sezione I civile; sentenza 10 febbraio 1996, n. 1053; Pres. Cantillo, Est. Lupo, P.M. Cinque(concl. conf.); Consiglio nazionale ordine giornalisti (Avv. Scoca, Pandiscia), c. Consiglio ordinegiornalisti Lombardia (Avv. Punzi, Rimini), Tedeschi. Conferma App. Milano 4 marzo 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2467/2468-2475/2476Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190090 .
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2467 PARTE PRIMA 2468
Vutilitas, al fatto che il lotto di sua proprietà era divenuto ine
dificabile. Con il secondo motivo si denunzia erronea interpretazione
dell'art. 833 c.c., lamentandosi che siano stati esclusi gli estremi
dell'atto di emulazione nell'azione della Monti sebbene costei
avesse preteso l'abbattimento parziale di un fabbricato col solo
scopo di provocare un danno, ed assai grave, al vicino senza
trarne alcuna utilità.
Anche questa censura è destituita di fondamento.
La corte d'appello, infatti, si è puntualmente uniformata al
costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui non è a
parlarsi di atto emulativo allorquando un proprietario domandi
in giudizio, contro il vicino, il rispetto di un obbligo contrattua
le, e, più in particolare, il rispetto di una distanza pattiziamente
stabilita, a nulla rilevando che la violazione di questa non si
sia tradotta in un danno concreto ed effettivo (v. sent. 8 gen naio 1981, n. 164, id., Rep. 1981, voce Emulazione, n. 3; 28
giugno 1976, n. 2454, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1; 23 feb
braio 1963, n. 448, id., Rep. 1963, voce cit., n. 4). Né si comprende quale particolarità, tale da rendere inappli
cabile il principio in parola, vi sia nel fatto che la Monti, nel
l'invocare il riconoscimento del suo diritto al rispetto della di
stanza pattuita, abbia preteso l'eliminazione del manufatto co
struito in violazione di essa, posto che tale pretesa era
legittimamente connessa all'esperita azione confessoria, giusta il disposto dell'art. 1979 c.c.
Del pari infondato è il terzo motivo con il quale si lamenta
che il giudice d'appello abbia errato in fatto e in diritto circa
la natura del portico e circa la sua legittimità con riferimento
ai patti contrattuali: in fatto per avere affermato in maniera
del tutto apodittica che il portico era alto più di quattro metri, il che non trovava alcun riscontro negli atti di causa; in diritto
per non aver considerato che, a norma dell'art. 817 c.c., sono
pertinenze tutte quelle cose destinate in modo durevole a servi
zio e ad ornamento di un'altra cosa, funzione, questa, indub
biamente ravvisabile nel portico.
Invero, l'affermazione dei giudici milanesi che quel portico
presentava la struttura propria di un elemento aggettante della
costruzione ed aveva una funzione evidentemente diversa da quel la dei locali destinati a rimessa od a ripostiglio, sicché non era
in alcun modo assimilabile a siffatti accessori che la clausola
pattizia escludeva specificamente dall'obbligo della distanza di
quattro metri dal confine e consentiva che fossero costruiti «in
confine», rappresenta un accertamento di fatto, peraltro ade
guatamente motivato attraverso il preciso riferimento alla strut
tura e alla destinazione del manufatto, sicché non è suscettibile
di sindacato in questa sede di legittimità. Né vale addurre una
pretesa apoditticità dell'assunto che il portico aveva un'altezza
«incontestatamente» superiore ai quattro metri, trattandosi di
un semplice obiter dictum, atteso che un'altezza eventualmente
inferiore a detta misura non avrebbe comunque giovato alle ra
gioni degli attuali ricorrenti, una volta escluso che la costruzio
ne fosse un accessorio in qualche modo assimilabile alle rimesse
o ai ripostigli, nel qual caso soltanto, secondo il patto contrat
tuale, avrebbe potuto assumere rilievo (negativo) il fatto che
essa fosse alta più di quattro metri.
Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso deve
essere rigettato.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 feb
braio 1996, n. 1053; Pres. Cantillo, Est. Lupo, P.M. Cin
que (conci, conf.); Consiglio nazionale ordine giornalisti (Aw.
Scoca, Pandiscia), c. Consiglio ordine giornalisti Lombar
dia (Avv. Punzi, Rimini), Tedeschi. Conferma App. Milano
4 marzo 1994.
Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali — Contenzioso elettorale — Procedimento — Fase giudizia ria — Sentenza del tribunale — Impugnazione — Modalità
(L. 3 febbraio 1963 n. 69, ordinamento della professione di
giornalista, art. 63). Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali
— Contenzioso elettorale — Procedimento — Fase giudizia ria — Sentenza del tribunale — Impugnazione — Citazione
ordinaria — Procedibilità — Condizioni (L. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 63).
Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali — Contenzioso elettorale — Procedimento — Azione giudi ziaria — Sospensione dei termini processuali — Applicabilità
(R.d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudiziario, art.
92; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 63; 1. 7 ottobre 1969 n.
742, sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, art. 1, 3).
Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali — Contenzioso elettorale — Procedimento — Fase giudizia ria — Sentenza del tribunale — Impugnazione — Decorrenza
del termine breve — Condizioni (Cod. proc. civ., art. 170,
285; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 63). Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali
— Elezioni — Proclamazione degli eletti — Reclamo al con
siglio nazionale — Modalità — Inosservanza — Conseguenze
(L. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 8; d.p.r. 4 febbraio 1965 n.
115, regolamento per l'esecuzione della 1. 3 febbraio 1963 n.
69, art. 59, 61; d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199, semplifica zione dei procedimenti nei ricorsi amministrativi, art. 2).
L'impugnazione della sentenza del tribunale che ha deciso sul
reclamo avverso le deliberazioni degli organi di giustizia in
terni all'ordinamento professionale dei giornalisti (nella spe
cie, in materia di contenzioso elettorale) è correttamente pro
posta alla corte di appello senza ulteriore specificazione, an
corché l'art. 63, 3 ° comma, l. 69/63 configuri una particolare
composizione del collegio giudicante prescrivendone l'integra zione con un giornalista ed un pubblicista. (1)
(1-5) Benché affermate nell'ambito di una controversia elettorale, le massime tratte dalla sentenza sopra riportata appaiono generalizzata mente applicabili, attesa l'uniformità della relativa disciplina procedi mentale, a tutte le istanze di giustizia inerenti all'ordinamento profes sionale dei giornalisti (e, quindi, anche a quelle relative al contenzioso
disciplinare ed al contenzioso in materia di iscrizione o cancellazione
dall'albo, registri, elenchi). Le prime due massime attengono entrambe all'introduzione dell'ap
pello avverso la decisione del tribunale sulla deliberazione del consiglio nazionale intervenuta, a definizione della fase amministrativa del con
tenzioso, sui provvedimenti del consiglio regionale o interregionale. Di tali massime, la prima si fonda sul presupposto che la peculiare
composizione del collegio giudicante configurata dall'art. 63, 3° com
ma, 1. 69/63 non incide sull'identità dell'ufficio al quale l'atto di impu gnazione va indirizzato (e che, del resto, nel 2° comma del medesimo articolo è tout court identificato nella corte di appello). Nei medesimi
termini, ancorché con riguardo all'introduzione del primo grado del
giudizio davanti al tribunale (in peculiare composizione), v., nella moti
vazione, Trib. Milano 28 ottobre 1992, Foro it., 1993, I, 2357, con nota di richiami. Per l'identica conclusione (in base al medesimo crite rio discretivo), con riferimento all'ipotesi di una citazione contenente vocatio in ius davanti al tribunale anziché alla sezione fallimentare, cfr. Cass. 15 marzo 1990, n. 2117, id., Rep. 1990, voce Fallimento, n. 257.
La seconda massima s'ispira al generalissimo principio di conserva zione del valore giuridico degli atti. Nello stesso senso, cfr., in relazione all'atto introduttivo del primo grado del giudizio davanti al tribunale, Trib. Milano 28 ottobre 1992, cit., e, in relazione ad una procedura camerale ex art. 274 c.c., Cass. 5 gennaio 1994, n. 74, id., 1994, I, 724, con nota di F. Cipriani (critica in ordine all'affermata irrilevanza di una notificazione che intervenga entro il termine per appellare), cita ta in motivazione. Sulla problematica, in tema di controversie agrarie e con riferimento a profili di disciplina transitoria della 1. 553/73, v. Cass. 29 ottobre 1981, n. 5717, id., 1981, I, 2941, con nota di C. M. Barone.
La terza e la quarta massima non costituiscono che applicazione spe
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
L'impugnazione avverso la sentenza del tribunale, che, ai sensi
dell'art. 63 l. 69/63 (e nella particolare composizione ivi pre
vista), ha deciso sul reclamo avverso la delibera del consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti in tema di contenzioso
elettorale è procedibile anche se proposta con atto di citazio
ne ad udienza fissa (anziché con ricorso depositato in cancel
leria secondo le forme procedimentali del rito camerale ri
chiamato dagli art. 64 della legge stessa), a condizione che, entro il termine (di trenta giorni) per impugnare, la citazione
sia depositata in cancelleria e non semplicemente notificata alle controparti. (2)
La sospensione dei termini processuali durante il periodo feria
le, disposta dall'art. 1 l. 742/69, si applica anche ai giudìzi in materia di controversie elettorali relative all'ordinamento
professionale dei giornalisti. (3) La notificazione della sentenza del tribunale in tema di reclamo
avverso le deliberazioni degli organi di giustizia interni all'or
dinamento professionale dei giornalisti, ove sia stata effettua ta alla controparte personalmente nella sua abitazione e non
al procuratore costituito (come previsto dagli art. 285 e 170, 10 comma, c.p.c.), è inidonea a far decorrere il termine breve
per l'impugnazione sia nei confronti del notificato sia nei con
fronti de! notificante. (4) Ai sensi del combinato disposto degli art. 8 e 61 l. 69/63, il
reclamo avverso la proclamazione dei risultati delle elezioni
a componente di consiglio regionale o interregionale dell'or
dine dei giornalisti che sia proposto al consiglio nazionale del
l'ordine direttamente (e non, come normativamente previsto a garanzia del contraddittorio con il controinteressato, per 11 tramite del consiglio regionale o interregionale) determina
l'annullabilità, per violazione dì legge nel correlativo iter for
mativo, della deliberazione del consiglio nazionale ad esso con
seguita, allorché, pur essendovi prova dell'avvenuta tempesti va notificazione del reclamo al controinteressato, a questi non
risulta comunicata anche la documentazione allegata. (5)
Svolgimento del processo. — Domenico Tedeschi, all'esito di
votazioni tenutesi nei giorni 7 ed 8 giugno 1992, venne procla mato componente del consiglio dell'ordine regionale lombardo
dei giornalisti.
cifica ai giudizi in tema di controversie inerenti all'ordinamento profes sionale dei giornalisti di canoni processualistici già ampiamente conso lidati.
Sull'operatività della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale nelle controversie in materia elettorale, oltre a Cass. 25 febbraio
1992, n. 2318, id., Rep. 1992, voce Termini processuali civili, n. 9, e 29 novembre 1983, n. 7153, id., Rep. 1983, voce cit., n. 44, citate in motivazione, v. Cass. 20 luglio 1991, n. 8074, id., Rep. 1991, voce
Elezioni, n. 203; Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 1994, n. 612, id., Rep. 1994, voce cit., n. 243; 3 maggio 1994, n. 410, ibid., n. 244; nonché
Corte cost., ord. 8 marzo 1985, n. 61, id., 1985, I, 1278. Sull'inidoneità della notificazione alla controparte personalmente nel
la sua abitazione e non al suo procuratore costituito (ex art. 285 e 170, 1° comma, c.p.c.) a far decorrere il termine breve per l'impugnazione sia nei confronti del notificato sia nei confronti del notificante, oltre a Cass. 30 marzo 1995, n. 3808, id., Mass., 474; 1° marzo 1990, n.
1556, id., Rep. 1990, voce Impugnazioni civili, n. 33; 19 gennaio 1990, n. 305, ibid., n. 32, citate in motivazione, v. ancora: Cass. 9 giugno 1993, n. 6415, id., Rep. 1993, voce Cassazione civile, n. 73; 26 febbraio
1988, n. 2043, id., Rep. 1988, voce Impugnazioni civili, n. 20; Cons.
Stato, sez. V, 30 settembre 1988, n. 521, ibid., voce Giustizia ammini
strativa, n. 567; Cass. 13 maggio 1987, n. 4370, id., Rep. 1987, voce
Impugnazioni civili, n. 38; 8 gennaio 1987, n. 24, ibid., n. 39; 16 di
cembre 1986, n. 7573, id., Rep. 1986, voce cit., n. 29; 5 marzo 1985, n. 1835, id., Rep. 1985, voce cit., n. 31; 1° dicembre 1984, n. 6290,
id., Rep. 1984, voce cit., n. 28; nonché, con specifico riferimento al
contenzioso relativo alle elezioni amministrative, Cass. 17 giugno 1982, n. 3682, id., 1983, I, 133, con nota di richiami.
In senso conforme alla quinta massima, si è espressa App. Milano
4 marzo 1994, inedita, confermata dalla decisione riportata in epigrafe, che, in funzione di essa, ha riformato Trib. Milano 5 aprile 1993, id.,
1993, I, 2356, con nota di richiami, intervenuta nel primo grado del
medesimo giudizio, sulla base di un divergente accertamento di fatto
in ordine alla concreta ricorrenza di presupposti d'un adeguato con
traddittorio. Mette conto segnalare che né la corte di legittimità né quella di meri
to contraddicono il principio affermato, dai giudici di primo grado, secondo cui, indipendentemente dall'applicabilità della previsione di cui
Il Foro Italiano — 1996.
Contro tale elezione il giornalista Piergiorgio Corbia presentò
ricorso, diretto al consiglio nazionale dell'ordine, assumendo
che il Tedeschi, alla data fissata per la convocazione dell'assem
blea elettorale (31 maggio 1992), non aveva ancora maturato
l'anzianità di cinque anni di iscrizione nell'elenco dei pubblici
sti, necessaria, ai sensi dell'art. 3 1. 3 febbraio 1963 n. 69, per
potere fare parte del consiglio regionale. Il ricorso fu accolto ed il consiglio nazionale, con delibera
del 5 novembre 1992, annullò l'elezione del Tedeschi. Questi
impugnò la delibera dinanzi al Tribunale di Milano, a norma
del 1° comma dell'art. 63 1. 69/63, in primo luogo lamentando
violazioni di natura procedurale e, in secondo luogo, sostenen
do che il consiglio aveva male applicato la citata disposizione in tema di legittimazione elettorale passiva.
Il tribunale adito, con sentenza depositata il 5 aprile 1993
0Foro it., 1993, I, 2356), respinse l'impugnazione del Tedeschi, ritenendo infondati tutti i motivi proposti a sostegno di essa.
Il Tedeschi propose appello e nel relativo giudizio si costitui
rono il consiglio regionale della Lombardia ed il consiglio 'na
zionale dei giornalisti, mentre il Corbia restò contumace.
La Corte d'appello di Milano, con la sentenza depositata il
4 marzo 1994, innanzitutto, ha respinto diverse eccezioni di inam
missibilità dell'appello sollevate dal consiglio nazionale. A tal
fine la corte ha affermato che: a) l'impugnazione era stata ri
tualmente indirizzata alla corte di appello, anche se non era
stato menzionato con il collegio giudicante doveva essere inte
grato con un giornalista professionista e con un pubblicista, secondo la previsione dell'art. 63, 3° comma, 1. 69/63 (previsio ne poi rispettata dall'organo decidente); b) pur essendo previsto un procedimento camerale dall'art. 64, 1° comma, della stessa
legge, l'introduzione del giudizio di appello mediante citazione
ad udienza fissa (anziché mediante ricorso depositato in cancel
leria) era, di per sé sola, irrilevante; c) il deposito dell'atto di
citazione in cancelleria (al momento dell'iscrizione della causa
al ruolo) era avvenuto entro il termine di trenta giorni, che era
iniziato a decorrere dalla notifica della sentenza di primo grado effettuata dal Tedeschi al Corbia il 4 agosto 1993, non potendo essere considerato come dies a quo quello (precedente) in cui
la notifica della sentenza era stata effettuata alla sede del consi
glio regionale (anziché al procuratore domiciliatario dello stes
all'art. 2 d.p.r. 1199/71 in tema di «semplificazione dei procedimenti nei ricorsi amministrativi», il reclamo avverso la proclamazione dei ri sultati delle elezioni a componente di consiglio regionale dell'ordine dei
giornalisti, ove tempestivo, è, in linea di principio, ricevibile ed ammis
sibile anche se presentato direttamente al consiglio nazionale (anziché, come previsto dall'art. 61 del regolamento, per il tramite del consiglio regionale che ha proceduto alla proclamazione).
In tema di garanzia del contraddittorio nella fase amministrativa del contenzioso inerente all'ordinamento professionale dei giornalisti, v.,
altresì, Corte cost. 14 dicembre 1995, n. 505 (G.U., la s.s., 20 dicem bre 1995, n. 52).
La decisione in epigrafe non si pronunzia sulla natura del reclamo
avverso la proclamazione dei risultati delle elezioni a componente di
consiglio regionale o interregionale dell'ordine dei giornalisti, concorde mente qualificato dai giudici di merito quale ricorso gerarchico impro
prio. La natura amministrativa della fase contenziosa applicantesi da
vanti agli organi dell'ordinamento professionale (del resto testualmente dichiarata dall'art. 20, lett. d, 1. 69/63) è ribadita da Corte cost. 14
dicembre 1995, n. 505, cit., e, altresì, da Trib. Milano 6 aprile 1995,
pres. ed est. Roda Bogetti, Locatelli, e 3 agosto 1995, pres. Roda Bo
getti, est. Bonaretti, Bestetti ed altri, inedite, che peraltro, in sintonia
con Trib. Milano 28 ottobre 1992, cit., hanno ritenuto che la fase giuri sdizionale del contenzioso inerente all'ordinamento professionale dei gior nalisti può aver ingresso, ai sensi degli art. 63 s. 1. 69/63, solo in pre senza di una deliberazione del consiglio nazionale che esaurisca definiti
vamente la correlativa fase amministrativa e non si limiti a disporre, interlocutoriamente, il rinvio al consiglio regionale o interregionale per rinnovazioni o integrazioni istruttorie.
Sulla disciplina procedimentale in tema di impugnazione delle delibe
re del consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, cfr., altresì, Cass.
19 marzo 1993, n. 3295, Foro it., Rep. 1994, voce Giornalista, n. 10, con particolare riguardo alla legittimazione attiva ed ai poteri del giudi
ce, nonché Corte cost. 13 maggio 1993, n. 235, id., Rep. 1993, voce
cit., n. 9, che ha negato la ricorrenza di profili d'illegittimità costituzio
nale nella previsione dell'art. 64, 1° comma, 1. 69/63, che, prescrivendo l'adozione del rito camerale, esclude la pubblicità dei giudizi sulle con
troversie inerenti all'ordinamento professionale dei giornalisti.
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2471 PARTE PRIMA 2472
so), essendo tale forma di notifica inidonea a fare decorrere
il termine per l'impugnazione; d) tempestivo era perciò l'appel lo proposto dal Tedeschi con la citazione depositata il 15 otto
bre 1993, dovendosi applicare la sospensione dei termini duran
te il periodo feriale.
Passando all'esame dei motivi dell'impugnazione, la corte di
appello ha ritenuto fondata la doglianza relativa al non corretto
svolgimento del procedimento amministrativo conclusosi con la
decisione del consiglio nazionale. Ed invero il ricorso presenta to dal Corbia contro l'elezione del Tedeschi a componente del
consiglio regionale non è stato presentato a detto consiglio (co me è prescritto dal 1° comma dell'art. 61 del regolamento ese
cutivo della 1. 69/63, approvato con d.p.r. 4 febbraio 1965 n.
115), ma è stato inviato direttamente al consiglio nazionale com
petente per la decisione. Tale anomalia è rilevante non in se
stessa, ma in quanto ha comportato la violazione del 4° comma
dello stesso art. 61, secondo cui il ricorso e gli atti del procedi mento rimangono depositati presso il consiglio regionale per tren
ta giorni con facoltà per l'interessato di prenderne visione. Nel
caso di specie, questa fase del procedimento è mancata; e se
è vero che il ricorso del Corbia è stato poi notificato al Tede
schi, che ha inviato al consiglio nazionale le proprie controde
duzioni, è anche vero che egli non ha avuto la possibilità di
prendere conoscenza dei dodici allegati al ricorso del Corbia.
La corte di appello ha, perciò, annullato la deliberazione del
consiglio nazionale per violazione di legge. Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, il con
siglio nazionale dell'ordine dei giornalisti ha proposto ricorso
per cassazione, deducendo cinque motivi. Il consiglio dell'ordi
ne della Lombardia ha presentato controricorso, mentre il Te
deschi ed il Corbia non hanno svolto attività difensiva davanti
a questa corte. Il consiglio nazionale ed il consiglio regionale hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Vanno esaminati prioritaria mente il quarto ed il quinto motivo del ricorso, con cui si cen
sura la parte della sentenza impugnata che ha ritenuto ammissi
bile l'appello proposto dal Tedeschi.
Con il quarto motivo il consiglio nazionale deduce la viola
zione dell'art. 63 1. 3 febbraio 1963 n. 69, nonché la contraddit
torietà ed il difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Il ricorrente ritiene che l'appellante abbia individuato in modo
generico ed inammissibile l'organo giudiziario al quale l'appello era diretto (corte di appello nella composizione ordinaria, anzi
ché in quella integrata prevista dal citato art. 63). Il motivo di ricorso è infondato. Va premesso che, secondo
l'art. 63 1. 3 febbraio 1963 n. 69, avverso la sentenza del tribu
nale (che decide i reclami contro le deliberazioni degli organi
professionali) è dato ricorso alla corte di appello competente
per territorio (2° comma). Il collegio giudicante della corte di
appello (come quello del tribunale) è integrato da un giornalista
professionista e da un pubblicista (3° comma). Il Tedeschi ha impugnato la sentenza del tribunale davanti
alla corte di appello, la quale ha deciso nel collegio integrato ai sensi dell'art. 63 1. 69/63.
Come ha esattamente ritenuto la sentenza impugnata, l'atto
di impugnazione del Tedeschi è stato correttamente proposto alla corte di appello, che, senz'altra specificazione, è l'ufficio
giudiziario indicato dal 2° comma del citato art. 63 come com
petente a decidere. Che poi il 3° comma dello stesso art. 63
preveda una particolare composizione del collegio decidente (for mato da cinque membri, perché integrato da un giornalista ed
un pubblicista) non incide sulla identità dell'ufficio al quale va
indirizzato l'atto di impugnazione, che è pur sempre la corte
di appello unitariamente intesa. La diversa composizione del
l'organo decidente assume rilievo nella trattazione e decisione
della causa, non della individuazione del destinatario del ricor
so proposto dalla parte, il quale resta correttamente identificato
nell'ufficio della corte di appello. Per sostenere il contrario, la parte ricorrente richiama i rap
porti tra tribunale ordinario e tribunale fallimentare. Ma va, al riguardo, osservato che, come questa corte ha già deciso (v., tra le altre, Cass. 15 marzo 1990, n. 2117, Foro it., Rep. 1990, voce Fallimento, n. 257), in una causa instaurata davanti al
tribunale che ha dichiarato il fallimento (competente ai sensi
dell'art. 24 1. fall.), non spiega effetti invalidanti sull'atto di
citazione la circostanza che si indichi il giudice adito nel tribu
nale stesso, anziché nella sua sezione fallimentare, considerato
Il Foro Italiano — 1996.
che questa è espressione dell'organizzazione interna dell'ufficio
giudiziario e non costituisce un ufficio autonomo, munito di
propria competenza. Tale orientamento va ancor più affermato
nel caso in esame, in cui non si è in presenza di una particolare
organizzazione interna dell'ufficio (non essendovi una sezione
dell'intero ufficio a cui siano attribuiti i procedimenti della spe cifica materia), essendo prevista soltanto una particolare com
posizione del colleggio giudicante, non accompagnata cioè dalla
previsione ordinamentale ed organizzativa di una sezione del
l'intero (ed unico) ufficio giudiziario. 2. - Con il quinto motivo del ricorso si deduce la violazione
e falsa applicazione dell'art. 64 1. 3 febbraio 1963 n. 69, la
violazione delle norme e dei principi dettati dal c.p.c. in mate
ria di procedimenti camerali, nonché la contraddittorietà ed il
difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Il motivo contiene più censure alla sentenza impugnata. Il ricorrente, innanzitutto, osserva che l'appello del Tedeschi
doveva essere dichiarato inammissibile ed irricevibile perché pro
posto con atto di citazione ad udienza fissa, anziché mediante
ricorso presentato in cancelleria, come dispongono gli art. 63
e 64 1. 69/63, che prevedono il rito camerale.
Il deposito in cancelleria della citazione di appello è comun
que avvenuto oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della
sentenza del tribunale (art. 63, 2° comma, 1. 69/63). La senten
za impugnata che è pervenuta a conclusione contraria, è censu
rabile sotto due diversi aspetti perché: a) essa ha applicato al
termine per impugnare la sospensione dei termini nel periodo
feriale, la quale non sembra applicabile alla materia elettorale;
b) ha fatto decorrere detto termine dalla notifica della sentenza
avvenuta il 4 agosto 1993, mentre vi sono state in precedenza altre due notifiche, il 13 ed il 23 luglio. La corte di appello ha escluso la ritualità di quest'ultima notifica perché effettuata
presso la sede del consiglio nazionale, e non presso il domicilio
eletto, ma tale affermazione non può condividersi perché la no
tifica, ancorché irrituale, fa decorrere anche per il notificante
il termine per appellare. La corte non ha poi spiegato perché fosse irrituale la notifica del 13 luglio.
Il motivo di ricorso è infondato in tutte le censure proposte. Con riguardo alla proposizione dell'atto di appello del Tede
schi mediante citazione notificata all'altra parte, anziché me
diante ricorso depositato in cancelleria (secondo il rito prescrit to dal codice di procedura civile per i procedimenti camerali, tra i quali rientra anche quello disciplinato dagli art. 63 e 64
1. 69/63), la sentenza impugnata ha correttamente applicato l'o
rientamento interpretativo di questa corte secondo cui l'uso del
la citazione in luogo del ricorso non esclude che all'una possa no attribuirsi gli effetti propri dell'altro (in base al principio della conversione dell'atto nullo), a condizione che l'atto intro
duttivo errato possa considerarsi tempestivo alla stregua delle
norme che regolano la tempestività dell'atto corretto, vale a di
re a condizione che la citazione risulti depositata in cancelleria entro il termine per impugnazione, a nulla rilevando che essa sia stata notificata in tale termine (v., ex plurimis, Cass. 6 gen naio 1994, n. 74, id., 1994, I, 724).
Nel caso di specie, l'atto di citazione del Tedeschi è stato
depositato nella cancelleria della corte di appello entro il termi
ne, prescritto dall'art. 63 1. 69/63, di trenta giorni dalla notifica della sentenza impugnata.
Nel calcolo di tale termine la corte di appello ha esattamente
tenuto conto della sospensione dei termini processuali durante
il periodo feriale, disposta dall'art. 1 1. 7 ottobre 1969 n. 742.
Tale sospensione si applica anche alle cause in materia elettora
le, le quali non sono menzionate tra le cause escluse dalla so
spensione nell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, al quale fa
rinvio l'art. 3 1. 742/69 (Cass. 25 febbraio 1992, n. 2318, id., Rep. 1992, voce Termini processuali civili, n. 9; 29 novembre
1983, n. 7153, id., Rep. 1983, voce cit., n. 44) . In ordine all'individuazione del dies a quo del termine per
appellare (notificazione della sentenza del tribunale), la corte di appello ha correttamente applicato l'orientamento più recen te di questa corte secondo cui, qualora la sentenza venga notifi
cata alla controparte personalmente nella sua abitazione, e non al procuratore costituito (secondo la previsione degli art. 285
e 170, 1° comma, c.p.c.), la notificazione stessa è inidonea a
far decorrere il termine breve per l'impugnazione non soltanto nei confronti del notificato, ma anche nei confronti del notifi
cante, stante la necessaria comunanza di tale termine ad en
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
trambe le prati (Cass. 30 marzo 1995, n. 3808, id., Rep. 1995, voce Impugnazioni civili, n. 43; 1° marzo 1990, n. 1556, id.,
Rep. 1990, voce cit., n. 33; 19 gennaio 1990, n. 305, ibid., n. 32). In applicazione di tale principio la corte di appello ha corret
tamente ritenuto inefficace la notifica effettuata il 23 luglio 1993, su istanza del Tedeschi, al consiglio regionale dell'ordine dei
giornalisti, perché non avvenuta a mani del procuratore domici
liatario per il giudizio di primo grado. Nel ricorso per cassazione si lamenta che la corte di appello
non abbia spiegato perché è stata ritenuta invalida anche un'al
tra notifica, che sarebbe avvenuta in precedenza (il 13 luglio
1993), e si deduce perciò un vizio di motivazione della sentenza
impugnata.
Va, però, osservato che il ricorrente prospetta un error in
procedendo, consistente nell'erroneo giudizio di ammissibilità
dell'atto di appello. La sussistenza o meno di tale errore è valu
tabile direttamente da questa corte, essendo ricollegabile al com
pimento di atti processuali, onde non assume rilievo il vizio
di motivazione della sentenza impugnata previsto dall'art. 360, n. 5, c.p.c.
Nel fascicolo processuale non si rinviene alcuno dagli atti di
notifica della sentenza del tribunale (né la notifica del 23 luglio né quella che si assume avvenuta il 13 luglio, ma potrebbe trat
tarsi di un'unica notifica, indicata nella sentenza con date di
verse per mero errore materiale), onde questo collegio non può accertare se si sia avuta una notifica valida anteriormente a quella
(avvenuta il 4 agosto 1993), ritenuta dalla corte di appello ido
nea a fare decorrere il termine per appellare. Poiché la prova dell'inizio di decorrenza del temine per impugnare in data ante
riore a quella affermata dalla sentenza impugnata incombe sul
la parte che afferma tale fatto processuale e ne vuole trarre
effetti a sé favorevoli, la mancanza della prova stessa comporta l'infondatezza della censura.
3. - Respinti i due motivi (il quarto ed il quinto) che censura
no la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto ammis
sibile l'appello proposto dal Tedeschi, occorre passare all'esame
dei motivi che si indirizzano contro la pronunzia di accoglimen to dell'appello medesimo.
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione degli art. 17 e 61 d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115
(regolamento di esecuzione della 1. 3 febbraio 1963 n. 69) e de
gli art. 63 e 64 di quest'ultima legge. Il ricorrente critica la tesi della corte d'appello, secondo cui
la prestazione da parte del Corbia del ricorso contro l'elezione
del Tedeschi direttamente al consiglio nazionale dell'ordine e
non al consiglio regionale (pur essendo di per sé priva di rilievo,
posto che il ricorso è comunque pervenuto all'organo dotato
di competenza a decidere, e cioè il consiglio nazionale) avrebbe,
tuttavia, determinato, come conseguenza, il mancato deposito dell'atto stesso e degli allegati per trenta giorni presso quest'ul timo organo (ex art. 61 d.p.r. 115/65), circostanza quest'ultima che non avrebbe consentito al controinteressato di esercitare in
modo compiuto il proprio diritto di difesa.
Il ricorrente osserva contro i risultati delle elezioni dei consi
gli che, secondo l'art. 17 d.p.r. 115/65, i reclami regionali o interregionai e del consiglio nazionale dell'ordine, sono regolati
dagli art. 59 ss. del regolamento medesimo, «in quanto applica bili». Quindi l'interpretazione delle norme regolamentari (nella
specie, l'art. 61) deve essere compiuta tenendo conto dell'effet
tiva applicabilità delle norme al caso specifico, cioè al ricorso
in materia elettorale.
In tal senso, trattandosi di materia elettorale, la mancata pre sentazione al consiglio regionale del ricorso non rappresenta un'a
nomalia, ma è giustificata dalla veste di parte in causa assunta
nel caso specifico dall'organo regionale presso il quale l'interes
sato era stato eletto.
Il ricorrente aggiunge che, quand'anche si volesse ritenere ano
mala tale procedura, essa risulterebbe di per sé ininfluente, es
sendo comunque pervenuto il ricorso tempestivamente all'unico
organo giudicante (consiglio nazionale) deputato per legge ad
esprimersi in merito. Né appare compromesso il diritto di dife
sa del Tedeschi, giacché la giacenza del ricorso presso il consi
glio regionale deve intendersi come mero strumento per la rea
lizzazione del contraddittorio ed in tal senso può essere sostitui
ta da mezzi equipollenti o più efficaci, quali la diretta
trasmissione del ricorso all'interessato. E, nel caso di specie, il ricorso è stato notificato al Tedeschi, che ha inviato al consi
II Foro Italiano — 1996.
glio nazionale le proprie controdeduzioni ed avrebbe potuto pren dere visione dei documenti ed allegati eventualmente esistenti.
Il ricorrente osserva, infine, che l'art. 61 d.p.r. 115/65 non
prevede alcuna ipotesi di inammissibilità o decadenza nel caso
in cui la procedura risulti difforme da quella ivi prevista. Il motivo di ricorso è infondato. L'art. 8 1. 3 febbraio 1963
n. 69, prevede che contro i risultati delle elezioni dei consigli dell'ordine regionali o interregionali ciascun iscritto all'albo può
proporre reclamo al consiglio nazionale dell'ordine. Tale recla
mo, per il disposto dell'art. 17 d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115
(regolamento per l'esecuzione della 1. 69/63), è regolato dagli art. 59 ss. dello stesso regolamento, in quanto applicabili. Se
condo gli art. 59 e 61 di detto regolamento il reclamo si propo ne mediante ricorso da presentare o notificare al consiglio re
gionale o interregionale, anche se esso va poi deciso dal consi
glio nazionale. Tale disposizione è applicabile al reclamo previsto dall'art. 8 1. 69/63, come si desume dal fatto che l'art. 66 dello
stesso regolamento prevede una diversa procedura solo per il
ricorso contro il risultato delle elezioni per il consiglio naziona
le (art. 16, ultimo comma, 1. 69/63), ricorso che è presentato o notificato direttamente al consiglio nazionale. Quest'ultima
procedura, prevista dall'art. 66 come eccezione alla regola gene rale posta dal precedente art. 61, è limitata espressamente alle
elezioni per il consiglio nazionale, e non può pertanto essere
riferita ai ricorsi contro le elezioni per i consigli regionali. Il ricorrente sostiene che il deposito (o la notifica) del recla
mo al consiglio regionale dovrebbe escludersi per il fatto che
esso è interessato all'esito del reclamo stesso. Va, in senso con
trario, osservato che la proedura prevista dall'art. 61 del rego lamento è riferita, in modo diretto, ai ricorsi con cui si impu
gnano le deliberazioni emesse dal consiglio regionale (v. il 1°
comma); e rispetto a tali ricorsi detto consiglio non è certo me
no interessato che riguardo ai ricorsi concernenti le elezioni per la sua composizione.
Come ha bene osservato la corte di appello, il deposito del
ricorso presso il consiglio regionale è finalizzato alla realizza
zione del contraddittorio secondo le forme previste nel 4° com
ma dello stesso art. 61. Ed in quest'ultima disposizione si pre vede che l'interessato può prendere visione degli atti depositati
presso il consiglio regionale «in tutti i casi», e quindi anche
nel caso del ricorso in materia elettorale. Ciò che rileva, pertan
to, non è il mero mancato deposito del ricorso presso il consi
glio regionale, ma il fatto che tale inosservanza del 1° comma
dell'art. 61 abbia compromesso lo svolgimento del contraddit
torio secondo le forme previste dal 4° comma dello stesso art. 61.
Non si pone, nel caso di specie, il problema — sollevato dal
ricorrente — di una equipollenza alla procedura prevista nel
l'art. 61 di un contraddittorio realizzato con modalità diverse, e cioè mediante la diretta comunicazione all'interessato del ri
corso e di tutti gli atti ad esso collegato. La corte di appello
ha, infatti, accertato che al Tedeschi, se fu notificato il ricorso
del Corbia, non furono comunicati anche i dodici allegati al
ricorso stesso; onde su tali allegati non si è avuta una conoscen
za che possa considerarsi sostitutiva di quella resa possibile dal
l'art. 61, 4° comma.
Né può, in questa sede di legittimità, stabilirsi, come afferma
il ricorrente, che gli allegati erano privi di rilievo. Rimane, a
tal proposito, fermo l'accertamento che si legge nella sentenza
impugnata (e che il ricorrente non contrasta in modo specifico) secondo cui il Tedeschi «nell'atto di appello ha espressamente
negato di avere potuto a suo tempo prendere conoscenza dei
detti allegati, senza ricevere sul punto alcuna specifica smentita
dalle controparti». È irrilevante, infine, che nell'art. 61 del regolamento non sia
prevista alcuna sanzione per l'ipotesi di sua inosservanza. Il man
cato deposito del ricorso presso il consiglio regionale e la assen
za del contraddittorio previsto nel 4° comma dell'art. 61 hanno
determinato il venir meno di una intera fase del procedimento amministrativo previsto dalla legge per la decisione del ricorso,
con la conseguente sussistenza di un vizio di violazione di legge
che determina la illegittimità del provvedimento conclusivo.
4. - Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione
e falsa applicazione dell'art. 2 d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199,
sulla semplificazione dei ricorsi in materia amministrativa. Il
ricorrente lamenta che la corte di appello non abbia fatto appli cazione del citato art. 2, secondo il quale i ricorsi rivolti, nel
termine prescritto, ad organi diversi da quello competente (a
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2475 PARTE PRIMA 2476
deciderli) ma appartenenti alla medesima amministrazione, non
sono soggetti a dichiarazione di irrecevibilità.
Il motivo di ricorso è infondato. Come si desume dalle consi
derazioni espresse nel precedente paragrafo, la corte di appello ha ritenuto sussistente la violazione di legge non per il mero
fatto della presentazione del ricorso del Corbia al consiglio na
zionale (anziché al consiglio regionale), ma per la violazione
del contraddittorio che è conseguita a tale erronea presentazione. L'invocato art. 2 d.p.r. 1199/71, anche se lo si volesse ritene
re applicabile ai rapporti tra consiglio regionale e consiglio na
zionale dell'ordine dei giornalisti, pone rimedio all'erronea pre sentazione di un ricorso amministrtivo, ma non è idoneo a sa
nare le violazioni del principio del contraddittorio verificatesi
nella presente fattispecie. 5. - Con il terzo motivo del ricorso il consiglio nazionale la
menta che la corte di appello ha omesso di valutare nel merito
la fondatezza o meno dell'appello proposto dal Tedeschi, il quale era privo dell'elettorato passivo.
Il motivo di ricorso è infondato perché la corte di appello, avendo ravvisato la sussistenza di un vizio di illegittimità della
delibera del consiglio nazionale, ha conseguentemente annullato
detta delibera ed ha in tal modo accolto la domanda giudiziale
proposta dal Tedeschi con cui si era impugnata davanti al tribu
nale la delibera stessa, ai sensi dell'art. 63 1. 69/63.
L'accoglimento della domanda dell'attore (Tedeschi) ha esau
rito la materia del contendere, onde correttamente la corte di
appello non ha affrontato la questione giuridica su cui era in
tervenuta la delibera del consiglio nazionale.
6. - In conclusione, il ricorso del consiglio nazionale, essendo
infondato, va rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile, sentenza 10 feb
braio 1996, n. 1042; Pres. Sensale, Est. Nardino, P.M. Cin
que (conci, conf.); Soc. Astro (Avv. Bonatti, Amadio) c.
Comune di Melegnano; Comune di Melegnano (Avv. Mau
ceri) c. Soc. Astro. Cassa App. Milano 1° dicembre 1992.
Tributi locali — Tassa smaltimento rifiuti — Rifiuti speciali — Residui derivanti da attività commerciali — Tassazione —
Dichiarazione comunale di assimilabilità ai rifiuti solidi urba ni — Necessità (R.d. 14 settembre 1931 n. 1175, testo unico
per la finanza locale, art. 268; d.p.r. 10 settembre 1982 n.
915, attuazione delle direttive (Cee) n. 75/442 relativa ai ri
fiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici
e nocivi, art. 2, 21).
Nel vigore del r.d. 14 settembre 1931 n. 1175 (nel testo sostitui
to dall'art. 21 d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915), la superficie dei locali ed aree destinati allo svolgimento di attività com
merciali può essere assoggettata alla tassa comunale per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani nel solo caso in cui detti
rifiuti siano stati dichiarati «assimilabili» a quelli urbani in
forza di un provvedimento dell'amministrazione comunale. (1)
(1) I. - La Suprema corte conferma la sua giurisprudenza che richie
de, ai fini dell'assoggettamento alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti che si producono in locali adibiti ad attività commerciali, un provvedi mento comunale che «assimili» gli stessi a quelli c.d. ordinari, per i
quali sussiste l'obbligo di avvalersi del servizio comunale e quello di
pagamento del relativo tributo; parallelamente esclude — anche qui sul la scorta di una consolidata giurisprudenza — che possa all'uopo valere la delibera Cipe del 27 luglio 1984.
In termini, v. Trib. Napoli 5 maggio 1989, Foro it., 1991, I, 648; più di recente, v., nel medesimo senso, Cass. 30 agosto 1994, n. 7582, id., Rep. 1994, voce Tributi locali, n. 180; 3 novembre 1993, n. 10853, ibid., n. 182. Trib. Vercelli 21 ottobre 1994, giud. Di Stefano, inedita;
li Foro Italiano — 1996.
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 9 novem
bre 1987 la s.r.l. Astro conveniva in giudizio dinanzi al Tribu
nale di Lodi il comune di Melegnano, chiedendo il rimborso
della somma di lire 116.360.604 pagata a titolo di tassa per lo
smaltimento dei rifiuti per gli anni 1984, 1985 e 1986.
Assumeva l'attrice di gestire un magazzino di deposito merci
in un'area di circa 30.000 mq., di cui mq. 556 erano occupati da locali destinati ad uffici; di avere sempre provveduto in pro
prio allo smaltimento dei rifiuti ivi prodotti con l'acquiescenza dell'amministrazione comunale; che, vigendo la 1. 366/41, non
aveva mai preteso alcun tributo; che, a seguito dell'entrata in
vigore del d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, il comune aveva
illegittimamente proceduto alla riscossione del tributo tramite
ruoli, senza peraltro rendere alcun servizio relativamente ai sud
detti rifiuti.
richiede una «specifica, positiva ed espressa» dichiarazione dell'ammi nistrazione comunale, Trib. Pescara 8 febbraio 1994, ibid., n. 183, e
P.Q.M., 1994, fase. 2, 56, con nota di I. Del Federico, La legge pre vale sul diritto: le novità in materia di tassa sui rifiuti solidi urbani: v. anche (seppur in obiter) Trib. Napoli 12 febbraio 1991, Foro it.,
Rep. 1992, voce cit., n. 58, e Dir. e giur., 1991, 870, con nota di A.
Nardoni, La tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani. V. poi Cass. 7 luglio 1994, n. 6389, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 181, che, sep pur non decide espressamente sul punto, considera «discutibile» la que stione circa l'ammissibilità della dichiarazione implicita di assimilabilità.
Anche l'amministrazione finanziaria è nel senso di subordinare il po tere impositivo del comune alla dichiarazione di assimilabilità di com
petenza dello stesso; cfr. min. fin., ris. 4 gennaio 1988, n. 8/1885, Bol lettino trib., 1988, 1622. Sulla attribuzione ai comuni del potere — da esercitare sulla base dei criteri dettati dall'art. 12 d.p.r. 915/82 — di dichiarare l'assimilabilità ai rifiuti ordinari, ai fini dell'applicazione dei
tributi, dei residui derivanti dalle attività artigianali, commerciali e di
servizi, v. ris. 4 gennaio 1988, n. 8/1480, Dir. e pratica trib., 1989, I, 201; in argomento, v. anche 21 ottobre 1987, n. 8/2201, ibid., 1120. La stessa amministrazione finanziaria ha, però, riconosciuto la possibi lità di una dichiarazione implicita di assimilabilità, mediante l'«inclu sione» delle aree o dei locali in cui si svolgono attività commerciali nelle categorie dei locali o aree tassabili; v. in tal senso ris. 29 dicembre
1989, n. 8/1191, id., 1991, 236; 21 ottobre 1987, n. 8/1850, id., 1988, 1122.
In dottrina, sulla dichiarazione di assimilabilità dei rifiuti speciali de rivanti da attività commerciali a quelli solidi urbani, e sul conseguente potere impositivo comunale, v. C. Pergola, La disciplina dei rifiuti solidi urbani, la revisione ed armonizzazione della tassa smaltimento, in Dir. e pratica trib., 1994, I, 27 ss., spec. 34; sull'assimilabilità dei rifiuti speciali, v. anche P. Giampietro, Rifiuti (smaltimento dei), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1989, XV, 786 ss., spec. 795; F.
Giampietro, L'assimilabilità dei rifiuti speciali (in specie, ospedalieri) ai rifiuti urbani nel d.p.r. 915/82 e nella delibera interministeriale del 27 luglio 1984, in Giur. merito, 1986, 769.
Sulla problematica della tassazione dell'attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in generale, v. Trib. Napoli 8 maggio 1991, Foro
it., 1992, I, 2845, con nota di richiami. V. di recente, in dottrina, E.
Righi, Questioni varie in tema di tassa sui rifiuti, in Bollettino trib., 1995, 1128; M. Lovisetti, Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e scarti di lavorazione; note a margine della sentenza Tar Lom bardia 8 aprile 1993, n. 282, in Finanza loc., 1994, 403; A. Lattanzio, L'oggettivazione della tassa tributaria sui rifiuti solidi urbani, in Fisco, 1994, 9620.
II. - Giova ricordare che la normativa in materia ha subito di recente modificazioni: in particolare: l'intera discipina della tassa de qua è sta ta riscritta sulla base della delega di cui alla 1. 23 ottobre 1992 n. 421, dal d.leg. 15 novembre 1993 n. 507 (art. 58 ss.), che all'art. 60 qualifica «equiparati» ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti da attività commerciali che siano dichiarati assimilabili ai rifiuti urbani interni. Ai sensi del l'art. 79 («disposizioni finali e transitorie») di tale d.leg. tra i rifiuti solidi urbani, di cui all'art. 2, 3° comma, d.p.r. 915/82, devono com
prendersi anche i rifiuti derivanti da attività commerciali e da servizi
che, per quantità o qualità, siano stati dichiarati, anteriormente al 1994, assimilabili agli urbani attraverso l'inserimento delle predette attività
produttive nella classificazione contenuta nel regolamento del tributo con applicazione di una tariffa obiettivamente commisurata anche ai rifiuti propri dell'attività produttiva stessa, sempreché il servizio di smal timento dei rifiuti solidi urbani sia stato organizzato ed attivato nella zona di esercizio dell'attività suddetta.
Sull'interpretazione di tale normativa, cfr. min. fin., circ. 15 gennaio 1994, n. 1/5, ibid., 1057 ss., spec. 1060, secondo la quale, in presenza della disciplina dettata dall'art. 60, la deliberazione, comunque, costi tuisce modalità esclusiva di individuazione dei rifiuti «equiparati» ad
ogni effetto a quelli urbani, con conseguente eliminazione delle incer tezze interpretative sulla possibilità o meno dell'assimilazione tacita od
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