sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M.Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Esso italiana (Avv. Cecchetti) c. Min. finanze (Avv. delloStato De Stefano). Conferma App. Roma 21 dicembre 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2637/2638-2643/2644Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191707 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 1° agosto 1996, n. 6952; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Gam
bardella (conci, parz. diff.); Soc. Esso italiana (Aw. Cec
chetti) c. Min. finanze (Aw. dello Stato De Stefano). Con
ferma App. Roma 21 dicembre 1992.
Registro (impasta di) — Riforma totale o parziale della senten
za tassata — Rimborso dell'imposta — Diritto — Condizioni
(D.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, approvazione del testo unico
delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, art. 37, 77).
Posto che in tema di imposta di registro, la riforma totale o
parziale della sentenza tassata non si riflette sull'avviso di li
quidazione relativo a detta sentenza, ma fa sorgere un (auto
nomo) diritto del contribuente al conguaglio o al rimborso, tale diritto non può essere fatto valere nel giudizio concer
nente l'avviso di liquidazione, ma deve essere azionato nelle
forme ed entro i termini di decadenza di cui all'art. 77 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, che prevede la presentazione di un 'ap
posita domanda di rimborso. (1)
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Roma, con sen
tenza n. 11050/83 in data 13 ottobre 1983, condannò la società
Servizio Italia - società fiduciaria s.p.a. ad acquistare dalla Li
quigas un pacchetto azionàrio della Liquichimica Augusta s.p.a., nonché a pagare alla medesima Liquigas l'importo di lire 5 mi
liardi, oltre a interessi e rivalutazione, e condannò altresì la Es
so italiana s.p.a. a rimborsare alla Servizio Italia il suddetto
importo, così decidendo una controversia originata dal conferi
mento a quest'ultima società, da parte dalla Esso italiana, di
un mandato ad acquistare le azioni de quibus. La sentenza del tribunale fu sottoposta a registrazione e, con
avviso notificato il 21 novembre 1983, l'ufficio del registro di
Roma liquidò a carico della Esso italiana e della Servizio Italia, in solido, l'importo del tre per cento, pari a lire 403.576.350, sulla somma di lire 6.725.000.000 (tra sorta e interessi) dovuta
dal Servizio Italia alla Liquigas in base alla cennata sentenza, nonché sull'ulteriore somma di pari importo dovuta in base alla
stessa sentenza a titolo di rivalsa dalla Esso italiana alla Servi
zio Italia.
(1) I. - Solo apparente il contrasto con Cass. 11 novembre 1994, n.
9425, Foro it., Rep. 1994, voce Registro, n. 134, secondo cui l'art. 75 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 (corrispondente all'art. 77 del vigente d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131), in base al quale la richiesta di restituzione
dell'imposta indebitamente corrisposta deve avvenire nel termine di de cadenza di tre anni dal pagamento, non implica affatto che debba esse re formulata una distinta domanda di rimborso, giacché la domanda stessa ben può essere proposta nel medesimo giudizio volto a contestare l'esistenza o l'entità dell'obbligazione tributaria; nonché con Comm. trib. centrale 26 settembre 1994, n. 3056, inedita, secondo la quale —
in tema di pagamento dell'imposta suppletiva disposto dall'ufficio del
registro — la tutela del diritto del contribuente alla contestazione della
pretesa fiscale in sede giurisdizionale non impone la proposizione di un'azione autonoma di rimborso, poiché la tutela dell'indebito è assor bita in tal caso nel giudizio d'impugnazione dell'accertamento e con Comm. trib. centrale 16 dicembre 1991, n. 8891, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 268, ad avviso della quale la domanda di rimborso, ai sensi del previgente art. 75 d.p.r. 634/72, ora art. 77 d.p.r. 131/86, deve essere preceduta da tempestiva impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta pagata, ai sensi dell'art. 16 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636,
pena la definitività del relativo rapporto tributario. V. ancora per la
giurisprudenza di legittimità, Cass. 11 marzo 1987, n. 2527, id., Rep. 1987, voce Tributi in genere, n. 737, ove si legge che il contribuente ha l'onere di impugnare ai sensi dell'art. 16 d.p.r. 636/72 l'avviso di
liquidazione dell'ufficio, per far salvo il diritto al rimborso d'imposta, ai sensi dell'art. 75 d.p.r. 634/72.
In realtà, nella giurisprudenza citata il diritto al rimborso del contri
buente scaturisce dall'awenuto pagamento di un'imposta sin dall'origi ne non dovuta; diversamente, nel caso dell'imposta di registro pagata in relazione ad una sentenza poi riformata, il pagamento non può, al
momento in cui è stato effettuato, considerarsi indebito ed il diritto
al rimborso sembra fondarsi su un evento successivo, quale la soprav venuta riforma della sentenza. Da ciò l'inutilità, nel primo caso, di
una autonoma domanda di rimborso, potendo la stessa essere proposta nel giudizio promosso con il ricorso contro l'avviso di liquidazione del
l'ufficio (ricorso che costituisce condizione ineliminabile per la restitu
zione dell'indebito), laddove, nel secondo caso, la stessa (domanda di
rimborso) costituisce un presupposto imprescindibile per la restituzione del tributo, parallelamente risultando pleonastica a tal fine l'impugna zione dell'avviso di liquidazione emesso dall'ufficio relativamente alla
sentenza poi riformata.
Il Foro Italiano — 1997.
La Esso italiana, in data 18 gennaio 1984, propose ricorso
alla commissione tributaria di primo grado lamentando: a) la
nullità dell'avviso di accertamento, non emesso nei confronti
di tutte le parti in causa; b) l'erroneità del calcolo della base
imponibile, relativamente agli interessi, da determinare fino alla
data della sentenza e non fino a quella dell'emissione dell'avvi so di accertamento; c) l'erroneità del calcolo delle imposte.
Con bolletta del 3 febbraio 1984, n. 1585 la Esso italiana
pagò l'intera imposta liquidata nei suoi confronti e, contestual
mente, chiese la sua restituzione nella misura di lire 36.460.000
per le ragioni espresse sub b). Contro il silenzio rifiuto a resti
tuire detta somma la società propose nuovo ricorso alla com
missione tributaria di primo grado.
Quest'ultima, con decisione in data 15 maggio 1984, dichiarò cessata la materia del contendere sul ricorso avverso l'avviso
di liquidazione, stante l'eseguito pagamento dell'importo recato
da tale provvedimento. Successivamente la medesima commissione in data 19 maggio
1987, pronunciò nuova decisione con la quale confermò la ces
sazione della materia del contendere in ordine all'imposta dovu
ta sulla sorte capitale e sulla rivalutazione, ed accolse la doman
da di rimborso parziale dell'imposta gravante sugli interessi ri
tenendo che essi dovessero calcolarsi sino al dì della sentenza.
Su appello proposto dalla Esso italiana e dall'ufficio la com
missione tributaria di secondo grado rigettò le doglianze della
società e, accogliendo il gravame dell'amministrazione finanzia
ria, dichiarò non dovuto il rimborso parziale. La Esso italiana impugnò tale pronuncia, ai sensi dell'art.
40 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, dinanzi alla Corte d'appello di Roma, deducendo: a) la nullità della decisione del 15 maggio
1984, perché emessa in assenza di contraddittorio; b) l'erroneità
delle decisioni di primo e secondo grado, nella parte in cui ave
vano dichiarato la cessazione della materia del contendere per effetto dell'intervenuto pagamento, con riguardo alle imposte dovute su sorte e rivalutazione; c) l'infondatezza della decisione
di secondo grado, nella parte relativa alla domanda di rimborso
parziale dell'imposta gravante sugli interessi.
La corte romana, con sentenza n. 3472/92 in data 20 novem
bre - 21 dicembre 1992, respinse l'impugnazione e condannò
la Esso italiana al pagamento delle spese giudiziali.
La distinzione, seppur non perfettamente corrispondente a quella ap pena rilevata, si rinviene in Cass. 2 ottobre 1996, n. 8606, id., Mass., 783, ove, in materia di rimborso d'imposta sul reddito, si sottolinea la differenza tra la fattispecie in cui il versamento di cui si chiede il rimborso non era dovuto già al momento del pagamento, dal caso in cui il versamento era invece dovuto ab origine e solo in seguito si è verificata l'inesistenza (totale o parziale) dell'obbligo tributario che vi era sotteso (ad avviso della Corte suprema, il termine decadenziale di cui all'art. 38 d.p.r. 602/73 opererebbe solo in relazione al primo e non anche al secondo caso).
II. - Per quanto concerne il rimborso dell'imposta di registro propo sto con sentenza successivamente riformata, v. Comm. trib. centrale 11 marzo 1995, n. 993, id., Rep. 1995, voce Registro, n. 151, la quale ha escluso che l'imposta rimanesse dovuta anche dopo la riforma della sentenza di primo grado, nel caso in cui il negozio di trasferimento, posto alla base della stessa, risulti essere stato risolto per mutuo con senso delle parti; Comm. trib. I grado Voghera 16 dicembre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 269, secondo la quale la domanda di rimborso non deve essere necessariamente correlata da ricevuta originale di paga mento dell'imposta, dovendosi ritenere che l'ufficio del registro che, a suo tempo, la riscosse sia a conoscenza della persona alla quale deve essere restituita.
In dottrina, in relazione alla tassazione dei provvedimenti del giudi ce, ai sensi del combinato disposto degli art. 37 e art. 8 tariffa parte 1° d.p.r. 131/86, seppur tali provvedimenti siano impugnati o ancora
impugnabili, salvo conguaglio o rimborso quando divengono definitivi, v. L. Nastri, L'imposta di registro e le relative agevolazioni, Milano, 1993, 189; A. Uricchio, Gli atti giudiziari nel testo unico dell'imposta di registro, in Dir. e pratica trib., 1989, I, 329 ss. Considera la tassazio ne operata su un provvedimento non ancora passato in giudicato come avente «natura provvisoria», richiedendo la verifica della sua congruità in base al giudicato, salva l'ipotesi di intervenuta decadenza dal diritto di esercitare l'azione di rimborso, R. Pignatone in A. Amatucci, Trat tato di diritto tributario, IV, I tributi in Italia, Padova, 1994, 177; nello stesso senso, v. anche M. A. Ferrari, Registro (imposta di), voce del
l'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1991, XXVI, 6; L. Barcello
na, Gli atti giudiziari nel tributo di registro, in Comm. trib. centr.,
1988, II, 301 ss., spec. 308. Per l'orientamento dell'amministrazione finanziaria sull'applicabilità
dell'art. 37 d.p.r. 131/86, v. min. fin., circ. 10 giugno 1986, n. 37/220391, Dir. e pratica trib., 1986, I, 1313 ss., spec. 1325.
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2639 PARTE PRIMA 2640
La corte osservò: che, contrariamente all'assunto della socie
tà, il diritto al rimborso dell'imposta pagata, ai sensi dell'art.
77 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, non derivava affatto dalla sen
tenza di questa Corte di cassazione in data 8 marzo 1991, n.
2493, con la quale era stato definito il giudizio dopo le impu
gnazioni proposte avverso la sentenza resa dal Tribunale di Ro
ma in data 13 ottobre 1983; che, invero, la Suprema corte ave
va dichiarato inammissibile il ricorso della s.p.a. Liquigas in
a.c. e rigettato gli altri ricorsi, confermando la sentenza della
Corte d'appello di Roma in data 5 maggio 1987, in cui era
stato riconosciuto l'obbligo della Esso italiana di manlevare la
Servizio Italia in ordine all'acquisto delle azioni della Liquichi mica e di versare la somma di cinque miliardi; che, in particola
re, nella citata sentenza della Corte d'appello, era stato confer
mato l'obbligo della Esso italiana di tenere indenne la società
Servizio Italia dai danni che questa avrebbe dovuto risarcire
alla Efibanca; che tutte le questioni tendenti a superare la inter
venuta cessazione della materia del contendere (pronunciata dalle
decisioni delle commissioni tributarie di primo e di secondo gra
do) sui capi diversi da quello relativo alla domanda di rimborso
parziale erano inammissibili; che, infatti, se si riteneva che la
decisione del 19 maggio 1987 avesse pronunciato solo sul secon
do ricorso (relativo al silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda
di rimborso parziale), bisognava convenire che nella prima cau
sa (concernente la impugnazione dell'avviso di liquidazione) si
era formato il giudicato per effetto della decisione del 15 mag
gio 1984, la quale non risultava impugnata; che, se invece si
riteneva che la decisione del 19 maggio 1987 avesse preso in
esame anche il primo ricorso, «assorbendo» la pronuncia del
15 maggio 1984, l'inammissibilità derivava dal fatto che la Esso
italiana si limitava a dedurre l'erroneità della pronuncia sulla
cessazione della materia del contendere, senza rinnovare alcuna
censura avverso l'avviso di liquidazione; che, pur volendo supe rare codeste pregiudiziali, in ogni caso l'impugnazione della Es
so italiana andava rigettata nel merito, in quanto la società, nel pagare l'intero tributo, ne aveva chiesto contestualmente il
rimborso per la sola parte attinente ai maggiori interessi calco
lati dall'ufficio, così palesando di voler prestare acquiescenza nel resto; che, circa la domanda di rimborso parziale (oggetto del ricorso 13 febbraio 1985 ed unica questione ammissibile nel
la presente vicenda processuale) andava ribadito che, ai fini del
la determinazione della base imponibile, gli interessi andavano
calcolati all'attualità e non già sino alla data della sentenza che
li aveva riconosciuti giacché, per un verso, questa aveva dispo sto la liquidazione degli interessi fino al giorno dell'effettivo pagamento e, per altro verso, non risultava avvenuto il detto
pagamento alla data di liquidazione del tributo, con conseguen te persistenza del corso degli interessi medesimi.
Avverso la suddetta sentenza la Esso italiana s.p.a. ha propo sto ricorso per cassazione, affidato a quanto motivi. L'ammini
strazione delle finanze dello Stato resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di cassazione
la Esso italiana s.p.a. denunzia violazione e falsa applicazione
degli art. 37 e 77 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 in relazione ai
presupposti dell'istanza di rimborso, nonché dell'art. 100 c.p.c. in relazione al principio della Cassazione della materia del con
tendere, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria cir
ca un punto decisivo della controversia.
La corte d'appello avrebbe errato nell'interpretare la senten
za di questa Corte di cassazione 2493/91 e violato gli art. 37
e 77 d.p.r. n. 131 del 1986, nonché l'art. 100 c.p.c., facendo
discendere da una premessa pacifica (la conferma, da parte del
la Corte di cassazione, della sentenza di appello resa nella con
troversia iniziale) una conseguenza del tutto falsa, ossia la con
ferma della sentenza del Tribunale di Roma in data 13 ottobre
1983. Invece — prosegue la ricorrente — la corte d'appello ave
va profondamente modificato la sentenza del tribunale e tali
modifiche erano divenute definitive a seguito della pronuncia della Cassazione. Dall'erronea ricostruzione del rapporto esi
stente tra le statuizioni della corte d'appello e del tribunale deri
verebbero le violazioni: a) dell'art. 37 d.p.r. n. 131 del 1986, nella parte in cui stabilisce, da un lato, il potere dell'ufficio
del registro di tassare qualunque provvedimento giudiziario che
definisce il giudizio e, dall'altro, il diritto del contribuente a vedersi conguagliata o rimborsata l'imposta in base a successiva
sentenza definitiva: b) dell'art. 77 del medesimo d.p.r., nella
parte in cui stabilisce le modalità per l'effettuazione del rimbor
II Foro Italiano — 1997.
so dell'imposta di registro pagata sulla base di presupposti poi
superati o riscontrati come insussistenti; c) dell'art. 100 c.p.c. in relazione al principio della cessazione della materia del con
tendere, che la sentenza impugnata avrebbe dovuto dichiarare
stante la riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Roma, e che la ricorrente chiede venga ora dichiarata da questo colle
gio (v. pag. 14 del ricorso per cassazione). Col secondo motivo la Esso italiana denunzia violazione e
falsa applicazione degli art. 354 c.p.c. e 24 Cost., in relazione
all'integrità del contraddittorio e al principio che tutela i diversi
gradi di giurisdizione, nullità della sentenza e dell'intero proce
dimento, omessa pronunzia circa un punto decisivo della con
troversia, affermando che la corte territoriale avrebbe trascura
to di decidere sulle eccezioni e domande svolte dalla società in
relazione: a) alla non integrità del contraddittorio nel giudizio di primo grado; b) alla nullità del procedimento di primo grado e della relativa sentenza; c) alla violazione del principio che vuole
il rispetto dei diversi gradi di giurisdizione. Sostiene che la sentenza impugnata avrebbe seguito un ragio
namento «ellittico» sulla ritenuta inammissibilità dell'impugna zione proposta dalla società, teorizzando che la domanda di
annullamento dell'avviso di liquidazione, proposta dalla Esso,
potesse essere «assorbita» nell'ambito di un giudizio diverso da
quello nel quale era stata avanzata e decisa con un semplice richiamo recettizio ad una decisione assunta in assenza del con
traddittorio tra le parti. Così opinando la Corte d'appello di Roma avrebbe violato
il principio secondo cui la mancata convocazione delle parti al
l'udienza in cui viene adottata la decisione impone l'obbligo di reiterare il relativo grado di giudizio, nonché il principio se
condo cui il procedimento e la sentenza devono essere formati, in ogni grado del giudizio, nel rispetto delle norme a tal fine
previste nel codice di rito, non essendo consentito che una deci
sione si formi mediante semplice richiamo recettizio ad una pre
cedente, e ancora la regola secondo cui deve essere garantita ai contraddittori la possibilità di confrontarsi in tutti i gradi di giurisdizione. La sentenza gravata, pertanto, dovrebbe essere
annullata, rimettendosi gli atti al giudice di primo grado o co
munque ad altra sezione della corte d'appello, previa declarato
ria di nullità dell'intero procedimento. Con il terzo mezzo di cassazione, poi, la Esso italiana denun
zia violazione e falsa applicazione degli art. 54 e 56 d.p.r. 26
aprile 1986 n. 131, anche in relazione all'art. 77 del medesimo
d.p.r., in materia di liquidazione dell'imposta di registro, di ricorso avverso detto avviso di liquidazione e di istanza di rim
borso dell'imposta pagata, nonché travisamento dei fatti e, co
munque, insufficienza e contraddittorietà di motivazione circa
un punto decisivo della controversia. La corte territoriale avrebbe
errato nel ravvisare una presunta acquiescenza della Esso italia
na, trascurando di considerare che: a) a norma dell'art. 54 d.p.r. 131/86 per gli atti degli organi giurisdizionali il pagamento del l'imposta di registro deve essere effettuato, previa notifica del
l'avviso di liquidazione, entro il termine di sessanta giorni; b) in forza del successivo art. 56 il ricorso del contribuente non
sospende la riscossione. Nel suddetto quadro normativo (che
peraltro ribadisce quello in vigore prima dèi d.p.r. n. 131 del
1986) il contribuente — il quale volesse evitare l'esecuzione —
era obbligato a pagare l'imposta liquidata nel termine di sessan
ta giorni, salvo il diritto d'impugnare l'avviso di liquidazione e di richiedere il rimborso della somma pagata al solo fine di
evitare l'esecuzione, onde nella specie nessuna acquiescenza era
ravvisabile e comunque la corte avrebbe omesso di motivare
in modo sufficiente e congruo su tale punto decisivo.
Le complesse censure così articolate non hanno fondamento, anche se — nell'esercizio del potere correttivo attribuito a que sta corte dall'art. 384, 2° comma, c.p.c. — la motivazione della
sentenza impugnata (il cui dispositivo si rivela conforme al di
ritto) deve essere chiarita e precisata nei termini in prosieguo indicati.
Si premette che i tre motivi dianzi riassunti vanno esaminati
congiuntamente perché tra loro connessi, in quanto concernenti
(sotto vari profili) l'impugnazione dell'avviso di liquidazione no
tificato il 21 novembre 1983, proposta dalla società Esso italia
na alla commissione tributaria di primo grado con ricorso in
data 18 gennaio 1984.
Orbene, richiamata la sequenza dei fatti esposta in narrativa
(sulla scorta della ricostruzione effettuata nella sentenza impu
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
gnata e nel ricorso per cassazione), si deve in primo luogo os
servare che le vicende processuali seguite alla sentenza del Tri
bunale di Roma 13 ottobre 1983 in nessun caso possono con
durre alle conclusioni propugnate dalla ricorrente col primo mo
tivo. Vero è, infatti, che dopo la sentenza predetta ebbe luogo il giudizio di gravame, concluso con sentenza della Corte d'ap
pello di Roma in data 5 maggio 1987, la quale (diversamente da quanto ritenuto nella pronuncia in questa sede impugnata) modificò la decisione del tribunale; ed è vero del pari che poi intervenne la sentenza di questa Corte suprema, n. 2493 del
1991, che confermò quella della Corte d'appello di Roma in
data 5 maggio 1987. Non è vero, però, che la riforma della
sentenza del tribunale (conseguente alle suddette pronunzie di
appello e di cassazione) dovesse provocare la cessazione della
materia del contendere, che andrebbe ora dichiarata da questo
collegio.
Infatti, l'art. 37 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (confermativo, in parte qua, del principio già recato dall'art. 35 d.p.r. 26 otto
bre 1972 n. 634) stabilisce che gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili, che definiscono anche parzial mente il giudizio, sono soggetti all'imposta, anche se al mo
mento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora
impugnabili, salvo il conguaglio o rimborso in base a successiva
sentenza passata in giudicato (cui l'art. 37 cit. equipara l'atto
di conciliazione giudiziale e l'atto di transazione stragiudiziale con la partecipazione dell'amministrazione dello Stato). Il 2°
comma dell'art. 37, poi, aggiunge che il contribuente avente
diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell'art. 77 dello stes
so d.p.r. 131/86 all'ufficio che ha riscosso l'imposta. Il sistema normativo, dunque, è il seguente: la sentenza che,
anche parzialmente, definisce il giudizio è soggetta a tassazione, ancorché non passata in giudicato perché impugnata o ancora
impugnabile. Pertanto, legittimamente l'ufficio del registro prov vede alla liquidazione dell'imposta ed emette il relativo avviso,
che è impugnabile per vizi (formali o sostanziali) propri di esso, in quanto inerenti all'atto in sé, al procedimento che lo ha pre ceduto oppure ai presupposti dell'imposizione. La riforma, to
tale o parziale, della sentenza tassata nei successivi gradi del
giudizio (e fino alla formazione del giudicato) non si riflette
sull'avviso di liquidazione relativo alla suddetta sentenza, ma
fa sorgere un (autonomo) diritto del contribuente al conguaglio o al rimborso. Tale diritto non può essere fatto valere nel giudi zio eventualmente insorto a seguito di ricorso avverso l'avviso
di liquidazione, perché quel giudizio rimane circoscritto — per
petitum e causa petendi — nell'ambito delle vicende concernen
ti l'avviso medesimo. Esso, invece, deve essere azionato nelle
forme ed entro i termini di decadenza di cui all'art. 77 d.p.r.
131/86, che prevede la presentazione di un'apposita domanda
di rimborso all'ufficio che ha eseguito la registrazione, doman
da finalizzata a consentire all'ufficio finanziario sia di verifica
re la tempestività della richiesta, sia di vagliare la consistenza
di essa con riguardo agli eventi sopravvenuti. Soltanto un provvedimento positivo sull'istanza di rimborso
potrebbe, in ipotesi, riflettersi sul separato giudizio inerente al
l'impugnativa dell'avviso di liquidazione, fino a determinare la
cessazione della materia del contendere. Questo effetto, invece,
mai potrebbe conseguire alla sola riforma della sentenza tassa
ta, trattandosi di evento che — per quanto sopra esposto —
non incide ex se sulla legittimità e sulla fondatezza della pretesa
tributaria azionata con l'avviso di liquidazione. Nel caso di specie, quindi, l'errore compiuto dalla sentenza
impugnata sulla ricostruzione del rapporto tra le pronunzie emes
se, in primo grado e in appello, nel processo in cui fu resa
la sentenza sottoposta a tassazione si manifesta irrilevante, per
ché proprio le norme (la cui violazione è qui denunziata dalla
ricorrente) dimostrano che la successiva riforma di quella deci
sione (Trib. Roma 13 ottobre 1983) non poteva automaticamen
te condurre alla declaratoria di cessazione della materia del con
tendere, invocata dalla s.p.a. Esso italiana. Quest'ultima avreb
be dovuto invece azionare il procedimento di cui all'art. 77 d.p.r.
n. 131 del 1986 per far valere — nei modi e nei termini di cui alla cennata normativa — il proprio diritto al rimborso (totale
o parziale) dell'imposta a suo tempo versata, conseguente alla
formazione del giudicato per effetto della sentenza di questa
corte n. 2493 del 1991.
Ferme le precedenti considerazioni (in base alle quali rimane
corretta, ex art. 384, 2° comma, c.p.c., la prima parte della
Il Foro Italiano — 1997.
motivazione della sentenza impugnata), neppure possono trova
re accoglimento le censure formulate col secondo mezzo di cas
sazione.
Al riguardo si deve ricordare che — come risulta dagli atti
(di cui questa corte può prendere diretta cognizione, essendo
denunziati errores in procedendo) e come emerge dalla stessa
narrativa del ricorso — in data 15 maggio 1984 la Commissione
tributaria di primo grado di Roma, pronunciando sul ricorso
della Esso italiana avverso l'avviso di liquidazione, preso atto
che l'ufficio aveva comunicato l'avvenuta definizione della ver
tenza (a seguito del pagamento dell'imposta), dichiarò estinto
il giudizio per cessata materia del contendere. La ricorrente so
stiene che essa non sarebbe stata convocata in vista di quella
decisione, che dunque sarebbe stata violata l'integrità del con
traddittorio e che perciò quella decisione sarebbe nulla. Si deve
tuttavia replicare che, nel procedimento davanti alle commissio
ni tributarie, ai sensi dell'art. 19 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636
(e successive modificazioni), nel testo vigente all'epoca della sud
detta decisione, doveva essere fissata l'udienza di discussione
e l'avviso di fissazione andava comunicato alle parti almeno
trenta giorni prima. La violazione di tale precetto certamente
comportava nullità della decisione successivamente adottata. Ma
questa nullità, poiché la pronunzia della commissione tributaria
di primo grado era soggetta ad appello (art. 22 ss. d.p.r. 636/72), doveva esser fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole
proprie di detto mezzo di impugnazione, ai sensi dell'art. 161, 1° comma, c.p.c., applicabile anche al procedimento dinanzi
alle commissioni tributarie per il richiamo di cui all'art. 39, 1 °
comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636. Orbene, la decisione adot
tata dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma il
15 maggio 1984 non risulta mai appellata dalla Esso italiana.
Quest'ultima, con atto in data 13 gennaio 1988, propose appel lo avverso la pronuncia della medesima commissione in data
19 maggio 1987 che però, in parte qua, si era limitata a prende re atto della precedente statuizione, senza alcuna ulteriore ana
lisi, verifica o accertamento, peraltro preclusi appunto dalla de
cisione adottata il 15 maggio 1984. Né varrebbe addurre che,
nel contesto del ricorso alla commissione tributaria di primo
grado, datato 13 gennaio 1988, fosse affermata anche la nullità
della pronuncia emessa il 15 maggio 1984. Tale assunto, in as
senza di ogni dichiarazione di volontà della parte da cui possa desumersi l'intento d'impugnare anche la decisione del 15 mag
gio 1984, si traduce in un semplice passaggio argomentativo del
l'appello avverso la decisione del 19 maggio 1987, che è l'unica
destinataria dell'impugnazione, come è detto con tutta chiarez
za nell'oggetto dell'appello. D'altro canto, dal tenore di questo
gravame emerge che, quanto meno alla data della sua proposi
zione, la ricorrente era edotta della pronunzia resa il 15 maggio 1984. Pertanto — pur volendo opinare che quest'ultima non
sia stata neppur comunicata alla Esso a norma dell'art. 38 d.p.r. 636/72 (il che, tuttavia, neanche è allegato) — resta il dato con
clusivo che la società ricorrente ebbe conoscenza della suddetta
decisione e avverso la medesima non propose gravame, come
rilevato dall'amministrazione delle finanze nel controricorso.
È quindi corretta (ed assorbente) l'argomentazione della sen
tenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che nella prima causa relativa all'impugnazione dell'avviso di liquidazione, si
era formato il giudicato per effetto della decisione del 15 mag
gio 1984. Infatti, non possono essere condivise le censure della
ricorrente, per la quale la corte territoriale avrebbe violato: a)
il principio secondo cui la mancata convocazione delle parti al
l'udienza in cui viene assunta la decisione impone l'obbligo di
reiterare il relativo grado del giudizio; b) il principio secondo
cui il procedimento e la sentenza devono essere formati nel ri
spetto delle norme a tal fine previste nel codice di rito; c) la
regola secondo cui deve essere garantita ai contraddittori la pos
sibilità di confrontarsi in tutti i gradi del giudizio. Tali censure non potevano essere proposte per saltum davanti alla corte d'ap
pello nel giudizio ex art. 40 d.p.r. 636/72, ma dovevano essere
dedotte con apposito appello avverso la decisione della commis
sione tributaria di primo grado in data 15 maggio 1984 che in
vece, come sopra si è notato, non risulta essere stata impugnata.
Conseguentemente, rimangono precluse, perché coperte dal
giudicato formatosi sulla decisione ora citata, le questioni trat
tate col terzo mezzo di cassazione, diretto a censurare la senten
za impugnata nella parte in cui ha ritenuto che — «anche a
voler superare tali pregiudiziali» — in ogni caso l'impugnazione
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2643 PARTE PRIMA 2644
della Esso doveva essere rigettata, perché la società, «nel paga re l'intero tributo, ne chiese contestualmente il rimborso per la sola parte attinente ai maggiori interessi calcolati dall'ufficio, così dimostrando di voler prestare acquiescenza nel resto». Questo
profilo concerne il merito dell'impugnativa avverso l'avviso di
liquidazione, su cui intervenne la più volte ricordata decisione
del 15 maggio 1984; e, una volta acclarato che su questa si
è formato il giudicato, non può più darsi ingresso all'esame
sul punto (restando in tali sensi precisata e corretta la motiva
zione della sentenza impugnata).
Conclusivamente, i primi tre motivi del ricorso devono essere
respinti. Con il quarto mezzo di cassazione la Esso italiana denunzia
violazione e falsa applicazione degli art. 52 e 53 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 in materia di determinazione della base imponibile, nonché dell'art. 20 del medesimo d.p.r. in tema d'interpretazio ne degli atti assoggettati all'imposta di registro, violazione del
l'art. 1362 c.c., insufficiente e contraddittoria motivazione su
punto decisivo. Sostiene che la Corte d'appello di Roma avreb
be errato nel respingere il gravame con riguardo alla misura
dell'imposta di registro dovuta sugli interessi liquidati nella sen
tenza del Tribunale di Roma, sull'assunto che questi dovevano
essere calcolati all'attualità e non fino alla data della pronuncia che li aveva riconosciuti. Tale motivazione sarebbe del tutto
insufficiente e, comunque, violerebbe: a) il principio secondo
cui, in difetto di una chiara indicazione di valore, «l'ufficio
determina la base imponibile»; b) il principio in base al quale
l'imposta deve essere applicata secondo gli effetti degli atti pre sentati alla registrazione. In particolare, la corte romana, so
stanzialmente aderendo alla tesi fatta propria dalla commissio
ne di secondo grado, secondo cui gli interessi sarebbero decorsi
dall'atto introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale di Ro
ma, avrebbe erroneamente interpretato la sentenza del tribuna
le, ritenendo che gli effetti della domanda di manleva potessero
retroagire rispetto a quelli della domanda principale. Al riguar do la ricorrente sostiene che: a) nell'ambito del processo con
clusosi con la sentenza del Tribunale di Roma la domanda prin
cipale era stata svolta dalla Liquigas attraverso una comparsa di intervento di un giudizio in cui la domanda di garanzia (pe raltro di mero accertamento) era stata già svolta dalla società
Servizio Italia; b) in quel contesto il Tribunale di Roma aveva
correttamente esaminato per prima la domanda principale pro
posta dalla Liquigas, a nulla rilevando il fatto che detta doman
da fosse stata proposta, da un punto di vista temporale, dopo
quella di manleva (proposta dalla Servizio Italia); c) per effetto
della sentenza di condanna la Servizio Italia era stata condan nata a pagare l'importo di lire cinque miliardi, maggiorato di
interessi decorrenti dalia data della domanda della Liquigas; d)
conseguentemente, essendo la Esso tenuta a corrispondere alla Servizio Italia il predetto importo, gli interessi sul medesimo
non potevano che decorrere dalla data di decorrenza degli inte
ressi dovuti alla Liquigas. Le suddette censure, nei termini così articolati, non possono
trovare accoglimento. Premesso che in questa sede di legittimità non possono for
mare oggetto di riesame i dati fattuali attraverso i quali fu de terminata la base imponibile, si deve osservare che, come risul ta dalla esposizione che precede, le doglianze della ricorrente
riguardano la determinazione della decorrenza degli interessi. La Esso italiana attribuisce alla corte d'appello una erronea in
terpretazione della sentenza del tribunale, per aver ritenuto «che
gli effetti della domanda di manleva potessero retroagire rispet to a quelli della domanda principale»; ed afferma che gli inte ressi sull'importo che essa era tenuta a corrispondere alla Servi
zio Italia «non potevano che decorrere dalla data di decorrenza
degli interessi dovuti alla Liquigas». Ma non è questo il punto trattato e deciso dalla corte territoriale. La sentenza impugnata non si è occupata della decorrenza degli interessi (sicché non è ravvisabile l'errore interpretativo che la ricorrente attribuisce), bensì ha sostenuto che, «ai fini della determinazione della base
imponibile, gli interessi dovevano essre calcolati all'attualità e non già sino alla data della sentenza che li ha riconosciuti»; e ciò perché «per un verso tale sentenza disponeva la liquidazio ne degli interessi sino al dì dell'effettivo soddisfo e, per un altro
verso, non risultava avvenuto il soddisfo, con la conseguente persistenza del corso degli interessi al momento della liquidazio ne del tributo». Come si vede, dunque, il punto deciso dalla
Il Foro Italiano — 1997.
corte romana riguarda non già la determinazione del dies a quo
per il calcolo degli interessi, ma quello del momento finale ri
spetto al quale andavano liquidati, nella sostanza considerando
compresi nella base imponibile anche gli interessi maturati dopo la pronuncia della sentenza sottoposta a tassazione.
In definitiva, la ricorrente concentra le sue doglianze su un
punto estraneo al decisum (in parte qua) della sentenza impu
gnata, la quale peraltro non è censurata per aver pronunciato su un punto in luogo di un altro bensì per essere incorsa in
un presunto errore interpretativo, che invece non è ravvisabile
sulla base di quanto fin qui esposto. Ne discende l'inammissibi
lità del motivo esaminato.
Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso deve essere
rigettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 1 ° luglio 1996, n. 5955; Pres. ed est. Sammartino, Rei. Spagna Mus
so, P.M. Centccola (conci, diff.); Pasquato (Avv. Panariti, Gatti Badoer, Dusi) c. Cavallaro (Aw. Franceschini, Guar
dascione). Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Ve
nezia 27 aprile 1993.
Cassazione civile — Ricorso — Procura a margine — Omesso
espresso riferimento al giudizio di legittimità — Inammissibi
lità (Cod. proc. civ., art. 365).
Spese giudiziali in materia civile — Difensore senza procura —
Condanna alle spese (Cod. proc. civ., art. 82, 83, 91).
Il ricorso per cassazione è inammissibile qualora la procura a
margine non faccia alcun riferimento specifico al giudizio di
cassazione e sia invece riferibile a procedimenti di merito co
gnitivi ed esecutivi. (1) Va condannato alle spese il difensore che abbia agito in Cassa
zione senza procura (nella specie, la procura era stata rila
sciata a margine del ricorso, ma, non riferendosi espressa mente al giudizio di legittimità, è stata considerata tamquam non esset). (2)
II
TRIBUNALE DI LUCCA; sentenza 25 giugno 1996; Pres. ed est. Terrusi; Soc. Benyacht (Avv. Picchi) c. Palmerini (Avv. Massa).
Procedimento civile — Procura alle liti — Persona giuridica —
Legale rappresentante — Firma illeggibile — Mancata in dicazione — Nullità (Cod. proc. civ., art. 75, 83).
(1) Nello stesso senso, Cass. 20 giugno 1996, n. 5699, Foro it., Mass., 517; 13 giugno 1996, n. 5433, id., 1996, I, 2747; 15 marzo 1996, n. 2164, id., Mass., 222; 28 febbraio 1996, n. 1545, ibid., 163; 24 maggio 1995, n. 5700, id., 1995, I, 3430, con note di C. M. Barone, La procu ra speciale alle liti fra disinformazione e falsi problemi, e di Cipriani - Costantino - Proto Pisani - Verde, L'infinita «historìa» della pro cura speciale-, 18 agosto 1993, n. 8747, id., 1994, I, 3170, con nota critica di Deluca, Sulla specialità della procura a margine del ricorso per cassazione. Nel senso che la procura in margine al ricorso per cas sazione non deve necessariamente contenere un esplicito riferimento al giudizio in sede di legittimità, Cass. 11 ottobre 1996, n. 8896, id., Mass., 813; 3 giugno 1996, n. 5092, id., 1996, I, 2748; 4 aprile 1996, n. 3151, id., Mass., 306; 27 ottobre 1995, n. 11178, id., 1995, I, 3429.
(2) Nello stesso senso, Cass. 13 giugno 1996, n. 5433, Foro it., 1996, I, 2747; Trib. Roma 24 gennaio 1977, id., 1977, I, 1806, e Riv. dir. proc., 1978, 565, con nota adesiva di Tomei, La condanna alle spese, in qualità di parte, del difensore privo di procura-, Pret. Bologna 31 dicembre 1957, Foro it., Rep. 1958, voce Procedimento civile, n. 134, e Riv. dir. proc., 1958, 646, con nota adesiva di Gualandi, Difensore senza procura e condanna nelle spese.
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