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sezione I civile; sentenza 11 aprile 1995, n. 4164; Pres. Cantillo, Est. Graziadei, P.M. Martone(concl. conf.); Bertocco (Avv. Zaccagnini, Pinardi) c. Min. finanze; Min. finanze c. Bertocco.Cassa Comm. trib. centrale 11 dicembre 1990, n. 8204Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 1 (GENNAIO 1997), pp. 277/278-281/282Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191319 .
Accessed: 28/06/2014 16:20
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
della servitù de qua per usucapione, l'eccezione di carenza di
legittimazione attiva (per difetto di titolarità del preteso fondo
dominante) sollevata per la prima volta dal Sica nella comparsa
conclusionale, quand'anche avesse potuto ritenersi ritualmente
proposta, doveva considerarsi comunque inammissibile, perché
riproduttiva di identica eccezione sollevata nel corso del giudi zio di primo grado ed abbandonata in sede di precisazione delle
conclusioni; che tale domanda andava peraltro nel merito re
spinta, poiché da nessuna delle disposizioni raccolte, né dalle
generiche affermazioni contenute nel rapporto inviato il 22 giu
gno 1979 dai carabinieri al Pretore di Vallo, poteva trarsi la
prova di un possesso utile ad usucapire la servitù, protrattasi
per il ventennio precedente la data di proposizione della do
manda (1979); che le spese di entrambi i gradi del giudizio, nel
rapporto tra il Sica ed il Matteo, andavano poste a carico del
secondo, risultato soccombente all'esito della lite.
Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione, sulla base
di quattro motivi, quali eredi di Carmine Di Matteo, deceduto
nelle more, Maria Cristina Infante, Elia, Giovanni, Giovannina
e Maria Cristina Di Matteo, rispettivamente coniuge superstite e figli del predetto, nonché Mina, Giovanna, Carmine ed Ange lina di Matteo, quest'ultima in proprio e quale madre esercente
la potestà sulla figlia minore Adriana Di Matteo, rispettivamen te figli e coniuge superstite di Antonio Di Matteo, figlio di Car
mine Di Matteo ed a questi premorto. Resiste con controricorso
e ricorso incidentale subordinato, affidato ad unico motivo, il
Sica. Nessuna attività difensiva ha svolto la Niglio. I ricorrenti
principali hanno depositato memoria. All'odierna udienza di di
scussione i due ricorsi sono stati riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. Motivi della decisione. — (Omissis). Col primo motivo del
ricorso principale gli eredi di Carmine Di Matteo denunciano
violazione e falsa applicazione dell'art. 11 disp. prel. c.c. e de
gli art. 1061 e 1062 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. La corte di merito — ricordano i ricorrenti — ha escluso
che il Di Matteo possa vantare una servitù di passaggio sul fon
do del Sica costituita per destinazione del padre di famiglia, in ragione dell'applicabilità alla fattispecie costitutiva del codice
del 1865 che non prevedeva tale modo di acquisto per le servitù
discontinue.
Ha altresì escluso che possa trovare applicazione l'art. 1061
c.c. vigente, che simile acquisto consente per le servitù apparen
ti, sul rilievo che il momento rilevante ai fini di detto acquisto è quello della separazione dei fondi, avvenuta sotto il vigore del codice abrogato.
Così argomentando — assumono i ricorrenti — il giudice d'ap
pello ha però omesso di rilevare e considerare che la situazione
giuridica fonte della costituzione del diritto, e cioè la separazio ne dei fondi appartenenti originariamente ad un unico proprie
tario, pur se verificatasi sotto l'imperio della vecchia legge, ha
continuato ad esplicare i suoi effetti sotto il vigore del nuovo
codice civile, che prevede e permette che da quella situazione
sorga una servitù.
Il motivo è infondato. La costituzione di una servitù (appa
rente) di passaggio per destinazione del padre di famiglia, pre
vista e consentita dagli art. 1061 e 1062 c.c. vigente con caratte
re ed effetto innovativi rispetto all'art. 630 del codice del 1865,
che disponeva che le servitù continue non apparenti e le servitù
discontinue, fossero o no apparenti, non potevano costituirsi
che mediante titolo, si verifica al momento della separazione di due fondi posti o lasciati dall'unico loro proprietario in una
situazione di oggettivo asservimento dell'uno all'altro, di conte
nuto corrispondente a quello proprio di siffatto diritto reale.
Ed è con esclusivo riferimento a questo momento, in cui si com
pleta e si perfeziona la fattispecie acquisitiva, che deve essere
infatti accertata la ricorrenza dei presupposti tutti, oggettivi e
soggettivi, positivi e negativi, al cui concorso è subordinata la
costituzione del diritto (cfr. sent. 7655/90, Foro it., Rep. 1990,
voce Servitù, n. 7; 4647/91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 22;
2002, 5801 e 12551/92, id., Rep. 1992, voce cit., nn. 29, 20, 25; 10165/93, id., Rep. 1993, voce cit., n. 19), restando irrile
vanti gli eventuali successivi mutamenti della situazione di fatto
incidenti negativamente sulla persistenza di tali presupposti (cfr.
sent. 7655/90 e 12551/92). Dal successivo coordinamento di tali criteri e principi con il
principio generale in materia di successione di leggi per cui, da
to un fatto, le sue conseguenze giuridiche (salvo che la legge
sopravvenuta non abbia disposto altrimenti) restano quelle che
Il Foro Italiano — 1997.
a quel fatto erano connesse dalla legge del tempo in cui fu com
piuto, discende, con riferimento al caso di specie, che corretta
mente il giudice d'appello ha escluso che la dedotta servitù di
passaggio potesse ritenersi costituita, per destinazione del padre di famiglia, a carico del fondo dell'attore, in forza di un fatto
giuridico (la separazione dei fondi posti dall'unico proprietario in una situazione di oggetttivo asservimento) certamente inido
neo, secondo la legge vigente al tempo (1875) in cui fu posto in essere, a dar vita a tale servitù, sull'assorbente rilievo che
una situazione esauritasi e consolidatasi negativamente, come
fattispecie acquisitiva del diritto reale di cui si discute, sotto
il vigore del codice del 1865, non poteva essere ripresa in consi
derazione, come fatto generatore di questo stesso diritto alla
luce della vigente disciplina codicistica. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 aprile
1995, n. 4164; Pres. Cantillo, Est. Graziadei, P.M. Mar
tone (conci, conf.); Bertocco (Avv. Zaccagnini, Pinardi) c. Min. finanze; Min. finanze c. Bertocco. Cassa Comm. trib.
centrale 11 dicembre 1990, n. 8204.
Tributi in genere — Accertamento — Poteri di integrazione e
modificazione — Acquisizione di nuovi elementi — Limite
temporale (D.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, disposizioni co
muni in materia di accertamento delle imposte sui redditi,
art. 43).
L'ufficio finanziario che abbia ricevuto — in data anteriore a
quella di notifica dell'avviso di accertamento — nuovi ele
menti, non è legittimato ad emettere, sulla base di questi, l'accertamento integrativo di cui all'art. 43, 3° comma, d.p.r. 600/73. (1)
(1) Non constano precedenti in tali esatti termini nella giurispruden za della Suprema corte.
Contra, Comm. trib. centrale 11 dicembre 1990, n. 8204, Foro it.,
Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 757, ora cassata, che ha ravvisato la legittimità di un accertamento integrativo a fronte della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, in un caso in cui il protocollo di arrivo
del rapporto di polizia tributaria era anteriore di soli tre giorni alla
data di emanazione del primo accertamento; nel senso invece di consi
derare nuovi solo gli elementi pervenuti all'ufficio dopo la data di sot
toscrizione dell'accertamento, v. Comm. trib. I grado Parma 30 gen naio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 544, e Comm. trib. II grado Parma 12 gennaio 1985, ibid., n. 543, che rappresentano le pronunzie di primo e secondo grado sulla vicenda ora definita.
In dottrina, in senso conforme, sul punto, alla sentenza in ep grafe, v. F. Pistolesi, Alcune considerazioni in tema di accertamenti it tegra tivi e modificativi, in Riv. dir. trib., 1995, II, 990 ss., spec. 993, ;econ
do cui «posto che è dato propriamente configurare l'esistenza d all'ac
certamento solo dal momento in cui se ne è perfezionata la notif: Dazio
ne, è inevitabile che assumano rilievo, ai fini dell'eventuale integr izione
o modificazione, esclusivamente i nuovi elementi venuti a cono cenza
dell'ufficio finanziario in epoca successiva a quella della notificazione
anzidetta»; dello stesso a., v. anche Brevi osservazioni in merito alla
«sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi», quale condizione di le
gittimità degli accertamenti integrativi e modificativi in materia di im
poste dirette, id., 1991, II, 779; nello stesso senso, G. Ferraù, Condi
zioni di legittimità dell'accertamento integrativo sulla base di nuovi ele
menti, in Corriere trib., 1995, 3431. Contra, M. Basilavecchia, Questioni in tema di integrazione dell'accertamento, in Riv. giur. trib., 1995, 1104
ss., ad avviso del quale «non può . . . però desumersi l'obbligo, per
l'ufficio, di tener conto di tutti gli elementi che sopravvengono all'ado
zione dell'atto, ma prima della notificazione del medesimo. Infatti, con
la sottoscrizione si completa il procedimento di formazione dell'atto, e si avvia un subprocedimento, finalizzato alla notificazione, eventual
mente demandato a soggetti diversi dall'amministrazione finanziaria, sui quali l'ufficio può non essere in grado di intervenire per differire
la consegna della copia al destinatario». Consentono con la conci isione
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. —- L'ufficio distrettuale delle im
poste dirette di Parma, con avviso redatto il 15 febbraio 1982
e notificato il 13 marzo successivo, rettificava la dichiarazione
presentata da Luigi Bertocco per il 1977, determinando l'impo nibile in lire 12.000.000, a fronte di quello di lire 684.000 indi cato nella denuncia; poi, sulla scorta di un ulteriore rapporto della polizia tributaria, pervenutogli il 12 febbraio 1982, eleva
va detto imponibile a lire 80.204.000, mediante avviso integrati vo emesso il 18 giugno 1982 e notificato il 24 dello stesso mese.
Il contribuente adiva il giudice tributario, contestando la le
gittimità del secondo avviso, perché reso in forza di elementi
già in possesso dell'ufficio al tempo del primo avviso, e, quin
di, all'infuori dei casi previsti dall'art. 43, 3° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600.
La deduzione veniva condivisa dalle commissioni di primo e di secondo grado, ma disattesa dalla Commissione centrale, la quale considerava che detto rapporto di polizia, con «proto collo di arrivo» per soli tre giorni anteriore al primo accerta
mento, era da ritenersi giunto ad effettiva conoscenza dell'uffi
cio dopo l'accertamento medesimo, la cui integrazione, quindi, si correlava alla notizia di nuovi elementi ed era consentita dal
la menzionata norma.
che trae questo a., secondo cui la «sopravvenuta conoscenza» deve es sere ricollegata non già alla data di notifica dell'atto, ma «al momento in cui il provvedimento, con la sottoscrizione, acquista una sua perfe zione formale che fissa ad ogni effetto la conclusione del vero e proprio procedimento formativo dell'atto», P. Palladino e M. A. Sassani, Ap punti in tema di accertamento integrativo, in Fisco, 1993, 4694. Per L. Barbone, Nullo l'accertamento integrativo se la conoscenza di «nuovi elementi» è sopravvenuta dopo l'emissione ma prima della notifica del l'atto originario, id., 1995, 5774 s., la posizione assunta dalla Cassazio
ne, nella fattispecie, è decisamente severa, dovendosi viceversa ritenere che «l'interpretazione, più blanda, della norma fornita dalla Commis sione centrale fosse comunque in grado di rispettare la ratio della stes
sa, rendendola altresì maggiormente compatibile con le obiettive diffi coltà pratiche che caratterizzano lo svolgimento dell'attività accertati va dell ' amministrazione».
Ritorna d'attualità, con la sentenza in epigrafe, la problematica ine rente all'applicazione dell'art. 43 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, che
legittima l'emissione, da parte degli uffici finanziari, di accertamenti
integrativi e modificativi in aumento di quelli precedentemente emanati, vincolandola però alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, che devono essere specificamente indicati nell'atto, a pena di nullità. La norma in argomento riproduce sostanzialmente, con riguardo alle im
poste dirette, nell'ordinamento scaturito dalla riforma tributaria, quan to già previsto dall'art. 35, 1° comma, t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, e ad essa ne corrisponde una analoga, con riferimento agli accertamenti ai fini Iva, nell'art. 57, 3° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633.
La ratio della norma, ad avviso di M. Miccinesi, La «sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi», presupposto per gli accertamenti inte
grativi e modificativi, in Rass. trib., 1985, II, 456, «mira ad evitare l'inutile proliferazione degli atti di accertamento dell'ufficio, vincolan do quest'ultimo ad utilizzare subito e nel medesimo contesto tutti gli elementi a sua disposizione. Viene così garantira l'unitarietà (procedu rale) dell'accertamento, in vista di un duplice fine: da un lato la tutela del contribuente, il quale altrimenti rischierebbe di vedersi esposto ad una indiscriminata (ed alla fine vessatoria) pluralità di atti . . .; dall'al tro lato, l'efficacia della stessa azione accertatrice, che certo trae mag gior giovamento dal suo unitario espletamento piuttosto che dall'episo dico smembramento in più fasi . . .».
Quale sia la «tenuta» attuale della norma in argomento, alla luce dell'evoluzione di un sistema tributario «che ha di fatto abbandonato la via della unicità dell'accertamento, collegando l'efficienza dell'azione accertatrice ad una pluralità di atti impositivi», è la domanda che si
pone M. Basilavecchia, Gli effetti processuali della reiterazione del l'accertamento, in Riv. dir. trib., 1995, I, 165 ss., spec. 177 s. Secondo
questo a., se è ormai matura l'esigenza di una riflessione, e di una revisione, della norma che ci occupa, per altro verso la mera abrogazio ne del limite della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi non ap pare certo una soluzione soddisfacente, «non solo perché permangono le esigenze di responsabilizzazione e di coordinamento dell'istruttoria che stanno a fondamento di quel limite, ma anche per la riacquistata natura globale degli atti impositivi che si succedono fin dall'inizio delle attività di controllo, la quale sembra imporre di considerare occasionale la possibilità di ripensamenti e integrazioni».
In merito alla nozione di «sopravvenuta conoscenza di elementi di fatto nuovi», anche con riferimento alla previgente disciplina dell'art. 35, 1° comma, t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, la giurisprudenza ha ripetu tamente ed esaurientemente chiarito che sono tali gli elementi non sol tanto non conosciuti, ma anche non conoscibili dall'ufficio, al momen to del precedente accertamento, essendo in particolare inibito alla fi
II Foro Italiano — 1997.
Il Bertocco, con ricorso notificato il 25 gennaio 1991, ha chie
sto la cassazione della decisione della Commissione centrale, for
mulando tre motivi. L'amministrazione finanziaria ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione. — Il ricorrente, con censure connesse,
ripropone l'assunto del difetto dei requisiti fissati per l'accerta
mento integrativo dall'art. 43 d.p.r. n. 600 del 1973.
Premesso che la norma esige tanto la presenza di elementi
non apprezzati nel precedente avviso quanto l'acquisizione della
loro conoscenza in momento successivo, il Bertocco sostiene l'in
sussistenza nella fattispecie della seconda condizione, perché l'ul
teriore rapporto della polizia tributaria era in possesso dell'uffi
cio di Parma, e quindi da esso conoscibile, prima della conclu
sione del procedimento formativo dell'avviso recante la data del
15 febbraio 1982; l'ufficio, di conseguenza, era in grado di pro
seguire o riaprire la propria attività istruttoria, senza dare corso
alla notificazione di tale avviso.
Il convincimento espresso dalla Commissione centrale circa
la conoscibilità di quel rapporto solo dopo il 15 febbraio 1982,
aggiunge il ricorrente, non trova alcun conforto probatorio, né
evidenzia particolari situazioni organizzative di detto ufficio ido
nanza di valutare differentemente, in un secondo momento, dati e do cumenti già a sua disposizione: in tal senso, v. Cass. 8 giugno 1988, n. 3888, Foro it., 1988, I, 2903, con nota di richiami; Comm. trib. I grado Sassari 28 dicembre 1993, id., Rep. 1994, voce cit., n. 843; Comm. trib. centrale 30 gennaio 1985, n. 793, id., Rep. 1985, voce
cit., n. 558; 27 maggio 1982, n. 4734, id., Rep. 1983, voce cit., n. 487. Al riguardo, l'amministrazione finanziaria si è espressa con circ. n. 7/1496 del 30 aprile 1977, in Repertorio tributario della prassi ammi nistrativa e della giurisprudenza, Piacenza, 1988, II, 13 ss., affermando che «i fatti . . . sono "nuovi" perché venuti a conoscenza dell'ufficio — e, quindi, non direttamente rilevabili dagli elementi contenuti nella dichiarazione o negli atti o fatti che hanno dato luogo all'accertamento d'ufficio — solo successivamente alla data dell'accertamento di cui so no integrativi, pur riguardando epoca anteriore e, precisamente, circo stanze e accadimenti verificatisi nel periodo d'imposta cui l'accertamen to si riferisce». Sostengono che i nuovi elementi giustificativi dell'accer tamento non debbono necessariamente ricollegarsi ad attività o cespiti diversi da quelli già considerati: Cass. 6 gennaio 1981, n. 49, Foro it.. Rep. 1981, voce cit., n. 413, e 21 ottobre 1980, n. 5645, id., Rep. 1980, voce cit., n. 561. Ad avviso di Cass. 8 giugno 1988, n. 3888, cit., la
sopravvenuta conoscenza degli elementi nuovi non deve necessariamen te provenire dall'esterno dell'ufficio e può essere acquisita anche attra verso l'esame di denunzie di soggetti diversi operato da altro reparto. Nel senso di ritenere possibile l'accertamento integrativo o modificativo in aumento solo qualora l'accertamento precedentemente notificato non sia colpito da nullità, v. Cass. 29 marzo 1990, n. 2576, id., Rep. 1990, voce cit., n. 609.
Si dibatte in dottrina se possa configurarsi un potere di riesame de
l'ufficio, diretto ad emendare i vizi dai quali risulti affetto l'accerta mento già notificato al contribuente, mediante l'emissione di un secon do avviso di accertamento. Per Pistolesi, Alcune considerazioni in te ma di accertamenti integrativi e modificativi, cit., 1001, «l'amministrazione, all'esclusivo fine di eliminare il primo avviso ille
gittimo o infondato, può procedere ad una nuova valutazione degli ele menti in suo possesso e, conseguentemente, ha la facoltà di provvedere alla redazione di un nuovo e, questa volta, corretto accertamento, pur ché ciò non concreti un'integrazione o modificazione in aumento della
pregressa contestazione», dovendosi ammettere una più gravosa pretesa tributaria «nella sola e inderogabile ipotesi in cui sia sopraggiunta la conoscenza di nuovi elementi»; in tal senso, v. anche F. Forcina, An nullamento e sostituzione di atto impositivo, in Rass. trib., 1995, 1480, e C. Thomas, Nei termini di decadenza l'ufficio può notificare nuovo avviso di accertamento sostitutivo di altro precedentemente emesso, in Fisco, 1989, 4594 s. Non nasconde le sue perplessità in merito Basila
vecchia, Questioni in tema di integrazione dell'accertamento, cit., se condo cui «può dubitarsi che l'ufficio possa, sia pure entro il termine decadenziale, emanare un secondo accertamento che sostituisca il pri mo, senza integrarlo o modificarlo in aumento, al fine di avanzare una
pretesa del tutto diversa dalla prima». In giurisprudenza, sul punto, v. Comm. trib. centrale 2 novembre 1994, n. 3565, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 894, ad avviso della quale l'ufficio ha il potere di integrare o modificare gli accertamenti entro i termini di decadenza, oltre che in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi ai sensi dell'art. 57 d.p.r. 633/72 e dell'art. 43 d.p.r. 600/73, solo nell'esercizio del po tere di riesame del proprio operato, di annullamento dei propri atti e di sostituzione dei medesimi con altri ritenuti più validi.
Sulla differenza tra i presupposti per la sostituzione e quelli per l'in
tegrazione dell'accertamento, v. Comm. trib. I grado Siracusa 5 gen naio 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 618.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nee a spiegare un suo ritardo nell'esame di quanto riferitogli dai competenti organi di polizia.
Il ricorso è fondato, nei limiti delle considerazioni seguenti. La rettifica della dichiarazione del contribuente, ai sensi del
l'art. 42 d.p.r. n. 600 del 1973, si effettua mediante «avviso»
di accertamento, di modo che si perfeziona quando il riscontro
di un maggiore imponibile si traduca in atto portato a cono
scenza del destinatario tramite notificazione.
Prima di tale notificazione non vi è avviso, né conseguenzial mente rettifica, ma solo attività interna dell'amministrazione fi
nanziaria preparatoria del successivo atto esterno.
Di detta natura della rettifica tiene inequivocamente conto
l'art. 43, 3° comma, del citato decreto, il quale ne consente
integrazioni o modificazioni in aumento, in caso di sopraggiun ta conoscenza di altri elementi, mediante «notificazione di nuo
vi avvisi», vale a dire con ulteriori atti esterni, di pari consisten
za, che abbiano portata correttiva del pregresso avviso, non di
mere iniziative interne dell'ufficio ad esso avviso prodromiche
(e sempre emendabili fino a che non si esteriorizzino in provve dimento impositivo).
Ne discende che il presupposto per l'integrazione o modifica
zione del precedente avviso, costituito dalla sopravvenienza di
notizia di nuovi fatti, va riscontrato con riferimento alla data
dell'avviso medesimo, cioè al giorno della notificazione dell'ac
certamento in rettifica, non alla data anteriore in cui sia stato
confezionato e sottoscritto il documento poi estrinsecatosi, con
tale notificazione, in atto di rettifica.
Il suddetto presupposto, sulla base dei dati acclarati in sede
di merito, difetta nella concreta vicenda, in quanto l'avviso in
tegrativo è stato fondato su un rapporto della polizia tributaria
inoltrato all'ufficio circa un mese prima della notificazione del
l'avviso oggetto d'integrazione, e quindi su fatti pacificamente
già conosciuti al tempo di tale originario avviso (coincidente, si ripete, con la data della sua notificazione).
Le osservazioni svolte, che superano le altre questioni solle
vate dal ricorrente, impongono, con l'accoglimento del ricorso,
l'annullamento della decisione impugnata, per un riesame in se
de di rinvio che si attenga al principio dinanzi enunciato.
CORTE D'APPELLO DI TORINO; sentenza 24 febbraio 1996;
Pres. Morra, Est. Converso; Calvo (Aw. V. Fanelli) c.
Calvo (Aw. Tozzi).
CORTE D'APPELLO DI TORINO;
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratto a
favore di terzo — Interesse dello stipulante — Insussistenza
o illiceità — Effetti (Cod. civ., art. 1411).
Nel contratto a favore di terzo, ove l'interesse dello stipulante
(che costituisce la causa del rapporto stipulante-terzo) risulti
inesistente od illecito, il promittente non è liberato dall'obbli
go della prestazione, ma dovrà adempierla verso la propria
controparte contrattuale, cioè lo stipulante. (1)
(1) Il paradigma del contratto a favore di terzo (che l'art. 1411 c.c.
configura come il contratto tra stipulante e promittente, per effetto del
quale il terzo è destinatario della prestazione) è l'esistenza di due rap
porti paralleli: l'uno tra stipulante e promittente, che costituisce il sinal
lagma contrattuale fondamentale; l'altro tra promittente e terzo, fonda
to sull'interesse dello stipulante, che non solo costituisce la causa del
l'attribuzione al terzo della prestazione, ma, nell'economia dell'intera
operazione, assurge ad elemento caratterizzante ed essenziale. Infatti,
se non vi fosse tale interesse a giustificare causalmente l'attribuzione,
10 stipulante converrebbe con il promittente sempre e solo una donazio
ne in favore del terzo, cioè assisteremmo ad uno spostamento patrimo
niale donandi causa. L'interesse in questione, che si traduce in una clau
sola accessoria intesa a deviare gli effetti negoziali a favore di un sog
getto che non è parte (la c.d. efficacia soggettiva esterna del contratto
11 Foro Italiano — 1997.
Motivi della decisione. — (Omissis). 5.1. - Diverso è il discor
so in ordine alla fattispecie del contratto a favore di terzo di
cui all'art. 1411 c.c.
Non v'è dubbio che il primo giudice abbia errato nel ritenere
che l'interesse, di cui al 1° comma della norma, debba essere
riferito al promittente la prestazione, nella specie parte appella
ta, e non allo stipulante, nella specie parte appellante. A questo punto occorre esaminare ab intrinseco il contratto
14 dicembre 1985:
«Tra i sig. Calvo Giuseppe residente ... e la sig. Calvo Ma
ria Bracco residente ... si stipula quanto segue:
1) La presente scrittura privata si può far valere ad ogni ef
fetto di legge.
2) Il sig. Calvo Giuseppe cede fittiziamente il 45% della quo ta a lui spettante della Cipa s.n.c. di Minutilli Michelina, alla
sig. Minutilli Michelina, senza alcun compenso.
3) Il sig. Calvo Giuseppe si impegna a rinunciare al reddito
della sua quota 50% della Cipa a favore di Minutilli Michelina.
4) Il sig. Calvo Giuseppe rimane proprietario del 50% della
Cipa in caso di vendita, cessazione, trasformazione o subaffitto
da parte della Minutilli Michelina.
5) La sig. Minutilli Michelina consegnerà gratuitamente al sig. Calvo Giuseppe ogni anno, due protesi sottili Arete, relativa
manutenzione e l'uso gratuito del garage della Cipa fino alla
di vendita, cessazione, trasformazione o subaffitto della Cipa.
6) La sig. Calvo Maria Bracco si impegna a far rispettare i punti 2-3-4-5, come da accordi verbali tra il sig. Calvo Giusep
pe e la sig. Minutilli Michelina. 7) La sig. Calvo Maria Bracco, se il sig. Calvo Giuseppe ce
derà con atto notarile entro il 16 dicembre 1985 il 45% della
quota della Cipa alla sig. Minutilli, si impegna a pagare le spese del notaio relative, si impegna a rinunciare agli interessi del pre
stito di lire 15.000.000 come da scrittura privata, si impegna
a rinunciare all'usufrutto dell'alloggio sito in via Spaventa 12
(ceduto al sig. Calvo Giuseppe in donazione il 26 novembre
1984) entro il 31 maggio 1991.
8) La sig. Calvo Maria Bracco si impegna, se il sig. Calvo
Giuseppe non registrerà o esibirerà [sz'c/] questa scrittura priva
ta prima della morte del sig. Bracco Emilio (coniuge della sig.
Calvo Maria), di rilasciare quietanza di estinzione del prestito
di lire 15.000.000 e di fare l'atto integrativo di assoluta proprie
tà dall'alloggio dato in donazione il 26 novembre 1984 al sig.
Calvo Giuseppe entro sei mesi dopo il decesso del sig. Bracco
Emilio, restando in vigore il versamento di lire 300.000 mensili,
se il decesso del sig. Bracco Emilio avverrà prima del 31 maggio
1991, fino al 31 maggio 1991.
9) Per ogni controversia competente il foro di Torino».
In data 16 dicembre 1985, e quindi nei termini di cui al con
tratto suddetto, il Calvo cedette alla Minutilli, al prezzo di lire
9.000.000 dichiarato già pagato anteriormente per contanti, la
metà della sua quota societaria Cipa già pari al 50% dell'intero,
e così di nominali lire 250.000, rispetto a quella precedentemen
te posseduta di nominali lire 500.000.
5.2. - Il primo contratto è stato ritenuto un contratto a favo
di cui parla De Matteis, La contrattazione preliminare per soggetto da determinare, in Nuova giur. civ., 1989, II, 428; cfr. anche Sacco,
Il contratto, in Trattato diretto da Vassalli, Torino, 1975, 821) deter
mina sempre uno spostamento patrimoniale solvendi causa, rilevando
sul piano della causa esterna al contratto a favore di terzo, cioè del
rapporto tra stipulante e terzo. La logica conseguenza è che l'eventuale
assenza od illiceità dell'interesse dello stipulante può spiegare effetti so
lo sulla clausola diretta a spostare gli effetti patrimoniali del contratto
a favore del terzo, attesa la sua accessorietà e considerata anche la let
tera del 3° comma dell'art. 1411: il terzo è estraneo al rapporto fonda
mentale (quello che Gazzoni, Babbo Natale e l'obbligo di dare, in Giust.
civ., 1991, I, 2897, intende implicitamente come rapporto di provvista),
poiché è solo debitore della prestazione verso il terzo, con effetti libera
tori verso lo stipulante, che rimane la sua unica controparte contrattua
le. Il momento conclusivo coincide con la massima: il promittente, se
impossibilitato ad adempiere nei confronti del terzo (perché l'interesse
dello stipulante è inesistente od illecito), non è liberato, ma deve co
munque attendere il proprio impegno nei confronti dello stipulante, che
è la sua controparte contrattuale. In dottrina, v., riassuntivamente, Scoz
zafava, Contratto a favore di terzo, voce dell'Enciclopedia giuridica
Treccani, Roma, 1988, IX; Tafuri, Sulla posizione giuridica dello sti
pulante nel contratto a favore di terzo, in Corriere giur., 1994, 1535.
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