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sezione I civile; sentenza 10 febbraio 1996, n. 1053; Pres. Cantillo, Est. Lupo, P.M. Cinque (concl....

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sezione I civile; sentenza 10 febbraio 1996, n. 1053; Pres. Cantillo, Est. Lupo, P.M. Cinque (concl. conf.); Consiglio nazionale ordine giornalisti (Avv. Scoca, Pandiscia), c. Consiglio ordine giornalisti Lombardia (Avv. Punzi, Rimini), Tedeschi. Conferma App. Milano 4 marzo 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2467/2468-2475/2476 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190090 . Accessed: 28/06/2014 14:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.103.61 on Sat, 28 Jun 2014 14:04:12 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione I civile; sentenza 10 febbraio 1996, n. 1053; Pres. Cantillo, Est. Lupo, P.M. Cinque (concl. conf.); Consiglio nazionale ordine giornalisti (Avv. Scoca, Pandiscia), c. Consiglio

sezione I civile; sentenza 10 febbraio 1996, n. 1053; Pres. Cantillo, Est. Lupo, P.M. Cinque(concl. conf.); Consiglio nazionale ordine giornalisti (Avv. Scoca, Pandiscia), c. Consiglio ordinegiornalisti Lombardia (Avv. Punzi, Rimini), Tedeschi. Conferma App. Milano 4 marzo 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2467/2468-2475/2476Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190090 .

Accessed: 28/06/2014 14:04

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2467 PARTE PRIMA 2468

Vutilitas, al fatto che il lotto di sua proprietà era divenuto ine

dificabile. Con il secondo motivo si denunzia erronea interpretazione

dell'art. 833 c.c., lamentandosi che siano stati esclusi gli estremi

dell'atto di emulazione nell'azione della Monti sebbene costei

avesse preteso l'abbattimento parziale di un fabbricato col solo

scopo di provocare un danno, ed assai grave, al vicino senza

trarne alcuna utilità.

Anche questa censura è destituita di fondamento.

La corte d'appello, infatti, si è puntualmente uniformata al

costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui non è a

parlarsi di atto emulativo allorquando un proprietario domandi

in giudizio, contro il vicino, il rispetto di un obbligo contrattua

le, e, più in particolare, il rispetto di una distanza pattiziamente

stabilita, a nulla rilevando che la violazione di questa non si

sia tradotta in un danno concreto ed effettivo (v. sent. 8 gen naio 1981, n. 164, id., Rep. 1981, voce Emulazione, n. 3; 28

giugno 1976, n. 2454, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1; 23 feb

braio 1963, n. 448, id., Rep. 1963, voce cit., n. 4). Né si comprende quale particolarità, tale da rendere inappli

cabile il principio in parola, vi sia nel fatto che la Monti, nel

l'invocare il riconoscimento del suo diritto al rispetto della di

stanza pattuita, abbia preteso l'eliminazione del manufatto co

struito in violazione di essa, posto che tale pretesa era

legittimamente connessa all'esperita azione confessoria, giusta il disposto dell'art. 1979 c.c.

Del pari infondato è il terzo motivo con il quale si lamenta

che il giudice d'appello abbia errato in fatto e in diritto circa

la natura del portico e circa la sua legittimità con riferimento

ai patti contrattuali: in fatto per avere affermato in maniera

del tutto apodittica che il portico era alto più di quattro metri, il che non trovava alcun riscontro negli atti di causa; in diritto

per non aver considerato che, a norma dell'art. 817 c.c., sono

pertinenze tutte quelle cose destinate in modo durevole a servi

zio e ad ornamento di un'altra cosa, funzione, questa, indub

biamente ravvisabile nel portico.

Invero, l'affermazione dei giudici milanesi che quel portico

presentava la struttura propria di un elemento aggettante della

costruzione ed aveva una funzione evidentemente diversa da quel la dei locali destinati a rimessa od a ripostiglio, sicché non era

in alcun modo assimilabile a siffatti accessori che la clausola

pattizia escludeva specificamente dall'obbligo della distanza di

quattro metri dal confine e consentiva che fossero costruiti «in

confine», rappresenta un accertamento di fatto, peraltro ade

guatamente motivato attraverso il preciso riferimento alla strut

tura e alla destinazione del manufatto, sicché non è suscettibile

di sindacato in questa sede di legittimità. Né vale addurre una

pretesa apoditticità dell'assunto che il portico aveva un'altezza

«incontestatamente» superiore ai quattro metri, trattandosi di

un semplice obiter dictum, atteso che un'altezza eventualmente

inferiore a detta misura non avrebbe comunque giovato alle ra

gioni degli attuali ricorrenti, una volta escluso che la costruzio

ne fosse un accessorio in qualche modo assimilabile alle rimesse

o ai ripostigli, nel qual caso soltanto, secondo il patto contrat

tuale, avrebbe potuto assumere rilievo (negativo) il fatto che

essa fosse alta più di quattro metri.

Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso deve

essere rigettato.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 feb

braio 1996, n. 1053; Pres. Cantillo, Est. Lupo, P.M. Cin

que (conci, conf.); Consiglio nazionale ordine giornalisti (Aw.

Scoca, Pandiscia), c. Consiglio ordine giornalisti Lombar

dia (Avv. Punzi, Rimini), Tedeschi. Conferma App. Milano

4 marzo 1994.

Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali — Contenzioso elettorale — Procedimento — Fase giudizia ria — Sentenza del tribunale — Impugnazione — Modalità

(L. 3 febbraio 1963 n. 69, ordinamento della professione di

giornalista, art. 63). Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali

— Contenzioso elettorale — Procedimento — Fase giudizia ria — Sentenza del tribunale — Impugnazione — Citazione

ordinaria — Procedibilità — Condizioni (L. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 63).

Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali — Contenzioso elettorale — Procedimento — Azione giudi ziaria — Sospensione dei termini processuali — Applicabilità

(R.d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudiziario, art.

92; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 63; 1. 7 ottobre 1969 n.

742, sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, art. 1, 3).

Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali — Contenzioso elettorale — Procedimento — Fase giudizia ria — Sentenza del tribunale — Impugnazione — Decorrenza

del termine breve — Condizioni (Cod. proc. civ., art. 170,

285; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 63). Giornalista — Ordinamento professionale — Consigli regionali

— Elezioni — Proclamazione degli eletti — Reclamo al con

siglio nazionale — Modalità — Inosservanza — Conseguenze

(L. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 8; d.p.r. 4 febbraio 1965 n.

115, regolamento per l'esecuzione della 1. 3 febbraio 1963 n.

69, art. 59, 61; d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199, semplifica zione dei procedimenti nei ricorsi amministrativi, art. 2).

L'impugnazione della sentenza del tribunale che ha deciso sul

reclamo avverso le deliberazioni degli organi di giustizia in

terni all'ordinamento professionale dei giornalisti (nella spe

cie, in materia di contenzioso elettorale) è correttamente pro

posta alla corte di appello senza ulteriore specificazione, an

corché l'art. 63, 3 ° comma, l. 69/63 configuri una particolare

composizione del collegio giudicante prescrivendone l'integra zione con un giornalista ed un pubblicista. (1)

(1-5) Benché affermate nell'ambito di una controversia elettorale, le massime tratte dalla sentenza sopra riportata appaiono generalizzata mente applicabili, attesa l'uniformità della relativa disciplina procedi mentale, a tutte le istanze di giustizia inerenti all'ordinamento profes sionale dei giornalisti (e, quindi, anche a quelle relative al contenzioso

disciplinare ed al contenzioso in materia di iscrizione o cancellazione

dall'albo, registri, elenchi). Le prime due massime attengono entrambe all'introduzione dell'ap

pello avverso la decisione del tribunale sulla deliberazione del consiglio nazionale intervenuta, a definizione della fase amministrativa del con

tenzioso, sui provvedimenti del consiglio regionale o interregionale. Di tali massime, la prima si fonda sul presupposto che la peculiare

composizione del collegio giudicante configurata dall'art. 63, 3° com

ma, 1. 69/63 non incide sull'identità dell'ufficio al quale l'atto di impu gnazione va indirizzato (e che, del resto, nel 2° comma del medesimo articolo è tout court identificato nella corte di appello). Nei medesimi

termini, ancorché con riguardo all'introduzione del primo grado del

giudizio davanti al tribunale (in peculiare composizione), v., nella moti

vazione, Trib. Milano 28 ottobre 1992, Foro it., 1993, I, 2357, con nota di richiami. Per l'identica conclusione (in base al medesimo crite rio discretivo), con riferimento all'ipotesi di una citazione contenente vocatio in ius davanti al tribunale anziché alla sezione fallimentare, cfr. Cass. 15 marzo 1990, n. 2117, id., Rep. 1990, voce Fallimento, n. 257.

La seconda massima s'ispira al generalissimo principio di conserva zione del valore giuridico degli atti. Nello stesso senso, cfr., in relazione all'atto introduttivo del primo grado del giudizio davanti al tribunale, Trib. Milano 28 ottobre 1992, cit., e, in relazione ad una procedura camerale ex art. 274 c.c., Cass. 5 gennaio 1994, n. 74, id., 1994, I, 724, con nota di F. Cipriani (critica in ordine all'affermata irrilevanza di una notificazione che intervenga entro il termine per appellare), cita ta in motivazione. Sulla problematica, in tema di controversie agrarie e con riferimento a profili di disciplina transitoria della 1. 553/73, v. Cass. 29 ottobre 1981, n. 5717, id., 1981, I, 2941, con nota di C. M. Barone.

La terza e la quarta massima non costituiscono che applicazione spe

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'impugnazione avverso la sentenza del tribunale, che, ai sensi

dell'art. 63 l. 69/63 (e nella particolare composizione ivi pre

vista), ha deciso sul reclamo avverso la delibera del consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti in tema di contenzioso

elettorale è procedibile anche se proposta con atto di citazio

ne ad udienza fissa (anziché con ricorso depositato in cancel

leria secondo le forme procedimentali del rito camerale ri

chiamato dagli art. 64 della legge stessa), a condizione che, entro il termine (di trenta giorni) per impugnare, la citazione

sia depositata in cancelleria e non semplicemente notificata alle controparti. (2)

La sospensione dei termini processuali durante il periodo feria

le, disposta dall'art. 1 l. 742/69, si applica anche ai giudìzi in materia di controversie elettorali relative all'ordinamento

professionale dei giornalisti. (3) La notificazione della sentenza del tribunale in tema di reclamo

avverso le deliberazioni degli organi di giustizia interni all'or

dinamento professionale dei giornalisti, ove sia stata effettua ta alla controparte personalmente nella sua abitazione e non

al procuratore costituito (come previsto dagli art. 285 e 170, 10 comma, c.p.c.), è inidonea a far decorrere il termine breve

per l'impugnazione sia nei confronti del notificato sia nei con

fronti de! notificante. (4) Ai sensi del combinato disposto degli art. 8 e 61 l. 69/63, il

reclamo avverso la proclamazione dei risultati delle elezioni

a componente di consiglio regionale o interregionale dell'or

dine dei giornalisti che sia proposto al consiglio nazionale del

l'ordine direttamente (e non, come normativamente previsto a garanzia del contraddittorio con il controinteressato, per 11 tramite del consiglio regionale o interregionale) determina

l'annullabilità, per violazione dì legge nel correlativo iter for

mativo, della deliberazione del consiglio nazionale ad esso con

seguita, allorché, pur essendovi prova dell'avvenuta tempesti va notificazione del reclamo al controinteressato, a questi non

risulta comunicata anche la documentazione allegata. (5)

Svolgimento del processo. — Domenico Tedeschi, all'esito di

votazioni tenutesi nei giorni 7 ed 8 giugno 1992, venne procla mato componente del consiglio dell'ordine regionale lombardo

dei giornalisti.

cifica ai giudizi in tema di controversie inerenti all'ordinamento profes sionale dei giornalisti di canoni processualistici già ampiamente conso lidati.

Sull'operatività della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale nelle controversie in materia elettorale, oltre a Cass. 25 febbraio

1992, n. 2318, id., Rep. 1992, voce Termini processuali civili, n. 9, e 29 novembre 1983, n. 7153, id., Rep. 1983, voce cit., n. 44, citate in motivazione, v. Cass. 20 luglio 1991, n. 8074, id., Rep. 1991, voce

Elezioni, n. 203; Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 1994, n. 612, id., Rep. 1994, voce cit., n. 243; 3 maggio 1994, n. 410, ibid., n. 244; nonché

Corte cost., ord. 8 marzo 1985, n. 61, id., 1985, I, 1278. Sull'inidoneità della notificazione alla controparte personalmente nel

la sua abitazione e non al suo procuratore costituito (ex art. 285 e 170, 1° comma, c.p.c.) a far decorrere il termine breve per l'impugnazione sia nei confronti del notificato sia nei confronti del notificante, oltre a Cass. 30 marzo 1995, n. 3808, id., Mass., 474; 1° marzo 1990, n.

1556, id., Rep. 1990, voce Impugnazioni civili, n. 33; 19 gennaio 1990, n. 305, ibid., n. 32, citate in motivazione, v. ancora: Cass. 9 giugno 1993, n. 6415, id., Rep. 1993, voce Cassazione civile, n. 73; 26 febbraio

1988, n. 2043, id., Rep. 1988, voce Impugnazioni civili, n. 20; Cons.

Stato, sez. V, 30 settembre 1988, n. 521, ibid., voce Giustizia ammini

strativa, n. 567; Cass. 13 maggio 1987, n. 4370, id., Rep. 1987, voce

Impugnazioni civili, n. 38; 8 gennaio 1987, n. 24, ibid., n. 39; 16 di

cembre 1986, n. 7573, id., Rep. 1986, voce cit., n. 29; 5 marzo 1985, n. 1835, id., Rep. 1985, voce cit., n. 31; 1° dicembre 1984, n. 6290,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 28; nonché, con specifico riferimento al

contenzioso relativo alle elezioni amministrative, Cass. 17 giugno 1982, n. 3682, id., 1983, I, 133, con nota di richiami.

In senso conforme alla quinta massima, si è espressa App. Milano

4 marzo 1994, inedita, confermata dalla decisione riportata in epigrafe, che, in funzione di essa, ha riformato Trib. Milano 5 aprile 1993, id.,

1993, I, 2356, con nota di richiami, intervenuta nel primo grado del

medesimo giudizio, sulla base di un divergente accertamento di fatto

in ordine alla concreta ricorrenza di presupposti d'un adeguato con

traddittorio. Mette conto segnalare che né la corte di legittimità né quella di meri

to contraddicono il principio affermato, dai giudici di primo grado, secondo cui, indipendentemente dall'applicabilità della previsione di cui

Il Foro Italiano — 1996.

Contro tale elezione il giornalista Piergiorgio Corbia presentò

ricorso, diretto al consiglio nazionale dell'ordine, assumendo

che il Tedeschi, alla data fissata per la convocazione dell'assem

blea elettorale (31 maggio 1992), non aveva ancora maturato

l'anzianità di cinque anni di iscrizione nell'elenco dei pubblici

sti, necessaria, ai sensi dell'art. 3 1. 3 febbraio 1963 n. 69, per

potere fare parte del consiglio regionale. Il ricorso fu accolto ed il consiglio nazionale, con delibera

del 5 novembre 1992, annullò l'elezione del Tedeschi. Questi

impugnò la delibera dinanzi al Tribunale di Milano, a norma

del 1° comma dell'art. 63 1. 69/63, in primo luogo lamentando

violazioni di natura procedurale e, in secondo luogo, sostenen

do che il consiglio aveva male applicato la citata disposizione in tema di legittimazione elettorale passiva.

Il tribunale adito, con sentenza depositata il 5 aprile 1993

0Foro it., 1993, I, 2356), respinse l'impugnazione del Tedeschi, ritenendo infondati tutti i motivi proposti a sostegno di essa.

Il Tedeschi propose appello e nel relativo giudizio si costitui

rono il consiglio regionale della Lombardia ed il consiglio 'na

zionale dei giornalisti, mentre il Corbia restò contumace.

La Corte d'appello di Milano, con la sentenza depositata il

4 marzo 1994, innanzitutto, ha respinto diverse eccezioni di inam

missibilità dell'appello sollevate dal consiglio nazionale. A tal

fine la corte ha affermato che: a) l'impugnazione era stata ri

tualmente indirizzata alla corte di appello, anche se non era

stato menzionato con il collegio giudicante doveva essere inte

grato con un giornalista professionista e con un pubblicista, secondo la previsione dell'art. 63, 3° comma, 1. 69/63 (previsio ne poi rispettata dall'organo decidente); b) pur essendo previsto un procedimento camerale dall'art. 64, 1° comma, della stessa

legge, l'introduzione del giudizio di appello mediante citazione

ad udienza fissa (anziché mediante ricorso depositato in cancel

leria) era, di per sé sola, irrilevante; c) il deposito dell'atto di

citazione in cancelleria (al momento dell'iscrizione della causa

al ruolo) era avvenuto entro il termine di trenta giorni, che era

iniziato a decorrere dalla notifica della sentenza di primo grado effettuata dal Tedeschi al Corbia il 4 agosto 1993, non potendo essere considerato come dies a quo quello (precedente) in cui

la notifica della sentenza era stata effettuata alla sede del consi

glio regionale (anziché al procuratore domiciliatario dello stes

all'art. 2 d.p.r. 1199/71 in tema di «semplificazione dei procedimenti nei ricorsi amministrativi», il reclamo avverso la proclamazione dei ri sultati delle elezioni a componente di consiglio regionale dell'ordine dei

giornalisti, ove tempestivo, è, in linea di principio, ricevibile ed ammis

sibile anche se presentato direttamente al consiglio nazionale (anziché, come previsto dall'art. 61 del regolamento, per il tramite del consiglio regionale che ha proceduto alla proclamazione).

In tema di garanzia del contraddittorio nella fase amministrativa del contenzioso inerente all'ordinamento professionale dei giornalisti, v.,

altresì, Corte cost. 14 dicembre 1995, n. 505 (G.U., la s.s., 20 dicem bre 1995, n. 52).

La decisione in epigrafe non si pronunzia sulla natura del reclamo

avverso la proclamazione dei risultati delle elezioni a componente di

consiglio regionale o interregionale dell'ordine dei giornalisti, concorde mente qualificato dai giudici di merito quale ricorso gerarchico impro

prio. La natura amministrativa della fase contenziosa applicantesi da

vanti agli organi dell'ordinamento professionale (del resto testualmente dichiarata dall'art. 20, lett. d, 1. 69/63) è ribadita da Corte cost. 14

dicembre 1995, n. 505, cit., e, altresì, da Trib. Milano 6 aprile 1995,

pres. ed est. Roda Bogetti, Locatelli, e 3 agosto 1995, pres. Roda Bo

getti, est. Bonaretti, Bestetti ed altri, inedite, che peraltro, in sintonia

con Trib. Milano 28 ottobre 1992, cit., hanno ritenuto che la fase giuri sdizionale del contenzioso inerente all'ordinamento professionale dei gior nalisti può aver ingresso, ai sensi degli art. 63 s. 1. 69/63, solo in pre senza di una deliberazione del consiglio nazionale che esaurisca definiti

vamente la correlativa fase amministrativa e non si limiti a disporre, interlocutoriamente, il rinvio al consiglio regionale o interregionale per rinnovazioni o integrazioni istruttorie.

Sulla disciplina procedimentale in tema di impugnazione delle delibe

re del consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, cfr., altresì, Cass.

19 marzo 1993, n. 3295, Foro it., Rep. 1994, voce Giornalista, n. 10, con particolare riguardo alla legittimazione attiva ed ai poteri del giudi

ce, nonché Corte cost. 13 maggio 1993, n. 235, id., Rep. 1993, voce

cit., n. 9, che ha negato la ricorrenza di profili d'illegittimità costituzio

nale nella previsione dell'art. 64, 1° comma, 1. 69/63, che, prescrivendo l'adozione del rito camerale, esclude la pubblicità dei giudizi sulle con

troversie inerenti all'ordinamento professionale dei giornalisti.

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2471 PARTE PRIMA 2472

so), essendo tale forma di notifica inidonea a fare decorrere

il termine per l'impugnazione; d) tempestivo era perciò l'appel lo proposto dal Tedeschi con la citazione depositata il 15 otto

bre 1993, dovendosi applicare la sospensione dei termini duran

te il periodo feriale.

Passando all'esame dei motivi dell'impugnazione, la corte di

appello ha ritenuto fondata la doglianza relativa al non corretto

svolgimento del procedimento amministrativo conclusosi con la

decisione del consiglio nazionale. Ed invero il ricorso presenta to dal Corbia contro l'elezione del Tedeschi a componente del

consiglio regionale non è stato presentato a detto consiglio (co me è prescritto dal 1° comma dell'art. 61 del regolamento ese

cutivo della 1. 69/63, approvato con d.p.r. 4 febbraio 1965 n.

115), ma è stato inviato direttamente al consiglio nazionale com

petente per la decisione. Tale anomalia è rilevante non in se

stessa, ma in quanto ha comportato la violazione del 4° comma

dello stesso art. 61, secondo cui il ricorso e gli atti del procedi mento rimangono depositati presso il consiglio regionale per tren

ta giorni con facoltà per l'interessato di prenderne visione. Nel

caso di specie, questa fase del procedimento è mancata; e se

è vero che il ricorso del Corbia è stato poi notificato al Tede

schi, che ha inviato al consiglio nazionale le proprie controde

duzioni, è anche vero che egli non ha avuto la possibilità di

prendere conoscenza dei dodici allegati al ricorso del Corbia.

La corte di appello ha, perciò, annullato la deliberazione del

consiglio nazionale per violazione di legge. Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, il con

siglio nazionale dell'ordine dei giornalisti ha proposto ricorso

per cassazione, deducendo cinque motivi. Il consiglio dell'ordi

ne della Lombardia ha presentato controricorso, mentre il Te

deschi ed il Corbia non hanno svolto attività difensiva davanti

a questa corte. Il consiglio nazionale ed il consiglio regionale hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Vanno esaminati prioritaria mente il quarto ed il quinto motivo del ricorso, con cui si cen

sura la parte della sentenza impugnata che ha ritenuto ammissi

bile l'appello proposto dal Tedeschi.

Con il quarto motivo il consiglio nazionale deduce la viola

zione dell'art. 63 1. 3 febbraio 1963 n. 69, nonché la contraddit

torietà ed il difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Il ricorrente ritiene che l'appellante abbia individuato in modo

generico ed inammissibile l'organo giudiziario al quale l'appello era diretto (corte di appello nella composizione ordinaria, anzi

ché in quella integrata prevista dal citato art. 63). Il motivo di ricorso è infondato. Va premesso che, secondo

l'art. 63 1. 3 febbraio 1963 n. 69, avverso la sentenza del tribu

nale (che decide i reclami contro le deliberazioni degli organi

professionali) è dato ricorso alla corte di appello competente

per territorio (2° comma). Il collegio giudicante della corte di

appello (come quello del tribunale) è integrato da un giornalista

professionista e da un pubblicista (3° comma). Il Tedeschi ha impugnato la sentenza del tribunale davanti

alla corte di appello, la quale ha deciso nel collegio integrato ai sensi dell'art. 63 1. 69/63.

Come ha esattamente ritenuto la sentenza impugnata, l'atto

di impugnazione del Tedeschi è stato correttamente proposto alla corte di appello, che, senz'altra specificazione, è l'ufficio

giudiziario indicato dal 2° comma del citato art. 63 come com

petente a decidere. Che poi il 3° comma dello stesso art. 63

preveda una particolare composizione del collegio decidente (for mato da cinque membri, perché integrato da un giornalista ed

un pubblicista) non incide sulla identità dell'ufficio al quale va

indirizzato l'atto di impugnazione, che è pur sempre la corte

di appello unitariamente intesa. La diversa composizione del

l'organo decidente assume rilievo nella trattazione e decisione

della causa, non della individuazione del destinatario del ricor

so proposto dalla parte, il quale resta correttamente identificato

nell'ufficio della corte di appello. Per sostenere il contrario, la parte ricorrente richiama i rap

porti tra tribunale ordinario e tribunale fallimentare. Ma va, al riguardo, osservato che, come questa corte ha già deciso (v., tra le altre, Cass. 15 marzo 1990, n. 2117, Foro it., Rep. 1990, voce Fallimento, n. 257), in una causa instaurata davanti al

tribunale che ha dichiarato il fallimento (competente ai sensi

dell'art. 24 1. fall.), non spiega effetti invalidanti sull'atto di

citazione la circostanza che si indichi il giudice adito nel tribu

nale stesso, anziché nella sua sezione fallimentare, considerato

Il Foro Italiano — 1996.

che questa è espressione dell'organizzazione interna dell'ufficio

giudiziario e non costituisce un ufficio autonomo, munito di

propria competenza. Tale orientamento va ancor più affermato

nel caso in esame, in cui non si è in presenza di una particolare

organizzazione interna dell'ufficio (non essendovi una sezione

dell'intero ufficio a cui siano attribuiti i procedimenti della spe cifica materia), essendo prevista soltanto una particolare com

posizione del colleggio giudicante, non accompagnata cioè dalla

previsione ordinamentale ed organizzativa di una sezione del

l'intero (ed unico) ufficio giudiziario. 2. - Con il quinto motivo del ricorso si deduce la violazione

e falsa applicazione dell'art. 64 1. 3 febbraio 1963 n. 69, la

violazione delle norme e dei principi dettati dal c.p.c. in mate

ria di procedimenti camerali, nonché la contraddittorietà ed il

difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Il motivo contiene più censure alla sentenza impugnata. Il ricorrente, innanzitutto, osserva che l'appello del Tedeschi

doveva essere dichiarato inammissibile ed irricevibile perché pro

posto con atto di citazione ad udienza fissa, anziché mediante

ricorso presentato in cancelleria, come dispongono gli art. 63

e 64 1. 69/63, che prevedono il rito camerale.

Il deposito in cancelleria della citazione di appello è comun

que avvenuto oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della

sentenza del tribunale (art. 63, 2° comma, 1. 69/63). La senten

za impugnata che è pervenuta a conclusione contraria, è censu

rabile sotto due diversi aspetti perché: a) essa ha applicato al

termine per impugnare la sospensione dei termini nel periodo

feriale, la quale non sembra applicabile alla materia elettorale;

b) ha fatto decorrere detto termine dalla notifica della sentenza

avvenuta il 4 agosto 1993, mentre vi sono state in precedenza altre due notifiche, il 13 ed il 23 luglio. La corte di appello ha escluso la ritualità di quest'ultima notifica perché effettuata

presso la sede del consiglio nazionale, e non presso il domicilio

eletto, ma tale affermazione non può condividersi perché la no

tifica, ancorché irrituale, fa decorrere anche per il notificante

il termine per appellare. La corte non ha poi spiegato perché fosse irrituale la notifica del 13 luglio.

Il motivo di ricorso è infondato in tutte le censure proposte. Con riguardo alla proposizione dell'atto di appello del Tede

schi mediante citazione notificata all'altra parte, anziché me

diante ricorso depositato in cancelleria (secondo il rito prescrit to dal codice di procedura civile per i procedimenti camerali, tra i quali rientra anche quello disciplinato dagli art. 63 e 64

1. 69/63), la sentenza impugnata ha correttamente applicato l'o

rientamento interpretativo di questa corte secondo cui l'uso del

la citazione in luogo del ricorso non esclude che all'una possa no attribuirsi gli effetti propri dell'altro (in base al principio della conversione dell'atto nullo), a condizione che l'atto intro

duttivo errato possa considerarsi tempestivo alla stregua delle

norme che regolano la tempestività dell'atto corretto, vale a di

re a condizione che la citazione risulti depositata in cancelleria entro il termine per impugnazione, a nulla rilevando che essa sia stata notificata in tale termine (v., ex plurimis, Cass. 6 gen naio 1994, n. 74, id., 1994, I, 724).

Nel caso di specie, l'atto di citazione del Tedeschi è stato

depositato nella cancelleria della corte di appello entro il termi

ne, prescritto dall'art. 63 1. 69/63, di trenta giorni dalla notifica della sentenza impugnata.

Nel calcolo di tale termine la corte di appello ha esattamente

tenuto conto della sospensione dei termini processuali durante

il periodo feriale, disposta dall'art. 1 1. 7 ottobre 1969 n. 742.

Tale sospensione si applica anche alle cause in materia elettora

le, le quali non sono menzionate tra le cause escluse dalla so

spensione nell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, al quale fa

rinvio l'art. 3 1. 742/69 (Cass. 25 febbraio 1992, n. 2318, id., Rep. 1992, voce Termini processuali civili, n. 9; 29 novembre

1983, n. 7153, id., Rep. 1983, voce cit., n. 44) . In ordine all'individuazione del dies a quo del termine per

appellare (notificazione della sentenza del tribunale), la corte di appello ha correttamente applicato l'orientamento più recen te di questa corte secondo cui, qualora la sentenza venga notifi

cata alla controparte personalmente nella sua abitazione, e non al procuratore costituito (secondo la previsione degli art. 285

e 170, 1° comma, c.p.c.), la notificazione stessa è inidonea a

far decorrere il termine breve per l'impugnazione non soltanto nei confronti del notificato, ma anche nei confronti del notifi

cante, stante la necessaria comunanza di tale termine ad en

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

trambe le prati (Cass. 30 marzo 1995, n. 3808, id., Rep. 1995, voce Impugnazioni civili, n. 43; 1° marzo 1990, n. 1556, id.,

Rep. 1990, voce cit., n. 33; 19 gennaio 1990, n. 305, ibid., n. 32). In applicazione di tale principio la corte di appello ha corret

tamente ritenuto inefficace la notifica effettuata il 23 luglio 1993, su istanza del Tedeschi, al consiglio regionale dell'ordine dei

giornalisti, perché non avvenuta a mani del procuratore domici

liatario per il giudizio di primo grado. Nel ricorso per cassazione si lamenta che la corte di appello

non abbia spiegato perché è stata ritenuta invalida anche un'al

tra notifica, che sarebbe avvenuta in precedenza (il 13 luglio

1993), e si deduce perciò un vizio di motivazione della sentenza

impugnata.

Va, però, osservato che il ricorrente prospetta un error in

procedendo, consistente nell'erroneo giudizio di ammissibilità

dell'atto di appello. La sussistenza o meno di tale errore è valu

tabile direttamente da questa corte, essendo ricollegabile al com

pimento di atti processuali, onde non assume rilievo il vizio

di motivazione della sentenza impugnata previsto dall'art. 360, n. 5, c.p.c.

Nel fascicolo processuale non si rinviene alcuno dagli atti di

notifica della sentenza del tribunale (né la notifica del 23 luglio né quella che si assume avvenuta il 13 luglio, ma potrebbe trat

tarsi di un'unica notifica, indicata nella sentenza con date di

verse per mero errore materiale), onde questo collegio non può accertare se si sia avuta una notifica valida anteriormente a quella

(avvenuta il 4 agosto 1993), ritenuta dalla corte di appello ido

nea a fare decorrere il termine per appellare. Poiché la prova dell'inizio di decorrenza del temine per impugnare in data ante

riore a quella affermata dalla sentenza impugnata incombe sul

la parte che afferma tale fatto processuale e ne vuole trarre

effetti a sé favorevoli, la mancanza della prova stessa comporta l'infondatezza della censura.

3. - Respinti i due motivi (il quarto ed il quinto) che censura

no la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto ammis

sibile l'appello proposto dal Tedeschi, occorre passare all'esame

dei motivi che si indirizzano contro la pronunzia di accoglimen to dell'appello medesimo.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa

applicazione degli art. 17 e 61 d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115

(regolamento di esecuzione della 1. 3 febbraio 1963 n. 69) e de

gli art. 63 e 64 di quest'ultima legge. Il ricorrente critica la tesi della corte d'appello, secondo cui

la prestazione da parte del Corbia del ricorso contro l'elezione

del Tedeschi direttamente al consiglio nazionale dell'ordine e

non al consiglio regionale (pur essendo di per sé priva di rilievo,

posto che il ricorso è comunque pervenuto all'organo dotato

di competenza a decidere, e cioè il consiglio nazionale) avrebbe,

tuttavia, determinato, come conseguenza, il mancato deposito dell'atto stesso e degli allegati per trenta giorni presso quest'ul timo organo (ex art. 61 d.p.r. 115/65), circostanza quest'ultima che non avrebbe consentito al controinteressato di esercitare in

modo compiuto il proprio diritto di difesa.

Il ricorrente osserva contro i risultati delle elezioni dei consi

gli che, secondo l'art. 17 d.p.r. 115/65, i reclami regionali o interregionai e del consiglio nazionale dell'ordine, sono regolati

dagli art. 59 ss. del regolamento medesimo, «in quanto applica bili». Quindi l'interpretazione delle norme regolamentari (nella

specie, l'art. 61) deve essere compiuta tenendo conto dell'effet

tiva applicabilità delle norme al caso specifico, cioè al ricorso

in materia elettorale.

In tal senso, trattandosi di materia elettorale, la mancata pre sentazione al consiglio regionale del ricorso non rappresenta un'a

nomalia, ma è giustificata dalla veste di parte in causa assunta

nel caso specifico dall'organo regionale presso il quale l'interes

sato era stato eletto.

Il ricorrente aggiunge che, quand'anche si volesse ritenere ano

mala tale procedura, essa risulterebbe di per sé ininfluente, es

sendo comunque pervenuto il ricorso tempestivamente all'unico

organo giudicante (consiglio nazionale) deputato per legge ad

esprimersi in merito. Né appare compromesso il diritto di dife

sa del Tedeschi, giacché la giacenza del ricorso presso il consi

glio regionale deve intendersi come mero strumento per la rea

lizzazione del contraddittorio ed in tal senso può essere sostitui

ta da mezzi equipollenti o più efficaci, quali la diretta

trasmissione del ricorso all'interessato. E, nel caso di specie, il ricorso è stato notificato al Tedeschi, che ha inviato al consi

II Foro Italiano — 1996.

glio nazionale le proprie controdeduzioni ed avrebbe potuto pren dere visione dei documenti ed allegati eventualmente esistenti.

Il ricorrente osserva, infine, che l'art. 61 d.p.r. 115/65 non

prevede alcuna ipotesi di inammissibilità o decadenza nel caso

in cui la procedura risulti difforme da quella ivi prevista. Il motivo di ricorso è infondato. L'art. 8 1. 3 febbraio 1963

n. 69, prevede che contro i risultati delle elezioni dei consigli dell'ordine regionali o interregionali ciascun iscritto all'albo può

proporre reclamo al consiglio nazionale dell'ordine. Tale recla

mo, per il disposto dell'art. 17 d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115

(regolamento per l'esecuzione della 1. 69/63), è regolato dagli art. 59 ss. dello stesso regolamento, in quanto applicabili. Se

condo gli art. 59 e 61 di detto regolamento il reclamo si propo ne mediante ricorso da presentare o notificare al consiglio re

gionale o interregionale, anche se esso va poi deciso dal consi

glio nazionale. Tale disposizione è applicabile al reclamo previsto dall'art. 8 1. 69/63, come si desume dal fatto che l'art. 66 dello

stesso regolamento prevede una diversa procedura solo per il

ricorso contro il risultato delle elezioni per il consiglio naziona

le (art. 16, ultimo comma, 1. 69/63), ricorso che è presentato o notificato direttamente al consiglio nazionale. Quest'ultima

procedura, prevista dall'art. 66 come eccezione alla regola gene rale posta dal precedente art. 61, è limitata espressamente alle

elezioni per il consiglio nazionale, e non può pertanto essere

riferita ai ricorsi contro le elezioni per i consigli regionali. Il ricorrente sostiene che il deposito (o la notifica) del recla

mo al consiglio regionale dovrebbe escludersi per il fatto che

esso è interessato all'esito del reclamo stesso. Va, in senso con

trario, osservato che la proedura prevista dall'art. 61 del rego lamento è riferita, in modo diretto, ai ricorsi con cui si impu

gnano le deliberazioni emesse dal consiglio regionale (v. il 1°

comma); e rispetto a tali ricorsi detto consiglio non è certo me

no interessato che riguardo ai ricorsi concernenti le elezioni per la sua composizione.

Come ha bene osservato la corte di appello, il deposito del

ricorso presso il consiglio regionale è finalizzato alla realizza

zione del contraddittorio secondo le forme previste nel 4° com

ma dello stesso art. 61. Ed in quest'ultima disposizione si pre vede che l'interessato può prendere visione degli atti depositati

presso il consiglio regionale «in tutti i casi», e quindi anche

nel caso del ricorso in materia elettorale. Ciò che rileva, pertan

to, non è il mero mancato deposito del ricorso presso il consi

glio regionale, ma il fatto che tale inosservanza del 1° comma

dell'art. 61 abbia compromesso lo svolgimento del contraddit

torio secondo le forme previste dal 4° comma dello stesso art. 61.

Non si pone, nel caso di specie, il problema — sollevato dal

ricorrente — di una equipollenza alla procedura prevista nel

l'art. 61 di un contraddittorio realizzato con modalità diverse, e cioè mediante la diretta comunicazione all'interessato del ri

corso e di tutti gli atti ad esso collegato. La corte di appello

ha, infatti, accertato che al Tedeschi, se fu notificato il ricorso

del Corbia, non furono comunicati anche i dodici allegati al

ricorso stesso; onde su tali allegati non si è avuta una conoscen

za che possa considerarsi sostitutiva di quella resa possibile dal

l'art. 61, 4° comma.

Né può, in questa sede di legittimità, stabilirsi, come afferma

il ricorrente, che gli allegati erano privi di rilievo. Rimane, a

tal proposito, fermo l'accertamento che si legge nella sentenza

impugnata (e che il ricorrente non contrasta in modo specifico) secondo cui il Tedeschi «nell'atto di appello ha espressamente

negato di avere potuto a suo tempo prendere conoscenza dei

detti allegati, senza ricevere sul punto alcuna specifica smentita

dalle controparti». È irrilevante, infine, che nell'art. 61 del regolamento non sia

prevista alcuna sanzione per l'ipotesi di sua inosservanza. Il man

cato deposito del ricorso presso il consiglio regionale e la assen

za del contraddittorio previsto nel 4° comma dell'art. 61 hanno

determinato il venir meno di una intera fase del procedimento amministrativo previsto dalla legge per la decisione del ricorso,

con la conseguente sussistenza di un vizio di violazione di legge

che determina la illegittimità del provvedimento conclusivo.

4. - Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione

e falsa applicazione dell'art. 2 d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199,

sulla semplificazione dei ricorsi in materia amministrativa. Il

ricorrente lamenta che la corte di appello non abbia fatto appli cazione del citato art. 2, secondo il quale i ricorsi rivolti, nel

termine prescritto, ad organi diversi da quello competente (a

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2475 PARTE PRIMA 2476

deciderli) ma appartenenti alla medesima amministrazione, non

sono soggetti a dichiarazione di irrecevibilità.

Il motivo di ricorso è infondato. Come si desume dalle consi

derazioni espresse nel precedente paragrafo, la corte di appello ha ritenuto sussistente la violazione di legge non per il mero

fatto della presentazione del ricorso del Corbia al consiglio na

zionale (anziché al consiglio regionale), ma per la violazione

del contraddittorio che è conseguita a tale erronea presentazione. L'invocato art. 2 d.p.r. 1199/71, anche se lo si volesse ritene

re applicabile ai rapporti tra consiglio regionale e consiglio na

zionale dell'ordine dei giornalisti, pone rimedio all'erronea pre sentazione di un ricorso amministrtivo, ma non è idoneo a sa

nare le violazioni del principio del contraddittorio verificatesi

nella presente fattispecie. 5. - Con il terzo motivo del ricorso il consiglio nazionale la

menta che la corte di appello ha omesso di valutare nel merito

la fondatezza o meno dell'appello proposto dal Tedeschi, il quale era privo dell'elettorato passivo.

Il motivo di ricorso è infondato perché la corte di appello, avendo ravvisato la sussistenza di un vizio di illegittimità della

delibera del consiglio nazionale, ha conseguentemente annullato

detta delibera ed ha in tal modo accolto la domanda giudiziale

proposta dal Tedeschi con cui si era impugnata davanti al tribu

nale la delibera stessa, ai sensi dell'art. 63 1. 69/63.

L'accoglimento della domanda dell'attore (Tedeschi) ha esau

rito la materia del contendere, onde correttamente la corte di

appello non ha affrontato la questione giuridica su cui era in

tervenuta la delibera del consiglio nazionale.

6. - In conclusione, il ricorso del consiglio nazionale, essendo

infondato, va rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile, sentenza 10 feb

braio 1996, n. 1042; Pres. Sensale, Est. Nardino, P.M. Cin

que (conci, conf.); Soc. Astro (Avv. Bonatti, Amadio) c.

Comune di Melegnano; Comune di Melegnano (Avv. Mau

ceri) c. Soc. Astro. Cassa App. Milano 1° dicembre 1992.

Tributi locali — Tassa smaltimento rifiuti — Rifiuti speciali — Residui derivanti da attività commerciali — Tassazione —

Dichiarazione comunale di assimilabilità ai rifiuti solidi urba ni — Necessità (R.d. 14 settembre 1931 n. 1175, testo unico

per la finanza locale, art. 268; d.p.r. 10 settembre 1982 n.

915, attuazione delle direttive (Cee) n. 75/442 relativa ai ri

fiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici

e nocivi, art. 2, 21).

Nel vigore del r.d. 14 settembre 1931 n. 1175 (nel testo sostitui

to dall'art. 21 d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915), la superficie dei locali ed aree destinati allo svolgimento di attività com

merciali può essere assoggettata alla tassa comunale per lo

smaltimento dei rifiuti solidi urbani nel solo caso in cui detti

rifiuti siano stati dichiarati «assimilabili» a quelli urbani in

forza di un provvedimento dell'amministrazione comunale. (1)

(1) I. - La Suprema corte conferma la sua giurisprudenza che richie

de, ai fini dell'assoggettamento alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti che si producono in locali adibiti ad attività commerciali, un provvedi mento comunale che «assimili» gli stessi a quelli c.d. ordinari, per i

quali sussiste l'obbligo di avvalersi del servizio comunale e quello di

pagamento del relativo tributo; parallelamente esclude — anche qui sul la scorta di una consolidata giurisprudenza — che possa all'uopo valere la delibera Cipe del 27 luglio 1984.

In termini, v. Trib. Napoli 5 maggio 1989, Foro it., 1991, I, 648; più di recente, v., nel medesimo senso, Cass. 30 agosto 1994, n. 7582, id., Rep. 1994, voce Tributi locali, n. 180; 3 novembre 1993, n. 10853, ibid., n. 182. Trib. Vercelli 21 ottobre 1994, giud. Di Stefano, inedita;

li Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 9 novem

bre 1987 la s.r.l. Astro conveniva in giudizio dinanzi al Tribu

nale di Lodi il comune di Melegnano, chiedendo il rimborso

della somma di lire 116.360.604 pagata a titolo di tassa per lo

smaltimento dei rifiuti per gli anni 1984, 1985 e 1986.

Assumeva l'attrice di gestire un magazzino di deposito merci

in un'area di circa 30.000 mq., di cui mq. 556 erano occupati da locali destinati ad uffici; di avere sempre provveduto in pro

prio allo smaltimento dei rifiuti ivi prodotti con l'acquiescenza dell'amministrazione comunale; che, vigendo la 1. 366/41, non

aveva mai preteso alcun tributo; che, a seguito dell'entrata in

vigore del d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, il comune aveva

illegittimamente proceduto alla riscossione del tributo tramite

ruoli, senza peraltro rendere alcun servizio relativamente ai sud

detti rifiuti.

richiede una «specifica, positiva ed espressa» dichiarazione dell'ammi nistrazione comunale, Trib. Pescara 8 febbraio 1994, ibid., n. 183, e

P.Q.M., 1994, fase. 2, 56, con nota di I. Del Federico, La legge pre vale sul diritto: le novità in materia di tassa sui rifiuti solidi urbani: v. anche (seppur in obiter) Trib. Napoli 12 febbraio 1991, Foro it.,

Rep. 1992, voce cit., n. 58, e Dir. e giur., 1991, 870, con nota di A.

Nardoni, La tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani. V. poi Cass. 7 luglio 1994, n. 6389, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 181, che, sep pur non decide espressamente sul punto, considera «discutibile» la que stione circa l'ammissibilità della dichiarazione implicita di assimilabilità.

Anche l'amministrazione finanziaria è nel senso di subordinare il po tere impositivo del comune alla dichiarazione di assimilabilità di com

petenza dello stesso; cfr. min. fin., ris. 4 gennaio 1988, n. 8/1885, Bol lettino trib., 1988, 1622. Sulla attribuzione ai comuni del potere — da esercitare sulla base dei criteri dettati dall'art. 12 d.p.r. 915/82 — di dichiarare l'assimilabilità ai rifiuti ordinari, ai fini dell'applicazione dei

tributi, dei residui derivanti dalle attività artigianali, commerciali e di

servizi, v. ris. 4 gennaio 1988, n. 8/1480, Dir. e pratica trib., 1989, I, 201; in argomento, v. anche 21 ottobre 1987, n. 8/2201, ibid., 1120. La stessa amministrazione finanziaria ha, però, riconosciuto la possibi lità di una dichiarazione implicita di assimilabilità, mediante l'«inclu sione» delle aree o dei locali in cui si svolgono attività commerciali nelle categorie dei locali o aree tassabili; v. in tal senso ris. 29 dicembre

1989, n. 8/1191, id., 1991, 236; 21 ottobre 1987, n. 8/1850, id., 1988, 1122.

In dottrina, sulla dichiarazione di assimilabilità dei rifiuti speciali de rivanti da attività commerciali a quelli solidi urbani, e sul conseguente potere impositivo comunale, v. C. Pergola, La disciplina dei rifiuti solidi urbani, la revisione ed armonizzazione della tassa smaltimento, in Dir. e pratica trib., 1994, I, 27 ss., spec. 34; sull'assimilabilità dei rifiuti speciali, v. anche P. Giampietro, Rifiuti (smaltimento dei), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1989, XV, 786 ss., spec. 795; F.

Giampietro, L'assimilabilità dei rifiuti speciali (in specie, ospedalieri) ai rifiuti urbani nel d.p.r. 915/82 e nella delibera interministeriale del 27 luglio 1984, in Giur. merito, 1986, 769.

Sulla problematica della tassazione dell'attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in generale, v. Trib. Napoli 8 maggio 1991, Foro

it., 1992, I, 2845, con nota di richiami. V. di recente, in dottrina, E.

Righi, Questioni varie in tema di tassa sui rifiuti, in Bollettino trib., 1995, 1128; M. Lovisetti, Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e scarti di lavorazione; note a margine della sentenza Tar Lom bardia 8 aprile 1993, n. 282, in Finanza loc., 1994, 403; A. Lattanzio, L'oggettivazione della tassa tributaria sui rifiuti solidi urbani, in Fisco, 1994, 9620.

II. - Giova ricordare che la normativa in materia ha subito di recente modificazioni: in particolare: l'intera discipina della tassa de qua è sta ta riscritta sulla base della delega di cui alla 1. 23 ottobre 1992 n. 421, dal d.leg. 15 novembre 1993 n. 507 (art. 58 ss.), che all'art. 60 qualifica «equiparati» ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti da attività commerciali che siano dichiarati assimilabili ai rifiuti urbani interni. Ai sensi del l'art. 79 («disposizioni finali e transitorie») di tale d.leg. tra i rifiuti solidi urbani, di cui all'art. 2, 3° comma, d.p.r. 915/82, devono com

prendersi anche i rifiuti derivanti da attività commerciali e da servizi

che, per quantità o qualità, siano stati dichiarati, anteriormente al 1994, assimilabili agli urbani attraverso l'inserimento delle predette attività

produttive nella classificazione contenuta nel regolamento del tributo con applicazione di una tariffa obiettivamente commisurata anche ai rifiuti propri dell'attività produttiva stessa, sempreché il servizio di smal timento dei rifiuti solidi urbani sia stato organizzato ed attivato nella zona di esercizio dell'attività suddetta.

Sull'interpretazione di tale normativa, cfr. min. fin., circ. 15 gennaio 1994, n. 1/5, ibid., 1057 ss., spec. 1060, secondo la quale, in presenza della disciplina dettata dall'art. 60, la deliberazione, comunque, costi tuisce modalità esclusiva di individuazione dei rifiuti «equiparati» ad

ogni effetto a quelli urbani, con conseguente eliminazione delle incer tezze interpretative sulla possibilità o meno dell'assimilazione tacita od

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