Sezione I civile; sentenza 1° dicembre 1962, n. 3250; Pres. Celentano P., Est. Arras, P. M.Criscuoli (concl. diff.); Romano (Avv. Zuccarino, Rizzo) c. Magaletti (Avv. Romualdi, Di Cagno)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 7 (1963), pp. 1475/1476-1477/1478Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152356 .
Accessed: 28/06/2014 13:01
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 82.146.63.67 on Sat, 28 Jun 2014 13:01:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1475 PARTE PRIMA 1476
civ., per il quale il discendente ehe succede ai de cuius deve
conferire ai coeredi tutto ciõ ohe ha ricevuto, direttamente
o indirettamente, per donazione dal de cuius, devono in
tendersi eomprese nell'oggetto della collazione, oltre alle
donazioni indirette, quelle palliate o mascherate, sotto
qualsiasi forma. Tuttavia, se la simulazione sia stata ado
perata ai fine esclusivo di porre le dette donazioni ai riparo della oollazione, opera la dispensa menzionata nella riserva
ehe si legge in fine del 1° comma dell'art. 737, con la limi
tazione per altro prevista dal 2° comma stesso articolo
(cfr., in tal senso, la sentenza 17 marzo 1955, n. 810, Foro
it., Rep. 1955, voce Successione, n. 187). A1 fine di stabilire se la dissimulazione di una donazione
importi, o non, dispensa tacita dall'ohbligo della collazione
(salva henintesi l'azione di riduzione), occorre, dunque, accertare se la simulazione sia stata adoperata al fine esclu
sivo di porre la donazione al riparo della collazione. L'ap
prezzamento, poi, del giudice di merito in ordine a tale
accertamento, concretandosi nella valutazione di circo
stanze di fatto, si sottrae alia censura di questa Corte.
Orbene, nel caso concreto, i Giudici del merito osserva
rono che era da escludere che la simulazione in controversia
avesse avuto uno scopo diverso (d'altronde neppure indi
cate dalle Solli e dalle Iannucci) da quello di sottrarre il
donatario all'obbligo della collazione e che anzi il ricorso
alia interposizione fittizia della Penna non poteva trovare
una spiegazione differente dal proposito di conservare l'ef
ficacia delle attribuzioni patrimoniali gratuite che il fu
Giuseppe Solli aveva fatto, evitando che esse potessero caducarsi per effetto della collazione, a cui il figlio, a dif
ferenza della nuora, era tenuto. Indi i Giudici del merito
affermarono che in ciõ non poteva non riscontrarsi un fatto
concludente, univocamente ed esclusivamente diretto alia
dispensa della collazione. E conseguentemente pervennero alia conclusione che per i beni, che avevano costituito
oggetto delle donazioni dissimulate in discussione, la detta
dispensa, in effetti, sussisteva.
Contro tale apprezzamento invano si profilano le cen
sure del ricorso, le quali, mediante la denunzia di pretese erroneitä. dei criteri della indagine, tendono, in realty, a rimuovere un giudizio di fatto, quale e quello espresso dalla Corte d'appello in ordine all'accertamento del fine
per il quale era stata adoperata la simulazione. E poichfe, come emerge dalla motivazione dianzi riportata, la ratio
decidendi risulta chiaramante delineata dalle ragioni addotte
dai Giudici di appello a presidio della decisione adottata, la censura non puõ ritenersi fondata neppure sotto l'aspetto del difetto di motivazione.
Consegue da quanto si e esposto che il secondo mezzo
di annullamento deve essere rigettato. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 1° dicembre 1962, n. 3250 ; Pres. Celentano P., Est. Areas, P. M. Criscuoli (eoncl. diff.) ; Romano (Aw. Zuccaeino, Rizzo) c. Magaletti (aw. Romualdi, Di Cagno).
(öassa App. Bari 8 luglio 1960)
Vendita— Danni da adcmpimento inesatto — Ftespon
sabilitä per latto illecito — Eselusione (Cod. civ., art. 1218, 2043).
Vendita —- Promessa bilaterale — Garanzia per vizi — Eselusione (Cod. civ., art. 1490).
Vendita — Promessa bilaterale — Contratto deli nitivo — Discriminazione — Criteri.
Vendita — Vendita con riserva della proprietä — Ga ranzia per vizi— Applicability (Cod. civ., art. 1490).
Ove il fatto produttivo di danno consista nelVinadempimento della prestazione dovuta dal venditore, il compratore non
pud esperire Vazione di danno ex art. 2043 cod. civ.,
ehe spetta solo in ipotesi di violazioni eolpose di diritti assoluti. (1)
Nori si applieano alla promessa bilaterale di eompravendita le norme sulla garanzia per i vizi ed i difetti della eosa
oggetto del contratto. (2) La trasmissione della cosa ed il pagamento del prezzo sono
compatibili eon la promessa bilaterale di eompravendita, se fatti in eontemplazione di una vendita futura. (3)
L'wso della terminologia « prometto di vendere e di aequistare » non e automatieamente indicativo della promessa bilate rale di eompravendita. (4)
La garanzia per vizi della cosa venduta S applieabile alla vendita immobiliare eon riserva della proprietä. (5)
La Corte, eco. — Con i priini due rnotivi il ricorrente denuncia la violazione degli art. 1495 e segg., 1467 esegg., 1477, 2° comma, 2043 cod. civ. e 1'omessa motivazione
(art. 360, nn. 3, 5, cod. proc. civ.) e deduce :
a) ehe egli aveva svolto 1'azione generica di danno ex art. 2043 eod. civ. (sempre ammissibile ove non soccorra altra specifica e particolare azione), la quale non riehiedeva,
perchö fosse evitata la decadenza e la preserizione, la de nuncia entro breve termine dei vizi e dei difetti della cosa ;
b) ehe gli art. 1495 e segg., dettati per la vendita, non erano applicabili ai rapporto de quo, sia ehe esso si volesse
qualificare vendita di cosa futura, come ritenuto dal Tri
bunale, sia ehe si dovesse qualificare promessa bilaterale di eompravendita, come affermato dalla Corte giacche ne 1'uno nö 1'altro rapporto potevano dare luogo a quella « con
segna della cosa venduta » ehe & presupposto dell'art. 1495 ;
c) ehe il rapporto avrebbe dovuto piuttosto qualifi carsi come promessa di vendita di cosa futura, rispetto alla
quale poteva profilarsi un'azione di responsabilitä, ex art. 1467 ; eomiinque, mentre doveva essere esclusa 1'applicabi litä, ai caso dell'art. 1495, niente impediva ehe fosse ap plicato Part. 2043 ;
d) ehe la Corte non aveva motivato sul punto essen ziale se potesse aversi consegna della cosa in senso giuridico prima del collaudo e del certificato di abitabilitä. dell'ap partamento.
(1) Oonsulta, per riferlmenti, Cass. 17 novembre 1960, n. 3089, Foro it., Rep. 1960, voce Vendita, n. 92, la quale ha af fermato ehe il risarcimento dei danni, derivanti dai vizi della cosa venduta, non puõ chiedersi con azione fondata sulla colpa extracontrattuale.
(2) Oonformi, Cass. 9 maggio 1961, n. 1092, Foro it., Rep. 1961, voce Vendita, n. 27 e 25 ottobre 1957, n. 4113, id., Rep. 1957, voce cit., n. 35.
Sulla sussistenza di vizi o mancanza di quality nella cosa og getto della promessa di vendita, quale causa legittimante il ri fiuto di stipulare il contratto definitivo, v. Rubino, La eompra vendita, 1902, 2» ed., pag. 43.
(3) In ordine alia compatibility del pagamento del prezzo (parziale o totale) e della consegna della cosa col contratto preli minare di vendita, consulta, in senso conforme alia sentenza ri portata : App. Firenze 22 marzo 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Vendita, n. 24 ; App. Firenze 5 ottobre 1960, ibid., n. 25 ; Trib. Crotone 28 dicembre 1957, id., Rep. 1958, voce cit., n. 37 ; App. Firenze 21 giugno 1958, ibid., n. 43 ; Trib. rG-enova 29 gennaio 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 69 ; App. Bari 10 giugno 1952, id., Rep. 1954, voce cit., n. 52 ; Trib. Avellino 14 luglio 1952, id., Rep. 1953, voce cit., n. 104 ; App. Genova 30 gennaio 1952, id., Rep. 1952, voce cit., n. 71 ; Cass. 17 agosto 1951, id., Rep. 1951, voce cit., nn. 95, 96 ; Cass. 11 aprile 1949, n. 867, id., Rep. 1949, voce cit., n. 50 ; Cass. 6 giugno 1949, n. 1413, ibid., n. 52 (entrambe eitate nella motivazione della sentenza riportata) ; Cass. 19 luglio 1946, n. 926, id., Rep. 1946, voce cit., n. 34. Con tra : App. Roma 22 ottobre 1959, id., Rep. 1960, voce cit., n. 25 ; App. Firenze 2 agosto 1955, id., Rep. 1956, voce cit., n. 25 ; App. Catanzaro 23 dicembre 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 32.
Sulla discriminazione fra contratto preliminare e contratto definitivo di vendita in base all'interpretazione della volontä, delle parti espressa nel contratto, v. Rubino, op. cit., pag. 34 segg.
(4) Conforme App. Palermo 24 febbraio 1953, Foro it., Rep. 1953, voce Vendita, n. 102.
In dottrina, consulta in conformity Rubino, op. cit., pag. 34. (5) Non constano precedenti in termini.
This content downloaded from 82.146.63.67 on Sat, 28 Jun 2014 13:01:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
Ul1 GIURISPRUDEN2A COŠTITUZIONÄLE E CIVILE
Nun tutte le censure mosse con i suesposti motivi meri
tano di essere accolte.
Noa la prima, sub a) giacche, a parte il vizio logico che la iuficia (ehe se l'azione di danno ex art. 2043 dovesse
ammettersi solo quando non soccorre altra specifica azione, non potrebbe esserlo nella specie in cui altra specificazione soccorreva, se tempestivamente proposta), vi e che l'azione
di danno ex art, 2043 puõ profilarsi solo rispetto a diritti
assoluti, valevoli erga omnes, e cioe per la violazione colposa del dovere primario del neminem laedere, che trova appunto nell'art. 2043 cod. civ. la sua sanzione. Nella specie invece
il fatto produttivo del danno consisteva nel non esatto
adempimento della prestazione dovuta, ledeva quindi il
bene giuridico tutelato dalla norma da cui traeva forza il
vincolo obbligatorio (art. 1218) e quindi il diritto soggettivo che discendeva dal contratto. L'azione di condanna della
Magaletti ad eseguire le opere necessarie per eliminare le
deficienze riscontrate nell'appartamento, risolvendosi so
stanzialmente, siccome ha chiarito la Corte di merito, nella
quanti minoris e cioe nella richiesta di una congrua ridu
zione del prezzo, non poteva perciõ essere ricondotta nel
l'ambito dell'azione generica di danno ex art. 2043. (Omissis) Merita invece di essere accolta, almeno, in parte, la
seconda censura sub b). II principio che nella promessa bi
laterale di compravendita non possano trovare applica zione le norme sulla garanzia per i vizi ed i difetti della
cosa, oggetto della promessa, e stato affermato da questa Corte in ripetute sentenze (Cass. 8 maggio 1961, n. 1092, Foro it., Rep. 1961, voce Vendita, n. 27 ; 25 ottobre 1957, n. 4113, id., Rep. 1957, voce cit., n. 35), e merita conferma,
giacche trova la sua giustificazione nel fatto che i vizi, ri
guardando un bene non ancora venduto, iucidono sul diritto
di credito del promissario ad acquistare quel bene, e non
possono perciõ che legittimare un suo rifiuto a prestarsi alia
stipulazione del contratto definitivo ed una sua richiesta
di risoluzione del compromesso per inadempienza del ri
sarcimento degli eventuali danni. Finche si resta sul piano della mera promessa bilaterale, 11011 si poträ parlare di
garanzia per i vizi e difetti della cosa che dovrä formare, ma non ha ancora formato, oggetto di compravendita.
Quindi a ragione il ricorrente lamenta che la Corte
di merito abbia ritenuto operanti le norme degli art. 1490
e segg. nella ipotesi di promessa di vendita, quando la
cosa venga consegnata in contemplazione della vendita che
i contraenti hanno promesso di stipulare in avvenire, ed
abbia dalla data di tale consegna fatto decorrere il termine
di decadenza per la denuncia dei vizi e difetti ed il termine
di prescrizione per l'esercizio dell'azione redibitoria. La
consegna della cosa, fatta evidentemente ad altro titolo,
esclude la vendita e con la vendita l'obbligo di garantire che la cosa sia immune da vizi e difetti.
La sentenza della Corte di appello deve pertanto essere
sul punto annullata. Si intende che la soluzione poträ essere diversa ove nel riesame del rapporto intercorso tra
le parti invece risulti che vi e stata la vendita e che la cosa
e stata consegnata, non in contemplazione di una eventuale
vendita futura, ma in funzione di esecuzione di una vendita
attuale ed effeUiv). Si ha, con ciõ, riguardo al fatto che con
la scrittura privata del 14 settembre 1954 la Magaletti ed
il Romano non si sono limitati a promettere rispettiva mente di vendere ed acquistare l'appartamento, ma hanno
altresi convenuto che l'appartamento avrebbe dovuto essere
consegnato (e lo h stato) a fine anno 1954, che il prezzo di
lire 2 milioni avrebbe dovuto essere versato (e lo e stato)
per lire 1 milione il 17 settembre 1954 e per l'altro lire 1
milione con il rilascio di 25 cambiali di lire 40.000 cadauna
da pagarsi successivamente una al mese, che l'atto pubblico
avrebbe dovuto essere stipulato (e lo & stato) appena ul
timate il pagamento del prezzo e degli interessi, che prima
di effettuare la consegna dell'appartamento, il Romano
aveva richiesto e la Magaletti aveva eseguito lavori di
trasformazione del medesimo.
L'assunto della resistente che, ove si volesse ritenere
che per il fatto che la consegna fu eseguita prima della stipu
lazione dell'atto pubblico si e nel campo della vendita vera
e propria e non in quello della promessa di vendita (nella
quale ipotesi il differimento della stipulation© dell'atto
pubblico sarebbe un espediente per assicurare cbe la cosa 11 on fosse riveuduta ad altri fino al completo pagamento del prezzo soggetto a lunga rateazione), se si riesce ad in
tenderne il significato, pone un problerna non risolubile
in questa sede, giaccbe esso si risolve sul terreno della volontä
e del suo accertamento, in un campo quindi riservato ai
giudici di merito, e ad essi va rinviato. In relazione al
quale puõ osservarsi da un lato cbe la trasmissione della
cosa ed il pagamento del prezzo sono compatibili con la
promessa bilaterale, se fatti in contemplazioue di una ven
dita futura (Cass. 6 giugno 1949, n. 1413, Foro it., Rep. 1949, voce Vendita, nn. 52, 53 ; 11 aprile 1949, n. 867, ibid., nn. 50, 51) e dall'altro che la terminologia «prometto di
vendere e di acquistare » non e automaticamente indicativa
della promessa, e che la cosiddetta anticipazione degli ef
fetti della vendita, se il differimento della manifestazione
di volontä non risulti chiaramente dal contratto, puõ essere
indice dell'intento di porre in essere il contratto definitivo, ed infine cbe, nel quadro della vendita, cui consegue l'ob
bligo della garanzia per i vizi della cosa venduta, rientra
ancbe la vendita con riserva di propriety (art. 1523 e segg.) normalmente mobiliare ma di applicazione ancbe agli im
mobili, tipica delle vendite a rate od a credito, in cui l'ef
fetto traslativo della propriety viene differito al versamento
dell'ultima rata del prezzo. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE D APPELLO Dl ANCONA.
Sentenza 2 aprile 1963 ; Pres. Mazza P., Est. Menicucci ; Gabbi (Ayv. Tucci) c. Pangrazi (Aw. Emiliani) e
Pall. Gabbi.
Fallimcnto — Fallimento di minore emanoipalo —
Autorizzazionc dcl tribunale all'esercizio deU'im
presa — Irrecjolare comunicazione al P. m. —
Fattispecie (Cod. civ., art. 320, 397 ; cod. proo. civ., art. 136, 740 ; r. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del
fallimento, art. 1).
La comunicazione al P. to. dell'autorizzazione concessa al
minore emancipato dal tribunale all'esercizio deU'impresa, essenziale per I'efficacia dell'autorizzazione stessa e per la conseguenziale assunzione della capacitä passiva di
fallire, pud avvenire anche secondo modalita diverse da
quelle previste dall'art. 136 cod. proc. civ. (nella specie, la
conoscenza da parte del P. to. dell'autorizzazione del tri
bunale derivava dal visto apposto al successivo provvedi mento di autorizzazione relativa alla stipulazione di un
mutuo ipotecario, in allegato al quale era esibito in copia autentica il provvedimento di autorizzazione all'esercizio). (1)
La Corte, ecc. — Premesso eke, non avendovi provveduto l'istruttore, va dichiarata la contumacia dell'amministra
zione fallimentare legalmente eitata e non oomparsa, os
serva la Corte che con il primo motivo di gravame viene
proposta una questione nuova, perche non trattata af
fatto iu prime cure, e che tuttavia dev'essere in questa sede affrontata e risolta per la sua rilevabilitä d'ufficio, in
quanto attiene ad un presupposto inderogabile dell'esecu
(1) Non esistono precedenti in terminis; v., per qualche riferimento, App. Catanzaro 29 agosto 1959, Foro it., Rep. 1959, voce Fallimento, n. 169.
Nel senso della possibility, in genere, di effettuare le prescritte comunicazioni al P. m. secondo modality diverse da quelle pre viste dall'art. 136 cod. proc. civ., vedi, a proposito di comu
nicazione di dispositivo di sentenza al P. m. in materia matri
moniale, Cass. 13 marzo 1960, n. 605, id., 1960, I, 561, con nota
di richiami, cui adde Veixani, in Giur. it., 1961, I, 1, 1125.
Sul punto della inefficacia del decreto di autorizzazione
all'esercizio (o continuazione) deU'impresa in caso di omessa co
municazione al P. m., e sugli effetti derivanti dalla successiva
comunicazione, cfr. App. Milano 15 giugno 1962, retro, 371,
This content downloaded from 82.146.63.67 on Sat, 28 Jun 2014 13:01:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions