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sezione I civile; sentenza 1° dicembre 2005, n. 26211; Pres. Criscuolo, Est. Plenteda, P.M.Abbritti (concl. diff.); Min. economia e finanze e Agenzia delle entrate (Avv. dello Stato) c.Soc. Longato arredamenti; Soc. Longato arredamenti (Avv. Conte, Moschetti) c. Min. economiae finanze e Agenzia delle entrate. Conferma App. Venezia, decr. 26 settembre 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3475/3476-3479/3480Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201811 .
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3475 PARTE PRIMA 3476
la diversità dei soggetti, appare carente ed errata. Per un verso,
non spiega perché i soggetti sarebbero diversi (dalla narrativa
sembra di capire che, in entrambi i giudizi, le parti siano la so
cietà Antonio Amato & C. - Molini e pastifici s.p.a. contro
l'amministrazione finanziaria dello Stato), per altro verso ignora
che, in ipotesi (v. art. 29 d.leg. 546/92) la riunione dei procedi menti può essere disposta per ragioni di connessione oggettiva
(si pensi al caso della tassazione degli utili societari distribuiti ai soci, quando l'oggetto del contenzioso sia costituito dall'am
montare complessivo degli utili distribuiti).
Inoltre, nella parte in cui i giudici d'appello scrivono che
«non sussistono ... i presupposti della riunione ... in quanto è
necessario ... che la sentenza emessa in relazione all'accerta
mento per il 1992 passi in cosa giudicata» è contraddittoria,
perché riconosce il vincolo della connessione o pregiudizialità tra le due cause e, poi, proprio per questa ragione (!), viene
esclusa la possibilità della riunione. In altri termini, secondo i
giudici del merito, non v'è alcun dubbio che ci troviamo in pre senza di cause connesse, tanto che dall'esito di una di queste di
pende l'esito dell'altra, ma proprio questa connessione è la ra
gione per la quale non si deve far luogo alla riunione dei proce dimenti. La conclusione è evidentemente errata, e non tiene
conto dell'esigenza primaria di ogni sistema processuale di pre venire, per quanto possibile, il conflitto di giudicati.
2.4. - In definitiva, nella specie, i giudici di merito hanno ri conosciuto la sussistenza del vincolo della connessione, quanto meno, oggettiva, senza peraltro spiegare perché non vi sarebbe
ro anche i presupposti della connessione soggettiva (vale a dire
dell'identità delle cause). In presenza di questa situazione pro cessuale acclarata, l'unica decisione che non doveva essere
adottata, era proprio quella di lasciare che i due procedimenti
procedessero ciascuno per la sua strada, con il rischio che potes sero giungere a decisioni contraddittorie.
Come è noto, accanto ai rimedi per eliminare le situazioni di
patologia processuale di contrasto di giudicati (art. 395, n. 5,
c.p.c.), l'ordinamento prevede rimedi preventivi che, ricorren
done i presupposti di legge, devono essere adottati. Non basta
dire, come invece si legge nella sentenza impugnata, che, ad
esempio, «la riunione dei procedimenti costituisce esercizio di
facoltà discrezionale, la cui omissione non determina nullità».
Tale affermazione, di per sé, confonde il concetto della discre
zionalità con quello dell'arbitrio, ignora il diritto delle parti alla
motivazione e l'obbligo del giudice di rispettare le regole del
processo anche quando non siano previste a pena di nullità.
In definitiva, sussistendo il vincolo della connessione tra i
due procedimenti tributari, il giudice del merito aveva le se
guenti alternative:
a) decidere incidenter tantum sull'eventuale questione pre
giudiziale, in forza di quanto dispongono gli art. 2, 3° comma,
7, 5° comma, d.leg. 546/92;
b) disporre la riunione dei procedimenti, ai sensi dell'art. 29
d.leg. 546/92;
c) disporre la sospensione del processo dipendente. Il giudice d'appello, invece, ha escluso di poter decidere il
merito della corretta appostazione delle sopravvenienze attive
secondo i criteri della competenza, in quanto è materia del ri
corso proposto avverso l'avviso di accertamento relativo all'an
no 1992 (riconoscendo, quindi, ancora una volta la connessione, se non l'identità, delle due regiudicande). Se ne può trarre la
conclusione che i giudici di merito hanno escluso, in punto di
fatto, di trovarsi in presenza di una semplice questione inciden
tale, che poteva essere definita appunto incidenter tantum.
D'altra parte, «nel processo tributario, in tanto si può parlare di
'questione incidentale pregiudiziale', in quanto la questione
'pregiudiziale' pendente dinanzi ad altro giudice tributario ab
bia il carattere della 'incidentalità' necessaria nell'ambito del
giudizio principale. Se invece la 'questione' è oggetto diretto
del petitum nell'ambito di entrambi i due diversi procedimenti, allora la fattispecie si risolve, a seconda dei casi, in un'ipotesi di
'litispendenza' o di 'continenza', e come tale deve essere disci
plinata», se poi, «non si renda possibile l'applicazione dello
strumento della reductio ad unum dei due procedimenti previa riunione degli stessi, per il fatto che essi risultino pendenti in
gradi diversi», allora il rapporto d'incidentalità-connessione
«diviene presupposto per l'applicazione in via estensiva del
l'art. 295 c.p.c. Ad un tal riguardo, ad una tale applicazione del
l'art. 295 c.p.c. nel processo tributario non si pone di ostacolo la
Il Foro Italiano — 2006.
formulazione limitativa di cui art. 39 d.leg. n. 546 del 1992»
(Cass. 10509/02, Foro it., Rep. 2002, voce Tributi in genere, n.
1941; conf. Cass. 14281/00, id., Rep. 2001, voce Procedimento
civile, n. 261; v. anche Cass. 17937/04, id., Rep. 2004, voce
Tributi in genere, n. 1410; 11140/05, id., 2006,1, 819). Avendo escluso che la questione oggetto del contenzioso re
lativo all'esercizio 1992, potesse essere risolta in via incidentale
(non perché non incidesse sulla definizione del contenzioso re
lativo all'esercizio 1994, ma perché si trattava della medesima
controversia) la commissione regionale avrebbe dovuto verifica
re se sussistevano i presupposti per procedere alla riunione dei
processi o alla sospensione di uno dei due, cosa che non ha fatto
e che invece deve fare, per evitare il rìschio che si concludano
in maniera difforme.
2.5. - Conseguentemente, il ricorso va accolto in relazione al
primo motivo, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va cas
sata, con rinvio, anche per le spese ad altra sezione della Com
missione tributaria regionale della Campania.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 1° di cembre 2005, n. 26211; Pres. Criscuolo, Est. Plenteda, P.M.
Abbrutì (conci, diff.); Min. economia e finanze e Agenzia delle entrate (Avv. dello Stato) c. Soc. Longato arredamenti;
Soc. Longato arredamenti (Avv. Conte, Moschetti) c. Min.
economia e finanze e Agenzia delle entrate. Conferma App. Venezia, decr. 26 settembre 2002.
Diritti politici e civili — Diritto alla ragionevole durata del processo
— Processo tributario — Equa riparazione —
Fattispecie (L. 4 agosto 1955 n. 848, ratifica ed esecuzione
della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre
1950 e del protocollo addizionale della convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952: convenzione, art. 6; 1. 24
marzo 2001 n. 89, previsione di equa riparazione in caso di
violazione del termine ragionevole del processo e modifica
dell'art. 375 c.p.c., art. 3).
Allorché l'oggetto della controversia tributaria non è la pretesa
impositiva dell' amministrazione finanziaria, ma una richiesta
del contribuente di rimborso di imposta indebitamente paga ta, trova applicazione la disciplina dell'equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole del processo. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 ago sto 2005, n. 17499; Pres. Morelli, Est. Marziale, P.M. Cic
colo (conci, diff.); Min. economia e finanze (Avv. dello Sta
(1-2) Nello stesso senso di Cass. 26211/05, v. Cass. 8 novembre
2005, n. 21653, Fisco 1, 2006, 127; 8 novembre 2005, n. 21651, Foro
it.. Rep. 2005, voce Diritti politici e civili, n. 143; 4 novembre 2005, n.
21403, ibid., n. 145; contra, nel senso cioè che non compete l'equa ri
parazione in caso di eccessiva durata di un giudizio avente ad oggetto il rimborso di tributi non dovuti, cfr. Cass. 30 agosto 2005, n. 17497, ibid., n. 141, per la quale l'accoglimento delle domande di rimborso è
pur sempre subordinato ad una verifica (seppure in negativo) delle con dizioni per l'applicazione dell'imposta.
Conf. a Cass. 17499/05, v. Cass. 4 novembre 2005, n. 21403, cit. Le pronunce in epigrafe si collocano entrambe nel solco di Cass. 17
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
to) c. Mogavero. Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Roma 23 giugno 2003.
Diritti politici e civili — Diritto alla ragionevole durata del processo — Processo tributario —
Equa riparazione —
Fattispecie (L. 4 agosto 1955 n. 848: convenzione, art. 6; I.
24 marzo 2001 n. 89. art. 3).
Posto che le controversie tributarie che non investono in manie
ra specifica la determinazione di un tributo, ma solo aspetti ad essa consequenziali o che riguardino l'applicazione (e,
quindi, la determinazione) di sanzioni di carattere tributario
rientrano nell'ambito di applicazione della disciplina del
l'equa riparazione per mancato rispetto del termine ragione vole del processo, va dichiarato inammissibile il ricorso con
il quale l'amministrazione finanziaria chiede alla Suprema corte di cassare il decreto della corte di appello che ha ac
colto la domanda di equo indennizzo proposta dal contri
buente, qualora detto ricorso manchi di specifiche indicazioni circa l'oggetto del giudizio principale. (2)
giugno 2004, n. 11350, id., 2004, I, 3393, con nota di richiami, e Cor riere trib., 2004, 2687, con nota di Corso, Nessuna riparazione per l'eccessiva durata del processo tributario (la sentenza è annotata anche da Del Federico, Il giusto processo tributario: tra art. 6 della conven zione europea dei diritti dell'uomo ed art. Ill Cost., in Riv. giur. trib., 2005. 154), per la quale la disciplina dell'equa riparazione per mancato
rispetto del termine ragionevole di cui all'art. 6. par. I, della conven zione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fonda
mentali, quale introdotta dagli art. 2 ss. I. 24 marzo 2001 n. 89 (c.d.
legge Pinto), non è applicabile ai giudizi in materia tributaria involgenti la potestà impositiva dello Stato, in conformità delle indicazioni (delle
quali occorre tener conto attesa la coincidenza dell'area di operatività dell'equa riparazione ai sensi della 1. n. 89 del 2001 con quella delle
garanzie assicurate dalla convenzione) emergenti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, indicazioni che si muovono nel senso della non estensibilità del campo di applicazione dell'art. 6 della convenzione alle controversie tra il cittadino ed il fisco aventi ad
oggetto provvedimenti impositivi, stante l'estraneità ed irriducibilità di tali vertenze al quadro di riferimento delle liti in materia civile, cui ha
riguardo il citato art. 6.
L'inapplicabilità della legge Pinto ai giudizi in materia tributaria in
volgenti la potestà impositiva dello Stato è stata ribadita da una nutrita serie di successive pronunce; v., oltre alle sentenze cit. supra, Cass. 6
aprile 2006, n. 8035. Foro it., Mass., 986; 11 novembre 2005, n. 21855, inedita; 4 novembre 2005, n. 21404. id.. Rep. 2005, voce cit.. n. 142; 25 ottobre 2005. n. 20675, ibid., n. 144; 30 agosto 2005, n. 17498, ibid., n. 140; 17 settembre 2004. n. 18739, id.. Rep. 2004, voce cit., n.
196. e Guida al dir., 2004, fase. 39, 56, con nota di De Paola; Dir. e
giustizia, 2004, fase. 36, 36, con nota di Triassi; 27 agosto 2004, n.
17139, Foro it.. Rep. 2004, voce cit.. n. 197 (la sentenza è annotata da
Miceli, Giusto processo tributario: un nuovo passo indietro della giu risprudenza di legittimità!, in Riv. dir. trib.. 2004, li, 763, e da Poto, La legge Pinto e le «zone franche»: quando la ragionevolezza cede il
passo alla potestà pubblica, in Resp. civ., 2005, 119); conf., nella giu risprudenza di merito. App. Bologna, decr. 29 dicembre 2005, Fisco 1,
2006, 1406. Già a partire da Cass. 1 1350/04 la Cassazione aveva però, sempre in
conformità alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell'uomo, affermato il diritto all'equa riparazione quando oggetto del giudizio tributario siano pretese del contribuente che non investano la determinazione del tributo, ma solo aspetti a que sta consequenziali, ovvero attengano alla materia penale, comprensiva anche delle controversie relative all'applicazione di sanzioni tributarie, ove queste, per la loro gravità, possano essere equiparate a sanzioni pe nali.
Cass. 17499/05, in epigrafe, è annotata da Iannaccone, in Dir. e giu stizia, 2005, fase. 38. 36; Sacchettini. in Resp. e risarcimento, 2005, fase. 11, 46; Muccari, Solo apparente il mutamento di indirizzo della
Suprema corte sulla irragionevole durata del processo tributario, in
Riv. giur. trib., 2005, 1087. In dottrina, v. Tesauro, Giusto processo e processo tributario, in
Rass. trib., 2006, 11 ; Cianerocca e Rotunno, Nuove aperture della
Corte di cassazione in tema di applicazione della «legge Pinto» al pro cesso tributario, in Trib. loc. e reg., 2006, 20; Micali, Il diritto alla ra
gionevole durata del processo (art. Ill Cost.) ed il diritto all'equa ri
parazione de! danno che deriva dall'inosservanza del termine ragione vole nel processo tributario, in Bollettino trib., 2006, 645; Romano
Lizza, La convenzione europea dei diritti dell'uomo ed il diritto tribu
tario: risarcimento per ritardo nel rimborso dei crediti d'imposta, in
Dir. uomo, 2005, fase. 1. 9; Fanni, / «peculiari rapporti» tra l'art. 6
Il Foro Italiano — 2006.
I
Svolgimento del processo. — La Corte d'appello di Venezia
con decreto 26 settembre 2002 accolse il ricorso della soc. Lon
gato arredamenti s.n.c. di Longato Giuseppe e C. in liquidazio ne, per violazione dell'art. 6, par. 1, della convenzione per i di
ritti dell'uomo e della 1. 89/01, in relazione alla durata del con
tenzioso tributario insorto il 5 febbraio 1985 e conclusosi il 22
giugno 1999, che aveva riconosciuto fondata la richiesta della
ricorrente di rimborso di somme pagate per Ilor, e determinò in
euro 8.134,20 l'indennizzo condannando il ministero dell'eco
nomia al pagamento. Il ministero ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi;
resiste con controricorso la soc. Longato arredamenti.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente
denunzia la violazione e la falsa applicazione della 1. 89/01, la
inammissibilità del ricorso e la omissione, insufficienza e con
traddittorietà della motivazione del decreto impugnato. Rileva che nella materia tributaria vengono in evidenza —
come ha osservato la Corte europea di Strasburgo con sent. 12
luglio 2001, causa Ferrazzini c. Governo italiano (Foro it.. Rep. 2001, voce Diritti politici e civili, n. 96) — le prerogative speci fiche del potere di imperio, che sono dunque estranee alla mate
ria dei diritti e degli obblighi di natura civile, considerati dal l'art. 2, 1° comma, 1. 89/01.
Con il secondo sono denunziate l'omissione, insufficienza e
contraddittorietà della motivazione e la violazione e falsa appli cazione della 1. 89/01, sotto il profilo della riconosciuta esisten
za del danno in forza di insussistenti presunzioni, mancando di
considerare che all'equa riparazione va attribuita natura inden
nitaria e non risarcitoria, la quale non conduce ad automatismi
nell'attribuzione in favore del soggetto che lamenti violazioni
del suo diritto alla ragionevole durata del processo, non essendo
il ritardo danno ex se, ma fonte di danni risarcibili nella misura
in cui siano provati. Con il terzo mezzo denunzia la violazione dell'art. 91, 1°
comma, c.p.c., deducendo che con la determinazione del danno
in euro 8.134,20 la corte d'appello aveva rigettato in larga parte la domanda, proposta in ragione di euro 97.000.
Con il ricorso incidentale, proposto in via condizionata al
l'accoglimento del principale, la soc. Longato lamenta che non
sia stato riconosciuto il danno non patrimoniale. Dei ricorsi va disposta la riunione.
Con il primo motivo l'amministrazione finanziaria lamenta
che la corte d'appello abbia fatto applicazione della 1. 89/01 ad
una fattispecie estranea all'area della tutela riparatoria. L'assunto, condivisibile in astratto, non può trovare ingresso
nel presente giudizio. Posto che il fatto costitutivo del diritto attribuito dalla 1. 89/01
consiste in una determinata violazione della convenzione euro
pea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fon
damentali, spetta alla Corte europea individuare tutti gli ele
menti di tale fatto giuridico, che pertanto finisce per essere
«conformato» da quella corte, la cui giurisprudenza si impone
per quanto attiene all'applicazione della 1. n. 89 ai giudici ita
liani (Cass., sez. un., 1338/04, id., 2004, I, 693; 1339/04, id., Rep. 2004, voce Diritti politici e civili, nn. 268, 277).
Tale premessa giova ad escludere la possibilità che la sfera di
applicazione dell'art. 2 ecceda quella dell'art. 6 della conven
zione europea dei diritti dell'uomo tenuto conto che la previsio ne dell'equa riparazione suppone la violazione di tale conven
zione, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragione vole di cui all'art. 6, par. 1, della convenzione medesima; e
dunque si correla alla portata di tale norma, che considera a tal
fine meritevoli della speciale tutela i diritti e i doveri «di carat
tere civile» di ogni persona. La richiamata decisione della Corte europea, dopo aver os
della convenzione europea dei diritti dell'uomo e la «legge Pinto» nella recente giurisprudenza della Corte di cassazione, in Dir. e prati ca trib., 2005, I, 1053; Di Giacomo, L'equa riparazione del danno non
è riconosciuta in ambito tributario, in Fisco 1, 2004, 6813; Graziosi, Giudizi tributari e lunghezza del processo, in Prev. forense, 2004, 209;
per ulteriori riferimenti, v. nota a Cass. 11350/04, cit., cui adde, in dot
trina, Dorigo, Equa riparazione ed eccessiva durata dei giudizi tributa
ri, in Riv. dir. internaz.. 2003, 178; Lamberti, L'indennizzo per la du
rata irragionevole del processo, in Corriere trib., 2003, 3574.
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3479 PARTE PRIMA 3480
servato che non è la natura pecuniaria delle obbligazioni a ren
dere sempre e comunque applicabile l'art. 6 cit., ma solo il ca
rattere civile delle stesse, ha rilevato che ad esse si contrappon
gono le «obbligazioni di natura pubblicistica», che derivino dal
l'applicazione di tributi o siano in ogni caso dovute a fronte di
doveri pubblici necessari in una società civile; ed ha concluso
che la materia tributaria rientra «ancora nel nocciolo duro delle
prerogative attinenti alla sovranità statale e sotto questo profilo è tuttora dominante la qualifica pubblicistica del rapporto obbli
gatorio di imposta tra Stato sovrano e contribuente».
Alla luce di tali puntualizzazioni il ricorso non può trovare
accoglimento, dal momento che oggetto della controversia tri
butaria non risulta essere stata la pretesa impositiva dell'ammi
nistrazione finanziaria, ma una richiesta del contribuente di
rimborso di somme pagate a titolo di Ilor, alla quale l'ufficio
aveva opposto il silenzio-rifiuto; sicché' non è venuta in discus
sione l'obbligazione di imposta, di natura pubblicistica, per la
funzione che essa assume di concorrere a sostenere le spese dello Stato (art. 53 Cost.), ma una pretesa di natura privata, di
segno contrario, maturata dal contribuente verso l'erario, per l'indebita percezione del tributo.
Infondato è anche il secondo motivo.
La corte d'appello ha fornito una esauriente motivazione
delle ragioni che hanno determinato la quantificazione del dan
no patrimoniale, evidenziando che la società aveva dovuto sop
portare gli oneri per il mantenimento della società sino alla de
finizione della controversia tributaria, benché ogni altra penden za fosse stata definita con l'esecuzione di un concordato pre ventivo cui la società era stata ammessa; ed ha, sulla base della
documentazione prodotta, determinato in lire 15.750.000 (euro
8.134,20) il danno, pari cioè al costo necessario a tenere la so
cietà in vita per il periodo eccedente la durata ragionevole del
procedimento. Infondata è, infine, la denunzia di violazione dell'art. 91, 1°
comma, c.p.c., oggetto del terzo motivo, posto che la decisione
impugnata si è, al contrario, esattamente conformata al principio di soccombenza fissato in tale norma, a nulla rilevando, se non
ai fini della quantificazione delle competenze ratione valoris,
l'accoglimento della domanda in misura inferiore al petitum. Al rigetto del ricorso principale segue l'assorbimento dell'in
cidentale condizionato.
Il
In fatto e in diritto. — Che, con ricorso notificato il 20 otto
bre 2003 l'amministrazione delle finanze chiede, con tre motivi
di ricorso, con il quale [sic] la Corte d'appello di Roma l'aveva
condannata al pagamento della somma di euro 250 in favore del
signor Guido Mogavero a titolo di equa riparazione dei danni
non patrimoniali subiti a causa della durata, superiore al termine
ragionevole di cui all'art. 2 1. 89/01, di un giudizio in materia
tributaria;
che l'intimato, al quale il ricorso è stato notificato il 22 otto
bre 2003, non resiste;
che, con il primo motivo di ricorso, il decreto viene censurato
per aver accolto la domanda di equa riparazione, senza conside
rare che le controversie tributarie sono estranee all'ambito di
applicazione dell'art. 6, 1° comma, della convenzione europea dei diritti dell'uomo e, di riflesso, dell'art. 2 1. 89/01:
che tale assunto, nella sua assolutezza, non può essere condi
viso, poiché le controversie che non investono in maniera speci fica la determinazione di un tributo, ma solo aspetti ad essa con
sequenziali o che riguardino l'applicazione (e, quindi, la deter
minazione) di sanzioni di carattere tributario, sono sicuramente
ricomprese nell'ambito di applicazione delle disposizioni sopra indicate (Cass. 17 giugno 2004, n. 11350, Foro it., 2004, I,
3393); che in mancanza di più specifiche indicazioni circa l'oggetto
del giudizio principale non è quindi possibile esprimere alcuna
valutazione in ordine alla fondatezza della censura formulata, la
quale deve essere conseguentemente dichiarata inammissibile;
che, con il secondo motivo, il decreto viene censurato per aver ravvisato l'esistenza del danno non patrimoniale per il solo
fatto del verificarsi della violazione; che anche tale doglianza deve essere dichiarata inammissibile
dal momento che l'esistenza del danno è stata ravvisata dalla
Il Foro Italiano — 2006.
corte territoriale sulla base di una valutazione, sia pure di carat
tere presuntivo, riferita alla specifica durata di quel determinato
processo e agli interessi economici in esso coinvolti;
che, del resto, le sezioni unite di questa corte, all'esito di una
attenta riconsiderazione delle questioni connesse all'applicazio ne del citato art. 2 1. 89/01, hanno statuito che la durata irragio nevole del processo arreca, normalmente, alle parti sofferenze di
carattere psicologico sufficienti a giustificare la liquidazione di
un danno non patrimoniale e che, conseguentemente, una volta
accertata e determinata l'entità della violazione relativa alla du
rata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere tale danno
esistente, sempre che non ricorrano, nel caso concreto, circo
stanze particolari, le quali facciano positivamente escludere che
un pregiudizio siffatto sia stato subito dal ricorrente (sent. 26
gennaio 2004, nn. 1338 e 1339, ibid., 693, e id.. Rep. 2004, vo ce Diritti politici e civili, nn. 268, 277);
che del pari inammissibile è il terzo motivo di ricorso, con il
quale si lamenta che la corte territoriale non avrebbe conside
rato che l'ammontare della riparazione deve essere commisurato
solo al periodo eccedente la durata ragionevole del processo,
posto che, come si desume in modo inequivocabile dal decreto
impugnato, proprio a tale criterio si è attenuta la corte territo
riale;
che il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15
novembre 2005, n. 23019; Pres. Carbone, Est. Papa, P.M.
Iannelli (conci, conf.); Olivieri (Avv. Petracca) c. Siae
(Avv. Vullo). Cassa senza rinvio Trib. Roma 21 giugno 2001.
Tributi in genere — Controversia tra sostituto e sostituito di
imposta — Diritto di rivalsa — Giurisdizione del giudice tributario.
La controversia tra sostituto e sostituito d'imposta avente ad
oggetto la pretesa del primo di rivalersi delle somme versate
a titolo di ritenuta d'acconto, non detratta dagli importi ero
gati al secondo, rientra nella giurisdizione delle commissioni
tributarie. (1)
(1) Le sezioni unite smentiscono Cass., sez. un., ord. 19 febbraio
2004, n. 3343, Foro it.. 2004, I, 1425 (la decisione è annotata da Bu
reau, La tutela dei credito del sostituto nella c.d. «rivalsa successiva». in Rass. trib., 2005, 911), che aveva invece ricondotto alla giurisdizio ne del giudice ordinario la controversia fra sostituto e sostituito d'im
posta avente ad oggetto il credito di rivalsa del primo nell'ipotesi di ri tenute versate senza essere state previamente detratte dalle somme cor
risposte al secondo, e ribadiscono la portata generale del principio, più volte espresso dalle medesime sezioni unite, per cui la giurisdizione delle commissioni tributarie comprende tutte le questioni attinenti al l'esistenza ed all'entità dell'obbligazione tributaria, comprese quelle che insorgono tra sostituito e sostituto d'imposta relativamente alla le
gittimità delle ritenute d'acconto operate dal secondo (v., ex plurimis, Cass., sez. un., ord. 12 marzo 2004, n. 5187, Foro it.. Rep. 2004, voce Tributi in genere, n. 1219, in motivazione).
La sentenza in epigrafe è annotata da Taviano, in Notiziario, 2006, 129; Turchi, in Argomenti dir. lav., 2006, 653; Lupi, in Dialoghi dir.
tributario, 2006, 302; Fransoni, in Riv. dir. trib., 2005, II, 635.
Ritenuta versata ma non effettuata. Quale giurisdizione?
Un sostituto d'imposta (nella specie, un datore di lavoro) al mo mento del pagamento al sostituito (nella specie, un lavoratore) non
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