempestiva impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta pagata, ai sensi dell'art. 16 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636,

pena la definitività del relativo rapporto tributario. V. ancora per la

giurisprudenza di legittimità, Cass. 11 marzo 1987, n. 2527, id., Rep. 1987, voce Tributi in genere, n. 737, ove si legge che il contribuente ha l'onere di impugnare ai sensi dell'art. 16 d.p.r. 636/72 l'avviso di

liquidazione dell'ufficio, per far salvo il diritto al rimborso d'imposta, ai sensi dell'art. 75 d.p.r. 634/72.

In realtà, nella giurisprudenza citata il diritto al rimborso del contri

buente scaturisce dall'awenuto pagamento di un'imposta sin dall'origi ne non dovuta; diversamente, nel caso dell'imposta di registro pagata in relazione ad una sentenza poi riformata, il pagamento non può, al

momento in cui è stato effettuato, considerarsi indebito ed il diritto

al rimborso sembra fondarsi su un evento successivo, quale la soprav venuta riforma della sentenza. Da ciò l'inutilità, nel primo caso, di

una autonoma domanda di rimborso, potendo la stessa essere proposta nel giudizio promosso con il ricorso contro l'avviso di liquidazione del

l'ufficio (ricorso che costituisce condizione ineliminabile per la restitu

zione dell'indebito), laddove, nel secondo caso, la stessa (domanda di

rimborso) costituisce un presupposto imprescindibile per la restituzione del tributo, parallelamente risultando pleonastica a tal fine l'impugna zione dell'avviso di liquidazione emesso dall'ufficio relativamente alla

sentenza poi riformata.

Il Foro Italiano — 1997.

La Esso italiana, in data 18 gennaio 1984, propose ricorso

alla commissione tributaria di primo grado lamentando: a) la

nullità dell'avviso di accertamento, non emesso nei confronti

di tutte le parti in causa; b) l'erroneità del calcolo della base

imponibile, relativamente agli interessi, da determinare fino alla

data della sentenza e non fino a quella dell'emissione dell'avvi so di accertamento; c) l'erroneità del calcolo delle imposte.

Con bolletta del 3 febbraio 1984, n. 1585 la Esso italiana

pagò l'intera imposta liquidata nei suoi confronti e, contestual

mente, chiese la sua restituzione nella misura di lire 36.460.000

per le ragioni espresse sub b). Contro il silenzio rifiuto a resti

tuire detta somma la società propose nuovo ricorso alla com

missione tributaria di primo grado.

Quest'ultima, con decisione in data 15 maggio 1984, dichiarò cessata la materia del contendere sul ricorso avverso l'avviso

di liquidazione, stante l'eseguito pagamento dell'importo recato

da tale provvedimento. Successivamente la medesima commissione in data 19 maggio

1987, pronunciò nuova decisione con la quale confermò la ces

sazione della materia del contendere in ordine all'imposta dovu

ta sulla sorte capitale e sulla rivalutazione, ed accolse la doman

da di rimborso parziale dell'imposta gravante sugli interessi ri

tenendo che essi dovessero calcolarsi sino al dì della sentenza.

Su appello proposto dalla Esso italiana e dall'ufficio la com

missione tributaria di secondo grado rigettò le doglianze della

società e, accogliendo il gravame dell'amministrazione finanzia

ria, dichiarò non dovuto il rimborso parziale. La Esso italiana impugnò tale pronuncia, ai sensi dell'art.

40 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, dinanzi alla Corte d'appello di Roma, deducendo: a) la nullità della decisione del 15 maggio

1984, perché emessa in assenza di contraddittorio; b) l'erroneità

delle decisioni di primo e secondo grado, nella parte in cui ave

vano dichiarato la cessazione della materia del contendere per effetto dell'intervenuto pagamento, con riguardo alle imposte dovute su sorte e rivalutazione; c) l'infondatezza della decisione

di secondo grado, nella parte relativa alla domanda di rimborso

parziale dell'imposta gravante sugli interessi.

La corte romana, con sentenza n. 3472/92 in data 20 novem

bre - 21 dicembre 1992, respinse l'impugnazione e condannò

la Esso italiana al pagamento delle spese giudiziali.

La distinzione, seppur non perfettamente corrispondente a quella ap pena rilevata, si rinviene in Cass. 2 ottobre 1996, n. 8606, id., Mass., 783, ove, in materia di rimborso d'imposta sul reddito, si sottolinea la differenza tra la fattispecie in cui il versamento di cui si chiede il rimborso non era dovuto già al momento del pagamento, dal caso in cui il versamento era invece dovuto ab origine e solo in seguito si è verificata l'inesistenza (totale o parziale) dell'obbligo tributario che vi era sotteso (ad avviso della Corte suprema, il termine decadenziale di cui all'art. 38 d.p.r. 602/73 opererebbe solo in relazione al primo e non anche al secondo caso).

II. - Per quanto concerne il rimborso dell'imposta di registro propo sto con sentenza successivamente riformata, v. Comm. trib. centrale 11 marzo 1995, n. 993, id., Rep. 1995, voce Registro, n. 151, la quale ha escluso che l'imposta rimanesse dovuta anche dopo la riforma della sentenza di primo grado, nel caso in cui il negozio di trasferimento, posto alla base della stessa, risulti essere stato risolto per mutuo con senso delle parti; Comm. trib. I grado Voghera 16 dicembre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 269, secondo la quale la domanda di rimborso non deve essere necessariamente correlata da ricevuta originale di paga mento dell'imposta, dovendosi ritenere che l'ufficio del registro che, a suo tempo, la riscosse sia a conoscenza della persona alla quale deve essere restituita.

In dottrina, in relazione alla tassazione dei provvedimenti del giudi ce, ai sensi del combinato disposto degli art. 37 e art. 8 tariffa parte 1° d.p.r. 131/86, seppur tali provvedimenti siano impugnati o ancora

impugnabili, salvo conguaglio o rimborso quando divengono definitivi, v. L. Nastri, L'imposta di registro e le relative agevolazioni, Milano, 1993, 189; A. Uricchio, Gli atti giudiziari nel testo unico dell'imposta di registro, in Dir. e pratica trib., 1989, I, 329 ss. Considera la tassazio ne operata su un provvedimento non ancora passato in giudicato come avente «natura provvisoria», richiedendo la verifica della sua congruità in base al giudicato, salva l'ipotesi di intervenuta decadenza dal diritto di esercitare l'azione di rimborso, R. Pignatone in A. Amatucci, Trat tato di diritto tributario, IV, I tributi in Italia, Padova, 1994, 177; nello stesso senso, v. anche M. A. Ferrari, Registro (imposta di), voce del

l'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1991, XXVI, 6; L. Barcello

na, Gli atti giudiziari nel tributo di registro, in Comm. trib. centr.,

1988, II, 301 ss., spec. 308. Per l'orientamento dell'amministrazione finanziaria sull'applicabilità

dell'art. 37 d.p.r. 131/86, v. min. fin., circ. 10 giugno 1986, n. 37/220391, Dir. e pratica trib., 1986, I, 1313 ss., spec. 1325.

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 08:50:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv.

2639 PARTE PRIMA 2640

La corte osservò: che, contrariamente all'assunto della socie

tà, il diritto al rimborso dell'imposta pagata, ai sensi dell'art.

77 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, non derivava affatto dalla sen

tenza di questa Corte di cassazione in data 8 marzo 1991, n.

2493, con la quale era stato definito il giudizio dopo le impu

gnazioni proposte avverso la sentenza resa dal Tribunale di Ro

ma in data 13 ottobre 1983; che, invero, la Suprema corte ave

va dichiarato inammissibile il ricorso della s.p.a. Liquigas in

a.c. e rigettato gli altri ricorsi, confermando la sentenza della

Corte d'appello di Roma in data 5 maggio 1987, in cui era

stato riconosciuto l'obbligo della Esso italiana di manlevare la

Servizio Italia in ordine all'acquisto delle azioni della Liquichi mica e di versare la somma di cinque miliardi; che, in particola

re, nella citata sentenza della Corte d'appello, era stato confer

mato l'obbligo della Esso italiana di tenere indenne la società

Servizio Italia dai danni che questa avrebbe dovuto risarcire

alla Efibanca; che tutte le questioni tendenti a superare la inter

venuta cessazione della materia del contendere (pronunciata dalle

decisioni delle commissioni tributarie di primo e di secondo gra

do) sui capi diversi da quello relativo alla domanda di rimborso

parziale erano inammissibili; che, infatti, se si riteneva che la

decisione del 19 maggio 1987 avesse pronunciato solo sul secon

do ricorso (relativo al silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda

di rimborso parziale), bisognava convenire che nella prima cau

sa (concernente la impugnazione dell'avviso di liquidazione) si

era formato il giudicato per effetto della decisione del 15 mag

gio 1984, la quale non risultava impugnata; che, se invece si

riteneva che la decisione del 19 maggio 1987 avesse preso in

esame anche il primo ricorso, «assorbendo» la pronuncia del

15 maggio 1984, l'inammissibilità derivava dal fatto che la Esso

italiana si limitava a dedurre l'erroneità della pronuncia sulla

cessazione della materia del contendere, senza rinnovare alcuna

censura avverso l'avviso di liquidazione; che, pur volendo supe rare codeste pregiudiziali, in ogni caso l'impugnazione della Es

so italiana andava rigettata nel merito, in quanto la società, nel pagare l'intero tributo, ne aveva chiesto contestualmente il

rimborso per la sola parte attinente ai maggiori interessi calco

lati dall'ufficio, così palesando di voler prestare acquiescenza nel resto; che, circa la domanda di rimborso parziale (oggetto del ricorso 13 febbraio 1985 ed unica questione ammissibile nel

la presente vicenda processuale) andava ribadito che, ai fini del

la determinazione della base imponibile, gli interessi andavano

calcolati all'attualità e non già sino alla data della sentenza che

li aveva riconosciuti giacché, per un verso, questa aveva dispo sto la liquidazione degli interessi fino al giorno dell'effettivo pagamento e, per altro verso, non risultava avvenuto il detto

pagamento alla data di liquidazione del tributo, con conseguen te persistenza del corso degli interessi medesimi.

Avverso la suddetta sentenza la Esso italiana s.p.a. ha propo sto ricorso per cassazione, affidato a quanto motivi. L'ammini

strazione delle finanze dello Stato resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di cassazione

la Esso italiana s.p.a. denunzia violazione e falsa applicazione

degli art. 37 e 77 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 in relazione ai

presupposti dell'istanza di rimborso, nonché dell'art. 100 c.p.c. in relazione al principio della Cassazione della materia del con

tendere, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria cir

ca un punto decisivo della controversia.

La corte d'appello avrebbe errato nell'interpretare la senten

za di questa Corte di cassazione 2493/91 e violato gli art. 37

e 77 d.p.r. n. 131 del 1986, nonché l'art. 100 c.p.c., facendo

discendere da una premessa pacifica (la conferma, da parte del

la Corte di cassazione, della sentenza di appello resa nella con

troversia iniziale) una conseguenza del tutto falsa, ossia la con

ferma della sentenza del Tribunale di Roma in data 13 ottobre

1983. Invece — prosegue la ricorrente — la corte d'appello ave

va profondamente modificato la sentenza del tribunale e tali

modifiche erano divenute definitive a seguito della pronuncia della Cassazione. Dall'erronea ricostruzione del rapporto esi

stente tra le statuizioni della corte d'appello e del tribunale deri

verebbero le violazioni: a) dell'art. 37 d.p.r. n. 131 del 1986, nella parte in cui stabilisce, da un lato, il potere dell'ufficio

del registro di tassare qualunque provvedimento giudiziario che

definisce il giudizio e, dall'altro, il diritto del contribuente a vedersi conguagliata o rimborsata l'imposta in base a successiva

sentenza definitiva: b) dell'art. 77 del medesimo d.p.r., nella

parte in cui stabilisce le modalità per l'effettuazione del rimbor

II Foro Italiano — 1997.

so dell'imposta di registro pagata sulla base di presupposti poi

superati o riscontrati come insussistenti; c) dell'art. 100 c.p.c. in relazione al principio della cessazione della materia del con

tendere, che la sentenza impugnata avrebbe dovuto dichiarare

stante la riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Roma, e che la ricorrente chiede venga ora dichiarata da questo colle

gio (v. pag. 14 del ricorso per cassazione). Col secondo motivo la Esso italiana denunzia violazione e

falsa applicazione degli art. 354 c.p.c. e 24 Cost., in relazione

all'integrità del contraddittorio e al principio che tutela i diversi

gradi di giurisdizione, nullità della sentenza e dell'intero proce

dimento, omessa pronunzia circa un punto decisivo della con

troversia, affermando che la corte territoriale avrebbe trascura

to di decidere sulle eccezioni e domande svolte dalla società in

relazione: a) alla non integrità del contraddittorio nel giudizio di primo grado; b) alla nullità del procedimento di primo grado e della relativa sentenza; c) alla violazione del principio che vuole

il rispetto dei diversi gradi di giurisdizione. Sostiene che la sentenza impugnata avrebbe seguito un ragio

namento «ellittico» sulla ritenuta inammissibilità dell'impugna zione proposta dalla società, teorizzando che la domanda di

annullamento dell'avviso di liquidazione, proposta dalla Esso,

potesse essere «assorbita» nell'ambito di un giudizio diverso da

quello nel quale era stata avanzata e decisa con un semplice richiamo recettizio ad una decisione assunta in assenza del con

traddittorio tra le parti. Così opinando la Corte d'appello di Roma avrebbe violato

il principio secondo cui la mancata convocazione delle parti al

l'udienza in cui viene adottata la decisione impone l'obbligo di reiterare il relativo grado di giudizio, nonché il principio se

condo cui il procedimento e la sentenza devono essere formati, in ogni grado del giudizio, nel rispetto delle norme a tal fine

previste nel codice di rito, non essendo consentito che una deci

sione si formi mediante semplice richiamo recettizio ad una pre

cedente, e ancora la regola secondo cui deve essere garantita ai contraddittori la possibilità di confrontarsi in tutti i gradi di giurisdizione. La sentenza gravata, pertanto, dovrebbe essere

annullata, rimettendosi gli atti al giudice di primo grado o co

munque ad altra sezione della corte d'appello, previa declarato

ria di nullità dell'intero procedimento. Con il terzo mezzo di cassazione, poi, la Esso italiana denun

zia violazione e falsa applicazione degli art. 54 e 56 d.p.r. 26

aprile 1986 n. 131, anche in relazione all'art. 77 del medesimo

d.p.r., in materia di liquidazione dell'imposta di registro, di ricorso avverso detto avviso di liquidazione e di istanza di rim

borso dell'imposta pagata, nonché travisamento dei fatti e, co

munque, insufficienza e contraddittorietà di motivazione circa

un punto decisivo della controversia. La corte territoriale avrebbe

errato nel ravvisare una presunta acquiescenza della Esso italia

na, trascurando di considerare che: a) a norma dell'art. 54 d.p.r. 131/86 per gli atti degli organi giurisdizionali il pagamento del l'imposta di registro deve essere effettuato, previa notifica del

l'avviso di liquidazione, entro il termine di sessanta giorni; b) in forza del successivo art. 56 il ricorso del contribuente non

sospende la riscossione. Nel suddetto quadro normativo (che

peraltro ribadisce quello in vigore prima dèi d.p.r. n. 131 del

1986) il contribuente — il quale volesse evitare l'esecuzione —

era obbligato a pagare l'imposta liquidata nel termine di sessan

ta giorni, salvo il diritto d'impugnare l'avviso di liquidazione e di richiedere il rimborso della somma pagata al solo fine di

evitare l'esecuzione, onde nella specie nessuna acquiescenza era

ravvisabile e comunque la corte avrebbe omesso di motivare

in modo sufficiente e congruo su tale punto decisivo.

Le complesse censure così articolate non hanno fondamento, anche se — nell'esercizio del potere correttivo attribuito a que sta corte dall'art. 384, 2° comma, c.p.c. — la motivazione della

sentenza impugnata (il cui dispositivo si rivela conforme al di

ritto) deve essere chiarita e precisata nei termini in prosieguo indicati.

Si premette che i tre motivi dianzi riassunti vanno esaminati

congiuntamente perché tra loro connessi, in quanto concernenti

(sotto vari profili) l'impugnazione dell'avviso di liquidazione no

tificato il 21 novembre 1983, proposta dalla società Esso italia

na alla commissione tributaria di primo grado con ricorso in

data 18 gennaio 1984.

Orbene, richiamata la sequenza dei fatti esposta in narrativa

(sulla scorta della ricostruzione effettuata nella sentenza impu

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 08:50:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

gnata e nel ricorso per cassazione), si deve in primo luogo os

servare che le vicende processuali seguite alla sentenza del Tri

bunale di Roma 13 ottobre 1983 in nessun caso possono con

durre alle conclusioni propugnate dalla ricorrente col primo mo

tivo. Vero è, infatti, che dopo la sentenza predetta ebbe luogo il giudizio di gravame, concluso con sentenza della Corte d'ap

pello di Roma in data 5 maggio 1987, la quale (diversamente da quanto ritenuto nella pronuncia in questa sede impugnata) modificò la decisione del tribunale; ed è vero del pari che poi intervenne la sentenza di questa Corte suprema, n. 2493 del

1991, che confermò quella della Corte d'appello di Roma in

data 5 maggio 1987. Non è vero, però, che la riforma della

sentenza del tribunale (conseguente alle suddette pronunzie di

appello e di cassazione) dovesse provocare la cessazione della

materia del contendere, che andrebbe ora dichiarata da questo

collegio.

Infatti, l'art. 37 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (confermativo, in parte qua, del principio già recato dall'art. 35 d.p.r. 26 otto

bre 1972 n. 634) stabilisce che gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili, che definiscono anche parzial mente il giudizio, sono soggetti all'imposta, anche se al mo

mento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora

impugnabili, salvo il conguaglio o rimborso in base a successiva

sentenza passata in giudicato (cui l'art. 37 cit. equipara l'atto

di conciliazione giudiziale e l'atto di transazione stragiudiziale con la partecipazione dell'amministrazione dello Stato). Il 2°

comma dell'art. 37, poi, aggiunge che il contribuente avente

diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell'art. 77 dello stes

so d.p.r. 131/86 all'ufficio che ha riscosso l'imposta. Il sistema normativo, dunque, è il seguente: la sentenza che,

anche parzialmente, definisce il giudizio è soggetta a tassazione, ancorché non passata in giudicato perché impugnata o ancora

impugnabile. Pertanto, legittimamente l'ufficio del registro prov vede alla liquidazione dell'imposta ed emette il relativo avviso,

che è impugnabile per vizi (formali o sostanziali) propri di esso, in quanto inerenti all'atto in sé, al procedimento che lo ha pre ceduto oppure ai presupposti dell'imposizione. La riforma, to

tale o parziale, della sentenza tassata nei successivi gradi del

giudizio (e fino alla formazione del giudicato) non si riflette

sull'avviso di liquidazione relativo alla suddetta sentenza, ma

fa sorgere un (autonomo) diritto del contribuente al conguaglio o al rimborso. Tale diritto non può essere fatto valere nel giudi zio eventualmente insorto a seguito di ricorso avverso l'avviso

di liquidazione, perché quel giudizio rimane circoscritto — per

petitum e causa petendi — nell'ambito delle vicende concernen

ti l'avviso medesimo. Esso, invece, deve essere azionato nelle

forme ed entro i termini di decadenza di cui all'art. 77 d.p.r.

131/86, che prevede la presentazione di un'apposita domanda

di rimborso all'ufficio che ha eseguito la registrazione, doman

da finalizzata a consentire all'ufficio finanziario sia di verifica

re la tempestività della richiesta, sia di vagliare la consistenza

di essa con riguardo agli eventi sopravvenuti. Soltanto un provvedimento positivo sull'istanza di rimborso

potrebbe, in ipotesi, riflettersi sul separato giudizio inerente al

l'impugnativa dell'avviso di liquidazione, fino a determinare la

cessazione della materia del contendere. Questo effetto, invece,

mai potrebbe conseguire alla sola riforma della sentenza tassa

ta, trattandosi di evento che — per quanto sopra esposto —

non incide ex se sulla legittimità e sulla fondatezza della pretesa

tributaria azionata con l'avviso di liquidazione. Nel caso di specie, quindi, l'errore compiuto dalla sentenza

impugnata sulla ricostruzione del rapporto tra le pronunzie emes

se, in primo grado e in appello, nel processo in cui fu resa

la sentenza sottoposta a tassazione si manifesta irrilevante, per

ché proprio le norme (la cui violazione è qui denunziata dalla

ricorrente) dimostrano che la successiva riforma di quella deci

sione (Trib. Roma 13 ottobre 1983) non poteva automaticamen

te condurre alla declaratoria di cessazione della materia del con

tendere, invocata dalla s.p.a. Esso italiana. Quest'ultima avreb

be dovuto invece azionare il procedimento di cui all'art. 77 d.p.r.

n. 131 del 1986 per far valere — nei modi e nei termini di cui alla cennata normativa — il proprio diritto al rimborso (totale

o parziale) dell'imposta a suo tempo versata, conseguente alla

formazione del giudicato per effetto della sentenza di questa

corte n. 2493 del 1991.

Ferme le precedenti considerazioni (in base alle quali rimane

corretta, ex art. 384, 2° comma, c.p.c., la prima parte della

Il Foro Italiano — 1997.

motivazione della sentenza impugnata), neppure possono trova

re accoglimento le censure formulate col secondo mezzo di cas

sazione.

Al riguardo si deve ricordare che — come risulta dagli atti

(di cui questa corte può prendere diretta cognizione, essendo

denunziati errores in procedendo) e come emerge dalla stessa

narrativa del ricorso — in data 15 maggio 1984 la Commissione

tributaria di primo grado di Roma, pronunciando sul ricorso

della Esso italiana avverso l'avviso di liquidazione, preso atto

che l'ufficio aveva comunicato l'avvenuta definizione della ver

tenza (a seguito del pagamento dell'imposta), dichiarò estinto

il giudizio per cessata materia del contendere. La ricorrente so

stiene che essa non sarebbe stata convocata in vista di quella

decisione, che dunque sarebbe stata violata l'integrità del con

traddittorio e che perciò quella decisione sarebbe nulla. Si deve

tuttavia replicare che, nel procedimento davanti alle commissio

ni tributarie, ai sensi dell'art. 19 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636

(e successive modificazioni), nel testo vigente all'epoca della sud

detta decisione, doveva essere fissata l'udienza di discussione

e l'avviso di fissazione andava comunicato alle parti almeno

trenta giorni prima. La violazione di tale precetto certamente

comportava nullità della decisione successivamente adottata. Ma

questa nullità, poiché la pronunzia della commissione tributaria

di primo grado era soggetta ad appello (art. 22 ss. d.p.r. 636/72), doveva esser fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole

proprie di detto mezzo di impugnazione, ai sensi dell'art. 161, 1° comma, c.p.c., applicabile anche al procedimento dinanzi

alle commissioni tributarie per il richiamo di cui all'art. 39, 1 °

comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636. Orbene, la decisione adot

tata dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma il

15 maggio 1984 non risulta mai appellata dalla Esso italiana.

Quest'ultima, con atto in data 13 gennaio 1988, propose appel lo avverso la pronuncia della medesima commissione in data

19 maggio 1987 che però, in parte qua, si era limitata a prende re atto della precedente statuizione, senza alcuna ulteriore ana

lisi, verifica o accertamento, peraltro preclusi appunto dalla de

cisione adottata il 15 maggio 1984. Né varrebbe addurre che,

nel contesto del ricorso alla commissione tributaria di primo

grado, datato 13 gennaio 1988, fosse affermata anche la nullità

della pronuncia emessa il 15 maggio 1984. Tale assunto, in as

senza di ogni dichiarazione di volontà della parte da cui possa desumersi l'intento d'impugnare anche la decisione del 15 mag

gio 1984, si traduce in un semplice passaggio argomentativo del

l'appello avverso la decisione del 19 maggio 1987, che è l'unica

destinataria dell'impugnazione, come è detto con tutta chiarez

za nell'oggetto dell'appello. D'altro canto, dal tenore di questo

gravame emerge che, quanto meno alla data della sua proposi

zione, la ricorrente era edotta della pronunzia resa il 15 maggio 1984. Pertanto — pur volendo opinare che quest'ultima non

sia stata neppur comunicata alla Esso a norma dell'art. 38 d.p.r. 636/72 (il che, tuttavia, neanche è allegato) — resta il dato con

clusivo che la società ricorrente ebbe conoscenza della suddetta

decisione e avverso la medesima non propose gravame, come

rilevato dall'amministrazione delle finanze nel controricorso.

È quindi corretta (ed assorbente) l'argomentazione della sen

tenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che nella prima causa relativa all'impugnazione dell'avviso di liquidazione, si

era formato il giudicato per effetto della decisione del 15 mag

gio 1984. Infatti, non possono essere condivise le censure della

ricorrente, per la quale la corte territoriale avrebbe violato: a)

il principio secondo cui la mancata convocazione delle parti al

l'udienza in cui viene assunta la decisione impone l'obbligo di

reiterare il relativo grado del giudizio; b) il principio secondo

cui il procedimento e la sentenza devono essere formati nel ri

spetto delle norme a tal fine previste nel codice di rito; c) la

regola secondo cui deve essere garantita ai contraddittori la pos

sibilità di confrontarsi in tutti i gradi del giudizio. Tali censure non potevano essere proposte per saltum davanti alla corte d'ap

pello nel giudizio ex art. 40 d.p.r. 636/72, ma dovevano essere

dedotte con apposito appello avverso la decisione della commis

sione tributaria di primo grado in data 15 maggio 1984 che in

vece, come sopra si è notato, non risulta essere stata impugnata.

Conseguentemente, rimangono precluse, perché coperte dal

giudicato formatosi sulla decisione ora citata, le questioni trat

tate col terzo mezzo di cassazione, diretto a censurare la senten

za impugnata nella parte in cui ha ritenuto che — «anche a

voler superare tali pregiudiziali» — in ogni caso l'impugnazione

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 08:50:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv.

2643 PARTE PRIMA 2644

della Esso doveva essere rigettata, perché la società, «nel paga re l'intero tributo, ne chiese contestualmente il rimborso per la sola parte attinente ai maggiori interessi calcolati dall'ufficio, così dimostrando di voler prestare acquiescenza nel resto». Questo

profilo concerne il merito dell'impugnativa avverso l'avviso di

liquidazione, su cui intervenne la più volte ricordata decisione

del 15 maggio 1984; e, una volta acclarato che su questa si

è formato il giudicato, non può più darsi ingresso all'esame

sul punto (restando in tali sensi precisata e corretta la motiva

zione della sentenza impugnata).

Conclusivamente, i primi tre motivi del ricorso devono essere

respinti. Con il quarto mezzo di cassazione la Esso italiana denunzia

violazione e falsa applicazione degli art. 52 e 53 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 in materia di determinazione della base imponibile, nonché dell'art. 20 del medesimo d.p.r. in tema d'interpretazio ne degli atti assoggettati all'imposta di registro, violazione del

l'art. 1362 c.c., insufficiente e contraddittoria motivazione su

punto decisivo. Sostiene che la Corte d'appello di Roma avreb

be errato nel respingere il gravame con riguardo alla misura

dell'imposta di registro dovuta sugli interessi liquidati nella sen

tenza del Tribunale di Roma, sull'assunto che questi dovevano

essere calcolati all'attualità e non fino alla data della pronuncia che li aveva riconosciuti. Tale motivazione sarebbe del tutto

insufficiente e, comunque, violerebbe: a) il principio secondo

cui, in difetto di una chiara indicazione di valore, «l'ufficio

determina la base imponibile»; b) il principio in base al quale

l'imposta deve essere applicata secondo gli effetti degli atti pre sentati alla registrazione. In particolare, la corte romana, so

stanzialmente aderendo alla tesi fatta propria dalla commissio

ne di secondo grado, secondo cui gli interessi sarebbero decorsi

dall'atto introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale di Ro

ma, avrebbe erroneamente interpretato la sentenza del tribuna

le, ritenendo che gli effetti della domanda di manleva potessero

retroagire rispetto a quelli della domanda principale. Al riguar do la ricorrente sostiene che: a) nell'ambito del processo con

clusosi con la sentenza del Tribunale di Roma la domanda prin

cipale era stata svolta dalla Liquigas attraverso una comparsa di intervento di un giudizio in cui la domanda di garanzia (pe raltro di mero accertamento) era stata già svolta dalla società

Servizio Italia; b) in quel contesto il Tribunale di Roma aveva

correttamente esaminato per prima la domanda principale pro

posta dalla Liquigas, a nulla rilevando il fatto che detta doman

da fosse stata proposta, da un punto di vista temporale, dopo

quella di manleva (proposta dalla Servizio Italia); c) per effetto

della sentenza di condanna la Servizio Italia era stata condan nata a pagare l'importo di lire cinque miliardi, maggiorato di

interessi decorrenti dalia data della domanda della Liquigas; d)

conseguentemente, essendo la Esso tenuta a corrispondere alla Servizio Italia il predetto importo, gli interessi sul medesimo

non potevano che decorrere dalla data di decorrenza degli inte

ressi dovuti alla Liquigas. Le suddette censure, nei termini così articolati, non possono

trovare accoglimento. Premesso che in questa sede di legittimità non possono for

mare oggetto di riesame i dati fattuali attraverso i quali fu de terminata la base imponibile, si deve osservare che, come risul ta dalla esposizione che precede, le doglianze della ricorrente

riguardano la determinazione della decorrenza degli interessi. La Esso italiana attribuisce alla corte d'appello una erronea in

terpretazione della sentenza del tribunale, per aver ritenuto «che

gli effetti della domanda di manleva potessero retroagire rispet to a quelli della domanda principale»; ed afferma che gli inte ressi sull'importo che essa era tenuta a corrispondere alla Servi

zio Italia «non potevano che decorrere dalla data di decorrenza

degli interessi dovuti alla Liquigas». Ma non è questo il punto trattato e deciso dalla corte territoriale. La sentenza impugnata non si è occupata della decorrenza degli interessi (sicché non è ravvisabile l'errore interpretativo che la ricorrente attribuisce), bensì ha sostenuto che, «ai fini della determinazione della base

imponibile, gli interessi dovevano essre calcolati all'attualità e non già sino alla data della sentenza che li ha riconosciuti»; e ciò perché «per un verso tale sentenza disponeva la liquidazio ne degli interessi sino al dì dell'effettivo soddisfo e, per un altro

verso, non risultava avvenuto il soddisfo, con la conseguente persistenza del corso degli interessi al momento della liquidazio ne del tributo». Come si vede, dunque, il punto deciso dalla

Il Foro Italiano — 1997.

corte romana riguarda non già la determinazione del dies a quo

per il calcolo degli interessi, ma quello del momento finale ri

spetto al quale andavano liquidati, nella sostanza considerando

compresi nella base imponibile anche gli interessi maturati dopo la pronuncia della sentenza sottoposta a tassazione.

In definitiva, la ricorrente concentra le sue doglianze su un

punto estraneo al decisum (in parte qua) della sentenza impu

gnata, la quale peraltro non è censurata per aver pronunciato su un punto in luogo di un altro bensì per essere incorsa in

un presunto errore interpretativo, che invece non è ravvisabile

sulla base di quanto fin qui esposto. Ne discende l'inammissibi

lità del motivo esaminato.

Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso deve essere

rigettato.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 1 ° luglio 1996, n. 5955; Pres. ed est. Sammartino, Rei. Spagna Mus

so, P.M. Centccola (conci, diff.); Pasquato (Avv. Panariti, Gatti Badoer, Dusi) c. Cavallaro (Aw. Franceschini, Guar

dascione). Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Ve

nezia 27 aprile 1993.

Cassazione civile — Ricorso — Procura a margine — Omesso

espresso riferimento al giudizio di legittimità — Inammissibi

lità (Cod. proc. civ., art. 365).

Spese giudiziali in materia civile — Difensore senza procura —

Condanna alle spese (Cod. proc. civ., art. 82, 83, 91).

Il ricorso per cassazione è inammissibile qualora la procura a

margine non faccia alcun riferimento specifico al giudizio di

cassazione e sia invece riferibile a procedimenti di merito co

gnitivi ed esecutivi. (1) Va condannato alle spese il difensore che abbia agito in Cassa

zione senza procura (nella specie, la procura era stata rila

sciata a margine del ricorso, ma, non riferendosi espressa mente al giudizio di legittimità, è stata considerata tamquam non esset). (2)

II

TRIBUNALE DI LUCCA; sentenza 25 giugno 1996; Pres. ed est. Terrusi; Soc. Benyacht (Avv. Picchi) c. Palmerini (Avv. Massa).

Procedimento civile — Procura alle liti — Persona giuridica —

Legale rappresentante — Firma illeggibile — Mancata in dicazione — Nullità (Cod. proc. civ., art. 75, 83).

(1) Nello stesso senso, Cass. 20 giugno 1996, n. 5699, Foro it., Mass., 517; 13 giugno 1996, n. 5433, id., 1996, I, 2747; 15 marzo 1996, n. 2164, id., Mass., 222; 28 febbraio 1996, n. 1545, ibid., 163; 24 maggio 1995, n. 5700, id., 1995, I, 3430, con note di C. M. Barone, La procu ra speciale alle liti fra disinformazione e falsi problemi, e di Cipriani - Costantino - Proto Pisani - Verde, L'infinita «historìa» della pro cura speciale-, 18 agosto 1993, n. 8747, id., 1994, I, 3170, con nota critica di Deluca, Sulla specialità della procura a margine del ricorso per cassazione. Nel senso che la procura in margine al ricorso per cas sazione non deve necessariamente contenere un esplicito riferimento al giudizio in sede di legittimità, Cass. 11 ottobre 1996, n. 8896, id., Mass., 813; 3 giugno 1996, n. 5092, id., 1996, I, 2748; 4 aprile 1996, n. 3151, id., Mass., 306; 27 ottobre 1995, n. 11178, id., 1995, I, 3429.

(2) Nello stesso senso, Cass. 13 giugno 1996, n. 5433, Foro it., 1996, I, 2747; Trib. Roma 24 gennaio 1977, id., 1977, I, 1806, e Riv. dir. proc., 1978, 565, con nota adesiva di Tomei, La condanna alle spese, in qualità di parte, del difensore privo di procura-, Pret. Bologna 31 dicembre 1957, Foro it., Rep. 1958, voce Procedimento civile, n. 134, e Riv. dir. proc., 1958, 646, con nota adesiva di Gualandi, Difensore senza procura e condanna nelle spese.

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 08:50:11 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended